Dicembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
ISTAT CERTIFICA: DA UN REDDITO MEDIO DI 17.146 EURO SI E’ PASSATI A 13.965 EURO
I pensionati del futuro saranno più poveri di quelli di oggi?
Senz’altro, come ha spiegato il presidente dell’Inps Tito Boeri, ma guardando i numeri pubblicati dell’Istat sono anche i pensionati del presente, quelli cioè che sono andati in pensione nell’ultimo anno, ad essere già molto meno fortunati di chi ha lasciato il lavoro in passato.
Il reddito medio di chi ha iniziato a ricevere la pensione nel 2014 (13.965 euro) è inferiore a quello dei cessati (15.356) e a quello dei sopravviventi (17.146), coloro che anche nel 2013 percepivano almeno una pensione.
Di fatto ci sono quasi 3000 euro di differenza in media.
La fotografia tracciata dall’Istituto riflette complessivamente il dato degli anni passati. Nel 2014 la spesa complessiva per prestazioni pensionistiche ha superato i 277 miliardi di euro con un aumento dell’1,6% sul 2013.
L’incidenza sul Pil è cresciuta di 0,2 punti dal 16,97% al 17,17%.
Calano i pensionati.
Ad essere calato, frutto delle riforme degli anni passati, è ancora il numero di pensionati.
Nel 2014 sono stati 16,3 milioni, circa 134 mila in meno rispetto al 2013. Le donne rappresentano il 52,9 per cento dei pensionati e percepiscono in media 14.283 euro (contro 20.135 euro degli uomini); la meta’ delle donne (49,2 per cento) riceve meno di mille euro al mese, a fronte di circa un terzo (30,3 per cento) degli uomini.
Il 47,7 per cento delle pensioni e’ erogato al Nord, il 20,4 per cento nelle regioni del Centro e il restante 31,9 per cento nel Mezzogiorno.
I nuovi pensionati (le persone che hanno iniziato a percepire una pensione nel 2014) sono 541.982 mentre ammontano a 675.860 le persone che nel 2014 hanno smesso di esserne percettori (i cessati).
Il reddito medio dei nuovi pensionati (13.965 euro) e’ inferiore a quello dei cessati (15.356) e a quello dei pensionati sopravviventi (17.146), cioe’ coloro che anche nel 2013 percepivano almeno una pensione.
I più ricchi e i più poveri.
Il 40,3% dei pensionati percepisce un reddito da pensione inferiore a 1.000 euro al mese, un ulteriore 39,1% tra 1.000 e 2.000 euro.
Quanto agli assegni più alti, poco più di mezzo milione di pensionati, e precisamente 560.192 persone, percepisce un reddito tra i 3.000 e i 5.000 euro al mese.
In 175.756 percepiscono una pensione d’oro e cioè tra i 5.000 e i 10 mila euro, e ce ne sono poco più di 9 mila (9.190 per l’esattezza) che ha un reddito da pensione di oltre 10 mila euro al mese.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
LE RICHIESTE PENDENTI SONO 14.766
La signora Liliana Tagliaferri, 82 anni, abita in zona piazza San Giuseppe. Per 40 anni ha vissuto in una casa dell’inpdap.
Quando è stato venduto il complesso di case, lei non ha potuto acquistare e oggi – sola, senza figli, mai sposata – vogliono mandarla via. Così rischia di veder arrivare la polizia da un giorno all’altro.
Anche la Milano dell’Expo ha le sue contraddizioni e, soprattutto, a cominciare dall’emergenza di chi non riesce più a pagare l’affitto e si ritrova senza casa.
Il numero di richieste di sfratto all’ombra della Madonnina è uno di quelli che nessuno vuole maneggiare: nelle 14.766 richieste pendenti al Tribunale, ben 10.707 sono per chi non paga l’affitto, mentre solo 2.791 sono per finita locazione (1.268 per altri motivi).
La proporzione tra sfratti per morosità e quelli per termine del contratto di affitto, è in aumento: all’inizio del 2014, infatti, il rapporto era di tre a uno, mentre adesso siamo quasi al quattro a uno.
Situazione analoga in provincia, con un totale di 7.061 sfratti, dei quali 4.998 per morosità , 1.679 per finita locazione e 384 per altri motivi.
A fine giugno il numero degli sfratti eseguiti con la forza pubblica nel 2015 era di 1.491 (dal 2010 la media annuale è di 2.800).
I numeri che fanno ancora più paura sono quelli che riguardano chi uno sfratto lo ha già subito.
A Milano ci sono 270 famiglie con sfratto eseguito – e quindi senza un tetto – con in mano l’assegnazione teorica per un appartamento.
Sono i più sfortunati di tutti – si tratta di coloro che hanno chiesto una casa popolare in deroga alla graduatoria perchè in situazione d’emergenza – e sono in crescita rispetto ai 150 dello scorso anno.
Quando non riescono a trovare una soluzione da parenti o amici, dormono in strada o in comunità . A queste cifre si devono poi aggiungere le oltre 3.064 richieste in deroga che sono giacenti presso gli uffici comunali e non ancora valutate.
A conti fatti, una marea umana cresciuta negli anni di crisi perchè rimpolpata proprio dalla grossa quantità di sfratti per morosità incolpevole.
“La cosa che fa più male – racconta Leo Spinelli, segretario del sindacato inquilini Sicet Cisl che guida gli sportelli dove ogni giorno si presentano decine e decine di persone in difficoltà – è che in passato una soluzione si trovava sempre. Venivano messi negli alberghi, per un periodo temporaneo, e poi gli veniva assegnata una casa”. Adesso non è più così.
Già , ma perchè? Tra le tante motivazioni, c’è la fatica, apparentemente insormontabile, nel riuscire a rimettere in circolo quelle case popolari vuote che rimangono sfitte. Quasi 10mila alloggi – fra proprietà del Comune e Aler, azienda regionale per l’Erp – che non si riesce a ristrutturare e assegnare. E che sarebbero oro colato per centinaia di famiglie.
L’idea del Comune di Milano, però, è diversa: per affrontare l’emergenza abitativa, spiegano, bisogna fare in modo che i privati affittino le case che tengono vuote (a Milano si parla di circa 80mila abitazioni).
“L’emergenza abitativa si è riversata in blocco sull’edilizia popolare a cominciare dalle famiglie sfrattate – ha detto l’assessore alla Casa Daniela Benelli – Ma rispetto a un patrimonio Erp insufficiente, c’è un bacino molto più ampio di alloggi privati, spesso sfitti, che vogliamo rimettere in circolo. Il nostro obiettivo è intervenire prima dello sfratto, evitando che le famiglie restino senza casa e tutelando i proprietari dal rischio della morosità “.
L’idea del Comune è stata quella di avviare l’agenzia sociale per la locazione con l’obbiettivo di mediare tra inquilini e proprietari per evitare sfratti e trovare canoni sostenibili.
“Ma a qualche mese dall’avvio dell’agenzia e dello stanziamento di risorse come fondo di garanzia – spiegano dal Sicet – i numeri delle morosità incolpevoli rientrate grazie a questi interventi si contano sulle dita di una mano”.
(da “la Repubblica”)
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Dicembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
BOOM DELLE RICHIESTE PER “MOROSITA’ INCOLPEVOLE” E QUASI 80.000 PROVVEDIMENTI ESECUTIVI, LE SITUAZIONI DI DISPERAZIONE SI MOLTIPLICANO
Il Giubileo della “misericordia” è alle porte, ma la spietata macchina degli sfratti non si ferma.
Mobilitati gli ufficiali giudiziari e i poliziotti, quando il giudice autorizza l’intervento della forza pubblica.
Nel 2014 in Italia le richieste di sfratto sono state più di 150mila. Nella graduatoria in testa la Lombardia seguita dall’Emilia Romagna, la Toscana e il Lazio.
Gli sfratti colpiscono soprattutto la grandi città dove si concentrano i casi di “morosità incolpevole”, quelli che riguardano le famiglie colpite dalla crisi e che non possono più permettersi di pagare l’affitto.
Nessun blocco previsto nel decreto milleproroghe, in cambio 446 milioni a favore dei Comuni per fronteggiare l’emergenza.
Una goccia rispetto all’onda anomala ormai all’orizzonte. Plaude Confedilizia, cresce la mobilitazione delle associazioni che cercano di difendere gli inquilini.
Ci sono soluzioni? Una potrebbe essere quella dei “piani di zona”, vale a dire l’edilizia agevolata con finanziamenti regionali a fondo perduto e affitti calmierati.
Ma a Roma, ad esempio, il meccanismo si è trasformato in una grande truffa. Tanto da far dire all’ex assessore all’urbanistica, Giovanni Caudo: “E’ un sistema bacato”.
Intanto la Procura ha aperto un’inchiesta e stanno per arrivare i primi avvisi di garanzia.
Un’altra soluzione ci sarebbe: trasferire gli sfrattati nei “residence” facendo ingrassare i proprietari, visto che i canoni mensili sfiorano i 2mila euro. L’ormai famosa “vacca da munge” di Mafia Capitale.
Come arricchirsi con i poveri, tanto paga la comunità .
Marina Caprioli, 33 anni, quattro figli, sfrattata con l’ausilio della forza pubblica. Ecco la sua storia.
“Abitavo a Giardinetti, una casa di 20 metri quadrati ricavata da un lavatoio, piena di muffa. Lavoravo in un negozio di ferramenta. La padrona del negozio è anche la proprietaria della casa. Contratto registrato per 100 euro al mese, in realtà ne pagavo 500 più 65 di condominio. Soldi che la signora mi tratteneva direttamente dalla paga. Per arrotondare, il sabato e la domenica lavoravo in una pizzeria”.
Come spesso succede la precarietà incide sulle vicende personali.
“Mio marito ha chiesto la separazione, ma i 300 euro al mese che mi aveva promesso non li ho mai visti. Faceva l’autista e si era fatto mettere in nero per non tirare fuori un euro. Ogni tanto passava a casa ma erano sempre litigate e volavano gli schiaffi. A quel punto ho chiesto alla proprietaria di venirmi incontro perchè non ce la facevo più a tirare avanti. Dal febbraio del 2014 ho smesso di pagare l’affitto e lei ha chiesto lo sfratto. A quel punto le ho fatto la causa di lavoro. E lei mi cacciato dal negozio. Nel frattempo ho trovato un nuovo compagno e sono rimasta incinta”.
Il 16 giugno del 2015 arriva l’ufficiale giudiziario con al seguito due camionette della polizia. Per qualche giorno viene sistemata in un residence. Appare anche l’assistente sociale del Comune.
“Mi ha promesso di trovare una soluzione perchè io lì non ci volevo più stare. Ho aspettato ma ‘sta soluzione non è mai arrivata. Allora ho deciso di tornare a casa dei miei. In quella casa ci viviamo in 11, mio padre e mia madre, mia sorella con il figlio, mio fratello, io e il mio compagno assieme ai quattro figli. Noi dormiamo nel salone ma non può andare avanti a lungo”.
Altra storia particolare è quelle avvenuta, sempre a Roma, il 25 novembre.
Alle otto di mattina, in via Fillia, nella zona Collatina, Roberta M., madre di due figli minori, attende l’arrivo dell’ufficiale giudiziario con la forza pubblica.
Ha perso il lavoro, quindi rientra nella categoria di quelli che non possono pagare l’affitto per “morosità incolpevole”.
Ha chiesto aiuto alla Regione Lazio che ha le ha offerto un finanziamento di 8 mila euro. Ma il gestore del piano di zona “via Longoni” non intende ragioni.
Il tribunale civile autorizza quindi lo sfratto esecutivo con la forza pubblica. Passano un paio d’ore ma non si vede nessuno. Angelo Fascetti, coordinatore nazionale dell’Associazione Inquilini e Abitanti, che è andato a trovarla, sta per tornare sui suoi passi. Roberta gli offre un caffè.
All’improvviso arriva l’ufficiale giudiziario con i poliziotti. I due si barricano in casa. Sale la tensione, Gli agenti si dicono sicuri di entrare. Ma c’è un piccolo, grande, problema. Nell’appartamento ha iscritto la sua residenza parlamentare Roberta Lombardi, deputata di 5 stelle.
Impossibile quindi entrare, salvo l’autorizzazione della Camera. “La truffa dei piani di zona – afferma la parlamentare – deve finire, farò di tutto perchè ciò avvenga, Non è possibile che decine di migliaia di cittadini che vivono in case costruite con i contributi pubblici continuino a pagare affitti molto più alti di quelli fissati dalla legge”.
Esempi come tanti altri che alimentano il fenomeno delle occupazioni abusive.
Un meccanismo infernale e senza fine. Proprio per affrontare l’emergenza casa, esiste una legge, quella dei “Piani di zona”.
Ecco di cosa si tratta. Il Comune individua un’area, mette a bando l’appalto per la costruzione di nuove abitazioni. Il progetto prescelto determina l’esproprio del terreno. A quel punto la Regione finanzia, a fondo perduto, in media al 50 per cento, il costo dell’opera.
La cooperativa edilizia, o l’impresa che si aggiudica il cantiere, è obbligata a presentare un piano finanziario nel quale devono essere evidenziati i costi, compresi quelli delle opere di urbanizzazione primaria.
Adesso arriva il bello. Nessuno ha mai presentato i piani finanziari al Comune di Roma, che avrebbe dovuto esercitare il controllo.
Quasi nessun costruttore ha depennato dai costi il finanziamento a fondo perduto della Regione.
Cosa è accaduto allora? La truffa ha permesso a cooperative e imprese di imporre affitti o prezzi di vendita gonfiati. Ma la Regione Lazio e il Comune di Roma, che hanno l’obbligo di controllare tutto il meccanismo, nel frattempo cosa facevano? Nella migliore delle ipotesi chiudevano un occhio.
In via Marcello Gallian fanno bella mostra le palazzine di 5 piani tirate su dalla Lega San Paolo Auto.
Una delle coop edilizie più gettonate e che si vanta avere fatto sempre campagna elettorale per il Partito Democratico.
“Per diventare soci e prenotare l’alloggio hanno versato dai 159mila ai 250mila euro a testa – racconta Angelo Fascetti, coordinatore nazionale dell’Associazione Inquilini e Abitanti – poi è arrivata la richiesta di versamento fuori sacco di 100mila euro. Una parte dei soci si è rifiutata di tirare fuori soldi in più. La Lega San Paolo li ha cancellati dal libro soci ed ha chiesto ed ottenuto lo sfratto esecutivo. Questo nonostante i vertici della cooperativa siano indagati per truffa, concussione ed estorsione aggravata. Una colossale ingiustizia perchè il giudice civile non ha tenuto conto che gli ex soci hanno versato l’intero importo pattuito, mentre la cooperativa – conclude – non ha depurato dai costi il finanziamento a fondo perduto ottenuto dalla Regione Lazio”.
Intanto qualcosa, anche se a fatica, si sta muovendo.
A parte l’indagine della magistratura, l’allora assessore all’Urbanistica del Comune di Roma, Giovanni Caudo, ha presentato una delibera, approvata dalla giunta, nella quale si obbligano le coop e le imprese ad adeguare gli affitti e i prezzi di vendita, dopo aver depennato il finanziamento regionale.
In caso di mancato adempimento il Comune applicherà le sanzioni previste dalla legge. E si tratta di multe salate.
“Nei casi più gravi – si legge nella delibera – si arriverà al sequestro degli immobili”. Ora manca solo la firma del commissario straordinario perchè la delibera non è riuscita ad arrivare nell’Aula Giulio Cesare.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
“NON C’ERA MOTIVO DI SOTTOPORRE UNA SCUOLA A UNA SIMILE AGGRESSIONE”… UNA SPECULAZIONE POLITICA FONDATA SUL NULLA
“Le ispezioni si sono chiuse e dall’ufficio scolastico Regionale è arrivata una telefonata: non hanno trovato irregolarità per le quali accogliere la mia disponibilità a lasciare la Garofani. Rimettono a me la scelta di rimanere o meno alla guida della scuola”. Dopo le indagini inviate dal ministero, il caso dell’elementare di Rozzano sembra essere arrivato a un punto decisivo.
A raccontare la decisione che sembrano aver preso definitivamente le istituzioni scolastiche è Marco Parma, il preside finito nella tempesta per il concerto di Natale rimandato a gennaio.
“Gli ispettori hanno verificato che ciò che era stato deciso all’interno della scuola sui festeggiamenti natalizi era stato preso in accordo con tutte le componenti della comunità scolastica – spiega il dirigente – ho cercato di spiegarlo anche nei giorni scorsi: non ci sono state imposizioni, abbiamo deciso insieme e non abbiamo cancellato nulla”.
Il caso ha fatto comunque scalpore, e questo potrebbe costare un richiamo scritto sulla gestione della comunicazione con i media.
Ora la palla passa quindi a lui: nei giorni scorsi, mentre il caso montava su tutti i media, aveva mandato una lettera al direttore regionale, Delia Campanelli, chiedendo di valutare la possibilità di una sua rinuncia alla reggenza, qualora avesse commesso errori nella gestione della scuola.
Il ministero, vista la portata delle polemiche che si sono scatenate per giorni, è voluto andare a fondo in tempi rapidi: dopo aver convocato il preside per avere spiegazioni, martedì alla Garofani sono stati inviati tre ispettori per parlare con i docenti e ascoltare da più campane cos’è accaduto veramente.
Hanno steso una lunga relazione, sulla quale doveva avere l’ultima parola direttamente il ministro dell’Istruzione Giannini.
“Ora mi prendo qualche giorno di tempo per decidere, con calma, cos’è meglio – spiega Parma – in questi giorni ho avuto tante manifestazioni di solidarietà e di affetto da parte dei miei insegnanti. Mi hanno scritto colleghi, genitori. Mi hanno aiutato molto a vivere questo momento “.
Il concerto d’inverno alla Garofani resta il 17 gennaio, “come avevamo deciso insieme “. Nelle singole classi ognuno festeggerà come vorrà il Natale, come accade per tantissime scuole milanesi, multietniche e non.
“Questo era stato deciso e questo rimane. Forse ho commesso degli errori di comunicazione e di questo mi pento. Ma non c’è mai stata prevaricazione. E non c’era motivo di sottoporre una scuola a una simile aggressione”.
Tiziana De Giorgio
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
LE CASE DEI GENERALI LE DANNO A FORMIGONI E A DEPUTATI…LA PINOTTI PAGAVA 7 EURO
Viale Castro Pretorio n. 95, duecento metri dalla stazione Termini di Roma, Complesso logistico Pio IX, il vicario di Cristo con il pontificato più lungo dopo San Pietro.
Qui ci sono il Circolo ufficiali e la moderna foresteria dell’Esercito. All’alba non c’è lo sfiancante alzabandiera e la mensa non offre pasti frugali.
Così i politici sgomitano per ottenere una stanza per pochi euro al giorno o al mese, spesso strappano una suite di caratura internazionale con vasca o doccia idromassaggio, disimpegno, salottino, studiolo.
E pazienza se la foresteria, come precisano con solerzia i generali, sia riservata ai militari in servizio o in congedo.
Gli uomini del ministro e del sottosegretario
All’albergo-caserma Pio IX, e la scelta non è imposta da motivi di sicurezza, la Difesa ha trasferito dipendenti e assistenti del ministro Roberta Pinotti (Pd) e del sottosegretario Gioacchino Alfano (Ncd)
Quando al ministero c’era ancora Mario Mauro durante il governo di Enrico Letta, l’allora sottosegretario Pinotti abitava in un alloggio di Castro Pretorio per 7 euro al giorno, più un euro per le pulizie.
Poi l’ha lasciato in eredità all’altro Alfano dell’Ncd, Gioacchino, che ha pensato bene di portare con sè tre collaboratori.
Ora il ministro Pinotti vive altrove, ma al Pio IX restano il suo portavoce, il segretario particolare e un consulente del gabinetto. Non cambia l’obolo: 7 euro al giorno, che diventano 8 per rifare il lettone e lavare la biancheria.
Emigrato a Roma per svolgere il mandato a Palazzo Madama, il senatore Roberto Formigoni (Ncd) ha trovato rifugio in caserma, in una suite internazionale al costo di 39,40 euro al giorno compresa la colazione.
Un prezzo assurdo per il mercato e la posizione.
Anche il viceministro Riccardo Nencini (Trasporti), che non c’entra niente con l’Esercito e di solito è impegnato in edilizia e cantieri, riceve il trattamento Formigoni, e vive in una camera di livello superiore.
Parlamentari di breve e lungo corso
Non è mai agevole prenotare una suite. Oltre ai già citati Formigoni e Nencini, ci riescono spesso il leghista Giacomo Stucchi, presidente del Comitato per la sicurezza della Repubblica (Copasir, l’organo che controlla i Servizi segreti) e l’ex ministro democristiano Gian Guido Folloni.
Per Stucchi può valere una ragione di sicurezza, per Formigoni & C. non esiste.
Per la comodità e il risparmio, la foresteria Pio IX è molto ambita dai parlamentari che incassano una diaria di 3.500 euro al mese.
E poi è riservata come una caserma militare e lussuosa come un hotel a cinque stelle: 88 camere; cortile con palme; garage per cento auto; nove sale ristorante; tavernetta per le pizze; palestra attrezzata.
Con queste tariffe: suite internazionale 39,40 euro; alta rappresentanza e matrimoniale 28,90; singola 21,90.
L’alloggio costa 7 euro al giorno, ma non prevede la colazione che, però, è inclusa nel prezzo delle altre camere.
In un qualsiasi quattro stelle, ma anche in qualche tre stelle, la colazione da sola costa come una camera singola del resort Pio IX.
Allora pure la molisana Sabrina De Camillis, una semplice “esperta per la riforma del titolo V” del ministro Beatrice Lorenzin (Salute), ex deputata di Ncd e sottosegretaria con Letta, non rinuncia mai a una camera al Pio IX.
Quando ne ha bisogno, e non capita di rado, chiede una stanza anche Giovanna Petrenga, la forzista componente della commissione Difesa. Il Pio IX gli ha assegnato una camera di alta rappresentanza, forse perchè impressionati da un incarico meramente simbolico: presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea della Nato.
Manca il campo, ci sono i calciatori
La foresteria Pio IX non ha ancora un campo da calcio, ma è molto frequentata da ex deputati giocatori della nazionale dei parlamentari: Costantino Boffa (consulente di Invitalia, difensore); Michele Cappella (centrocampista); Salvatore Buglio (mediano di spinta); Tommaso Pellegrino (attaccante).
Il presidente della squadra è Gioacchino Alfano. Per le trasferte a Roma, la foresteria è utilizzata anche dagli ambasciatori Claudio Bisogniero (Stati Uniti) e Pier Francesco Zazo (Australia).
Per bloccare una stanza un ufficiale deve chiamare un numero dedicato.
Contattati al telefono, Formigoni e Nencini non sanno spiegare e chiamano in causa imprecisate “segretarie”. Dal senatore al viceministro fino agli ex deputati: questi clienti del Pio IX, dunque, sembrano non avere titoli per soggiornare in caserma.
E lo scrive nero su bianco il generale Paolo Raudino, capo ufficio del V reparto Affari generali dello Stato maggiore, in una lettera inviata lo scorso giugno all’Associazione mutilati e invalidi di guerra: “Le predette foresterie devono essere utilizzare obbligatoriamente dal personale dell’amministrazione in caso di missioni all’interno del territorio nazionale. E sono destinate prioritariamente per esigenze, anche di carattere familiare, del personale in servizio e in quiescenza dell’esercito”.
In realtà , Nencini e Formigoni si accomodano.
I mutilati di guerra possono attendere.
Carlo Tecce e Toni De Marchi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
LISTA PER LE COMUNALI ANCORA TOP SECRET
Non si è presentato, e ha lasciato il suo vice a gestire la rabbia dell’assemblea come un apprendista stregone.
Massimo Bugani non si è fatto vedere, ieri sera, all’incontro con la fronda 5 Stelle, che chiede primarie per il candidato sindaco e trasparenza sulla lista.
Alle domande degli attivisti, spiega il vice Marco Piazza, risponderanno Luigi di Maio e Alessandro Di Battista: si caleranno in città venerdì e domenica, per chiudere il caso Bologna, ancora una volta dall’alto.
Dopo aver archiviato le primarie dai riflettori di 8 e mezzo (“il caso è chiuso”), il contestato candidato sindaco dei 5 Stelle a Bologna ieri ha disertato l’incontro al circolo Mazzini, al quale aveva invitato i dissidenti.
“Saremo lì, pronti a rispondere a qualsiasi domanda”, annunciava mercoledì la pagina del Movimento 5 Stelle di Bologna su Facebook.
Così, buona parte degli ormai 90 firmatari (erano 75 solo due giorni fa) della petizione contro di lui e la sua “lista di nominati”, si sono presentati. Sala stipata, non soltanto attivisti, ma anche consiglieri di tutta la provincia (“rappresentiamo qualcuno, dei cittadini ci hanno votato”).
Le domande sono quelle della petizione: “Chi ha deciso il candidato sindaco?”, “Chi sono le persone che avete messo in lista?”
Marco Gherardi del Porto le fa al microfono: “Come farò io a puntare il dito contro il Pd chiedendogli di non fare le liste dall’alto se cominciamo noi a farlo? Se deroghiamo alle regole diventiamo un partito. Vi prenderete una grande responsabilità “.
Piazza spiega com’è nata l’idea di candidarsi, e di farlo con una lista blindata.
“Lo staff ci chiese di correre prima dell’estate. Abbiamo deciso di accettare ma a una condizione: sceglierci la squadra”.
E la partecipazione? Il controllo dal basso? “Abbiamo chiesto proprio perchè non eravamo sicuri che fosse una procedura corretta. Ci hanno detto di sì. Capisco che sia meno bello e coinvolgente ma dobbiamo scegliere persone sulle quali contare”.
Usa metafore musicali: “Un progetto è come uno spartito, se vuoi governare devi poter scegliere gli strumenti”.
La sala rumoreggia, i dissidenti protestano.
I nomi di Favia e Defranceschi circolano come cattivi esempi da non ripetere, a questo serve il controllo sui nomi. Ma se il Movimento ha superato la fase del: “chi vuole candidasi metta il dito qui sotto”, come lo battezza lo stesso Piazza, il passaggio successivo non tutti i lo condividono. Il consigliere comunale di San Giorgio di Piano, Giorgio Paglieri si sgola: “Ma per voi è normale che ci sia un candidato non votato da nessuno con una lista segreta?”
Un professore universitario si alza in piedi stralunato, ha scelto il giorno sbagliato: “Mi chiamo Demetrio Casile sono un professore delle Belle Arti, me ne vado con una grande amarezza e non vi voterò più”.
Dopo più di due ore di interventi, la lista per le amministrative resta top secret.
“Alcuni candidati ci hanno chiesto riservatezza”, si giustifica Piazza. Ne ha anche per la stampa “con la bava alla bocca” che se ne andrà “delusa per il poco sangue”.
Scatta l’isteria collettiva, sul finale qualcuno alza la voce, un paio di attivisti si innervosiscono e vengono separati. Davanti intanto si cerca di ricomporre, di parlare di programma: salute, ambiente, trasporti, economia.
Sugli articoli 4 e 7 del Non statuto (quelli che obbligano alla condivisione delle scelte attraverso la rete) Piazza non si esprime, rimanda al blog (“vi ha già risposto con il post repetita iuvant”). Invita a fare la stessa domanda ai leader del direttorio che sfileranno sotto le Due Torri i prossimi giorni. “Di Maio sarà venerdì a Imola, Di Battista domenica ai banchetti di via Ugo Bassi”.
I dissidenti se ne vanno preoccupati: “Ma il Movimento non eravamo noi?”. “Davvero vogliono farci diventare un partito, a Roma?”.
Caterina Giusberti
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
AVREBBE CHIESTO DENARO A UNA COOPERATIVA PER UNA GARA RELATIVA A SERVIZI SCOLASTICI
Nuova vicenda di corruzione. La guardia di finanza di Vercelli ha arrestato, con l’accusa di induzione indebita e istigazione alla corruzione, Davide Sandalo, Pd, presidente del Consiglio comunale di Casale Monferrato fino al 27 novembre. L’inchiesta è scattata da una cooperativa, che ha denuncia
In manette anche Ubaldo Omodeo Zorini, amico di Sandalo, sorpreso mentre incassava una tangente di cinquemila euro in contanti.
La denuncia fatta alla Procura nei confronti dei due arrestati ha trovato conferme – sostiene la guardia di finanza – nelle intercettazioni, telefoniche e ambientali, da cui “emerge la mercificazione della funzione pubblica istituzionale da parte degli indagati”.
Nel corso delle perquisizioni effettuate, sono state trovate ingenti somme di denaro in contanti, di cui si sta indagando sulla provenienza.In seguito all’inchiesta Sandalo, che si trova agli arresti domiciliari, nei giorni scorsi si era dimesso da presidente del Consiglio comunale sostenendo la sua estraneità ai fatti.
Il sindaco Titti Palazzetti commenta così l’arresto: “Esprimo la massima fiducia nell’operato della magistratura e spero che faccia al più presto chiarezza su questa vicenda nell’interesse dell’amministrazione comunale e dei cittadini. L’arresto di Sandalo mi lascia molto stupita – aggiunge la prima cittadina, nota per le battaglie sull’amianto -. Sandalo fa politica da sempre, è stato più volte assessore e vicesindaco di Casale e ha avuto anche importanti incarichi in Provincia. Ho apprezzato la sua decisione di dimettersi, quando nei giorni scorsi ha saputo di essere indagato. Esprimo solidarietà alla persona e spero che la magistratura possa accertare al più presto i fatti”
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
UN GIORNALISTA USA SBUGIARDA I REPUBBLICANI SU TWITTER
Il massacro di San Bernardino in California colpisce profondamente il cuore dell’America e come accade per ogni sparatoria di massa centinaia sono i commenti dei politici che rivolgono “pensieri” e “preghiere” alle vittime, messaggi che provengono anche dai membri del Congresso e del Senato più favorevoli alla diffusione delle armi.
Questa volta, però, i social faticano a contenere la rabbia di coloro che come Barack Obama vorrebbero una profonda riforma per evitare episodi come quello di San Bernardino, e si rivolgono direttamente ai rappresentanti (spesso del partito repubblicano) finanziati dalla lobby delle armi, ritenendoli in parte responsabili delle continue stragi: la sparatoria di massa in California, ricorda il Washington Post, è la 355ma dell’anno.
E così un giornalista di “Think Progress” sta snocciolando uno a uno tutti i finanziamenti che la potentissima Nra (National Rifle Association) versa ai politici perchè siano eletti e, accusa, affinchè possano porgere commossi soltanto “pensieri e preghiere” alle persone coinvolte senza compiere alcun passo per cambiare la situazione.
Igor Volsky in poche ore è diventato un beniamino di Twitter e i suoi cinguettii sono viralissimi: “La Nra ha speso 30.650.008 dollari per finanziamenti indipendenti durante la campagna elettorale del 2014. Avete letto bene: 30 milioni di dollari”
“Nel 2012 la Nra ha speso ben 19,7 milioni di dollari in rimborsi indipendenti per i candidati affinchè scrivano su Twitter ‘pensieri e preghiere’ dopo un episodio di violenza causata dalle armi”:
Volsky poi comincia a nominare i politici che godono della generosità della lobby delle armi, lanciando per esempio un tweet al vetriolo contro il senatore repubblicano McConnell che ha inviato un messaggio di cordoglio per la strage di San Bernardino.
La sottolineatura del giornalista: “La Nra ha speso 922mila dollari per far rieleggere il senatore McConnell, e come conseguenza quando si tratta di prevenire la violenza delle armi tutto quello che otteniamo è questo tweet” di dolore e partecipazione.
L’elenco dei politici sbugiardati da Volsky comprende 37 nomi di senatori o membri del Congresso repubblicani.
Agli altri che continuano a twittare con dolore e costernazione il giornalista ricorda come finora non sia stato fatto nulla per limitare l’uso delle armi negli Stati Uniti.
Anche il quotidiano “Daily News” accusa di ipocrisia i politici che invitano a pregare per le vittime dell’ennesima strage a colpi di arma da fuoco: “Dio non risolve”, è il titolo che campeggia a tutta pagina, accompagnato dai messaggi dei senatori e dei membri del Congresso che rivolgono preghiere.
(da “Huffingtonpost”)
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