Dicembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile
IN DIMINUZIONE FURTI E RAPINE, SEQUESTRATI 616 MILIONI ALLA CRIMINALITA’, SCENDONO I REATI NEGLI STADI E QUELLI DI VIOLENZA SULLE DONNE
“Dal punto di vista della sicurezza il 2015 è stato un anno positivo”.
Lo ha detto il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, presentando il bilancio di fine anno sulle attività del dicastero.
“E’ stato un anno in cui abbiamo centrato molti obiettivi ed evitato che qualcosa di grave potesse accadere nel nostro paese”, ha aggiunto Alfano, rivolgendo “un grazie sincero a tutte le forze dell’ordine che hanno consentito che fosse un anno positivo”.
Reati in calo.
“Nel 2015 abbiamo avuto una diminuzione totale del 10,2% dei reati commessi nel nostro paese”, ha detto il ministro dell’Interno, “stanno diminuendo i reati e sta rafforzandosi l’azione di contrasto, con un calo dell’indice di delittuosità , importante perchè spesso la percezione è che i reati aumentino mentre sono diminuiti”, ha aggiunto Alfano.
“Sono molto soddisfatto del dato sui furti e sulle rapine. Ciononostante penso si debba e si possa fare di più per il prossimo anno, per questo stiamo lavorando ad un disegno di legge che spero possa essere approvato rapidissimamente, sulla sicurezza urbana, che metta al centro il tema dei furti, sul quale investiremo tutte le nostre migliori energie. Non è possibile che in Italia ci si senta sotto attacco a casa propria”.
Mafie.
Sono state 175 le operazioni di polizia giudiziaria registrate nel 2015 contro il crimine organizzato, 1794 gli arrestati ritenuti mafiosi e 53 i latitanti catturati, di cui 1 di massima pericolosità , 6 pericolosi e 46 di rilievo.
E ancora, 10.979 i beni sequestrati per un valore di 4.243 milioni di euro e 2.430 i beni confiscati per un valore di 616 milioni di euro.
Quanto al governo del territorio, sono state 9 le gestioni commissariali disposte per infiltrazioni della criminalità organizzati.
Profughi
“Da inizio anno sono sbarcati sulle nostre coste 144.205 migranti, il 12,9% in meno rispetto al 2014, e sono stati arrestati 636 scafisti”, ha detto Alfano, “di questi 144 mila migranti, 128.943 sono partiti dalla Libia, 11.114 dall’Egitto, 2.471 dalla Turchia – ha aggiunto Alfano – mentre tra i paesi di provenienza ci sono Eritrea, Siria, Nigeria e Somalia”.
Il ministro ha ricordato anche che nel 2015 ci sono state le “migliori perfomance delle commissioni d’asilo, è stato smaltito l’arretrato ed è stato raggiunto l’80% dei risultati della commissione. Non abbiamo più problemi di arretrati di lavoro, questo tema è superato, ma ora l’Europa si deve far carico dei rimpatri degli irregolari, questo è l’obiettivo per il 2016. Noi stiamo salvando le vite. Sull’immigrazione l’Italia ha fatto un lavoro straordinario, salvando vite umane, realizzando un grande servizio all’Europa e al mondo. Ci aspettavamo e ci aspettiamo un importante e solenne procedure di ringraziamento”, ha concluso.
Terrorismo ed espulsioni.
“6636 contenuti web di propaganda jihadista oscurati grazie alla nuova legge anti terrorismo”. Oltre al dato sulle espulsioni, che con l’operazione di questa notte a Bologna, dove è stato un 30enne marocchino, ha raggiunto quota 64, “sono stati 259 gli arresti in ambito di integralismo religioso, – ha spiegato il ministro – 74177 le persone sospette controllate, 489 le persone indagate, oltre 11 mila i veicoli controllati e monitorati e 90 i foreign fighters, non tutti in Italia, di cui 18 già deceduti e 14 ritornati”.
Commercio abusivo.
“Nel campo dell’abusivismo commerciale e della contraffazione abbiamo ottenuto risultati straordinari, risultati che erano impensabili fino a qualche anno fa, con un incremento straordinario del 35 percento in più nel valore beni sequestrati e di oltre l’80 percento in più degli articoli sequestrati. Complessivamente sono state 41 mila 407 le operazioni di polizia, per oltre 256 milioni di articoli sequestrati contraffatti, per un valore di 802 milioni di euro”., ha sottolineato Alfano.
Stadi.
“Quest’anno abbiamo lavorato molto sul fronte della violenza negli stadi che ha fatto si che tanti cittadini, tante famiglie, rinunciassero ad andare alla partita. Oggi possiamo dire che abbiamo approvato un decreto stadi che ha rappresentato un elemento di miglioramento della situazione generale”., ha detto Alafano, “Complessivamente registriamo un meno 18 percento di incontri con feriti nel campionato 2014-2015, mentre nell’attuale campionato il trend e’ del meno 22 percento. 5158 sono stati i daspo, di cui 4966 per il calcio. Un bilancio molto positivo”.
Violenza sulle donne.
“Rispetto al 2014, quest’anno gli omicidi con vittime di sesso femminile sono diminuiti del 6,57%. Durante l’anno abbiamo avuto 217 allontanamenti e 1.198 ammonimenti del questore”.
“Chi sente – ha continuato – deve denunciare, una denuncia può salvare la vita, nessuno giri le spalle dall’altra parte. Bisogna guardare negli occhi la violenza e denunciare immediatamente”.
(da agenzie)
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Dicembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile
IL CAPO DEI REVISORI LO AVVERTI’: “TE L’AVEVO DETTO DI NON INSISTERE, ORA SEI MESSO MALE”… E ANCHE LA PRESIDENTE LEGHISTA DEL COMITATO DI CONTROLLO VIENE FATTA FUORI DA MARONI PERCHE’ AVEVA PRESO LE SUE DIFESE: E’ COSI’ CHE LA LEGA PREMIA IL MERITO
Grazie a lui i ladri sono stati cacciati da Fnm, Ferrovie Nord Milano, una società quotata in borsa e
controllata dalla Regione Lombardia.
Grazie a lui, non grazie alla Regione o alla Commissione di controllo sulla borsa (Consob), le spese pazze per auto, quadri, scarpe, viaggi e pranzi sono state scoperte dai magistrati, l’ex presidente Norberto Achille è stato indagato per peculato e truffa e l’ex presidente del collegio sindacale Carlo Alberto Belloni per tentato favoreggiamento.
Per premio il funzionario dell’audit di Fnm Andrea Franzoso è stato messo fuori gioco.
Nè la Regione Lombardia a guida leghista nè la Consob di Vincenzo Vegas hanno mosso un dito per proteggerlo.
Il whistleblower di Fnm (letteralmente “il soffiatore di fischietto” ossia chi, come l’arbitro davanti a un fallo, fischia per fermare il gioco sporco e dovrebbe essere protetto dalla legge e dai codici aziendali, tra l’altro Fnm ne ha approvato appena uno che non comprende il caso di Franzoso), non fischierà più.
La gola profonda che ha collaborato con i magistrati per far scoprire i reati dei dirigenti Fnm, amici dei politici, è rimasto senza voce.
Niente più controlli per lui ma un incarico da passacarte.
Così impara la lezione.
D’altro canto l’ex presidente del collegio sindacale Belloni (poi indagato e costretto alle dimissioni) il 27 aprile scorso, dopo lo scandalo dell’inchiesta ma prima dell’uscita delle carte dell’ordinanza, era stato chiaro con lui.
Franzoso ha registrato quel colloquio e ha allegato la trascrizione nel ricorso al giudice del lavoro appena presentato contro Fnm per chiedere di essere rimesso dove stava: “Con franchezza, te e Nocerino (l’altro funzionario dell’audit che aveva parlato con i carabinieri, ndr) siete messi molto male”, parte Belloni.
Il perchè è presto detto: “Io vi avevo spiegato, sia a te che a Nocerino, di non insistere sulla strada su cui stavate insistendo”.
Belloni è amareggiato perchè dopo l’arresto del precedente capo del servizio audit voleva promuovere proprio le due serpi piene di un veleno chiamato onestà che si era cresciuto in seno.
“Io pensavo da voi, o da te o dall’altro di tirare fuori il responsabile dell’Internal Audit… non l’avete voluto capire… sono uscite cose che negli audit non andavano scritte… io te lo dico con molta franchezza: dal 26 maggio in poi quell’ufficio lì (Internal Audit, ndr) viene smantellato”.
La questione interessante è che Belloni sta parlando del nuovo corso di Andrea Gibelli, il nuovo presidente leghista: “Gibelli secondo te cosa fa? Si tiene questo audit? Si tiene questo Odv (Organismo di vigilanza, ndr)? si tiene questa gente qua? Secondo te? Gibelli la cambia. Il minimo che deve fare. Se a te ti mandano a Como? E Nocerino lo mandano ad Iseo? Cosa facciamo? Eh? Ci hai pensato a questo? Ci avete pensato, te e Nocerino, a questa roba qua? Che forse bastava venire su e dire le cose man mano che venivano avanti, e seguire quello che vi dicevo io, e stare più prudenti… e non farvi prendere dalla foga di capire, di avere”.
Belloni fa un ragionamento sottile. Franzoso e il suo collega hanno sbagliato a usare quelle carte nell’interesse della società e non nel loro.
Come direbbe Razzi, “fatti un po’ i c… tuoi”, sembra dire Belloni.
“Non dicevo che non bisognava trovarle… bisognava trovarle, fare come faceva Orlandini (l’ex responsabile Internal Audit Fnm, poi arrestato per altre storie, ndr), a cui le davate le cose. Orlandini veniva dal presidente e le mediava… a suo vantaggio, a suo vantaggio… che Orlandini fosse un figlio di puttana lo sapevate. Bastava dirmele le cose”.
Poi c’è l’apologo agghiacciante sul campo di sterminio: “Il comandante di Auschwitz, che di certo non era uno stinco di santo (…) l’unica cosa che non ha mai fatto è indagare sui revisori dei conti che gli mandava Berlino. Mai. Mai fatto. Aveva il Comitato di controllo interno, aveva l’Odv interno del campo, fatto da Ss. Quando una Ss si svegliava, in questo caso l’Ss Quaini (ex membro del Cda, ndr) si svegliava e diceva: bisogna indagare sul comandante, su su… sul presidente dei revisori dei conti che arriva da Berlino, gli diceva: ‘Guarda, tu non sei ariano perfetto, comincia ad accomodarti dentro al forno crematorio’”.
La leghista Laura Quaini era allora presidente del Comitato controllo e rischi, ed è stata decisiva nell’aiutare i controllori onesti come Franzoso. Dopo essere stata paragonata da Belloni al controllore onesto di Auschwitz, non è stata confermata nel cda scelto dalla Regione a guida leghista.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile
IL MOVIMENTO NON C’E’ E IL CAMPO E’ PARZIALMENTE OCCUPATO DAL M5S
Se si eccettuano le retoriche, il primo elemento che salta agli occhi osservando il successo di Podemos dal punto di vista della sinistra italiana è semplice: che Podemos, piaccia o no, ha molto poco a che fare con l’attuale sinistra italiana (parentesi, Podemos angoscia i renziani molto più della minoranza Pd, al punto di spingerli alla surreale reazione della Boschi: con l’Italicum il problema Podemos non si porrebbe)
«La verità è che tra Podemos e Sinistra italiana ci sono molte differenze; forse la prima che viene in mente è che alla fine Podemos non ha fatto l’accordo a priori con Izquierda, cioè con la parte più classica e tradizionale della sinistra spagnola», riflette Marco Berlinguer, il terzo figlio di Enrico Berlinguer, che vive a Barcellona – fa il ricercatore all’Università Autonoma – assieme alla sua compagna.
Entrambi studiano e frequentano, lei è attivamente coinvolta, il mondo della municipalità e delle nuove pratiche che ha vinto la città di Barcellona, conoscono Ada Colau, e sanno di Podemos da dentro.
Se invece si prendono in esame le considerazioni e gli entusiasmi magari anche genuini di tanti politici di sinistra, sembra che poi la vittoria di Podemos sia una «lezione della spagna per il Pd» (secondo il governatore toscano Enrico Rossi), o la conferma che «l’Europa della precarizzazione del lavoro e della svalutazione dei salari non regge più», o una «critica dell’austerity», e via così, andando sempre per le generalissime e muovendosi come farebbe Izquierda, non Podemos; ideologicamente, non pragmaticamente.
Invece il secondo punto da fissare è proprio questo: il pragmatismo, spesso sottovalutato, di Podemos.
Racconta Giorgio Airaudo (che in tempi non sospetti – prima del voto – era a Barcellona a incontrare la Colau) che quelli di «Barcelona en comù» mutano alleanze caso per caso, con applicazione anche spregiudicata delle maggioranze variabili.
La Colau ha undici consiglieri su 40 nel consiglio di Barcellona, dunque per governare ha bisogno di arrivare a 21, e ci arriva di volta in volta, non solo con Izquierda, ma anche con una miriade di movimenti e micro movimenti catalani; scenario assolutamente non riproponibile ovunque, ma questo per dire di un’elasticità manovriera che in Italia, semmai, pare appannaggio del renzismo, non della Sinistra da ricostruire.
Il terzo punto, sostanziale, è che Podemos «nasce da un movimento sociale, generazionale, che affonda le radici nel fenomeno degli indignati. Lì c’è un movimento. In Italia, semplicemente, questo movimento non c’è», constata non senza amarezza Airaudo, che pure vorrebbe provare a costruire qualcosa di analogo partendo da Torino.
Forse, si potrebbe aggiungere, l’ultima cosa assimilabile a un movimento, nella sinistra italiana, è stata l’esperienza milanese della primavera arancione di Pisapia: che però non ha prodotto una rete nazionale e un’esperienza generativa a sinistra, e probabilmente, almeno in parte – nel 2013 ha finito per avere zone di tangenza col successo elettorale del Movimento cinque stelle. M5S che però è diversissimo, rispetto a Podemos (i due soggetti hanno anche reciprocamente preso le distanze), almeno perchè ha due forti elementi di verticismo: l’azienda che comanda (la Casaleggio) e il leader che ne determina il successo iniziale (Grillo).
Sostiene Enrico Rossi che l’insegnamento di Podemos (anche al Pd) è che bisogna stare «alla larga dalle grandi intese e dal partito della nazione, e invece guardare di più a sinistra, ai ceti deboli della società ».
Ma cosa vuol dire «guardare più a sinistra?».
Podemos non partirebbe mai da cotesta genericità , intanto perchè ha una notevole componente anche interclassista, pur declinandola a sinistra, e poi perchè nasce in maniera concreta, dalle pratiche, non da un proclama.
È il quarto elemento: la pratica principale originaria è stata il movimento di lotta per la difesa della casa dalle banche.
Podemos nasce dai movimenti che proteggono gli affittuari (ma anche i proprietari di case) non più in grado di pagare affitti o mutui bancari.
In questo senso è una prassi, quasi ignota oggi alla sinistra italiana, che è, e resta, un’operazione per lo più politicista, o una fuoruscita dal Pd.
Con eccezioni, per esempio la Fiom. Maurizio Landini ha scritto la prefazione italiana al libro di Iglesias, e è ormai convinto che «bisogna andare oltre molti schemi tradizionali, cosa che Podemos fa. Iglesias si dice socialdemocratico, il problema è che ormai in Europa appare estremista anche essere socialdemocratici».
In più, per Landini, «in Italia c’è il problema che una fetta di campo è ormai occupata dal M5S, che prima non c’era; e dobbiamo trovare il modo di farci i conti».
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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Dicembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile
“ADEGUAMENTI SALARIALI” BLOCCATI: MA NON BASTA CHE UN BARBIERE GUADAGNI PIU’ DI UN MAGISTRATO?
I dipendenti della Camera sono sul piede di guerra. 
Annunciano lo stato di agitazione perchè i loro adeguamenti salariali sono bloccati dal 2011 e il taglio delle indennità di funzione che si sommano allo stipendio sarà prorogato anche per il 2016.
Non li ha convinti la motivazione che si è in attesa di definire il ruolo unico dei dipendenti di Camera e Senato i cui trattamenti economici, oggi diversi, andranno omogeneizzati.
E minacciano di far scattare l’accusa di comportamento antisindacale nel caso in cui la misura venisse presa in modo «unilaterale».
Va detto che fatti del genere appartengono alla normale dialettica interna al settore pubblico.
Se non fosse che la Camera non è una pubblica amministrazione normale. Basta dire che con 24 anni di servizio alle spalle il barbiere più anziano ha una retribuzione lorda di 143 mila euro annui: compenso paragonabile, e talvolta anche superiore, a quello di un magistrato.
Inoltre il taglio degli stipendi di Montecitorio, dove prima della sforbiciatina la paga media dei dipendenti era il quadruplo di quella dei loro colleghi della britannica House of Commons, ha avuto una sua particolarissima applicazione.
Nel senso che i famosi 240 mila euro sono stati interpretati come limite della retribuzione al netto di alcune voci importanti, anzichè tetto omnicomprensivo di ogni emolumento come per tutti gli altri lavoratori pubblici.
Con il risultato che i funzionari più alti in grado possono superarlo di slancio. Comprendiamo perciò, cari sindacati della Camera, che dentro il Palazzo si continui a vedere una realtà deformata rispetto a quella che c’è fuori.
Anche se talvolta basterebbe affacciarsi alla finestra, e guardare i volti di quelli che si presentano con i cartelli davanti a Montecitorio dopo aver perduto il posto di lavoro, per capire che vi si chiede soltanto di tornare sulla terra.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile
ENTRATE PER 736 MILIONI, MA SALA NON VUOLE DIRE SE IL BILANCIO E’ IN ROSSO E DI QUANTO… NESSUNA SPECIFICA SUL PREZZO MEDIO DEI BIGLIETTI NONOSTANTE I SOLLECITI DELLA REGIONE
Chi si aspettava che il mistero sui conti di Expo venisse svelato prima della discesa in campo ufficiale di Giuseppe Sala nella partita elettorale milanese rimarrà deluso.
Il dettaglio sugli incassi realizzati grazie ai visitatori dell’esposizione non esce nemmeno dopo il cda in cui il commissario unico ha presentato i dati preliminari del bilancio del 2015.
E nemmeno si capisce se la società quest’anno sarà in utile o in perdita.
Al termine della riunione nessuna conferenza stampa, ma un comunicato di poche righe con cui la società comunica che “l’esercizio dell’anno in corso si chiude con un margine operativo lordo positivo per 14,9 milioni di euro, che deriva da ricavi pari a 736,1 milioni di euro e costi di gestione del valore di 721,2 milioni di euro. Grazie all’oculato impiego delle risorse degli anni passati, il patrimonio netto della società Expo 2015 S.p.A. a fine 2015 è previsto positivo per 14,2 milioni di euro”.
Il dato sul margine operativo lordo è però lontano dal chiarire i dubbi sulla tenuta dei conti, visto che non include alcune voci di costo, come per esempio gli oneri finanziari. Mentre il valore del patrimonio netto non lascia ben sperare: nel 2014 era 46,8 milioni, 32,6 in più di quest’anno.
Ma da questo è impossibile calcolare l’eventuale rosso di bilancio, visto che Expo non dà alcun dettaglio sulle variazioni delle riserve registrate nel preconsuntivo discusso dal cda. Il mistero rimane anche su come si è arrivati a 736,1 milioni di euro di ricavi, a cui contribuiscono non solo gli incassi da vendita di biglietti, ma anche le sponsorizzazioni, i contributi delle organizzazioni che hanno organizzato eventi all’interno del sito espositivo, le royalties applicate agli incassi dei ristoranti e delle altre attività dei padiglioni.
Nessun dettaglio viene poi dato sul prezzo medio e le tipologie di biglietti venduti, tra quelli a prezzo pieno e quelli scontati, come i biglietti serali o per le scolaresche. Particolari che Sala nelle scorse settimane non ha voluto comunicare nemmeno a Regione Lombardia, tanto che a seguito di un’interrogazione del M5S al Pirellone, il sottosegretario ai Rapporti istituzionali nazionali Alessandro Fermi aveva dovuto limitarsi a dire: “Non è possibile dare una risposta semplice a una domanda semplice. Abbiamo fatto domanda alla società Expo, ma questi dati non sono ancora arrivati”. Quello che dal comunicato della società si intuisce è che per raggiungere un margine operativo lordo positivo si sia operato un taglio dei costi di gestione, pari a 721,2 milioni. Meno degli 800 stimati lo scorso aprile.
Se poi questo taglio sia sufficiente per evitare conti in rosso non è dato saperlo.
Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile
LA RELAZIONE DI BANKITALIA E I RILIEVI A ROSI E BOSCHI
L’ultimo consiglio di amministrazione di Banca Etruria non doveva essere nominato. Con una lettera
inviata il primo aprile 2014 la Vigilanza aveva sollecitato «un ricambio degli organi aziendali», ma quell’invito è stato solo «parzialmente accolto» perchè il 4 maggio 2014 «otto amministratori sono stati confermati».
Tra loro il presidente Lorenzo Rosi e i vicepresidenti Alfredo Berni e Pier Luigi Boschi, padre della ministra per le Riforme Maria Elena.
È uno dei «rilievi» che Bankitalia ha mosso nella relazione ora trasmessa al procuratore di Arezzo Roberto Rossi, titolare delle inchieste sul dissesto dell’Istituto di credito, che dovrà valutare gli eventuali illeciti penali da contestare agli amministratori.
Il resto riguarda le «anomalie» riscontrate nei bilanci e «i gravi ritardi» da parte degli organi di governo per intervenire in maniera adeguata sul dissesto. Una situazione che ha portato all’apertura del procedimento disciplinare nei confronti degli amministratori, che adesso subiranno nuove sanzioni. Una procedura già comunicata anche alla magistratura.
La spartizione nelle nomine
Gli ispettori di Bankitalia sottolineano di aver sollecitato all’inizio di aprile 2014 la necessità di «assicurare una netta discontinuità con il passato attraverso un significativo ricambio del Cda, incluse le figure apicali».
In particolare era stato chiesto di formare nuove liste di candidati ma l’indicazione non è stata seguita.
Per questo contestano la procedura sulla «conferma» di otto consiglieri e indicano anche le «regole» di spartizione specificando che hanno riguardato «il presidente Lorenzo Rosi; il vicepresidente vicario Alfredo Berni, espressione di punta della lista di minoranza del precedente consiglio; il vicepresidente Pier Luigi Boschi, esponente in società operanti nel settore agricolo; il dottor Luciano Nataloni, vicepresidente della controllata Banca Federico del Vecchio; Andrea Orlandi, imprenditore; la dottoressa Claudia Bugno con diversi incarichi nella pubblica amministrazione; il professor Felice Santonastaso; il dottor Luigi Nannipieri, professionista».
Bugno è stata nominata dal presidente del Consiglio Matteo Renzi coordinatrice generale per la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024.
Gli ispettori contestano il fatto che «ben quattro dei cinque componenti del Comitato esecutivo (Rosi, Berni, Boschi, Orlandi e Catanossi, amministratore della controllata Bap Vita) – che si occupa principalmente di delibere in materia creditizia – erano consiglieri in carica nei precedenti esercizi».
Niente tagli ai compensi del Cda
Secondo Bankitalia la grave situazione di dissesto è stata affrontata in ritardo, nonostante più volte fosse stata evidenziata la necessità di intervenire.
Il punto centrale è rappresentato dai «crediti deteriorati» per un totale di circa 3 miliardi di euro dei quali 2 miliardi di sofferenze.
Anche per questo viene stigmatizzato il lavoro della «Commissione consiliare informale», della quale facevano parte il presidente, i due vicepresidenti e tre consiglieri, che non ha mai verbalizzato le sue riunioni rendendo così «poco trasparente l’intero percorso decisionale».
Uno dei rilievi mossi ai componenti del Cda e rispetto al quale i magistrati dovranno valutare l’esistenza di profili penali riguarda i compensi, perchè il Cda entrato in carica il 4 maggio 2014 aveva preso l’impegno di ridurre gli stipendi – del 32,5% quello del presidente e del 20% quelli dei vice – invece non ha rispettato la delibera e soprattutto ha lasciato cadere la richiesta della Vigilanza di cercare «un partner di elevato standing».
Le «anomalie» nei bilanci
Dopo aver analizzato il comparto amministrativo contabile, gli ispettori evidenziano numerose anomalie che adesso dovranno essere valutate dai magistrati.
Risulta infatti che circa il 30 per cento delle posizioni deteriorate avevano fornito a garanzia immobili con una valutazione non adeguata anche perchè nella maggior parte dei casi si faceva riferimento a un’analisi che risaliva a circa due anni prima e dunque non poteva essere ritenuta parametro attendibile.
Sulla base di queste «contestazioni» Bankitalia ha trasmesso i propri rilievi agli interessati che a loro volta hanno la facoltà di presentare le controdeduzioni in vista dell’emissione delle sanzioni.
Agli atti del procuratore Roberto Rossi c’è una consulenza di parte che aveva escluso la possibilità di contestare il falso in bilancio, ma le novità emerse con l’ultima relazione degli ispettori potrebbero adesso portare a una rilettura di quanto accaduto. La documentazione consegnata al procuratore elenca, infatti, quelle che sono poi diventate formali contestazioni, violazioni ritenute tanto gravi da far scattare il commissariamento.
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile
L’EX POETA DI ARCORE SUPERA ANTICHI DISSIDI E ADERISCE AD ALA
Dopo cinque lustri Sandro Bondi torna a sinistra, con la sua compagna, via Verdini.
L’annuncio, convinto e definitivo, è affidato alle parole di Manuela Repetti: “Ho deciso di aderire al gruppo Ala. Questa decisione rappresenta una logica e naturale conseguenza del nostro sostegno da tempo intrapreso per le riforme costituzionali e l’azione di rinnovamento perseguito dal governo Renzi”.
Una volta Sandro Bondi, il politico poeta, vergò questi versi: “Vita assaporata, vita preceduta, vita inseguita, vita amata, vita vitale, vita ritrovata, vita splendente, vita disvelata, vita nova”.
Era l’ode scritta da Bondi A Silvio Berlusconi. Ora la vita nova è Renzi: “Non ci sono alternative” dice la Repetti.
Così nova da superare i vecchi rancori con Denis Verdini, con cui oltre a condividere il Verbo berlusconiano prima e renziano poi, Bondi condivide le origini di Fivizzano, paese di diecimila abitanti nella provincia di Massa Carrara, paese di cui il politico poeta fu sindaco comunista, un quarto si secolo fa.
Da tempo si era consumato lo strappo della coppia a Forza Italia, con una lettera d’addio richiamò ai cultori della materia due versi di una sua poesia, Fra le tue braccia: “Sollevo il velo delle illusioni, sprofondo nel nulla”. Poi l’approdo al misto.
Ora l’approdo ad Ala, gamba di centro della maggioranza di Verdini, con cui si sono consumati scontri epocali forieri di amarezze, perchè tra il poeta sensibile e il pragmatico Verdini i rapporti sono sempre stati pessimi.
Solo la fede (politica) può far superare l’incompatibilità caratteriale. Come ai tempi del governo Berlusconi, quando Verdini era coordinatore del partito e Bondi al governo, uso ad obbedir al Cavaliere, su tutto. Proprio tutto.
A Venezia, da ministro della cultura, annunciò un riconoscimento speciale alla mostra del cinema a Goodbye mama, pellicola di Michelle Bonev, la cui amicizia col premier si capì qualche tempo dopo quando l’attrice, ospite a Servizio Pubblico di Michele Santoro, disse spiegò come funzionava la corte ai tempi del bunga bunga: “Andai con Berlusconi per poter produrre la mia fiction.
A fine serata ogni ragazza faceva una richiesta”. L’allora ministro, a Venezia, non si sottrasse al compito che gli era stato affidato: “Berlusconi — disse — mi ha dato un incarico preciso: salutare con calore e affetto Michelle Bonev”.
Tempi indimenticabili: l’aderenza in rima baciata a un capo “perseguitato”, condannato, interdetto.
Poi la sofferenza, la crisi, il dissenso, l’emarginazione a corte nell’era del cerchio magico e di Arcore invasa dai barboncini. Fino all’addio: “Forza Italia ha fallito su tutto. Berlusconi sostenga Renzi. La sua forza nasce dal fatto di proporsi di realizzare quel cambiamento e quella modernizzazione che il centrodestra non può dichiarare di aver realizzato pienamente”.
Analisi non dissimile da quella di Fabrizio Cicchitto, che con Bondi fu coordinatore di Forza Italia prima di Verdini.
Un sodalizio allora inscalfibile, immortalato da un’ode di Bondi, A Cicchitto: “Viviamo insieme/questa irripetibile esperienza/con passione politica/autentica/con animo casto/e con la sorpresa /dell’amicizia. Ci mancheremo quando verrà il tempo nuovo e ci rispecchieremo finalmente l’uno nell’altro”.
Cicchitto e Bondi, Bondi e Verdini. Vita nova, della meglio gioventù del berlusconismo. Con Renzi.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile
DA SETTEMBRE I PRECARI DELLA SCUOLA ATTENDONO LO STIPENDIO
«Mi sono organizzato per avere libera l’ora tra le undici e mezzogiorno: fino a venerdì, quando si è
conclusa la sostituzione malattia che stavo facendo, andavo alla mensa del Sacro Cuore, poi tornavo a scuola. Ora ho accettato una supplenza fino al 30 giugno in due serali, avrò più tempo. So di non essere il solo insegnante a fare questa vita. Non ci pagano da settembre: chi è solo e non è ricco di famiglia a questo punto non ce la fa più».
Il professor M.N., 60 anni, abilitazione in Metodologie operative nei servizi sociali, laurea in Psicologia, insegna soprattutto nei corsi serali da sedici anni.
A Torino è un riferimento per il suo impegno per i diritti dei disabili e degli immigrati. Vederlo tirar fuori dal portafogli la tessera della mensa dei poveri è un’umiliazione anche per chi lo sta ad ascoltare.
Perchè M.N. lavora per lo Stato, nella scuola dello Stato.
«Finora del fatto che non ci stanno pagando s’è parlato poco, è vero. Forse — ragiona il professore che dieci anni fa aveva abbandonato la formazione professionale per l’Istruzione — perchè chi vive questa situazione difficile lo fa in modo privato, ci si vergogna. Ci sono colleghi venuti dal Sud che devono farsi mandare i soldi da casa, c’è chi ha avuto un prestito dal preside per pagare il treno e poter andare a lavorare. E c’è chi non ha potuto accettare una supplenza perchè, in questa situazione, non avrebbe avuto i soldi per pagarsi il trasporto».
Il tono pacato esprime una tristezza profonda. «Siamo noi a doverci vergognare? Sì, arrivare alla mensa è ammettere una discesa. Ma se da settembre a Natale hai ricevuto in tutto lo stipendio di quindici giorni e sei indietro con affitto e bollette, allora pensi di essere fortunato a vivere a Torino, dove l’aiuto alimentare a chi è in difficoltà non manca».
Ai volontari della mensa ha spiegato la situazione, lo hanno accolto. «Spero che il mio problema non duri a lungo, spero di poter lasciare il posto ad un’altra persona».
M.N. sorride. «Nel 2008 — ricorda — ero stato alla mensa del Cottolengo per una piccola inchiesta sugli immigrati stranieri e la crisi, scrivevo per una rivista che allora veniva pubblicata a Torino. Mi aveva impressionato il silenzio: facevano quattro turni, bisognava mangiare in fretta. Al Sacro Cuore l’ambiente è più familiare, ma nessuno parla dei propri guai».
Al professore spettano tre mesi e mezzo di stipendio, la tredicesima e la liquidazione dell’anno scorso.
«Chissà quando arriveranno. E se arriverà tutto insieme, la beffa sarà che scatterà l’aliquota e pagherò più tasse. Certo, avessi saputo che non ci avrebbero pagato fino a gennaio, sarei rimasto con il sussidio di disoccupazione. Per vivere. Non è bello dire che ti spingono a comportarti così. Con le mie competenze e il mio punteggio, comunque, un posto nella scuola so di trovarlo in qualunque momento dell’anno», spiega con disagio.
Il poco denaro ricevuto fin qui M.N. racconta di averlo usato per coprire qualche debito. «Mi sono solo permesso di mandare i fiori a mia mamma per il compleanno. Quando arriveranno gli altri soldi, sistemerò subito il debito con la banca e l’affitto. Sono fortunato: la mia padrona di casa è un’ex insegnante, capisce cosa sta succedendo».
(da “La Stampa”)
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Dicembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile
TRENTAMILA DOCENTI NON PAGATI DA SETTEMBRE… IL MINISTERO: “STANZIAMENTI INSUFFICIENTI E TROPPE PRATICHE DA SMALTIRE”
Trentamila precari non vengono pagati da settembre per intoppi burocratici e fondi insufficienti.
Una situazione a macchia di leopardo tra inefficienze e ritardi a seconda della zona d’Italia in cui ai 90 mila nuovi prof è capitato di salire in cattedra.
Bufera «a geometria variabile» che si protrae da mesi con condizioni differenziate da una provincia all’altra finchè ieri il governo ha assicurato la «certezza della retribuzione».
Lena Gissi, leader della Cisl Scuola documenta: «Sappiamo di istituti dove i presidi o le segreterie anticipano di tasca propria i soldi perchè insegnanti non arrivano a fine mese. C’è gente che si rivolge alla Caritas: parliamo di docenti qualificati, non di barboni».
Con due note distinte i ministeri del Tesoro e dell’istruzione garantiscono che alcuni supplenti avranno gli stipendi a dicembre altri a gennaio. Ma il quadro resta incandescente con i sindacati sul piede di guerra e il mondo della scuola in fibrillazione.
«Le scuole non retribuiscono direttamente gli insegnanti – ricostruisce Mario Rusconi, vicepresidente dell’associazione presidi -. Da ciascun istituto la richiesta di pagamento arriva all’ufficio scolastico regionale e da qui viene girata alla direzione territoriale del Tesoro che deve essere autorizzata dal dicastero per liquidare la somma. Un ritardo di trasmissione in qualunque fase di questa procedura può lasciare i lavoratori senza stipendio».
Per i 30mila precari non retribuiti da settembre, il segretario della Flc Cgil, Domenico Pantaleo punta l’indice contro l’ amministrazione centrale.
«Sebbene abbiano svolto il loro lavoro, i supplenti non percepiscono retribuzione per mancanza di risorse e inefficienza del sistema informatico del ministero dell’Istruzione- afferma-. Stiamo organizzando ricorsi contro un governo cattivo pagatore e sempre in ritardo. I soldi stanziati non bastano ai pagamenti: un’angheria cronica da superare rendendo gli stipendi partita di spesa fissa, come già avviene per le supplenze in caso di maternità ».
L’esecutivo ribatte che una parte dei supplenti (25mila) sarà pagata a dicembre, un’altra (5mila) a gennaio.
Domani nell’incontro al ministero i sindacati richiameranno «la questione salariale e la dignità di migliaia di persone e famiglie».
Secondo Rino Di Meglio, coordinatore della Gilda, «nonostante la nota inviata dal ministero alle scuole per la liquidazione degli stipendi ai supplenti, i precari trascorreranno comunque il Natale senza percepire un euro».
La Cisl porta al tavolo col governo esempi concreti come la storia di Valentina Caiafa, insegnante di sostegno 37enne della provincia di Foggia, che ora ha la cattedra all’istituto comprensivo «Leopardi» di Castelnuovo Rangone, nel Modenese.
Insegna a scuola a tempo pieno dallo scorso settembre ma non ha mai ricevuto lo stipendio, in compenso ha incassato un euro di tredicesima per aver lavorato dal gennaio al giugno scorsi: sta ancora aspettando il primo stipendio e lo Stato le deve 5.200 euro.
«L’insegnante lavora e studia, ma rischia di non avere nemmeno i soldi per pagarsi la benzina o i mezzi pubblici per raggiungere il luogo di lavoro, è così scoraggiata che minaccia di non recarsi più a scuola- racconta la Cisl- Le persone ogni giorno vengono nelle nostre sedi a raccontarci il dramma che stanno vivendo a fronte di scadenze di pagamenti che non possono onorare».
Per l’Anief «nel balletto di responsabilità tra Istruzione e Tesoro la riforma della scuola e l’innovazione dei sistemi di pagamento non sono serviti a nulla».
Incombe la mannaia: «I tribunali saranno sommersi da migliaia di contenziosi». È il Natale triste della Buona Scuola.
Giacomo Galeazzi
(da “La Stampa”)
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