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BERSANI: “SE IL DECRETO BOSCHI NON CAMBIA NON VOTO L’ITALICUM, NON SIAMO FIGURANTI DI UN FILM”

Febbraio 26th, 2015 Riccardo Fucile

“JOBS ACT RIPORTA AGLI ANNI ’70″… LA MINORANZA DEM DISERTERA’ L’INCONTRO CON I PARLAMENTARI

Non andrà  all’incontro con Matteo Renzi e se nulla cambia nelle riforme costituzionali, Pier Luigi Bersani non voterà  la riforma della legge elettorale.
L’ex segretario Pd, in un’intervista che uscirà  su Avvenire, dà  il suo aut aut al governo.
“Polemiche ingiustificate”, lo liquida il presidente del Consiglio. “Noi siamo per il dialogo”.
Nuovo scontro, ma la scena è sempre la stessa. La pax tra Renzi e la minoranza Pd nata con l’elezione compatta di Sergio Mattarella è solo un ricordo.
E nella routine di riforme e decreti, si riaprono i vecchi fronti.
L’ultimatum viene questa volta da Bersani.
“Il combinato disposto”, dice, “tra ddl Boschi e Italicum rompe l’equilibrio democratico. Se la riforma della Costituzione va avanti così io non accetterò mai di votare la legge elettorale“.
La ferita che più fa soffrire l’esponente della minoranza Pd è la riforma del mercato del lavoro, approvata nei giorni scorsi nonostante le perplessità  di parte del partito: “Mette il lavoratore in un rapporto di forze pre-anni ’70 e perciò si pone fuori dall’ordinamento costituzionale”.
Ma questa volta il motivo della lite con il presidente del Consiglio è stata la convocazione di un incontro con i parlamentari Pd, a cui l’ex segretario e altri membri della minoranza non parteciperanno.
“Non ci penso proprio”, dice Bersani. “Perchè io m’inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film non ci sto”.
Il presidente del Consiglio risponde poco dopo e dice di essere “stupito” per le “polemiche ingiustificate”.
Bersani, punto di riferimento della minoranza Pd, aveva parlato di una mediazione possibile con Renzi dopo la prova dell’elezione del presidente della Repubblica.
Il partito si era ricompattato intorno al nome di Sergio Mattarella. A quello si era aggiunta la fine del patto del Nazareno che aveva fatto sperare la sinistra democratica di poter aprire un nuovo tavolo di trattative con il presidente del Consiglio.
Niente di tutto questo. Renzi è andato avanti per la sua strada e le ultime settimane hanno fatto tornare lo scontro ai vecchi tempi.
Prima l’approvazione del ddl Boschi davanti a un parlamento con le opposizioni in Aventino (il voto finale a Montecitorio è atteso a marzo) e poi il dibattito sul Jobs act.
Che la situazione fosse arrivata ad uno dei punti più tesi degli ultimi mesi si era già  capito nelle scorse ore.
“Siamo al limite, è ora di fare le cose seriamente”, aveva commentato Bersani dopo l’annuncio della riunione tra i gruppi Pd e Renzi.
“I gruppi li convocano i capogruppo, stabiliscono gli odg e invitano il segretario. Non c’entra il Pd, non c’entrano i bersaniani o i renziani”.
L’ex segretario è stato anche tra i primi del Pd a criticare l’offerta di Mediaset per Rai Way: “Ora il Milan”, ha scritto su Twitter, “si comprerà  l’Inter”.
In tanti nella minoranza però non si presenteranno all’incontro: “Non vado”, commenta l’ex presidente Pd Gianni Cuperlo, “perchè aspetto ancora di capire perchè il governo non abbia tenuto in nessun conto il parere unanime del Pd in commissione sulla delega lavoro e moltissime altre proposte avanzate in questi mesi. Massimo rispetto per l’iniziativa di Renzi ma è bene prima chiarire che tipo di rapporto c’è tra governo e Parlamento”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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IMPRESE, IL 64,1% DI QUELLE ISPEZIONATE E’ RISULTATA IRREGOLARE, MA RENZI PENSA AL JOBS ACT

Febbraio 26th, 2015 Riccardo Fucile

VISITATE 10.000 AZIENDE IN MENO DEL 2013 (-5,8%)… BEN 77.387 LAVORATORI IN NERO, 1,5 MILIARDI DI CONTRIBUTI EVASI… E CON L’AGENZIA UNICA IL GOVERNO SMANTELLERA’ LE FUNZIONI ISPETTIVE

Il rispetto delle norme rimane uno degli aspetti critici del mondo del lavoro.
Il 64,1% delle 221mila aziende ispezionate nel 2014 è infatti risultato irregolare.
Con oltre 77.387 lavoratori trovati totalmente in nero (il 42,61% dei 181.629 lavoratori irregolari) e 1,5 miliardi di contributi evasi accertati.
I dati sono contenuti nel Rapporto annuale dell’attività  di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, che riassume i risultati dei controlli condotti dagli ispettori del ministero, dell’Inps e dell’Inail.
“Non si può però dire che il 64% delle aziende italiane siano   irregolari — ha però precisato il ministro Giuliano Poletti nel corso della presentazione del report .
Ha ragione, potrebbero essera anche di più.
E il dato sulle aziende irregolari, in linea con quello del 2013 (64,78% di quelle ispezionate), è destinato a fare discutere, soprattutto in un momento in cui il dibattito politico si concentra sulle modifiche alle tutele dei lavoratori portate avanti dal governo Renzi con il Jobs Act.
A dimostrarlo sono arrivate subito le parole del presidente della commissione Lavoro della Camera, il democratico Cesare Damiano, che parla di “percentuale altissima” di irregolarità .
Senza voler “demonizzare il sistema delle imprese”, Damiano sostiene che “le buone leggi non sono dei lacciuoli   da evitare” e si dice preoccupato “di fronte alle nuove regole del Jobs Act che consentono di licenziare adducendo come giustificazione un motivo economico inesistente o un’infrazione disciplinare che può anche essere ricondotta a un ritardo di 10 minuti”.
C’è un altro dato poi, tra quelli contenuti nel rapporto, che incrocia la strada delle riforme.
Quello sul numero totale di aziende ispezionate: 221.476 (140.173 dal ministero, 58.043 dall’Inps, 23.260 dall’Inail), in calo del 5,80% rispetto alle 235.122 aziende ispezionate nel 2013.
Viene così confermato il trend negativo che la Corte dei conti ha giudicato come uno dei punti critici di un sistema di controllo caratterizzato da una “perdurante inadeguatezza”.
Un sistema che ora il governo vuole rinnovare attraverso la creazione dell’Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, finalizzata a integrare in una sola struttura le verifiche di ministero, Inps e Inail.
I sindacati, però, temono l’insorgere di problemi di coordinamento tra gli enti e hanno denunciato il rischio di smantellamento delle funzioni ispettive, soprattutto in conseguenza di un’agenzia che l’esecutivo vuole creare a costo zero.
Critiche sono arrivate anche dall’interno del Pd: è di settimana scorsa un’interrogazione urgente a firma dei senatori Roberto Ruta e Lucrezia Ricchiuti, i quali rilevano che “l’istituzione di un’agenzia ex novo non consentirebbe un’immediata concentrazione sui temi dell’intelligence, dilatando significativamente nel tempo il potenziamento dell’attività  ispettiva e l’incremento del recupero contributivo”, con la conseguenza di causare “un costo ulteriore per il sistema pubblico”.
Per ora i malumori hanno ottenuto il risultato di non fare arrivare al Consiglio dei ministri di venerdì scorso il decreto attuativo sull’agenzia unica.

Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA METAMORFOSI DI DEBORA, DA AGITPROP A FEDELISSIMA

Febbraio 26th, 2015 Riccardo Fucile

SEMBRAVA AMORE, INVECE ERA UN CALESSE

La sua sembrava una di quelle rare storie che riconciliano con la politica: la giovane sconosciuta del Pd di Udine che prende la parola all’Associazione dei Circoli, conquista la platea cantandole al segretario Franceschini e da lì vola sulla scena nazionale. Sembrava una fiaba.
Sembrava, perchè a vederla oggi, vicesegretario del Pd renziano, la sensazione è quella di un gigantesco abbaglio.
In quell’ormai lontano 2009 scandiva: “Non ci possiamo riconoscere in un Paese che non tassa i ricchi solo perchè pensa che siano troppo pochi”. Applausi.
“Il problema è aver fatto fare a Di Pietro opposizione da solo su temi che ci appartengono, come il conflitto d’interessi e la questione morale”. Ovazione.
Ma ora che guida il partito di governo, che fine hanno fatto quei temi e quei provvedimenti?
La distanza — abissale — tra le sue parole di ieri e l’oggi non si ferma qui.
Nel 2011 scriveva: “Il dibattito sul mercato del lavoro si sta riducendo a un referendum sull’art. 18, e questo è quanto di più sbagliato e lontano dagli interessi dei lavoratori possa fare la politica”; nel 2012 se la prendeva con la Confindustria e il Pdl, che volevano modificare ulteriormente quell’articolo rispetto alla legge Fornero: “Il campo del licenziamento soggettivo e disciplinare per definizione non ha alcun collegamento con la crisi economica e la necessità  di fronteggiarla”.
Oggi, invece, va bene farsi dettare il Jobs Act dalla Confindustria anche sui licenziamenti soggettivi, l’art. 18 si può rottamare e la riforma con Renzi diventa — parole ancora sue — “di sinistra”.
Nel 2013 era addirittura “incazzata”: “Quando ho sentito il nome di Marini ho ripensato alla Bicamerale. Poi ho visto la foto di Bersani che abbracciava Alfano e ho pensato: abbiamo toccato il fondo” — disse alla Stampa quando si doveva decidere il capo dello Stato — “Berlusconi è una malattia da cui non guarisco. Come quei fastidi che ti fanno dire: sono 20 anni che ho la psoriasi. L’Italia merita qualcosa di diverso”.
E invece, col suo segretario-premier, avete prolungato l’infiammazione a tutti gli italiani stringendo un patto con un condannato e decaduto dal Parlamento (almeno durante la Bicamerale non lo era), che — l’ha detto ancora lei a luglio — “è sempre il benvenuto, ci dà  più garanzie del M5S”, e con Alfano siete passati dall’abbraccio al bacio di governo, scavando sul fondo.
L’Italia — lo dico io a lei — si meritava qualcosa di diverso.
La sua metamorfosi è innegabile: la colorata Amèlie della politica, che incarnava “Il favoloso mondo” combattendo l’apparato, ha lasciato il posto a una grigia dirigente di partito che guai ad attaccare il segretario, lui è perfetto e fa solo cose perfette, se no ve le suono.
Ma al di là  della delusione (penso ai molti giovani che si sono identificati in lei e l’hanno sostenuta, portandola dov’è adesso) di scoprire che in politica, con le poltrone di mezzo, non ci possono essere fiabe, resta un dubbio atroce, sul tipo di quello generato dai saldi: non si sa se ci prendevano in giro prima, vendendoci abiti a prezzo esorbitante, o lo fanno dopo rifilandoci avanzi di magazzino.
Nel suo caso, era in buona fede prima o lo è oggi?
Almeno allora erano solo parole, oggi invece — ahimè — sono fatti concreti.

Luisella Costamagna

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“NON MI HA PAGATO”: GIOIELLIERE DI BUSTO DENUNCIA RICCARDO BOSSI

Febbraio 26th, 2015 Riccardo Fucile

STILE PADANO: “CI HA DETTO CHE SAREBBE ARRIVATO UN BONIFICO E ANCHE CHE AVREBBE RESTITUITO L’OROLOGIO, MA NON ABBIAMO VISTO NULLA”… IL VALORE SAREBBE DI ALCUNE DECINE DI MIGLIAIA DI EURO

I guai per la famiglia Bossi non finiscono mai.
Tra richieste di rinvio a giudizio per Renzo e Umberto, rispettivamente per le spese pazze in Regione e per la truffa sui rimborsi elettorali, la family annovera un altro piccolo guaio.
Riccardo Bossi, il primogenito del fondatore della Lega Nord, è stato denunciato dal titolare di una catena di gioiellerie, che lo accusa di non aver pagato un orologio e alcuni preziosi acquistati in un negozio a Varese.
Ricky Bossi era finito nei guai per la storia della gestione dei fondi insieme al padre e al fratello e gli era stato bloccato per poi essere restituito un yacht ormeggiato in Tunisia.
Il valore degli articoli, come riporta oggi il quotidiano La Prealpina, sarebbe di alcune decine di migliaia di euro.
“Riccardo Bossi ha acquistato orologio e gioielli dopo Natale e glieli abbiamo consegnati sulla fiducia anche se non è un nostro cliente abituale, convinti che un personaggio così noto li avrebbe pagati in tempi brevi”, ha raccontato all’Ansa Bruno Ceccuzzi, titolare della gioielleria Dino Ceccuzzi, con negozi a Busto Arsizio, Como e Varese.
“È trascorso del tempo e i soldi non sono arrivati — ha proseguito — lo abbiamo contattato diverse volte e lui ci ha detto che sarebbe arrivato un bonifico dalla banca e anche che avrebbe restituito l’orologio. Nonostante le promesse, non abbiamo ottenuto risultati”. Bruno Ceccuzzi, quindi, nei giorni scorsi ha deciso di sporgere denuncia alla polizia di Varese, consegnando anche i filmati delle telecamere installate all’interno del negozio, che avrebbero ripreso l’acquisto dei preziosi.
“Non avrei immaginato che sarebbe finita così — ha aggiunto — adesso spero che qualcuno intervenga a paghi il debito”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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RICICLATI: DA “PRIMA FINI” A “PRIMA L’ITALIA”. TRE ANNI FA VOLEVA ACCOGLIERE GLI IMMIGRATI, ORA VUOLE CHIUDERE PURE LE MOSCHEE NON APERTE

Febbraio 26th, 2015 Riccardo Fucile

LA COERENZA DEL DIRIGENTE REGIONALE DI FUTURO E LIBERTA’ CONVERTITO SULLA VIA DEI COGNATI D’ITALIA E SALVINIZZATO.. E’ SOLO UNO DEI TANTI ESEMPI DI SALTAFOSSI

Che l’Italia sia   un Paese dove lo sport preferito è quello di saltare sul carro del vincitore è cosa nota.
Si è visto a sinistra quanti imprenditori sgomitino per pagare 1000 euro e potersi sedere a un tavolo imbandito con vista sulla bocca aperta di Renzi.
A destra va di moda poter entrare nelle grazie del noto grossista di carta igienica tricolore, il raffinato identitario “sistemamogli” Matteo Salvini, l’uomo sponsorizzato dalla sinistra perchè rappresenta la migliore garanzia che il centrodestra non tornerà  al governo nel prossimo ventennio.
L’operazione avviene attraverso mediatori e procacciatori, noti per aver sfasciato la destra italiana, avendo sgovernato prima in An e poi nel Pdl, senza mai un sussulto di dignità  e spirito critico fino a quando sono stati ministri, sottosegretari e parlamentari a 13.000 eurini al mese.
La salvinizzazione della destra italiana si può peraltro ben notare anche nell’evoluzione di certi intellettuali di corte che da scrittori emarginati ora possono permettersi il vestito buono, le apparizioni Tv e le maggiori case editrici.
Ma è nelle iniziative sul territorio che emergono le tematiche della “nuova destra” nostrana con il menu fisso (da 40 anni) composto da immigrati e rom da cacciare.
Come i camionisti si fermano sempre alla trattoria Jolanda, loro oltre quei temi non sanno andare.
E anche chi si era affacciato a un self service con ampia scelta, alla fine si adatta per convenienza al menu della casa.
Non fosse altro perchè il posto a tavola è garantito e magari ci scappa anche il grappino (senza riferimento all’alito di Salvini, citato da Cecchi Paone).
Ci è capitato di leggere un virile comunicato stampa di “Prima l’Italia” (e “dopo la trippa”) in cui si denuncia, udite udite che “negli ultimi giorni sono apparsi sui muri del quartiere Monteverde dei volantini redatti in lingua straniera, precisamente in bengalese, nei quali si chiede un contributo per la ristrutturazione di un locale sito in Circonvallazione Gianicolense, 223 che viene proposto come luogo di culto islamico”.

Un fatto gravissimo, insomma: dei bengalesi che scrivono in bengalese e chiedono si presume a dei loro connazionali di contribuire a ristrutturare un locale come futuro luogo di culto.
Il tutto a loro spese, senza chiedere alcun contributo allo Stato italiano.
Il comunicato conclude che “per questo motivo venerdì 27 febbraio alle ore 11 il movimento Prima l’Italia presenterà  in conferenza stampa le iniziative contro l’apertura della nuova Moschea
“, come se fosse una questione di loro competenza.
Aspetto divertente: “insieme ad una delegazione di Prima l’Italia abbiamo effettuato un sopralluogo presso i locali di Circonvallazione Gianicolense 223, destinati al nuovo luogo di culto islamico e ci siamo trovati di fronte ad una struttura molto grande all’interno della quale sono già  partiti i lavori di ristrutturazione”.
Il che vuol dire che li hanno fatti entrare senza problemi e che non c’era nulla da nascondere, anche se i bengalesi avrebbero avuto diritto a rispondere come Razzi-Crozza: “ma fatevi i cazzi vostri”.
Anche perchè potrebbero aver già  chiesto i relativi permessi alle autorità  preposte e quindi essere perfettamente in regola.

In puro stile salviniano la conclusione è un bel presidio “per lanciare una petizione contro l’apertura della ‪#‎Moschea‬ a ‪#‎Monteverde‬”.
Una posizione quindi “a prescindere”, contro ogni forma di rispetto di altri culti e pure controproducente perchè è notorio che è meglio una moschea ufficiale che puoi controllare che costringere le persone a pregare nei sottoscala e incattivire gli animi.
Non ci avrebbe stupito se l’iniziativa fosse stata sponsorizzata da un politico alla Borghezio, sarebbe in sintonia con lo slogan “No N-euro”.

Invece chi abbiamo trovato ?
Un ex-finiano convertito sulla via del Monviso, un ex dirigente di Futuro e Libertà  con incarichi di un certo livello.
E dato che siamo notoriamente tosti nel fiutare la pista, ecco una chicca che il suddetto aveva scritto il 3 giugno 2011, alle ore 17:06 in un articolo a sua firma: “noi siamo per l’immigrazione responsabile, pronti ad accogliere chiunque venga in Italia per lavorare e rispettare le nostre leggi”.

Ma come, tre anni fa li volevi accogliere e ora gli vuoi pure impedire di pregare?
Capisco che hai cambiato compagnia di giro, ma un po’ di coerenza suvvia.
O devo anche ricordarti cosa scrivevi della tua ora tanto amata Giorgia Meloni il 29 gennaio 2011, alle 12:23 ?  

“La Meloni dovrebbe chiedersi perchè siano spariti dal suo vocabolario i termini moralità , legalità , esempio. Non avrei mai pensato che per mantenere la sua bella poltrona sarebbe arrivata al punto di camminare con i paraocchi. In alcuni casi si dovrebbe avere almeno il buon gusto di tacere”.
Ecco, perfetto: un bel tacer non fu mai scritto.

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QUOTE LATTE, LADRONI PADANI, ITALIA DEFERITA A CORTE DI GIUSTIZIA UE: “RISCHIO MULTA DI 1,7 MILIONI PER COLPA DELLA LEGA”

Febbraio 26th, 2015 Riccardo Fucile

INTERVISTA AL MINISTRO MARTINA: “SALVINI CHIEDA SCUSA”… MA CHE SCUSE, PIGNORATEGLI LO STIPENDIO DA 15.000 EURO AL MESE

La stagione delle quote latte si chiuderà  per sempre il 31 marzo, ma l’Italia rischia una coda pesante, con il nuovo deferimento da parte della Commissione Ue alla Corte di giustizia europea e successiva probabile sanzione per la mancata riscossione di 1,7 miliardi di multe.
Una beffa che rischia di costare alle casse dello Stato centinaia di milioni di euro oltre ai 4,5 miliardi già  pagati negli anni.
Peggio, la notizia del deferimento arriva proprio mentre il governo ha iniziato a inviare le 1.455 cartelle esattoriali per recuperare i 422 milioni di euro di multe agli allevatori già  anticiapte dallo Stato.
“Salvini dovrebbe mettersi una bella felpa con scritto ‘scusate’. Scusate a tutti gli italiani per le prese in giro della Lega Nord: hanno pontificato per anni e questo è il risultato. Un settore in sofferenze dove i furbi spalleggiati dalla Lega hanno messo i difficoltà  gli onesti”.
L’attacco di Maurizio Martina, da un anno ministro dell’Agricoltura, è diretto: “Ci risiamo, ci tocca gestire questa nuova grana, mentre il segretario della Lega pontifica sull’agricoltura che lui, a differenza di altri proteggerebbe. Farebbe meglio a chiedere scusa, e in fretta”.
Quale sarebbe la responsabilità  della Lega Nord?
Loro sulla storia delle quote latte hanno sempre speculato, hanno costruito anni di campagne elettorale sulle bugie che sono già  costate agli italiani 4,5 miliardi di euro, 75 euro per ogni cittadino. E ora rischiamo di pagare ancora solo perchè nessuno, prima di noi ha voluto gestire e risolvere il problema preferendo marciarci sopra. Dovrebbero chiedere scusa perchè questa è la tassa padana, la tasse leghista.
Ma perchè dovrebbe, è arrivato un nuovo deferimento nonostante la fine del regime delle quote latte
Per il mancato completamento della riscossione delle multe verso gli splafonatori: non abbiamo ancora recuperato tutti i 4,5 miliardi di euro che l’Italia ha versato e per la Ue potrebbero essere aiuti di Stato. E’ pazzesco che nel 2015 si rischino multe ancora per questo. Soprattutto ai danni degli allevatori onesti, quelli che hanno rispettato le regole e hanno sudato. Non ha senso che per mille non in regola, illusi di poter non pagare e sostenuti dal Carroccio, paghino tutti.
L’accusa della Lega è che nessuno abbia mai sostenuto il settore.
E’ una critica che fa ridere. In dieci mesi abbiamo fatto quello che per anni altri hanno fatto finta di non vedere. Per un decennio abbiamo visto inventare balzelli e soluzioni stravaganti pur di non mettere mano ai problemi e trovare una soluzione, come sottolineato anche dalla Corte dei Conti nella sua ultima relazione. Abbiamo messo a fuoco le cose da fare. Con la legge di Stabilità  abbiamo chiarito chi deve gestire i problemi, abbiamo fatto partire la fase di accertamento e abbiamo prodotto le cartelle esattoriali. Il vero disastro lo ha fatto chi ha specultato sui mille splafonatori a dispetto dei 34mila onesti.
Quali sono i rischi per l’Italia?
Se il provvedimento Ue venisse adottato si tradurrebbe in una decurtazione dei trasferimenti all’Italia. Signifca tagli agli investimenti. Nell’ultima legge di stabilità  abbiamo inserito, a fatica, un fondo per il latte di qualità  da 100 milioni euro in tre anni: un sostegno agli allevatori onesti, ma poteva ammontare al triplo senza le sanzioni. La Lega che pontifica non ha mai contrattato nulla con Bruxelles, noi abbiamo ottenuto il via libera del Commissario all’agricoltura Phil Hogan alla rateizzazione senza interessi delle ultime multe di quest’anno. Della Lega ricordo solo tante manifestazioni in cui invitavano gli agricoltori a non rispettare le quote latte e a non pagare le multe. Hanno solo cambiato le canottiere con le felpe, ma il messaggio è lo stesso. Non si rendono conto che i più arrabbiati, i più danneggiati sono gli onesti.
La Lega però critica il governo anche la mancata abolizione dell’Imu agricola.
Vorrei cancellarla anche io, ma dobbiamo essere realisti. Stiamo comunque parlando di un’imposta da 260 milioni di euro l’anno contro i 4,5 miliardi delle multe per le quote latte, quasi venti volte tanto. E poi non si dice che solo 20 milioni dell’Imu agricola arriveranno dagli imprenditori agricoli, gli altri saranno versati da proprietari terrieri che non vivono di agricoltura. Il 60% degli imprenditori pagherà  meno di 50 euro.
Di certo il settore lattiero è a un punto di svolta con la fine delle quote
E’ un cambio di fase epocale che andrà  letto nel medio periodo, ma è l’occasione per provare a risolvere alcuni nodi: a cominciare dalla creazione di una interprofessione del latte, uno strumento dove i produttori, i trasformatori e la grande distribuzione si possano confrontare seriamente. Penso anche ai contratti che oggi si fanno su base mensile: come fa un produttore a programmare in questo modo? Vorrei che si arrivasse almeno a un arco temporale stabile di un anno: così si potrebbe stabilizzare la situazione. Si è perso tempo a speculare politicamente senza affrontare i problemi: dobbiamo aiutare le filiere. E dopo il latte toccherà  all’olio.

(da “La Repubblica”)

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INTERVISTA AD ANNA CANEPA, MAGISTRATO DELLA DIA: “RESPONSABILITA’ CIVILE E’ UN CANNONE PUNTATO CONTRO NUOVI DIRITTI”

Febbraio 26th, 2015 Riccardo Fucile

“ORA I GIUDICI STARANNO ATTENTI A DARE TORTO AL PIU’ FORTE”… E SENZA IL “FILTRO” I RICORSI INGOLFERANNO I TRIBUNALI

“Il ministro Orlando dice che da oggi i cittadini sono più tutelati? Direi il contrario, sono meno tutelati da giudici meno sereni”.
Anna Canepa, segretario generale di Magistratura democratica e consigliere della Direzione nazionale antimafia boccia non solo la nuova legge sulla responsabilità  civile dei magistrati, approvata ieri definitivamente dalla Camera, ma anche il messaggio che manda: “Preocupa il segnale culturale e politico, come se il problema della giustizia italiana fossero i giudici, non la mafia e la corruzione”.
Lei ha twittato: “Si realizza così il sogno di molti: una giustizia forte coi deboli e debole coi forti”. Che cosa intende dire?
Il giudice starà  più attento a dare torto alla parte più ‘forte’, quella dotata degli strumenti economici per affrontare un ulteriore giudizio contro chi l’ha condannata. Tutti si concentrano sui processi penali, ma il problema più grosso sarà  sul civile, dove spesso ci sono soggetti piccoli che hanno subito un torto da soggetti grandi, come le aziende con i loro avvocati. E perchè il giudice dovrebbe decidere seguendo una giurisprudenza innovativa, cercando soluzioni che sappiano dare tutela ai nuovi diritti, quando ha addosso i cannoni puntati di un’azione di responsabilità  civile che non deve neppure più passare per un’udienza filtro di ammissibilità , come avveniva con la legge precedente? E’ quasi un quarto grado di giudizio.
L’eliminazione dell’udienza filtro è uno dei punti centrali della riforma. Che cosa cambia in concreto?
In tutti i processi, civili e penali, c’è una parte soccombente. E la parte soccombente cercherà  sempre di adire a questa possibilità . Senza il filtro di ammissibilità , ora chiunque lo ritenga sarà  incentivato a fare il ricorso, indipendentemente dall’esito finale che potrebbe avere.
L’azione per la responsabilità  civile può essere intrapresa anche durante le indagini, per esempio nel caso di un ordine di custodia cautelare che si ritiene infondato, anche se tutti i ricorsi previsti dalla legge hanno dato ragione al pm. A questo punto un indagato si troverebbe lo stesso pm come avversario in una causa civile, e magari chiedere di ricusarlo
La nuova legge non dice nulla su questo punto, dunque lo si vedrà  nell’applicazione pratica. Ma certo che in un caso del genere può scattare la richiesta di ricusazione. Senza il ‘filtro’, una richiesta di risarcimento per responsabilità  civile si traduce automaticamente nell’apertura di un procedimento.
Quali sono gli altri punti che contesta nella riforma?
La riforma amplia anche i casi nei quali il magistrato può essere chiamato a rispondere al “travisamento del fatto o delle prove”. Qui si va a valutare l’essenza stessa della giurisdizione, del lavoro del magistrato. Che quando decide deve essere indipendente obiettivo.
Il ministro Orlando ha spiegato però che la riforma era necessaria, non solo per le richieste dell’Europa, ma perchè in più di vent’anni la legge Vassalli aveva prodotto pochissimi risarcimenti
La richiesta europea è stata strumentalizzata. L’Europa chiedeva altro: la responsabilità  dello Stato per la non applicazione del diritto comunitario. In Italia, a differenza che in altri paesi europei,   la responsabilità  dei giudici esisteva già , così come la rivalsa dello Stato nei loro confronti in caso di condanna a risarcire. Poi i cittadini hanno altre risorse, come il risarcimento per ingiusta detenzione e la legge Pinto in caso di irragionevole durata del processo, sia penale che civile. Quanto ai numeri, ricordo che anche in Francia i casi di risarcimento si contano sulle dita di una mano: l’azione civile contro il magistrato non può essere la norma, caso mai l’eccezione. Il problema non è il filtro, ma andare a vedere quante richieste sono davvero fondate.
Secondo lei c’è anche il rischio che i tribunali civili s’ingolfino di nuove cause?
Questa è un’altra contraddizione del governo. Il nostro grande problema è il ritardo nel chiudere i procedimenti dovuto a un’elevata “domanda” di giustizia. Finora l’esecutivo si è adoperato per contenerla, ma adesso introduce un elemento che l’aumenta. In sintesi: davvero ora i cittadini sono più tutelati, come sostiene il ministro Orlando? Io direi meno tutelati da giudici meno sereni.

Mario Portanova
(da “il Fatto Quotidiano”)

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FARSA PRIMARIE CAMPANIA: MIGLIORE VEDE RENZI E SI RITIRA DALLE PRIMARIE

Febbraio 26th, 2015 Riccardo Fucile

DOPO L’INCONTRO DI STAMANE LA DECISIONE DI RINUNCIARE ALLA CORSA A GOVERNATORE

Un blitz romano per la caotica vicenda delle Primarie Pd in Campania.
Gennaro Migliore incontra il premier e segretario del partito Matteo Renzi. E concorda con lui una ritirata. Non sarà  in lizza per domenica primo marzo.
Il deputato del partito democratico, come era nell’aria negli ultimi tempi, si autoesclude dalla competizione che deve designare il candidato Pd per le elezioni a presidente della Regione Campania.
Al momento, dunque, rimangono in ballo Andrea Cozzolino, Vincenzo De Luca, Marco Di Lello e Aniello Di Nardo.
Il tutto in un clima carico di veleni e di sospetti. Segnato, proprio 24 ore fa, dalla lettera con cui l’europarlamentare Massimo Paolucci ha dato l’addio al partito.
Una missiva nella quale ha scritto, tra l’altro: “Quel che non posso tollerare è vedere il mio partito trasformarsi geneticamente. Quel che non posso sopportare è l’ipocrisia, la doppia morale”.
E ancora: “Tutti, a Napoli e a Roma sanno che le nostre prossime primarie saranno un grande revival di Forza Italia. Tutti vedono le fotografie riportate dai giornali. Tanti, navigando sulla rete, hanno ‘scoperto’ fotografie imbarazzanti. Tanti sanno che le nostre prossime primarie saranno un replay peggiore di quelle svolte nel 2011. Tanti sanno che si va incontro a un disastro annunciato”.
Parole e temi pesanti a cui si sono aggiunte le esternazioni del deputato salernitano Guglielmo Vaccaro: “Tra me e il segretario Renzi c’è una totale identità  di vedute: ambedue sappiamo che per la democrazia e l’integrità  delle casse pubbliche Caldoro è meglio di De Luca e Cozzolino. Ma lui non lo può dire. Mentre noi che abbiamo qualche responsabilità  in meno possiamo dire anche le verità  più scomode”.

(da agenzie)

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RESPONSABILITA’ CIVILE, ORA GIUDICI E PM RISCHIANO UNA PIOGGIA DI RICUSAZIONI

Febbraio 26th, 2015 Riccardo Fucile

UN MAGISTRATO PUO’ RITROVARSI A ESSERE CONTROPARTE DEL SUO INDAGATO, MAGARI “ECCELLENTE”, NELLA CAUSA CIVILE… UN CORTO CIRCUITO CHE PORTERA’ A RICHIESTE DI ASTENSIONE DAL PROCEDIMENTO PENALE…L’ALLARME DI DAVIGO… BALLE CHE CE LO CHIEDA L’EUROPA, ALL’ESTERO LE COSE VANNO DIVERSAMENTE

La nuova legge sulla responsabilità  civile dei magistrati nasconde un cortocircuito in grado di condizionare i processi ancor più di quanto lamentino le toghe di ogni colore dopo l’approvazione definitiva della riforma fortemente voluta da Matteo Renzi e dal ministro della Giustizia Andrea Orlando.
Un giudice o un pm potrebbero diventare controparti del loro imputato o indagato in un altro processo, quello civile determinato appunto da una richiesta di risarcimento per responsabilità  civile.
Perchè con la nuova legge sparisce l’udienza “filtro” in tribunale che fino oggi valutava l’ammissibilità  o meno del ricorso.
Così il ricorso si traduce immediatamente in una causa civile, poi come andrà  a finire si vedrà . Ma intanto il cortocircuito sarà  innescato: giudice o pm nell’aula penale, parte in causa chiamata a difendersi dalle pretese dell’imputato nell’aula civile.
ANM: “INCENTIVATO RICORSO A RICUSAZIONI”
Dopo l’approvazione della riforma, molti magistrati hanno puntato il dito contro il rischio di intimidazione, specialmente quando indagati (magari arrestati) o imputati sono particolarmente ricchi e potenti: pezzi grossi della politica, boiardi di Stato, grandi aziende private o pubbliche.
Contro i quali, con la nuova legge che oltre a eliminare il filtro allarga il campo della responsabilità  all’opinabile “travisamento del fatto o delle prove”, qualche toga potrebbe scegliere di procedere con i piedi di piombo.
Ma, appunto, c’è il rischio ancora più concreto che questi personaggi si trovino in mano uno strumento in più per “scegliersi” il proprio giudice.
Il 22 febbraio, l’Associazione nazionale magistrati ha deliberato lo “stato di mobilitazione” contro la riforma, e le ultime due righe del documento contengono un accenno diretto alla questione, quando si chiede di “segnalare al legislatore le gravi ricadute che la normativa attuale potrebbe avere sulle organizzazioni interne, incentivando il ricorso agli strumenti dell’astensione e della ricusazione“.
Piercamillo Davigo, oggi leader della corrente Autonomia e indipendenza, appena staccatasi dalla conservatrice Magistratura indipendente, aveva evocato questo spettro qualche giorno prima sul Corriere della Sera.
E aveva citato una sentenza di Cassazione (la numero 18 del 18 gennaio 1989) che testualmente recita: “Comunque va sottolineato che la previsione del giudizio di ammissibilità  della domanda (il “filtro” cancellato dalla nuova legge, ndr) garantisce adeguatamente il giudice dalla proposizione di azioni manifestamente infondate che possano turbarne la serenità , impedendo, al tempo stesso, di creare con malizia i presupposti per l’astensione e la ricusazione”.
Malizie che si sono viste spesso, da Tangentopoli in poi, nelle aule di giustizia del nostro Paese.
IL PM IN AULA. PER DIFENDERSI DALL’IMPUTATO
Nè la vecchia nè la nuova legge parlano di astensione o ricusazione dei magistrati in caso di azione per responsabilità  civile. Per arrivare all’escamotage, bisogna unire un po’ di puntini.
Il risarcimento è chiesto allo Stato, in particolare alla Presidenza del consiglio dei ministri.
Se poi lo Stato viene condannato, può rivalersi sul magistrato. Con la riforma, la rivalsa “non può superare una somma pari alla metà  di una annualità  dello stipendio” (con la vecchia legge era meno, un terzo dello stipendio).
Ma il magistrato può intervenire nel giudizio civile, per difendersi al meglio e cercare di evitare di dover poi sborsare la somma. In questo modo, diventa parte in causa , e il cortocircuito scatta.
L’indagato o l’imputato possono quanto meno chiedere, e con qualche fondamento, che si astenga dal prendere ulteriori decisioni sul loro conto nel procedimento penale. E certo è minata la “serenità ” del magistrato nel giudizio.
Probabilmente il ministro Orlando aveva in mente anche questo quando si è detto pronto “con grande laicità ” a valutare “l’effetto prima applicazione” della riforma. E “a correggere alcuni punti che sono stati segnalati”. Anche se si è detto convinto “che molti pericoli paventati non hanno riscontro nella realtà ”.
DALLA FRANCIA ALLA GERMANIA, TUTTI I “FILTRI” AI RICORSI
La nuova responsabilità  civile all’italiana ha almeno riscontro nei sistemi dei nostri partner europei?
Scorrendo uno studio della Camera dei deputati datato 16 dicembre 2011 pare proprio di no. In Francia, per esempio, l’azione “deve essere autorizzata preventivamente dal Primo presidente della Corte d’appello”.
Il famoso filtro, insomma. In Germania, ci informa l’Ufficio studi della Camera, la responsabiltà  civile esiste, ma viene tutelato il principio secondo il quale “nell’interesse dell’imparzialità  del giudice, egli non debba temere azioni o ritorsioni per le decisioni assunte”.
E gli atti provvisori, come gli ordini di custodia cautelare, a differenza di quanto accade in Italia sono esclusi da azioni di responsabilità .
Nel Regno Unito, la common law prevede “l’esonero dalla responsabilità  civile del magistrato per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni”, poi “temperato” dalla necessità  di adeguarsi alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in particolare sul fronte dell’ingiusta detenzione.
In Spagna, infine, la responsabilità  civile si può esigere solo dopo la conclusione del processo “in cui si presuma sia stato prodotto il danno”.
LO STUDIO DELLA CAMERA: “ATTENTI ALLE AZIONI TEMERARIE”
Nello stesso studio sono riportati i pareri di diversi giuristi che mettono in guardia dal trasformare la responsabilità  civile in una sorta di quarto grado di giudizio, o comunque in uno spauracchio per le toghe.
Laura Frata sottolinea che il numero di ricorsi accettati in Italia con la legge Vassalli del 1988 è stato sì esiguo — un cavallo di battaglia di Orlando per perorare la riforma   — ma bisogna ricordare “che la possibilità  di agire in via risarcitoria a fronte di attività  gravemente negligente del magistrato è stata concepita come rimedio eccezionale, quale extrema ratio“.
Mentre Vincenzo Varano perora la causa del “filtro”, che se da un lato riduce le probabilità  di successo dell’azione di responsabilità , dall’altro fissa “un meccanismo di deterrenza a monte contro azioni temerarie, artificiose, fittizie, di mera turbativa, in una materia delicatissima perchè ha insito il pericolo di compromettere il corretto esercizio della funzione giurisdizionale”.
Quando si tratta di materia penale, le fatiche dei tecnici degli uffici studi parlamentari e ministeriali finiscono spesso per risultare vane, come nel caso della prescrizione e del falso in bilancio.
LA GIURISTA: “RIFORMA BUONA, MA RISCHIO ABUSO C’E’”
Fra i contributi citati nello studio c’è quello di Francesca Bonaccorsi, avvocato e dottore di ricerca all’Università  di Pisa.
Rispetto alla Vassalli, spiega a ilfattoquotidiano.it, “il testo è stato mutato soprattutto sulla valutazione della colpa grave. Prima la responsabilità  c’era solo quando il magistrato affermava un fatto inesistente o ne negava uno accertato nel processo, oppure se emetteva un ordine di custodia senza motivazione o presupposti di legge. La nuova formulazione aggiunge come colpa grave ‘la violazione manifesta della legge nonchè del diritto dell’Unione europea, il travisamento del fatto o delle prove’”.
Bonaccorsi ridimensiona i rischi di condizionamento dei magistrati, perchè “la valutazione dei colleghi sarà  restrittiva” e alla fine “a rispondere è lo Stato”. La giurista dà  una valutazione positiva della riforma, caduta dell’udienza filtro compresa, perchè finora i casi di ricorsi accettati sono stati “davvero troppo pochi”.
Ma ammette: “Che si presti all’abuso è chiaro, un margine ci può essere. Il cittadino potrà  chiedere l’astensione o la ricusazione. Ma la valutazione spetterà  comunque a magistrati”.
Alle preoccupazioni delle toghe, infine, dà  voce Antonio Di Pietro, con la consueta efficacia oratoria: “Se all’epoca di Mani pulite fosse stata in vigore questa legge”, dice all’AdnKronos, “avrei passato il mio tempo a difendermi dalle denunce, invece che a fare le indagini. Ogni persona che avrà  a che fare con la giustizia penserà  a denunciare il magistrato per evitare di essere giudicato, un po’ come fanno gli automobilisti pizzicati dall’autovelox: tutti fanno ricorso”.

Mario Portanova
(da “il Fatto Quotidiano”)

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