Marzo 23rd, 2015 Riccardo Fucile
“ANGELINO CONTIAMOCI, IL TEMPO DELLE CHIACCHIERE E’ FINITO”… “CON LA MUSSOLINI CI VEDIAMO IN TRIBUNALE, GIA’ QUERELATA”
Nunzia De Girolamo è una che non ama i giri di parole: “Sa che le dico? Che il tempo delle
chiacchiere è finito. Qua si continua ad eludere la discussione sul punto di fondo: se siamo una forza di centrodestra che vuole ricostruire il centrodestra o siamo diventati una forza subalterna e irrilevante nell’ambito della coalizione di Renzi”.
La voce va e viene. Finalmente il tragitto consente di ragionare.
Nunzia è diretta in Campania per una iniziativa elettorale. Poi Roma per andare a Piazza Pulita: “C’è tantissima gente nella base di Ncd che vuole rifare il centrodestra e credo sia giusto dare loro voce”.
Effettivamente se l’applausometro è un indicatore, a Roccaraso dove sabato scorso si è svolta un’iniziativa di Ncd ha ricevuto consenso quando ha scandito: “Voglio capire quale è l’identità del mio partito. Non possiamo essere gli scendiletto di Renzi o il partito delle poltrone di pochi da ricollocare”.
La risposta di Alfano non l’ha convinta, perchè, ripete “elude il punto di fondo”.
In questa conversazione con l’HuffPost ci spiega la sua proposta: “A questo punto, proprio per evitare le chiacchiere, mettiamo le cose per iscritto. Quagliariello ha detto che faremo a breve una direzione nazionale? Benissimo, io a quella direzione presenterò un documento in quattro punti che per una forza come la nostra sono vitali. Un documento, da mettere poi però ai voti nella nostra assemblea nazionale e su cui è necessario realizzare un’ampia consultazione tra i nostri iscritti, per andare al confronto con Renzi. Se Renzi accetta i nostri punti, bene, altrimenti a mio giudizio dobbiamo ritirare la delegazione dal governo e passare all’appoggio esterno”.
Onorevole De Girolamo, partiamo dall’inizio.
Per favore però non parliamo della Mussolini che non se ne può più. E poi che le dovrei dire? Non sopporto la volgarità e la violenza contro le donne. Io faccio politica, dunque mi occupo solo di politica. Da madre, l’ho querelata per me, per mia figlia e per tutte le donne.
Parliamo del suo partito. Dopo il caso Lupi, lei vuole rompere ?
Così la questione è mal posta e non voglio rompere nulla. Ma il caso Lupi ha fatto emergere, in modo eclatante, una questione di fondo che si trascina da mesi. Siamo di centrodestra o di centrosinistra? Siamo al governo per difendere le poltrone o per realizzare gli obiettivi che ci eravamo dati nell’interesse dell’Italia? Penso, che siamo di fronte a una “mutazione genetica” del nostro partito.
Si spieghi meglio.
Noi siamo nati con l’ambizione di costruire, in Italia, un nuovo centrodestra. E per costruire, anzi, ricostruire il centrodestra occorreva, in quel momento difficile in cui Renzi tirò giù il governo Letta, garantire la stabilità per avere il tempo di agire in due direzioni: le riforme istituzionali e i provvedimenti economici che non facessero sprofondare il paese nel baratro della crisi. Ora, io mi limito ad osservare dei dati di fatto. Noi abbiamo donato il sangue… E Renzi è volato nel consenso. Questo perchè, di fronte ai suoi continui prendere o lasciare, abbiamo lasciato molto senza far pesare il fatto che senza di noi Matteo non starebbe a palazzo Chigi. Domando: è vero o no che sulle riforme, rispetto alla prima versione della legge elettorale, abbiamo rinunciato al premio di coalizione? Domando: è vero o no che mentre Renzi sbandierava gli ottanta euro che parlano al suo elettorato noi non ci intestavamo provvedimenti come il taglio dell’Irap nè portavamo a casa misure con lo stesso effetto su fisco e imprese? Dunque, nati con l’ambizione di essere il centrodestra che appoggiava momentaneamente Renzi, ma che finito il percorso tornava nel proprio campo, poi cosa siamo diventati?
Alfano dice che grazie a voi il paese sta agganciando la ripresa.
Grazie a noi c’è stata la stabilità di governo e questo è un bene. Ripresa? Scinderei la stabilità dei mercati finanziari dall’economia reale. E poi, per la stabilità dei mercati finanziari mi pare che vada ringraziato Draghi per il lavoro straordinario compiuto finora. Lui ha usato il bazooka mentre sull’economia reale Renzi ha usato la fionda. Gliela faccio io una domanda: se un imprenditore italiano mentre io e lei parliamo va in banca e chiede un fido, glielo danno?
Lo chiederò al premier quando ne avrò l’occasione.
Le rispondo io: no, no, e ancora no. Ai piccoli e medi imprenditori italiani questa storia dell’immensa liquidità che gira sulle nostre teste sembra una presa in giro. Purtroppo è tutto vero. I soldi ci sono ma non arrivano a loro e non arriveranno mai a causa della subalternità di questa politica, a partire da quella italiana, al mondo finanziario. In questo mondo rischia di contare più uno come Davide Serra che un ministro dell’Economia. E questo, per chi crede nella politica del centrodestra, è agghiacciante. Noi siamo il movimento politico degli imprenditori, delle partita Iva, dei liberali ma non dei banchieri e dei finanzieri. E poi guardi…
Prego: mi pare un fiume in piena
Recentemente ho riletto, in occasione del primo anno di governo, il discorso su cui votammo la fiducia a Renzi alle Camere. Beh, tra le parole e il fatti c’è l’abisso. E soprattutto rispetto ai fatti che rappresentano per noi questioni di identità : fisco, giustizia, Sud. Proprio su questo invoco un chiarimento.
Una verifica di governo.
La chiami come vuole. Dico che a questo punto, proprio per evitare le chiacchiere, mettiamo le cose per iscritto. Quagliariello ha detto che faremo a breve una direzione nazionale? Benissimo, io a quella direzione presenterò un documento in quattro punti che per una forza come la nostra sono vitali.
Un documento su cui contarsi nel partito?
Un documento, certamente da mettere ai voti nella nostra assemblea nazionale e su cui realizzare una ampia consultazione tra i nostri iscritti. Poi, sulla base di quel documento, è necessario andare al confronto con Renzi. Se accetta i nostri punti, bene, altrimenti a mio giudizio dobbiamo ritirare la delegazione dal governo e passare all’appoggio esterno.
Insomma, lei si vuole contare.
Attenzione: io non presento un documento per spaccare il mio partito, ma per andare al confronto con Renzi con la forza che deriva da una consultazione della nostra base e con la forza del voto della nostra assemblea nazionale. Rubo le parole di D’Alema che è meno diplomatico di me, e ho detto tutto: se uno vuole colpire deve lasciare il segno, altrimenti sono chiacchiere… E io credo che sia ora di vedere se lasciamo il segno o no.
Ho capito. E ci anticipa quali sono i quattro punti del suo documento?
Punto numero uno, visto che siamo a ridosso del voto finale, è la legge elettorale. È necessario tornare alla versione dell’Italicum formulata quando nacque il governo, che preveda il premio alla coalizione e non ai partiti. Il paese, basta andare in giro, è fatto di un popolo di centrodestra e di un popolo di centrosinistra. Al paese dobbiamo consentire di avere, attraverso la legge elettorale, un parlamento che lo rappresenti. E aggiungo, oltre al premio di coalizione: è necessario il ripristino delle preferenze per tutti perchè se andiamo al voto presentandoci come nominati, non mi stupirei se ci inseguissero con i forconi, e farebbero bene.
Punto numero due.
Le partite Iva. Ai cinque milioni di partite Iva attive, io parlo di quelle vere, non alle stime di otto milioni a cui si fa spesso riferimento, noi dobbiamo dire che lo Stato farà pagare loro meno tasse. Purtroppo, come noto, il governo Renzi nell’ultima legge di stabilità li ha stangati. E questo inasprimento ingiustificabile era stato giustificato con la genialata dell’anticipo del Tfr. Conosce un italiano che lo ha chiesto? Se lo incontra o lo trova le offro una cena… E chi lo chiederà da maggio in poi è perchè sarà disperato. E noi che facciamo? Lo massacriamo di tasse. Su tutto questo mi sarei aspettato un semplice e umile: “Abbiamo sbagliato”. Adesso, dico basta. O cambiamo rotta, oppure… si esce dal governo.
Punto numero tre.
Il Sud. Il Mattino oggi apre con il flop del programma “Azione e coesione”: pagamenti in ritardo, finanziamenti a rischio, responsabilità di vari governi. E noi che facciamo? Per non saper nè leggere nè scrivere prendiamo 3,5 miliardi del piano di azione e coesione in ritardo a causa dei precedenti governi e li usiamo per la decontribuzione dei lavoratori. Peccato che il piano di azione e coesione si riferisce alle sole regioni del sud e la decontribuzioni a tutto il paese. La dico in modo grezzo: abbiamo detto al Sud: “Non sapete spendere e ora ve lo insegniamo noi” ma intanto ci prendiamo i vostri soldi. Se questa è la politica del Sud, ridateci Tremonti. Anche qui, o si cambia rotta o si esce dal governo.
Punto numero 4.
Giustizia. Sulle intercettazioni non possiamo tollerare l’indecenza di uno strumento di indagine che diventa gogna mediatica. Dico ad Alfano: riprendi il tuo testo sulle intercettazioni, quello che Repubblica chiamava bavaglio e che era una norma di civiltà , e portiamolo in Parlamento. Punto.
Dunque, contiamoci.
Sì, ma sulle idee, non sulle poltrone. E mettendo dei punti fermi. Se c’è un aspetto della vicenda Lupi che mi manda in bestia è che Renzi non può fare come diavolo gli pare senza stabilire dei criteri. Lupi si deve dimettere e gli indagati no. Perchè? Quale è il criterio? È il codice etico di Matteo Renzi? Quel codice che però consente a De Luca, che è condannato, di candidarsi. Dunque, quale è il criterio se non l’arbitrio? Uno può fare come gli pare solo se c’è attorno chi glielo consente.
Dica la verità : tornerà a breve in Forza Italia?
Dico la verità : io farò una battaglia fino in fondo affinchè Ncd non diventi una corrente Ogm della maggioranza e per costruire in Italia il centrodestra. E la battaglia la faccio sulle regionali. Io credo che dobbiamo lavorare, come in Umbria e nelle Marche, a costruire coalizioni che uniscano tutto il centrodestra, anche ampliandolo. A partire dalla Campania.
Perchè Alfano ancora non chiude con Caldoro?
Lo chieda ad Alfano, non a me. Io ho dichiarato che, per quanto mi riguarda, il nostro candidato è Caldoro, che ha una storia di centrodestra ed è una figura, con cui abbiamo già governato e la cui vittoria, aiuterebbe a costruire una prospettiva di centrodestra. Chi non chiude con Caldoro fa il gioco di Renzi e del Pd che sogna un centrodestra che perde in Campania e vince in Veneto ma sotto le bandiere di Salvini. Troppo facile, io non ci sto. E non rinuncio alle mie di bandiere, quelle del centrodestra.
(da “Huffingtonpost“)
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Marzo 23rd, 2015 Riccardo Fucile
I RISPARMI PER EVITARE L’AUMENTO DA 16 MILIARDI DELL’IVA PREVISTO NEL 2016 DALLA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA: I NODI VENGONO AL PETTINE
Il governo è a caccia di 10 miliardi di euro per evitare che nel 2016 scattino le clausole di salvaguardia previste dalle ultime due leggi di Stabilità .
Clausole inserite per ottenere il via libera di Bruxelles e che prevedono l’aumento dell’Iva e delle accise l’anno prossimo per un maggior gettito di 16 miliardi.
Per il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, trovare risorse alternative a questo nuovo aumento delle tasse è una priorità .
E ovviamente vanno trovate tagliando la spesa pubblica. Per questo il piano per la spending review sarà centrale nel Def, il Documento di economia e finanza che il governo approverà entro il 20 aprile, per poi mandarlo in Parlamento e alla Commissione europea.
Due nuovi commissari?
Il Def indicherà le linee guida per la legge di Stabilità del 2016. Al ministero dell’Economia e a Palazzo Chigi hanno sul tavolo il pacchetto di proposte lasciato dall’ex commissario Carlo Cottarelli.
Ma devono anche sciogliere il nodo che riguarda la nomina di due nuovi commissari. Palazzo Chigi, qualche settimana fa, aveva fatto filtrare che l’incarico sarebbe andato a due dei consiglieri del premier Matteo Renzi che già si occupano della materia: Yoram Gutgeld e Roberto Perotti.
Ma il relativo Dpcm (Decreto del presidente del Consiglio dei ministri) è rimasto nel cassetto. Si è ipotizzato che Padoan si fosse messo di traverso, ma i suoi collaboratori smentiscono. E anzi dicono che «non ci sarebbe alcun problema da parte nostra» sulla eventuale nomina dei due commissari.
Il Def, finalmente, quest’anno può contare su basi di partenza favorevoli. Il Prodotto interno lordo dovrebbe crescere, secondo le stime più accreditate, dello 0,8% nel 2015, contro lo 0,6% previsto dallo stesso governo alla fine del 2014. E l’anno prossimo dell’1,5%.
Tante voci
Per ridurre la spesa pubblica di 10 miliardi (su un totale di oltre 800 miliardi) il governo punta su un piano con molte voci.
Applicazione massiccia dei costi standard a Regioni, Comuni e spesa sanitaria. Taglio delle società partecipate dagli enti locali (11 mila, secondo l’Istat, di cui 1.454 non attive). Le misure già previste dall’ultima legge di Stabilità potrebbero intanto essere rafforzate con il disegno di legge delega di riforma della Pubblica amministrazione all’esame del Parlamento.
Razionalizzazione del trasporto pubblico locale, con l’obbligo di gare per l’affidamento del servizio, il taglio dei trasferimenti alle Regioni che non ottemperano e l’applicazione dei costi standard per la definizione dei trasferimenti stessi, come prevede un disegno di legge che dovrebbe arrivare presto in Consiglio dei ministri.
Riassetto delle articolazioni periferiche della Pubblica amministrazione e dei corpi di polizia.
Anche qui le prime novità (assorbimento del corpo forestale) potrebbero arrivare con gli emendamenti alla riforma Madia.
Introduzione di severi criteri di valutazione costi benefici sulle opere pubbliche. Abbattimento delle 30 mila stazioni appaltanti e allargamento del perimetro di azione della Consip, la Centrale pubblica degli acquisti di beni e servizi, passando dai 38 miliardi presidiati ora a 50 miliardi (su un totale potenziale di 90).
Migliorano i saldi
Ci sono poi i capitoli più delicati. Le tax expenditure, cioè il riordino degli sgravi fiscali, pure previsto dalla delega sul Fisco, e degli incentivi alle imprese.
Capitoli anche questi indicati nel piano Cottarelli del 18 marzo 2014, che puntava a tagli per ben 34 miliardi nel 2016, e che sono rimasti sulla carta.
Oltre ai 10 miliardi di tagli alla spesa, il Def dovrebbe contare su 4 miliardi in meno di oneri sul debito pubblico, grazie alla riduzione dei tassi.
Enrico Marro
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Marzo 23rd, 2015 Riccardo Fucile
PRIMO CASO DI DEPUTATO VICINO A CIVATI CHE ROMPE CON IL PARTITO…. IL PD: “COSI’ INDEBOLISCE LA COALIZIONE”
“Lascio il Pd e mi candido a presidente della Regione Liguria”. Così Luca Pastorino, sindaco di
Bogliasco, civatiano, ha annunciato stamani – al Mercato del Carmine, nel cuore di Genova – la propria candidatura a presidente della Regione Liguria contestualmente alle dimissioni dal Partito democratico e dal gruppo alla Camera. Una scelta che ha già creato fortissime tensioni sia nel Pd sia nella possibile coalizione a sinistra, tanto che solo ieri Giorgio Pagano , esponente de L’Altra Liguria, lista civica raccolta intorno a don Paolo Farinella, lo aveva invitato a fare entrambi un passo indietro, visto che non era stata trovata l’intesa, lasciando il posto ad una “candidatura di alto spessore morale”.
Una ipotesi che Pastorino ha rifiutato, così come ha ritenuto di non poter recedere dalla scelta di abbandonare il Pd, come lo aveva invitato a fare il vicesegretario Lorenzo Guerini.
Il nostro progetto politico, ha dichiarato Pastorino, è “alternativo ed è ambizioso”, il quale ha poi raccontato di avere chiamato stamattina il segretario provinciale del Pd ed il capogruppo della Camera, Roberto Speranza, annunciando loro le dimissioni. “Ci vuole un po’ di coraggio”, ha osservato.
La candidatura di Pastorino è sostenuta dai cofferatiani, (sconfitti nelle contestate primarie vinte da Raffaella Paita, renziana e assessore regionale uscente alle infrastrutture), da Rete a Sinistra, che comprende Rifondazione, Sel, i Comunisti Italiani, Sinistra e lavoro e la Lista Doria che fa riferimento al sindaco di Genova Marco Doria, oltre che dalla rete Tilt per l’istituzione del reddito minimo garantito. “Questa mattina – ha spiegato Pastorino – ho telefonato sia al mio ex segretario provinciale, Alessandro Terrile, sia al capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza. Questa decisione secondo me era doverosa per rispetto dei colleghi e di chi rimane. Era un passaggio da fare perchè non è più tempo di rimandare le cose. Vogliamo mettere in campo un progetto alternativo e credibile al governo regionale degli ultimi cinque anni. Il nostro progetto sarà improntato alla trasparenza e alla chiarezza. Ci dovrà essere la percezione che proviamo a mettere in campo un’idea alternativa all’amministrazione regionale degli ultimi anni partendo da temi chiari e da un programma che potrà essere fatto con il contributo di tutti”.
Pastorino ha sottolineato che il suo obiettivo è presentare un progetto “percepito come novità vera, rispetto agli ultimi anni di amministrazione della Regione, guidata dal centrosinistra, durante i quali, ha osservato, se ne sono viste di tutti i colori”.
Il sindaco di Bogliasco, piccola località di mare nel Levante genovese, ha spiegato di essere arrivato alla decisione di candidarsi dopo colloqui ed incontri negli ultimi giorni, ricordando anche che le recenti primarie del partito hanno visto “calpestati alcuni principi banali”.
“Il Pd nazionale ha fatto finta di non accorgersene”, ha spiegato.
Paita: è contro il Pd.
Raffaella Paita, la candidata per il centrosinistra alla Regione Liguria, si dice dispiaciuta per la scelta di Pastorino.
Per Paita la candidatura ha “il solo obiettivo di indebolire il Pd a cui andrebbe forse un po’ più di riconoscenza, visto che al Parlamento Pastorino è arrivato proprio grazie al Pd”.
Paita ha osservato che a Venezia avrebbe sostenuto Felice Casson, precisando che l’esito delle primarie va rispettato “anche quando non piace”.
“Questa è una grave scorrettezza al Pd più che alla Paita” ha aggiunto la candidata, secondo la quale in un partito ci si confronta nelle primarie, “c’è uno che vince e uno che perde” e dopo tutti insieme “si converge su un progetto unitario”.
I sostenitori.
Al Mercato del Carmine si sono visti sia esponenti del Pd – come il consigliere comunale Gian Piero Malatesta, civatiano – che il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero; presente anche Domenico Chionetti della Comunità di San Benedetto, molti rappresentanti di SeL.
Pastorino ha annunciato che Civati sarà a Genova ad aprile.
(da “La Repubblica”)
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Marzo 23rd, 2015 Riccardo Fucile
“DAL 2012 NON C’E’ STATO NEL FN ALCUN RINNOVAMENTO DEL DISCORSO POLITICO”… “STA FACENDOSI STRADA L’IDEA DEL VOTO PERSO”
“La marcia trionfale di Marine Le Pen si è interrotta». Per il politologo Dominique Reyniè non ci sono dubbi: «I dirigenti Fn possono rigirare i dati come vogliono, ma dal loro punto di vista è un risultato deludente», spiega Reyniè, esperto di populismi e uno dei maggiori esperti del voto Fn.
Le Pen non vince più come prima?
«In termini assoluti si tratta del migliore risultato nella storia del Fn alle elezioni dipartimentali. Ma nella traiettoria vincente del partito è una frenata. Da quando Le Pen ha preso la leadership ha fatto il miglior risultato alle elezioni presidenziali del 2012, poi alle municipali del marzo 2014 e alle europee del giugno 2014. Questa volta, c’erano già i manifesti pronti con la scritta “primo partito di Francia”. Non è stato così».
È solo grazie al fatto che l’Ump si è alleato con i centristi?
«È quello che dicono i Le Pen, Marine e sua nipote Marion, ma mi sembrano argomenti da perdenti. La verità è che per il Fn c’è una narrazione che si è interrotta. Una sorta di usura dell’ideologia frontista. Dal 2012 non c’è stato alcun rinnovamento del discorso politico. Inoltre, sono convinto che nei potenziali elettori del Fn sia in corso una presa di coscienza».
Quale?
«L’esempio di Tsipras in Grecia sta mostrando che quando un partito anti-sistema vince le elezioni poi non riesce a governare. La retorica anti-Ue svanisce davanti alla dura realtà . Inoltre, il Fn si sta mettendo in un’impasse politica. Anche questa stavolta sarà al secondo turno in alcuni scrutini ma perderà : nell’elettorato si insinua il dubbio che un voto al Fn sia un voto perso».
Sarkozy è riuscito a risollevare le sorti della destra?
«Ha ripristinato l’alleanza con il centro, una strategia politica talvolta contestata. Rispetto al Fn, ha ribadito che non ci sarà nessuna alleanza con l’estrema destra. Sarkozy ha lanciato la sua dottrina in vista delle presidenziali del 2017. Se dovessi fare oggi un pronostico direi che tra due anni ci sarà un ballottaggio tra Ump e Fn».
Sarkozy fa bene a non dare indicazioni di voto per il secondo turno contro il Fn?
«Intanto il cosiddetto “fronte repubblicano” non sempre funziona, anzi. E poi chiedere agli elettori di votare per l’avversario politico, che sia il Ps o l’Ump, è politicamente nefasto. È come far scomparire l’opposizione tra i due principali partiti dell’alternanza, facendo di fatto esistere una sola opposizione, quella del Front National»
La sinistra è ormai fuori gioco?
«Dopo le municipali e le europee si conferma un’esplosione della gauche di governo, del suo apparato di eletti locali. La divisione elettorale della sinistra non è solo nelle urne: è dogmatica. Siamo davanti a un dato ormai strutturale. La sinistra non ha più un’unità ideologica e programmatica. Non c’è più possibilità di andare da Jean-Luc Melenchon (leader del Front de Gauche, ndr.) a Emmanuel Macron (attuale ministro dell’Economia, ndr.). Il risultato delle dipartimentali è la conferma di un processo di evaporazione della sinistra. Con un’altra sorpresa».
Una sorpresa?
«Il tracollo della sinistra del partito socialista. Di fronte al successo del Front National, si poteva prevedere un’ascesa di partiti di estrema sinistra come Tsipras o Podemos. E invece la gauche di protesta in Francia non esiste quasi più. Una parte ha anzi votato per il Front National».
(da “La Repubblica”)
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Marzo 23rd, 2015 Riccardo Fucile
DOPO LE ALLUSIONI SESSISTE CONTRO LA DI GIROLAMO: “BOCCASSINI? MANIACA SESSUALE”….”ALFANO FACCIA DA GECO”
Strali e insulti a profusione quelli pronunciati dalla deputata di Forza Italia, Alessandra Mussolini,
durante il suo intervento al convegno “Primavera italiana-Centrodestra, riprendiamoci il futuro”, tenutosi a Roma sabato scorso.
L’invettiva è balzata agli onori delle cronache politiche per le parole al vetriolo contro il capogruppo Ncd Nunzia De Girolamo e per le reazioni bipartisan delle colleghe su twitter: commenti in solidarietà all’alfaniana, a cui ieri la Mussolini ha replicato a ritmo febbricitante e serrato.
Su tutti spicca la risposta a Mara Carfagna, alla quale l’eurodeputata forzista ha twittato: “Brava, poi ti dico in privato cosa dice di te la De Girolamo”.
Il tweet poche ore dopo è stato rimosso dalla stessa europarlamentare.
Il monologo ‘incendiario’ della Mussolini si è svolto per crescente accumulazione di improperi indiscriminati, nell’intento di difendere Silvio Berlusconi dai “traditori” e dagli “incoerenti”.
Si spazia allora dal “dentice”, epiteto affibbiato al ministro Lorenzin, al “brutto, miracolato e faccia da geco”, appellativo riservato ad Angelino Alfano.
Nella filippica contro il Ncd, non viene risparmiato neppure Renato Schifani: “E’ un altro miracolato, prima stava ‘culo e cucchiara’ con Berlusconi e adesso lo ha lasciato, perchè sono diventati tutti statisti”.
Improperi anche contro il pm Ilda Boccassini, tra gli applausi scroscianti degli spettatori, alcuni dei quali addirittura si sono alzati in piedi: “Un’altra volta questa Ruby con ‘sti capelli lunghi e le olgettine. Basta, non se ne può più! Berlusconi è un tipo generoso. C’è la Boccassini che è un maniaco sessuale“.
Moniti pepati anche per il leader della Lega, Matteo Salvini: “Quant’è brutto con quell’orecchino, è sgradevole. E’ un LGBT. E’ un bugiardo, voglio vedere se canterà l’inno di Mameli con quell’orecchino”.
Non è gradito esteticamente neanche il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, “quella faccia brutta e abboffato di cooperative rosse”.
Il resto del monologo della Mussolini rientra nei canoni tipici della vulgata dELLA becerodestra: dardi contro gli omosessuali, gli immigrati e la politica dell’Unione Europea.
L’epilogo poi si concretizza in un grido inneggiante al Cavaliere: “Viva Berlusconi, viva Forza Italia”. Ed è standing ovation in sala
Unica dimenticanza: guardare cosa accade a casa sua e le frequentazioni del marito.
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Marzo 23rd, 2015 Riccardo Fucile
IL VINCITORE: “LA MAFIA? NON CREDO ESISTA QUI, IO SONO AMICO DI TUTTI”
“La mafia? Non ne so parlare, non penso sia presente qui. Ad Agrigento ci sono disagio sociale e
microcriminalità , questo sì”. Parola di Silvio Alessi, il primo candidato di Forza Italia in grado di vincere le primarie del centro sinistra, riuscendo nello stesso tempo ad imbarazzare il segretario siciliano del Pd Fausto Raciti.
“Sono sicuro — replicava qualche giorno fa su Repubblica, Raciti — che Alessi sia pienamente consapevole della pericolosità del fenomeno mafioso e che avrà modo, al più presto, di chiarire la sua posizione”.
Adesso Alessi avrà tutto il tempo per spiegare cosa intende con microcriminalità dato che con più di duemila voti (2152) è stato designato candidato sindaco della coalizione Agrigento 2020: più del 50 per centodei quattromila elettori che ieri si sono recati ai gazebo per scegliere il pretendente alla fascia di primo cittadino della città dei templi.
Staccatissimi i concorrenti: 808 voti per Epifanio Bellini, unico candidato del Pd, 567 per Peppe Vita, il candidato della società civile, 534 per l’ex assessore regionale del Mpa Peppe Marchetta.
Solo che la vittoria di Alessi ha scatenato mille polemiche dato che si tratta del candidato appoggiato da Riccardo Gallo, numero due di Forza Italia in Sicilia e pupillo dell’ex senatore Marcello Dell’Utri.
Che ci fa uno con tali appoggi candidato sindaco del Partito Democratico?
“Io non sono amico di Forza Italia, sono amico di tutti: quei politici del Pd che attaccano il Patto del territorio sono solo dei politicanti che in questi anni hanno abbandonato la città di Agrigento e ora hanno il coraggio di parlare” dice lui, che si è guadagnato notorietà da presidente dell’Akragas, la squadra di calcio di Agrigento in lotta per un posto in Lega Pro.
“ Le primarie stato un grande successo dei cittadini agrigentini, il grande afflusso di persone ci fa molto piacere. I cittadini hanno apprezzato il fatto che si è dato loro un meraviglioso strumento” continua Alessi, che è riuscito a fare piazzare un gazebo per il voto proprio di fronte lo stadio, dove ieri l’Akragas affrontava (e batteva) il Neapolis.
Dopo la partita i tifosi hanno fatto visita al gazebo delle primarie, dove svolazzava la bandiera del Pd insieme a quella di Forza Italia: e alla fine il voto degli ultras dell’Akragas è stato decisivo per eleggere Alessi.
Un’operazione voluta sia dal segretario Raciti, che dal presidente del Pd siciliano Marco Zambuto, ex sindaco di Agrigento con l’Udc e il Pdl.
Tanti invece i maldipancia all’interno del Pd regionale. “Ad Agrigento siamo alla cronaca di una morte annunciata, la morte della speranza di cambiare verso alla politica” dice il deputato Fabrizio Ferrandelli.
“Tutti sapevano dell’accordo con il Patto per il territorio. E’ lo stesso partito che appoggiò e fece vincere Marco Zambuto alle elezioni comunali del 2012: non capisco quale sia adesso l’obbiettivo di Ferrandelli” si lamenta invece il segretario del Pd agrigentino Peppe Zambito, regista dell’operazione che ha portato i democratici a candidare come sindaco un uomo di Forza Italia.
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 23rd, 2015 Riccardo Fucile
L’INCHIESTA SULLE SOVVENZIONI MASCHERATE DA FALSO SONDAGGIO
L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno è stato rinviato a giudizio per la vicenda di un presunto finanziamento illecito ricevuto per le elezioni regionali del 2010 mascherato da un falso sondaggio.
Sotto processo, che comincerà il 5 luglio 2016, anche altri sette imputati, mentre Luca Ceriani ha patteggiato un anno di reclusione.
A disporre il rinvio a giudizio è stato il gup Flavia Costantini che ha accolto le richieste del pm Mario Palazzi.
Il processo riguarderà anche Fabio Ulissi, podologo e storico collaboratore dell’ex sindaco di Roma, Giuseppe Verardi, ex manager della società di consulenza Accenture, e i manager e funzionari Francesco Gadaleta, Roberto Sciortino, Massimo Alfonsi, Sharon Di Nepi e Angelo Italiano.
Questi ultimi avrebbero concorso nella predisposizione della provvista di 30 mila euro ritenuta illecita.
Secondo l’accusa il finanziamento, scaturito da false fatture, sarebbe stato impiegato per incaricare una società specializzata ad effettuare il falso sondaggio e portare a termine l’operazione di `telemarketing politico’ a favore del listino dell’ex presidente della Regione Lazio Polverini.
L’ex Governatrice del Lazio, indagata in un primo momento, è poi uscita dall’inchiesta con richiesta di archiviazione.
L’inchiesta prese le mosse da una denuncia presentata da Accenture dopo la scoperta di un giro di false fatturazioni.
(da “La Stampa”)
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Marzo 23rd, 2015 Riccardo Fucile
CRONACHE NAPOLETANE: TRA APPUNTAMENTI MANCATI E SALDI DI STAGIONE
Lo scorso dicembre, dopo una delusione parecchio cocente, fui invitato da un amico a ‪PiazzaBellini‬
per incontrare alcuni esponenti di quel che rimaneva di una certa ‪destracampana‬ e di alcuni giovani pseudo-rampanti.
L’idea era quella di ragionare – insieme – su un’ipotesi programmatica ed operativa sul territorio che potesse essere foriera di una nuova, auspicabile “storia” (una storia di ‪‎destra‬, ovviamente).
Quel giorno, però, con la scusa “ufficiale” della pioggia battente, non si presentò proprio nessuno, salvo un medico di indiscutibile valore professionale che, comunque, non ebbi modo di salutare (pare che fosse in zona, seduto in un caffè, ma non avendolo mai visto prima e non avendo il suo recapito telefonico, non ebbi modo di interagire con lui).
Quello che è successo dopo ha dato comunque un senso “al tutto”…
Altro che nuova storia da provare a scrivere: quasi tutti quegli “attori” sono attualmente impegnati nel sostenere il PD alle prossime “regionali” in Campania.
Il che è tristemente coerente, sia con chi è abituato a vendersi pur di avere un briciolo di potere, sia con chi sostiene l’indecente “motto” a tenore del quale basterebbe avere “uno di loro” nelle Istituzioni per avere un senso: le idee ed i “colori” sarebbero solo dei meri orpelli.
Insomma, tra venduti e pseudo-sofisticati scribacchini da salotto, anche quel poco che rimaneva è stato definitivamente annientato e dilaniato, svenduto al miglior offerente, in un caso, e alle ragioni del nulla, nell’altro…
Non smetterò mai di avere passione per la politica, ma lo farò sempre e soltanto a modo mio, da scugnizzo irriverente, idealista, imperituramente indisponibile ai compromessi perchè, almeno per quanto mi riguarda, vendersi al miglior offerente non sarà mai cosa ammissibile.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra liberale
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Marzo 23rd, 2015 Riccardo Fucile
IL MILIARDO DI EURO CHE RENZI AVEVA PREVENTIVATO DI RISPARMIARE IN REALTà€ HA PROVOCATO CAOS E INCERTEZZA…. ALLA FINE PORTERà€ A UN ESBORSO PIÙ ALTO
Il problema più grave è come e dove ricollocare i dipendenti provinciali, schiacciati in un palleggio tra Comuni e governo centrale.
Inoltre la quotidianità impone di confrontarsi coi servizi sospesi, l’assistenza ai disabili cancellata, la manutenzione delle strade bloccate, i trasferimenti di personale impossibili per via di norme contraddittorie e inattuabili.
Il passaggio più facile è stato quello di abolirle, le Province.
Una medaglia sul petto di questo governo, sbandierata da Graziano Delrio ogni volta che le telecamere e i giornali glielo permettono.
Il problema non era l’abolizione. Quello era il passaggio più semplice.
A oggi niente è accaduto.
Troppe le norme contraddittorie che, tra la legge di Stabilità e la riforma di Graziano Delrio, avrebbero dovuto regolare la riorganizzazione delle funzioni e il ricollocamento del personale. Ma non solo.
Sono spariti, dalla sera alla mattina, una lunga serie di servizi.
L’assistenza ai disabili, demandata alle Asl, ma anche cose molto meno gravi, solo all’apparenza, come la gestione dell’ordine pubblico che non ha più un interlocutore fondamentale.
E allora caos. In tutte le salse.
Altro ostacolo è stata l’istituzione delle aree vaste che, in teoria, hanno iniziato dal primo gennaio scorso la loro missione, ma si trovano già sull’orlo del fallimento.
Così il governo, nella persona di Delrio, scarica sulle Regioni: “Con le leggi di riordino le Regioni devono riprendersi le competenze che non vogliono lasciare alle Province definendo le risorse: il personale e i costi finanziari. Le leggi di riordino sono state fatte da 12 regioni su 15, ma solo la Toscana l’ha fatta completamente”.
Il finale è che le aree metropolitane e le Province rimaste chiedono sempre più soldi, e il miliardo che il governo diceva di risparmiare costerà il doppio.
Emiliano Liuzzi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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