Agosto 20th, 2015 Riccardo Fucile PER L’ESPONENTE DI CENTRODESTRA LE DONNE NON SONO ADATTE PER CERTI COMPITI
È finito al centro di una bufera mediatica il sindaco di Cloz, in Val di Non, provincia di Trento, Natale Floretta.
Intervistato dal “Trentino”, infatti, il primo cittadino, rispondendo a una domanda sulle quote rosa nelle giunte, ha detto: “Le donne? A me piacciono nel letto”.
Durissima la reazione della assessora provinciale alle pari opportunità , Sara Ferrari, che ha affidato a Twitter il suo commento: “Il sindaco di Cloz ha infangato le donne e l’istituzione che rappresenta. Dichiarazioni totalmente indegne del ruolo”.
Durante l’intervista, il sindaco Floretta ha spiegato che non poteva osservare la legge sulle quote rosa obbligatorie perchè in montagna servono uomini per coprire assessorati dedicati alle malghe e alle foreste.
“Foreste e malghe, è una delega specifica, è adatta agli uomini. Non posso mica mandarci una donna in montagna a prendere misure con i forestali!”
Come se una donna non fosse capace di andare dove vanno gli uomini: qualcuno avvisi il poveretto che le donne nel 2015 sono nell’esercito, nei carabinieri, nei vigili del fuoco e nelle forze dell’ordine.
Senza bisogno di passare per il letto di qualche imbecille.
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Agosto 20th, 2015 Riccardo Fucile MA IL FATTURATO E’ CALATO DI DUE MILIONI
Dai signori del gioco d’azzardo alle banche, dagli enti pubblici e quelli a partecipazione statale, dalle
lobby mascherate da associazioni al corner del Jobs Act, pagato dal ministero del Lavoro: il Meeting di Comunione e liberazione anche quest’anno è servito.
Grazie agli sponsor, che in gran parte usano soldi pubblici.
Nonostante la Compagnia delle opere, cassaforte di Cl, abbia dovuto abbassare le pretese.
Il “fatturato” del Meeting, che apre i battenti oggi, 20 agosto, a Rimini, scende dai 7 milioni e 998mila euro dello scorso anno ai 5 milioni e 407mila euro di quest’anno, una flessione del 20 per cento.
Nonostante aiuti ce ne siano a profusione, a partire da quello del governo che, attraverso il ministero del Lavoro, ha acquistato uno spazio all’interno del quale promuoverà la riforma del lavoro.
“Non è promozione della legge”, spiegano dal ministero, “ma si tratta solo di un angolo dove verranno date informazioni. Chiunque potrà chiedere delle nuove regole sul contratto a tutele crescenti, sulla maternità , i nuovi ammortizzatori sociali e la semplificazione degli adempimenti burocratici”.
Oltre al corner istituzionale — nessuno si sbilancia ufficialmente sulla cifra, fonti del Fatto Quotidiano dentro a Cl dicono che la cifra è di poco inferiore ai 100mila euro — ci sarà il ministro Giuliano Poletti al quale è stato cucito addosso come un abito sartoriale il dibattito: “La via italiana per sostenere lo sviluppo e l’occupazione”. Poletti, oltre a Matteo Renzi che sarà a Rimini mercoledì prossimo, cercherà di convincere un esercito di spettatori indecisi, mai rimasto così a corto di riferimenti politici dopo le cadute di Roberto Formigoni e Maurizio Lupi, storici referenti del movimento.
Un’idea su dove andranno ce la si può fare, comunque: mai come quest’anno la partecipazione di fiorentini è stata così alta.
C’è Marco Carrai, in qualità di presidente del Cambridge Management Consulting Labs, ma anche Andrea Simoncini, docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze che insieme a Fabio Pammolli, docente all’Institute for Advanced Studies di Lucca, che parleranno di tecnologia.
Tra gli imprenditori non manca Nerio Alessandri, presidente e amministratore delegato Technogym, grande sponsor di Renzi, e Brunello Cucinelli, il re del cachemire e fan del giglio magico: loro, entrano al Meeting in quota renziana, non hanno bisogno di sborsare quattrini per lo stand.
Il programma non ha acuti, ma a Rimini arriveranno comunque 700mila persone.
Ci sarà Monica Maggioni, neo presidente Rai, ma già in programma da prima; Walter Veltroni, attraverso Sky, altro sponsor della rassegna, presenterà il suo ‘I bambini sanno’, film che non ha goduto di grandi successi.
Tra i giornalisti ospiti anche Gianni Riotta, editorialista de La Stampa e, per fingere un contraltare, Piero Sansonetti, direttore del Garantista.
Resta paradossale come Lottomatica si metta a disposizione dell’evento di Rimini come partner ufficiale e contribuisca a far raggiungere i 3 milioni e 600 mila euro insieme a Intesa San Paolo, Ferrovie dello Stato, Finmeccanica, Eni, Autostrade e Poste italiane, i principali sponsor sui quali i ragazzi che furono di Roberto Formigoni possono contare.
Uno stand, quello dell’azzardo legalizzato, che vale 200 mila euro.
Il Meeting è così: ha un prezzo a metro quadro, circa 500 euro.
E il puzzle messo in piedi grazie all’architettura di potere di Formigoni faceva confluire soldi da tutta Italia.
Le Regioni, quasi tutte, dal Veneto alla Sardegna, deliberavano dai 100 mila ai 150 mila euro come sponsorizzazione a fondo perduto.
Quest’anno, con una cifra più che dimezzata, sono rimaste l’Emilia Romagna, costretta a pagare una sorta di dazio perchè il meeting resti a Rimini, e la Lombardia che, nonostante il governo leghista si è allineata alla buona tradizione del Celeste, soprattutto perchè il Meeting del futuro sarebbe un discreto sfogo per le aree attualmente occupate dall’Expo.
Resta sponsor il Comune di Ascoli, ma capire la motivazione è molto difficile, così come l’aeroporto di Venezia che geograficamente è un po’ distante, ma la giustifica come “promozione necessaria”.
Di interessi sul piatto, come sempre, anche l’edizione 2015 abbonda: molti degli esperti chiamati ai dibattiti contribuiscono con soldi, attraverso enti o aziende, all’allestimento del Meeting.
Come il dibattito “Scommettere e investire sull’Italia”. Guida Graziano Delrio, partecipano James Hogan, presidente di Etihad Airways e vicepresidente Alitalia (partner del Meeting) e Pierluigi Stefanini, presidente di Unipol (altro sponsor a Rimini).
L’elenco può andare avanti: la Ferrero, per esempio, riempirà di Nutella i visitatori, poi l’amministratore delegato andrà a parlare di “aziende dal volto umano”.
Non manca, tra i relatori, Mauro Moretti: gli anni passati parlava di trasporti come ad di Ferrovie, quest’anno entra in quota Finmeccanica, ma sempre un grande sponsor resta.
Meeting che, per i numeri uno di Eni e Ferrovie, arriva come una ventata di fiducia: essere sponsor e presenti potrebbe anche servire per mantenere due poltrone che traballano da tempo.
Emiliano Liuzzi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 20th, 2015 Riccardo Fucile STAGE DI LAVORO PRESSO BAR, PIZZERIE, VIVAI, AUTOLAVAGGI E IMPRESE EDILI PERMETTONO AI PROFUGHI DI APPRENDERE E RENDERSI UTILI
Corsi per prendere la licenza media, tirocini nelle aziende del luogo e nei bar, o anche un posto da volontari spazzini per pulire le strade del paese.
A Gioiosa Ionica (Reggio Calabria) i richiedenti asilo accolti temporaneamente nella zona passano le giornate svolgendo attività di studio e lavoro in attesa dell’eventuale riconoscimento dell’asilo politico.
Nei mesi scorsi la Rete dei Comuni Solidali, l’ente che gestisce il progetto Sprar per i richiedenti asilo presieduto da Giovanni Maiolo, ha stipulato un accordo con quindici attività economiche che si sono impegnate a fornire uno stage ai migranti: bar, pizzerie, imprese edili, vivai, autolavaggi.
Dal 17 agosto cinque richiedenti asilo, quasi tutti originari dell’Africa, hanno potuto cominciare un tirocinio come spazzini e giardinieri, accanto al personale già impiegato in questa attività .
“Riteniamo importante che si ricambi l’ospitalità straordinaria di Gioiosa Ionica anche con lavori utili alla collettività ” scrive la Rete dei Comuni Solidali.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 20th, 2015 Riccardo Fucile LO STATO METTE ALL’ASTA CINQUE MARINE TURISTICHE… DISMISSIONI ANCHE IN CALABRIA E COSTA SMERALDA
Estate 2015, la Grecia vende i porti del Pireo e di Salonicco. 
La stretta imposta dai creditori al governo di Atene, del resto, non lascia alternative: l’agenzia per le privatizzazioni ha stabilito la cessione dei due porti.
A Roma capita qualcosa di apparentemente analogo.
Lo Stato attraverso Invitalia, società controllata dal ministero dell’Economia, sta vendendo cinque porti turistici.
All’asta sono finiti moli e pontili a Capri, la marina di Portisco in Costa Smeralda, la marina d’Arechi nel golfo di Salerno (un progetto da mille posti barca dell’archistar Santiago Calatrava), il porto delle Grazie a Roccella Jonica e l’area di Porto Lido a Trieste.
In totale circa 2.500 posti barca disseminati lungo le più belle e conosciute coste italiane.
Un patrimonio, stimato almeno 50 milioni di euro, che nei piani della società pubblica avrebbe dovuto essere valorizzato per attrarre investimenti e promuovere lo sviluppo dei porti turistici.
Il progetto avviato una decina di anni fa, aveva preso il nome di «Italia Navigando», una società controllata proprio da Invitalia, e prevedeva un massiccio intervento pubblico per realizzare una rete di 50 porti turistici e la bellezza di 50 mila posti barca.
Lo Stato si faceva, insomma, carico di sviluppare un maxipolo nautico da nord a sud dell’Italia.
Con un particolare occhio di riguardo proprio per le aree del meridione.
E alla presidenza di Italia Navigando nel 2010 è arrivato il leccese Ernesto Abaterusso, un ex deputato ds, legato da una lunga consuetudine con Massimo D’Alema, che quest’anno ne ha sostenuto la candidatura al consiglio regionale della Puglia.
Proprio qui, nei piani di Italia Navigando, figuravano otto marine.
Compresa Gallipoli, dove erano previsti 379 posti barca.
I porti turistici ad Abaterusso hanno fruttato più di un grattacapo. L’ex presidente di Italia Navigando (che intanto è finita in liquidazione sepolta dai debiti) è iscritto nel registro degli indagati per la vicenda del nuovo porto della Concordia di Fiumicino, un progetto per una maximarina da 1.500 posti barca e 400 milioni di investimenti sulla costa laziale
A luglio la procura di Civitavecchia ha chiuso le indagini sui lavori di costruzione del porto, partecipato da Italia Navigando, e sta per chiedere il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio, frode e appropriazione indebita.
Nel registro degli indagati figurano anche Domenico Arcuri, attuale amministratore delegato di Invitalia, e Manlio Cerroni, dominus incontrastato nella gestione della raccolta dei rifiuti a Roma.
Quanto basta per escludere la vendita del porto della Concordia dal bando dove compaiono gli altri cinque in via di cessione.
Un’operazione di dismissione che comunque, nel suo complesso, si sta rivelando disseminata di ostacoli e dubbi. Il bando fissava i termini per la presentazione delle offerte il 13 luglio, ma poi la scadenza è slittata alla fine del mese.
Nel frattempo un’interrogazione parlamentare, firmata da Vincenza Bruno e Nicola Stumpo, entrambi del Pd, ha chiesto al governo di sospendere tutto.
I due parlamentari contestano l’incongruenza della procedura, alla luce delle modifiche al bando introdotte in corsa da Invitalia.
In particolare, Bruno e Stumpo hanno puntato l’indice contro la riserva di una quota del «31% a favore di enti e/o imprese pubbliche» fissata per il Porto di Roccella Jonica.
Una modifica che ha «introdotto una limitazione di acquisto ai privati, che in sostanza si concretizza in una palese agevolazione dell’unico ente pubblico – il Comune di Roccella Jonica – interessato all’acquisto».
Un corto circuito, tanto più considerato che Invitalia vende i porti motivando la scelta con l’obbligo di rispettare la norma che impone la dismissione delle partecipazioni societarie da parte degli enti pubblici.
Per Roccella Jonica la norma è ancor più stringente poichè i Comuni con meno di 30 mila abitanti non possono detenere alcuna partecipazione. Ma tant’è
A Capri a voler acquistare il 49% della partecipazione del porto in capo a Invitalia è proprio il Comune che detiene il restante 51%.
Una delibera del consiglio comunale ha chiesto a Invitalia di fermare la vendita ai privati, spiegando che il Comune non li vuole come soci.
Non sorprende che tra le otto buste con le offerte depositate pare esserci quella del confinante municipio di Anacapri.
La privatizzazione ha, insomma, preso una rotta diversa da quella del Pireo.
A farsi sotto per Portisco, una perla che attira i maxiyacht tra Porto Cervo e Porto Rotondo, dovrebbe esserci una cordata guidata da Renato Marconi.
Quest’ultimo è l’ex socio di minoranza di Italia Navigando, liquidato con 16 milioni di euro dopo una battaglia legale con Invitalia.
Il dubbio è sul prezzo. La concessione per Portisco scade nel 2029. Troppo breve per ripagare un investimento importante. Da qui il timore di una svendita dopo il fiasco.
A scanso di equivoci Invitalia ha nominato una commissione aggiudicatrice esterna.
Andrea Ducci
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 20th, 2015 Riccardo Fucile DURANTE LA CERIMONIA FUNEBRE PER VITTORIO CASAMONICA SFOGGIO DI CAVALLI, ROLLS-ROYCE, ELICOTTERO E MUSICA DEL PADRINO, MA NESSUNO SAPEVA NULLA
Sei cavalli neri che trainano una carrozza antica, una folla di gente che accompagna la bara e la banda musicale che intona il celebre motivo di Nino Rota, indimenticabile colonna sonora del Padrino di Francis Ford Coppola.
Questo però non è un film e non è nemmeno un funerale di un mammasantissima nella Sicilia degli anni ’50.
Siamo a Roma, nella chiesa Don Bosco, ed è qui che familiari e amici si sono radunati per dare ultimo saluto a Vittorio Casamonica , uno dei boss principali del clan che porta il suo nome.
“Hai conquistato Roma ora conquisterai il paradiso” recita un manifesto all’entrata della chiesa.
Il suo volto in primissimo piano, vestito di bianco e con il crocifisso al collo, il Colosseo e la Cupola di San Pietro sullo sfondo, e la scritta “Re di Roma” a caratteri scatolati per omaggiare un pezzo da Novanta del clan che nella Capitale gestisce il racket delle estorsioni e dell’usura nella periferia sud est di Roma.
Un funerale in cui la parola d’ordine sembra essere una sola: mettere in scena tutto lo sfarzo possibile.
E infatti il feretro del boss Casamonica viene trascinato dalla carrozza per le strade della capitale, quasi fosse un capo di Stato, mentre un elicottero lancia petali rossi sulla folla di presenti, che applaude e lancia grida di commiato verso la bara del defunto.
Che alla fine viene caricato su una Rolls-Royce, come uno di quei ricevimenti funebri italo americani resi celebri da Hollywood, mentre la banda musicale suona la colonna sonora di un altro celebre film: “2001 Odissea nello spazio”.
Coinvolto nell’inchiesta su Mafia capitale, indicato come uno dei quattro clan che regnano su Roma dall’inchiesta del settimanale Espresso (e in seguito alla quale sono arrivate pesanti minacce al giornalista Lirio Abbate) il clan dei Casamonica è composto da famiglie sinti, etnia nomade ormai presente da decenni in Italia, originario dall’Abruzzo.
Poi, negli Settanta si trasferiscono a Roma dove iniziano a specializzarsi nel racket e nell’usura nella periferie sudest della Capitale.
Negli anni Novanta fanno il salto di qualità , s’inseriscono nel mercato degli stupefacenti, prendono il sopravvento nella zona tra Anagnina e Tuscolano, si alleano con i clan dei Castelli, con alcuni affiliati alla ‘Ndrangheta dei Piromalli e Molè, con uomini della Banda della Magliana.
Ed è proprio con la Banda che inizia il suo cursus honorum Vittorio Casamonica negli anni ’70: risultava l’addetto al recupero dei crediti, aveva rapporti con Enrico Nicoletti, il cassiere di De Pedis e soci, e negli anni ’80 viene accusato di decine di sequestri di persona (in seguito verrà assolto).
Poi negli anni duemila il clan viene preso di mira dalle indagini della magistratura: decine di arresti tra il 2004 e e l’operazione Mondo di Mezzo, sequestri patrimoniali da decine di milioni.
Uno coinvolge anche lui: in casa gli trovano vasi archeologici provenienti chissà da dove.
Come dire che il lusso sfarzoso a Vittorio Casamonica è sempre piaciuto: e adesso che se ne è andato, ha voluto ricordare a tutti di quello di cui era capace.
Un addio tra sfarzo e lacrime di familiari e amici, macchine di lusso e cavalli neri, petali di rosa ed elicotteri: quasi fosse un principe. Anzi un re: il Re di Roma.
La vicenda ha scatenato ovviamente la polemica politica: come è possibile che la capitale diventi un set cinematografico per omaggiare un boss?
“Mai più – ha scritto in un tweet Orfini-. Roma non può essere sfregiata da chi la vorrebbe far diventare un set del Padrino”.
E il capogruppo alla Camera di Sel Arturo Scotto e la deputata Celeste Costantino presenteranno “un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Angelino Alfano”: “Sono scene che sembrano prese da un film ma che accadono oggi nella realtà viva della Capitale del nostro Paese. Non può essere consentita a nessuno l’apologia della malavita. Quei funerali possono apparire un fenomeno di folclore, ma in realtà sono un messaggio chiaro di impunità da parte dei clan: esistiamo ancora e siamo potenti. Inaccettabile – concludono Scotto e la Costantino – in uno stato democratico”. Pure il Pd Stefano Pedica prepara un’interrogazione.
Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, giudica, in una nota, allarmante che il funerale del boss si sia trasformato “in una ostentazione di potere mafioso”: “Quanto avvenuto oggi a Roma non è francamente accettabile”. “Preoccupa – aggiunge la Bindi – il clima di consenso che ha accompagnato una simile messa in scena, che dovrebbe fugare ogni dubbio sull’esistenza della mafia nella Capitale e raddoppiare l’impegno delle istituzioni a contrastarne la forza e la capacità di inquinare ampi settori della società e della pubblica amministrazione”.
Il funerale del boss Vittorio Casamonica “è un episodio che non va sottovalutato, ma neanche amplificato. Resta il fatto che saranno compiuti degli accertamenti. In base all’esito sarà presa una decisione”, ha affermato il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, che ha tenuto a precisare che la prefettura non aveva avuto “notizia di una iniziativa tale”.
Il vicesindaco Causi a dar voce allo sdegno del Campidoglio: “Una offesa alla città . Le immagini del funerale di stamattina non dimostrano dolore e cordoglio, piuttosto rappresentano il tentativo di esibire simboli di potenza, arroganza e intimidazione tipici della cultura mafiosa.”.
Drastico don Luigi Ciotti, presidente di Libera: “Grave è l’evidente strumentalizzazione di un rito religioso per rafforzare prestigio e posizioni di potere. Sappiamo che le mafie non hanno mai mancato di ostentare una religiosità di facciata, “foglia di fico” delle loro imprese criminali”.
Il parrocco della chiesa ha chiarito di non essere stato informato sul tenore delle celebrazioni: “In chiesa hanno tenuto un comportamento impeccabile, tutto il resto è accaduto fuori”.
Resta il fatto che la Prefettura ha permesso che un elicottero sorvolasse il centro di Roma pr gettare petali sulla piazza, senza che nessuno verificasse il motivo del volo, che venissero affissi striscioni inneggianti al boss senza che alcuno ne contestasse la liceità , che una banda musicale intonasse le note de “il Padrino” con evidente riferimento all’attività del defunto.
Perchè se all’interno della Chiesa tutto si è svolto secondo le regole, fuori non è stato così: che ci stanno a fare le forze dell’ordine? O vogliono farci credere che non sapevano chi era il trapassato a miglior vita?
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Agosto 20th, 2015 Riccardo Fucile “GLI ELETTORI GIUDICHINO IL PROGRAMMA DI SALVATAGGIO”
Non ha atteso nemmeno 24 ore dalla firma della Commissione Europea sul nuovo memorandum che
accompagna il terzo piano di aiuti da 86 miliardi. Alexis Tsipras ha scelto di giocarsi il tutto per tutto, muovendosi d’anticipo e preferendo regolare i conti con la propria minoranza interna direttamente alle urne piuttosto che nell’aula del Parlamento, dove al momento il premier sembra avere perso la maggioranza: “Ho la coscienza a posto – ha detto il leader greco in un discorso alla nazione – in questi mesi ho combattuto per il mio popolo. Gli elettori – ha aggiunto – giudichino l’accordo di salvataggio”.
L’All-in giocato da Tsipras mette così Piattaforma di Sinistra, l’ala interna che si è opposta al premier in carica, doppiamente con le spalle al muro.
Costringendola, a meno di un congresso in extremis del partito, a scegliere, e in fretta, se restare all’interno riallineandosi però alla linea del capo del governo, o abbandonare la formazione politica.
E, in ogni caso, lasciandole poco tempo per organizzarsi.
“Syriza, il governo e soprattutto Alexis Tispras sono molto più popolari tra la gente che in Parlamento e questo verrà provato con il processo democratico”, ha sintetizzato l’esponente di Syriza e vicepresidente dell’Europarlamento Dimitris
Papadimoulis commentando la mossa del premier.
Un azzardo che espone però lo stesso Tsipras a più di un rischio.
Non solo per la possibilità di perdere pezzi per strada da qui al prossimo 20 settembre, data indicata da molti per il voto, ma anche e soprattutto perchè lo costringe a presentarsi alle urne con un programma ben diverso da quello con cui aveva trionfato alle elezioni di gennaio.
Non più il rottamatore della Troika, ma il ricostruttore della Grecia.
L’uomo che da una parte è riuscito a instradare il Paese in un nuovo piano di assistenza finanziaria che dovrebbe metterlo al riparo da nuovi rischi di default, ma che dall’altro per farlo ha dovuto per ben due volte tradire il mandato popolare ricevuto.
La prima volta sedendosi al tavolo con le Istituzioni e accettando un nuovo memorandum malgrado le proprie promesse elettorali, la seconda adeguandosi alle richieste dei creditori ribaltando completamente l’esito del referendum convocato a luglio proprio per respingere le misure della ex-Troika.
O con me o con chi? Con questo slogan il premier in carica sembra affacciarsi al voto. Chiedendo al popolo greco un incarico forte per uno Tsipras II che metta in atto gli impegni che il capo del governo ellenico ha dovuto sottoscrivere con l’Europa.
Un messaggio difficile da far digerire agli elettori e a cui si contrapporrebbe una strategia più di rottura, portata avanti dall’estrema destra e — in caso di scissione — dalla fuoriuscita Piattaforma di Sinistra, che lo stesso Tsipras potrebbe attaccare definendola fallimentare, così come fallimentare è stata la rigida posizione greca durante i quattro mesi del negoziato prima della rottura e del referendum.
Da parte loro, con una lunga campagna elettorale, gli oppositori di Tsipras avrebbero potuto facilmente far leva sull’immagine del premier che ha tradito le promesse fatte agli elettori.
Soprattutto in vista delle misure impopolari che leader di Syriza è chiamato ad implementare in vista della prima revisione del programma, uno degli “esami” periodici definiti dal memorandum per procedere con i nuovi esborsi.
Anche per questo Tsipras ha deciso di spingere il piede sull’acceleratore anticipando il voto alla metà di settembre.
Mettendo a rischio se stesso oggi pur di fare piazza pulita dei propri nemici interni domani.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 20th, 2015 Riccardo Fucile SECONDO LA TV GRECA ALLE 20 L’ANNUNCIO… ELEZIONI IL 20 SETTEMBRE
Alexis Tipras potrebbe dimettersi questa sera per aprire le porte a nuove elezioni anticipate in Grecia. E’ quanto ha rivelato oggi la televisione pubblica greca, Ert1, mentre già negli ambienti politici di Atene circolano le voci sulla possibile data delle elezioni, il 13 o il 20 settembre. L’annuncio da parte di Tsipras dovrebbe avvenire questa sera alle 20 ora locale, le 19 in Italia.
Durante la riunione tra Tsipras e i propri consiglieri alcuni hanno chiesto al capo del governo di agire in fretta e indire le elezioni al più tardi per il 20 o il 27 settembre in modo che il governo possa superare la spaccatura che si è creata all’interno di Syriza.
Un altro gruppo suggerisce a Tsipras di non considerare le elezioni prima dell’11 ottobre in modo da dare la possibilità al governo di attuare il nuovo accordo di salvataggio con i creditori e ricostruire un rapporto di fiducia con loro.
“Syriza, il governo e soprattutto Alexis Tispras sono molto più popolari tra la gente che in Parlamento — dice Dimitris Papadimoulis, esponente di Syriza e vicepresidente dell’Europarlamento — e questo verrà provato con il processo democratico”.
“Alcuni deputati di Syriza hanno scelto di passare all’opposizione — ha aggiunto — formare un nuovo partito che si opporrà a Syriza con lo slogan del ritorno alla vecchia moneta e questo costringe il governo e il primo ministro a prendere l’iniziativa politica”.
Nei giorni scorsi, a riconoscere che il governo non ha più una maggioranza politica in Parlamento, era stata la stessa portavoce dell’esecutivo Olga Yerovasili: “Tutti noi ci rendiamo conto che questo governo non ha al momento la maggioranza per poter applicare le sue politiche. Questo, di per sè, è un grosso ostacolo”.
Nelle stesse ore la prima tranche del nuovo programma di salvataggio, il terzo in cinque anni, è stata erogata in tempo per consentire ad Atene di ripagare il debito maturato con i creditori internazionali. Ad annunciarlo il ministero delle Finanze greco.
L’annuncio è arrivato mentre il premier Tsipras era riunito con i suoi consiglieri più stretti per esaminare la possibilità di indire in autunno nuove elezioni, hanno fatto sapere fonti di governo.
Ieri, 19 agosto, il meccanismo europeo di stabilità ha ratificato il piano di salvataggio per complessivi 86 miliardi di euro, dando l’ok all’erogazione della prima tranche di 26 miliardi: l’agenzia di stampa greca Amna ha riferito che la prima parte di questi 26 miliardi è già stata ricevuta da Atene.
Circa 13 miliardi sono stati allocati in un conto speciale alla banca centrale greca per ripagare automaticamente il debito da 3,4 miliardi di euro con la Bce, il debito da 2,2 miliardi con l’Fmi e il prestito ponte da 7 miliardi garantito a luglio dall’Esm.
Altri 10 miliardi di euro saranno utilizzati invece per ricapitalizzare le banche, mentre un miliardo sarà usato per il pagamento degli obblighi scaduti del governo al settore privato.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 20th, 2015 Riccardo Fucile “MIGRANTI, LAVORO E DIRITTI, BASTA STARE ZITTI”
Denunciare le ingiustizie è stato un ordine arrivato dal Vaticano. 
“Ce lo ha detto papa Francesco il 18 maggio scorso, all’apertura dell’assemblea generale della Cei”, spiega monsignor Gianfranco Todisco, vescovo di Melfi, Rapolla e Venosa, autore di una lettera contro il turno domenicale indirizzata all’ad di Fca Sergio Marchionne e ai vertici dello stabilimento lucano.
È solo l’ultimo intervento di un vescovo a tutela dei diritti, dopo le parole di monsignor Nunzio Galantino a difesa dei migranti.
“Bergoglio ci ha invitato a ‘non essere timidi o irrilevanti nello sconfessare e nello sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata’ che può danneggiare anche gli ‘onesti lavoratori’”, continua.
Monsignor Todisco, come è nata l’idea della lettera?
La cosa è molto semplice: a Melfi il riavvio dell’attività è avvenuto dopo due anni di cassa integrazione. È stata una boccata d’ossigeno per ottomila famiglie. Sono anche stato invitato diverse volte in fabbrica, pure prima di Natale, e ho benedetto i due modelli in produzione (la Jeep Renegade e la 500X, ndr). Mi ero già augurato che il lavoro domenicale non continuasse a lungo. Sono al corrente della necessità del lavoro, la cui mancanza mortifica la persona, grazia permettiamo ai dipendenti di passare il tempo con la famiglia.
Perchè?
Perchè quando il profitto viene messo al primo posto la famiglia diventa un albergo a cinque stelle in cui c’è tutto quello che serve, ma dove non si sta più insieme. La compagnia della famiglia non ha prezzo.
Gli operai hanno reagito?
Uno devoto mi ha scritto su WhatsApp: “Complimenti per la lettera. So già che non funzionerà per la manutenzione, ma ha fatto bene”.
Nei giorni scorsi monsignor Nunzio Galantino ha difeso i migranti, poi il vescovo Muser e ora lei difendete i lavoratori. Voi vescovi state inaugurando una nuova linea d’intervento?
È papa Bergoglio che ci ha invitato a denunciare ogni forma di ingiustizia che va contro la dignità della persona. Era all’apertura dell’assemblea della Cei il 18 maggio.
State sostituendo la sinistra e i sindacati nella difesa dei diritti delle persone?
Quando si tratta di dignità umana non mi interessano le etichette. Qualcuno potrebbe ritenerlo un attacco alla Fca. Ma io mi informerò anche sulle altre aziende che lavorano la domenica e scriverò anche a loro.
Insomma, va avanti.
Sì, anche se mi è già arrivata la critica di un sindacalista della Uil (Carmine Vaccaro, segretario regionale, ndr), secondo il quale 400 persone rischiano il posto. Ma il turno domenicale è un sacrificio per i lavoratori, non deve essere la norma.
Gli altri dipendenti che dicono?
Ho parlato con molti di loro a maggio, quando ho accompagnato dei sacerdoti a visitare la fabbrica. Alcuni di loro non hanno retto i ritmi della catena di montaggio e hanno lasciato il lavoro, ma gli altri sono contenti. Con me c’erano anche due preti che, prima di entrare in seminario, sono stati operai alla Fiat. Erano sorpresi dalle condizioni.
Si aspetta una risposta da Marchionne?
Non lo so, però ai vertici dello stabilimento ci sono persone competenti che sono anche dei fedeli. So anche che non si può cambiare la produzione da un momento all’a ltro. Ora è tempo di vacche grasse e ci sta, ma mi auguro che poi ripensino i modelli di produzione.
Anche il vescovo di Bolzano Ivo Muser ha criticato il lavoro domenicale. Si è esagerato?
Sì, la domenica deve essere per tutti, anche per quelli che vogliono lavorare. Consideriam anche che molti lavoratori vengono sfruttati, prendono 50 anzichè 100.
Papa Francesco oggi (ieri per chi legge, ndr) dice che il lavoro non deve tenere in ostaggio la famiglia, spesso considerata un “ingombro, un peso per la produttività del lavoro”.
Non dice nulla di nuovo da quello che ha scritto papa Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 20th, 2015 Riccardo Fucile RAPPORTO MENO DIRETTO E PARTIGIANO, MA PIU’ ISTITUZIONALE E SFUMATO
Qualcosa di importante è cambiato in Comunione e Liberazione se al suo annuale Meeting riminese non vengono invitati gli “amici” Roberto Formigoni e Maurizio Lupi, i ciellini che più di tutti gli altri hanno avuto successo nella politica italiana.
Quel che è mutato è appunto il rapporto con la politica: meno diretto e partigiano, più istituzionale e sfumato.
Ai vertici del gruppo prevale la prudenza, quella che, ad esempio, ha indotto i ciellini a non partecipare al Family Day di giugno, semi-sconfessato dal segretario generale della Cei Nunzio Galantino (e quindi indirettamente dal Papa).
È questa la sostanza della linea di don Julià¡n Carrà³n, il successore di don Luigi Giussani alla guida dell’organizzazione.
Una linea non condivisa,e anzi attivamente avversata, da molti pezzi grossi del movimento, che non accettano questa soluzione di continuità con il passato, che premono, malgrado tutto, e cioè malgrado gli scandali, la corruzione, il declino degli amici di sempre (soprattutto di Silvio Berlusconi), per conservare un rapporto privilegiato con la politique politicienne.
Se quest’ultima posizione appare decisamente velleitaria,viene comunque spontaneo porsi un interrogativo di fondo: che cosa è Comunione e Liberazione senza la politica? Molto poco è la mia risposta.
Non mi risulta infatti che in questi anni il movimento fondato da Giussani si sia distinto per l’originalità della proposta spirituale o per qualche rilevante innovazione teologica, nè che la qualità del personale dirigente che esso ha fornito alla Chiesa (inclusi i non pochi vescovi) sia particolarmente apprezzabile.
La politica scorre da sempre nelle vene di un movimento nato negli anni Settanta proprio per contrastare la supposta deriva intimistica e spiritualistica, l’eccessiva timidezza ideologica, di molto cattolicesimo di allora.
Cl è stata a lungo, nella società italiana, soprattutto nelle scuole e nelle università , l’antagonista principale della sinistra, la principale forza cattolica in grado di contrastare, sul piano del consenso, l’egemonia politica e culturale delle varie sinistre.
Sempre mostrando i muscoli e senza mai arretrare di un millimetro.
Questa notevole vigoria organizzativa, di stampo gesuitico o leninista se si preferisce, procurò a Cl, negli anni Ottanta, la considerazione della dirigenza democristiana.
I ciellini crebbero di numero e di influenza dentro il partito.
Quando la Prima Repubblica finì, essi riuscirono persino a migliorare la propria posizione nel sistema politico italiano, divenendo l’anima cattolica (e il garante per conto della gerarchia dominata dal cardinal Camillo Ruini) dello schieramento di centro destra.
Ricavando immensi vantaggi politici ed economici, di potere e di denaro.
Da qualche anno la festa è finita ed è anche arrivato un conto salato da pagare, in termini di reputazione e di credibilità .
Tanti ciellini hanno perso definitivamente la faccia e l’anima cattolica non serve più ad un sistema politico centrato sullo scontro personale e lo show mediatico.
Se a tutto questo si aggiunge un papa del tutto indifferente e anzi un po’ infastidito dalla politica italiana, il quadro è completo.
Queste sommariamente le ragioni della fine della lunga stagione dell’impegno politico di Cl.Cosa venga dopo rimane incerto.
Soprattutto non si capisce da dove Cl potrebbe trarre nuova linfa. Perchè,nel frattempo, una decina d’anni fa il fondatore è passato a miglior vita.
Sostituito, come capita spesso nelle organizzazioni carismatiche, da un personaggio assai meno vivace e geniale, Carrà³n, scelto forse proprio per la sua incapacità di oscurare anche solo minimamente la statura del grande leader scomparso.
Quest’ultimo peraltro era certamente un genio organizzativo e un grande motivatore di persone, ma non certo un grande teologo nè un intellettuale così originale da meritare di entrare nel novero dei grandi pensatori cattolici.
Prima o poi, e avviene forse già oggi, i suoi scritti (divenuti autentico vangelo per i militanti) parranno ai giovani lettori irrimediabilmente datati, obsoleti, culturalmente impregnati di un cattolicesimo anni Cinquanta piuttosto indigesto alle coscienze dei contemporanei.
Marco Marzano
(da “il Fatto Quotidiano”)
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