Marzo 25th, 2015 Riccardo Fucile
RENZI E LA BOLDRINI RAPPRESENTERANNO L’ITALIA
Si prepara la marcia internazionale contro il terrorismo di domenica prossima a Tunisi.
La parola d’ordine sarà “Le monde est Bardo”.
Attese a Tunisi molte personalità a livello mondiale, tra cui il premier italiano Matteo Renzi, la presidente della Camera Laura Boldrini e il presidente francese Franà§ois Hollande.
“Le monde est Bardo” vuole esser un messaggio forte per affermare la volontà della Tunisia di superare gli avvenimenti del Bardo e sconfiggere il terrorismo.
La marcia di solidarietà per le vittime dell’attentato al museo del Bardo e contro il terrorismo è stata annunciata dal presidente tunisino, Beji Caid Essebsi.
In quell’occasione verrà anche inaugurata una stele in onore delle vittime.
Il corteo partirà da Bab Saadoun con destinazione il Bardo e la sede del Parlamento.
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Marzo 25th, 2015 Riccardo Fucile
RENZI TACE SULL’AMICO DEL BOSS, IMPRESENTABILE PER I DEM ALLE POLITICHE 2013… CROCETTA: “NON PUO’ FARE IL SINDACO DI ENNA”… L’INTERESSATO: “RITIRARMI? E PERCHE’ MAI”
Le amministrative in Sicilia rischiano di diventare un problema per il Pd. 
Almeno doppio: a Enna e ad Agrigento infatti i democratici rischiano di ritrovarsi candidati che una parte del partito non vuole.
Nel primo caso per decisione degli organismi cittadini del partito che propongono il ritorno di Vladimiro Crisafulli, che il comitato dei garanti nazionale giudicò “impresentabile” nelle liste elettorali per il Senato nel 2013 e che però nel frattempo si è fatto eleggere coordinatore del Pd provinciale con più dell’ottanta per cento dei voti.
Nel secondo caso il problema l’hanno creato le “sacre” primarie perchè per un accordo con Forza Italia alla fine a rappresentare il centrosinistra nella corsa alla poltrona di sindaco sarà Silvio Alessi, sponsorizzato da Riccardo Gallo, considerato vicino a Marcello Dell’Utri.
In questo scenario si registra il silenzio del segretario nazionale, Matteo Renzi, o comunque dei vertici.
Così ora succede che sul caso Enna sia Crocetta sia Crisafulli tirino per la giacchetta il capo-presidente del Consiglio.
Pd in tilt: Crisafulli è un caso, ma c’era l’ok dei siciliani
Eppure dieci giorni fa erano stati Fausto Raciti e Marco Zambuto, rispettivamente segretario e presidente del Pd siciliano, a chiedere personalmente a Mirello Crisafulli di candidarsi.
“Le eventuali opposizioni dovranno essere solo sul piano politico, su altri piani non potranno essere accettate” spiegava Raciti.
Un modo come un altro per stoppare sul nascere possibili polemiche che rimandassero al passato, al tempo in cui il comitato dei garanti del Pd bollava il ras ennese come non candidabile, cancellandolo con un rapido tratto di penna dalle liste per le politiche.
Crocetta: “Renzi parli”. Ma ieri diceva: “Non me ne frega niente”
Sembrava andare tutto liscio, ma a ridare fuoco alle polveri ci ha pensato il governatore Rosario Crocetta. Ieri, 24 marzo, interpellato sull’argomento, si era trincerato dietro un prudente no comment: “Perchè volete farmi intromettere in questioni di cui non mi frega niente?” diceva piccato il governatore.
Poche ore dopo ha cambiato idea, entrando a gamba tesa sulla questione. “Si può fare finta che Crisafulli possa candidarsi a sindaco di Enna: guai a porre il problema, tanto per un politico l’importante è ottenere i consensi”.
Una dichiarazione che ha infiammato ulteriormente il clima all’interno del Pd, dato che negli ultimi giorni sarebbero stati opposti dei “veti silenziosi” direttamente da Roma, dove il sottosegretario Davide Faraone non vedrebbe di buon occhio la candidatura di Crisafulli, indigesta ai renziani locali ma anche a quelli nazionali.
Poco importa se nel frattempo i due massimi dirigenti regionali del Pd si siano già espressi, andando in pellegrinaggio nella città al centro della Sicilia, e annunciando la loro presenza ad Enna anche per venerdì, quando il coordinamento provinciale del partito si riunirà per decidere chi candidare come primo cittadino.
Crisafulli al fatto.it: “Perchè non mi devo candidare?”
Dall’altro lato infatti il “ras” di Enna, ex diessino diventato cuperliano, gran collettore di voti, a ilfattoquotidiano.it ostenta sicurezza: “Renzi e Faraone non vogliono la mia candidatura? Ma io voglio essere il candidato del Pd ennese, che le assicuro non è fatto da imbecilli. Venerdì verranno qua Raciti e Zambuto (segretario e presidente del Pd siciliano, ndr) che non mi sembrano essere contrari ad una mia candidatura. Che poi perchè non mi dovrei candidare? Io sarei impresentabile? E perchè? Nel 2013 avevo un procedimento penale in corso, ora quel procedimento si è chiuso, punto. Se ho sentito Faraone? E perchè dovrei sentire Faraone che fa il sottosegretario?”.
Il processo “chiuso” a cui fa riferimento Crisafulli è quello per abuso d’ufficio: era accusato di essersi fatto asfaltare la strada che conduce alla sua villa con fondi della Provincia (di cui lui era presidente).
A questo punto per la pax interna al Pd, l’ideale sarebbe un candidato diverso da Crisafulli, ma scelto e appoggiato dall’ex parlamentare, che a Enna è abituato a vincere “col proporzionale, col maggioritario e pure col sorteggio” (ipse dixit).
E mentre si attende che Matteo Renzi in persona si esprima sull’argomento, il diretto interessato ne approfitta per provare a rispedire al mittente l’etichetta di impresentabile, e spingere fino alla fine la sua candidatura a sindaco.
“Io non ho mai chiesto un voto ai mafiosi, io i mafiosi li mandavo a fare in culo, con rispetto parlando” dice Crisafulli, riferendosi alla famosa intercettazione della Dia, quando venne beccato a parlare con Raffaele Bevilacqua, poi indicato come boss di Enna, che gli chiedeva notizie su alcuni appalti pubblici.
“Fatti i cazzi tuoi” era stata la replica di Crisafulli, poi indagato e archiviato per concorso esterno a Cosa Nostra.
“Dicono che questo era il partito di Pio La Torre? Io me lo ricordo e vedo anche quali sono le ultimissime adesioni al partito… anche ad Agrigento vedo come è andata a finire” continua, citando altri due recentissimi casi che gettano scompiglio nel Pd. Vale a dire l’imponente campagna acquisti varata da Faraone, che ha portato tra i democratici diversi ex sostenitori di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, scatenando nel frattempo l’esodo di civatiani e cuperliani.
I renziani di Agrigento: “Annullare le primarie”
Ma si riapre anche la questione di Agrigento.
A porre il problema di Alessi candidato, è l’area Renzi del Pd di Agrigento che chiede di “annullare le primarie, commissariare la segretaria provinciale e ripartire da capo, individuando un nuovo candidato del Partito democratico da contrapporre a Silvio Alessi”.
“Le primarie del centro sinistra — scrivono — le ha vinte Forza Italia. Noi non ci piegheremo alle logiche spartitorie dei soliti noti, ai giochi di potere. Noi siamo il centro sinistra, siamo il Partito Democratico — aggiungono — . Con Forza Italia ci si confronta alle elezioni, non alle primarie“.
I renziani agrigentini chiedono quindi “l’immediato commissariamento della federazione e del segretario provinciale di Agrigento, il disconoscimento delle primarie con il ritiro del simbolo del partito, l’individuazione di un progetto e di persone che possano rappresentare, per Agrigento, un progetto politico e una prospettiva chiara, nell’ambito degli ideali e dei valori del centrosinistra”.
L’Ansa cita fonti del Pd secondo le quali il segretario siciliano Fausto Raciti ha convocato lo stato maggiore del partito in città . Peccato che l’accordo con Gallo e le altre liste per le primarie sia stato siglato dai vertici del Pd regionale, compreso Zambuto, ex sindaco di Agrigento con l’Udc e oggi leader della corrente renziana.
Giuseppe Pipitone
(da ” il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 25th, 2015 Riccardo Fucile
BARBARA GUERRA CON 47 AL SECONDO POSTO, AL TERZO CON 43 PRESENZE ARIS ESPINOSA
Il pressing delle Olgettine su Arcore. L’avanzata delle ragazze ospiti delle cene eleganti quando ormai le serate erano un lontano ricorso è stata “contabilizzata” dagli inquirenti di Milano nell’ambito dell’inchiesta Ruby ter.
Concetta De Vivo, detta Imma, showgirl ora indagata come una ventina di altre ragazze, sarebbe andata nella zona di Arcore ben 57 volte in 16 mesi, tra il marzo 2012 e il luglio del 2013, quando i processi a carico di Silvio Berlusconi e di Fede, Mora e Minetti erano ancora in corso, con una frequenza media di più di tre volte al mese.
Al secondo posto di questa sorta di classifica di presenze nella zona di Arcore (non si sa se, poi, le ragazze siano state effettivamente ricevute all’interno di Villa San Martino), come emerge dalle “analisi” delle celle agganciate dai telefoni delle giovani tra il 2012 e il 2014, si piazza Barbara Guerra con 47 presenze tra il marzo 2012 e il marzo 2014.
Al terzo con 43 presenze, tra giugno 2012 e luglio 2013, la dominicana Aris Espinosa.
In un’annotazione della sezione di polizia giudiziaria intitolata “presenze ad Arcore delle utenze delle 21 indagate”, si legge anche che Alessandra Sorcinelli, la ragazza che avrebbe ricevuto la cifra più altra, tra bonifici e assegni circa 390 mila euro, è stata ad Arcore 32 volte tra il luglio del 2012 e febbraio 2014.
Poi Barbara Faggioli (24 volte in un anno e mezzo) Marianna Ferrera (16 volte) Francesca Cipriani (15 volte) Marysthelle Polanco (13 volte fino al 2013) e giù a scendere nella ‘classifica’ fino alle sole due presenze di Ioana Visan.
Nell’annotazione non sono indicate presenze di Ruby, la quale, però, come emerge da un altro documento agli atti depositati ad alcune difese al Tribunale del Riesame, “con ogni probabilità ” si sarebbe recata “ad Arcore”, tra novembre e dicembre scorsi, “e che in queste occasioni usi l’accortezza di spegnere il cellulare già in fase di avvicinamento” per “non far registrare la propria presenza sulle celle del luogo in cui si reca”.
Alcune ragazze, tra l’altro, sempre come risulta dai documenti depositati, si sarebbero presentate ad Arcore anche nei mesi scorsi.
Lo scorso 11 novembre, ad esempio, Aris Espinosa “unitamente ad altre ragazze — scrivono gli investigatori — si reca ad Arcore per incontrare Berlusconi, il quale però si trova a Roma”.
La ragazza chiama “l’utenza fissa di Arcore” e la segretaria le spiega che l’ex premier è nella Capitale.
Nessuna presenza nella zona di Arcore, invece, per Silvia Trevaini, la quale, secondo l’accusa, nel corso degli anni avrebbe ricevuto da Berlusconi una serie di extra, per una cifra intorno agli 800mila euro, che le sarebbero serviti per acquistare prima un appartamento a Milano Due e poi uno nel pieno centro di Milano
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 25th, 2015 Riccardo Fucile
IN PIAZZA ANCHE LA CAMUSSO: “MAI STATO IN DISSENSO CON LEI SULLA MANIFESTAZIONE, MA SULLA PROPOSTA DI COALIZIONE SOCIALE”
Con Susanna Camusso «non c’è mai stato dissenso sulle ragioni della manifestazione di sabato
prossimo», piuttosto «sulla proposta di coalizione sociale ».
Dunque il segretario della Fiom, Maurizio Landini, non è sorpreso dell’annuncio del leader della Cgil che parteciperà al corteo di sabato dopo le polemiche sul carattere più o meno politico dell’iniziativa.
Landini parla anche della vicenda Pirelli: «E’ una svendita, l’Italia sta cedendo industrie strategiche a produttori stranieri».
Landini, sorpreso della scelta di Camusso di partecipare alla manifestazione?
«Assolutamente no. Non c’è mai stato dissenso di merito. Con la Cgil e, successivamente, anche con la Uil stiamo conducendo una battaglia contro il jobs act fin da quest’autunno».
A dire il vero la Cgil aveva giudicato con freddezza l’iniziativa di sabato. C’erano state delle polemiche…
«C’era stato un problema legato a una delle nostre proposte, quella della coalizione sociale, un progetto per combattere la frantumazione del mercato del lavoro determinata anche dalle scelte del governo Renzi».
Il jobs act è ormai legge. Come lo combatterete?
«Ci sono molte strade per cambiare le leggi. Questo è il primo governo che modifica le leggi sul lavoro riducendo i diritti senza nemmeno ascoltare le proposte dei sindacati e del Palrlamento. Il jobs act è stato scritto ricalcando le ricette di Confindustria e della Bce. Invito tutti ad andarsi a rileggere la lettera che la Bce scrisse all’Italia il 5 agostro 2011. Si chiedeva di aumentare l’età pensionabile, di introdurre la libertà di licenziamento, di superare i contratti nazionali. Tutti obiettivi che i governi Monti, Letta e Renzi hanno perseguito con costanza e continuità . Noi vogliamo manifestare sabato contro quella politica che rende più ricattabile e privo di diritti sia chi lavora sia chi un lavoro non ce l’ha».
Eppure il governo considera positivi i risultati delle nuove leggi. Sia sul piano dell’occupazione, sia su quello degli investimenti stranieri. Anche la vendita di Pirelli è un fatto negativo?
«La vendita, o meglio, la svendita di Pirelli è la migliore dimostrazione dell’assenza di una politica industriale in Italia. Abbiamo scelto di lasciare che il patrimonio tecnologico del Paese si trasformi in un supermarket dove i produttori e i fondi di investimento stranieri arrivano e fanno affari. La cosa più grave è che così si vendono conoscenze che vengono utilizzate da altri. Nel momento in cui i grandi produttori compiono scelte strategiche è evidente che finiranno per favorire i loro paesi. Per questo i governi di Spagna, Francia, Germania, Usa intervengono ad evitare che settori stretagici finiscano in mani straniere. Noi invece consideriamo un successo aver ceduto Finmeccanica ai giapponesi e Pirelli ai cinesi».
Il ragionamento vale anche per l’Ilva?
«Dopo tre anni di tentennamenti finalmente il governo ha deciso di entrare nella proprietà dell’Ilva per difendere non solo i posti di lavoro ma anche la presenza di un settore strategico come quello dell’acciaio. A maggior ragione non si capisce perchè l’Ilva sì e Finmeccanica e Pirelli no».
Perchè in Spagna e Grecia la crisi sta premiando i partiti di sinistra radicale e in Italia no?
«Io sono un sindacalista, non sono un politico e tantomeno ho voglia di farlo. Quel che stiamo provando a fare è cercare di riunire il lavoro che le politiche del governo stanno frantumando. Segnalo solo che sia In Spagna che in Grecia ci sono sindacati più deboli di quello italiano».
Con la coalizione sociale?
«La coalizione sociale è una proposta e cercheremo di capire l’11 aprile se riusciamo a costruirla. Penso a gruppi di associazioni che nei diversi territori riuniscano chi lavora e chi non riesce a farlo, chi è precario e chi è disoccupato. Un progetto tutto da costruire ma anche una strada per riformare il sindacato. Altrimenti anche la sopravvivenza delle attuali organizzazioni del movimento dei lavoratori è a rischio».
Silvia Garroni e Paolo Griseri
(da “la Repubblica”)
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Marzo 25th, 2015 Riccardo Fucile
GUIDO IMPROTA CERTIFICà’ L’ESIGENZA DI EROGARE ALTRI 90 MILIONI AI COSTRUTTORI DOPO UN INCONTRO CON INCALZA
Ai signori del cemento e dei sovrapprezzi non poteva sfuggire la Metro C di Roma.
Non una grande opera, ma la grande opera per eccellenza che ha subìto una crescita esponenziale degli investimenti.
La terza linea della Capitale doveva costare 2,7 miliardi di euro – chiavi in mano, cioè pronta con i treni in partenza – e per ora s’aggira intorno ai 3,7 miliardi.
Adesso s’è saputo (la notizia l’ha anticipata il Tempo) che il boiardo Ercole Incalza, già arresto per l’inchiesta di Firenze, è indagato dalla Procura di Roma assieme a Guido Improta, ex sottosegretario alle Infrastrutture nel governo di Mario Monti e attuale assessore alla mobilità al Comune di Roma, un fedelissimo del sindaco Ignazio Marino.
Il sospetto: affidamenti illeciti di appalti e, in particolare, un indennizzo pubblico di 90 milioni di euro per la Metro C.
Un servizio di Francesca Fagnani di Ballarò racconta il ruolo di Improta per un atto attuativo, datato 9 settembre 2013, che stanziava un contribuito di 90 milioni di euro al consorzio di imprese, che va da Caltagirone ad Astaldi fino alle cooperative, e poi scaricato sul Campidoglio.
Lo stesso Improta spiega a Ballarò che la decisione fu presa, secondo prassi, il 4 settembre 2013 al ministero di Porta Pia: presenti Incalza, allora responsabile della struttura di missione; l’assessore regionale Michele Civita, i vertici di Roma Metropolitana e rappresentanti di Metro C.
Ma l’ex presidente di Roma Metropolitane, Massimo Palombi, dichiara a Fagnani che a un certo punto Incalza proseguì la riunione soltanto con Improta e Civita.
Dopo gli incontri, il 9 settembre, Incalza spedì una lettera, il già citato atto attuativo, per certificare l’esigenza di ulteriori 90 milioni di euro, che il primo agosto 2014 sono stati sbloccati dal comitato interministeriale (Cipe).
Con una postilla: paga il Campidoglio, ai costruttori viene richiesta la copertura di un misero 3,75 per cento dei 90 milioni di euro.
O Improta ha rimosso l’episodio oppure ha mentito.
Nel frattempo, l’assessore esclude un suo coinvolgimento: “Non ci sono stati abusi d’ufficio e anche l’atto attuativo della Metro C è passato attraverso Roma Metropolitane. Io non ho responsabilità dirette”.
Sugli sprechi per la Metro C, oltre ai fascicoli aperti in Procura, ci sono i magistrati contabili che vogliono capire perchè i cantieri della metropolitana sono proceduti a rilento mentre il preventivo aumentava e perchè le amministrazioni hanno concesso 45 varianti di progetto. Come dimostrano le intercettazioni pubblicate dal Tempo, Improta aveva una certa familiarità con i personaggi che ruotavano intorno al sistema di Incalza.
Il 10 gennaio 2014, annotano i militari del Ros, Improta chiama l’imprenditore Giulio Burchi, ex presidente di Italferr, indagato a Firenze e gli offre la guida di Roma Metropolitane (poi colpita da un’inchiesta) :
“Io vorrei la settimana prossima convocare un’assemblea straordinaria, azzerare tutto e mettere un amministratore unico. Quindi se lei fa qualche pensata… io l’accoglierei. (…). Ovviamente situazione prestigiosa perchè è la più grande opera pubblica che si sta realizzando (…) quindi ci vuole qualcuno che abbia competenza giuridica, tecnica e sensibilità politica. Ha fatto tanti soldi e quindi… ”.
Non si sbagliava, Improta.
Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 25th, 2015 Riccardo Fucile
RISPETTO ALLE PREVISIONI INIZIALI DA 20 MILIONI I VISITATORI SI SONO RIDOTTI A 12 E I CINESI DA DUE A UNO… MA I CONTI NON TORNANO (E FORSE E’ MEGLIO COSI’)
I conti di Expo non tornano. Non parliamo di soldi e bilanci, ma di cinesi. 
Sì, perchè nelle mirabolanti previsioni del successo planetario di Expo 2015, si è annunciato che per l’esposizione universale arriveranno a Milano 20 milioni di visitatori, tra cui 2 milioni di cinesi.
Poi, per paura di essersi fatti prendere la mano dall’entusiasmo, le cifre sono state un po’ ridimensionate: i visitatori saranno 12 milioni, tra cui 1 milione di cinesi.
Ma proviamo a fare i conti.
L’Expo dura sei mesi, cioè 180 giorni. Se in sei mesi i cinesi arrivati saranno 1 milione, significa che ne sbarcheranno a Milano 5.555 al giorno.
Vuol dire 20 aerei al giorno di soli cinesi per portarli e altrettanti per farli tornare in patria, 40 aerei al giorno.
Consideriamo pure che la metà dei cinesi arrivi dalla Cina sbarcando in altre città d’Italia e d’Europa, per fare un tour più ampio di quello del solo sito di Rho-Pero, e che poi raggiunga Milano in bus o in treno.
Restano pur sempre 2.700 cinesi ogni giorno, per sei mesi, che devono sbarcare a Li-nate o a Malpensa: almeno 10 aerei al giorno Pechino-Milano, o Shanghai-Milano, e altri 10 sulla rotta opposta.
Faccio fatica a immaginare la scena. Ma se andrà così, val la pena di fondare subito una compagnia aerea dedicata.
Se poi ai cinesi uniamo tutti gli altri stranieri attesi, l’affare si fa ancor più complicato. Almeno la metà dei 12 milioni ipotizzati potrebbero arrivare in aereo: 6 milioni di persone, più di 30 mila al giorno.
Vuol dire 120 voli in più ogni giorno in arrivo e altrettanti in partenza.
Ma è possibile?
Non oso poi pensare l’impatto dei previsti 12 milioni sulle strade milanesi, sui taxi, sugli autobus, sui tram, sul metrò.
Anche perchè chi vorrà visitare l’Expo ci andrà preferibilmente la mattina e ne uscirà la sera tardi, per passarci un po’ di ore e ammortizzare il costo del biglietto (non proprio a buon mercato).
Vuol dire che in città si muoveranno in media oltre 60 mila persone al giorno in più rispetto alla popolazione normale.
Un po’ meno nei giorni feriali, molti di più il sabato e la domenica.
E prevedibilmente i movimenti saranno concentrati al mattino subito dopo l’apertura (in andata), e la sera a ridosso della chiusura (al ritorno).
Decine di migliaia di persone in più, rispetto agli utenti abituali, che useranno auto, bus e mezzi pubblici. Un ingorgo programmato permanente.
Quasi quasi agli organizzatori (e ai gestori di servizi, dai trasporti ai ristoranti) conviene sperare che i visitatori siano molti meno del previsto, per evitare di bloccare tutto o collassare il sistema.
Come andrà ? Comunque vada, sarà un successo. Ne sono convinto, alla faccia dei gufi. Chi mai dirà che le cose non sono andate secondo le previsioni?
A nessuno conviene dichiarare il flop. Il grande circo si metterà in moto, magari con qualche ritardo e larghe aree non finite.
I molti lavori in corso anche dopo il 1 maggio saranno nascosti dalle “quinte di camouflage”, come previsto da una gara (da 1 milione e 100 mila euro) per mascherare i ritardi.
E i milanesi vivranno per sei mesi immersi nell’aria frizzante e internazionale del “fuori salone”, come succede ogni anno nella settimana del Salone del mobile.
Magari all’Expo non ci andranno nemmeno, ma potranno frequentare aperitivi, feste, eventi, manifestazioni, mostre, esibizioni, happening, concerti e auto in doppia fila.
Ci sarà da divertirsi, qualche soldo arriverà dai visitatori, cresceranno i seguaci di Airbnb (affittare la propria casa ai turisti e andare a vivere dalla fidanzata o dai parenti).
Forse non si nutrirà il pianeta, ma un po’ di energia alla vita dei milanesi, chissà , potrà arrivare.
Gianni Barbacetto
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 25th, 2015 Riccardo Fucile
UNA RIFORMA AFFRETTATA PER NON AVER SAPUTO “LEGGERE” IN TEMPO L’INDIGNAZIONE MONTANTE NELL’OPINIONE PUBBLICA”
C’ è un «non detto» piuttosto esplicito, sebbene non detto, nelle parole con cui il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha accompagnato ieri a Montecitorio l’approvazione del disegno di legge sulla nuova prescrizione nel processo penale.
Una riforma che lui avrebbe preferito inserire all’interno di quella più complessiva su tempi e modalità di indagini e dibattimenti, ma la Camera ha deciso di anticiparne il varo. Ufficialmente – ha spiegato il Guardasigilli – perchè c’erano altre proposte sullo stesso argomento che bisognava comunque votare; ufficiosamente – non ha spiegato, ma ha lasciato intendere – perchè s’è creato nel dibattito politico e tra i cittadini un clima di allarme, se non di vero e proprio scandalo, per i reati dichiarati estinti a causa del troppo tempo necessario ad accertarli in via definitiva (l’ultima resa, su Calciopoli, è della notte prima del voto).
Insomma, s’è dovuto accelerare sull’onda della pubblica opinione che stava diventando pubblica emozione, alla quale la politica – in questo caso il Parlamento – ha voluto affrettarsi a dare risposte.
Mettendo in conto, per ammissione del governo, che nel prossimo passaggio al Senato bisognerà aggiustare qualcosa se nel frattempo lo stesso Senato avrà approvato la riforma sulla corruzione, che inciderà a sua volta sui termini di prescrizione per quel tipo di reati. Una sorta di approvazione «con riserva», quindi.
Seppure implicitamente, il Guardasigilli ha ammesso una certa soggezione della politica al dibattito extra istituzionale che rischiava di lasciarla indietro, con conseguente esigenza di fare in fretta, anche se non nel migliore dei modi.
Tuttavia è difficile sostenere che approvare una legge «fuori contesto» per non trovarsi in difficoltà di fronte al montare di scandali e riprovazione generale sia un buon modo di legiferare.
Farne colpa all’opinione pubblica sarebbe però sbagliato; semmai è la politica a non aver saputo leggere quel che stava accadendo, trovandosi costretta a rincorrere.
Giovanni Bianconi
(da “il Corriere della Sera”)
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Marzo 25th, 2015 Riccardo Fucile
ALTRO CHE “TROPPE FERIE”: ECCO COSA C’È SOTTO L’ULTIMA USCITA DEL MINISTRO
Un apprendistato gratis oppure pagato al 10 per cento del dovuto. 
Per capire che quella del ministro Giuliano Poletti sulle vacanze scolastiche — “sono troppi tre mesi” — non è una boutade tra le tante, basta andarsi a leggere i testi dei provvedimenti legislativi in via di approvazione.
Due, in particolare: il terzo decreto attuativo della legge delega chiamata Jobs Act, quello sulle “Tipologie contrattuali” e il disegno di legge che riforma la scuola.
Se letti all’unisono i due documenti offrono un’idea molto precisa del rapporto tra scuola e lavoro immaginato dal governo Renzi e dell’obiettivo di far lavorare di più i giovani in età di studio, di pagarli meno, molto meno o, addirittura, di non pagarli per niente.
Non siamo proprio al ritorno a Oliver Twist ma, anche nei riferimenti immaginifici — “i miei figli scaricavano le cassette al mercato”, dice il ministro Poletti — si conferma che il progetto sociale dell’attuale governo è il ritorno alla stagione antecedente al 1970, alla conquista dello Statuto dei lavoratori ma anche alla stagione dei diritti sociali.
Quando il ministro dice che “non si distruggerebbe” un ragazzino se invece “di stare a spasso per le strade della città va a fare quattro ore di lavoro”, dice qualcosa che ha già impostato sia nel Jobs Act che nel disegno di legge sulla Scuola.
Il terzo decreto attuativo del Jobs Act, quello che deve ancora passare in Parlamento — e che è ancora nei cassetti del governo come se la fretta iniziale fosse esaurita — è finito sotto i riflettori soprattutto per la parte che riguarda la soppressione delle tipologie lavorative “precarie” (in realtà , solo i Co.co.pro., l’associazione in partecipazione e il job sharing).
In quel testo, però, c’è un articolo, il 41, che introduce “l’apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale”.
Il fine è quello di “coniugare la formazione sul lavoro effettuata in azienda con l’istruzione e formazione professionale svolta dalle istituzioni formative”, cioè gli enti di formazione.
Questo apprendistato riguarda i giovani “che hanno compiuto i 15 anni di età ” e la durata del contratto “è determinata in considerazione della qualifica o del diploma da conseguire” e non può essere superiore ai tre anni oppure a quattro nel caso del diploma professionale.
Per attivare la tipologia lavorativa, i datori di lavoro sottoscrivono un “protocollo” con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto in base a uno schema definito da un decreto ministeriale che definisce anche il contenuto e “l’orario massimo del percorso scolastico che può essere svolta in apprendistato”.
I profili sono poi regolati dalle regione. Ognuna delle quali ha stabilito livelli di formazione annua differente: sono 1.000 ore in Emilia Romagna, 990 in Piemonte, Toscana e Liguria ma scendono a 400 in Lombardia e Campania.
Secondo il Jobs Act, la formazione esterna all’azienda “non può essere superiore al 60% dell’orario per il secondo anno e del 50 per cento per il terzo e quarto anno”.
Quanto alla retribuzione, “per le ore di formazione svolte nella istituzione formativa” il datore di lavoro “è esonerato da ogni obbligo retributivo”.
Per quanto riguarda invece, le ore di formazione a carico del datore di lavoro, “è riconosciuta al lavoratore una retribuzione pari al 10% di quella che gli sarebbe dovuta”.
Trattandosi di un apprendista, si tratterebbe comunque di una retribuzione inferiore di almeno due livelli di categoria di quelli di un dipendente regolare.
Nella legislazione vigente, per la qualifica e per il diploma professionale, si riconosce una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonchè delle ore di formazione “almeno nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo”.
Il peggioramento è evidente.
Lo completa quanto previsto dal disegno di legge su “La buona scuola” dove, all’articolo 4, si parla di “Scuola, lavoro e territorio”.
In questa sede si prevedono 400 ore di alternanza scuola-lavoro (200 per i licei) negli istituti tecnici; L’alternanza è prevista nei periodi di sospensione dell’attività didattica (Natale, Pasqua, estate) e viene inserita la possibilità dei contratti di apprendistato per la qualifica.
Finora le sperimentazioni avviate non hanno funzionato.
Anche per questo, nella Buona scuola, sono previsti 100 milioni per finanziare gli incentivi alle imprese.
Studiare meno, lavorare tutti.
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 25th, 2015 Riccardo Fucile
DOVEVA ROTTAMARE I PEGGIORI VIZI, HA FINITO PER PROTEGGERLI E DIVENTARNE CONNIVENTE
Ma Renzi se lo ricorda perchè è diventato Renzi? Lo sa o non lo sa perchè tanta gente s’è fidata e, in parte, continua a fidarsi di lui? Pensa davvero che sia perchè ha omaggiato la Confindustria della libertà di licenziare?
O perchè vuole riempire il nuovo Senato di consiglieri regionali e di sindaci mai eletti per fare i senatori e la nuova Camera di portaborse e sottopancia nominati dai segretari di partito?
Forse un ripassino delle famose Leopolde, specie le prime, quand’era solo sindaco, gli gioverebbe.
Sentirebbe il professor Luigi Zingales dire, nel 2011: “L’Italia è governata dai peggiori: l’80% dei manager dichiara che la prima strada per il successo è la conoscenza di una persona importante, poi ci sono lealtà e obbedienza, la competenza è solo quinta”.
E sentirebbe se stesso ribadire: “Noi vogliamo un’Italia fondata sul merito, sulla conoscenza e non sulle conoscenze”.
Lupi s’è dimesso perchè suo figlio aveva trovato un paio di lavori grazie alle conoscenze del padre.
Ma poi s’è scoperto che i suoi vice Nencini e Del Basso de Caro sono lì grazie a Incalza: siccome, per legge, li ha nominati il premier, perchè non li rimuove?
Poi ci sono i sottosegretari indagati: lo stesso Del Basso, Faraone, Barracciu, De Filippo e Castiglione.
Il quinto è dell’Ncd ed è inquisito da poco. Ma i primi quattro sono del Pd ed erano già indagati (peculato per presunto uso privato di rimborsi pubblici) quando Renzi li nominò. Almeno per loro, non se la può cavare — come ha fatto l’altroieri — invocando “il garantismo” e “il principio di Montesquieu: se consentiamo di stabilire un nesso tra avviso di garanzia e dimissioni diamo per buono il principio per cui qualsiasi giudice può iniziare un’indagine e decidere sul potere esecutivo”.
Il garantismo nonc’entra nulla: è il diritto di ogni imputato di difendersi con tutte le garanzie nel processo, non certo di entrare nel governo.
I governanti non devono avere pendenze giudiziarie in base ai principi di precauzione e di opportunità , per evitare tre pericoli: che un possibile autore di reati maneggi denaro pubblico commettendone altri; che un esponente dell’esecutivo venga poi condannato, mettendo in imbarazzo il suo governo; che nella PA si diffonda l’impressione che il peculato e l’abuso sono infortuni sul lavoro, quindi pazienza.
Il povero Montesquieu c’entrerebbe qualcosa se qualcuno avesse detto che i cinque sono colpevoli e devono andare in galera: noi abbiamo soltanto scritto che possono accontentarsi di restare in Parlamento, lautamente pagati da noi.
Anche perchè il contributo dei suddetti al governo del Paese non rifulge di particolare luminosità .
Chiunque abbia sentito parlare Davide Faraone, al pensiero che sia sottosegretario all’Istruzione prova un senso di umana pietà per gli insegnanti, gli studenti, i prèsidi, i genitori e i bidelli.
Ieri Francesca Barracciu ha voluto darci un saggio del suo eloquio in un misterioso idioma non indoeuropeo che rende tragicomico il suo incarico di sottosegretario ai Beni Culturali.
Rispondendo ad Alessandro Gassmann, che le aveva chiesto gentilmente di sloggiare dalla “poltrona pagata da noi” finchè non avrà risolto i suoi impicci con la giustizia, la Barracciu ha risposto testualmente: “Lei intanto che impara fare attore, può evitare far pagare biglietto cinema per i suoi ‘film’?”.
Dal che, congiuntivi a parte, non si comprende chi obblighi la Barracciu a pagare il biglietto dei film di Gassmann.
Se non perchè è indagata, Renzi potrebbe rimuoverla almeno per come scrive.
Poi ci sarebbe il ministro dell’Interno Alfano, che a parte il fatto di essere Alfano e di aver combinato tutto quel che già sappiamo, ha appena sostenuto che una legge sulle pensioni di reversibilità per le coppie gay ci costerebbe “circa 40 miliardi di euro”. Vaccata sesquipedale: il costo sarebbe mille volte più basso (44 milioni a regime nel 2027, solo 1 milione nel 2016).
Perchè la sicurezza degli italiani dev’essere affidata a questo allocco?
Ecco, chi sperava in Renzi questo chiedeva: che desse finalmente cittadinanza anche in Italia all’articolo 6 della Dèclaration della Rivoluzione francese: “I cittadini sono ugualmente ammissibili a tutti gli incarichi e impieghi pubblici, senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti”.
Di recente Michele Ainis ricordava sul Corriere al Pd l’elezione al Csm di una tizia priva dei titoli, infatti subito decaduta.
L’ultimo bando per il direttore del Museo egizio di Torino non cita l’egittologia fra le competenze richieste, e per chi gestisce gli scavi di Pompei l’archeologia è un optional.
Il governatore lombardo Maroni ha nominato presidente di Lombardia Informatica un esperto di antifurti.
E da tre anni il Garante della privacy è un dermatologo: il pd Antonello Soro.
Nel governo Renzi — notava Ainis — “c’è (c’era, ndr) una farmacista agli Affari regionali, un’imprenditrice della moda sottosegretario all’Istruzione, un laureato in Lettere viceministro dell’Agricoltura.
Ma la stessa laurea è un optional: alla Camera non è laureato il presidente della commissione Trasporti, al Senato quelli delle commissioni Finanze e Sanità .
E la commissione Ambiente è presieduta da un odontoiatra”.
Le pendenze penali, poi, non sono un handicap ma fanno curriculum.
Anche nell’Italia di Renzi, il sistema di selezione delle classi dirigenti rimane quello di Mel Brooks in Mezzogiorno e mezzo di fuoco: il cattivo che deve arruolare una sporca dozzina interroga i curricula dei candidati: “Precedenti penali?”. Il primo risponde: “Stupro, assassinio, incendio doloso, stupro”. E lui: “Hai detto due volte stupro”. “Sì, ma mi piace tanto lo stupro!”. “Ottimo, firma qua. Avanti il prossimo… Precedenti penali?”. “Atti di libidine in luogo pubblico”. “Non è mica tanto grave”. “Sì, ma in una chiesa metodista!”. “Ah carino! Arruolato, firma qua!”.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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