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IL CENTRODESTRA ITALIANO TIFA PER MARINE LE PEN MA SPERA CHE PERDA

Dicembre 12th, 2015 Riccardo Fucile

C’E’ CHI PREME PER CORRERE DA SOLI COME IL FN E RIMETTERE IN DISCUSSIONE L’ALLEANZA CON FORZA ITALIA… MA SENZA SILVIO DOVE VANNO?

“Forza Marine”, dice Matteo Salvini, che alla vigilia dei ballottaggi in Francia ha chiaro da che parte stare. E però non è tutto semplice come sembra perchè metà  dei suoi vede, nell’affermazione della Le Pen, un chiaro monito per la Lega: “Lei ha avuto il coraggio di correre da sola, senza Sarkozy, noi stiamo ancora con Berlusconi. Forse dovremmo prendere esempio dalla sua coerenza”, incalzano i militanti sulla frequentatissima pagina Fb del leader.
Stesso effetto in casa Meloni. «Non convincono più le posizioni poco chiare, gli inciuci, la melassa e il tatticismo. Servono posizioni chiare e decise, e il coraggio di affermarle», scrive Giorgia commentando la posizione di Sarkozy, ed è subito un coro: «Esatto, quindi se Fratelli d’Italia, vuole essere credibile deve mollare Berlusconi e tutta la finta destra italiana. Esiste solo una Destra, la “Destra”, il prefisso “Centro” lasciatelo ai mafiosi, ed ai democristiani».
La questione francese agita il centrodestra e rianima la tentazione del correre da soli. Silvio Berlusconi pensava di averla stoppata due settimane fa, partecipando alla manifestazione leghista di Bologna e riaffermando l’asse con Salvini e Meloni a dispetto dei fischi della platea. Non è così. La metafora parricida che ha fatto le fortune di Marine scava nel profondo negli umori della destra, e il resto lo fanno quelle proposte opache sulle candidature amministrative: Marchini, Lettieri, Bernardini De Pace.
“Ma questi chi li vota?” si chiedono i quadri e i dirigenti sul territorio. «Meglio una buona sconfitta, che può essere un punto di ripartenza, piuttosto che una corsa opaca», chiosa Marcello Taglialatela, FdI.
Molti lo indicano come sicuro candidato a sindaco di Napoli, qualsiasi siano le scelte di Forza Italia, guardato con simpatia anche dal coordinatore leghista Raffaele Volpi: il solo fatto che se ne parli apertamente indica uno strappo già  consumato.
Insomma, sull’asse Le Pen-Salvini riemergono antiche insofferenze per i vincoli dell’alleanza con Berlusconi, che impedisce di giocare fino in fondo la partita populista e riduce i margini di manovra della Lega alla questione della sicurezza e dell’identità , impedendo affondi sui temi della critica all’Europa, al modello di sviluppo, allo schema delle alleanze internazionali.
Terreni sui quali invece può muoversi a tutto campo il Cinque Stelle, sottraendo settimana dopo settimana rivoli di consenso all’asse delle destre.
Per questo il centrodestra aspetta i risultati francesi con un surplus di ansia rispetto al prevedibile. Tifa per la Le Pen ma, sotto sotto, spera che vinca Sarkozy grazie alla desistenza socialista per poter dire “la destra senza il centro non vince”, e rimotivare così la sua base elettorale sempre più confusa e divisa.
La logica incoraggia questa speranza, e con essa la linea della vecchia classe dirigente leghista capitanata da Maroni, quella che l’accordo con Berlusconi non l’ha mai messo in discussione.
Quest’area non vede l’ora di zittire le critiche dell’ala radicale e sovranista sbandierando il “Fattore L” (da Lepenismo) come nei tempi antichi la Dc sbandierava il “Fattore K” (da Komunismo): l’impossibilità  materiale che il Fn diventi forza di governo, superando il tabù culturale che relega le forze a caratura populista ad un eterno ruolo di opposizione. Ed è un gioco che tornerà  buono fra sei mesi, quando alle amministrative italiane si concretizzerà  lo scenario che tutti danno per probabile: turni di ballottaggio nelle città  con i grillini in pole position contro i candidati della sinistra o della destra, e la necessità  di fare fronte comune per sbarrare la strada ai barbari.
Salvo la difficoltà  di spiegare a un milanese che ha votato — poniamo — Sallusti o Del Debbio al primo turno, di tornare al seggio per far eleggere Sala o Balzani.

Flavia Perina
(da “Huffingtonpost”)

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SONDAGGI: FRANCIA AI BALLOTTAGGI, LA MARINE RISCHIA DI AFFONDARE

Dicembre 12th, 2015 Riccardo Fucile

L’AVANZATA DEL FRONT NATIONAL POTREBBE RIDIMENSIONARSI, MOLTE REGIONI SONO IN BILICO

Preoccupazione e calcoli, sondaggi e dichiarazioni scioccanti.
E’ un clima molto teso quello che si respira in Francia alla vigilia del secondo turno del voto regionale francese in programma domani. Uno dei più incerti di sempre.
Il timore di una vittoria della destra del Front National resta molto forte, ma secondo i più recenti sondaggi il partito delle due Le Pen, dopo lo choc del primo turno, potrebbe essere ridimensionato dalla destra di Sarkozy, complice il ritirarsi dalla partita dei socialisti.
E forte di questi sondaggi, ieri su Le Figaro, l’ex presidente non sembrava avere dubbi: “Siamo l’unica alternativa credibile”, diceva Sarkozy mentre il premier Valls a sua volta alzava i toni dello scontro: con la vittoria del Front National la Francia entrerebbe a rischio guerra civile.
Ma i giochi, va detto, sono tutt’altro che fatti. Data l’incertezza dei sondaggi un fattore decisivo potrebbe rivelarsi l’astensione.
I sondaggi.
Al nord in Nord-Pas-de-Calais-Picardie,   Marine Le Pen, sino a pochi giorni fa favorita   raccoglierebbe solo il 47% battuta da Xavier Bertrand,53 %: decisivo il ritiro del candidato socialista Pierre de Saintignon.
Più incerto il risultato in Provence-Alpes-Cà’te d’Azur, dove secondo gli ultimi sondaggi il 51% sarebbe a favore del candidato ‘repubblicano’ Christian Estrosi contro il 49 % a sostegno di Marion Marèchal Le Pen.
Complicatissima   la situazione in Normandia, dove Hervè Morin (destra) e Nicolas Mayer-Rossignol (socialisti) sono in perfetta parità  (36%) e il Front National guidato da Nicolas Bay non strapperebbe oltre il 28%.
In Ile-de France è invece testa a testa tra Valèrie Pècresse (destra) e il socialista Claude Bartolone, ma un ultimo sondaggio vede la Pècresse in lieve vantaggio di due punti percentuali (42% contro 40%).
Più netto il quadro in Languedoc-Roussillon-Midi-Pyrènèes. Qui la candidata socialista Carole Delga è accreditata di 8 punti di vantaggio sullo sfidante del Front National (43% contro 35%) mentre nettamente staccato il candidato della destra Dominique Reyniè (22 %).
E se alla fine il Front national non strappasse neanche una regione?
L’astensionismo è stato elevato il 6 dicembre (ha votato il 50 per cento degli aventi diritto): se stavolta l’affluenza sarà  maggiore, cosa voteranno i “nuovi” elettori?
Senza considerare, poi, che i francesi sono sempre meno ideologizzati e fedeli a un partito: insomma, estremamente volubili.
Dei tre schieramenti, alla fine, potrebbe essere proprio quello dei Repubblicani a ottenere le presidenze di più regioni, fra le 13 in ballo. Un po’ surreale visto che il partito sta attraversando, anche per le posizioni da assumere in questo secondo turno, forti frizioni interne.
Sarkozy, fin da domenica scorsa, ha rifiutato di ritirare le proprie liste nelle regioni dove queste si sono piazzate terze, per favorire il candidato socialista in funzione anti-Fn. Insomma, ha rigettato la possibilità  di allinearsi su quanto fatto da socialisti, richiamandosi al motto: “Nè fronte repubblicano, nè Front national”.
All’interno del partito le critiche non sono mancate nei confronti di questa decisione, anche da parte di personaggi influenti come Jean-Pierre Raffarin e Nathalie Kosciusko-Morizet.
A quel punto Xavier Bertrand, il candidato che contende per i Repubblicani il Nord a Marine Le Pen, con una campagna ormai incentrata sulla difesa della democrazia (per convincere gli elettori della sinistra che non hanno più candidato), ha sottolineato che Sarkozy e gli altri leader nazionali del partito “dovrebbero stare zitti e basta”.

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IL GUP: L’EX COLLABORATRICE “IN GIAPPONE SOLO PER PIACERE PERSONALE DI MARONI”

Dicembre 12th, 2015 Riccardo Fucile

LE MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA ALL’EX DIRETTORE GENERALE DI EXPO ESPRIMONO UN GIUDIZIO SEVERO SUL GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA A SUA VOLTA A PROCESSO

La partecipazione di Maria Grazia Paturzo al viaggio a Tokyo nel 2014 nell’ambito del World Expo Tour era “legata esclusivamente al piacere personale del presidente” della Regione Lombardia, Roberto Maroni.
Lo scrive il gup di Milano Chiara Valori nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 20 novembre aveva condannato a 4 mesi il dg di Expo spa Christian Malangone, che avrebbe ricevuto da parte di Maroni pressioni a favore della sua ex collaboratrice Maria Grazia Paturzo.
Il gup aveva condannato Malangone per induzione indebita, assolvendo invece Expo spa.
Per lo stesso reato di induzione indebita, a cui si aggiunge anche l’accusa di turbata libertà  nel procedimento di scelta del contraente per un secondo filone d’indagine, il ‘numero uno’ del Pirellone è sotto processo davanti al Tribunale di Milano.
Stando all’inchiesta del pm Eugenio Fusco, il governatore avrebbe voluto che Maria Grazia Paturzo (non indagata), con la quale, secondo il pm, aveva una “relazione affettiva”, fosse inserita nella delegazione della Regione per un viaggio a Tokyo nel 2014 nell’ambito del World Expo Tour e che fosse spesata da Expo.
Da qui, secondo l’accusa, le presunte pressioni su Malangone, e l’accusa di induzione indebita contestata al dg e al leghista.
Paturzo non partì più per il Giappone, Maroni all’ultimo momento cambiò meta (andò in missione a Berna) e la missione a Tokyo venne guidata dall’allora vicepresidente della Regione Lombardia Mario Mantovani.
“Non emerge in alcun modo agli atti – scrive il gup – quale apporto la Paturzo avrebbe potuto offrire alla delegazione in Giappone”.
E la rinuncia di Maroni al viaggio, quindi, secondo il giudice è una “conferma diretta del fatto che la partecipazione era legata esclusivamente al piacere personale del presidente”.
Il gup sottolinea inoltre che “l’ingerenza” di Maroni nella scelta di Maria Grazia Paturzo “appare del tutto arbitraria ed esorbitante rispetto al potere conferitogli dalla sua qualità ” di presidente della Regione.
Ruolo che, si legge nelle motivazioni, “è stato strumentalizzato per ottenere quanto desiderato”, cioè la “compagnia della Paturzo nel viaggio” a Tokyo.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL SOLDATO BRITANNICO FERITO METTE A TACERE GLI ISLAMOFOBI

Dicembre 12th, 2015 Riccardo Fucile

IN AFGHANISTAN CHRIS HERBERT HA PERSO UNA GAMBA

Le parole di questo soldato britanni andrebbero lette nelle scuole per educare al rispetto e alla tolleranza.
Andrebbero lette ad alta voce per evitare l’ondata di islamofobia crescente. Perchè Chris Herbert, stanco di essere “invitati” dai membri di un gruppo di islamofobi ad unirsi a loro con il pretesto che è stato vittima di un attentato in Afghanistan nel quale è rimasto gravemente ferito perdendo anche una gamba, ha deciso di mettere in chiaro il suo pensiero postando un commento che è stato condiviso da migliaia di persone.
All’uomo, nativo di Portsmouth (Inghilterra del sud), è stata amputata la gamba destra dopo essere stato colpito da un’esplosione.
Non è chiaro se si sia trattato di un attacco kamikaze: “Sto cominciando ad essere stanco di certe persone che mi incitano ad essere razzista”, scrive il soldato, “perchè sono stato colpito da un’esplosione. Vi aggiorno un po’ sulla questione”. Poi di seguito il post che riportiamo integralmente.
“Sì. Un musulmano mi ha fatto saltare e ho perso una gamba.
Sempre un musulmano, che indossava la divisa britannica, ha perso un braccio quel giorno.
Era un infermiere musulmano sull’elicottero che mi ha prelevato.
E musulmano il chirurgo che mi ha operato e salvato la vita.
Musulmano l’infermiere che faceva parte dell’equipe che mi ha aiutato al mio ritorno in Gran Bretagna.
Musulmano colui che mi ha sostenuto durante la mia riabilitazione quando ho dovuto imparare a camminare di nuovo.
Musulmano il taxi che mi ha offerto la corsa quando sono andato per la prima volta a prendere una birra con mio padre dopo il mio ritorno a casa.
Musulmano il medico che ha confortato e consigliato mio padre in un pub, perchè lui non sapeva come gestire gli effetti collaterali di quello che stavo affrontando.
Viceversa,
E’ stato un britannico bianco che ha detto alla mia ragazza che andava “in giro con uno storpio quando potresti avere me (lui)”.
E’ stato un bianco a spingere via la mia sedia a rotelle da davanti all’ascensore così che lui potesse prenderlo prima.
Sempre britannico colui che ha urlato a mio padre che si era fermato in un posto per disabili per venirmi a prendere
Riassumendo, andate a quel paese.
So chi non piace e chi mi piace. So chi apprezzo e chi no.
Se volete odiare un’intera razza di uomini e donne a causa delle azioni di pochi, fate pure, ma non cercate di impormi il vostro punto di vista, credendo di avere a che fare con un obiettivo facile, solo perchè un idiota ha deciso che era arrivato il mio momento.
Denigrare tutti i musulmani a causa delle azioni di gruppi come la Daeshe o dei talebani è come incolpare tutti i cristiani per le azioni del KKK o della Westboro Baptist Church (Chiesa americana nota soprattutto per il suo discorso di odio contro gli omosessuali, ndr) .
Riprendetevi, abbracciate e le vostre famiglie e andate a lavorare”.

(da “Huffingtonpost”)

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PARIGI, ARRIVA L’ACCORDO SUL CLIMA

Dicembre 12th, 2015 Riccardo Fucile

RISCALDAMENTO SOTTO I DUE GRADI E TAGLI AI GAS SERRA RIVISTI OGNI 5 ANNI

Via libera all’accordo sul clima dai delegati dei 195 Paesi più la Ue che a Parigi hanno partecipato alla XXI conferenza internazionale dell’Onu sui cambiamenti climatici. L’approvazione è stata ampiamente celebrata dal presidente della Conferenza, Laurent Fabius, e dai rappresentanti Onu, con calorosi abbracci sul palco.
Per sancirla, ha commentato Fabius, “devo battere con il martello, è un piccolo martello ma penso che possa fare molto”.
RISCALDAMENTO GLOBALE
L’articolo 2 dell’accordo fissa l’obiettivo di restare “ben al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali”, con l’impegno a “portare avanti sforzi per limitare l’aumento di temperatura a 1,5 gradi”.
OBIETTIVO A LUNGO TERMINE SULLE EMISSIONI
L’articolo 3 prevede che i Paesi “puntino a raggiungere il picco delle emissioni di gas serra il più presto possibile”, e proseguano “rapide riduzioni dopo quel momento” per arrivare a “un equilibrio tra le emissioni da attività  umane e le rimozioni di gas serra nella seconda metà  di questo secolo”.
IMPEGNI NAZIONALI E REVISIONE
In base all’articolo 4, tutti i Paesi “dovranno preparare, comunicare e mantenere” degli impegni definiti a livello nazionale, con revisioni regolari che “rappresentino un progresso” rispetto agli impegni precedenti e “riflettano ambizioni più elevate possibile”. I paragrafi 23 e 24 della decisione sollecitano i Paesi che hanno presentato impegni al 2025 “a comunicare entro il 2020 un nuovo impegno, e a farlo poi regolarmente ogni 5 anni”, e chiedono a quelli che già  hanno un impegno al 2030 di “comunicarlo o aggiornarlo entro il 2020”.
La prima verifica dell’applicazione degli impegni è fissata al 2023, i cicli successivi saranno quinquennali
LOSS AND DAMAGE
L’accordo prevede un articolo specifico, l’8, dedicato ai fondi destinati ai Paesi vulnerabili per affrontare i cambiamenti irreversibili a cui non è possibile adattarsi, basato sul meccanismo sottoscritto durante la Cop 19, a Varsavia, che “potrebbe essere ampliato o rafforzato”. Il testo “riconosce l’importanza” di interventi per “incrementare la comprensione, l’azione e il supporto”, ma non può essere usato, precisa il paragrafo 115 della decisione, come “base per alcuna responsabilità  giuridica o compensazione”
FINANZIAMENTI
L’articolo 9 chiede ai Paesi sviluppati di “fornire risorse finanziarie per assistere” quelli in via di sviluppo, “in continuazione dei loro obblighi attuali”. Più in dettaglio, il paragrafo 115 della decisione “sollecita fortemente” questi Paesi a stabilire “una roadmap concreta per raggiungere l’obiettivo di fornire insieme 100 miliardi di dollari l’anno da qui al 2020”, con l’impegno ad aumentare “in modo significativo i fondi per l’adattamento”
TRASPARENZA
L’articolo 13 stabilisce che, per “creare una fiducia reciproca” e “promuovere l’implementazione” è stabilito “un sistema di trasparenza ampliato, con elementi di flessibilità  che tengano conto delle diverse capacità “.

(da agenzie)

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RENZI NON METTE SOLDI PUBBLICI PER I RISPARMIATORI TRADITI: SOLO 100 MILIONI A CARICO DEL SISTEMA INTERBANCARIO

Dicembre 12th, 2015 Riccardo Fucile

SARA’ IL GOVERNO A DECIDERE GLI ARBITRATI DEI CONTENZIOSI

Una ciambella di salvataggio da 100 milioni di euro, interamente a carico del sistema bancario e quindi senza risorse pubbliche, che tuttavia non sarà  in grado di tutelare tutti.
A tanto ammonterà  l’importo massimo e totale dei risarcimenti che saranno destinati a una parte dei risparmiatori danneggiati dal decreto “Salva-banche”, che ha salvato quattro istituti (Banca Etruria, CariChieti, Carife e Banca Marche), azzerando però i risparmi di circa 10.500 obbligazionisti, per un totale di 340 milioni di perdite.
A fissare la cifra dell’impegno del Governo è un emendamento presentato dallo stesso esecutivo alla legge di stabilità , ora all’esame della commissione Bilancio di Montecitorio.
Le risorse non rimborseranno tutti gli aventi diritto e la designazione degli ‘arbitri’ che dovranno valutare caso per caso spetterà  a palazzo Chigi, che sceglierà  con un decreto del premier le figure preposte a questo compito tra “persone di comprovata imparzialità , indipendenza, professionalità  e onorabilità ”.
Dopo le linee guida illustrate ieri in Parlamento dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, arriva oggi l’ufficializzazione della strategia scelta dal Governo per far fronte alla bufera che si è innescata dopo il crac e il conseguente salvataggio dei quattro istituti.
I 100 milioni arriveranno dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, perciò lo Stato non contribuirà  in alcun modo.
L’accesso a questo strumento sarà  riservato a persone fisiche, imprenditori individuali e agricoli, e ai coltivatori diretti.
Stabiliti l’importo e la platea dei beneficiari, sarà  uno o più decreti del ministero del Tesoro, di concerto con quello della Giustizia, a definire le modalità  di applicazione della misura: le modalità  e i termini per la presentazione delle istanze di erogazione delle prestazioni, i criteri di quantificazione e le procedure da mettere in campo.
Le procedure che dovranno essere avviate per ottenere il risarcimento, si legge nell’emendamento del Governo, possono essere “in tutto o in parte anche di natura arbitrale”.
Se si ricorrerà  all’arbitrato il rimborso scatterà  qualora siano accertate le responsabilità  delle banche nel momento della vendita delle obbligazioni in merito a trasparenza, correttezza, diligenza e informazione nei confronti dei risparmiatori.
La soluzione scelta dal Governo, in linea con le regole europee, è chiara: difendere il decreto che ha salvato le quattro banche dal fallimento e risarcire una parte dei risparmiatori che sono andati in difficoltà .
Sul fronte del provvedimento che per l’esecutivo ha evitato scenari ben peggiori arriva un aiuto a quelle banche che hanno concorso a salvare i quattro istituti sull’orlo del baratro: per loro arriva la deducibilità  Ires e Irap per i contributi volontari.
Renzi ha deciso di spostare la regia della vicenda direttamente a palazzo Chigi: un segnale chiaro, in tal senso, è la decisione di non affidare alla Consob il ruolo di giudice per stabilire quali obbligazionisti hanno diritto ai risarcimenti.
Fonti di palazzo Chigi, infatti, spiegano che sarebbe incoerente affidare a un ‘player’ un compito super partes. Il premier ha scelto di ‘indossare’ la divisa dell’arbitro.

(da “Huffingtonpost”)

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LEOPOLDA OSCURATA DAL CASO BOSCHI, RISCHIO PER RENZI

Dicembre 12th, 2015 Riccardo Fucile

SAVIANO: “LA MINISTRA SI DIMETTA, E’ IN CONFLITTO DI INTERESSI SU BANCA ETRURIA”

Viene, non viene, dove sta?
Prima che si accendano i riflettori sulla kermesse renziana della Leopolda, nei corridoi della vecchia stazione si parla quasi soltanto di Maria Elena Boschi, per la prima volta nell’occhio del ciclone dopo il decreto che ha “salvato” la banca per anni amministrata dal padre.
Ma col passare delle ore il problema si è rivelato, non tanto la presenza del ministro, il problema è che il caso-Boschi ha sempre più preso quota proprio nel giorno in cui si è inaugurata (in un’atmosfera festosa) la sesta edizione della Leopolda, la kermesse che qualche anno fa aveva contribuito ad aprire la strada al fenomeno renziano. Immaginata come celebrazione dei risultati ottenuti dal governo e studiata come evento mediatico capace di lanciare un ponte sul futuro, la Leopolda rischia di essere, almeno in parte, oscurata dalla storia delle banche.
Con un’aggravante: in queste ore la punta di diamante nell’attacco alla Boschi si è rivelato Roberto Saviano, un personaggio solitamente appartato e tra i pochi sulla scena pubblica con una reputazione integra.
In un articolo per Il Post e poi in un video per “la Repubblica”, lo scrittore non soltanto chiede le dimissioni del ministro, ma per la prima volta parla con il piglio di chi potrebbe catalizzare un dissenso della sinistra “ragionevole” rispetto al governo guidato da Matteo Renzi.
Saviano usa espressioni inedite («Parlo all’Italia riformista»), attacca direttamente Matteo Renzi, al quale rimprovera sul decreto-banche «l’ennesimo atto autoritario». Difficile capire cosa abbia in testa Saviano, personaggio che sarebbe difficile etichettare come «gufo»: magari quella dello scrittore è soltanto un’indignazione momentanea, ma certo si tratta di un personaggio che, per la sua storia, può dar fastidio a Renzi.
E lui, il presidente del Consiglio? Chi ci ha parlato lo ha trovato arrabbiato nero. Forse come mai in quasi due anni di governo.
Renzi in queste ore ripete con i suoi che la vicenda che vede sotto attacco Maria Elena non riguarda il padre del ministro, «ma il complesso del sistema bancario», che «non c’è conflitto di interessi» e in ogni caso «l’intervento non ha richiesto neppure un euro di risorse pubbliche».
Ma a Renzi non è sfuggito che nelle ore difficili per il caso-Boschi, si è determinata un’inedita, sicuramente non concordata, convergenza: quella tra Saviano e Silvio Berlusconi, protagonista ieri dell’affondo più tagliente dall’inizio del governo.
Segnali di vento che cambia? Su queste cose Renzi è sempre stato sensibilissimo. A fine ottobre, dopo il ritorno da un viaggio in Sudamerica, tra palazzo Chigi e Montecitorio, si diffuse una diceria mai confermata e che parlava di una fortissima irritazione del presidente del Consiglio nei confronti di Raffaele Cantone, sospettato di lavorare nell’ombra.
Ieri sera Renzi ha dato il via alla Leopolda. Prima serata dedicata alle realizzazioni compiute dal governo. Partenza spumeggiante all’insegna dell’autopromozione con punte di enfasi.
Il sindaco di Ercolano: «La Leopolda è un posto eccezionale, dove la politica emerge in tutta la sua bellezza». Accolto con un discreto applauso ha parlato Giuseppe Sala, commissario Expo candidato di Renzi per le comunali di Milano.
E’ iniziata così la sesta edizione della Leopolda, “terra degli uomini”, la kermesse inventata sei anni fa da Matteo Renzi e che soprattutto nelle prime tre edizioni, ha rappresentato una fucina di progetti e di futura classe dirigente.
Da questa mattina, con «vip non famosi» si proverà  a replicare il successo delle prime edizioni: con una differenza.
La Leopolda non è più all’opposizione, è dentro la stanza dei bottoni.

Fabio Martini
(da “La Stampa”)

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AREZZO FERITA RIVIVE L’INCUBO DI SIENA

Dicembre 12th, 2015 Riccardo Fucile

LA CITTA’ TRADITA DALLA FINANZA SPERICOLATA E DA MANAGER SENZA SCRUPOLI

Venerdì pomeriggio, 12 giorni al Natale, le luci brillano, sui festoni di corso Italia, ma non riescono a far andare via l’ombra cupa che avvolge Arezzo.
Sono poche le persone che affrontano lo struscio dello shopping, solo tre ottimisti ascoltano i jingle dell’orchestrina.
Nessun Happy Christmas, la felicità  è stata spazzata dal disastro della banca simbolo di questa città .
Ed eccola, a inizio del corso, la filiale principale di Banca Etruria dove all’ora di pranzo i clienti non entravano dalla porta.
«A me hanno dato il numero 100», dice sconsolata una commessa di una delle boutique vicine. «Tutti vogliono togliere i soldi, e chi è stato fregato va lì a sfogare la rabbia. Povera gente».
L’amministratore delegato di via Calamandrei, Roberto Bertola, ha un bel dire «non andate via, la banca è solida». Parole che con quello che sta capitando sembrano scritte apposta per Crozza.
Arezzo come Siena, tradita dal Monte dei Paschi. Due gioielli toscani a cui la finanza spericolata e manager senza scrupoli hanno tolto splendore. Il pessimo umore avvolge tutto, e cancella ogni tentazione di festa.
Siena la magnifica, che credeva nel Monte dei Paschi come garanzia di potere e prosperità .
Arezzo la prudente, che nella Banca dell’Etruria aveva riposto fiducia e risparmi faticati in una vita.
Storie parallele, che tracciano una nuova era per le operose città  toscane, un tempo in cima alle classifiche della qualità  della vita, ormai in caduta libera. Un tempo.
Perchè il giorno in cui i risparmiatori sono stati lasciati senza i loro soldi ha cambiato tutto qui ad Arezzo.
Un terremoto che ha fatto passare in sordina la scossa vera di giovedì sera quando la terra ha tremato. «Di rabbia», dice Roberta che anche oggi è davanti alla banca a rivendicare i risparmi di una vita.
«La nostra rabbia che se non ci ascoltano sarà  peggio del Big Ben»
Negozi vuoti, locali deserti, anche il Bar Stefano su in fondo al corso dove a quest’ora di venerdì si faceva fatica ad entrare.
Le vetrine hanno strass e vestiti della festa che invitano a comprare, ma in pochi varcano le soglie. Anche da Sugar, il negozio più bello della città  – qui passa l’Arezzo che conta – non c’è movimento.
Il proprietario, Beppe Angiolini, che è anche presidente onorario della camera dei buyer italiani, spiega che la gente «non se la sente di festeggiare, anche se non è stata danneggiata direttamente dalla vicenda. Ma tutti abbiamo un parente, un amico, che ha subito questa situazione. Non si può far finta di niente. La città  è solidale».
«Conosco gli aretini, gente dignitosa, che si vergogna di essersi fatta fregare, che non si mette a fare scenate, che ha forza per riprendersi, ma il clima è pesante. Mi auguro che il governo faccia in modo di rimborsare queste persone che non hanno mai voluto speculare, si sono fidate di chi gli prometteva di mettere al sicuro i risparmi da formichina di una vita».
A piazza San Francesco c’è un piccolo raduno. Antonio racconta dello zio ottantenne a cui l’impiegato di banca solo tre mesi fa ha fatto togliere un gruzzoletto dalle Poste per investirlo in Banca Etruria.
«Ha perso tutto, vorrei sapere se quell’impiegato e i suoi colleghi hanno perso qualcosa o hanno fatto in tempo a salvarsi. Ci deve essere trasparenza, perchè noi tutti, la città , non si rassegnerà . E siamo contenti che anche il nostro vescovo è con noi».
L’arcivescovo Riccardo Fontana ha chiesto che si trovi una soluzione: «La gente prova grande sofferenza e rabbia. È delusa, e anche gli operatori della banca ai livelli più bassi che hanno eseguito l’ordine credendo di consigliare bene ora si sentono accusati. La sofferenza economica dei poveri diventa anche una cosa che coinvolge tutti gli aspetti della vita sociale».

Maria Corbi
(da “il Corriere della Sera”)

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“CHIUDIAMO TUTTI I CONTI”: LA RABBIA DEI RISPARMIATORI DELLA BANCA ETRURIA

Dicembre 12th, 2015 Riccardo Fucile

NEL FORTINO DI AREZZO SCATTA L’ASSEDIO AGLI SPORTELLI: “RITIRATI 700.000 EURO AL GIORNO”

Arrivano alla banca coi foglietti in mano, passo svelto, conoscono la strada.
«Tolgo tutto, chi si fida più di questi?» dice uno e si infila nel palazzone austero, facciata ottocentesca, marmi in terra e mobilio antico, fra via Crispi e corso Italia.
È la sede storica di Banca Etruria, ad Arezzo, dal 1881, la banca dell’oro, quella che ha sostenuto e fatto crescere il distretto prima di precipitare nel buio degli ultimi anni. «Trasferisco il conto corrente, non mi convinceranno » promette un’insegnante in pensione che sosta all’ingresso.
Rabbia e diffidenza, mille sospetti: il fortino di Etruria è sotto assedio.
«Li capisco, è una tragedia, ho visto ritirare in un solo giorno fino a 7-800mila euro. Ma quale salva- banche, se andiamo avanti così non si salva nessuno» racconta un dipendente con trent’anni di servizio.
I numeri ancora non certificano la grande fuga, ma soltanto i brividi della paura.
«È un fenomeno assurdo – ammette l’amministratore delegato della nuova banca, Roberto Bertola – chi ha obbligazioni senior qui trova rendimenti fra il 2 e il 5 per cento, adesso siamo una banca sana e senza sofferenze. Quale altra in Italia è senza sofferenze? Dico ai clienti di restare».
Il problema è distinguere, fra ciò che è stato e ciò che è. Ma le ferite sono troppo fresche per essere archiviate, il via vai agli sportelli consegna facce ancora sgomente. «Riconquisteremo la fiducia dei risparmiatori – promette Bertola, manager bancario di lungo corso, richiamato dalla pensione dal presidente Roberto Nicastro – torneremo ad essere la banca del territorio ».
Un passo alla volta, un giorno dopo l’altro, ma quelli che si sono visti azzerare i risparmi? Pensionati, impiegati, cuochi, insegnanti, parrucchieri, meccanici, un esercito di brava gente, mica lupi di Wall Street.
«Stiamo lavorando con il governo per trovare una soluzione. Non sarà  un rimedio totale e nemmeno indifferenziato. Non sarà  qualcosa del tipo – prosegue Bertola – riconosciamo un x per cento a tutti quelli che avevano le subordinate e non potrà  essere un aiuto di Stato».
Quindi? «Ci sarà  un ristoro per le fasce deboli»
Eppure questa storia dove tutto sembra essere precipitato all’improvviso, non è stata un cataclisma, lo ricorda Alessandro Mugnai, segretario della Cgil di Arezzo: «Non ci sono cause naturali in questo terremoto sociale, bisognerà  che qualcuno indaghi sulle colpe di chi ha portato Banca Etruria fino a qui».
La Federconsumatori di Arezzo annuncia che la prossima settimana presenterà  un esposto in procura.
«Il collocamento del 2013 è stato fatto in buona fede sperando di salvare la banca» assicura Bertola dal quartiere generale dell’Etruria, vicino all’Autosole e assolve i dipendenti agli sportelli.
Fra loro uno racconta: «Eravamo sotto pressione. I dirigenti insistevano, ci facevano anche 2 o 3 telefonate al giorno: le hai vendute? Quante ne hai vendute di subordinate? Credevamo di offrire titoli sicuri, li abbiamo dati anche ad amici e ai parenti. In ufficio facevano la classifica di chi ne vendeva di più: si andava da “sei un mito” a “sei un incapace”. E non avevamo premi di produzione».
Si ferma e aggiunge: «Ho visto miei colleghi allo sportello piangere. La nostra credibilità  è a pezzi, con quale faccia domani consiglieremo un investimento a un cliente?».

Laura Montanari
(da “La Repubblica”)

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