Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile
BERLUSCONI ESCLUDE I FITTIANI DALLE LISTE E L’EX MINISTRO E’ TENTATO A SCENDERE IN CAMPO CONTRO IL CANDIDATO UFFICIALE DEL CENTRODESTRA
Fitto come Tosi. L’ex ministro salentino e europarlamentare di Fi potrebbe decidere di correre come
candidato alla presidenza della Regione Puglia, ma in alternativa al competitore sponsorizzato dagli azzurri, l’oncologo Francesco Schittulli.
Così come sceglie di fare in Veneto l’ex uomo politico leghista e sindaco di Verona, Flavio Tosi.
La voce nel tacco d’Italia è insistente visto che Silvio Berlusconi continua a non volere uomini politici della corrente fittiana nelle liste di Forza Italia da presentare in vista delle elezioni di maggio.
“Le nostre liste le facciamo io e Vitali” avrebbe detto l’ex Cavaliere l’altra sera in un faccia a faccia con Schittulli a Palazzo Grazioli.
Vitali è Luigi Vitali, ex sottosegretario alla Giustizia, che Berlusconi nomina coordinatore del partito in Puglia proprio per mettere il sale sulla coda dei fittiani. Che, a questo punto, in un modo o nell’altro stanno pensando al da farsi: vogliono far parte della squadra berlusconiana, ma nel caso in cui dovessero essere esclusi, non hanno la benchè minima intenzione di restare fermi al palo.
Da qui l’idea di Fitto di scendere in campo per guidare una coalizione “fai da te” che sarebbe costruita attorno a due-tre civiche e che, soprattutto, andrebbe a spaccare il fronte del centrodestra.
Una notizia alla quale il candidato del centrodestra Schittulli risponde con un tweet categorico: “Io ero, sono e sarò il candidato presidente alla Regione Puglia per il centro destra”.
A dicembre dell’anno scorso peraltro, era stata proprio Fi a suggerire che fosse Fitto la testa di serie dei conservatori per la consultazione pugliese. “Sarebbe il miglior candidato” aveva detto il senatore Altero Matteoli: “La sua capacità politica è attestata anche dal consenso che negli anni ha ricevuto dai pugliesi. Il risultato personale ottenuto, da ultimo, alle europee ne è una ulteriore riprova. Egli ha tutte le potenzialità per vincere una battaglia difficile. Gliene saremmo grati”.
Ma Fitto, tre mesi fa, rispediva al mittente l’invito: “La mia candidatura non sta nè in cielo nè in terra, non c’è e non ci sarà . Non continuiamo con balletti senza costrutto”. Adesso pare che abbia cambiato opinione.
Vitali reagisce nervosamente: “Fitto candidato? Sarebbe un fatto gravissimo”.
Lello Parise
(da “La Repubblica”)
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Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile
IL PROFILO TWITTER ESISTE MA E’ VUOTO E IL PORTALE E’ ANCORA IN FASE BETA A 45 GIORNI DALL’INAUGURAZIONE
Il 24 gennaio era un sabato. Giorno insolito per una conferenza stampa.
La scelta svelava urgenza, rapidità , efficienza.
Il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, annunciò soddisfatto il varo del sito verybello.it in vista dell’Expo: 1.300 eventi, appuntamenti di arte, opera, festival letterari, cinema, danza, jazz da comunicare al mondo in vista dell’Esposizione universale a Milano.
Entro i primi di febbraio, promise il ministro, «il sito parlerà inglese, russo, portoghese, cinese, spagnolo, tedesco e francese».
Siamo a metà marzo (quindi a nemmeno 45 giorni dall’inaugurazione dell’Expo) e, a tutt’oggi, il contestato verybello.it parla solo e desolatamente italiano e inglese (ma il tanto decantato nuovo mercato cinese con 100 milioni di turisti l’anno?).
Il profilo Twitter appare vuoto e soprattutto inattivo (@verybello non ha ancora twittato). Su Facebook siamo fermi a un post del 26 gennaio e ad appena 1.886 condivisioni.
In più verybello.it è ancora in fase beta, ovvero non definitiva.
C’è da chiedersi cosa sia successo, se cioè le tante e sarcastiche polemiche sullo slogan scelto, quel discuti-bile mix angloitaliano, abbiano scoraggiato i vertici del ministero. Oppure che, più semplicemente, all’annuncio sia poi seguito ciò che troppo spesso si registra in Italia: il silenzioso abbandono del progetto, il rassicurante ritorno alla normalità quotidiana.
Sicuramente non è responsabilità personale di Franceschini, un ministro non può controllare sempre tutto nel dettaglio.
Ma è qui il punto: a 45 giorni dall’Expo nessuno si è più occupato di uno strumento che, nonostante le contestazioni, poteva avere una sua potenzialità comunicativa.
Ma il non parlare cinese, spagnolo, russo (l’arabo è chiedere troppo, anche se i mercati del domani gravitano anche in quell’area) dimezza la forza dell’operazione, comunque indebolita da una visibile mancanza di cura quotidiana.
Banale dirlo, ma meglio un annuncio in meno che un progetto in agonia in più.
Paolo Conti
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Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile
“VERIFICHE SU EVENTUALE INCOMPATIBILITA’ ALL’INCARICO” PER ELISA GREGORINI: SCELTA DA UNA COMMISSIONE D’ATENEO COME SEGRETARIA DEL RETTORE
Fino al 2013 è stata consulente dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, con un compenso di 45mila euro
all’anno.
Nel 2014, dopo l’esperienza nell’agenzia governativa presieduta dal professor Sergio Pecorelli, viene assunta anche all’Università di Brescia, il cui rettore è il medesimo docente.
Elisa Gregorini, ex segretaria particolare di Mariastella Gelmini al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il 28 novembre 2014 è stata scelta da una commissione d’ateneo come segretaria del rettore con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa da 30mila euro all’anno.
Un incarico che non ha convinto l’Ispettorato per la funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio, che ha chiesto chiarimenti al direttore generale dell’ateneo bresciano: secondo l’Ispettorato — si legge nella lettera inviata dal viceprefetto Caterina Pipia — l’Università di Brescia avrebbe fatto un ricorso “improprio” al contratto a tempo determinato (più oneroso rispetto a un’assunzione) senza tener conto della legge 165/2001 che “vieta l’istituzione di uffici di diretta collaborazione alle dirette dipendenze dell’organo di vertice”, quando non si tratti di rappresentanti politici.
Poco tempo prima, tra l’altro, un concorso per un posto analogo di “Capo di gabinetto del Rettore” con contratto a tempo indeterminato era andato a vuoto.
Tanto che all’inizio di marzo sull’assunzione della segretaria Gregorini ha aperto un’inchiesta anche la Corte dei Conti, chiedendo al direttore generale dell’Università di Brescia Enrico Periti una “documentata e dettagliata relazione” che dia conto anche delle “verifiche su eventuali incompatibilità all’incarico”.ù
Elisa Gregorini è molto più che una segretaria.
Laureata in “relazioni pubbliche”, dal 2007 è il braccio destro di Mariastella Gelmini, allora coordinatrice regionale lombarda di Forza Italia, poi ministro dell’Istruzione dell’ultimo governo Berlusconi.
Anche al dicastero di viale Trastevere ad accompagnarla c’era la dottoressa Gregorini, segretaria particolare del ministro fino al 2011 e membro del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici del Miur.
Dal 2012 Gregorini è consulente dell’Aifa — si legge sul sito dell’Agenzia — per il progetto “Qualità ed equivalenza del farmaco”, finalizzato a valutare la “corrispondenza quali-quantitativa in principi attivi e forma farmaceutica tra farmaci”: lei vi lavorava però sempre come “esperta in pubbliche relazioni”.
Anche se il suo incarico all’Università di Brescia si inserisce nell’ambito di uno specifico “progetto di internazionalizzazione” dell’università , le mansioni richieste sono quelle — si legge sul bando pubblicato sul sito dell’Ateneo — di “assistenza segretariale e organizzativa” da svolgere “in stretta relazione con il Rettore”.
Non è la prima volta che l’Ispettorato per la funzione pubblica si occupa dell’Università di Brescia, in particolare del rettore Sergio Pecorelli.
Nel dicembre del 2014 era stato proprio il viceprefetto Pipia a chiedere chiarimenti all’ateneo bresciano — in seguito a un esposto firmato da docenti e ricercatori — sulla permanenza in carica del rettore nonostante avesse superato i 70 anni e fosse stato collocato in pensione il 31 ottobre 2014.
Nonostante le contestazioni — la questione è finita sul tavolo del procuratore di Brescia Tommaso Buonanno e del procuratore regionale della Corte dei Conti — il rettore Pecorelli sta introducendo importanti modifiche nell’ateneo bresciano.
L’incarico di Elisa Gregorini ad esempio è legato al progetto “Health and Wealth”, voluto nel luglio del 2013 dal prof. Pecorelli come “nuova mission dell’ateneo” che ha portato persino alla modifica del logo.
L’ateneo lombardo ora è diventato una “università tematica per la salute e il benessere delle persone nell’ambiente” e i suoi progetti strategici ruotano intorno alle seguenti parole chiave: “longevità , ambiente, stili di vita, tecnologie per la salute e il benessere”.
Temi affini a quelli di cui si occupa la fondazione privata del rettore in campo medico-farmaceutico, la Healthy Foundation (il vicepresidente è Maurizio Casasco), già strettamente legata all’università bresciana e impegnata nello “sviluppo della ricerca scientifica, dell’educazione, dell’informazione e dell’assistenza per la salute fisica e mentale delle persone, il sociale e l’ambiente” nonchè nella “promozione di stili di vita sani”.
Andrea Tornago
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile
TIMORI PER LA BASSA AFFLUENZA AL PONTE DEL 2 GIUGNO
Niente da fare: le amministrative 2015 non trovano pace.
E sembrano destinate a slittare ancora.
Il voto che quest’anno interessa 7 regioni e 515 comuni non dovrebbe più tenersi il 31 maggio, come stabilito dal consiglio dei ministri solo la settimana scorsa, bensì il 7 giugno.
Il motivo sta nei timori di una bassa affluenza alle urne, perchè il 31 maggio sarebbe la domenica precedente al ponte del 2 giugno.
A quanto pare, più di un ente locale interessato alla tornata elettorale 2015 avrebbe manifestato a Roma i timori su una scarsa partecipazione degli elettori al voto per via del ponte, che invoglia ad una gita fuori porta.
Timori che naturalmente si sommano a quelli preesistenti sul calo generale dell’affluenza alle urne negli ultimi tempi di crisi di rapporti tra elettori e forze politiche.
E’ per questo motivo che Palazzo Chigi si starebbe apprestando a cambiare nuovamente la data delle regionali in Campania, Veneto, Liguria, Toscana, Puglia, Marche, Umbria e nei 515 comuni che rinnoveranno le loro amministrazioni.
Matteo Renzi aveva inizialmente indicato la data del 10 maggio per le amministrative 2015.
Poi è slittata al 31 maggio per via della coincidenza con la Pentecoste Ebraica (l’accordo tra Stato e comunità ebraica prevede il rispetto delle festività religiose).
Ora è in vista un nuovo rinvio al 7 giugno.
Più tempo per le forze politiche per organizzare le alleanze, in alto mare in diversi territori, a cominciare dal caso Veneto, dove la neonata lista Tosi muove i primi passi solo adesso.
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Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile
SI PENSA AL RIMPASTO: SOLITA IPOTESI CANTONE O MORETTI… QUAGLIARELLO VA AGLI AFFARI REGIONALI
“Maurizio, o ti dimetti oppure il Parlamento ti sfiducia”. Il messaggio era stato recapitato già ieri, ma
oggi, nell’incontro a Palazzo Chigi, Matteo Renzi ha proprio posto il suo aut aut al ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, finito nella bufera per l’inchiesta sul sistema di corruzione intorno a Expo ed Tav.
La novità è che lì, davanti al premier, nemmeno Angelino Alfano difende Lupi: non più. La strada è segnata.
Lupi ha tempo fino all’informativa di domani mattina alle 11 alla Camera: il premier e i suoi si aspettano che maturi il passo indietro prima di parlare in aula.
E infatti Lupi lo annuncia in serata a Porta a Porta, la ‘terza Camera’: “Mi dimetto domani dopo l’informativa in aula”. E lì nello studio di Bruno Vespa racconta che dopo il “lungo colloquio” di oggi con Renzi, “abbiamo telefonato al presidente della Repubblica ed ho comunicato loro che, dopo l’informativa che ho fortemente voluto domani in Parlamento, rassegnerò le mie dimissioni”.
Ma Lupi insiste, sapendo bene di smentire Renzi o almeno i retroscena che il premier ha lasciato trapelare: “Non mi ha mai chiesto di dimettermi, lo faccio per salvaguardare la mia famiglia: attaccate me ma lasciate stare mio figlio…”.
E’ una coda velenosa, perchè c’è tanto tanto veleno dietro il gesto di Lupi, veleno nei confronti di Renzi che lo ha messo alla porta senza nemmeno chiederlo in forma pubblica.
Anzi: l’informativa di domani alla Camera si terrà mentre il premier è lontano, a Bruxelles per il Consiglio Europeo: non sarà lì in aula a metterci la faccia, dicono furiosi da Ncd.
Furiosi per aver perso un ministero pesantissimo, come quello delle Infrastrutture. E perchè in procinto di guadagnarne uno leggerissimo, come gli Affari Regionali.
Perchè a Palazzo Chigi matura la sostituzione di Lupi.
Alle Infrastrutture potrebbe arrivare Raffaele Cantone. O in subordine Mauro Moretti, ex ad di Fs, messo a capo di Finmeccanica da Renzi l’anno scorso: gira anche il suo nome per il dopo-Lupi.
E’ questo il piano di Renzi che è stato esposto agli interlocutori di Ncd, Lupi e Alfano, oggi a Palazzo Chigi.
Al Nuovo Centrodestra, nello specifico a Gaetano Quagliariello, verrebbe assegnato il dicastero degli Affari Regionali, vacante ormai da quasi due mesi, dalle dimissioni di Maria Carmela Lanzetta il 30 gennaio scorso.
Invece la Struttura di missione del ministero delle Infrastrutture, finita nel mirino dell’inchiesta giudiziaria, passerebbe alle dipendenze di Palazzo Chigi, il vecchio piano di Renzi fallito per l’opposizione di Lupi, come si evince dalle intercettazioni.
Cantone, il presidente dell’autorità anti-corruzione, sarebbe la carta che Renzi vuole giocare per recuperare il credito perduto in questi giorni di maretta mediatica intorno a Lupi, descritto nell’inchiesta come il ministro che faceva da garanzia politica agli affari del ‘Sistema’ capitanato da Ercole Incalza, ex capo struttura al ministero, e l’imprenditore Stefano Perotti.
Cantone, l’ex pm anti-Camorra che Renzi ha preso con sè a Palazzo Chigi già nei primi mesi di governo, cancellerebbe l’onta di un ministro che, secondo quanto trapela dalle intercettazioni, avrebbe usato il suo status per trovare lavoro al figlio, giovane ingegnere.
Ma per la sostituzione di Lupi gira anche il nome di Mauro Moretti, amministratore delegato di Finmeccanica che Renzi avrebbe voluto alle Infrastrutture dall’inizio dell’avventura di governo.
Si vedrà . Perchè se è finita la telenovela su Lupi, è appena iniziata quella sul rimpasto. Lo stesso Lupi mette in chiaro a Porta a Porta che la questione non è chiusa: “Credo che sia interesse di Matteo Renzi non indebolire la coalizione, non dare l’impressione e la ragione politica di indebolire questo governo che non è un monocolore del Pd. Con Matteo Renzi ci siamo dati appuntamento per domani quando rientrerà dal Consiglio Europeo per discutere con me ed Angelino Alfano su come non fermare l’azione del governo”.
Il boccone è indigesto e Ncd non vuole ingoiare subito. E’ chiaro.
Tanto più che quello del rimpasto potrebbe essere un affare da sbrigare solo dopo le amministrative, dunque a giugno.
Nel frattempo Renzi assumerebbe l’interim delle Infrastrutture ed essere lui da solo a tagliare il nastro all’inaugurazione dell’Expo 2015.
In effetti, l’immagine di Lupi che taglia il nastro dell’esposizione il primo maggio è quella che più ha disturbato i sogni del premier in questi giorni: figuraccia internazionale.
C’è da dire che nei giorni scorsi, era stata presa in considerazione anche l’ipotesi dello spacchettamento del ministero di Lupi: Trasporti, da assegnare ad un esponente del Pd (Moretti?), e Infrastrutture, che sarebbero rimaste a Ncd.
Ma è stata sufficiente la graticola mediatica di questi giorni, sulla quale sono finiti Lupi e di conseguenza il premier e il governo, per capire che questo non poteva essere un piano sufficiente per la ‘rinascita’ dell’esecutivo del cambiamento.
Dunque, l’ipotesi dello scorporo ha perso quota, almeno dal punto di vista del premier. Ed è risalita l’ipotesi Cantone, la carta mediatica più vincente per chiudere la più brutta settimana del governo Renzi.
Dopo l’incontro con Lupi e Alfano, il presidente del Consiglio parte per il consiglio europeo di Bruxelles fiducioso che l’affaire si risolverà , con il passo indietro di Lupi. Del resto, è stato il Partito Democratico a insistere affinchè l’informativa del ministro si tenesse domani: un modo per accelerare i tempi e metterlo alle strette, pur senza una presa di posizione pubblica di Renzi sul caso.
Il presidente del Consiglio continua a tacere sull’argomento, parla e detta ‘aut aut’ solo nei colloqui privati, come stamane direttamente con Lupi a Palazzo Chigi.
Per non rischiare di aprire una crisi di governo con Ncd, dicono i suoi.
Tanto che con Lupi e Alfano, Renzi avrebbe usato l’argomento ‘minoranza Pd’.
Della serie: non posso garantire in aula, non tengo il partito sulla mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni. Gianni Cuperlo stamane è stato chiaro: “Lupi lasci”. E stavolta, indirettamente, è venuto in aiuto al premier. Chi l’avrebbe mai detto?
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile
“SUL ROLEX FORSE HO SBAGLIATO, NON ME LA SONO SENTITA DI DIRE A MIO FIGLIO DI RESTITUIRLO”
“Domani al termine dell’informativa” alla Camera, “rassegnerò le dimissioni”.
Lo ha detto il ministro Maurizio Lupi durante la registrazione di Porta a Porta.
“Per me la politica non è un mestiere ma passione. È poter servire il proprio Stato. Non ho perso nè l’onore nè la passione”, ha aggiunto Lupi.
Lupi ha spiegato: “Credo che forse un mio gesto – che non vuol dire ritirarmi alla politica, perchè non c’è bisogno di una poltrona per fare politica – questa mia decisione rafforzerà l’azione del governo”.
L’esponente dell’Ncd ha definito le dimissioni “la decisione migliore” anche perchè siccome “ho fatto insieme a Renzi una legge che si chiama Sblocca Italia” non “è possibile continuare il proprio mestiere” se ci sono delle ombre.
“Ho voluto fortemente l’informativa in Parlamento – ha continuato il ministro – perchè voglio rispondere alle doverose e legittime domande che i gruppi parlamentari e i giornalisti si sono posti da quando è scoppiato lo scandalo” dei grandi appalti.
Lupi ha continuato: “Renzi mi ha detto: “io non ti ho mai chiesto nè chiederò le tue dimissioni perchè non posso chiederle, dico che è una tua decisione”.
Lo ripeto: nè il segretario del Pd, nè il presidente del Consiglio mi hanno chiesto le dimissioni”.
Il ministro ha affermato: “Devo ringraziare anche il mio partito. Tutto il mio partito mi ha detto che non devo dimettermi perchè non c’è ragione”.
“Quando ti vedi tirato in ballo – ha aggiunto -, pur avendo valutato i magistrati che non ho alcuna responsabilità , vedi tirato in ballo tuo figlio, gli amici… Ma perchè tirare in ballo la mia famiglia? Non me la sono sentita di dire a mio figlio di restituire il Rolex. Forse ho sbagliato. Non so. Ma con Perotti ci conosciamo da una vita”. L’esponente dell’Ncd ha detto: “Franco Cavallo è un mio carissimo amico e rimane un mio carissimo amico, se ha sbagliato pagherà “.
“La decisione di Maurizio Lupi è un gesto politico da apprezzare. Un atteggiamento ragionevole e serio che dimostra la sua attenzione per le istituzioni. Avanti insieme per procedere senza esitazione a cambiare l’Italia e a renderla più giusta e competitiva”. È questo il commento di Lorenzo Guerini, vicesegretario Pd.
Per Debora Serracchiani “il ministro Lupi ha dimostrato sensibilità istituzionale e cognizione dell’opportunità politica”.
“La decisione del ministro Maurizio Lupi è da uomo delle istituzioni perbene e onesto. In lui l’uomo e il politico coincidono per correttezza e linearità . Gli siamo stati accanto e gli saremmo stati a fianco qualunque scelta avesse deciso di fare”.
Così il ministro dell’Interno Angelino Alfano, commentando le annunciate dimissioni di Maurizio Lupi.
Il suo gesto – prosegue il leader di Ncd – è la più alta testimonianza di distanza da logiche di potere. Lupi non si dimette da politico. Farà politica, se possibile, con più forza e determinazione. Insieme a noi. Come sempre”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile
“VIENE MIO FIGLIO DA TE”… NUOVE INTERCETTAZIONI DELL’INCHIESTA GRANDI OPERE
Il ministro Maurizio Lupi telefona a Ercole Incalza e gli chiede “se è disponibile a ricevere in ufficio al
ministero a Roma, nello stesso pomeriggio, il figlio Luca, per avere ‘consulenze e suggerimenti'”.
Secondo gli investigatori, il riferimento è a un lavoro per il figlio del ministro. “Quando vuoi”, è la risposta di Incalza.
Poche ore dopo, Luca Lupi è nell’ufficio di Incalza.
Sono le 13.33 dell’8 gennaio 2014.
“Ascolta – dice Lupi – se fra un quarto d’ora ti mando questo che è venuto da Milano a Roma a far due chiacchiere? Nel senso di avere consulenze e suggerimenti eccetera. Viene mio figlio Luca, no, quando vuoi, dimmi a che ora te lo faccio venire in modo che…”.
Incalza, viene ricostruito, dà la sua disponibilità per ricevere Luca Lupi nello stesso pomeriggio: “Quando vuoi, ma figurati! Nessun problema! O adesso o alle cinque, quando finisce il Tesoro, no?”.
Lupi preferisce che il figlio parli con Incalza subito: “No, allora conviene che venga adesso, così…”.
Alle 14.29, annotano gli investigatori, Incalza chiama Stefano Perotti e gli chiede quando può essere a Roma.
Perotti risponde: “Posso arrivare venerdì se vuoi”.
Incalza, continua l’annotazione, “si rivolge a una persona che è nel suo ufficio (Luca Lupi) e gli chiede se gli va bene fissare l’incontro con Stefano Perotti per venerdì 10 gennaio”.
Poi Perotti chiede: “Chi è questo?” e Incalza gli fa capire che è Luca Lupi. “Il figlio di Maurizio!”.
(da “Huffingtonpost“)
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Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile
DOMANI L’INFORMATIVA ALLE CAMERE IN UN CLIMA DI INCERTEZZA
Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi ha incontrato il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il segretario di Ncd Angelino Alfano.
Al centro l’inchiesta di Firenze nelle cui carte viene citato anche Lupi. È prevista invece per venerdì alle 11 l’informativa del ministro alla Camera.
Dell’informativa che domani Lupi farà a Montecitorio si sarebbe parlato anche nel vertice di Palazzo Chigi.
In quella occasione, si ragiona nella maggioranza, il ministro potrebbe spiegare la situazione e difendersi e poi anche annunciare le dimissioni.
E un pressing in tal senso sarebbe in corso, anche se – spiegano le medesime fonti- il ministro delle Infrastrutture non avrebbe ancora deciso sul da farsi, starebbe riflettendo.
Intanto Gianni Cuperlo, della minoranza Pd, intervenendo all’Aria che Tira (La7), ha detto: “Io penso che sarebbe un fatto positivo se il Ministro, venendo in Parlamento come ha detto e chiarendo tutti questi aspetti, prendesse atto che la mappa degli eventi che lo coinvolgono è tale che…”.
Le parole di Cuperlo confermano quanto riportato da Repubblica sul clima all’interno del Pd per il caso legato al ministro delle Infrastrutture. Lo stesso Renzi non ha intenzione di difendere il ministro in aula: “La scelta sta a lui: o se ne va da solo oppure il governo non si schiera e si rimette all’aula”, avrebbe detto il premier ai suoi fedelissimi confernando l’intenzione di non intervenire direttamente sulla questione. Il governo non darà indicazioni di voto, ma le parole di Cuperlo lasciano intravedere una posizione compatta all’interno del partito.
La mozione di sfiducia presentata da Sel e M5S nei confronti di Lupi si discuterà alla Camera martedì 24 marzo alle 16.
È quanto si apprende dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio.
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Marzo 19th, 2015 Riccardo Fucile
LUPI DOVREBBE DIMETTERSI PRIMA DELL’INFORMATIVA IN PARLAMENTO
Maurizio Lupi dovrebbe dimettersi domani mattina. 
È quello che si aspettano tutti, a Palazzo Chigi e ai vertici del Pd. Ma il condizionale è d’obbligo, vista la resistenza dimostrata dal ministro in questi giorni.
Lupi ieri finisce di rispondere al question time a Montecitorio. E se ne va. Quasi contemporaneamente, Matteo Renzi entra in Aula, di soppiatto, evitando i giornalisti e neanche lo incontra.
“Ho l’appoggio del governo”, ha detto. Ma l’evidenza plastica dei rapporti tra i due dice tutt’altro. Renzi vuole che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti se ne vada. Lui non molla. Non ancora.
Il premier non può chiedergli in maniera pubblica e diretta di dimettersi. Rischia la crisi di governo. Ma glielo dice e glielo fa dire: “Se vai avanti non ti copro”.
Di più: “Guarda che se non te ne vai prima della mozione, ti faccio sfiduciare dal Parlamento”. L’altro mantiene la sua posizione.
Pubblicamente: “Non ho fatto niente di male”. E soprattutto: “Riferirò in Parlamento”. Perchè “è doveroso da parte mia”, come spiega anche ai colleghi di partito. Però, ora il punto non è più il “se” ma il “quando” Lupi cederà .
E’ in corso una prova di forza tra il presidente del consiglio e il ministro. Molto dipende da cosa c’è nelle carte e quando uscirà .
E infatti, la giornata vira nel tardo pomeriggio: “Adesso pure i viaggi della moglie. Non è sostenibile”, spiegano a fine giornata i renziani di peso.
E l’intervento in Aula si velocizza: dovrebbe essere calendarizzato per domani. Per turbo-Renzi è già passato troppo tempo, di fronte all’opinione pubblica.
Ma sono le immagini a raccontare meglio la giornata di ieri.
Quelle della mattinata a Milano, alla Fiera Made Expo con Lupi fischiato dalla folla. “Non ho mai fatto pressioni per chiedere l’assunzione di mio figlio”.
In mattinata, invece, Renzi fa un’informativa in Senato in vista del Consiglio europeo. Elegantissimo, versione presidente del Consiglio, non dice neanche una parola sulla questione Incalza.
Passa qualche ora e la scena si sposta a Montecitorio. Lupi è sui banchi del governo. Accanto a lui c’è Alfano. Per il resto, sono praticamente vuoti. Nessun ministro di peso. Vuoti anche i banchi dei deputati Pd. Il ministro è già abbandonato.
Le interrogazioni sono tutte variazioni sul tema dell’indagine che ha portato all’arresto di Incalza e al coinvolgimento delle strutture del ministero.
Con una domanda esplicita: “Si dimette?”. Momenti di tensione all’inizio.
Dopo le domande di Liuzzi dei Cinque Stelle, Lupi chiarisce la sua posizione: “Rispetto alle legittime richieste di chiarimenti, puntuali e doverosi, come si è visto anche nell’interrogazione, da parte di tutti i gruppi parlamentari, ritengo assolutamente doveroso, indispensabile e urgente che questo avvenga quanto prima in Parlamento”.
I Cinque Stelle scandiscono “dimissioni”, lui fa un gesto del tipo “non ci penso proprio”. Quelli insistono. Giachetti espelle Sibilla. E il resto più o meno è prassi.
Poi arriva Renzi. Accanto a lui si siede Maria Elena Boschi.
I banchi del Pd si riempiono. Lupi se ne va, Alfano resta.
In effetti è esattamente quello che potrebbe accadere. Ieri il ministro dell’Interno pubblicamente ha difeso il collega di partito.
Ma in privato le posizioni sono già cambiate. Anche lui ha iniziato il lavorio ai fianchi.
“Maurizio non puoi rimanere in quel posto senza la fiducia del presidente del Consiglio”, gli vanno dicendo i colleghi di partito.
Che nel frattempo trattano con i vertici del Pd: in ballo ci sono posti di Sottosegretari e quelli vacanti dei giudici della Consulta.
Il ministero no: per un po’, almeno l’interim dovrebbe essere assunto da Luca Lotti o Graziano Delrio.
Sembra solo questione di tempo. Poco tempo.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)
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