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UN AGENTE: “POTEVAMO FERMARLI, MA UN FUNZIONARIO CI HA DETTO NO”

Maggio 4th, 2015 Riccardo Fucile

LA CONFERMA ALLA NOSTRA TESI: A QUALCUNO FACEVA COMODO COSI’

“Ci sono stati dei momenti in cui tutti noi sapevamo che si potevano prendere, fermare. Ma il funzionario ha detto no. Era un ordine e noi agli ordini dobbiamo obbedire. Ci sono alcuni funzionari che i gradi sembrano averli vinti con i punti delle merendine”.
Così un agente di polizia, in servizio a Milano il primo maggio, in un’intervista a Qn, sulle devastazioni avvenute nel giorno del’inaugurazione dell’Expo.
“A un certo punto li avevamo chiusi in una piazza. In quel momento i black bloc si potevano bloccare, se ne potevano fermare parecchi. Bastava spostare un pò di uomini e si potevano chiudere del tutto. È vero che avremmo sguarnito il presidio verso la Scala, ma si poteva ridislocare solo una parte degli agenti”, racconta l’uomo, osservando che “già  dalla vigilia si sapeva che l’orientamento era di evitare il contatto a tutti i costi”.
“Fa rabbia vedere la gente che piange perchè ha il negozio distrutto. La gente che ti chiede perchè non li hai fermati”, commenta l’agente.
“Veniamo addestrati per fare queste cose, ma se poi non le dobbiamo fare perchè ci addestriamo?”.
E per il capo del sindacato autonomo di Polizia, Gianni Tonelli, agli agenti sarebbe stato anche impedito di arrestare un folto gruppo di devastatori. “Ho parlato con i colleghi in prima linea e con altri rimasti feriti e mi hanno detto che , nonostante si siano trovati in condizione eccellente per potere arrestare un numero cospicuo di persone, un centinaio, è stato loro impedito”.
E’ la conferma alla nstra tesi: che a qualcuno faceva conodo, per convenienza politica, che i blck bloc sfasciassero Milano.

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VOTO SEGRETO E AVENTINO, LETTA GUIDA I RIBELLI DEL PD

Maggio 4th, 2015 Riccardo Fucile

DISSIDENTI DEM TRA NO E ASTENSIONE… M5S, FORZA ITALIA E SEL ORIENTATI A USCIRE

La strada è spianata, l’Italicum diventerà  legge questa sera.
Matteo Renzi ha dormito sonni tranquilli, anche l’ultimo pallottoliere riserverà  pochi brividi sui numeri.
Le uniche incognite sono legate a quanti deputati della minoranza pd si spingeranno fino al voto contrario (sulla carta sarebbero tra 80 e 90, ma solo 38 hanno negato la fiducia nei giorni scorsi) e quale atteggiamento terranno le opposizioni.
Chiederanno o meno il voto segreto? Usciranno o no dall’aula?
I gruppi di Fi, Lega, M5s e Sel si riuniranno questa mattina per decidere appunto la strategia da seguire, per cercare di mettere quanto meno in difficoltà  il governo nell’atto finale.
Ma sono poco più di duecento deputati e ognuno la pensa in maniera difforme dall’altro. L’ipotesi più probabile, raccontavano ieri sera dai vertici del gruppo forzista, il più consistente coi suoi 70 componenti, è che venga confermata la richiesta del voto segreto, accompagnata però dall’abbandono dell’aula in serata quando si voterà  la legge.
Lo scopo è mettere a nudo le contraddizioni interne al Pd: consentire alla minoranza di prendere le distanze nel segreto dell’urna, nella speranza di veder lievitare i 38 dissidenti dem fino a 50 o addirittura 60.
Ma l’auspicio di Brunetta e altri di costringere Renzi ad approvarsi l’Italicum con una maggioranza che non raggiunga la soglia minima di 316 (la metà  più uno dell’aula) è un miraggio.
Intanto, perchè non è detto che quei 38 che non hanno votato la fiducia si spingano tutti fino al voto contrario contro. E poi, perchè i numeri dicono altro: nella votazione da prendere come riferimento, anche perchè la più partecipata, quella della prima fiducia di mercoledì scorso sull’articolo 1 dell’Italicum, sui 393 su cui può contare la maggioranza (comprensiva di Ncd), a votare sì sono stati in 352, i 38 dissidenti pd hanno preferito uscire dall’aula. I no sono stati 207 e un astenuto.
Probabile che lo schema si ripeta. Anche la minoranza pd questa mattinata si riunirà  per decidere che fare e allora — è la stima — altri dieci o venti di loro potrebbero decidere di non votare (o votare contro).
In quel caso i favorevoli scenderebbero a 340, magari 330. Ma è giusto un’ipotesi. Anche perchè Pier Luigi Bersani ha rimandato a stamattina appunto la scelta definitiva. Così anche Rosy Bindi, Guglielmo Epifani.
Lo stesso Gianni Cuperlo, ieri alla Festa dell’Unità  di Bologna si è limitato a escludere il suo voto favorevole, non altro: «Ma tutto avverrà  alla luce del sole, nessun agguato», promette.
Stefano Fassina invece voterà  contro e a sorpresa anche Enrico Letta.
Intervistato dall’Annunziato a “In 1/2ora”, l’ex premier sostiene che l’Italicum è «parente stretto del Porcellum » e lui voterà  no, «perchè non condivido il metodo, il percorso e i contenuti: nel 2015 criticammo duramente Berlusconi per come si arrivò al Porcellum a colpi di maggioranzae oggi è stato fatto lo stesso».
Un altro duro oppositore interno come Alfredo D’Attorre prevede che «l’orientamento prevalente » tra chi non ha votato come lui la fiducia è quello di «votare contro il provvedimento ».
Ma l’area riformista è composta anche da Dario Ginefra che invece vota a favore nella speranza, dice, che poi il governo accetti di rivedere la riforma costituzionale al Senato.
Silvio Berlusconi, interessato poco o nulla all’Italicum, intenzionato però al referendum abrogativo, dà  già  per scontato il sistema che porterà  al ballottaggio tra le prime due liste.
Tanto che in una telefonata ai militanti di Taranto conferma il desiderio di lanciare i repubblicani in stile Usa: «Votare questo o quel partitino è una cosa di una stupidità  inarrivabile, dobbiamo contrapporre una grande destra moderata a una sinistra che ha saputo raccogliersi dentro il Partito democratico ».
La grande incognita resta la Lega di Salvini per nulla attratta dal listone unico, perchè senza quella sarà  assai difficile raggiungere il ballottaggio e sfidare i dem di Renzi.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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RENZI, DENTRO I FISCHI, FUORI LE MANGANELLATE: DUEMILA A SENTIRLO A BOLOGNA, MILLE A FISCHIARLO

Maggio 4th, 2015 Riccardo Fucile

IL PREMIER CONTESTATO ALLA FESTA DELL’UNITA’… I BLACK BLOC LIBERI DI SFASCIARE, L’INSEGNANTE SI PUO’   MANGANELLARE

“Bello, bello, son le cose che ci piacciono”. Dopo l’incontro con i volontari della Festa dell’Unità  di Bologna, Matteo Renzi la mette così.
Durante il comizio l’hanno contestato, come non era mai successo. Ma lui non si scompone: “Erano partiti che non volevano farmi parlare. Sono andato avanti e alla fine si sono azzittiti. E le cose gliele ho dette. I 3 miliardi sulla scuola, le assunzioni. A urlare sono quelli rimasti fuori”, commenta, riferendosi ai precari delle scuola che lo hanno fischiato.
Intorno c’è chi gli urla “Vattene” e chi lo incoraggia “Non mollare”. Ma lui insiste con il bicchiere mezzo pieno: “C’è un bel clima, bella gente. Son contento”.
Atmosfera tesa, ieri a Bologna.
All’entrata della Festa (quella delle esclusioni illustri, Bersani in testa, e le contestazioni ai ministri Giannini e Poletti), le forze dell’ordine sono in tenuta anti-sommossa. Gli attivisti dei centri sociali bolognesi, tra cui i collettivi Tpo e Hobo, insieme ad alcuni studenti universitari hanno organizzato un corteo, partito dalla stazione.
E una quarantina di precari dell’istruzione manifestano con cucchiai e pentole. Dentro, il clima è moscio, le presenze scarse: duemila persone. Non ci sono pulmann di partito.
Della minoranza, c’è solo Gianni Cuperlo. “Domani decideremo insieme agli altri se non partecipare alla votazione sull’Italicum o esprimere voto contrario”, spiega.
Sul piede di guerra, ma neanche troppo. Accanto a lui, un gruppetto di anziani militanti grida contro i contestatori: “Vergogna, vergogna. Siete terroristi! In 30-40 persone non possono bloccare un Paese. Votassero punto e basta. E se ne andassero”, urla Fiorenzo di Forlì, un passato comunista.
Dal palco Renzi accoglie Cuperlo: “Questa è casa tua”. E annunciando la riapertura dell’Unità  entro la “festa di Milano” (prevista a fine agosto) va oltre: “Stiamo vedendo con Cuperlo alcune idee bislacche per l’Unità ”.
I rumors già  vogliono il deputato direttore. Alla fine magari non andrà  così. Ma coinvolgerlo nel progetto è in pieno stile Renzi: includere per disinnescare.
Il futuro è un’ipotesi. Il presente racconta una giornata difficile, tesa, arrabbiata.
Sono circa le 15 e 30 e manca mezz’ora all’arrivo di Renzi, quando le contestazioni iniziano in piena regola.
I carabinieri chiudono l’entrata principale del Parco della Montagnola, i manifestanti (un centinaio), provano a forzare il blocco. Lanci di uova. Muro umano contro muro umano, poi se ne vanno.
Non senza lasciare il cartello. “Precari e disoccupati. Figli di papà  Renzi”.
“È una giornata spenta, come è spento l’animo degli italiani”, dentro Gianni, napoletano, che ha un banco alla festa e si definisce “emigrante”, descrive così l’atmosfera.
“Ma sono venuto a dire a Renzi che deve schiacciare la testa degli elefanti del partito”. Dieci minuti e il premier arriva. Gianni gli urla la sua posizione. Lui la coglie: “Io non schiaccio la testa a nessuno, ma non mollo”.
Tra un selfie e un altro, qualcuno gli chiede com’è andata la pace con Prodi. Lui non dice nulla, annuisce. Ieri mattina a Marghera, aprendo la manifestazione Aquae, collaterale all’Expo ha ringraziato il Professore per il ruolo svolto per far ottenere all’Italia l’esposizione universale.
Quando arriva a Bologna, fuori scoppia il caos: il corteo prova a sfondare il cordone di protezione, la polizia carica. Si fa male qualcuno, una donna di 60 anni (estranea ai collettivi) finisce in ospedale con un braccio fratturato.
Mentre le foto di una ragazza manganellata, con il viso coperto di sangue, fanno il giro della Rete. Verrà  dimessa poche ore dopo, così come l’altro ferito, un ragazzo di 21 anni.
Dentro, appena Renzi inizia a parlare, scattano i fischi.
C’è un piccolo gruppo di precari della scuola, nelle prime file. Ma i fischi si diffondono per tutta la platea: a un certo punto, una metà  applaude entusiasta, una metà  fischia.
Renzi alza la voce, ingaggia un vero corpo a corpo con chi lo contesta. “Non mi faccio spaventare da tre fischi. Non molleremo. Abbiamo il compito di cambiare l’Italia e la cambieremo”, declama.
Loro fischiano, lui urla. “Non è con un fischietto in bocca che migliorerete il futuro dei vostri figli”. Li sfida: “La mia maestra, Elda, è stata una staffetta partigiana e mi ha insegnato che la prima libertà  è quella di poter esprimere le proprie idee. Sono figlio di insegnanti, mia moglie è un’insegnante, i miei nonni erano insegnanti, i miei suoceri erano insegnanti”.
A un certo punto sembra che la rabbia prenda il sopravvento.
Tanti fischi, tutti insieme, durante un comizio, Renzi non li aveva mai presi: “Se il ddl la buona scuola passa 100mila insegnanti entreranno, se non passa continuerete a fischiare. Questa è la differenza”.
E ancora: “La legge si può cambiare, discutiamone”.
La contestazione lentamente si spegne. Lui chiude il comizio, spingendo sull’Italia che ci crede. Sventola persino una bandiera del Pd.
Poi incontra un gruppetto di precari. Discussione punto su punto.
Ma quando esce, ancora gli urlano contro.

Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)

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ITALIA QUARTA PER DISOCCUPATI DI LUNGA DURATA: CRESCE LA FORBICE TRA RICCHI E POVERI

Maggio 4th, 2015 Riccardo Fucile

OCSE: LA CRISI HA FATTO CROLLARE IL RISPARMIO, IL GETTITO FISCALE E’ DOPPIO RISPETTO ALLA MEDIA

Disoccupati che faticano a rientrare nel giro del lavoro, crisi che bastona sul reddito e forbice tra chi sta bene e male che si amplia.
Non è rosea la foto che l’Ocse ha scattato all’Italia.
Senza lavoro.
L’Italia è il quarto paese dell’area Ocse per percentuale di disoccupati di lunga durata (ovvero, persone che non lavorano da un anno o più) sul totale dei senza lavoro.
Lo si apprende dal rapporto dedicato all’Italia e rientrante nella serie ‘Oecd360’, che riguarda con volumi monografici le varie economia dell’area.
Dal 2007 al 2013 la quota di disoccupati di lunga durata sul totale dei disoccupati è salita nel nostro Paese dal 45% a quasi il 60%, una percentuale superata solo da Irlanda, Grecia e Slovacchia, fanalino di coda con un dato superiore al 70%.
Dall’altro lato della classifica si trova la Corea del Sud, dove il fenomeno della disoccupazione di lunga durata sarebbe, secondo i dati, pressochè inesistente.
Tasse.
In Italia il gettito fiscale al 2011 risulta pari a 950 miliardi di dollari circa ai valori correnti, oltre il doppio della media Ocse, pari a poco più di 400 miliardi di dollari.
Nel gettito fiscale italiano la voce prevalente è costituita dai contributi per la previdenza sociale (31,2%), seguita dalle imposte sul reddito e sui profitti (26,8%) e dalle imposte su beni e servizi (26,1%), che sono invece la principale fonte di gettito nella media Ocse, con il 32,9% (seguono i contributi per la previdenza sociale al 26,2% e le imposte sul reddito e sui profitti al 24,4%).
Ricchi e poveri.
Nonostante un reddito medio disponibile corretto pro capite delle famiglie, pari a 24.724 dollari all’anno, sia superiore alla media Ocse (23.938 dollari l’anno), in Italia “c’è un notevole divario tra i più ricchi e i più poveri”, dice il rapporto. “Il 20% più ricco della popolazione”, si legge nel rapporto, “guadagna quasi sei volte di più del 20% più povero”.
Famiglie.
Nel 2012 il debito delle famiglie italiane è salito al 94,2% del reddito disponibile, una drastica impennata rispetto al 2000, quando il dato si attestava poco al di sotto del 60%. In contemporanea, aggiunge l’organizzazione di Parigi, si è assistito a un forte calo del risparmio delle famiglie, sceso al 3,6% del reddito disponibile nel 2012, contro il 10% circa del 2006.
Vita-lavoro.
Le donne italiane hanno difficoltà  nel conciliare famiglia e lavoro, osserva l’Ocse. “Il 58% della popolazione italiana tra i 15 e i 64 anni ha un lavoro retribuito, dato inferiore alla media Ocse del 65%”, si legge nel rapporto, “gli uomini occupati sono circa il 68%, mentre le donne il 48%; questa differenza indica che le donne hanno difficoltà  a conciliare il lavoro e la famiglia”.

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ABBIAMO 12 MILIARDI DELLA UE: O LI SPENDIAMO NEL 2015 O LI PERDEREMO

Maggio 4th, 2015 Riccardo Fucile

FONDI COMUNITARI: UTILIZZATI SOLO 35 MILIARDI SUI 47 A DISPOSIZIONE

L’Italia ha utilizzato 35,4 miliardi di euro dei 47,3 messi a disposizione dai Fondi strutturali, pertanto, dobbiamo ancora utilizzare 12 miliardi di euro da spendere entro dicembre 2015.
Lo rileva la Cgia di Mestre. La maggior parte di questi 47,3 miliardi di euro arriva dall’Europa e fanno parte della Programmazione 2007-2013.
Inoltre, si segnala che l’incidenza dei finanziamenti utilizzati fino ad ora sul totale dei contributi assegnati, che include anche il cofinanziamento nazionale, ha raggiunto il 74,8 per cento.
“Per non perdere 12 miliardi di fondi europei e nazionali – segnala il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – dovremo spenderli e rendicontarli entro la fine del 2015, scadenza che difficilmente l’Ue prorogherà . Alla luce del fatto che nel 2013 abbiamo rendicontato 5,7 miliardi e nel 2014 attorno ai 7,5, appare difficile che nei pochi mesi che rimangono alla fine di quest’anno riusciremo a spendere e a contabilizzare tutta questa dozzina di miliardi”.
L’elaborazione della Cgia, comunque, è proseguita analizzando il contributo finanziario netto allo sviluppo di tutti i paesi dell’Ue.
Nel periodo 2007-2013, l’Italia, ad esempio, ha versato a Bruxelles 109,7 miliardi di euro e ne ha ricevuti, attraverso i programmi comunitari, 71,8.
“Nel rapporto dare/avere con l’Ue – conclude Bortolussi – in questo settennato abbiamo registrato un saldo negativo di 37,8 miliardi di euro. Dopo la Germania, il Regno Unito e la Francia, siamo il quarto contribuente netto a garantire l’azione dell’Unione. Se, invece, prendiamo come parametro di riferimento il dato pro-capite, sono i paesi nordici a guidare la graduatoria, mentre l’Italia scivola all’undicesimo posto, con uno sforzo economico per residente pari a soli 623 euro”.
Analizzando la differenza assoluta tra le risorse versate all’Unione e quelle accreditate a ciascun Stato dell’Ue tra il 2007 e il 2013, il maggior contributore è la Germania, con 83,5 miliardi di euro.
Seguono il Regno Unito, con 48,8 miliardi, la Francia, con 46,5 miliardi e l’Italia con 37,8.
Se, invece, prendiamo come termine di raffronto il dato pro-capite, il maggior sostenitore dell’Ue è il Belgio, con 1.714 euro.
Immediatamente dopo scorgiamo i Paesi Bassi (1.569 euro), la Danimarca (1.346 euro), la Svezia (1.195 euro), la Germania (1.034 euro), il Lussemburgo (997 euro), il Regno Unito (759 euro), la Francia (707 euro), la Finlandia (689 euro), l’Austria (674 euro), l’Italia (623 euro) e Cipro (197 euro).
Tutti gli altri 17 Paesi, invece, sono percettori netti, ovverosia hanno ottenuto più di quanto hanno versato a Bruxelles.
Uno spagnolo, ad esempio, ha ricevuto 355 euro, un polacco 1.522 euro, un portoghese 2.100 euro e un greco 2.960 euro.

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