Agosto 4th, 2015 Riccardo Fucile
UN NAZARENO SULLA RAI: BATTAGLIA SULLA NOMINA DI ANTONELLA MANSI
È un Nazareno sulla Rai il prezzo per chiudere l’accordo sul presidente.
Soprattutto in piena discussione sulla riforma di viale Mazzini. Perchè Silvio Berlusconi si sente determinante. E, a vedere i numeri, lo è.
E Renzi, spiegano i suoi, non può permettersi di rinviare tutto a settembre. Già è molto pesante, a livello di immagine, lo “smacco” di aver rinnovato i vertici con quella legge Gasparri su cui pronunciava strali in tv fino a poco fa.
E pesante è pure lo smacco di un partito che si spacca sull’elezione dei membri del cda. E per colpa delle spaccature prende tre invece che quattro consiglieri.
Fosse per il premier, che ci metterà la testa rientrato dal Giappone, si chiuderebbe su Antonella Mansi, ex Mps, donna, espressione, col direttore generale in pectore Campo Dall’Orto, della Rai fiorentina.
Ma occorre “costruire” una maggioranza sulla Mansi. Questo è il tentativo in atto. Perchè Berlusconi, al momento, tiene alta la trattativa: “Nessuna fretta — sussurrano a palazzo Grazioli — è Renzi che ci perde la faccia, non noi”.
Non è un “no” secco, ma come un lupo che sente l’odore del sangue, dopo lo psicodramma del Pd sui nomi per il cda, l’ex premier gioca al rialzo: “Senza di noi, Renzi non riesce a eleggere il presidente. Ora deve mettere i piedi per terra e trattare. Noi, quando governavamo, indicammo Garimberti, mostri un uguale fair play”.
Per ora l’ex premier chiede “un nome di garanzia”, un “Garimberti moderato” per usare l’espressione di Gasparri.
Altrimenti, “non si chiude”. I numeri parlano chiaro. Su 27 voti necessari per eleggere il presidente (la maggioranza di due terzi) senza i cinque di Forza Italia è una roulette russa.
Soprattutto perchè quel che è accaduto con la spaccatura a sinistra ha scavato un solco nel Pd.
Ma più in generale su tutto il dossier si sono riequilibrati i rapporti di forza: “In consiglio — dice un azzurro che segue la trattativa – il Pd ne ha tre, col membro del Tesoro 4. Forza Italia ne ha due, ma Paolo Messa, indicato da Alfano non è uno ostile al centrodestra, mentre Freccero farà le pulci al centrosinistra”.
Il primo ad aver capito che è stata una mezza sconfitta è Renzi. Per questo i suoi prevedono sul presidente una “renzata”, in grado di far recuperare il danno di immagine. E la Mansi ben si presta.
È più “ad effetto” degli altri nomi circolati, come gli ex direttori Marcello Sorgi, Stefano Folli e Giulio Anselmi.
Il punto è il “prezzo” dell’accordo. Il Nazareno sulla Rai. Che Renzi non ha mai messo in discussione, non considerando i Cinque Stelle degli interlocutori neanche dopo l’indicazione di Freccero.
E che, per Berlusconi, significa – attraverso il nome – garanzie sul mantenimento del duopolio, proprio ora che si discute di riforma Rai.
Nell’ambito del partito Mediaset il Cavaliere è quello che ha le idee più rigide sui punti che impattano sulle sue aziende.
E riguardano, come sempre, la raccolta pubblicitaria, lo stop a un processo di privatizzazione della Rai, e una politica gestionale che non induca la Rai a fare investimenti sul prodotto.
Sono tutte questioni su cui, con la riforma, deciderà l’amministratore delegato.
Ma al presidente resta comunque un ruolo politico. E resta, di qui all’approvazione, che sarebbe bizzarro vedere che il Parlamento approva una riforma della Rai con la contrarietà del presidente.
Insomma, il Nazareno, come garanzia per l’oggi e per il futuro.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 4th, 2015 Riccardo Fucile
GLI ADEGUAMENTI PROMESSI NON SARANNO PRONTI, RISCHIO CAOS
Numeri, impegni, investimenti che a fine 2016 arriveranno a oltre un miliardo. 
Ma Fiumicino, al di là delle rassicurazioni del ministro Delrio, resta un incubo. Perchè il Giubileo inizia l’8 dicembre, tra quattro mesi.
E praticamente nessuna delle opere progettate sarà pronta per quella data.
“Non so davvero come faremo, sono previsti 30 milioni di passeggeri in più. Il rischio è il caos”, confida una fonte qualificata del Campidoglio.
Il rischio è quello di nuove scene di caos all’aeroporto, come quelle già viste a fine luglio. Nonostante gli sforzi, il tempo gioca contro il governo: 120 giorni al Giubileo. Per ora, Delrio ha annunciato un tavolo con gli enti locali per la sicurezza e la manutenzione delle aree limitrofe, in primo luogo per evitare altri incendi della pineta. Obiettivo: aumentare la “vigilanza dei luoghi” e prevenire nuovi roghi. Ma non basta.
Nelle ultime ore il ministro dei Trasporti Graziano Delrio ha incontrato i vertici di Enac e di Adr, poi ha riferito in Senato.
E’ seguito una stanco dibattito, mentre tutti, dentro e fuori palazzo Madama, pensavano al rinnovo dei vertici Rai.
”Paghiamo il tempo perduto”, ha detto Delrio. ”C’è stata una paralisi dello sviluppo aeroportuale negli ultimi 20 anni. E’ necessaria un’accelerazione degli investimenti su Fiumicino per colmare il deficit strutturale di un hub internazionale che movimenta oltre 40 milioni di persone l’anno”.
Da dicembre queste numeri sono destinati a crescere in modo vorticoso: le stime parlano di 30 milioni di arrivi in più nell’anno giubilare, che coprirà praticamente tutto il 2016.
Il ministro ha messo in fila una serie di numeri.
Nel 2014 sono stati realizzati 353 milioni di investimenti, “più del doppio rispetto agli anni precedenti. Questo è frutto dell’accordo di programma entrato in esercizio, che il mio predecessore ha giustamente stimolato”, ha spiegato ai senatori.
“Nel 2015 sono stati previsti investimenti per oltre a 300 milioni a fronte degli originari 222,6 e nel 2016 per 454 milioni a fronte di 219 inizialmente previsti. Vi è un incremento notevolissimo degli investimenti che sono stati programmati per far fronte al ritardo infrastrutturale”.
Entro il 2016, dunque, gli investimenti arriveranno a un miliardo e 120 milioni. Ma solo una piccola parte di questi denari potrà avere centrato gli obiettivi previsti entro fine 2015.
“Il Giubileo è dopodomani, non so come finirà ”, ha confidato ad Huffpost il sindaco di Fiumicino Esterino Montino, Pd, che ha attaccato duramente la società che gestisce lo scalo, citando cantieri iniziati da anni e mai terminati come quello del Molo C. Giovanni Castellucci, ad di Atlantia (la società che controlla lo scalo), ha parlato di “accuse infondate e generalizzazioni”.
Ma, anche a suo parere, il molo C non sarà pronto prima della fine del 2016.
L’ad ha confermato la tragica situazione relativa alla carenza di vigili del fuoco (nel Comune di Fiumicino non sono presenti, così manca un presidio della Forestale, ndr) nelle aree limitrofe all’aeroporto e ha ribadito che “il gap accumulato in 15 anni sarà colmato in 4 anni”. Dunque ampiamente dopo la fine del Giubileo.
Il governo, dunque, nonostante lo sfogo del premier dopo le 48 ore nere tra il 29 e il 30 luglio (“Ora basta”), fatica a trovare soluzioni per il breve termine.
“E’ necessario ragionare da subito, è quello che abbiamo già fatto in questi giorni e continueremo a fare con gruppi di lavoro tecnico apposito, sul potenziamento dei servizi, in particolare quelli che riguardano i vigili del fuoco, e sul presidio delle aree circostanti all’aeroporto”, ha detto Delrio in Senato.
“A questo fine con tutte le istituzioni coinvolte bisogna avviare una interlocuzione più serrata a partire dal Comune di Fiumicino, dalla Città metropolitana e dalla Regione per aumentare la vigilanza dei luoghi”.
Un tavolo la cui regia sarà dunque del governo. “Il governo garantirà un presidio del territorio circostante sia in termine di sicurezza che di manutenzione”, ha confermato il presidente dell’Enac Vito Riggio dopo l’incontro col ministro dei Trasporti.
Del resto, ha spiegato, “un presidio territoriale in cui ognuno si assume la propria responsabilità dalla gestione dei rifiuti ai vigili del fuoco non può farlo l’Enac”.
Il rischio di un rimpallo di responsabilità non è affatto escluso. Come dimostra l’esempio, citato sempre da Montino, di una scala mobile andata a fuoco tre anni fa e mai riparata. “Ma era di proprietà delle Ferrovie”, ha spiegato al nostro giornale l’ad di Atlantia Castellucci.
In Campidoglio, accanto alla mole infinita di problemi, spicca anche Fiumicino.
Che pure non è di diretta competenza del Comune di Roma. A questo si aggiunge la situazione di Atac, che richiederà diversi mesi prima di poter uscire dal tunnel. Insomma, una miscela esplosiva, che potrebbe creare disagi per i pellegrini dall’atterraggio fino all’arrivo nel centro della città , e ai movimenti interni.
Arrivare al Giubileo in una situazione di relativa normalità appare dunque, ad oggi, come una missione al limite dell’impossibile.
L’unica risposta certa a breve termine solo le sanzioni per la compagnia spagnola Vueling, una delle più coinvolte nel caos di fine luglio a Fiumicino.
Riggio ha parlato di “rilevanti e pesanti sanzioni pecuniarie previste dal regolamento comunitario”. Sanzioni che “sono in via di adozione”, ha detto il numero uno dell’Enav.
Nel mirino dell’ente di vigilanza, tra l’altro, la mancata informazione, la mancata riprotezione dei passeggeri e l’assenza di responsabili della Vueling, per gestire i disagi seguiti alla riduzione di operatività dell’aeroporto romano.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 4th, 2015 Riccardo Fucile
L’APPELLO DELL’ ANDDOS ALLA GENOVA CIVILE
La vile aggressione perpetrata ai danni di una persona solamente perchè accreditata come presunto omosessuale, ripropone ancora una volta il problema del vuoto legislativo sul tema dell’omofobia: l’ANDDOS, la più grande associazione italiana Lgbti con oltre 140.000 iscritti in tutta Italia, stigmatizza l’episodio, sottolineando l’importanza di combattere ogni forma di discriminazione.
“Rivolgiamo un appello al Sindaco Marco Doria — afferma il presidente nazionale Mario Marco Canale — affinchè vengano rapidamente individuati i responsabili di un’aggressione dalla chiara matrice omofoba che non può avere alcuna giustificazione. Urge in Italia una legge contro l’omofobia per contrastare coloro che si scagliano ogni giorno in maniera aggressiva contro le persone LGBTI. Siamo convinti tuttavia che questi pericolosi focolai di omofobia non rispecchino assolutamente la cultura di una terra meravigliosa come la Liguria e che, quindi, i responsabili vadano isolati e perseguiti con provvedimenti seri. Opinioni, pensieri e culture che infliggono dolore al prossimo e ne limitano la libertà , incitando alla discriminazione e all’odio, non possono avere cittadinanza in un Paese come l’Italia che si definisce civile e democratico. Questo episodio ci chiama a reagire istituzionalmente e ad inchiodare ciascuno alle proprie responsabilità di fronte ad una mano accecata dal pregiudizio che possa brandire un’arma contro qualcuno, come è accaduto purtroppo alla giovane israeliana Shira, appena sedicenne, uccisa barbaramente da un ebreo ortodosso nel corso del Pride di Gerusalemme”.
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Agosto 4th, 2015 Riccardo Fucile
“LA RIVOLUZIONE DI RENZI NON C’E’ STATA, AL SUD SITUAZIONE DRAMMATICA”
“Ma quale piagnisteo. Saviano ha ragione: la situazione al sud è davvero drammatica”. Nicola
Lagioia, fresco vincitore del premio Strega con il romanzo La ferocia (Einaudi), sta guidando sulla tangenziale di Bari quando lo raggiungo al telefono.
“Aspetti che accosto”, mi dice dopo aver sentito che voglio parlare con lui della polemica tra Roberto Saviano e Matteo Renzi sul sud.
Il primo, prendendo spunto dai pessimi dati Svimez sull’economia del meridione, ha rimproverato al governo di non aver fatto nulla per il mezzogiorno.
Il secondo si è difeso dicendo che è ora di smetterla con i piagnistei. Chi ha ragione? “Spero che Renzi non s’interessi del sud perchè glielo dice Saviano o qualsiasi altro editorialista — osserva lo scrittore pugliese —. Il rapporto Svimez fotografa una situazione che dura da anni. Se al presidente del consiglio serviva l’articolo di Saviano per prendere atto della situazione, siamo veramente messi male. Vorrebbe dire dire che Matteo Renzi non ha il polso della situazione; che conosce il paese attraverso i giornali”.
E qual è lo stato del sud, allora?
Al Sud abbiamo avuto la primavera campana, la primavera siciliana, la primavera pugliese: ma l’estate non è mai arrivata. Questa è la conclamazione di un fallimento della classe politica del sud. Parlo della Puglia, la regione da cui vengo: con Vendola la situazione è migliorata, abbiamo riscoperto che siamo figli di Gaetano Salvemini e tante altre belle cose: ma dal punto di vista del reddito la situazione è rimasta quella che era. Abbiamo dato di noi un’immagine più bella e spigliata. Ce la siamo raccontata. O, se preferisce dirlo come si dice oggi, abbiamo fatto dello storytelling.
Sta cedendo al piagnisteo?
Per carità , basta con questa storia. Ma se l’immagina Renzi che dice “va bene, L’Aquila non è ancora ricostruita dopo il terremoto, ma niente piagnistei”. La mancanza di lavoro al sud è un cataclisma. Il piagnisteo, invece, è una categoria mediatica: nella realtà , il paese si lamenta molto di meno di come sembra che faccia guardando la tv o navigando su internet.
Anche questo dibattito è una bolla mediatica ?
Sarebbe stato interessante se Renzi avesse predisposto una piattaforma di sviluppo per il Sud e avesse detto a Saviano: “Vieni, dammi una mano, facciamo un lavoro di squadra”. Così, invece, si è creato ancora una volta un corto circuito interessante per riempire i giornali, ma non mi sembra ci sia nessun progetto. Io non mi aspetto dei nuovi finanziamenti. Sarebbe sbagliato se la risultante di questa discussione fosse un nuovo stanziamento per il sud. Io voglio vedere un progetto di sviluppo. Un governo a questo serve.
Saviano ha ri-parlato di “questione meridionale” dopo tanti anni che non lo si faceva più. Le sembra un tema attuale?
La questione meridionale esiste eccome: ma non è disgiunta da quella nazionale. Non ci sono due Italie: ma c’è un’Italia a due velocità . Al Sud molti nodi vengono al pettine. Le contraddizioni che riguardano l’intero paese qui esplodono in maniera più chiara, più potente e deflagrante. Prenda Taranto: la scelta tra lavoro e salute è un grande tema del capitalismo contemporaneo, non è una questione locale. Chi guarda alla questione meridionale come qualcosa di separato dall’Italia, anzichè come una cartina di tornasole per decifrare l’intero paese, sbaglia.
Parafrasando Sciascia, il sud come metafora dell’Italia?
Sì, assolutamente. La cosa che da scrittore colpisce di più è che la produzione d’immaginario del sud Italia è pazzesca. I due registi italiani più famosi — Sorrentino e Garrone — sono tutti e due del sud; abbiamo Camilleri, Saviano, Elena Ferrante, Valeria Parrella. A questa larghissima produzione d’immaginario, però, non corrisponde un’eguale produzione di reddito e sviluppo sociale.
È la conferma della teoria di Giulio Tremonti, cioè che «con la cultura non si mangia»?
Se sulla cultura investissimo, potremmo dare un giudizio di questo tipo. Invece, gli investimenti in cultura sono scarsissimi. Al sud come al nord.
Possibile che sia sempre colpa dello stato?
No, io l’accusa di Saviano l’estenderei anche ai privati. È vero che il governo ha abbandonato il sud: ma è anche vero che nessuno investe nel sud e nella sua cultura.
Dipinge una situazione al limite.
Lo è. Ed è paradossale che in questi anni, anzichè la questione meridionale, sia stata posta la questione settentrionale. La realtà è che i meridionali in questi anni hanno avuto una grandissima dignità : hanno stretto la cinghia il doppio o il triplo di quanto abbia fatto il resto del paese. La retorica del sud fannullone non solo è orribile: è falsa.
Esiste, accanto alla questione meridionale, la questione dei meridionali. Cioè, i cittadini del sud hanno una responsabilità per la condizione in cui si trovano
Il problema è che nascere in una terra mangiata dalla mafia, dalla camorra e dalla criminalità , ti fa partire in una condizione di svantaggio. Non può essere una colpa nascere al sud, come una volta era una colpa nascere poveri. C’è una responsabilità quando una persona del sud ci prova una, due, tre volte e poi si arrende; oppure quando sviluppa una specie di cinismo rispetto alla realtà che lo porta a essere disfattista. Ma non si può negare che una persona che nasce al sud parte da molto più indietro.
Ci dia un giudizio su ciò che ha fatto il governo Renzi per il sud.
I conti si fanno sempre alla fine. Guardi cosa è successo ad Obama: la fine del suo mandato si sta rivelando strepitosa. Io condivido abbastanza la diagnosi generale di Renzi sul paese. So bene che in Italia ci sono poteri forti che ostacolano i cambiamenti. E appartengo alla generazione di quelli che un sindacato non sanno nemmeno cos’è. Mi auguro davvero che Renzi riesca nelle cose che dice. Per adesso, mi sembra che la rivoluzione che ha promesso non ci sia stata, e forse non poteva nemmeno esserci. La partita non è conclusa e le pagelle si danno alla fine. Per il momento, però, non mi sembra che siamo in vantaggio.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 4th, 2015 Riccardo Fucile
E QUELLI SPESI SONO DISPERSI IN 907 MICROPROGETTI
Un mare di soldi bloccato. Fermo.
Centoquattro miliardi da spendere subito. E di questi, oltre 87 col bollino del Sud. Destinati cioè a quel meridione d’Italia “a rischio di sottosviluppo permanente” e che cresce la metà della Grecia, ricorda lo Svimez.
Com’è possibile? Colpa solo delle amministrazioni locali lente e incapaci, magari sin troppo propense ai “piagnistei” rimproverati da Renzi? In parte, certo.
Ma la macchina miliardaria dei fondi, europei e nazionali, si è inceppata dalla testa. Burocrazia, ma anche e soprattutto politica.
L’analisi cruda dei numeri racconta un “piano Marshall” per il Mezzogiorno, evocato ieri dalla ministra dello Sviluppo Federica Guidi nell’intervista a Repubblica, che nei fatti e nei denari già esiste. Non solo.
Si scopre che la metà del non speso, ben 50 miliardi, si riferisce addirittura al periodo 2007-2013.
In questi nove anni l’Italia è riuscita a utilizzare appena il 46% delle risorse a disposizione, polverizzandole tra l’altro in un milione di progetti. Per la precisione, 907 mila 372.
Dall’America’s Cup di Napoli (5,8 milioni) alla campagna “Voglio vivere così” della Toscana (13,4 milioni).
Avanzano dunque 50 miliardi della vecchia programmazione (dei 91 totali iniziali). E se non si corre, una parte andrà restituita.
Entro Capodanno, il governo deve difatti spedire a Bruxelles un maxi-scontrino da 12,3 miliardi di fondi europei (cofinanziati dall’Italia) con la data di scadenza.
Il resto dei 50 miliardi – fondi nazionali, questi – non rischia invece il binario morto, dunque non andranno perduti nè saranno richieste fatture. Ma la stasi sì.
Si tratta del Fondo sviluppo e coesione e del Piano di azione e coesione. Sigle non certo popolari (Fsc e Pac), ma fondamentali bacini per gli investimenti nel Sud in infrastrutture, inclusione, formazione, occupazione.
Eredi di quel fondo Fas per le aree sottoutilizzate (dunque il meridione), saccheggiato nel recente passato come bancomat di Stato da governi d’ogni colore, per alimentare un po’ di tutto: cassa integrazione in deroga, multe per le quote latte, la Brebemi, il G8 doppio (Maddalena e L’Aquila).
Da buona ultima, anche la legge di Stabilità per il 2015 ne ha prelevato una fettina da tre miliardi e mezzo per finanziare gli sgravi contributivi (soldi del Sud che hanno di fatto beneficiato soprattutto il Nord, il più vivace nelle assunzioni).
Centoquattro miliardi fermi, si diceva.
Cinquanta per il passato, come visto. Altri 54 per il nuovo periodo di programmazione, 2014-2020.
Parliamo dell’Fsc (Fondo sviluppo e coesione): soldi nazionali tradizionalmente destinati alle grandi opere, le infrastrutture strategiche del Paese.
L’ultima legge di Stabilità ne ha cambiato la mission , dirottandoli alla “specializzazione intelligente”, dunque ricerca e innovazione e agenda digitale.
Non riusciamo a spendere i denari per fare le strade, mettiamoli sulle infrastrutture immateriali, è stato il ragionamento.
Tra marzo e aprile, però, l’iter si è congelato. Il Cipe avrebbe dovuto procedere con le delibere (la torta di questo Fondo è gestita in toto dal Comitato interministeriale per la programmazione economica). Ma non l’ha fatto.
Graziano Delrio, l’allora sottosegretario di Palazzo Chigi con delega proprio ai fondi europei, è stato spostato alla guida del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (ha giurato il 2 aprile).
Ottenendo di portarsi dietro proprio quel fondo, l’Fsc con i suoi 54 miliardi (e sperando di tornare alla mission originaria, cioè le infrastrutture). Una promessa politica del premier Renzi, ad oggi ancora non attuata.
Come pure la delega ai fondi Ue, in teoria slittata nelle mani del nuovo sottosegretario Claudio De Vincenti, mai formalizzata. Tutto fermo.
Chi sovraintende da Roma dunque i fondi Ue?
Non certo l’Agenzia della coesione, diretta da Maria Ludovica Agrò, di fatto insediata da appena tre mesi (dopo un anno di gestazione). E ancora alle prese con le assunzioni. Dunque Palazzo Chigi.
Il premier Renzi ha ereditato il buon lavoro impostato da Delrio, ma poi forse l’ha un po’ accantonato. Di qui la stasi.
Certo, va detto che 40 dei 50 programmi di spesa dei nuovi fondi Ue sono stati già approvati da Bruxelles e il governo intende accelerare sui restanti 10.
La partita per il 2014-2020 vale in tutto però 138 miliardi (fondi europei più nazionali, Fsc incluso). Una cifra davvero enorme. Da governare.
“Un Paese normale si può permettere di avere ancora il 50% di vecchi fondi da spendere a meno di sei mesi dalla scadenza, con la più grande area depressa d’Europa?”, si chiede Guglielmo Loy, segretario confederale Uil.
La Uil tra l’altro calcola che dei 12 miliardi di fondi Ue in scadenza, almeno 2 sono a rischio concreto di restituzione.
Si vedrà .
Valentina Conte
(da “La Repubblica”)
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Agosto 4th, 2015 Riccardo Fucile
RENZI PIAZZA GUELFO GUELFI NEL CDA DEL SERVIZIO PUBBLICO
È un duro attacco al premier quello che arriva dal leader Cgil Susanna Camusso sull’elezione dei 7
consiglieri Rai, e su uno in particolare: “Mi sembra una perfetta spartizione politica. Ancora una volta tanti annunci perchè tutto cambi e invece tutto resta come prima”.
Così la segretaria della Cgil ha commentato il nuovo cda Rai nel videoforum di Repubblica Tv.
Un attacco per Matteo Renzi e per l’elezione di Guelfo Guelfi, presidente del Teatro Puccini e spin doctor della campagna comunicativa del Premier.
Nel 2009, nella campagna elettorale dell’attuale premier a sindaco di Firenze, Guelfi elaborò infatti buona parte del programma dei “100 punti”, le priorità che Renzi si era impegnato ad attuare nei primi 100 giorni a Palazzo Vecchio.
Nel 2010 sarebbe dovuto diventare il nuovo responsabile della comunicazione della Regione Toscana ma la nomina saltò per mancanza di risorse e lo stesso Guelfi se ne lamentò in un post su facebook.
Oggi è presidente del Teatro Puccini di Firenze.
Un attacco, quello della Camusso, che poi spazia anche su altri temi, cominciando dal lavoro: “Mi auguro che il governo e il premier Renzi invece di continuare a vedere tutti gli animaletti (i cosiddetti gufi, ndr) di cui parla provi a confrontarsi con alcuni temi importanti, con il rinnovo dei contratti e la riforma delle pensioni, con il fatto che molta gente si è impoverita e spero tanto che il suo primo pensiero non vada alla riduzione della tassazione sui profitti ma a quei giovani che non trovano lavoro”.
Così il leader Cgil, Susanna Camusso, dai microfoni di Repubblica Tv, esprime un ‘auspicio’ per l’autunno in arrivo.
Quanto alla questione “meridionale”, “bisognerebbe essere coscienti che o si chiude la forbice tra Nord e Sud o annunciare l’uscita dalla crisi è una finzione. Non è il caso di parlare di piagnistei. Con 90 miliardi bloccati e l’assenza di una guida da parte del governo. Sgradevole che l’intervento di Saviano ma anche il rapporto Svimez vengano liquidati come piagnisteo”, aggiunge.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 4th, 2015 Riccardo Fucile
IL NEOLOGISMO CHE UNISCE LE PAROLE ROTTAMAZIONE E LOTTIZZAZIONE
Il direttore del Tg La7 torna a criticare Matteo Renzi sulla questione Rai.
Dopo l’elezione dei sette consiglieri di nomina parlamentare che andranno a comporre il nuovo Consiglio di amministrazione dell’azienda del servizio pubblico televisivo, Enrico Mentana scrive un breve post sul suo profilo facebook.
Breve ma esaustivo: “Ora si chiama rottizzazione”.
Un “neologismo” che unisce le parole rottamazione e lottizzazione.
Da un lato, quindi quel processo che il premier Renzi si è ripromesso (almeno a parole) di portare avanti.
Dall’altro la lottizzazione, quel processo per i quali i partiti si spartiscono le caselle negli incarichi pubblici attraverso la designazione di persone a loro “gradite” e in base al peso politico.
Enrico Mentana qualche giorno fa in un’intervista al Fatto Quotidiano aveva già criticato l’operato del governo Renzi sulla Rai: “La riforma della Rai? È una Gasparri 2.0. La rottamazione di Renzi si è fermata davanti ai cancelli di viale Mazzini”.
“Si sarebbe dovuto mettere le mani non solo sulla governance – aggiunse al FQ – ma anche su tutto il resto: struttura, contenuti, ruolo del servizio pubblico. E mettere una distanza tra la politica e l’azienda. Ma questa è una richiesta impossibile da fare ai politici, Renzi compreso. Perchè la politica non ha alcun interesse a tirarsi fuori dalla Rai. Perchè mai dovrebbe farlo?”.
L’elezione del nuovo cda sembra non aver smentito le convinzioni del direttore del Tg La7.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 4th, 2015 Riccardo Fucile
SIDDI, BORIONI E GUELFI PER IL PD, DIACONALE E MAZZUCCA PER FORZA ITALIA, MESSA PER NCD, FRECCERO PER M5S E SEL… SEI SU SETTE LA TV L’HANNO VISTA FINO AD OGGI DAL DIVANO DI CASA
“Fuori i partiti dalla Rai”, diceva Matteo Renzi solo a marzo 2015. 
Neanche sei mesi dopo, alla prova dei fatti, il nuovo consiglio d’amministrazione dell’azienda viene eletto dopo le spartizioni e le trattative dei partiti.
Dallo spin doctor all’ufficio stampa, dall’ex deputato all’ex commissario straordinario del Gran Sasso: i nomi sono vecchie conoscenze della politica.
A sorpresa con i voti dei 5 Stelle e di Sel entra l’ex direttore di Rai2 e Rai4 Carlo Freccero.
Il Partito democratico boccia invece l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli: prende solo due voti dalla minoranza, ma non ottiene il sostegno dei renziani. Domani sarà la volta della nomina del direttore generale e del presidente.
Nel primo caso Renzi avrebbe già pensato al fondatore di Mtv Antonio Campo Dall’Orto.
Voluti dal Pd ci sono: Guelfo Guelfi, spin doctor della campagna comunicativa di Renzi e direttore della società di comunicazione della Provincia di Firenze (Florence Multimedia); Rita Borioni, storica dell’arte, assistente parlamentare ed ex autrice del canale vicino a Massimo D’Alema Red Tv; l’ex segretario Fnsi Franco Siddi. Sponsorizzati da Forza Italia entrano: il direttore dell’Opinione, l’editorialista de il Giornale ed ex commissario straordinario del Gran Sasso Arturo Diaconale e l’ex deputato di Forza Italia e direttore de il Giorno Giancarlo Mazzuca.
Per Ncd ce la fa l’ex capoufficio stampa Udc e fondatore della rivista “Formiche” Paolo Messa.
Infine con i voti di Sel e M5S arriva l’ex direttore di Rai2 e Rai4 Carlo Freccero.
“La spartizione è servita”, ha commentato in una nota l’Esecutivo dell’Usigrai. “Come nelle peggiori tradizioni della partitocrazia, in pieno agosto ci si è affrettati a spartirsi le poltrone della Rai. Non è una questione di nomi, di questo o quel consigliere. È una questione di metodo. Utilizzato anche da chi aveva promesso di rottamare il passato. Il cda Rai è stato nominato con il bilancino dei partiti, senza alcun tipo di discussione sul mandato del nuovo vertice, nè sul finanziamento. E tutto questo è ancora più grave visto alla vigilia del rinnovo della Concessione di Servizio Pubblico. Ancora una volta i partiti hanno affermato che la Rai è proprietà loro. I cittadini possono aspettare. Per loro e per la Rai non è la volta buona”.
Eppure sulla riforma della Rai Renzi aveva sempre puntato la maggior parte della sua campagna per la “rottamazione” della vecchia Italia.
Alla fine, i suoi propositi restano non realizzati.
Innanzitutto aveva detto che il nuovo cda sarebbe stato eletto con la nuova legge e invece, a causa dei tempi sempre più lunghi, ha scelto di eleggerlo con la vecchia legge Gasparri. Infine i nomi.
Dei nuovi ingressi solo due hanno esperienza diretta di televisione: il neo consigliere Carlo Freccero e l’ormai probabile, salvo sorprese, neo direttore generale Antonio Campo Dall’Orto
“Il governo farà i suoi due nomi”, aveva detto Renzi in mattinata dal suo viaggio in Giappone. “Saranno professionisti di alto profilo”. E su Dall’Orto aveva commentato: “E’ uno stimatissimo professionista, tra i più interessanti innovatori della Tv italiana, un nome di altissimo valore che corrisponde ai criteri di qualità , autorevolezza e capacità ”.
In commissione di Vigilanza hanno fatto il loro ingresso i senatori Luigi D’Ambrosio Lettieri (Conservatori, Riformisti italiani) e Mario Ferrara (Gal), nominati dal presidente del Senato, Pietro Grasso.
D’Ambrosio Lettieri è già deputato e presidente dell’Ordine dei farmacisti di Bari e già dichiarato incompatibile per il doppio incarico da Raffaele Cantone (ma salvato dalla giunta in Senato).
I due subentrano ai dimissionari Paolo Romani (Fi) e Gianni Girotto (M5S), che lasciano la commissione per il previsto riequilibrio della rappresentanza dopo la costituzione di nuovi gruppi parlamentari.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 4th, 2015 Riccardo Fucile
NOMINE RAI: LA MINORANZA LO PROPONE, IL PARTITO DICE NO: “MA NOI ANDIAMO AVANTI LO STESSO”
Il Pd si spacca sulle nomine per il rinnovo del Cda Rai.
La minoranza ha annunciato che voterà l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli come membro del cda di Viale Mazzini.
Il nome, secondo quanto si apprende da fonti della minoranza, è stato proposto nella riunione dei componenti Pd della commissione di Vigilanza, ma bocciato dalla maggioranza del partito e dunque non compare nella rosa ufficiale che i Dem presenteranno.
“Stupiti e amareggiati per il no a un nome di questo valore – sottolineano le fonti della sinistra Pd – andiamo avanti e votiamo De Bortoli”. I nomi che il Pd proporrà per il cda sono quelli di Franco Siddi, Rita Borioni, Guelfo Guelfi.
La scelta di De Bortoli da parte della minoranza dem ha tutta l’aria di essere una provocazione nei confronti della maggioranza Pd.
Quando era direttore del Corriere, De Bortoli lanciò diversi attacchi al presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Nel suo editoriale del 24 settembre 2014, De Bortoli criticò duramente il Patto del Nazareno, dato che “sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria”.
Successivamente, l’allora direttore soprannominò Renzi come un “caudillo, un maleducato di talento” che “disprezza le istituzioni e mal sopporta le critiche”.
Quanto alla partita a parte sul Presidente, si voterà giovedì, quando la Vigilanza dovrà far confluire i due terzi dei componenti (27 su 40) su uno dei due membri del Cda designati dal Tesoro.
Ma gli equilibri politici si definiscono oggi, nell’elezione dei 7 membri del consiglio di amministrazione designati dal Parlamento.
Il M5S ha già scelto Freccero, candidato che sarà votato anche da Sel (6 i voti del M5s, uno di Sel).
Ma i grillini non escludono di votare anche il presidente della Rai.
Il M5S pone però due condizioni: che si tratti di un candidato di alto profilo, di assoluta competenza professionale e senza aderenze politiche. E in secondo luogo che tutto venga fatto alla luce del sole e in piena trasparenza.
Tradotto: il Pd dovrebbe fare già oggi il nome del possibile Presidente, in modo da sperimentare una possibile convergenza dei M5S ‘alla luce del sole’.
(da “Huffingtonpost”)
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