Dicembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
E VENNE ELETTO PRESIDENTE DEL CONI CON 5 VOTI DI SCARTO…E UN VICESEGRETARIO SARA’ LEGHISTA
Continua la galleria di personaggi che emergono dalle telefonate di Isabella Votino, la storica portavoce di Roberto Maroni.
Nei giorni scorsi abbiamo svelato il suo ruolo determinante nell’accordo Lega-Pdl del 2013 e le minacce di Berlusconi a Maroni di usare la clava mediatica contro la Lega. L’indagine Breakfast della Procura di Reggio Calabria contiene intercettazioni della Dia effettuate sotto il coordinamento del pm Giuseppe Lombardo e del procuratore Federico Cafiero De Raho.
“Ti cambio il rapporto della Lega con lo sport, io ho 5 milioni di tesserati, io valgo il 5 per cento del Pil, io ti porto un segretario generale del Coni della Lega e chiedo a Maroni di ordinare a un leghista di votare per me. Se non lo fate siete matti. Ma che mestiere fate?”.
Così parlava l’allora candidato alla presidenza del Coni, Giovanni Malagò, nel gennaio del 2013, con la portavoce dell’allora segretario della Lega Nord Roberto Maroni, nel pieno della corsa con il rivale Raffaele Pagnozzi.
Il 15 gennaio 2013 chiama la portavoce Isabella Votino e le dice: “Mi devi fare una cortesia molto importante segnati questo nome: Christian Zamblera”.
Secondo Malagò due voti su 76 nel Coni sono controllati da persone vicine alla Lega Nord.
Uno è il senatore Giuseppe Leoni, “quello dell’aereo club”. Ma lui non è un problema: è già schierato con Malagò perchè — come spiega egli stesso alla Votino mentre è intercettata dalla Dia di Reggio Calabria — gli ha fatto una cortesia a seguito del commissariamento dell’aereo club, portandolo dal ministro dei Trasporti Corrado Passera per risolvere il problema.
Il secondo grande elettore leghista è Christian Zamblera, assessore del Carroccio a Casazza (Bergamo) e presidente della Federazione danza sportiva.
Da un po’ di giorni svicola e Malagò pensa sia passato con il rivale Pagnozzi. “È fondamentale Isa che Bobo lo chiami e gli dica: ‘Non scherziamo il nostro candidato al cento per cento (…) io non sono un leghista, come non sono uno del Pdl. Ma tu mi chiami anche all’una di notte io leale sono e leale rimango”.
In serata Isabella spiega via sms: “Forse il ‘problema’ si chiama Antonio Rossi, che è candidato nella lista di Bobo in Regione”.
Rossi è il campione olimpico di canoa al quale Maroni ha promesso un posto in giunta. Sta dalla parte di Pagnozzi e Zamblera lo segue.
Il 16 gennaio 2013 Malagò torna alla carica: “Quello che voglio dire a Maroni è che io sto per portare, come segretario generale, un leghista, un ragazzo fantastico, leghista… questa cosa da solo dovrebbe spiegare a Maroni che siamo (…) Isabella, per me è una cosa fondamentale! Un ragazzo del Nord, zona diciamo, di Maroni, di riprovata fede… gli hanno chiesto, tra le altre cose, di candidarsi”.
Poi spiega le ragioni per cui la Lega dovrebbe appoggiare un romano che più romano non si può come Malagò: “Non hai capito, io a Maroni… io valgo il 5 per cento del Pil del Paese, cinque milioni di tesserati… quindi non è un problema della danza sportiva che è un voto, io gli cambio la vita nel rapporto dello sport con la Lega… cioè, più di questo non so cosa … che Bobo chiami sto Zamblera e gli dice, ‘oh, abbi pazienza, se anche ti è arrivato un ordine…’”.
Poi insiste: “Ma vi rendete conto che da una parte può influire su un voto su 76, dall’altra c’è la possibilità che, se vinco io, vi porto un segretario generale che è uno della Lega! Cioè, se questa cosa non la fate allora, scusa… va be’, allora la Lega è matta”!
“Eh, vabbè, allora fate come vi pare, allora è inutile che sto… io ci ho il coraggio romano di fare questa scelta… eh, se Bobo Maroni sa questa cosa e non cambia, va be’, scusate se ve lo dico, allora non so che mestiere fate!”.
Da un lato c’è il segretario generale (in realtà poi diverrà vice) leghista e dall’altra, spiega Malagò, c’è lo spettro rosso: “Pagnozzi, come segretario generale, scusa se te lo dico, porta Luca Pancalli che è uno organico del Pd cioè iscritto al Pd… a Maroni, dici, non gli frega niente dello sport? Ma come! Ci stanno cinque milioni di tesserati in Italia, il segretario generale diventa l’uomo macchina, non gliene frega niente? Ma non ci posso credere! Eh, cazzo, ma è una follia!”.
Poi Malagò fa presente che la sua campagna per il Coni non è troppo slegata da quella elettorale in corso: “A parte che, io dico, sei giorni prima delle nazionali (elezioni del 25 febbraio 2013, ndr), per cui, nel momento in cui io nomino un segretario generale che si sa anche l’identificazione del Nord e come la pensa, credo che vi è non poco di aiuto nella partita”. Poi conclude: “È urgentissimo, ditemi quando, vengo pure a Milano”.
Il 16 febbraio 2013 Malagò richiama e precisa che il leghista sarà vice e non segretario: “Sono uscito su tutti i giornali, che porto come numero due questo ragazzo, Carlo Mornati, un ragazzo di Lecco che è un leghista, tra le altre cose, non so se lo sai eh, perchè doveva anche entrare nella lista civica a supporto di Bobo (…) Maroni deve chiamare Zamblera e dirgli di cambiare voto e dopo Zamblera mi da un messaggio a me”. Poi le invia il numero di Zamblera via sms. Mornati, come anticipato, oggi è vicepresidente del Coni.
Alla vigilia della votazione Isabella Votino rassicura Malagò: “Ieri sera ne ha parlato con Giacomo Stucchi (deputato leghista, ndr) va be’, adesso verifico io”. E Malagò: “Fammi ‘sto regalo!”
Il 19 febbraio Malagò viene eletto con cinque voti di scarto.
Stucchi esulta: “Ciao Isa, missione compiuta eh!”. Lei replica: “Eh, no, questo l’ho visto, però volevo… sono qui con Bobo, volevamo assicurarci che poi, come dire, c’era stato anche il nostro contributo”.
Stucchi conferma “Sì, sì, sì”.
Poi lei invia un sms a Malagò: “Congratulazioni! Adesso non ci resta che sperare per lunedì (le elezioni, ndr)… Baci”.
Malagò non risponde. Votino chiama Stucchi: “Ma lui, prima, glielo ha fatto sapere a lui, si, che lo votava?” e il parlamentare replica: “Non penso!”.
La portavoce insorge: “Cosa?… allora, tanto vale, non abbiamo fatto perchè, se poi non gli dobbiamo dare… è ovvio che eh, eh! Lui pensa che non l’ha votato, ecco perchè non risponde!”.
Poi Isabella chiama l’amica comune Luisa Todini: “Giovanni in questi giorni mi ha stressato perchè ci teneva ad avere il voto di questo benedetto signore della Danza sportiva che invece non lo voleva… io l’ho aiutato in tutti i modi possibili (…) ho detto a Bobo che poi, effettivamente Bobo mi ha detto, ‘questa cosa s’ha da fare!’. Oggi, però, gli ho scritto un messaggio, ci sono rimasta un po’ male che non abbia risposto… allora ho pensato, mi dispiacerebbe solo se lui pensasse alla fine che Bobo se ne è sbattuto quando poi, in realtà …”.
Poi chiama Stucchi e gli intima di riferire a Zamblera “che comunque gli facesse arrivare un messaggio, o a lui o a chi vicino a lui, che poi lo ha votato e che ha ricevuto indicazioni da Maroni (… ) perchè qui adesso ci manca solo che … cioè che nonostante l’abbiamo fatto poi non ci viene, magari, riconosciuto (…) e infatti lui, ad un certo punto, lui (Malagò, ndr) mi ha detto: ‘Isa, guarda, che io non ho riscontro di quello che tu mi dici’”.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
“QUANDO POSSONO MANDARLI AL GOVERNO, I FRANCESI SE NE GUARDANO BENE”…”LA NORMALIZZAZIONE E’ SOLO PURO LIFTING DI FACCIATA, IN ITALIA FINI EBBE IL CORAGGIO DI PASSARE DA MSI AD AN”
“Era già successo alle elezioni dipartimentali lo scorso marzo: per giorni e giorni, l’anticipazione
dei media, in maniera enfatica, di una vittoria del Front National sulla quale il partito di Marine Le Pen speculava, eccome. Ma alla fine, al secondo turno, fanno sempre flop. Per il momento, quello scalino non riescono a superarlo».
A parlare è Alexandre Dèzè, ricercatore al Cepel (Centro di studi politici dell’Europa latina), docente all’università di Montpellier
Però una settimana fa il Fn era diventato il primo partito di Francia…
«Sì, ma è interessante vedere l’evoluzione dei voti tra il primo e il secondo turno. Nel Sud-Est (Provenza-Alpi-Costa Azzurra), non c’è stato un aumento dei voti per il Front national, che aveva esaurito il suo bacino di voti il 6 dicembre. C’è pure qualche possibilità di spostamento di consensi dal Fn verso altri partiti fra il primo e il secondo turno».
Cosa significa?
«Quello per il partito di estrema destra resta un voto di protesta. Ma la maggioranza dei francesi, quando c’è la possibilità di mandarlo al potere, si rifiuta di farlo. Questo voto dà ovviamente indicazioni interessanti anche in vista delle presidenziali del 2017, sulle reali possibilità per la Le Pen di imporsi al secondo turno, al di là di quello che scrivono tanti giornali e dicono numerosi osservatori».
Il ruolo dei media ha favorito la Le Pen?
«Di sicuro. Il problema è che attualmente l’unico argomento politico che interessa i francesi è il Front National e la saga dei Le Pen. Per il resto si annoiano terribilmente e non hanno neanche tutti i torti. L’enfatizzazione sul fenomeno Fn gioca a favore del partito di estrema destra. Senza contare che tutto questo ha portato certe riviste a interessarsi addirittura agli animali di compagnia di Marine Le Pen, ai suoi gusti per i vestiti, ai suoi possibili problemi di coppia. Normalizzandola, appunto, e dimenticando quello che pensa e dice».
Lei è coautore di un saggio appena pubblicato dalla casa editrice di Sciences Po a Parigi, dal titolo «Le finzioni del Front National: sociologia di un partito politico». Non crede alla “dèdiabolisation” del partito da parte della Le Pen?
«No, è puro lifting. Quelle che da sempre sono le idee di base del Front sono in gran parte rimaste le stesse. Come il concetto di “preferenza nazionale”, per cui, ad esempio, i diritti sociali devono essere riservati solo ai francesi e non agli stranieri che vivono nel nostro paese: è un principio anticostituzionale ed è rimasta una delle idee portanti del Front national, anche dopo questo fantomatico sdoganamento».
La cacciata di Jean-Marie Le Pen non ha cambiato nulla?
«Solo all’apparenza. Anzi, da quando il patriarca è stato espulso dal partito, la Le Pen ha reso ancora più duro il suo discorso sugli immigrati. Dobbiamo metterci nella testa che la normalizzazione che lei avrebbe realizzato costituisce davvero poca cosa rispetto a quello che fece in Italia Gianfranco Fini trasformando il Movimento sociale in Alleanza nazionale».
Leonardo Martinelli
(da “la Stampa”)
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Dicembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
I PARTITI STORICI ALLA RICERCA DI UNA VISIONE
Marine Le Pen non vince nessuna regione, sette giorni di politica hanno rovesciato il risultato delle regionali francesi, l’onda bluemarine si infrange contro le barriere di un sistema elettorale spietato.
Ma — va detto, perchè il risultato è netto — l’avanzata del Front è stata bloccata innanzitutto dal voto dei francesi.
Molti astensionisti del primo turno ieri sono andati ai seggi. Lo spirito «repubblicano» che ha spinto i socialisti a ritirarsi dal Nord (Lille e Piccardia) e dal Sud (Marsiglia e Costa Azzurra) per favorire i candidati sarkozisti contro le due Le Pen (Marine e Marion, zia e nipote) arrivate in testa al primo turno ha fatto «barrage» all’estrema destra.
Come leggere due risultati così diversi? Bisogna entrare nella logica delle elezioni a due turni.
Nel primo si vota con il cuore, nel secondo (anche) con il cervello.
Nel primo — come ha detto Guillaume Perrault del Figaro — il Front National ha mostrato la sua forza, nel secondo il suo isolamento.
Marine Le Pen è in grado di spaventare il sistema, non di abbatterlo.
Ma la vera domanda è: per quanto ancora?
Ormai si può parlare di un bipartitismo imperfetto alla francese: da una parte l’alleanza (conflittuale e spesso innaturale) tra i due partiti storici e tradizionali, destra e sinistra, ex gollisti e socialisti; dall’altra il Front.
Da una parte quelli che Marine Le Pen chiama i “succubi della globalizzazione”, dall’altra i sedicenti «patrioti».
Esaurite le regionali, già si è proiettati sulla presidenziale 2017, la madre di tutte le elezioni.
Ieri è andata in onda la replica di un vecchio film, un dèja vu di politica politicante che non entusiasma più nessuno.
E tutti si rendono conto che è forse l’ultimo avvertimento al sistema. Il più chiaro è stato Alain Juppè, ora sindaco di Bordeaux, ma ex primo ministro e ministro, l’uomo che Chirac diceva «il migliore di tutti noi».
Juppè è lanciato nella corsa a conquistare la candidatura per la destra nella prossima presidenziale, il suo avversario numero uno è Nicolas Sarkozy, che esce piuttosto malconcio da questo giro.
Ieri sera Juppè ha fatto il suo primo vero discorso da candidato presidente sfidando insieme Sarko-Hollande-Le Pen: i francesi — ha detto – hanno bisogno di una «visione», non antieuropea, non quella di un paese ripiegato su se stesso, non in controsenso rispetto al mondo di domani.
Questo è il vero nodo. Le Pen e i suoi alleati in Europa che chiamiamo «populisti» hanno «visione» e risposte per quanto semplificate e irrealistiche a problemi complessi.
I partiti storici tradizionali non sanno invece più offrire «visioni».
Innanzitutto quella europea che si è persa in una nebbia tecnocratica e burocratica che non fa più sognare, che moltiplica insicurezze, che nelle politiche economiche non riesce a invertire la curva della disoccupazione nè a far ripartire in modo significativo la crescita.
In questo stallo cresce il bisogno di protezione, il senso di angoscia che permette di riconoscersi in parole d’ordine elementari, dove risorgono vecchi fantasmi.
È questa la sfida che le elezioni regionali francesi hanno drammatizzato, per la Francia e per tutti gli altri, a cominciare dalla Spagna dove si voterà tra pochi giorni.
Cesare Martinetti
(da “La Stampa”)
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Dicembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
AL SECONDO TURNO L’UNIONE DI DESTRA GUADAGNA 4 MILIONI DI VOTI, I SOCIALISTI 2,6 MILIONI DI CONSENSI, IL FRONT NATIONAL 800.000
Secondo i dati ufficiali del ministero dell’Interno, con il 99 per cento delle schede scrutinate, le
liste Union de la Droite (Les Rèpublicains, nuovo nome del partito UMP di Nicolas Sarkozy, coalizzato con i partiti di centro) hanno ottenuto in totale il 40,29 per cento dei voti, le liste Union de la Gauche (Partito socialista, più altri partiti minori) il 28,90 e il Front National il 27,13.
Vediamo invece i voti in termini numerici:
Union de la droite : 9,95 millions de voi
Union de la gauche : 7,26 millions de voi
Divers gauche : 382 000 voix
Front national : 6,82 millions de voix
Un raffronto è interessante con i voti ricevuti al primo turno
Union de la droite : 5,78 millions de voi
Union de la gauche : 5,01 millions de voi
Divers gauche : 312 000 voix
Front national : 6,01 millions de voix
(da “Le Monde”)
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Dicembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
QUATTRO MILIONI DI FRANCESI SONO ANDATI A VOTARE PER LA DESTRA DI SARKOXY PIUTTOSTO CHE FAR PREVALERE IL FRONT NATIONAL… IL RIFIUTO DI UNA DESTRA XENOFOBA E ANTIEUROPEA ALLA BASE DELLA SCONFITTA DEL FRONT NATIONAL
Le prime analisi frettolose delle ore immediatamente successive al secondo turno delle elezioni regionali francesi tendono ad accreditare al ritiro dei socialisti la sconfitta di Marine Le Pen ai ballottaggi.
Questo discorso potrebbe valere peraltro solo per due regioni, Nord-Calais-Picardia e Provenza- Costa Azzurra, ma anche qui solo parzialmente, lo dicono i numeri.
Al primo turno Marine Le Pen aveva raccolto circa il 41% di consensi contro il 24% e il 18% dei repubblicani e dei socialisti (sommati fanno il 42%).
Ma al secondo mentre la Le Pen ha raccolto il 42,8%, i repubblicani sono saliti al 57,2%, ben 15 punti in più della somma dei due partiti.
Sempre al primo turno Marion Le Pen era al 42% contro il 28% e il 16% degli stessi avversari (sommati fanno il 44%).
Ma al secondo turno Marion si è fermata al 46% mentre il candidato repubblicano è volato al 56%, 12 punti in più della somma dei partiti di appoggio.
Il discorso è ancora più significativo nelle altre dieci regioni al voto, dove i candidati erano tre: uno del FN, uno della destra repubblicana e uno dei socialisti.
In Alsazia l’Unione della destra è passata dal 25,8% al 48,4%, il FN è rimasto al 36%, i socialisti al 16%.
In Borgogna i socialisti hanno vinto grazie alle altre liste di sinistra aggregate, il FN è finito terzo con la stessa percentuale del primo turno, ma l’Unione della destra ha guadagnato 9 punti.
Stesso discorso nella Valle della Loira, con l’Unione della Destra che guadagna l’8% e in Aquitania dove sale del 7%.
Nel Rodano-Alpi vince l’Unione di destra con il 41% (+ 10%) davanti ai socialisti (+12%) e al FN (- 2%).
In Bretagna vincono i socialisti (+17%) davanti all’Unione della destra (che sale del 7%) con il FN fermo al 18%
In Normandia vince l’Unione della destra con il 36,4% (+ 9%), davanti ai socialisti (+ 13%) con il Fn fermo al 27%.
Per finire la Loira dove prevale L’Unione di destra con il 42,7% (+ 10%) davanti alla sinistra (+ 12%) e al FN (-2%).
E’ falso quindi che la Le Pen abbia perso al secondo turno per la combutta tra destra e sinistra, ha perso perchè è aumentato il numero dei votanti (dal 50% al 59%) .
E questi elettori sono prevalentemente elettori di destra che piuttosto che vedere prevalere un partito antieuropeo e xenofobo sono andati a votare per impedirlo, magari turandosi il naso e rivotando un partito guidato da un leader non troppo amato come Sarkoxy, alle prese con vicende giudiziarie.
E’ evidente a questo punto che la Le Pen rappresenta sicuramente un quarto dei francesi ma che non vincerà mai le presidenziali 2017, sia che si confronti con Hollande che con Sarkoxy o Juppè, in quanto il 75% dei francesi non ne condivide il programma economico e politico, nonostante i tentativi di darsi un volto meno estremista.
Se poi pensiamo al discredito che godono destra e sinistra in Francia e al pericolo dell’Isis, e che, nonostante questa congiuntura favorevole, il Fn non riesce a vincere nulla, appare evidente che il destino di un movimento populista estremista con un programma raffazzonato in Francia è segnato.
Chi cerca modelli oltralpe farebbe meglio a rinnovare il proprio guardaroba.
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