Marzo 2nd, 2015 Riccardo Fucile
DOPO ORE DI POLEMICHE, IN SERATA PALAZZO CHIGI SI APPELLA A NON PRECISATI “MOTIVI DI SICUREZZA” PER GIUSTIFICARE LO SPERPERO DI DENARO PUBBLICO
Tutti contro Matteo Renzi. Dopo l’aereo blu per andare a sciare con la famiglia a Courmayeur in occasione
del Capodanno, il premier usa un elicottero di Stato per spostarsi da Firenze a Roma: il velivolo è costretto alle 8.45 a un atterraggio di emergenza a Badia al Pino, nel comune di Civitella della Chiana (Arezzo), e sulla passione del presidente del Consiglio per gli spostamenti in velocità scoppia una nuova polemica politica.
Un fronte trasversale che va da Forza Italia a Sel fino al M5S chiede a Renzi conto dell’accaduto, proponendo un parallelo con il il neo capo dello Stato Sergio Mattarella, che per spostarsi utilizza voli civili e normalissimi tram.
In serata arriva la versione di palazzo Chigi: il premier, si legge in una nota, “usa e continuerà ad usare i mezzi a sua disposizione, secondo quanto prevede la normativa”.
Il Movimento 5 Stelle — che ha lanciato l’hashtag #renzicottero diventato trending topic — attacca il premier con un post dal titolo “Renzicottero” pubblicato sul blog di Beppe Grillo. “Il presidente della Repubblica prende il treno, il non eletto che occupa Palazzo Chigi e impesta le televisioni per fare meno di 300 chilometri usa il Renzicottero”.
Grillo, poi, prosegue chiedendo al presidente del Consiglio: “Prendi il Renzicottero tutti i giorni? Chi c’era nel Renzicottero? Quanto costa ai contribuenti il tuo lusso? Ma prenderti un treno?”.
Forse, continua, “Renzie sta facendo le prove per quando dovrà fuggire dagli italiani inferociti per essersi resi conto delle balle che racconta, ma forse a quel punto il Renzicottero non basterà ”.
“La mia scorta è la gente”, scrive il blog ricordando le parole del premier. Poi continua: “Renzie oggi ha fatto un atterraggio di emergenza a causa del maltempo con il ‘suo’ elicottero, che chiameremo per comodità Renzicottero, mentre si recava da Firenze a Roma.
Il consigliere di Berlusconi Giovanni Toti si sfoga su Twitter: “Renzi: spiace per brutta avventura — scrive — Ma aerei per Aosta, (dove il premier con la famiglia era andato a sciare, ndr) elicotteri per Roma. Meglio volare basso e con mezzi pubblici. Mattarella docet”.
Il riferimento è all’inaugurazione della scuola dei giovani magistrati di Scandicci, raggiunta in tram da presidente della Repubblica.
Parla invece di “rottamazione di lusso” Gianni Melilla, deputato di Sinistra Ecologia Libertà che sempre sul sito di microblogging commenta:”Da Firenze a Roma il presidente del Consiglio Renzi preferisce l’elicottero all’auto blu”.
Dopo l’incidente, il premier — illeso come l’equipaggio, il personale a bordo — è stato raggiunto dalla scorta e ha proseguito il viaggio per la Capitale in auto. In un primo momento fonti del governo avevano riferito che poteva trattarsi di un guasto tecnico.
Ma oltre alle reazioni politiche, anche su Twitter monta la polemica: molti utenti si chiedono infatti perchè, per un tragitto così breve, il segretario Pd abbia deciso di usare l’elicottero e non il treno.
“Renzi — scrive Serpico — ha rottamato le auto blu (degli altri) per prendersi un elicottero bianco. #lavoltabuona che si vergogna?”.
E altri aggiungono: “un bel frecciarossa no?”, “ma non era quello che voleva ridurre i costi?”, “elicottero…scorta…no, non può essere”, e Luca Bottura posta un finto virgolettato del premier sull’aereo, riprendendo la strategia applicata alle auto di Stato: “Stavo andando a venderlo su eBay”. Infine c’è anche chi scherza: “Renzi costretto all’atterraggio. Forti ‘ste correnti del Pd”
Palazzo Chigi: “Motivi di sicurezza”
Ma in serata fonti di Palazzo Chigi riportate dalle agenzie spiegano che il premier ha utilizzato stamane l’elicottero per imprecisati motivi di sicurezza che, in questo momento, si applica al più alto livello per il premier.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 2nd, 2015 Riccardo Fucile
ULTIMI SEI ANNI: LA CORTE DEI CONTI HA CONDANNATO EVASORI E CORROTTI A PAGARE 5 MILIARDI, INCASSATI SOLO 68 MILIONI
È una presa in giro. Questo ti viene da pensare dopo aver scoperto che negli ultimi sei anni lo Stato, le amministrazioni locali e le società pubbliche hanno recuperato appena l’1,4 per cento della somma derivante dalle condanne della Corte dei conti per danno erariale.
E fa ancora più rabbia se si pensa alle dimensioni di quella cifra, non lontane da quelle di una manovra economica.
Fra il 2009 e il 2014 la magistratura ora presieduta da Raffaele Squitieri ha appioppato condanne per 4 miliardi 898 milioni 4.014 euro e 59 centesimi: ma del frutto dei procedimenti conclusi in quei sei anni, nelle casse pubbliche non sono entrati che 68 milioni 726.010 euro e 44.
Questo significa che per ogni 100 euro di risarcimenti ben 98,60 non sono stati fisicamente pagati.
Non hanno pagato i ladruncoli della cosa pubblica.
Non hanno pagato gli amministratori incapaci, o peggio infedeli.
Ma nemmeno gli evasori pizzicati a frodare il Fisco.
Nè i corrotti. Nè i politici abituati a trattare il denaro di tutti come il denaro di nessuno.
E se è inaccettabile che in un Paese con il record europeo dell’inefficienza amministrativa e della corruzione i disonesti la facciano franca perfino quando devono restituire ai contribuenti il maltolto, è inevitabile chiedersi di chi sia la colpa.
Da anni la Corte dei conti lancia l’allarme su una situazione che non soltanto priva l’Erario di incassi giganteschi, ma fatto ancor più grava alimenta il senso di impunità e dunque il diffondersi di comportamenti illegali nella pubblica amministrazione.
Allarme, va detto con estrema chiarezza, rimasto sempre inascoltato.
Il fatto è che dopo aver emesso la sentenza di condanna la magistratura contabile non ha più alcun potere sulla sua esecuzione materiale.
Quella tocca al soggetto pubblico danneggiato, che però non è sempre così solerte nell’aggredire il condannato.
Per giunta anche la competenza a valle sull’esito materiale delle sentenze non è del giudice contabile, ma di quello ordinario.
Capita spesso, e non per semplice sciatteria, che la pratica vada in prescrizione dopo che sono trascorsi i previsti dieci anni di tempo senza che sia stata messa in atto alcuna azione di recupero.
Ci si mette poi la farraginosità delle procedure esecutive sulle proprietà immobiliari. Per non parlare dei furbi che quando arriva l’ufficiale giudiziario risultano nullatenenti perchè hanno ceduto tutto al consorte o a un prestanome.
Che ci voglia del tempo per prendere i soldi è comprensibile. Lo dimostrano gli stessi dati elaborati dalla Corte dei conti, secondo cui negli ultimi sei anni sono stati recuperati in tutto 148,8 milioni, di cui 68,7 relativi alle condanne emanate nel periodo e ben 80,1 per le cause precedenti al 2009.
Il problema è se esista sempre la determinazione necessaria, anche da parte di chi deve scrivere le regole.
E qui qualche dubbio non può che venire.
Per esempio, poteva nell’Italia dei condoni non esserne previsto uno per il danno erariale? L’hanno fatto nel 2005, e se quel condono ha consentito di recuperare forse somme maggiori rispetto a quelle soggette con le procedure ordinarie, non c’è dubbio che per chi ha rubato 300 mila euro cavarsela pagandone sull’unghia 60 mila è stato un bel vantaggio.
Ancora. Per quanto sia difficile da credere, i crediti che le amministrazioni e le società pubbliche vantano nei confronti di un soggetto privato condannato per danno erariale non sono privilegiati: vengono pagati alla fine, anche dopo i debiti con le banche.
Il risultato è che quando il privato in questione fallisce è matematico che lo Stato non vedrà mai i soldi.
Da anni, dicevamo, la Corte dei conti si lamenta inascoltata di questa situazione.
Eppure metterci rimedio non sarebbe così complicato. Basterebbe prendere seriamente in esame alcune proposte che vengono dalla medesima magistratura.
Per prima cosa affermare il principio che il credito dello Stato per danno erariale è assolutamente privilegiato: chi mai potrebbe contestare una cosa del genere?
Quindi abolire il termine di prescrizione decennale per le esecuzioni a carico dei condannati a risarcire i contribuenti.
Ma anche affermare la competenza ad agire per il recupero al pubblico ministero contabile, il quale dovrebbe girare le somme incassate coattivamente al ministero dell’Economia, che a sua volta le riverserebbe alle amministrazioni.
Inoltre, alla Corte dei conti si giudica opportuno introdurre alcuni accorgimenti per facilitare la riscossione delle somme.
Si pensa a una procedura simile al patteggiamento nel giudizio penale, da cui sarebbero esclusi comunque i processi per appropriazione di denaro pubblico.
Una ipotesi che secondo i magistrati contabili potrebbe anche contribuire a ridurre il numero dei procedimenti.
Gli daranno mai retta a Squitieri e ai suoi?
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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Marzo 2nd, 2015 Riccardo Fucile
DA SUD A NORD NON CAMBIA… A NAPOLI SU 2000 COMPLESSI SCOLASTICI ALMENO 1300 NECESSITEREBBERO DI INTERVENTI DI RISTRUTTURAZIONE, IN 400 CI SONO TRACCE DI AMIANTO
Perchè sulla carta la parola funziona sempre: “Una visita alla settimana”, disse Matteo Renzi appena
proclamato presidente del consiglio.
Poi lo hanno visto poco, un paio di volte, ovviamente. Stessa sorte i suoi ministri.
Il governo aveva già data per cosa fatta anche l’assunzione degli insegnanti precari, ma la discussione viene rinviata e loro, quelli che a parole erano già assunti, restano lì ad aspettare. Benvenuti nel mondo della scuola, più grande disastro che non fiore all’occhiello.
Non che manchino le eccellenze (poche), ma in alcune classi ci sono ancora i banchi di quarant’anni fa, quelli verdi e col buco.
A volte sono messi anche peggio.
Mancano gli insegnanti, le barriere architettoniche resistono, gli insegnanti non ci sono e i primi a mancare sono quelli per il sostegno dei bambini con minori abilità .
Per non parlare delle strutture, quasi mai a norma, soprattutto antisismica.
L’80 per cento delle scuole, se la legge venisse applicata alla lettera, verrebbero chiuse dalla sera alla mattina.
Se facciamo un totale degli istituti si scopre che il 60 per cento è stato costruito prima del 1974, quando vennero varate le leggi sui criteri antisismici.
E parliamo di una popolazione, quella studentesca, che conta 7.830.650 divisi in 370mila classi sparse in circa 42mila scuole, e 778.736 docenti.
Numeri certi sono solo questi perchè il Ministero dell’Istruzione si guarda bene dall’effettuare un censimento su quelli che sono i bisogni elementari e che non esistono: strutture, ovvio, ma anche biblioteche, palestre, sedie e banchi, lavagne, personal computer (una rarità ) aule attrezzate. Prendiamo l’Emilia Romagna. Aule nei container, istituti non a norma dal punto di vista sismico, pochi soldi e ancor meno insegnanti.
La campanella nei container
Nel maggio del 2012 le scosse sismiche devastarono 2.800 chilometri quadrati di scuole, case e fabbriche.
A quasi tre anni di distanza dalla prima scossa, quella del 20 maggio ci sono ancora quelli che la mattina vanno a scuola in un container, o modulo provvisorio, dove le aule sono scatole accostate l’una all’altra, e l’unica consolazione è che il terremoto non potrà buttarle giù.
Gli studenti dell’Ita Ignazio Calvi di Finale Emilia, sono al loro terzo anno scolastico nelle baracche, e così i ragazzi delle superiori Galilei di Mirandola, e i bambini iscritti alle primarie Sorelle Luppi di Solara, a Bomporto.
Che prima di rivedere una scuola vera dovranno probabilmente, e se tutto va bene, aspettare il prossimo anno.
Non va meglio, comunque, agli studenti dell’Emilia non terremotata, che pur con la possibilità di usufruire di scuole non provvisorie, sono spesso iscritti in istituti che non sono adeguati dal punto di vista della normativa antisismica.
“Molte scuole in Regione sono state costruite negli anni Cinquanta, alcune anche molto prima, arriviamo fino al Cinquecento, come il liceo Galvani di Bologna, e sarebbe complicato valutare come intervenire”, spiega l’assessore alla Scuola dell’Emilia Romagna, Patrizio Bianchi.
Dati precisi non ne ha, Bianchi, gli ultimi li fornì dopo il terremoto il Movimento 5 Stelle, secondo cui l’80 per cento delle scuole della regione all’epoca non era antisismico. Tecnicamente, quindi, non agibile.
“Fino al 2005 l’Emilia Romagna non era nemmeno interessata dalla classificazione sismica, quindi i requisiti per costruire erano diversi”.
E oggi, pur con le nuove prescrizioni normative, intervenire costa.
La Regione spera di vedersi stanziare dallo Stato 70 milioni di euro, che verrebbero spesi per l’adeguamento antisismico, ma anche per costruire nuove scuole e ampliare quelle già esistenti, che le aule, in molti istituti, con gli studenti che aumentano annualmente, in media, di 9.000 — 10.000 unità , non bastano.
“Vedremo cosa deciderà Roma”, conclude Bianchi. Resta poi il problema insegnanti. “Non ci sono abbastanza docenti in Emilia Romagna, nè insegnanti di sostegno”, spiega Raffaella Morsia, segretario della Flc Cgil regionale, “così abbiamo aule sovraffollate, e ragazzi disabili assistiti a scuola solo per un numero limitato di ore. Una situazione insostenibile”.
Vedi Napoli e stenti a crederci
I dati sfornati dal sindacato Uil sono avvilenti anche in Campania. Sui circa 2000 complessi scolastici della provincia di Napoli, almeno 1300 necessiterebbero di interventi di ristrutturazione radicale, in 400 ci sarebbero ancora tracce di amianto, uno su dieci non è adeguato alle normative antisismiche.
“Numeri da edilizia post bellica”, commenta amaro il segretario generale Uil scuola in Campania Salvatore Cosentino in una videoinchiesta di Fanpage.
Per riparare questo sfascio, solo per la città di Napoli occorrerebbero 25 milioni di euro annui fino al 2018.
Per la Campania occorrerebbe un miliardo di euro. Sono stati stanziati “solo” 183 milioni e funzioneranno tutt’al più come tampone.
Un riparto che prevede 171,3 milioni di euro (3.669 progetti) per la piccola manutenzione; 3,304 milioni (7 progetti) per la messa in sicurezza delle scuole, la rimozione dell’amianto e delle barriere architettoniche; 8,3 milioni di euro (7 progetti) per la realizzazione di nuove scuole.
Il rapporto del Centro Studi Ance di Salerno fornisce notizie ancora più inquietanti: in Campania gli edifici scolastici esposti a un elevato rischio sismico sono 4.872, mentre quelli a elevato rischio idrogeologico sono 1.017.
Le scuole campane a rischio sismico rappresentano il 20,2% del totale nazionale; quelle a rischio idrogeologico il 16,3%.
E non c’è bisogno di andare in periferia: basta farsi una passeggiata per il centro di Napoli per trovare istituti storici — il liceo Sannazzaro, il Gianbattista Vico, il Conservatorio — transennati e cantierati fino a costringere gli studenti a fare complicati slalom per accedere alle classi.
A Salerno le cose non vanno molto meglio: a gennaio è crollato il soffitto di un’aula dell’Istituto Giovanni XXIII, per fortuna era notte e non si è fatto male nessuno.
L’edificio non era incluso tra quelli da restaurare secondo il nuovo piano del governo. E pochi giorni fa è crollato il soffitto della mensa della scuola elementare Aldo Moro di Vallo della Lucania: i bambini ora mangiano i panini in classe.
Situazioni difficili. E a scendere verso sud la situazione non fa che peggiorare fino a raggiungere risultati da record negativi in Sicilia e in Sardegna dove il problema, oltre alla scuola è l’alfabetizzazione e l’abbandono scolastico.
Giù al Nord non c’è da sorridere
L’operazione scuola di Renzi un anno fa è partita dall’istituto Colletti di Treviso, nel cuore del Nordest produttivo. Bastava però andare 50 km più in là , a Fiume Veneto, per trovarne uno tanto decrepito che è stato poi chiuso per pericolo di crollo.
Sbaglia, dunque, chi pensa che le regioni settentrionali siano messe tanto meglio che altrove. Sopra l’Emilia si contano 13.415 scuole, un terzo sono concentrate nella sola Lombardia (5.272), seguono Piemonte (3.217) e Veneto (2.948), Liguria e Friuli ne hanno un migliaio ciascuna.
E come stanno? Non benissimo, stando al riparto dei fondi per la messa a norma e la manutenzione.
La Lombardia conta 1,1 milioni di alunni e con 160 milioni di euro è in cima alla classifica per investimento pubblico: 82 per i problemi di sicurezza degli stabili, 10 per la manutenzione, 67 per la costruzione di nuove scuole che mettano fine al problema delle “classi pollaio” con più di 30 alunni.
La difficoltà è nei numeri: 1.182.000 alunni, 107.703 docenti, 29.406 personale non docente (Ata). “Gli alunni sono aumentati gli organici no”, spiega il segretario della Flc-Cgil, Tobia Testori..
“Assistiamo a un aumento spropositato degli studenti per classe mentre la riduzione del personale tecnico-amministrativo sta mettendo a rischio vigilanza, assistenza e pulizia”. Entrando a scuola si scopre che nella “regione dell’eccellenza”, così la chiamava il suo ex governatore, regna uno stato d’agitazione permanente. Se restringiamo il campo alla Provincia di Milano 94 scuole sono ancora prive di un dirigente scolastico, i sindacati milanesi lamentano una “grave carenza di personale Ata negli istituti con più plessi, a rischio sicurezza, igiene e vigilanza”.
Tante polemiche sulle classi con troppi “immigrati”, ma è mancata a tutt’oggi l’assegnazione di gran parte dei posti di sostegno all’integrazione degli stranieri.
Il personale specializzato sul sostegno nel primo ciclo dell’istruzione è sotto di 500 posti. Il governo promette di stabilizzare i precari, ma nel milanese il personale docente e Ata registra una scopertura del 40% dei posti. Servono ancora tanti soldi. La “buona scuola”, su al Nord, non è scontata.
Ultimi crolli in aula
In questo caos numerico non sono mancati gli incidenti. Il distacco dell’intonaco nella scuola di Pescara pochi giorni fa fa ha causato ferimento di tre studenti, e non è che l’ennesimo incidente provocato dalle condizioni delle strutture.
Il mese scorso, l’8 gennaio, era crollato l’intonaco di un soffitto in un asilo in Lombardia ferendo sette bambini. Un incidente avvenuto a distanza esattamente di un anno dalla disgrazia accaduta in un liceo di Lecce, l’8 gennaio del 2014, quando uno studente morì a scuola per la caduta in un pozzo di luce causata dal cedimento di una grata.
E’ stato questo uno degli episodi più gravi degli ultimi anni, tra gli incidenti a scuola, come quello del liceo Darwin di Torino dove nel 2008, a seguito del crollo di un controsoffitto, rimase ucciso uno studente di 17 anni e altri 17 furono feriti.
Proprio qualche giorno fa la Cassazione aveva confermato le sei condanne, tre a carico di funzionari della Provincia di Torino e tre per gli insegnanti per il crollo del soffitto al liceo Darwin di Rivoli.
Ma sono innumerevoli gli incidenti, anche di lieve entità , che nel corso degli anni hanno creato disagio e portato alla chiusura delle scuole che poi non sono mai state riaperte.
Molte promesse. Come quella del giovane presidente del consiglio: una scuola alla settimana.
Emiliano Liuzzi, Annalisa Dall’Oca, Vincenzo Iurillo e Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 2nd, 2015 Riccardo Fucile
POI HA PERMESSO DI CORRERE ALLE PRIMARIE A DE LUCA, NON MODIFICANDO LO STATUTO
Anche stavolta il Pd non è d’accordo con se stesso.
Che figura fa il Nazareno che fa approvare in Parlamento la legge Severino e ne fa il fiore all’occhiello della sua azione per la legalità nelle pubbliche amministrazioni, ne chiede un’intransigente applicazione giuridica e politica quando riguarda l’avversario Luigi de Magistris, bombardandolo di inviti a dimettersi da sindaco di Napoli, e poi si appresta a candidare a Governatore della Campania Vincenzo De Luca, che in base alla Severino verrebbe sospeso subito dopo l’insediamento in carica?
Scenari ai confini della realtà . Non ci sono precedenti.
Su alcuni articoli della Severino pende un dubbio di legittimità costituzionale che ha consentito il reintegro di de Magistris e di De Luca a Napoli e a Salerno (poi De Luca è stato dichiarato decaduto da sindaco per l’incompatibilità col ruolo di viceministro, ma questa è un’altra storia).
Cronisti, costituzionalisti e analisti vanno a tentoni. La politica annaspa, è in ritardo.
Ha dimostrato di essere incapace di affrontare di petto la questione De Luca. Lui ha ritenuto di non ritirarsi. Statuto e regolamento delle primarie Pd sono stati scritti prima dell’entrata in vigore della Severino.
Statuto e regolamento del Pd non ricomprendono l’abuso d’ufficio, il reato per il quale il 21 gennaio è stato condannato in primo grado a un anno di reclusione, tra quelli ostativi a una candidatura. “Ci stiamo muovendo e ci muoveremo nel rispetto delle regole” ripeteva De Luca come un mantra a chi gli sottoponeva il problema.
Aveva ragione. Regole sbagliate, ma quelle erano.
E nel Pd romano e campano nessuno ha avuto la forza e il coraggio di cambiarle a partita iniziata.
Confidando nella ‘moral suasion’ degli ambasciatori di Matteo Renzi, Lorenzo Guerini e Luca Lotti: i continui rinvii della data delle primarie, previste inizialmente il 14 dicembre, 38 giorni prima della sentenza di condanna, dovevano servire agli sherpa del Nazareno per convincere De Luca a fare un passo indietro senza traumi.
I primi rinvii — 11 gennaio e poi 1 febbraio — erano motivati dall’impedire di svolgerle prima del 21 gennaio, proprio nel timore che incoronassero un cavallo pronto ad essere azzoppato dalla Severino.
Quelli successivi — 22 febbraio e 1 marzo — per continuare a discutere con De Luca e coltivare una terza via. “Ci muoveremo nel rispetto delle regole”.
Una delle regole dello Statuto Pd prevede il superamento delle primarie se l’assemblea regionale del partito raggiunge il 60% dei consensi su un nome.
In Piemonte Sergio Chiamparino è stato candidato senza passare per i gazebo.
In Campania i capicorrente Pd si sono scannati alla ricerca di un candidato presentabile alla pubblica opinione e che li garantisse al momento della spartizione degli assessorati. Hanno bruciato profili e curriculum di persone per bene, come il presidente del Cnr Luigi Nicolais, che già rilasciava interviste da Governatore in pectore.
Il cerino è girato di mano in mano. E si è spento.
Le primarie De Luca-Cozzolino hanno inoltre certificato l’incapacità del Pd campano di produrre una classe dirigente di 40enni all’altezza del compito, capaci di emanciparsi dallo status di ‘cooptati’.
La Fonderia di Pina Picierno si è rivelata un flop.
La segretaria campana Assunta Tartaglione, classe 1970, si è limitata a svolgere un ruolo notarile. E’ stata messa lì dall’area Dem, dai Casillo, una potentissima famiglia politica ex democristiana e demitiana che si è tramandata lo scranno in consiglio regionale di padre in figlio. Tartaglione non ha avuto la forza o la voglia di opporsi ai desiderata dei suoi grandi elettori interni.
E ora? De Luca ha vinto, ma siamo certi che poi verrà candidato?
La palla rimbalza alla nomenclatura del Nazareno. Da oggi ricominciano le trattative sotterranee. Il terzo tempo.
A Roma lo sanno bene che De Luca è candidabile, ma in caso di vittoria verrebbe sospeso. E’ un condannato in primo grado per abuso d’ufficio, si applica la Severino (per i parlamentari scatta invece soltanto dopo la condanna definitiva, vedi caso Berlusconi, ndr).
Una legge che secondo il presidente dell’Anci Piero Fassino “rischia di penalizzare anche gli amministratori che agiscono in assoluta onestà e buona fede”.
Parole pronunciate il giorno dopo la condanna di De Luca e il suo appello: “Mi auguro che questa vicenda sia assunta sul piano nazionale, in primo luogo dal Pd, come l’occasione per una grande battaglia a difesa delle persone perbene e degli amministratori che dedicano una vita al bene pubblico, ma sono costretti a vivere un calvario. Mi auguro che l’Anci decida di esistere a tutela della dignità di amministratori che, pur non rubando, non disamministrando e mantenendo un rigore spartano, sono carne da macello nell’indifferenza generale. In queste condizioni, ben presto non ci sarà più nessuna persona perbene disponibile ad assumere responsabilità pubbliche, ma avremo soltanto o delinquenti o ignavi”.
Certo, il ricorso al Tar e il precedente de Magistris consentirebbero a De Luca di ottenere una sospensiva e il reintegro in carica.
Roba di pochi giorni, ma c’è un’ulteriore cavillo che fa tremare i deluchiani.
C’è chi sostiene che al contrario dei comuni, dove la sospensione del sindaco non comporta lo scioglimento dell’amministrazione che continua a essere guidata dal vicesindaco, nelle regioni la sospensione del Governatore determina lo scioglimento immediato del consiglio.
Ma non ci sono precedenti. Non c’è giurisprudenza. C’è solo tanta confusione.
E la sconfitta della politica.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 2nd, 2015 Riccardo Fucile
PREVISTI NUOVI SVILUPPI DOPO LA TESTIMONIANZA DELLA MODELLA MAROCCHINA
E’ durato circa quattro ore il confronto tra Imane Fadil, la modella marocchina considerata una delle
‘pentite’ del ‘bunga bunga’, e il pm di Milano, nell’ambito dell’indagine Ruby ter con al centro il reato di corruzione in atti giudiziari.
A quanto si è appreso, proprio dall’audizione di Fadil potrebbero arrivare nuovi sviluppi dell’inchiesta che vede indagate 21 ragazze ospiti ad Arcore oltre a Silvio Berlusconi e ai suoi legali Piero Longo e Nicolò Ghedini.
In quanto testimone, Fadil è stata sentita senza avvocato.
Tuttavia, fuori dall’ufficio del pm Tiziana Siciliano, l’ha attesa il suo legale, Danila Di Domenico, che si trovava in tribunale per un’altra udienza.
Fadil e il suo difensore hanno lasciato il palazzo di giustizia senza rilasciare dichiarazioni ai cronisti in attesa.
La modella marocchina potrebbe essere stata chiamata dai pubblici ministeri a riscontro di alcuni elementi emersi nelle indagini che, in questo momento, sono concentrate sull’esame del materiale informatico e dei telefonini sequestrati alle ragazze.
Nel frattempo, è anche partita la rogatoria verso il Messico dalla quale i magistrati si attendono risposte sulle proprietà nel paese centroamericano riconducibili a Ruby e al suo ex compagno Luca Risso.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 2nd, 2015 Riccardo Fucile
ZAIA CANDIDATO UNANIME IN VENETO, MA IL REGOLAMENTO DI CONTI CON IL DISSIDENTE E’ INIZIATO
Sembrava scoppiata la pace e invece è forse solo l’inizio della guerra interna alla Lega Nord.
Lo sconfitto, per il momento, è il sindaco di Verona Flavio Tosi, che durante il consiglio federale del Carroccio ha votato a favore della candidatura in Regione Veneto di Luca Zaia (presidente uscente), ma è stato messo quasi spalle al muro dal partito guidato da Matteo Salvini.
Tosi, infatti, è stato “esautorato” dal consiglio federale, secondo quanto riferisce l’Ansa: la Liga Veneta che il sindaco ha guidato fino ad oggi è stata affidata a un commissario ad acta, Gianpaolo Dozzo.
Non solo: il consiglio federale, massimo organo decisionale della Lega, ha deciso l’incompatibilità tra il movimento del Carroccio e la Fondazione Ricostruiamo il Paese, presieduta proprio da Tosi, invitando quest’ultimo a scegliere.
E’ questo, insomma, l’esito di quella che era stata annunciata come una resa dei conti: il sindaco veronese che ha usato l’arma delle espulsioni e dei commissariamenti rischia di fare la stessa fine.
Tra i capi d’imputazione aver messo in piazza sui media i problemi interni e aver dato vita a una fondazione, con un’articolazione territoriale, che tanto sembra in contrasto con il divieto di partecipare a un’altra organizzazione politica.
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Marzo 2nd, 2015 Riccardo Fucile
TRA PRESUNTI BLOGLI E NOTI IMBROGLIONI, LA POLITICA CAMPANA PARE ORMAI IN VENDITA AL MIGLIOR OFFERENTE
Alla fine, il fantomatico esito delle “primarie del PD” in Campania è stato chiaro: Vincenzo De Luca, il
decaduto, discusso e chiacchieratissimo Sindaco di Salerno, sarà il candidato del centro-sinistra per le prossime Regionali.
Il risultato, sinceramente, non mi ha per nulla meravigliato, sia perchè lo avranno effettivamente votato tantissimi elettori del PD, compresi quelli variamente “reclutati” all’ultimo secondo; sia perchè lo avrà “sostenuto” – se non addirittura votato – anche tutta quella “nomenclatura” pseudo-politica Campana che, non riuscendo ad immaginare una collocazione nella propria area di appartenenza, quella del centro-destra tanto per intenderci, gli si era già variamente “promessa” e “venduta” nei mesi addietro.
Insomma, “voci”, “dicerie” e “sospetti. Come al solito, quando si discute di “primarie”, non manca mai niente.
In un sistema democratico a trazione bipolare, le primarie di coalizione dovrebbero essere il momento più significativo della partecipazione della base alla vita della stessa o dello specifico partito perchè, l’individuazione del relativo leader o dello specifico candidato alla competizione “di turno”, dovrebbe assicurare e garantire sempre la massima partecipazione e trasparenza.
Ma questo soltanto nel “mondo degli sogni” o meglio, per essere più corretti, soltanto in quei paesi dove la serietà non è un optional ma una virtuosa regola di vita come avviene in Inghilterra, per esempio.
Ma “noi” siamo in Italia. Nel caso di specie, “si era in Campania”, e le cose, per le primarie del PD, saranno andate diversamente. Insomma, non si erano nemmeno, ancora concluse e già si annidano sospetti di ogni tipo sulla loro regolarità , comprese le molteplici e reiterate testimoniane variamente diffuse in rete da parte di chi, con tanto di video registrati col proprio cellulare, ha dimostrato/raccontato di essere riuscito a far votare ben 5 persone diverse con la stessa tessera elettorale, di esserci riuscito anche al di fuori del comune di appartenenza, e di aver addirittura consumato la “grandiosa” pantomima del voto espresso addirittura da un quindicenne.
La cosa è triste, è tristissima, ma in un sistema ove interessi e connivenze di ogni tipo surclassano valori e principi per involgere sempre e soltanto l’acquisizione e la conservazione del potere fine a sè stesso, delle clientele e delle dinamiche affartico-malavitose ad esso connessi, è drammatica ovvietà , purtroppo!
Per la verità anche le “primariette” di “pseudo-destra”, quelle dei “fratellini d’Italia”, tanto per intenderci, fecero parecchio ridere, perchè in una “competizione” ove, il candidato alla “Presidenza” del Partito “corre da solo”, e ove i “delegati regionali al congresso” sono degli incontrovertibili ectoplasmi, sia dal punto di vista della fattezze fisiche, che dal punto di vista dei relativi contenuti programmatici, lo show della risata viene parecchio spontaneo.
Ma al netto del mentovato impianto, comunque disarmante ed avvilente, la mia personale indignazione va un po più dritta alla sostanza delle cose, e sia in direzione “destra”, che in quella “sinistra”, perchè davvero non riuscirò mai a comprendere come sia stato mai possibile sostenere un “candidato” così chiacchierato, e in odor di ineleggibilità , come il “Sindaco piddino”.
E’ vero che una persona è innocente fino a prova contraria ma è altresì vero che, almeno in certi casi, bisognerebbe avere lucidità e lungimiranza.
Davvero si vuole correre il rischio dell’ennesima decadenza o della pantomina dell’ineleggibilità ?
Davvero si vuole affidare la Campania e la sorte della sua gente all’alea di quello che sarà ?
E questo “solo” in generale, perchè involgendo il “particolare”, invece, il discorso diventa ancora più disarmante e vergognoso essendo davvero impossibile accettare l’idea che tanti uomini e tante donne di “destra” (ma definirla pseudo-tale sarebbe meglio!) si siano potuti “vendere” ad un’alternativa visione del mondo pur di accaparrarsi o di conservarsi una poltrona, sia essa “al sole” o ben riparata in qualche stanza di segreteria.
A questi uomini e a queste donne, compresi coloro i quali vorrebbero costruire quella “destra che non c’è”, vorrei ricordare che la “destra è destra” e che è tale proprio perchè è cosa ben diversa dalla sinistra.
Non confondiamo metodi e dinamiche comunicazionali con la sostanza. Chi è “rosso” è “rosso” e tale resta: sostenerlo sarebbe un tradimento ben peggiore di tutti quelli già consumati da speudo-sofisticati-destri che della destra, a ben vedere, non ricordano manco più come si scriva il nome…
E’ vero che della destra, almeno come punto di riferimento partitico capace di avere un minimo di seria dignità rappresentativa, non è rimasto nulla, salvo qualche sparuto accenno, ma il popolo di destra, anche in Campania, c’è sempre, però, e aspetta soltanto di potersi ritrovare intorno a un progetto serio, credibile e pregno di “sostanziale sostanza”, sia nelle persone che nei contenuti: “vendersi all’avversario” pur di trovare una sistemazione, anche se consumato nel buio di una stanzetta, non ha proprio nulla a che vedere con la destra e col suo popolo.
E’ vero che, proprio l’altro giorno, in “quel di Roma”, una “massa” di confusi e disperati ha ceduto alle lusinghe del richiamo “verde”.
E’ vero che, pur non vestendosi di verde, nella “Piazza del Popolo” c’erano anche tanti vetero-missini vestiti di bianco-azzurro e addirittura di nero.
E’ vero che sabato scorso, a Roma, abbiamo assistito alla certificazione triste e drammatica di una nomenclatura pronta a tutto pur di conservarsi o guadagnarsi una poltrona, ma noi altri siamo Napoletani, siamo Campani, e da queste parti, la destra è sempre stata una cosa seria.
Chi ha ancora, almeno un briciolo d’onore, non se lo dimentichi, perchè la nostra gente è stanca davvero e il sogno di una destra libera, moderata, capace di cavalcare la storia per disegnare il futuro, soprattutto per le generazioni che verranno, non si è mai sopito e vive “ardente” nel cuore e nella coscienza della nostra gente.
Almeno la, quella “fiammella” non si è mai spenta…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra liberale
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Marzo 2nd, 2015 Riccardo Fucile
PRIMA SI PARLA DI GUASTO TECNICO, POI DEL MALTEMPO: MA PER UN TRATTO COSI’ BREVE DOVEVA FARE PROPRIO PAPERONE A NOSTRE SPESE?…DALLE AUTO BLU AGLI ELICOTTERI DI STATO
Atterraggio di emergenza per il premier Matteo Renzi.
L’elicottero che stamani trasportava il presidente del consiglio da Firenze a Roma è stato costretto a toccare terra nei pressi di Arezzo, a Badia al Pino, nel Comune di Civitella Valdichiana per “il maltempo” come precisano da Palazzo Chigi.
In un primo momento si è invece diffusa la notizia che ci fosse stato un guasto tecnico.
Il velivolo è sceso in un campo sportivo di calcetto, come spiega il segretario provinciale del Pd ed ex sindaco, Massimiliano Dindalini: “E’ un posto che ha anche i pali dell’illuminazione e una rete alta di recinzione, insomma non è un luogo facile per atterrare. E’ vero che è vicino all’autostrada A1 e al casello, però deve esserci stato un motivo importante per posarsi lì con un elicottero grande su un campo così piccolo dove si giova a calcio in otto contro otto”.
Il motivo secondo fondi di Palazzo Chigi, sarebbe il maltempo. “Appena l’ho saputo sono andato a vedere e al campo i carabinieri non confermavano che ci fosse sopra il presidente del Consiglio” prosegue Dindalini.
Il segretario provinciale del Pd poi ha fatto le verifiche e ha avuto la conferma della presenza di Renzi a bordo.
Il premier è stato raggiunto dalla scorta e ha proseguito il viaggio per Roma in auto. Nessuna conseguenza per il presidente del Consiglio nè per gli altri occupanti, equipaggio e personale di scorta.
“Apprendemmo così che Renzi, eliminate le auto blu, il lunedì veniva a Roma in elicottero” ironizza su Twitter l’ex direttore di Youdem, Chiara Geloni
(da “La Repubblica”)
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Marzo 2nd, 2015 Riccardo Fucile
“ORA TUTTI CON VINCENZO”: MA LA SEVERINO VALE SOLO PER BERLUSCONI?
“Ora tutti con De Luca”. Al Nazareno la vittoria del sindaco di Salerno alle primarie campane è arrivata un
po’ a sorpresa.
Certo, non un fulmine a ciel sereno, visto che la forza del vecchio leone non era stata mai sottovalutata. E del resto i ripetuti tentativi di azzerare le primarie nascevano da quella preoccupazione: evitare l’imbarazzo di un candidato governatore incompatibile con la legge Severino.
E tuttavia negli ultimi giorni, in particolare dopo il ritiro di Migliore, il risiko delle correnti del Pd campano e i loro rapidi spostamenti facevano pensare a una leggera prevalenza di Andrea Cozzolino, ancora più estraneo al renzismo, ma immacolato dal punto di vista giudiziario. Tutto da rifare.
E ora che le primarie sono passate senza drammi, ricorsi o brogli, tocca fare quadrato intorno a De Luca.
Riannodare i fili di un passato non troppo lontano quando il sindaco di Salerno aveva schierato la sua macchina di consenso a favore di Renzi, facendo “cambiare verso” al Pd campano alle primarie tra l’attuale segretario e Cuperlo del 2013.
Il grande freddo insomma sta per iniziare a sciogliersi.
Già domenica sera il vicesegretario Lorenzo Guerini ha sentito De Luca al telefono per i complimenti. Con Renzi ancora nessuna chiamata, ma arriverà presto.
La linea è “nessun problema politico su De Luca, che ha vinto bene, e ha rispettato il codice etico del Pd che non prevede incandidabilità per chi è condannato in primo grado per abuso d’ufficio”, spiegano fonti Pd.
Il problema è la legge Severino, che rischia di congelare il governatore appena eletto, e di impedirgli dunque di governare.
De Luca e il Pd sperano che scatti il lodo De Magistris, e cioè che De Luca possa avere ragione dal Tar.
Solo che il ricorso nel merito per la decadenza da sindaco è stato ritirato dai legali di De Luca un paio di settimane fa, e dunque ci dovrà essere un nuovo ricorso se il candidato Pd dovesse essere eletto governatore.
Un ricorso che scatterebbe subito dopo l’elezione, non appena il governatore dovesse essere sospeso per gli effetti della Severino.
E che, sperano al Pd, dovrebbe avere gli stessi risultati di quello di De Magistris, e dunque il prosieguo dell’attività di governo.
Un bel caos di carte giudiziarie. E anche un bel rischio d’immagine.
Ma a questo punto De Luca non è in discussione. Troppo netta la sua vittoria, e lontana dal caos del 2011. Dal Nazareno dunque è partito un appello a serrare i ranghi e infatti nel primo pomeriggio anche lo sfidante Andrea Cozzolino, in conferenza stampa, riconoscerà la piena vittoria del rivale e si dirà pronto a lavorare per la vittoria del partito, a dare una mano, come del resto aveva annunciato nella tormentata vigilia.
In queste ore dunque si lavora al disgelo, dopo il braccio di ferro durato mesi in cui Renzi e i suoi le hanno è provate tutte: prima hanno chiesto a più riprese un passo indietro a De Luca, poi hanno lanciato nella mischia Gennaro Migliore, che è finito triturato nel gioco delle correnti.
Ma i rapporti personali, assicurano al Nazareno, non si sono mai guastati.
E oggi è De Luca, intervistato a L’aria che tira su La7, a ricordare che “io sono il principale elettore di Renzi in Campania, l’azionista di riferimento”.
Quanto ai ripetuti tentativi di fermarlo dopo la condanna, spiega il sindaco: “C’era qualche perplessità , giustamente una riflessione da fare. Abbiamo riflettuto insieme, e voglio ringraziare la segreteria nazionale che ha avuto il coraggio di dare la parola ai cittadini senza tradire lo spirito del Pd”.
Ed è questo il punto su cui Il sindaco ribelle e il partito nazionale alla fine si stanno ritrovando: le primarie come elemento essenziale del dna del Pd.
E così tra i renziani ci si prende anche una piccola soddisfazione: “Le ultime primarie della Ditta del 2011 erano state un fallimento, con noi alla guida è filato tutto liscio…”.
Ora però si apre una campagna elettorale difficile, con un candidato condannato e sotto la spada di Damocle del Tar.
Che non è più sindaco non per la condanna penale, ma per la decadenza a seguito dell’incompatibilità confermata dalla Corte d’appello con la carica di viceministro del governo Letta.
Una vicenda chiusa politicamente, ma che ha lasciato questo pesante strascico.
Per quanto riguarda invece gli effetti della Severino, il Tar esaminando il caso De Luca potrebbe sollevare il caso davanti alla Corte costituzionale.
Resta il fatto che il Pd ha voluto la Severino per poi augurarsi che non sia applicata.
(da “Huffingtonpost“)
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