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LA LEGHISTA CHE VUOLE RIVEDERE IL TRATTATO DI SCHENGEN, MA NON SA COSA SIA

Febbraio 17th, 2015 Riccardo Fucile

PENOSA ESIBIZIONE DELLA COORDINATRICE DELLA LEGA NEL LAZIO: PARLA A SLOGAN E POI SI BLOCCA PERCHE’ NON SA NEANCHE DI COSA SPROLOQUIA

Momenti imbarazzanti durante la trasmissione “ECG Regione”, su Radio Cusano Campus. Ospite del programma radiofonico: Claudia Bellocchi, coordinatrice della Lega Nord a Roma e nel Lazio, che coi conduttori Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio dibatte sulla difficile situazione internazionale attuale.
“Bisogna rivedere gli accordi di Schengen” — ribadisce a più riprese l’esponente del Carroccio — “bisogna anche cercare di ammodernare le strutture, cioè mettere una linea… un blocco per fermare questa situazione”.
Ma all’incalzare delle domande dei conduttori sul modo in cui modificare gli accordi di Schengen nel dettaglio, la Bellocchi rivela qualche titubanza: fa lunghe pause di silenzio, dichiara di avere problemi con l’audio, ripete che c’è bisogno di “controllo”, di “durezza” e di “chiusura dei nostri confini”.
Durante la diretta radiofonica, un ascoltatore protesta, insinuando che la coordinatrice leghista non sappia cosa sia il trattato di Schengen.
La Bellocchi si prende qualche minuto di tempo, chiede ai conduttori di aspettare, parlotta con qualcuno, poi si inalbera: “Volevo rispondere al signore: so benissimo cosa è quel trattato, perchè appunto io mi occupo anche di questo, non solo di ascoltare i cittadini per la strada. Io non mi faccio prendere in giro o fare gli esamini da chiunque. Io sono molto preparata, sono una persona che sa fare politica come ci ha insegnato Bossi… alla scuola di Bossi” .

(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA LITE TRA TOSI E SALVINI ALLONTANA IL CARROCCIO DA FI: IN VENETO ANDIAMO DA SOLI

Febbraio 17th, 2015 Riccardo Fucile

TOSI AVANZA L’IPOTESI DI SFIDARE ZAIA

Nulla di fatto, il braccio di ferro nella Lega continua, e rischia di mettere una seria ipoteca sull’esito delle elezioni regionali nel Veneto.
Il governatore Luca Zaia è ai ferri corti con Flavio Tosi, sindaco di Verona e segretario regionale del movimento, e neppure il vertice a tre di ieri pomeriggio a Vicenza (c’era anche Matteo Salvini, in questa partita schieratissimo con Zaia) è servito a ricucire lo strappo.
Tutto rimandato a un prossimo incontro, e le acque restano molto agitate.
Tanto che adesso Salvini, forse per venire in qualche modo incontro a Tosi, che minaccia di presentarsi contro Zaia se non verranno accolte le sue richieste, butta lì una frase che ha già  cominciato a seminare lo scompiglio tra i berlusconiani: «In Veneto potremmo correre da soli».
A contrapporre il governatore e il segretario della Liga Veneta il doppio tema delle alleanze e delle candidature.
Tosi vorrebbe riproporre il “modello Verona” che lo ha fatto rivincere alle comunali nel 2011: la Lega che si presenta da sola, senza gli alleati tradizionali, e con l’appoggio di una o più liste civiche che dovrebbero attrarre i voti di Forza Italia e del Nuovo centrodestra.
Ma, sopratttutto, pretende che i candidati della Lega vengano decisi dalla struttura regionale del partito, di cui lui è responsabile, e non dalla segreteria federale retta dal “milanocentrico”( l’accusa è di Tosi) Salvini.
Insomma il sindaco di Verona fa muro, perchè teme che i suoi uomini, quasi tutti con due mandati alle spalle, non vengano ricandidati, come pretende Zaia.
«Vogliono farmi fuori», ha sostenuto Tosi con i suoi, facendo balenare un’ipotesi clamorosa e pericolosissima per la Lega. Vale a dire una guerra fratricida da combattere a suon di voti, con lui candidato governatore contro Zaia.
La minaccia resta, l’incontro di ieri non è servito a spegnere la miccia.
«Hanno messo Flavio davanti a un burrone — spiega un fedelissimo del sindaco — e lui non può certo fare alcun passo in avanti».
Così a Vicenza Tosi ribadisce la tesi dell’«autonomia» dei veneti, e indica la strada della corsa solitaria: Lega e civiche, bisogna fare a meno anche di Forza Italia e non solo degli alfaniani, come sostiene fin dall’inizio Salvini anche a costo di mettere in una certa difficoltà  Zaia, che governa con l’Ncd e non avrebbe problemi a confermare la coalizione uscente.
Quanto alle civiche, il governatore tuttavia vorrebbe che ad affiancare la Lega ce ne fosse una sola: lista Zaia, chiusa ai filo-Tosi.
«E sulle alleanze – insiste Zaia – decida il segretario federale».
«È quello che propongo anch’io da tempo», dice Salvini confermando di non essere affatto neutrale in questa guerra intestina.
Ma di fronte al nulla di fatto di ieri il leader della Lega non può che allargare le braccia: «Zaia e Tosi si ritroveranno e spero si mettano d’accordo; se non sarà  così li metterò d’accordo io».
Insomma, alla fine deciderà  il “federale”, cioè lui.
E deciderà  sulla base di un unico obiettivo: non mettere i bastoni tra le ruote di Zaia. «L’ultima delle cose che non permetterò da segretario – scandisce dopo il vertice di Vicenza (e chissà  che cosa ne pensa Maroni) – è che qualcuno possa mettere in difficoltà  il mio migliore governatore».
Poi fa capire che ci sono ancora dei margini per trattare, l’importante è scongiurare lo scenario evocato da Tosi con la sua minaccia di candidarsi contro Zaia: «Con quel che accade in Libia siamo di fronte a un’ipotesi di terza guerra mondiale, quindi una civica in più o in meno è l’ultimo dei miei problemi».
Ed è in questo quadro che ieri, prima ancora che i tre si vedessero, Salvini ha fatto balenare l’idea che a queste regionali la Liga Veneta faccia a meno di Forza Italia, come va predicando Tosi da qualche settimana: «Per ora la Lega che va da sola in Veneto è un’ipotesi valida. Vediamo a livello nazionale che cosa combina Berlusconi, perchè al momento non l’ho capito neanch’io».

Rodolfo Sala

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BERLUSCONI: LA LEGA DICA SI’ ALL’NCD O ROMPIAMO

Febbraio 17th, 2015 Riccardo Fucile

PER SILVIO FONDAMENTALE L’ACCORDO CON ALFANO PER ELEGGERE CALDORO IN CAMPANIA… PER QUESTO CHIEDE ALLA LEGA DI ACCETTARE L’ALLEANZA CON NCD IN VENETO

Silvio Berlusconi accende i riflettori sulle regionali di maggio e lo fa mettendo in guardia la Lega di Salvini.
«Siamo pronti a ritirare il sostegno a Zaia e farli perdere in Veneto, se insistono col veto sull’Ncd che rischia di farci capitolare in Campania», fa sapere per tutto il giorno ai suoi che lo sentono da Roma.
Concetto ripetuto in serata a cena ad Arcore ai dirigenti che lo raggiungono, da Toti alla Gelmini, volutamente destinato a rimbalzare fino ai vertici del Carroccio, nel giorno in cui tra Salvini, Tosi, Zaia scoppia un gran caos sulle alleanze.
In Veneto, tanto per cominciare.
Il fatto è che per il leader forzista la Campania è centrale, anzi «vitale». E per nessuna ragione vuole veder svanire l’accordo con l’Ncd di Alfano che a Napoli e dintorni varrebbe poco meno del 10 per cento.
E la conferma di Stefano Caldoro, unico governatore azzurro rimasto, è l’obiettivo minimo ma fondamentale che Berlusconi si è imposto.
Oggi si vedranno gli sherpa Giovanni Toti e Gaetano Quagliariello, in attesa di un faccia a faccia del capo forzista con Alfano per ora slittato: l’ex premier – impegnato ieri tra vertici aziendali, incontri familiari e la vendita di quote del Milan – non si sposterà  questa settimana da Arcore.
Un incidente domestico gli ha lasciato la caviglia gonfia e dolorante, raccontano. Da lì, lavora comunque a una mediazione già  sottoposta a Salvini: quella cioè di confermare all’apparenza il veto sull’Ncd («Mai con loro», tuonava ancora ieri il capo leghista), ma al contempo di aprire all’alleanza con Alfano e i suoi sotto le rinnovate “spoglie” di Area popolare (magari attraverso liste civiche apparentate, in Veneto). Che poi sarebbe il nuovo nome (con simbolo in arrivo) dei gruppi appena fusi Ncd-Udc, con tanto di richiamo al Ppe.
I leghisti salverebbero la faccia nei confronti dello zoccolo duro e puro, i forzisti potrebbero chiudere l’alleanza con i centristi nella decisiva Campania.
Ma la mediazione sembra già  naufragata.
«Sappiano che non ci presteremo a travestimenti – manda a dire Quagliariello, che sta curando le trattative a tutto campo per conto del ministro dell’Interno – l’alleanza si fa o non si fa, in Campania come in Veneto: il simbolo di Area popolare avrà  al suo interno quello dell’Ncd come dell’Udc, non si illudano».
Questa mattina al Quirinale salirà  il solo Renato Brunetta, capogruppo forzista alla Camera, in rappresentanza di Forza Italia.
Con tanto di documento, messo a punto col leader, per denunciare la «chiusura» di Renzi sulle riforme.
Con Sergio Mattarella invece Silvio Berlusconi vorrebbe ottenere per la prossima settimana o quella successiva un incontro a parte. Per conoscersi e volare un po’ più alto rispetto alle beghe di Montecitorio di questi giorni.
Tra le poche cose che fanno perdere la pazienza all’ex Cavaliere in questi giorni, la kermesse che Fitto ha confermato per sabato a Roma e che segnerà  l’inizio del tour per l’Italia del capo dei “ricostruttori” forzisti.
Da Arcore non partirà  alcun editto, è quanto trapela in queste ore: nè sospensione, nè espulsione.
La “vendetta” meditata è più concreta e tenderebbe a colpire il granaio del consenso dell’ex governatore.
Berlusconi, che ha appena designato d’imperio il candidato in Puglia Francesco Schittulli, avrebbe ordinato di escludere dalle liste per il Consiglio regionale tutti gli uomini di Fitto.
E un repulisti più generale sarebbe in arrivo in quel territorio, epicentro della rivolta. Tra le altre cose, il coordinatore regionale Francesco Amoruso sarà  promosso ad altro incarico e lascerà  ad un commissario.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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DOVE GIRANO LE ELICHE

Febbraio 17th, 2015 Riccardo Fucile

UNA PROVA DI ATTACCAMENTO ALLE ORIGINI

Colpito da malore durante una vacanza ad Alghero, il dottor Gaetano Marchese ha rifiutato il ricovero nel vicino ospedale di Sassari e si è fatto dare uno strappo fino a Palermo dall’elicottero del 118 siciliano di cui è direttore.
La notizia, orgogliosamente sbandierata dal 118 come prova di efficienza, è di sicuro una prova di attaccamento alla propria terra di origine.
Tra le lenzuola del nosocomio sardo l’esimio Marchese sarebbe stato accudito meglio di un principe.
Ma è nel momento del bisogno che l’uomo sente risuonare con più prepotenza il richiamo delle radici.
Ed è commovente che la comunità  abbia assecondato quel richiamo, mettendo a disposizione del Marchese in ambasce un velivolo del pronto soccorso diretto dal Marchese medesimo.
Qualcuno ipotizza favoritismi e abusi di potere.
Figuriamoci, la regola del Marchese varrà  per tutti i cittadini. Ovunque nel mondo ci colga un malore, basterà  chiamare il 118 siciliano per vedere stormi di elicotteri levarsi in volo come in una scena di «Apocalypse Now».
Di giorno e di notte, come nel suo caso. *
Dite di no? Dite che l’altra settimana a Catania, quando si è trattato di farne decollare uno per porre in salvo una neonata, a levarsi in volo sono stati solo i consueti ostacoli burocratici?
Temo abbiate ragione.
Invece di vantarsi dell’efficienza che il 118 ha dispiegato soltanto per lui, forse il Marchese (del Grillo?) farebbe meglio a provare un po’ di imbarazzo, perchè nell’aria si sente già  uno straordinario giramento di eliche.
Quelle dei contribuenti.

Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)

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PER CHI VOLA DI NOTTE L’ELICOTTERO DEL 118

Febbraio 17th, 2015 Riccardo Fucile

I CASI DEL MEDICO SICILIANO E DELLA PICCOLA NICOLE

Lunga vita a Gaetano Marchese, il direttore del 118 palermitano che si è fatto mandare un elicottero di notte da Palermo ad Alghero per farsi operare nel capoluogo siciliano.
Temeva per la sua vita: difficile giudicare.
Resta, sgradevolissima, la sensazione di una disparità  insopportabile rispetto alla piccola Nicole morta sull’ambulanza che da Catania la portava a Ragusa.
Per lei no, l’elicottero non c’era.
Sia chiaro: non è detto che la neonata sarebbe sopravvissuta se anche avesse avuto a sua disposizione un elicottero in grado di trasferirla con la massima urgenza a Palermo o addirittura a Napoli, che certo non è più lontana da Catania di quanto Alghero sia lontana dal capoluogo siciliano.
Anzi, via via che l’inchiesta del procuratore etneo Giovanni Salvi cerca di approfondire i dettagli di quella notte, con le telefonate a questo o quel nosocomio in cerca di «un posto in terapia intensiva», emergono sempre più dubbi…
Primo fra tutti: com’è possibile che una clinica convenzionata con il Sistema sanitario nazionale come la Gibiino faccia pubblicità  su Internet (mamme col pancione, bimbi sorridenti, orsacchiotti…) declamando gli optional «col comfort di un hotel» offrendo alle donne «il menu personalizzato» con «le cuoche a disposizione» per i piatti scelti «dall’ospite secondo i suoi gusti» e il «frigobar con assortimento di bevande» e il giornale sul comodino la mattina e non sia in grado di gestire un’emergenza?
Se in tutta la provincia di Padova, per fare un solo esempio di una realtà  più virtuosa di quella siciliana, si può partorire «solo» nelle strutture pubbliche senza una sola clinica privata che offra il servizio «deluxe» della Gibiino senza reparto di terapia intensiva, come è possibile che questo accada in una terra dove alcune tragedie sono un po’ troppo ricorrenti?
Mario Barresi, su La Sicilia, spara da giorni domande ustionanti.
Perchè, dopo il giro di telefonate, fu deciso «di affrontare il lunghissimo viaggio per Ragusa» (almeno un’ora e mezzo di macchina, in larga parte su strada provinciale) senza neppure chiedere a Messina, a un’oretta di autostrada?
Perchè fu scelta l’ambulanza privata anzichè quelle del 118?
Se la piccola è morta «nei pressi della stazione di servizio di Coffa» a meno di mezz’ora da Ragusa perchè l’autolettiga è arrivata lì «un’ora e 10 minuti dopo»?
E via così…
Col sospetto di fondo, sul quale la magistratura dovrà  fare chiarezza, che tutto quel trambusto di un paio di ore possa in qualche modo rendere più fosca la ricostruzione di eventuali errori…
Resta, tra le cose inaccettabili che hanno spinto il sindaco di Catania Enzo Bianco a decidere di costituirsi parte civile nel futuro processo, l’impossibilità  per Nicole di usare eventualmente un elicottero «perchè la convenzione prevede che non possano volare dopo le dieci di sera».
Fin qui, niente di troppo scandaloso: anche altri hanno convenzioni simili.
Lo stesso 118 sardo, che si serve di un solo elicottero dei Vigili del Fuoco con base ad Alghero, non prevede voli notturni.
Ciò che dà  una vertigine di fastidio è il sospetto che la regola non valga per tutti. Come nel caso accaduto il 15 gennaio scorso e raccontato ieri da Patrizia Canu su L’Unione Sarda: «Poco dopo le 23, al 118 arriva una segnalazione di un paziente, un turista, con un forte dolore al torace. Si teme un infarto. Viene inviata un’ambulanza medicalizzata.
No, non è un infarto, ma c’è bisogno di accertamenti urgenti. Viene accompagnato all’ospedale civile.
Qui si scopre che quel turista si chiama Gaetano Marchese, ha 60 anni ed è il direttore della centrale operativa del 118 di Palermo». Pare aneurisma aortoaddominale.
No, una dissecazione aortica. Una cosa seria. Serissima.
Potrebbero portarlo a Sassari, a venti minuti d’ambulanza, dove la chirurgia vascolare del professor Renzo Boatto, un medico di origine veneziana, è considerata di assoluta eccellenza e opera da tempo con le tecniche più moderne e meno invasive.
Mal che vada, a due ore di macchina c’è comunque Cagliari dove l’èquipe del professor Stefano Chiamparini passa per essere tra le migliori su piazza.
Marchese, però, non si fida. Vorrebbe essere operato a Palermo, all’«Ismett», l’Istituto Mediterraneo Trapianti Terapie ad Alta Specializzazione.
A tre ore e mezzo di volo da Alghero. Ma lasciamolo raccontare a lui: «Ho chiesto l’intervento dell’Ismett perchè nell’ospedale di Alghero dove ero stato trasferito solo dopo tre ore dal mio arrivo mi è stata fatta una Tac. Esame che avevo richiesto sin dal mio arrivo attorno alle 0.30. Avevo compreso che il mio caso era stato sottovalutato dall’èquipe di Alghero. Non avevo un aneurisma, ma una dissecazione aortica. Ogni ora che trascorrevo ad Alghero rischiavo di morire. Avevo compreso i sintomi visto che 20 giorni prima anche mia madre ha avuto la stessa patologia». Ammette che sì, gli avevano proposto di andare a Sassari, «ma visto che si era perso già  tempo prezioso e pensando di dovere essere trasferito a Cagliari, con tempi di trasferimento di oltre tre ore in ambulanza, avevo chiesto e ottenuto il trasferimento all’Ismett di Palermo».
Con un elicottero Agusta 139 partito dal capoluogo siciliano portando due èquipe di rianimatori e rientrato all’alba con l’illustre paziente.
Un volo costato, secondo gli esperti, «non meno di 15 mila euro» e sul quale la Procura di Palermo ha deciso di aprire un’inchiesta. «Nessun abuso è stato compiuto», insiste il capo del 118 palermitano: «Ho solo da medico tutelato la mia salute come quella dai tanti pazienti trasportati e salvati dal 118…»
Sarà … Ma, al di là  delle comprensibili proteste dei chirurghi sardi che si sono sentiti offesi dalle spiegazioni accampate da Marchese («Facciamo da tempo interventi simili e quindici giorni prima avevamo salvato un giovane che aveva avuto proprio una dissecazione aortica», racconta Renzo Boatto) resta una domanda.
Onestamente: quell’elicottero del 118 siciliano sarebbe decollato nella notte per una neonata figlia di una coppia qualunque?

Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera”)

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“NOI SALVIAMO VITE, NON SPARIAMO AGLI SCAFISTI”: INTERVISTA ALL’AMMIRAGLIO ANGRISANO

Febbraio 17th, 2015 Riccardo Fucile

IL COMANDANTE DELLA GUARDIA COSTIERA , ORGOGLIO DELLA NOSTRA MARINA IMPEGNATA NEL CANALE DI SICILIA A SALVARE ESSERI UMANI

“Non ci sono nuove regole d’ingaggio, continueremo ad operare pensando prima di tutto a soccorrere i migranti in difficoltà ”.
Il comandante generale della Guardia Costiera, ammiraglio Felicio Angrisano è calmo e con calma riflette su ciò che è accaduto all’unità  minacciata da quattro uomini armati di kalashnikov a una cinquantina di miglia dalle coste libiche, mentre cercava di portare in salvo duecento migranti alla deriva su un barcone.
“L’equipaggio si è comportato con coraggio e prudenza. Sono stati bravissimi. Pensi a cosa sarebbe potuto accadere se avessero risposto alle armi con le armi”.
Come è andata veramente ammiraglio?
“La nostra unità  stava effettuando una missione di salvataggio come quelle che portiamo a termine ogni giorno. Avevano fatto salire a bordo i migranti, quando è spuntato un barchino con queste persone armate. Un barchino calato in mare da un peschereccio d’appoggio che era a poca distanza”.
Una delle navi madre che usano i trafficanti.
“Evidentemente. E hanno subito minacciato con le armi il nostro equipaggio per ottenere la restituzione del barcone su cui erano i migranti. Era quello il loro obiettivo, per poterlo riutilizzare”.
Hanno sparato contro l’unità  della Guardia Costiera?
“Subito dopo ho parlato con il comandante, poi ho saputo che era stata sparata una raffica. Adesso leggerò il rapporto e ragioneremo con tutti i dati a disposizione”.
Una cosa non è chiarissima: avete armi a bordo?
“Una dotazione c’è, naturalmente. Ma noi abbiamo uno scopo preciso quando andiamo in mare: salvare vite umane, non combattere. E insisto, la reazione del nostro equipaggio nella circostanza in cui è stato minacciato con le armi è stata esemplare. Potevano esserci dei feriti, e anche peggio. Loro si sono ripresi il barcone, che peraltro poco dopo è affondato, e noi abbiamo riportato a casa duecento migranti. Salvi”.
Ora cambieranno le vostre regole d’ingaggio?
“Io non ho avuto alcuna disposizione in merito. Dunque, nessun cambiamento. Anche adesso, mentre parliamo, ho autorizzato tre missioni di soccorso. La gente in difficoltà  è la nostra principale preoccupazione. Raggiungerli, mettere in sicurezza questi barconi fatiscenti, salvarli tutti. Continueremo a farlo come abbiamo sempre fatto. Con prudenza e con coraggio”.

(da “Huffingtonpost“)

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