Agosto 28th, 2015 Riccardo Fucile ANCHE IN ITALIA QUESTI EPISODI DI SOLIDARIETA’ SONO IN CRESCITA
Se il motto della Lega di Matteo Salvini è “Aiutiamoli a casa loro”, da qualche tempo, in Germania, il refrain con cui gestire l’arrivo dei profughi dalla Siria potrebbe essere, osando una forzatura, aiutiamoli a casa nostra, laddove per ‘casa nostra’ non si intende il suolo patrio, ma proprio la casa, quella vera con camere, bagno e cucina.
Ad aprire le porte delle abitazioni privati agli stranieri in arrivo in Germania e Austria è stato, dalla fine del 2014, il sito Flà¼chtlinge Willkommen (Benvenuto rifugiato) che si occupa di mettere in contatto i profughi appena arrivati in Germania e Austria con persone disposte ad ospitarli in casa, a seconda della città e della disponibilità di spazio.
Il sito tedesco, come se fosse un Air B&B per rifugiati, in buona sostanza funziona così: ci si iscrive, si indica la propria disponibilità , la città in cui si risiede e il numero massimo di profughi che si intende ospitare.
Non appena all’associazione arriva un caso compatibile con le caratteristiche dell’ospite volontario, i contatti vengono incrociati e chi cerca una casa può trovare un tetto per un periodo variabile (da poche settimane ad alcuni mesi) e chi invece ospita riesce a ottenere un piccolo guadagno (circa 300 euro al mese) a titolo di rimborso spese.
Questa cifra viene provvista o dallo Stato (nei lander che prevedono questo tipo di sussidio) o dal sito stesso con un sistema di crowdfunding.
I profughi accolti arrivano da paesi come Afghanistan, Bangladesh, Niger, Iraq, Iran, Pakistan, Senegal e Siria e, gli ospitanti sono di ogni tipo, tra i 21 e i 65 anni, coppie, single, studenti o professionisti.
Ad oggi, sul sito si sono registrati in poco più di 800, tra tedeschi e austriaci, e in 107 casi disponibilità e richiesta si sono incrociati con successo.
Numeri che se da un lato, possono sembrare dissonanti con i recenti disordini anti profughi scatenatisi per esempio a Heidenau, in Sassonia, con due notti di guerriglia urbana, o Nauen, in Brandeburgo, con l’incendio (probabilmente doloso e di matrice neonazi) di un centro di accoglienza , per altri versi, sembrano invece coerente con le recenti decisioni di Angela Merkel, intenzionata a prendere di petto la questione profughi e di mandare in soffitta, almeno per un po’ i vincoli della carta di Dublino che imporrebbe di respingere nel paese di sbarco gli immigrati che premono sui confini tedeschi.
La questione non è da poco se si pensa che, secondo i dati del Ministero per l’Immigrazione tedesco, dall’inizio del 2015 sono arrivate 600mila richieste di asilo e si ritiene che da oggi a fine anno se ne aggiungeranno altre 800mila.
Un fenomeno imponente che si somma ai 10,9 immigrati già presenti sul territorio tedesco e che fanno della Germania il secondo Paese per percentuale di immigrati al mondo dopo gli Stati Uniti.
Un fronte, quello degli arrivi, che ora, senza la protezione della Carta di Dublino rischia di diventare troppo esteso per le strutture di accoglienza pubbliche e che rende plausibile la via dell’accoglienza domiciliare.
Anche in Italia non sono mancati di recente episodi in cui comuni cittadini hanno aperto le porte di casa loro a stranieri e profughi e senza che intervenisse a teutonica organizzazione di un sito, ma solo con il passa parola e gli appelli di volonterosi sindaci, parroci e vescovi.
Se pochi giorni fa ha fatto rumore il caso di Treviso, dove un insegnante, Antonio Silvio Calò, ha accolto in casa un gruppo di sei profughi, meno clamore, invece, si è alzato attorno alla scelta di un’anziana di Padova, Mara Gambato, 90 anni, che, scossa dalle immagini degli sbarchi a Lampedusa, ha traslocato in una appartamento per mettere a disposizione di un gruppo di profughi la sua villetta.
Azioni concrete che si sono accompagnate a contestati appelli pubblici.
Luciano Pacomio, vescovo di Mondovì, a febbraio ha esortato i cittadini a aprire le loro case ai rifugiati e, ad aprile, il prefetto di Venezia Domenico Cuttaia si è rivolto ai privati “per sistemare, provvisoriamente, gli immigrati in arrivo dalla Sicilia”.
Luciana Grosso
(da “L’Espresso”)
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Agosto 28th, 2015 Riccardo Fucile CHI SI SCANDALIZZA PER IL POSSESSO DI CELLULARI DA PARTE DEI PROFUGHI NON CONOSCE IL PROBLEMA DI CHI DEVE SFUGGIRE DA UNA GUERRA
Le immagini dei richiedenti asilo che arrivano in Europa percorrendo migliaia di chilometri a
piedi non devono confondere: i nuovi profughi hanno bisogno di Facebook e dello smartphone e non soltanto di acqua e cibo.
Tanto che la necessità primaria al termine di una tappa è ricaricare il cellulare per poter connettersi con i social network e ricavare così informazioni da coloro che già hanno passato quella frontiera, ma anche per scaricare mappe e indirizzi.
“Regola uno: caricare lo smartphone appena si può: per le mappe, le informazioni su Facebook, i prezzi, i treni…”, racconta Amir Hamza, 38 anni, pachistano laureato in medicina intervistato dall’inviato del Corriere della Sera nella tendopoli di Roszke, Ungheria, dove il flusso dei profughi è sempre più denso.
“Senza il mio smartphone non sarei mai arrivato fin qui a Belgrado, non potrei proseguire in Europa”, è la testimonianza di Osama Aljasem, 32 anni, insegnante di musica, intervistato dal New York Times.
Aljasem si tiene in contatto con 21 famigliari sparsi in cinque Paesi differenti tramite Whatsapp.
Come molti siriani, ha dovuto lasciare la propria password di Facebook al checkpoint della Siria quando è scappato; le autorità di Damasco o l’Isis controllano in questo modo chi fugge, per stabilire se è amico o nemico.
Per questo motivo molti richiedenti asilo comperano un nuovo cellulare e una nuova scheda non appena arrivano in Turchia.
Scrive ancora il Corriere:
Con Facebook e Whatsapp si mandano aggiornamenti in tempo reale sulle rotte, dopo averli utilizzati prima della partenza per pianificare il viaggio. Sui social in lingua araba, nei gruppi di Facebook (“Come emigrare in Europa” conta 40mila membri) ci si scambiano informazioni, mentre i trafficanti cercano di postare le loro offerte last minute con tanto di “like” più o meno taroccati: “Sconto del 50% per i bambini sotto i 5 anni. Da Istanbul a Salonicco, dalla Turchia alla Grecia, 1900 a persona: passaggio in auto con due ore di camminata.
Ma, come sottolinea il New York Times, grazie agli smartphone con il Gps incorportato, i profughi stanno facendo a meno dei trafficanti poichè possono contare sulle informazioni ricavate nei gruppi di discussione sui social e dalle esperienze di chi è partito prima ed è già arrivato: “Ora i trafficanti stanno perdendo quota perchè le persone vanno avanti da sole, grazie a Facebook”, dice Mohamad Haj Alì, 38 anni, volontario di una agenzia per lo sviluppo a Belgrado, la capitale della Serbia che sta diventando una delle tappe principali dei migranti.
Alì parla della enorme popolarità di un gruppo Facebook denominato “Traffica te stesso in Europa senza trafficanti”. “I siriani non sono stupidi”, dice.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2015 Riccardo Fucile L’EX PRESIDENTE DELL’ISTAT: “IL MINISTERO NON HA SPIEGATO QUALE ERRORE HA COMMESSO”
Enrico Giovannini, economista, è stato presidente dell’Istat e poi ministro del Lavoro. Ha dedicato parte dei suoi studi proprio al rapporto informazione statistica e politica. Con lui proviamo a capire cosa possa esserci dietro l’errore commesso dal suo ex ministero nell’ultima comunicazione sui contratti di lavoro
Come spiega il pasticcio? Possibile che si tratti solo di un errore materiale?
«Non possiamo che credere a quello che ha detto il ministro e che dunque si sia trattato di un errore materiale. Evidentemente qualcuno ha sbagliato dei calcoli e quei dati sono usciti senza una verifica di qualità . Gli errori ci possono stare ed è per questo che tutti gli enti si dotano di procedure di controllo come previsto dalle linee guida sulla qualità statistica che furono stabilite quando ero presidente dell’Istat »
In questo caso – c’è da supporre –non sono state rispettate. Cosa prevedono le linee guida?
«Per esempio che nel caso si commetta un errore si fornisca tempestivamente la rettifica spiegando le ragioni che hanno portato all’errore ».
Il ministero ha seguito questa procedura?
«Sul sito del ministero c’è solo il testo con i dati, ma non si evidenzia la rettifica e le sue ragioni”
Cioè non si spiegano le ragioni dell’errore?
«Non c’è nessun riferimento all’errore ».
E questo contribuisce a creare il caos informativo. Il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, ha parlato di confusione con Istat, Lavoro e Inps che forniscono in tempi diversi dati diversi. Lei è d’accordo con questo giudizio?
«La confusione c’è indubbiamente ed è in parte legata alla diversità delle rilevazioni. Anche la stampa, però, deve essere più attenta al modo con cui diffonde le informazioni, magari ricordando ogni volta le specificità di ogni fonte».
In questo caso, però, sono stati proprio alcuni giornali a smascherare l’errore del ministero.
«Solo alcuni giornali si sono accorti dell’errore. Non posso che rammaricarmi per la soppressione dei corsi sul data journalism che avevo introdotto quando ero presidente dell’Istat. Non a caso solo il 15% degli italiani giudica buona l’informazione statistica diffusa dai media e il 43% la giudica carente».
Quali sono le differenze tra i dati comunicati dall’Istat e quelli forniti dal Lavoro e dall’Inps?
«Intanto va detto che gli unici dati che fanno testo a livello internazionale sono quelli dell’Istat sulle forze lavoro. È una rilevazione campionaria basata su centinaia di migliaia di interviste effettuate durante l’anno. Riguarda tutti i settori e tutte le figure professionali e in parte copre anche il lavoro sommerso. Quelli del ministero del Lavoro sono dati amministrativi relativi alle comunicazioni obbligatorie da parte dei datori di lavoro. Si tratta in sostanza dei contratti di lavoro, non di “teste” perchè una stessa persona può stipulare nello stesso periodo più di un contratto. È un’indagine limitata al lavoro dipendente, esclusa la pubblica amministrazione e il lavoro domestico. Dunque è un sottoinsieme del campione Istat. Quelli dell’Inps hanno una copertura simile a quelli del Lavoro».
Come si può uscire da questo caos di numeri su un tema così sensibile com’è quello
del lavoro?
«L’Istat ha un ruolo fondamentale di coordinamento. E come ha già annunciato il presidente Alleva credo sia estremamente urgente una sua iniziativa».
Guardando i numeri, cosa sta succedendo nel mercato del lavoro italiano?
«È molto semplice: il numero di occupati a giugno 2015 è identico a quello di giugno 2014, il numero dei disoccupati è cresciuto di 85 mila unità , e il numero degli inattivi è diminuito di 131 mila. Questo vuol dire che l’effetto complessivo delle misure adottate per il lavoro è stato finora nullo. Aggiungo che il numero di giovani occupati (860 mila, 80mila in meno di un anno fa) è al minimo storico».
È cambiata però la composizione dei contratti.
«Sì, c’è un forte spostamento dai contratti a termine al cosiddetto “contratto a tutele crescenti”, anche grazie ai generosi incentivi a favore delle imprese ».
Roberto Mania
(da “La Repubblica“)
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Agosto 28th, 2015 Riccardo Fucile SCENDE DAL 42,5% AL 23% MA RESTA IL PRIMO PARTITO.. CALANO ANCHE I CONSERVATORI DAL 27,8% AL 19,5%… FERMI ALBA DORATA E COMUNISTI
Syriza resta primo partito, ma crolla nei sondaggi. 
Dopo le dimissioni di Alexis Tsipras da premier e il varo di un governo tecnico guidato dalla presidente della Corte suprema Vassilikì Thanou, un sondaggio dell’istituto ProRata pubblicato dal quotidiano greco Efimerida Ton Syntakton vede la sua formazione crollare dal 42,5% di luglio al 23%.
Uno scivolone notevole anche rispetto al 36,6% ottenuto alle elezioni di gennaio. Il nuovo dato è stato diffuso dal quotidiano Efymerida ton Syntakton, in vista delle elezioni che si terranno il 20 settembre.
Da 21 punti di vantaggio rispetto a Nuova Democrazia, Syriza è sceso a soli 3,5 punti in più.
Giovedì Greek Reporter aveva dato conto di un risultato ancora peggiore, che vedeva il partito di Tsipras avanti di appena 2 punti.
Tornando alla rilevazione di ProRata, i conservatori totalizzano il 19,5% delle intenzioni di voto, rispetto al 27,8% di gennaio e al 21,5% di luglio.
Al terzo posto resta l’estrema destra di Alba dorata, con il 6,5%.
Seguono i comunisti del Kke con il 5%, i socialdemocratici del Pasok con il 4% e i centristi di To Potami con il 4%.
Unità popolare, nato dalla scissione dell’ala radicale di Syriza, conta il 3,5% delle intenzioni di voto. La Unione di centro, che finora non ha mai superato la soglia del 3%, ottiene proprio questa percentuale nei sondaggi.
In attesa delle elezioni, quindi per meno di un mese, il Paese sarà comunque guidato dal governo ad interim guidato dalla presidente della Corte Suprema greca Thanou.
Nel frattempo l’istituto centrale di statistica ha rivisto al rialzo dallo 0,8 allo 0,9% il dato sulla crescita congiunturale del pil nel secondo trimestre.
Ma quel dato, molto influenzato dal calo dei prezzi e dagli acquisti di beni durevoli fatti per timore di eventuali prelievi forzosi sui conti in banca, ha come contraltare un’ulteriore scivolata dei depositi bancari.
A luglio, secondo Kathimerini, sono calati di 1,4 miliardi, nonostante il controllo sui capitali imposto dal governo a fine giugno. Prelevando 60 euro al giorno, limite massimo tuttora in vigore, è infatti comunque possibile ritirare fino a 1.800 euro al mese.
E molti cittadini, di fronte all’incertezza della situazione politica ed economica, preferiscono tenere il denaro in casa.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 28th, 2015 Riccardo Fucile “L’AIUTO AI RIFUGIATI DEVE RIGUARDARE TUTTI I 28 PAESI”
L’Europa finora “ha fatto poco per aiutare Italia e Grecia, i Paesi dove approdano molti dei rifugiati” che fuggono dalle guerre in Medio Oriente.
La critica è del New York Times, che sottolinea come la Ue fino ad adesso abbia in generale “fallito” nel mettere a punto un sistema condiviso di quote, puntando il dito in particolare su Francia e Regno Unito fino a questo momento determinati nel fermare il flusso di disperati ai loro confini.
Il Nyt sottolinea quindi le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel che si è detta profondamente scossa dalle notizie delle ultime ore, lanciando un appello ai partner europei perchè si accordino su un piano comune. “Ma abbiamo già ascoltato queste dichiarazioni prima”, si afferma, auspicando comunque che stavolta il Vecchio Continente sia in grado di prendere le misure necessarie.
L’auspicio, dice il quotidiano, è che la tragica scoperta dei morti nel tir in Austria, “sciocchi quei Paesi europei che fino ad ora si sono rifiutati di intraprendere quelle azioni concertate”, sollecitate dalla cancelliera Angela Merkel, che “sono così palesemente necessarie”.
L’Italia e la Grecia “sono sopraffatte” mentre la Serbia e la Macedonia, che aspirano a diventare membri Ue faticano, a gestire la crisi, rimarca il Nyt, plaudendo alla proposta dell’Austria di creare un sistema di quote per tutti i 28 i Paesi membri, un porto sicuro per chi certa aiuto nel Vecchio Continente e intensificando la lotta contro i trafficanti.
“Queste misure – conclude il giornale – rappresentanto il modo di pensare ingegnoso e compassionevole di cui l’Europa ha bisogno”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2015 Riccardo Fucile TRA GLI IMPRENDITORI LOMBARDI IL COGNOME CINESE E’ IL PIU’ DIFFUSO… IL PRIMO ITALIANO E’ SOLO QUARTO
Il cognome Hu, di evidente origine cinese, è diventato il più diffuso tra quelli dei nuovi
imprenditori lombardi, seguito da Chen e quindi dall’indiano Singh.
Il primo cognome italiano nella classifica dei più ricorrenti arriva solo al quarto posto ed è quello Ferrari, seguito da Colombo.
Sono i dati delle nuove imprese indibiduali elaborati dalla Camera di Commercio di Monza e Brianza, afferma una nota, sulle nuove imprese create in regione tra gennaio e agosto.
Dopo il quinto posto di Colombo, bisogna aspettare il 13/esimo posto in classifica per arrivare a ‘signor Rossi’, preceduto dagli Ahmed, i Lin, Mohamed, Zhou, Wang e Liu.
A Bergamo ‘vincono’ i Locatelli, a Como e Lecco i Colombo, a Monza e Brianza i Villa, a Pavia i Ferrari, mentre gli Hu sorpassano tutti a Milano e i Singh sono i più ricorrenti a Brescia, Cremona, Lodi e Mantova.
Hu è il cognome più diffuso anche tra i titolari di imprese nate tra gennaio e agosto del 2015 in Veneto e Piemonte. Mentre Hossain vince nel Lazio, e Chen in Toscana.
I cognomi italiani vincono in Puglia con Greco e in Emilia Romagna testa a testa tra Hu e Rossi.
Solo l’anno scorso Hu era il secondo cognome più diffuso a Milano (non solo tra gli imprenditori).
Ora lo stesso cognome svetta tra gli imprenditori di tutta la regione.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2015 Riccardo Fucile TROVATO IN SPIAGGIA DA UNA COPPIA IN VACANZA… E’ IL PIU’ ANTICO MAI RINVENUTO
È rimasta in balia delle onde per 109 anni fino a quando una coppia di anziani in vacanza l’ha trovata sulla spiaggia di Amrum Island, una delle Isole Frisone sulla costa tedesca del Mare del Nord.
La scoperta di Marianne Winkler, un’impiegata delle poste in pensione e del marito Horst, potrebbe entrare nel libro dei Guinness Record come il più antico messaggio in bottiglia affidato al mare.
La storia del messaggio
I due anziani stavano passeggiando quando hanno visto la bottiglia: seguendo le istruzioni scritte sopra, hanno rotto il vetro e letto la cartolina che c’era all’interno. Era della Marine Biological Association di Plymouth e la richiesta che riportava era quella di rispedirla al mittente: l’istituto di ricerca, infatti tra il 1904 e il 1905, aveva gettato in mare un migliaio di bottiglie, tra Regno Unito, Germania, Olanda, Danimarca e Norvegia, per studiare il flusso delle correnti e i movimenti dei pesci. Una volta compilata, Marianne e Horst, l’hanno dunque inviata per posta.
Superata la sorpresa di vedersi recapitare una lettera indirizzata all’ex presidente dell’Mba, George Parker Bidder, ormai scomparso, l’istituto ha aperto la busta e trovato la cartolina che spiegava tutto. In accordo con quanto scritto, alla coppia che l’ha ritrovata, l’associazione ha consegnato uno scellino d’argento di ricompensa (acquistato su eBay perchè la Gran Bretagna non ne produce più).
La maggior parte del contenuto delle bottiglie gettate in mare all’inizio del secolo era stato restituito all’Mba nel giro di quattro anni dall’esperimento da pescatori o da persone che avevano trovato i messaggi camminando sulla spiaggia.
Altre si sono rotte o sono rimaste sepolte dalle correnti. Solo una è rimasta a ondeggiare per più di cento anni.
L’associazione ha sottoposto ora il ritrovamento al libro dei Guinness Record perchè si aggiudichi il primato di messaggio in bottiglia più antico del mondo.
L’attuale record è di un messaggio risalente a 99 anni fa scoperto al largo delle isole Shetland nel 2013.
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 28th, 2015 Riccardo Fucile ROMA VA SCIOLTA PER MAFIA E BONIFICATA DA CERTA SINISTRA E DA CERTA DESTRA
Il sindaco di Roma Ignazio Marino esultante dopo il Consiglio dei ministri che gli leva quasi tutti i
poteri e di fatto lo commissaria, con il decisivo argomento che“si è tolta dal tavolo l’ipotesi dello scioglimento del Campidoglio”, ricorda la scena del ragionier Ugo Fantozzi che, pestato a sangue da una gang di teppisti che gli smontano pure la Bianchina pezzo per pezzo, esala tra un ceffone e una testata: “Badi, signore, che se osa ancora alzare la voce con me…”; poi perde i sensi.
Ma che cosa deve ancora accadere perchè Marino, che comunque un mestiere ce l’ha e non campa di politica, ponga fine alla sua agonia politica e si dimetta da sindaco lasciando il suo nemico di sempre —cioè il suo partito— in brache di tela?
Da quando ha avuto il torto di vincere le elezioni, il Pd gli ha fatto una guerra spietata che nemmeno a B.
Gli ha imposto assessori e collaboratori poi regolarmente finiti in galera o sotto inchiesta.
Ha raccolto firme per le sue dimissioni. Non ha mosso un dito quando la destra di Alemanno chiedeva la sua testa perchè parcheggiava la Panda in sosta vietata. Dopodichè si scoprì che il problema di Roma non era la Panda, ma la Banda: della Magliana, nel seguitissimo sequel “Mafia Capitale”.
Lui ne uscì pulito proprio perchè non aveva nulla a che fare con il suo partito“cattivo, pericoloso e dannoso” secondo la definizione dell’ex ministro Fabrizio Barca, infestato da “associazioni a delinquere” secondo l’attuale ministra Marianna Madia, diretto da gentaglia che falsificava le tessere e intrallazzava con Buzzi & Carminati.
E chi tornò nel mirino di quel partito lì? Marino.
Il premier Renzi, mai eletto da nessuno se non come sindaco di Firenze, iniziò a dettargli ultimatum, spalleggiato dalla solita Boschi.
Il commissario Orfini, che frequenta il partito romano da quando aveva i calzoni corti e naturalmente non ha mai visto nè sentito nulla, fece invece la parte del poliziotto buono, sostenendo il sindaco come la corda sorregge l’impiccato.
Intanto gli mise accanto l’assessore turborenziano ai Trasporti Stefano Esposito che, essendo di Moncalieri (provincia di Torino), assicura la giusta competenza su Roma e parla già da sindaco.
Anzichè ribellarsi all’accerchiamento, Ignaro Marino continuò a fare il finto tonto (almeno speriamo che sia finto) e ad aggirarsi con le due dita alzate in segno di vittoria, anche quando gli arrestavano 44 persone tutto intorno.
Poi battè un cinque alla Boschi alla festa dell’Unità .
E implorò Renzi “di giudicarmi dai risultati”, come se fosse stato Renzi a nominarlo sindaco di Roma, e non gli elettori a eleggerlo.
Infine andò in scena il funeral party di Casamonica, che lo colse in vacanza all’estero.
E riecco gli sciacalli e gli avvoltoi affondare i denti: non era certo il sindaco che doveva impedire quella sceneggiata, semmai le forze dell’ordine che fanno capo a questore, prefetto e ministro dell’Interno.
Ma Alfano non si tocca, ammesso e non concesso che abbia una consistenza, sennò viene giù il governo,e chiederne la testa è inutile per mancanza della medesima. Neppure Gabrielli si tocca: altrimenti come si fa a promuoverlo capo della Polizia? Quindi la colpa è di Marino.
La stampa e la satira di regime lo attaccano perfino perchè è andato in ferie, come se fosse l’unico, come se fosse vietato, come se la sua presenza a Roma a ferragosto potesse cambiare qualcosa.
Noi l’abbiamo scritto fin dal giorno della prima retata di Mafia Capitale: “Roma va sciolta per mafia”. Decine, centinaia di comuni sono stati sciolti per molto meno.
E sciogliere Roma per commissariarla ufficialmente e poi, una volta bonificata, rimandarla alle urne non significa condannare il sindaco, ma affermare ciò che tutti sanno: e cioè che la classe politica e amministrativa del Comune è irrimediabilmente inquinata non da oggi o da ieri, ma da almeno quattro sindacature, di destra e di sinistra.
Marino, che fino a prova contraria non ha mai assecondato interessi criminali, avrebbe — volendo — tutte le carte in regola per ricandidarsi e tornare in Campidoglio, almeno sul piano morale.
Sulle capacità di governo, invece, stendiamo un velo pietoso, visto l’abbandono in cui versa la Capitale.
Ma spetta agli elettori decidere, non a Renzi, nè a Gabrielli e neppure ad Alfano.
Invece Marino s’è imbullonato alla poltrona, lasciandosi logorare per conto terzi e sfogliare giorno dopo giorno come un carciofo.
E ora subisce, con l’aria giuliva e le solite dita a V, l’ultima umiliazione: sia il fatto che ieri il Consiglio dei ministri ha trasferito al prefetto Gabrielli, cioè a Renzi —non si sa con quale legittimità — il controllo su otto settori vitali della città (dalla casa ai campi rom, dal verde all’ambiente) e il coordinamento del piano Giubileo, tutti compiti che spettano al sindaco e alla sua giunta; sia soprattutto il fatto che, a decidere il tutto, è stato Angelino Alfano.
Ma sì, il collezionista di scandali e gaffe, il capo del partito più inquisito e arrestato d’Italia, quello che difende a spada tratta il sottosegretario Castiglione indagato in Mafia Capitale per la fogna del Cara di Mineo, che da solo vale tre quarti di Ncd. Neppure un Marino, per quanto nullo, può accettare lezioni da un Alfano.
Se sloggiasse ora, i suoi nemici che lo usano come punching ball per fare i propri comodi e allontanare le elezioni che sanno di aver già perso, lo rincorrerebbero: uno spettacolo impagabile.
Roma, intanto, continuerebbe la sua lenta putrescenza.
Tanto l’unica cosa che non frega niente a nessuno è proprio Roma.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 28th, 2015 Riccardo Fucile IN SEI MESI SUPERATE LE PREVISIONI E SI RISCHIA LA MANOVRA CORRETTIVA
Il giochetto rischia di esplodere nelle mani del governo, se non è già successo.
Si parla dei generosi incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato previsti dalla legge di Stabilità 2015 a partire da gennaio: rischiano di produrre un buco da 2 miliardi — e forse più — per lo Stato, di cui il ministero dell’Economia è ben consapevole.
I pasticci del ministero guidato da Giuliano Poletti sui nuovi posti di lavoro non è casuale: è da gennaio che enfatizza i dati per dimostrare che la decontribuzione totale (fino a 8.060 euro per tre anni) per chi assume a tempo indeterminato nel 2015 e il contratto a tutele crescenti (da marzo) funzionano.
Secondo il Tesoro, il costo degli incentivi vale 1,88 miliardi nel 2015, 3,7 miliardi nel 2016, 3,9 nel 2017, 2,1 nel 2018 e 130 milioni nel 2019.
Totale: 11,7 miliardi, solo in parte compensati dall’abolizione di precedenti sgravi (per chi assumeva al Sud) e dalla riprogrammazione di altre risorse.
Si tratta di: 1,15 miliardi nel 2015; 1,38 nel 2016; 1,69 nel 2017; e 1,3 nel 2018.
A bilancio, quindi, la misura costerà : 731 milioni nel 2015; 2,3 miliardi nel 2016; 2,2 nel 2017 e 760 milioni nel 2018. Totale: sei miliardi.
Per Poletti dovrebbe creare un milione di contratti stabili in più nel 2015.
La Fondazione studi dei consulenti del lavoro (Fscl) nota che per pagare tutti quei contratti mancano già 3 miliardi.
La misura ha un solo limite: ha diritto allo sgravio chi assume, o ne fa richiesta, entro il 2015.
Stando ai dati Inps, a giugno erano 674.874 i posti su cui le imprese beneficiano della misura.
Se il trend venisse confermato, a fine anno saranno 1,2 milioni.
Sulla base della decontribuzione media stimata dallo stesso Tesoro (4.215 euro) il conto fa 5 miliardi.
Al netto delle compensazioni, nel 2015 mancano 2 miliardi (e così fino al 2018).
Che il governo dovrà trovare con una manovra correttiva, anche se a ottobre decidesse di non prorogare gli incentivi.
Non poco mentre si cercano almeno altri 30 miliardi per il 2016: “Più che di buco, parlerei di onere da coprire”, spiega al Fatto il viceministro dell’Economia Enrico Morando.
Ma mancano o no 2 miliardi?
“Per il 2015, se si confermasse questo trend, sarà una cifra significativa, ma è un problema meno insormontabile rispetto alle clausole di salvaguardia”.
Se a ottobre, però, il governo decidesse di non prorogare gli sgravi, ci sarebbe un boom di assunzioni negli ultimi mesi che aggraverebbe il buco già reato dalle stime imprecise della vecchia manovra.
Morando: “Tratteremo con la Ue l’estensione solo per le assunzioni nel Sud e delle donne nel Centro- Nord”.
Il problema è che questi incentivi funzionano a metà : “Visto che l’occupazione è ai livelli del 2014, sono andati a chi avrebbe assunto comunque – spiega Rosario De Luca, presidente della Fscl – anche perchè molti contratti sono stagionali”.
Carlo Di Foggia
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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