Dicembre 4th, 2015 Riccardo Fucile
IL TIMORE DI CONTESTAZIONI
“Non ci faremo chiudere dalla paura. Tutti fuori, il 5 e 6 dicembre in piazza con mille banchetti #Italiacoraggio”.
Mai tweet del Pd parlò a nome di tutti, renziani e non renziani, giglio magico e minoranza. Domani e dopodomani Matteo Renzi riesce a portare proprio tutti nelle piazze d’Italia.
I banchetti saranno addirittura duemila, il doppio rispetto all’aspettativa iniziale.
E’ un’iniziativa annunciata non a caso dopo gli attentati del 13 dicembre a Parigi, all’ombra di eventi più grandi e pericolosi che di colpo mettono la sordina alle tensioni mai sopite sulla legge elettorale, le critiche ai tagli delle tasse in legge di stabilità , i dubbi dei non renziani su amministrative e partito della Nazione.
Tutto cova sotto la cenere di una tregua, cementata intorno alla linea di prudenza che smarca il governo italiano dai bombardamenti francesi in Siria.
L’appuntamento in piazza è al buio: al quartier generale Pd è alta l’attenzione su possibili contestazioni. Tanto che lo stesso Renzi potrebbe decidere di giocare in casa e visitare solo i banchetti di Pontassieve. E’ tregua anche con il paese?
E’ la prima volta che Renzi e i ministri Dem e tutto il partito del premier scendono in piazza.
“L’ho detto in direzione che apprezziamo la linea del governo sulla guerra”, ci dice Roberto Speranza mentre è in viaggio per la sua Potenza dove anche lui sarà in piazza ai banchetti col Pd.
“E questo dimostra che non siamo ‘contro’ a prescindere”, aggiunge l’ex capogruppo Dem alla Camera.
L’idea di farsi vedere in piazza per il Pd di Renzi cade in una fase di bonaccia, ispirata dai fatti francesi e dalla risposta italiana. “Certo, la linea Renzi è in continuità con la vocazione italiana a essere paese-cerniera tra nord e sud, est e ovest”, precisa Speranza. Della serie: il governo non ha scoperto nulla di nuovo. Ecco: però i banchetti in piazza cascano a pennello per celebrare questo momento di unità .
“Continuo a credere che il partito è forte laddove non parla solo per bocca del capo in tv o della dirigenza sempre sui media — specifica Speranza — Nel weekend il partito parlerà a più voci e in piazza, a tu per tu con la gente. Questo è un bene. Anche se le differenze rimangono”.
Restano, per esempio sull’eliminazione della tassa sulla prima casa. Eppure domani tutto il Pd sarà in piazza a parlarne, facile prevedere accenti diversi da piazza a piazza, da renziano a non renziano. Il volantino però è unico, naturalmente.
Se Speranza sarà a Potenza, Pierluigi Bersani sarà nella sua Piacenza, Gianni Cuperlo a Roma come anche i ministri Paolo Gentiloni e Marianna Madia e il capogruppo al Senato Luigi Zanda. Giuliano Poletti e Dario Franceschini saranno a Bologna. Maria Elena Boschi è l’unica ‘inviata’ del governo al sud: il ministro per le Riforme sarà a Ercolano. Maurizio Martina sarà a Milano, dove c’è anche Lorenzo Guerini che poi si sposta a Lodi. Debora Serracchiani a Pordenone e Palmanova, in provincia di Udine. Graziano Delrio a Reggio Emilia, Roberta Pinotti a Sestri e Sanpierdarena, in provincia di Genova. Luca Lotti sarà in Toscana, Matteo Orfini tra Ostia e Tor Bella Monaca, Andrea Orlando a La Spezia e Sarzana, il capogruppo alla Camera Ettore Rosato a Muggia, nel triestino.
Renzi invece deciderà all’ultimo momento.
Per motivi di sicurezza, timori di contestazioni. L’opzione più probabile è Pontassieve, a casa. Altra possibilità è Roma prima di partire per la Toscana.
Scartata la carta Milano, opzione pur considerata. Del resto, il capoluogo lombardo è l’epicentro del primo braccio di ferro di queste amministrative.
Quello tra il sindaco uscente Giuliano Pisapia e la sua candidata alle primarie Francesca Balzani, vicesindaco, contro Renzi e il suo candidato, Giuseppe Sala, manager Expo.
“Noi pensiamo che sia il tempo del coraggio. Proviamoci, insieme”, scrive il premier nella lettera presente su un volantino che sarà distribuito ai duemila banchetti in piazza. “Dopo anni di delusioni finalmente l’Italia sta cambiando. È finito il tempo delle chiacchiere, adesso le riforme si fanno davvero”, “i primi risultati si vedono” ma serve “l’aiuto di tutti”.
Intorno a questa due-giorni tutto il Pd è mobilitato. L’Unità tv online ha preso accordi con i parlamentari che invieranno mini-video da pubblicare sul sito.
Tutta la “Pd community” — così si chiama in epoca renziana — sarà al lavoro per rilanciare sui social quanto succede in piazza. E’ chiaro che l’appuntamento è senza rete, test che appurerà se alla tregua nel partito corrisponde una sintonia totale con il paese.
Anche perchè comunque nel Pd ci si chiede quanto durerà , la tregua interna.
“Ci sono delle differenze e si vedranno il 12 dicembre, quando al Teatro Vittoria di Roma si ritroverà un’altra idea di Pd e di centrosinistra”, ci dice Speranza sempre dal suo viaggio verso la Basilicata.
Il riferimento è all’iniziativa organizzata insieme a Gianni Cuperlo, cui parteciperà anche Bersani, mentre Renzi e renziani saranno a Firenze alla Leopolda.
Un weekend di unità sarà seguito da un weekend da separati in casa. Ma per ora lo scontro non è vivo. Tanto che l’iniziativa della minoranza era prevista per domani: è slittata al 12 proprio per partecipare ai banchetti unitari, con grande apprezzamento di Renzi nell’ultima direzione Dem. “Vedremo se d’ora in poi si lavorerà per un Pd unito che eviti la deriva del Partito della Nazione…”, conclude Speranza.
Il punto è sempre lì.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2015 Riccardo Fucile
PD 33,3%, M5S 26,9%, LEGA 14,5%, FORZA ITALIA 10,8%, SINISTRA ITALIANA 5%, FDI 3,6%, AP 2,6%
Flessione per il Partito democratico, lieve crescita per il Movimento 5 Stelle e Forza Italia. Stabile
la fiducia in Matteo Renzi, mentre cala quella nel governo.
E’ questa la fotografia settimanale dell’Istituto Ixè in esclusiva per Agorà (Raitre).
I dem perdono lo 0,7 per cento nelle intenzioni di voto e in sette giorni passano dal 34% al 33,3% mentre i grillini salgono dal 26,6% al 26,9%.
La Lega Nord si assesta al 14,5% (-0,2% in 7 giorni) e Forza Italia cresce fino al 10,8% (+0,5%).
Se si votasse oggi, l’affluenza sarebbe al 65%.
Stabile inoltre al 33% la fiducia in Matteo Renzi, secondo l’Istituto Ixè.
La fiducia nel governo, invece, cala di 1 punto in una settimana, passando dal 32 al 31 per cento.
Sempre saldamente in testa, tra i leader politici, Sergio Mattarella al 61%.
Larghissimo il consenso attorno a Papa Francesco, stabile da mesi all’89 per cento di fiducia.
Questo il quadro completo delle intenzioni di voto (tra parentesi la variazione percentuale rispetto alla rilevazione del 27 novembre): — Pd 33,3% (-0,7). — M5S 26,9% (+0,3). — Lega Nord 14,5% (-0,2). — Fi 10,8% (+0,5). — Sinistra Italiana 5,0% (+0,5). — Fdi 3,6% (+0,3). — Ap (Ncd+Udc) 2,6% (-0,1). — Prc 0,9% (-0,4). — Sc 0,4% (-0,1). — Verdi 0,3% (-0,1). — Idv 0,3% (=).
Per quanto riguarda invece il Giubileo, il 55 per cento degli italiani teme attentati, anche se in una settimana si registra un calo dei ‘preoccupati’ di 2 punti.
Inoltre di fronte all’avanzata dell’Isis in Libia, la paura di attacchi nel nostro Paese (oltre i confini di Roma e del Giubileo) è al 59%.
Il 39% degli italiani non crede possano esserci, mentre il 6% non sa.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 4th, 2015 Riccardo Fucile
IN SINISTRA ITALIANA E’ GIA’ L’ORA DEI TORMENTI
Ignazio Marino è tornato e a sinistra-sinistra scoppiano già i tormenti e le divisioni tra chi vorrebbe una nuova candidatura del chirurgo a sindaco di Roma e chi invece sostiene Stefano Fassina, che è in campo da una settimana: “Chi sostiamo? Andiamo divisioni o corriamo insieme?”
Il dato, intanto, è che il Pd organizza i banchetti (a Roma nel week end ce ne saranno 100, forse 200) e l’ex primo cittadino defenestrato, negli stessi giorni e dopo settimane di silenzio, riappare in giro per la città .
Giovedì sera ha partecipato all’assemblea pubblica organizzata dagli ex consiglieri comunali di Sinistra Ecologia e Libertà , il giorno seguente è ospite del minisindaco del IV Municipio Marco Scipioni e sabato sarà al teatro San Genesio per un’iniziativa organizzata dalla Lista civica che porta il suo nome.
Questo tour ha tutta l’aria di essere un tour elettorale e anche Marino si comporta come chi si candiderà alle prossime elezioni per sfidare i dem o comunque per dare loro fastidio dopo “le 26 coltellate” che lo hanno cacciato dal Campidoglio.
Marino, prima di andare all’assemblea di Sel, lancia su Facebook un messaggio chiaro, quasi un appello: “Dobbiamo far prevalere il partito dei cittadini a quello della nazione”, scrive.
“Dobbiamo contrapporre il partito delle idee e delle persone – aggiunge – a quello dei prefetti e dei commissari. Dobbiamo in poche parole tornare presto alla partecipazione democratica”.
I militanti, durante l’incontro, acclamano più volte il chirurgo: “Sei il nostro sindaco”, grida qualcuno di Sel.
Un altro chiede di far parlare subito il primo cittadino ‘decaduto’. Nel movimento Sinistra italiana (formato da Sel, dai fuoriusciti dal Pd e da M5S), che la scorsa settimana da un teatro di Ostia ha lanciato la candidatura di Fassina, si nascondono non pochi ultrà di Marino.
Basti ricordare che i militanti di Sel non hanno mai mandato giù la decisione presa dal partito l’estate scorsa di togliere l’appoggio al sindaco e di uscire dalla Giunta. Così come non hanno apprezzato, nei primi giorni della crisi capitolina, gli attacchi che i consiglieri hanno rivolto al primo cittadino, salvo poi fare retromarcia.
La base è quindi in subbuglio, o per meglio dire è confusa: davanti a sè ha da una parte la candidatura di Fassina e dall’altra Ignazio Marino, tentato dal ‘bis’ e che passa da un palco all’altro e da un comizio e a un dibattito.
Paolo Cento di Sel, conoscitore della realtà romana, riassume così la situazione, quasi l’equivoco, che si sta creando: “Ho lanciato a Marino la proposta di giocare in squadra e lui credo abbia recitato questo messaggio. Vedremo…”.
Fassina racconta che l’assemblea di giovedì sera con l’ex sindaco “è servita a fare un bilancio del gruppo consiliare. Adesso ci vuole discontinuità anche con il centrosinistra di cui Marino è stato interprete e poi vittima. Se si può ricandidare? Certo, come un qualsiasi altro cittadino a meno che il Pd non cambi ad personam le norme”.
Ma l’esponente di Sinistra italiana sottolinea che la sua candidatura è in campo e che si “va avanti” su questa strada.
Invece “se e come andare avanti con Marino si vedrà “. Di certo, adesso, non si può parlare di un percorso comune e rimane il problema di come spiegarlo ai militanti.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2015 Riccardo Fucile
STUDIO ENEA: IN POCHI DECENNI TRA TRIESTE E RAVENNA 5.500 KM DI PIANURA PADANA SARANNO SOMMERSI DALLE ACQUE
Se non si corre ai ripari rapidamente, nel giro di un secolo o anche meno la cartina geografica
dell’Italia cambierà in modo radicale.
Per capirci, assomiglierà molto più all’Italia com’era nel lontano Pleistocene, quando tutta la Pianura Padana era un gigantesco mare, che a quella attuale.
Secondo uno studio dell’Enea, infatti, tra Trieste e Ravenna sino a Treviso spariranno, sommerse dalle acque, la bellezza di 5500 chilometri quadrati.
E il mare si spingerà fino a 60 chilometri all’interno, rispetto al disegno attuale della costa.
Contemporaneamente, sempre secondo un altro studio realizzato dagli scienziati dell’Enea, il riscaldamento globale porterà il Belpaese (quello non sommerso, naturalmente) ad assomigliare un po’ più all’Africa del Nord, con stagioni più aride e secche e con maggior sbalzi di temperatura.
Possiamo ancora rimediare, dicono gli scienziati e i climatologi. Sicuramente però il tempo stringe, e la finestra di opportunità per poter intervenire ed evitare che le previsioni funeste diventino realtà si fa sempre più stretta.
Perchè l’Italia è un paese molto fragile e delicato, e per la sua collocazione geografica e la sua conformazione è anche clamorosamente vulnerabile ai cambiamenti climatici. Secondo alcuni studi rivisti e aggiornati dai ricercatori del Laboratorio di Modellistica Climatica e Impatti dell’ENEA, coordinato da Gianmaria Sannino, c’è dunque la possibilità di vedere sommerse dal mare ben 33 aree costiere particolarmente vulnerabili.
Tutto ciò per l’effetto combinato dell’innalzamento del livello del mare e dei movimenti naturali del livello del suolo.
In buona sostanza, quelle in pericolo sono tutte le principali fasce costiere del Paese, con l’eccezione notevole della costa romagnola e marchigiana, della Liguria, della Puglia e della Calabria.
Parliamo di migliaia e migliaia di ettari di terre che verranno sommerse dalle acque marine, secondo le proiezioni dell’Enea: a cominciare dall’intera laguna di Venezia, dal delta del Po ben oltre Ferrara e Ravenna; la Versilia e la costa di Cecina in provincia di Livorno; il golfo di Cagliari e quello di Oristano in Sardegna; l’area circostante il Mar Piccolo di Taranto; la foce del Tevere e tutta la costa del Lazio meridionale fino al Volturno in Campania; in Sicilia le saline di Trapani e la piana di Catania.
«Un sistematico monitoraggio con mareografi e satelliti e un’attenta programmazione delle attività antropiche che insistono sulle coste potrebbero essere di grande aiuto per prepararsi agli scenari futuri», sottolineano i ricercatori Enea nel loro rapporto.
E c’è un altro pericolo che incombe, secondo un aggiornamento di uno studio dell’Enea pubblicato lo scorso dicembre sull’autorevole rivista «Nature – Scientific Reports».
Con l’aumento delle temperature globali il Belpaese potrebbe diventare entro la fine del ventunesimo secolo sempre più simile al Nord Africa: estati e inverni sempre più aridi e secchi e una crescente carenza di acqua.
Cambiamenti che determineranno l’inaridimento dei suoli, con ripercussioni su agricoltura, industria e salute umana. Se il Sud Italia rischia di avere un clima nordafricano, il Nord Europa tenderà invece a «mediterraneizzarsi».
In particolare l’Europa nord-occidentale, la Gran Bretagna e la Scandinavia avranno estati molto più secche e inverni più piovosi.
Le proiezioni realizzate attraverso i modelli climatici mostrano che le aree mediterranee si espanderanno anche verso le regioni europee continentali, coinvolgendo i Balcani settentrionali e la parte sud-occidentale di Russia, Ucraina e Kazakistan, dove prevarrà un clima sempre più mite con l’aumento delle temperature invernali.
E lo stesso fenomeno potrebbe interessare anche il Nord America, specie la parte nord-occidentale.
Emerge inoltre che l’Italia sarà soggetta a eventi estremi, come alluvioni nella stagione invernale e periodi prolungati di siccità , incendi, ondate di calore e scarsità di risorse idriche d’estatei. Anche Spagna meridionale, Grecia e Turchia risultano tra le aree maggiormente vulnerabili rispetto al surriscaldamento del Pianeta.
Roberto Giovannini
(da “La Stampa”)
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Dicembre 4th, 2015 Riccardo Fucile
“CI SONO COLLEGHI LAUREATI CHE PENSANO DI ESSERE PIU’ INTELLIGENTI DI ME, MA PER FARE QUELLO HO FATTO IO NE DEVONO MANGIARE DI SALE”
Ormai è fatta. Antonio Razzi ha deciso: “Nel 2018 mi ricandido”. Proprio così.
Il senatore di Forza Italia lo annuncia a ilfattoquotidiano.it. Una decisione maturata nonostante alle prossime elezioni manchino ancora tre anni.
Motivo? “Nessuno, nel mio partito, si occupa di promuovere l’immagine dell’Abruzzo all’estero — afferma —. Ma se si vuole fare qualcosa di serio per questa Regione, specialmente da un punto di vista commerciale, servono un impegno concreto e tante capacità ”.
Il parlamentare di FI, reso celebre dall’imitazione di Maurizio Crozza, punta in alto. Addirittura ad un posto da capolista. “Mi sembra logico”, dice tranchant: “Visto tutto il lavoro che sto facendo ho diritto a un premio”.
Sta dicendo che i suoi colleghi eletti in Abruzzo, la senatrice Paola Pelino e il deputato Fabrizio Di Stefano, non fanno abbastanza per la sua Regione?
Non lo dico io, ma Daniele Becci, il presidente della Camera di commercio dell’Abruzzo. Che pubblicamente ha dichiarato: “Razzi, fra tutti, è quello che alle parole fa seguire i fatti”.
Ed io modestamente ho portato molti ambasciatori e ministri stranieri nella mia terra per aumentare i traffici commerciali con gli altri Stati.
Insomma, lei lavora mentre gli altri starebbero a guardare. Giusto?
È proprio così: forse perchè non conoscono le lingue…
Sarà . Ma con l’Italicum, per tornare sicuramente in Parlamento, dovrà essere inserito fra i capilista. Crede di meritare un posto del genere?
Mi sembra logico, che c’è di male: visto tutto il lavoro che sto facendo ho diritto a un premio.
Questo però lo deve decidere Berlusconi…
Ma io e lui siamo molto amici. Così come lo sono con Francesca.
Si riferisce a Francesca Pascale, la fidanzata dell’ex premier?
Certamente. Siamo legati da un rapporto di stima e rispetto reciproco. Ci vogliamo bene.
Addirittura.
Certo. Pensi che ogni volta che ci vediamo mi chiede di fare un selfie con lei. Ma è normale, visto il legame che si è instaurato fra noi.
E con Berlusconi? Lo ha sentito ultimamente?
Ci siamo parlati e l’ho trovato in grande forma. È molto attaccato all’Italia e agli italiani e vuole tornare in campo per vincere e riportare in alto il Paese. Soprattutto in politica estera, la mia specialità . E poi quando ci vediamo mi saluta sempre dicendomi: “Antò, fatti li cazzi tua”.
Torniamo all’Abruzzo: cosa propone concretamente per portare alto il nome della sua Regione fuori dai confini nazionali?
Lavorare sugli altri paesi. Comincerò il 28 e 29 gennaio.
Con l’amata Corea del Nord, magari.
Io in Corea sono di casa. Sono andato tante volte laggiù, portando anche nostri imprenditori. Questa volta però si tratta dell’altra Corea, quella del Sud.
Una nuova missione internazionale?
No, stavolta saranno loro a venire da noi. Pensi, il loro ambasciatore sarà a Pescara per incontrare le imprese locali, così com’è già successo con Taiwan e tanti altri Paesi.
Insomma, quasi un ministro degli Esteri.
Grazie a me l’Abruzzo ormai è conosciuto ovunque. Senza la mia azione, senza la mia iniziativa ciò non sarebbero stato possibile. È bene che lo sappiano quelli lì.
A chi si riferisce?
Sempre ai miei colleghi parlamentari di Forza Italia, gente che non è in grado di girare il mondo. Quelli sono buoni solo a starsene alla casa.
Quindi avrà in programma altre missioni all’estero.
Certo. Per aprile ne sto organizzando una e non solo in Corea del Nord. Andrò anche in Mongolia.
In Mongolia? E a fare cosa?
Sono stato invitato personalmente dai ministri degli Esteri e dell’Industria di quel bellissimo paese. Ma non andrò solo. Porterò con me anche imprenditori desiderosi di esportare i loro prodotti. E sempre in nome della mia Regione. Perchè tutto quello che faccio, paesà , è bene che si sappia, io lo faccio per l’Abruzzo. Lo devono sapere bene pure quelli del mio partito che ci si fanno eleggere. Essendo laureati pensano di essere più intelligenti di me. Ma per fare quello che io ho fatto in cinquant’anni di lavoro ne devono mangiare di sale, quelli.
Giorgio Velardi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 4th, 2015 Riccardo Fucile
“LE PICCOLE COMUNITA’ VANNO AVANTI GRAZIE A QUESTO SPIRITO, TROPPI TAGLI DEL GOVERNO”
Il Comune di Casteldelci, come racconta Il Fatto Quotidiano, borgo medievale situato tra Emilia Romagna, Marche e Toscana, quest’anno non avrebbe avuto i fondi per organizzare iniziative o eventi natalizi, così, l’amministrazione ha deciso di rimediare, devolvendo i propri guadagni a favore della collettività .
“Non parliamo di cifre altissime, io come sindaco percepisco 650 euro — racconta il primo cittadino del Comune in provincia di Rimini, Luigi Cappella (Pd), eletto l’anno scorso con una lista civica di centrosinistra — però ci permettono di fare tante piccole cose”. Pagare la benzina ai volontari cittadini, ad esempio, o portare a termine qualche opera di manutenzione. Poi c’è il Natale.
Il Comune quest’anno non avrebbe avuto i fondi per organizzare iniziative o eventi, così, attingendo direttamente dal proprio stipendio, l’amministrazione ha deciso di rimediare, invitando Teo Ciavarella, pianista che suonò con Lucio Dalla, Freak Antoni, ma anche con Pupi Avati, Renzo Arbore e Vinicio Capossela, per un concerto a ingresso libero.
“Fare il sindaco in un momento come questo non è facile — racconta Cappella — io ad esempio ho ereditato, quando sono stato eletto, un bilancio comunale con un disavanzo da 100mila euro, il che mi rende impossibile spendere risorse per la cultura, o per altre iniziative utili. Però sono un medico in pensione, e visto che posso ho scelto di usare il mio stipendio da primo cittadino per permettere alla città di togliersi qualche sfizio, o di fare qualche lavoro utile. Questo non vuol dire che tutti i sindaci debbano fare altrettanto, guidare una città è un lavoro a tempo pieno e se gli emolumenti legati alla carica sono l’unica fonte di reddito è giusto tenerli. Però per me che ho una pensione è una soddisfazione devolverli”.
Casteldelci non è l’unico Comune in Italia ad aver visto la propria giunta rinunciare agli stipendi per sopperire alla mancanza di fondi nelle casse pubbliche.
Eventi simili so non riproposti anche a Lagnasco, in provincia di Cuneo, a Gonars, cittadina friulana da 4.800 abitanti, e a Pantigliate, nel milanese
“Le piccole comunità , oggi come oggi, vanno avanti soprattutto grazie a questo spirito — spiega Cappella — anche perchè tra i tagli imposti dal governo agli enti locali e la burocrazia, a fronte di 50 problemi se ne possono risolvere al massimo 2. E’ dura. Noi sindaci, specie dei piccoli comuni, ci sentiamo abbandonati dallo Stato”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2015 Riccardo Fucile
KARIM SINJARI E’ IL CAPO DELL’ESERCITO CURDO, L’UNICO CHE COMBATTE SUL CAMPO E NON A CHIACCHIERE I TAGLIAGOLE DELL’ISIS
“Se potessi rivolgermi direttamente al presidente Matteo Renzi, gli direi come ad un amico che i
peshmerga curdi non stanno combattendo solo per la loro libertà , ma per la libertà di tutto il mondo dalla minaccia dello Stato Islamico. Gli direi che in questo momento stiamo difendendo dieci milioni di persone e un quarto del territorio dell’Iraq. E gli direi che noi siamo disposti a continuare fino alla fine, ma per vincere questa battaglia abbiamo bisogno di ben altro che un po’ di fucili. Ci servono carri armati, blindati, artiglieria pesante, equipaggiamenti contro gli attacchi chimici armi controcarro. Ci serve tutto quello che può consentirci di affrontare l’Isis alla pari. Il resto, il coraggio sul campo, ce lo mettiamo noi”.
Karim Sinjari è un curdo silenzioso e tosto come la roccia delle sue montagne, che ha conosciuto l’esilio ai tempi di Saddam Hussein e adesso è ministro dell’Interno e dei Peshmerga di un Kurdistan che ogni ora che passa affronta a faccia a faccia la minaccia dell’Isis.
È venuto a Roma insieme a un pugno di generali per incontrare il ministro della Difesa Roberta Pinotti e se ne torna a casa con la speranza che l’Italia, già impegnata a fianco dei peshmerga con alcune centinaia di consiglieri militari e forniture di armi leggere, faccia di più.
Per lui, con il cognome che porta, l’ultima battaglia vittoriosa a Sinjar è stata anche una battaglia personale vinta: “E’ così. La riconquista di Sinjar era molto importante. Non solo per me e per i curdi, ma per tutto il mondo libero. Riprendendo quella città e il controllo dell’autostrada 47 che collega l’Iraq alla Siria, abbiamo tagliato la via dei rifornimenti e commercio di viveri, petrolio e armamenti di Daesh”.
C’è stata una coincidenza temporale tra la riconquista di Sinjar e gli attentati di Parigi. Come interpreta l’attacco dell’Isis al cuore dell’Europa?
“L’Isis ha proclamato uno Stato che non ha confini. Anche la guerra che fanno per loro non ha limiti. Se vengono battuti su una piazza, si spostano su un’altra. Dopo aver perso Sinjar, avevano bisogno di dimostrare di esistere e si sono mossi su Parigi”.
Lei è il ministro dei peshmerga, conosce perfettamente la situazione sul campo: quanto è stabile la linea di demarcazione tra Kurdistan e Califfato?
“Stiamo parlando di un fronte di mille e cinquanta chilometri. E non c’è notte che non tentino un’azione contro i peshmerga. Se non sono bombe, sono attacchi suicidi con kamikaze o auto imbottite di tritolo”.
Perchè gli alleati non pianificano un’operazione per la riconquista di Mosul?
“In realtà siamo pronti. Ma è necessario che anche il governo iracheno sia pronto. In questo momento si stanno occupando di Ramadi. Una volta finito il lavoro lì, toccherà a Mosul”.
Il governo iracheno ha un pesante arretrato con voi. Di che cifra parliamo?
“Quindici miliardi di dollari, forse di più. E’ un anno e mezzo che non versano al Kurdistan il 17 per cento del budget nazionale che ci spetta”.
La struttura portante dell’Isis è composta da ex ufficiali del regime di Saddam Hussein. Gente che conosce la mappa dei depositi di armi ancora nascoste. Ci sono anche armi chimiche?
“Se è per questo le hanno già utilizzate almeno quattro volte contro di noi: cianuro a gennaio e iprite l’11 agosto a sud di Erbil. Ci sono stati 37 peshmerga colpiti e le analisi condotte in laboratori della coalizione alleata hanno confermato la presenza di questi gas nelle cariche di mortaio esplose. Sono gli stessi composti che Saddam utilizzò per la strage che fece 5000 vittime nel villaggio curdo di Halabja il 16 marzo 1988. Lei lo sa bene, perchè era lì”.
L’Italia vi dà sostegno per curare i peshmerga feriti in questi attacchi?
“Abbiamo fatto richiesta ma non solo per le vittime degli attacchi chimici, ci è stato promesso che ci aiuteranno”.
La Russia ha accusato la Turchia di traffico di petrolio e armi con lo Stato Islamico, ma più in generale emergono ambiguità nel comportamento di alcuni paesi della coalizione. Quale è la sua opinione?
“Io rispondo con i fatti. E i fatti sono che il comitato della coalizione che si riunisce ogni settimana condivide ogni mossa e strategia. Per la riconquista di Sinjar abbiamo combattuto in perfetta sintonia con tutte le forze alleate, secondo dopo secondo”.
In questo conflitto i peshmerga sono caricati di una enorme responsabilità , ma a questa responsabilità corrisponde tutto l’aiuto di cui avete bisogno?
“Gli alleati ci aiutano, ma è vero che questo non è ancora sufficiente. Le armi che l’Isis ha a disposizione sono molto più sofisticate. Abbiamo bisogno di maggiori risorse”.
C’è un’ipotesi negoziale per fermare il conflitto in Siria che prevederebbe l’uscita di scena di Assad, il governo curdo la ritiene praticabile?
“Noi siamo per una soluzione politica e per un governo transitorio che traghetti quel paese verso le elezioni. Poi si vedrà ”.
In caso di un accordo su questa ipotesi, che fine farebbero jihadisti e foreign fighters?
“Se arriverà quel momento, la decisione dovrà essere a livello globale. Perchè i foreign fighters sono arrivati da tutto il mondo. E non sarà una decisione facile. Ecco perchè bisogna discutere fin da adesso il dopo-Isis”.
L’Iran vi sta aiutando?
“Con loro abbiamo buonissimi rapporti, sono i nostri vicini di casa. Quando Daesh è entrato in Kurdistan, sono loro che ci hanno aiutati”.
Cosa chiede all’Europa, all’Italia?
“Noi affrontiamo un nemico feroce e comune ma da soli non ce la facciamo più. Servono nuove risorse economiche e militari. Nel nostro territorio manteniamo un milione e settecentomila rifugiati e la nostra popolazione è aumentata del 28 per cento. E’ gente che ha bisogno dei più elementari mezzi di sopravvivenza. Gente di ogni etnia e religione: musulmani, cristiani, sunniti, sciiti, yazidi che in Kurdistan hanno ritrovato le radici di una convivenza pacifica. Non possiamo abbandonarli proprio adesso, nè lasciare che cerchino altre vie di fuga, magari verso l’Europa. Sarebbe la nostra peggiore sconfitta. E la vittoria dell’Isis. Non dobbiamo permetterlo”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2015 Riccardo Fucile
IL GIOCO E’ ORMAI SCOPERTO: RAZZISTI AL SERVIZIO DEL CALIFFO… L’ANTICIPAZIONE DI “JIHAD”, IL NUOVO LIBRO DI MAURIZIO MOLINARI
Una strategia politica di ampio raggio che mira alla conquista dei porti del Mediterraneo, a cominciare dal Libano e dalla Libia, fino al cuore dell’Europa dove l’obiettivo è l’ascesa dei partiti di estrema destra xenofoba che spingeranno i musulmani verso la jihad.
Sono questi i tragitti della “guerra santa” del Califfato islamico descritta nel nuovo libro di Maurizio Molinari, Jihad. Guerra all’Occidente (Rizzoli, pp 252, euro 18). Molinari, che diventerà il direttore del quotidiano La Stampa a gennaio, entra nel dettaglio della tattica politica degli uomini dell’Isis che mirano a governare un vastissimo territorio dal Pakistan al Marocco fino al Sahel.
Nel primo capitolo che l’HuffPost anticipa Molinari esamina l’operazione “Pandemonio” messa a punto dall’Isis per strappare i porti del Libano e utilizzarli per esportare greggio, armi e jihadisti pronti a conquistare il continente europeo. L’operazione coinvolge anche la Libia dove le milizie di Al-Baghdadi vogliono costruire una “porta strategica” a poche centinaia di chilometri dall’Europa.
Il secondo punto fondamentale della strategia jihadista è la “marcia su Roma”.
In un ebook distribuito ai militanti e ai guerriglieri il Califfato dà istruzioni per conquistare dall’interno i Paesi europei e raggruppare “gang” che alla fine convergeranno sulla capitale della cristianità : la formazione di cellule che attirano la fedeltà dei musulmani già residenti e isolano le persone di fede islamica dal resto della società occidentale.
Il fine ultimo è la guerriglia, gli assalti militari come nel caso degli attentati di Parigi. Il risvolto politico apertamente perseguito è il potenziamento dei partiti di estrema destra, xenofobi e islamofobi.
Uno scenario che già si sta concretizzando in Francia, dove i sondaggi danno il Front National di Marine Le Pen favorito alle elezioni amministrative di domenica.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2015 Riccardo Fucile
“PROGRAMMA DEMAGOGICO, FACILE DIRE CHE AUMENTERA’ I SALARI”
Preoccupa la crescita dei consensi del Front National, in vista domenica del primo turno delle
elezioni regionali in Francia.
Marine Le Pen, che è candidata alla presidenza della regione del Nord (Nord-Pas-de-Calais e Picardia), con quasi sei milioni di abitanti, potrebbe strappare oltre il 40 per cento dei consensi, secondo gli ultimi sondaggi, e piazzarsi ampiamente al primo posto, davanti ai candidati della destra classica e del Partito socialista.
Fa tanto paura il Fn che proprio i giornali del Nord hanno deciso di dare battaglia alla Le Pen mentre da Parigi Pierre Gattaz, presidente del Medef, la Confindustria francese, tratta il partito di “irresponsabile” dal punto di vista economico.
“Perchè una vittoria dell’Fn ci preoccupa”
Proprio questo titolo si poteva leggere lunedì 30 novembre nella prima pagina della Voix du Nord, con sede a Lille, il principale quotidiano dell’estrema Francia settentrionale.
All’interno si spiegavano in dettaglio le ragioni per cui praticamente non si deve votare domenica la Le Pen e compagnia. Il partito di estrema destra ha subito reagito minaccioso. Ma questo non ha impedito che un altro quotidiano importante di questa fetta di Francia, in particolare della Picardia, facesse altrettanto: “Il vero volto dell’Fn nella regione”, ha titolato mercoledì il Courrier Picard.
Il tono è lo stesso anche da parte del Nord-Eclair: le tre pubblicazioni sono controllate da un unico gruppo, il belga Rossel (editore anche del belga Le Soir) e sono considerate di centrosinistra.
Quanto alla Croix du Nord, settimanale di tendenza cattolica, si è allineato agli altri, perchè “in quanto giornalisti cristiani — si legge in un editoriale -, noi non possiamo stare zitti”.
Scaramucce fra deontologia e qualche minaccia
“Il nostro lavoro di giornalisti — ha detto Jean-Michel Bretonnier, caporedattore della Voix du Nord — è rendere conto di una realtà , andare al di là delle apparenza, spiegare, a costo di non piacere ad alcune persone”.
Negli ultimi giorni il suo giornale sta affrontando temi concreti, come la possibilità che una gestione del Front National (che chiede addirittura una preferenza per le imprese della regione negli appalti pubblici) possa allontanare gli investitori stranieri o del resto della Francia, di cui il Nord ha tremendamente bisogno.
“Ma che idea avete di voi stessi — ha chiesto la Le Pen ai giornalisti del quotidiano — per credervi autorizzati a erigervi in autorità morale e a lanciare fatwa contro vostri concittadini?”
La leader dell’Fn è andata oltre, minacciando, nel caso sia eletta, di togliere alla Voix du Nord i contributi previsti dalla regione.
Lì è nata una polemica, perchè il giornale non riceve sussidi regionali, anche se poi è emerso che in effetti ne usufruisce una società controllata, attiva nel settore audiovisivo.
Economicamente inaffidabili?
Il Front National ha dovuto anche affrontare l’”assalto” da parte del Medef. Il presidente Gattaz raramente prende posizione in maniera così esplicita.
Ma questa volta il presidente degli industriali francesi, europeista e dalle idee decisamente liberal, ha detto chiaro e tondo che “il loro programma economico non è responsabile”, richiamando alla memoria alcune proposte del partito, come il ritorno al franco, l’aumento delle tasse sull’importazione, l’abbassamento dell’età pensionabile a 60 anni e l’aumento sistematico di tutti i salari (e di 200 euro quello minimo, in Francia fissato per legge).
Quali riflessi di questo assedio a 360 gradi?
Non è chiaro se le ultime critiche serviranno ad arginare il fenomeno Marine Le Pen. Il suo elettorato non è certo in sintonia con la Confindustria francese. Più pericolose per lei le prese di posizione di quotidiani ben radicati sul territorio.
Ma alcuni esperti sottolineano che episodi di questo tipo possono rafforzare la sua immagine di “paladina anti-sistema” e di vittima dei “cattivi” giornalisti.
D’altra parte, una volta superato il primo turno, se destra e sinistra concluderanno un’alleanza (eventualità al momento attuale per nulla scontata), per lei non sarà facile imporsi al ballottaggio.
Deve evitare qualsiasi passo falso. La sua battaglia non è ancora vinta.
Leonardo Martinelli
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Europa | Commenta »