Giugno 27th, 2015 Riccardo Fucile
GLI EFFETTI DELLE INCHIESTE E I TIMORI NELLA MAGGIORANZA PER UNA “RESA DEI CONTI”
Così come l’inchiesta della Procura romana su Mafia Capitale ha sottratto voti a Renzi alle Amministrative, le inchieste di altre Procure sul territorio nazionale stanno decimando la sua maggioranza in Parlamento.
È un dato numerico e anche politico.
L’indagine in Calabria su presunti «rimborsi truffa» alla Regione, risalenti a tre anni fa, si è conclusa ieri con la richiesta di arresto per il senatore Bilardi di Ncd.
Come di Ncd è il senatore Azzollini, per il quale la Procura di Trani ha già chiesto lo stesso trattamento.
«Non mi sembra un caso», commenta il democristiano Rotondi, che dai banchi dell’opposizione ricompone gli spezzoni di un film a cui ha già assistito ai tempi della Prima e della Seconda Repubblica: «La verità è che la magistratura sta accerchiando Renzi, mirando a quel ramo del Parlamento dove la maggioranza di governo regge per pochi voti. Si chiama golpe, ma non lo si può dire».
E infatti nessuno lo dice, sebbene tutti ci girino attorno con la prudenza che la politica (e il momento) impone.
Ma è chiaro a cosa alluda il centrista Cicchitto sostenendo che «sembra di stare come a Dresda, sotto i bombardamenti. E se il Partito democratico non si rende conto che il processo di destrutturazione della maggioranza, pezzo per pezzo, non avviene per dissenso politico ma per inusitati interventi giudiziari, vuol dire che non ha capito la realtà che lo circonda. E chi è davvero nel mirino».
Nel Pd l’hanno capito, bastava sentire ieri la confidenza fatta dal responsabile giustizia Ermini a un compagno di partito: «Girano intorno… Ma la cosa davvero intollerabile è il tentativo di associare l’illegalità al governo».
Perchè i dem di tendenza renziana distinguono tra quei «ladri di democrazia che andrebbero presi a calci nel sedere» e l’uso «esagerato» dello strumento di custodia cautelare.
Con tutto ciò che politicamente ne consegue.
Il leader del Pd se lo aspettava, «mi aspetto una reazione», disse infatti ad Alfano tempo addietro, durante un incontro a Palazzo Chigi: «Tenteranno la resa dei conti».
E i conti al Nazareno li hanno tenuti: tra sentenze della Consulta, atti dei Tribunali amministrativi e inchieste delle Procure, la lista è così lunga che non viene più indicata sotto la voce «coincidenze».
«È partita la caccia al Royal baby», ha scritto sul Foglio Ferrara, riferendosi al premier: «L’aria a questo punto si fa pesante».
E non a caso l’«elefantino», dopo essersi soffermato sui nodi economici, ha accennato anche alla necessità di «arginare il partito dei manettari». Perchè il clima evoca un passato che in fondo non è mai passato.
Allora come oggi gli umori del Paese si riversano anche nel Palazzo, dove vengono lasciati tracimare in atti «che a mia memoria mai prima di oggi si erano visti in Parlamento, con le tribune del pubblico piene di persone che – ammiccando a senatori in Aula – urlavano insulti gravi e volgari, senza che venisse disposto un loro immediato allontanamento».
Sono brani della lettera – riferita dall’Agi – con la quale il capogruppo dei senatori pd Zanda accusa il presidente di Palazzo Madama Grasso di non essere intervenuto per far cessare «le numerose, vistose e intollerabili violazioni del Regolamento» avvenute giovedì nell’emiciclo.
E il fatto che gli episodi si siano verificati durante il voto di fiducia sulla riforma della scuola, rappresenta solo un dettaglio.
«Mi aspetto una reazione», disse Renzi, che a sua volta è pronto a reagire.
Intanto, per lanciare un segnale al Paese, d’intesa con il ministro dell’Interno ha sospeso subito De Luca – appena eletto presidente della Regione in Campania – senza cambiare le norme della Severino.
E siccome le leggi offrono anche gli strumenti per respingere in Parlamento delle richieste di arresto, nessuno in quel caso potrebbe fargli velo.
Ma è chiaro che il premier non può giocare solo sulla difensiva. Nè pare intenzionato a farlo, da quel che ha anticipato al suo partito: la prossima settimana infatti intende chiedere al Senato di votare la riforma della Costituzione prima della pausa estiva.
Se questo fosse il timing, vorrebbe dire che Renzi ha chiuso un patto politico con Alfano, e che i partiti di governo l’anno prossimo si presenterebbero uniti davanti al corpo elettorale per il giudizio sul referendum che cambia il sistema costituzionale. «Aspettiamoci la reazione».
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 27th, 2015 Riccardo Fucile
SANZIONI PENALI PER CHI EVADE L’IVA: IMPORTO ALZATO DA 50.000 A 250.000 EURO… DA 50.000 A 150.000 PER DICHIARAZIONE INFEDELE
Maglie più larghe per gli evasori, sanzioni meno pesanti per chi nasconde al fisco meno del 3% del
dovuto, multe ridotte per i contribuenti che non presentano la dichiarazione dei redditi ma rimediano entro un anno, più spazio alla mediazione per ridurre i contenziosi con le Entrate. Secondo il premier Matteo Renzi, i cinque decreti attuativi della delega fiscale varati venerdì in extremis dal Consiglio dei ministri sono “un passo gigantesco per la semplificazione”.
E per il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan fanno “chiarezza sui limiti per i reati come la frode distinguendoli dai reati minori e modulando le sanzioni in modo da rispettare il principio di proporzionalità ”.
Ma la modulazione si traduce appunto, in molti casi, in un salvacondotto per comportamenti fraudolenti.
Arriva poi una soluzione per l’impasse determinato dalla sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittima l’attribuzione di incarichi dirigenziali a 800 funzionari delle Entrate: per regolarizzare la loro posizione verrà bandito un concorso pubblico per soli esami.
Ma ci vorrà tempo e nel frattempo sui loro atti incombe il rischio della decadenza: la Commissione tributaria della Lombardia ha ribadito nei giorni scorsi che gli avvisi di accertamento da loro firmati sono invalidi con effetto retroattivo.
A prevedere un allargamento delle maglie è in particolare la norma attuativa che riforma il sistema sanzionatorio in materia fiscale.
Si tratta dello stesso decreto che finì sul tavolo del consiglio dei ministri la vigilia di Natale del 2014 ma fu poi bloccato e ritirato dopo le polemiche sul famigerato articolo “salva Berlusconi“, quello che escludeva la punibilità della frode se le cifre in ballo sono inferiori al 3% dell’imponibile dichiarato.
La nuova versione, come annunciato dal premier Matteo Renzi, non contiene più quel comma. In compenso però depenalizza con ancora più generosità alcune tipologie di evasione. L’omesso versamento Iva sarà punibile per esempio solo se l’imposta evasa supera i 250mila euro, cinque volte il limite attuale che è di 50mila.
Al di sotto di quella soglia, solo sanzioni amministrative.
Nel testo originario il tetto era più basso, 200mila euro.
Confermato poi l’innalzamento di tre volte, da 50mila a 150mila euro, della soglia di non punibilità per la dichiarazione infedele.
Reato (punito con il carcere fino a tre anni) che scatterà comunque se l’imponibile evaso supera i 3 milioni, contro i 2 milioni precedenti.
Non solo: chi porta in deduzione costi che non potrebbero essere detratti, riducendo così in modo indebito l’ammontare dovuto, non sarà punibile penalmente.
L’altro delitto per cui è previsto un ritocco a favore del colpevole è la frode fiscale: per finire in carcere occorrerà poi non dichiarare più di 1,5 milioni di euro, mentre oggi ne basta uno. L’unica misura pro-evasori che scompare del tutto rispetto alla prima stesura è la non punibilità per chi emette false fatture sotto i mille euro, punita con la reclusione da 18 mesi a 6 anni.
L’omessa presentazione della dichiarazione scatterà solo se l’imposta evasa è superiore ai 50mila euro, non più 30mila come ora.
E il contribuente che non l’ha consegnata entro i termini avrà un anno per farlo, pagando metà della sanzione base. Un bel risparmio, considerato che attualmente basta un ritardo di 90 giorni per vedersi applicare una sanzione del 100%.
Se poi il fisco scopre una inadempienza “lieve”, cioè pari a meno del 3% della maggiore imposta accertata, in nome della proporzionalità la multa sarà ridotta di un terzo.
Viene ridotto dall’8 al 6% l’aggio che Equitalia incassa come compenso per l’attività di riscossione
Per ridurre il contenzioso tributario si dà ai contribuenti la possibilità di ricorrere alla mediazione per tutte le controversie con il fisco (anche quelle con gli enti locali e le controversie catastali) e non più solo per gli atti dell’Agenzia delle Entrate con valore superiore ai 20mila euro.
Lo strumento della conciliazione si applicherà poi anche al giudizio di appello.
Fino ad ora riguardava solo le cause di primo grado.
Il decreto sulla semplificazione delle norme in materia di riscossione, infine, estende la possibilità di accedere al pagamento delle tasse a rate: basterà una semplice richiesta del contribuente che dichiari di essere in condizioni di temporanea difficoltà .
In più chi è decaduto dal beneficio perchè moroso potrà rientrare in gioco pagando cinque delle rate arretrate.
Viene poi ridotto dall’8 al 6% il controverso aggio che Equitalia incassa come compenso per l’attività di riscossione.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 27th, 2015 Riccardo Fucile
ORA SI ASPETTA LA PROSSIMA MOSSA, LA VIA D’USCITA DIPENDE DAI TEMPI DI NOTIFICA DEL DECRETO DEL GOVERNO
Ed ora? Ed ora cosa succede, dopo che Matteo Renzi ha buttato la palla nel campo di Vincenzo De Luca, sospendendo il condannato per abuso d’ufficio da Governatore della Campania come previsto dalla legge Severino, invece di apparecchiare il decreto ad personam che gli avrebbe consentito di nominare vice e giunta senza affanni, recependo il parere dell’Avvocatura dello Stato?
Si aprono scenari inediti. Si scrive a tentoni la giurisprudenza sulla pelle della Campania. E dello stesso De Luca, lasciato solo da Renzi sul più bello.
Ricapitoliamo.
Il decreto di sospensione del premier è un atto recettizio e va notificato anche al consiglio regionale della Campania.
Consiglio che dovrebbe riunirsi lunedì mattina alle 10 con quattro punti all’ordine del giorno: presa d’atto della proclamazione dei consiglieri, elezione del presidente dell’assemblea regionale campana, elezione dell’ufficio di presidenza, esposizione del programma di governo da parte del presidente della giunta regionale (ovvero De Luca) e discussione.
L’ultimo punto è quello che più interessa.
Secondo lo Statuto della Campania, De Luca può nominare vice ed assessori soltanto dopo aver esposto in aula le linee programmatiche. Ma potrà entrare in aula per fare questo?
In queste ore gli avvocati del M5S Oreste Agosto e Stefania Marchese stanno scrivendo una diffida al prefetto di Napoli Gerarda Maria Pantalone affinchè notifichi immediatamente la sospensione a De Luca e all’assemblea regionale.
Ovviamente il prefetto potrà notificare l’atto soltanto dopo averlo ricevuto dal governo.
Primo scenario. De Luca viene raggiunto dalla notifica della sospensione prima di lunedì mattina. A quel punto ha davanti a se due opzioni.
La prima: non va in aula ma, forte del parere dell’Avvocatura dello Stato secondo cui la sospensione non può tramutarsi in una ineleggibilità di fatto e non può condurre alla paralisi della Regione e alla decadenza del consiglio regionale, parere citato da Renzi in conferenza stampa mentre annunciava la sospensione (“saranno contenti quelli del Fatto Quotidiano”), nomina comunque il vice presidente, quasi certamente l’amico e sodale deputato Pd Fulvio Bonavitacola, e otto assessori, tra cui quattro donne.
Lo fa però con un atto a rischio impugnazione davanti al Tar perchè viola lo statuto regionale.
La seconda opzione: De Luca non nomina la giunta, fa rinviare il consiglio regionale fissato per lunedì (o almeno ne fa rinviare l’ultimo punto in discussione) e ricorre immediatamente alla magistratura civile per chiedere un provvedimento d’urgenza ex articolo 700, ovvero la sospensiva della sospensione, già ottenuta per un caso molto simile al suo dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris giovedì scorso.
Ha ottime possibilità di ottenere un provvedimento favorevole e in tempi rapidi, forse rapidissimi.
Il giudice competente, la Prima Sezione Civile di Napoli, è infatti lo stesso del caso de Magistris. Difficilmente smentirà se stesso.
Ottenuto il via libera, si riconvoca il consiglio regionale e si va avanti sereni e con la testa sgombra dai pensieri almeno fino al 20 ottobre, data in cui la Consulta dipanerà la matassa sulla costituzionalità o meno delle parti della legge Severino che interessano De Luca (e de Magistris).
Secondo scenario.
Il decreto di Renzi non raggiunge i destinatari prima di lunedì mattina. In quel caso i 51 consiglieri regionali, De Luca compreso, andranno in aula come se niente fosse, o consapevoli dell’inevitabile sospensione in arrivo?
In effetti, a quel punto, nulla vieterebbe a De Luca di esporre il programma e procedere alla formazione della giunta. E poi ricorrere al Tribunale civile soltanto dopo la notifica della sospensione.
Ma con vice già nominato e pronto a prenderne il posto in attesa dei tempi e degli esiti del ricorso.
La ‘retroattività ‘ degli effetti sospensione, tema sollevato dall’avvocato Gianluigi Pellegrino nella battaglia legale per l’applicazione immediata della Severino a de Magistris, verrebbe comunque sanata da un provvedimento favorevole del giudice civile. Provvedimento, ribadiamolo, molto probabile.
Se a sorpresa dovesse andare diversamente, correrebbe in soccorso a De Luca il parere dell’Avvocatura dello Stato. Che però, per l’appunto, è un parere. Non è una legge dello Stato.
Quella legge che gli stessi giuristi dell’Avvocatura suggerivano a Renzi.
Il premier però non se l’è sentita di procedere con una norma cucita addosso a un singolo caso.
Ha preferito evitare il rischio di una denuncia per abuso od omissione di atti di ufficio.
Ha buttato la palla nel campo di De Luca.
Nel campo del governatore che non può ancora governare. Smascherando quella che secondo l’azzurro Stefano Caldoro, il rivale sconfitto, è stata la grande bugia che ha inquinato la competizione in Campania: “Il decreto è la dimostrazione che De Luca ha imbrogliato i campani per tutta la campagna elettorale, imbastita sulla menzogna del ‘state tranquilli che su di me la Severino non si applicherà , ho avuto rassicurazioni da Renzi’, e abbiamo visto come è andata a finire. Renzi ha fatto un atto obbligatorio che provoca uno stato di caos istituzionale. In America chi mente viene eliminato dalla scena politica, in Campania chi ha imbrogliato sull’esercizio della democrazia vuole fare il Governatore”.
Poca sorpresa per il segretario del Pd di Napoli, Venanzio Carpentieri: “Il governo ha agito secondo le anticipazioni rese da Renzi nei giorni scorsi. Tempi noti e prevedibili. Ora De Luca farà ricorso”.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 27th, 2015 Riccardo Fucile
SECONDO IL FOGLIO IL GOVERNO LI STA PER INVIARE IN IRAQ… A KOBANE I CURDI RICONQUISTANO LA CITTA’
Trenta soldati delle forze speciali italiane in partenza la settimana prossima per il fronte più caldo
della guerra dell’Occidente all’Isis: Ramadi, Iraq.
È quanto rivela il Foglio che ha interpellato una fonte della Farnesina.
Scrive Daniele Raineri:
Si tratta di trenta incursori del Nono reggimento d’assalto Col Moschin e raggiungeranno un contingente di forze speciali americane in una nuova base militare creata a Taqaddum, tra Falluja e Ramadi – città entrambe controllate dallo Stato Islamico, la seconda è caduta a metà maggio. L’amministrazione Obama aveva chiesto al governo italiano ottanta operatori delle forze speciali nell’ambito di una nuova strategia contro lo Stato islamico, ma il governo ha optato per trenta. Mercoledì i militari sono passati al Ministero degli Esteri per ritirare trenta passaporti diplomatici, che consentiranno loro l’accesso al paese via Baghdad e anche l’immunità diplomatica in caso di complicazioni.
Secondo quanto rivela il Foglio, i soldati italiani non andrebbero in Iraq per ricoprire il ruolo di istruttori militari, ma opereranno “outside the wire”, fuori la base, “assieme alle forze speciali americane, all’esercito iracheno e anche assieme ai clan sunniti locali chiamati a prendere le armi (in teoria) contro lo Stato islamico”.
La base militare di Taqaddum si trova nella zona più calda del conflitto tra coalizione occidentale e i miliziani dell’Isis.
L’invio di trenta soldati che si vanno ad aggiungere agli altri uomini già presenti in Iraq è frutto della richiesta di Barack Obama di un impegno in prima linea del governo italiano.
I soldati italiani non sono mai stati inviati nella zona intorno a Ramadi, ma sempre impegnati nelle zone a nord, nell’area curda, per addestramento e forniture d’armi.
La Task Force 44 si trova invece a Baghdad da febbraio.
Ma il presidente degli Stati Uniti Obama è deciso nel voler recuperare la città di Ramadi ed è in questo disegno che si colloca l’invio di altri trenta soldati delle forze speciali italiane.
Intanto buone notizie arrivano dal fronte siriano.
Le milizie curde hanno ripreso il pieno controllo della città siriana di Kobane, assediata dall’Isis. Anche se ci sono ancora scontri a sud della città .
Lo ha riferito l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sottolineando che i jihadisti sunniti sono stati costretti a ritirarsi.
(da “Huffingtonpost”)
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