Dicembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
INVITA I GIORNALISTI ALLA “PRIMA”, MA IL TRENO VELOCETTO DI TRENORD VA PIU’ LENTO DI UN THELLO… E ALLA FINE TOTI E’ COSTRETTO ALLA RETTIFICA
Viaggio inaugurale del treno che c’è già . Con gaffe.
Cose che possono accadere solo nel regno fantastico del Gabibbo bianco.
Il presidente della Regione, Giovanni Toti, ha invitato stampa e politica a partecipare, il 28 dicembre, al «primo viaggio dimostrativo di un treno Trenord sulla tratta ferroviaria ad Alta Velocità Genova-Milano».
Doveva essere il treno “velocissimo-Genova-Milano-in-un’ora”, che poi è diventato “in-un’ora e venti” . Alla fine ci mette quanto gli altri, perchè partirà da stazione Principe alle 15.20 e l’arrivo è «previsto a Milano Centrale alle ore 16.50», senza fermate.
Un’ora e mezza.
Il treno veloce di Toti in realtà è l’Intercity di sempre e impiega persino più del Thello che corre in un’ora e 27, e si ferma pure a Voghera e Pavia.
E poi nell’invito c’è l’Alta Velocità che non esiste.
Alla fine dalla mail del presidente arriva la rettifica: «Non esiste l’Alta Velocità , utilizzeremo la tratta ordinaria».
Ecco, qualcuno glielo deve aver detto.
Magari qualcun altro potrebbe anche informare Toti che percorrrere la tratta Genova-Milano in treno in un’ora è impossibile perchè la linea non è attrezzata.
Genova Principe e Milano Centrale distano 154 chilometri e gli Intercity impiegano un’ora e 30′. Togliendo qualsiasi fermata (tra perditempo di frenata, accelerazione e sosta) si scenderebbe a un’ora e 24′.
Per arrivare a soli 60 minuti si dovrebbe viaggiare a una media impensabile.
Attualmente, Intercity e Frecciabianca, in rango C di velocità , toccano i 160 solo tra Voghera e Lungavilla (meno di 10 km) e in prossimità di Rogoredo, i 155 tra Cassano Spinola e Tortona e alle porte di Arquata, i 150 tra Bressana Bottarone e Pavia (13 km scarsi) e brevissimamente vicino a Locate Triulzi.
Per il resto la linea consente un massimo di 120 km/h con due micidiali attraversamenti di stazioni, quelli di Ronco Scrivia (non si può andare oltre i 60) e di Tortona (80): per velocizzarli servirebbe la totale rivoluzione del piano binari.
Otto anni fa il treno no-stop Principe-Rogoredo impiegava 1 ora e 10′ ricorderà qualcuno. Ma, primo, il chilometraggio era più basso, e, secondo, fu il costante ritardo giornaliero di almeno 10 minuti, oltre agli orari poco appetibili dai viaggiatori, a decretarne vita breve per la bassissima frequentazione:
Direte: un treno che non ferma ovunque può superare gli altri. No, perchè fra Pavia e Milano Rogoredo non esiste più un solo binario di precedenza, tutti sacrificati allo sciagurato piano nazionale “Rete snella” messo in opera dagli anni Novanta per tagliare progressivamente il personale, disabilitando le stazioni ed eliminando migliaia di scambi.
Dunque, per poter andare da Genova a Milano in ferrovia in un’ora occorre innanzitutto che la linea Pavia-Rogoredo sia quadruplicata, riservando ai treni “veloci” i nuovi binari e facendo loro guadagnare almeno 10 minuti di percorrenza: il progetto giace da anni, dimenticato, presso il Comitato Interministeriale Programmazione Economica, e al di là delle dichiarazioni di facciata nè Trenord nè Regione Lombardia hanno particolare interesse a togliervi da sopra la polvere.
Ed è indispensabile che divenga operativo tra Genova e Novi Ligure il Terzo Valico (dove si potranno toccare i 250 km/h di velocità ) col successivo raddoppio fino a Tortona.
Tutto il resto è sogno (o presa in giro).
Il fantastico mondo del Gabibbo bianco.
(da “la Repubblica“)
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Dicembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
LA SPESA SANITARIA IN ITALIA E’ IN REALTA’ GIA’ PIU’ BASSA DELLA MEDIA OCSE
“Non ci sono tagli alla sanità ”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi lo ha ripetuto così tante volte
che viene la tentazione di crederci.
Invece nella legge di Stabilità i tagli ci sono eccome e si sommano a quelli delle manovre precedenti.
L’analisi pubblicata ieri dall’Ufficio parlamentare di bilancio, l’autorità indipendente che vigila sui conti pubblici, è la smentita definitiva al premier e dovrebbe aprire un certo dibattito.
Perchè a chi contesta i tagli c’è sempre chi risponde che in sanità l’offerta genera la domanda, quindi è chiaro che più si spende più i cittadini chiederanno di spendere, in un aumento senza fine.
Ma in Italia la spesa sanitaria è più bassa che nella media dei Paesi ricchi dell’Ocse: 6,5 per cento del Pil contro il 6,8 medio.
Quindi non spendiamo troppo, ma un po’ meno degli altri.
Meglio quindi spostare la discussione su quanto si sta tagliando, con quali criteri e con quali conseguenze.
La legge di Stabilità porta il finanziamento del Servizio sanitario nazionale nel 2016 dai 113,1 miliardi previsti a 111.
Che sono più dei 109,7 del 2015 ma meno di quelli sulla base dei quali tutta la sanità pubblica aveva impostato i propri bilanci per l’anno prossimo.
A questi si aggiungono i tagli alle Regioni che possono ricadere sulla sanità : il governo toglie 4 miliardi nel 2017 e 5,5 nel 2018 e nel 2019. Soldi che andranno trovati negoziando tra Palazzo Chigi e governatori.
Se non si arriva a un accordo, ci pensa l’esecutivo a tagliare la spesa “tra i settori di spesa regionale, compresa dichiaratamente la sanità ”, come scrive l’Upb.
A tutto questo si sommano gli effetti dell’austerità degli anni scorsi: la legge di Stabilità 2015 combinata con il decreto enti locali ha reso permanente un taglio da 2 miliardi che potrebbe aumentare se gli altri settori non faranno i loro risparmi (per ora non indicati).
L’Upb dice che sembra “inevitabile” che la legge di Stabilità appena approvata dalla Camera colpisca ulteriormente la Salute.
Il governo però ha scritto nel testo che viene garantito il “rispetto dei livelli essenziali di assistenza” (Lea). Come? Non si sa.
“Rimane da dimostrare la concreta compatibilità tra la riduzione del finanziamento programmata e la sostenibilità del servizio sanitario nazionale”, scrive l’Upb.
Se il conto non torna, ci sono solo due esiti: o si sforano i tetti di spesa, o peggiorano i servizi.
Anche perchè la spending review che dovrebbe assicurare di concentrare i tagli sui famosi sprechi non esiste.
Come denuncia l’Upb, le azioni che dovrebbero migliorare il rapporto tra costi per lo Stato ed efficacia della spesa “non sono specificate, se non in piccola parte”.
È tutto delegato a Regioni e direttori generali. Provvedimenti come il contestato “decreto appropriatezza”, quello che stabiliva criteri più stringenti per gli esami rimborsabili, fanno risparmiare (106 milioni).
Ma devono essere concepiti per fare ordine ed evitare degenerazioni perchè — nota l’Upb — producono consistenti risparmi solo se intaccano anche le “prestazioni efficaci”.
Queste riduzioni lineari di spesa fatte con l’accetta si intersecano con una ristrutturazione profonda del Servizio sanitario nazionale che riduce la costosa assistenza ospedaliera (i posti letto sono passati da 4 per mille abitanti nel 2005 a 3,4 nel 2012, la media Ue è 5,3) e rafforza i servizi sul territorio.
Almeno nelle regioni in grado di gestirli: curare un paziente a casa costa meno e garantisce un servizio migliore, ma richiede un coordinamento tra amministrazioni efficienti e organizzate.
Purtroppo il grosso delle risorse continua a essere assorbito dalle regioni peggiori, mentre quelle virtuose devono impazzire per trovare nuovi risparmi e sopperire alla inefficienza di quelle che sprecano.
Le conseguenze colpiscono, come spesso succede, soprattutto i più deboli: dai numeri di Eurostat si scopre che c’è un 6 per cento di italiani che ha rinunciato alle visite mediche perchè troppo costose.
Ma la percentuale sale al 13,1 tra il 20 per cento più povero.
Gli scoraggiati da prezzi, liste d’attesa o distanza dal medico sono il 7,1 nella popolazione generale ma il 14,6 tra i più poveri.
Il dato è chiaro: se salgono i costi o si riduce l’offerta, i più abbienti quasi non se ne accorgono perchè migrano verso il privato.
Chi non ha possibilità di scelta subisce un disagio doppio rispetto alla media. L’Ufficio parlamentare di bilancio nota che le “tensioni” che stanno emergendo nell’organizzazione dei servizi potrebbero “rivelarsi insostenibili se prolungate nel tempo”.
Negare i tagli nella speranza che nessuno se ne accorga o che almeno non ne attribuisca la paternità al governo, come prova a fare Renzi, è pericoloso.
Stefano Feltri
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
DISCREPANZE TRA CONTI UFFICIALI E QUELLI DEGLI ISPETTORI
Una perquisizione della Guardia di Finanza nella filiale della banca Etruria di Civitavecchia e un documento di Bankitalia che dimostra una svista da quasi mezzo miliardo da parte degli amministratori della sede centrale di Arezzo. L’inchiesta su Banca Etruria si muove su più fronti.
IL BLITZ A CIVITAVECCHIA
I finanzieri del nucleo di polizia valutaria insieme al procuratore Alessandra D’Amore, titolare del fascicolo sulla morte di Luigino D’Angelo, il pensionato che il 28 novembre scorso si è tolto la vita dopo aver scoperto di aver perso tutti i suoi risparmi di una vita, hanno perquisito la sede di Civitavecchia.
Oltre a sequestrare il carteggio relativo alla pratica di Luigino — dai questionari Mifid all’acquisto di azioni e obbligazioni — anche documentazione di altri risparmiatori di quella banca
IL REATO DI TRUFFA
Il motivo della perquisizione sta nell’apertura di un’indagine parallela a quella per istigazione al suicidio. Tutto ciò che riguarda infatti la morte del pensionato, che in una lettera testamento aveva indicato i motivi e i responsabili del suo gesto, è affidato alla terza sezione della squadra mobile di Roma.
Gli inquirenti hanno già interrogato Marcello Bendetti, il dipendente di banca Etruria che asserisce di aver venduto le obbligazioni subordinate a D’Angelo (e a molti altri) e che, in un’intervista esclusiva a Repubblica aveva dichiarato di aver subito delle forti pressioni dai direttori della banca affinchè i risparmiatori acquistassero quei bond a perdere.
L’uomo, allontanato nel luglio del 2014 dalla filiale di Civitavecchia per aver sottratto soldi ai correntisti in maniera illecita, ha chiesto che venisse secretato l’interrogatorio. Le sue parole però hanno fatto scattare il secondo filone di indagine, che è quello appunto affidato alla Guardia di Finanza, con un’ipotesi di reato diversa: truffa.
Se è vero, come più di un dipendente su scala nazionale di banca Etruria sembra ammettere, che si aveva contezza di vendere prodotti “fuffa” a fronte di un già assodato crac dell’istituto, allora si profilano responsabilità penali molto serie.
IL PC DELLA VITTIMA
Proprio per questo motivo è stato sequestrato, anche il computer della vittima. All’indomani della tragedia, dalla centrale di Arezzo era arrivato un comunicato che sostanzialmente attribuiva a Luigino la responsabilità dell’acquisto di bond nel mercato secondario.
Nel pc dovrebbero dunque trovarsi tracce delle sue operazioni “autonome”.
Ad oggi nessun nome compare nel registro degli indagati, ma già dalla prossima settimana, verranno ascoltati in procura sia il direttore della filiale di Banca Etruria di Civitavecchia (quello in carica quando sono state vendute le subordinate a Luigino), sia quello attualmente in carica, sia i dipendenti per chiarire bene i contorni della vicenda.
LA RELAZIONE DI BANKITALIA
Intanto dalla relazione della seconda ispezione di Bankitalia (18 marzo – 6 settembre 2013) viene fuori che gli amministratori della Popolare dell’Etruria avevano un concetto tutto loro su come tenere i conti.
Scrive il capo del team di ispettori Emanuele Gatti: «Al 31 dicembre del 2012 sono emerse posizioni in sofferenza per 1.2 miliardi di euro, incagli per 933,8 milioni e previsioni di perdita per 931 milioni. Le differenze rispetto alle evidenze aziendali sono pari, nell’ordine, a 187,4 milioni, 85,5 milioni e 136,7 milioni”. Tradotto: tra i documenti contabili che il cda di allora (presidente Giuseppe Fornasari) forniva e i calcoli degli uomini mandati da Palazzo Koch c’era uno scarto di 410 milioni di euro.
IL CONTROLLATO CONTROLLAVA
E’ anche da questa svista milionaria che è partita l’indagine del procuratore di Arezzo Roberto Rossi per ostacolo alla vigilanza: indagati Fornasari, l’ex dg Luca Bronchi, il dirigente centrale David Canestri.
Com’era possibile che nessuno, all’interno del management della Popolare, si fosse accorto che i rendiconti fossero così lontani dalla realtà ?
La risposta la si legge qualche riga dopo. «Si segnala l’impropria commistione in capo a un’unica Direzione (Pianificazione, Risk e Compliance) di compiti operativi e di controllo. Il penetrante coinvolgimento della struttura nella definizione degli obiettivi di rischio, reddito e patrimonio ne ha indebolito funzionalità e indipendenza ».
AFFARI CON L’UOMO DI TANGENTOPOLI
Il capitolo “consulenze”, poi, è ricchissimo. Una verifica del gennaio 2015 scopre comportamenti “anomali” dell’ex dg Bronchi: “delibere assunte oltre i poteri delegategli”, “numerosi pagamenti a fronte di prestazioni non preventivamente contrattualizzate”, “incarichi conferiti contestualmente a diversi professionisti sulle stesse materie”.
Tra le consulenze segnalate dagli uomini di Bankitalia e richiamate in un terzo verbale (relativo all’ultima ispezione: novembre 2014-febbraio 2015), ce n’è una da 235 mila euro per “il supporto alle attività commerciali e culturali coordinate dalla Direzione generale” data alla Mosaico srl.
La storia della Mosaico è stata ricostruita ieri dall’Espresso: si occupa di servizi artistici e gli azionisti sono Giulia e Giorgio Zamorani, i figli di Alberto Zamorani, l’ex vicedirettore generale dell’Italstat arrestato nel 1992 per l’inchiesta sulle mazzette nelle autostrade.
Zamorani ha lavorato con Rigotti tra il 2000 e il 2008 nel Gruppo Abm, che ha ricevuto finanziamenti per una ventina di milioni di euro da Etruria.
Fu di Rigotti, secondo una qualificata fonte di Repubblica, il voto decisivo nel cda che nel 2009 fece vincere la cordata “democristiana” Fornasari-Rosi a scapito dell’allora presidente Elio Faralli.
Federica Angeli, Fabio Tonacci
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
IL COMMISSARIO DELL’EXPO HA RACCOLTO IN DUE GIORNI 2.700 FIRME PER CANDIDARSI ALLE PRIMARIE… SETTE ASSESSORI DELLA GIUNTA PISAPIA SI SCHIERANO CON LUI
Ha voluto il colpo di teatro: apertura ufficiale della sua campagna elettorale «per la sfida più
importante della mia vita» con contestuale chiusura della raccolta delle firme necessarie per candidarsi.
Giuseppe Sala – Beppe, come ha scelto per il logo – è il quinto possibile candidato in corsa per le primarie del centrosinistra milanese.
Che si terranno fra 45 giorni, un tempo brevissimo,rispetto ai tanti mesi – dalla scorsa primavera in poi – di sofferta genesi delle candidature, dopo l’annuncio della non ricandidatura di Giuliano Pisapia.
Non avrà il sindaco uscente tra i suoi sostenitori, il commissario Expo: ma ieri sera, al teatro Franco Parenti, ha avuto una prima idea di quanti potrebbero sostenerlo nella sfida con la vice di Pisapia, Francesca Balzani, e con l’assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino.
Lì ha fatto il conto delle firme raccolte in due giorni, con trenta banchetti di ogni tipo in tutta la città e anche nell’area metropolitana (dopo ha già l’appoggio di diversi sindaci Pd): 2.700 firme – la soglia minima è 2mila – con la stoccata a chi lo considera il candidato del centro: «Il numero più alto di firme, 250, le abbiamo raccolte al Giambellino », il quartiere popolare del Cerruti Gino delle canzoni di Jannacci.
Se la svolta post candidatura di Sala guarda a sinistra – o meglio: strizza l’occhio a quella sinistra popolare e pop che dovrà cercare di intercettare – nel foyer del Parenti c’è già un primo schieramento di truppe non proprio senza scarpe e senza armi.
Sette assessori della giunta Pisapia – con Cristina Tajani, di Sel, come prima firmataria – altri due ex assessori del calibro di Bruno Tabacci, diversi consiglieri comunali, i deputati Pd Ivan Scalfarotto e Lele Fiano, che ringrazia dal palco «per la generosità del sostegno che ha deciso di darmi», ritirando la sua candidatura.
Da Roma manda il suo sostegno Maurizio Martina, il ministro che già la sera della chiusura di Expo aveva lanciato un “the winner is Beppe Sala” e oggi dice di lui che è «un valore aggiunto per il centrosinistra milanese, per battere sotto la Madonnina la destra egemonizzata da Salvini».
Sarà anche questo il tema della campagna elettorale del candidato Sala, che ha scelto come slogan “Noi, Milano” (con annessa polemica della lista di centrodestra NoixMilano): ricordare che la sfida è con un’opposizione fatta dai 5 Stelle e da un centrodestra che cerca il riscatto e, non avendo ancora un nome, parte all’attacco sui conti Expo – lui, intanto – assicura: «Se fossi indagato mi ritirerei » – e sul suo ruolo di city manager con la Moratti.
Ma, escludendo accordi con Ncd, il commissario guarda anche a un elettorato più moderato.
Il presidente del suo comitato elettorale sarà Umberto Ambrosoli, a suo sostegno si sono già schierati padri nobili come Piero Bassetti e Marco Vitale.
Oriana Liso
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
“BUON NATALE A LUI CHE DIFESE I CARABINIERI, A CHI ESEGUI’ L’AUTOPSIA E POI ENTRO’ IN UN CDA COL FIGLIO DI LA RUSSA, AL NUOVO PERITO CAPOLISTA DI FRATELLI D’ITALIA, AMICO DI LA RUSSA”
Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, il ragazzo romano morto nel 2009 dopo essere stato posto in arresto, affida ad un post su Facebook i propri inusuali auguri di Natale, corredando le sue parole con una foto del fratello con il cappello da Santa Claus accanto ad un albero di Natale.
“Auguro buon Natale a tutti ma proprio a tutti. E lo dico col cuore – scrive -. Buon Natale anche al signor La Russa, che da Ministro della Difesa immediatamente dopo l’orribile morte di Stefano garantì a gran voce e ammonendo tutti che ‘i Carabinieri non c’entravano assolutamente”.
Ilaria Cucchi fa riferimento all’inchiesta bis sulla morte del fratello che vede indagati cinque carabinieri, tre per lesioni aggravate e due per falsa testimonianza.
“Buon Natale – continua – al professor Arbarello, che ha eseguito l’autopsia in modo così brillante da meritarsi poi la nomina a consigliere di amministrazione di un grande gruppo assicurativo insieme al figlio del signor La Russa a processo in corso”.
“Buon Natale al nuovo perito professor Introna, appartenente al partito del signor La Russa già candidato capolista nelle elezioni del 2009 in Puglia.”
“Buon Natale a tutti coloro che sicuramente sosterranno che noi vogliamo sceglierci i periti e ai quali rispondo: ‘c’è una legge che impone che tutti i periti e consulenti di parte pubblica nel processo Cucchi debbano per forza aver legami col signor La Russa?’. Buon Natale a tutti!”.
(da agenzie)
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Dicembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
LE NOMINE DECISE SUL TRENO
Continua la galleria dei personaggi che emergono dalle telefonate dei leghisti intercettati. 
Abbiamo già svelato i retroscena dell’accordo Lega-Pdl con le minacce di Berlusconi a Maroni di usare la clava mediatica contro il Carroccio, l’impegno leghista per aiutare l’imprenditore Salini che mirava alle penali per la mancata costruzione del Ponte sullo Stretto, le chiamate di Malagò che cercava il voto di un leghista per la presidenza del Coni.
L’indagine Breakfast della Procura di Reggio Calabria contiene intercettazioni della Dia effettuate sotto il coordinamento del pm Giuseppe Lombardo e del procuratore Federico Cafiero De Raho.
Era euforico al telefono l’avvocato della Lega Nord Domenico Aiello il 14 marzo 2014.
Era stato appena nominato commissario straordinario della Geo Ambiente Srl dal ministro Guidi: “Amministrazione straordinaria! La legge Marzano! La Prodi bis! Siamo a livello di Parmalat! Non puoi capire… siamo avanti, noi…”.
Dialogando con il commercialista Massimo De Dominicis, Aiello già vedeva le praterie verdi delle nomine milionarie delle amministrazioni straordinarie come Parmalat.
Da tre settimane al governo però non c’era la Lega ma la sinistra. Eppure era convinto, dopo avere incontrato Federica Guidi, di avere fatto “breccia” nel dicastero. A De Dominicis confidava: “Ce ne sono altre due grossissime in arrivo!”.
Le telefonate intercettate dalla Dia di Reggio Calabria per conto del pm Giuseppe Lombardo spiegano come ha fatto Aiello, che pure ha un curriculum non indifferente, a entrare nella lista dei commissari straordinari.
Ci vogliono 19 minuti per percorrere il tragitto da Reggio Emilia a Bologna con il treno ad alta velocità .
Tanto è bastato ad Aiello, 46 anni, avvocato del governatore lombardo Roberto Maroni per entrare nel cuore del papà del ministro di centrosinistra.
Il 20 febbraio 2014, giorno prima della nomina di Federica Guidi a ministro dello Sviluppo economico di Renzi, papà Guidalberto Guidi, 74 anni, presidente dell’azienda di famiglia Ducati Energia, nonchè ex vicepresidente di Confindustria, chiama Aiello.
Vuole fissare un incontro perchè gli deve fare “un discorso a voce … c’è un problema, un’ipotesi, una opportunità ” però ha bisogno “di un consiglio che deve dare a un amico”.
Il 21 febbraio, giorno della formazione del governo Renzi, Aiello e Guidi senior si parlano con modalità da spy story.
Alle 8 e 40 del mattino Guidi sale sul treno a Reggio Emilia e nella carrozza 3 del treno Italo incontra Aiello. Poi scende a Bologna dove c’è l’autista ad attenderlo.
L’8 marzo del 2014, due settimane dopo l’insediamento della figlia, il padre dice ad Aiello che potrebbe “fare il commissario straordinario in qualcuna delle … o no?”. Aiello risponde di sì e Guidi chiede se si trovi in situazione di incompatibilità . Aiello replica: “Assolutamente no!”.
Poi i due ricominciano a parlare in modo criptico.
Guidi dice “per quella cosa quindi non gli ha già detto tutto” e si danno appuntamento a Roma o a Milano.
Passano tre giorni e il cellulare di Aiello squilla ancora.
È Elisabetta Franzaroli, 50 anni, capo segreteria del papà in Ducati Energia per vent’anni, ma appena nominata il 5 marzo del 2014, capo segreteria della figlia al ministero.
Franzaroli dice ad Aiello che il ministro vuole incontrarlo al ministero in via Veneto alle 15 e 30.
Due giorni dopo l’incontro il 13 marzo 2014, il ministro Guidi nomina Aiello commissario straordinario della Geo Ambiente srl di Belpasso (Catania).
La società raccoglie e smaltisce i rifiuti per molti Comuni del Catanese e per la sua dimensione (250 dipendenti, 11 milioni di fatturato) il ministero la mette sotto tutela affidandola ad Aiello.
L’avvocato, sempre al telefono con il commercialista De Dominicis, all’inizio è entusiasta: “Mi hanno nominato commissario dell’azienda che gestiva la raccolta dei rifiuti in 30 comuni della Sicilia orientale e in una parte della Calabria”.
Molti professionisti sognano di entrare in quel giro senza riuscirci.
I compensi dei commissari sono parametrati all’attivo e passivo: per Alitalia, Parmalat o Cirio diventano milionari.
Non è mai stato un mistero che la politica scelga persone vicine.
Nel giugno 2014 proprio Federica Guidi è stata costretta a rispondere a un’interrogazione M5S che avanzava dubbi sulla nomina da parte del ministro Pd Flavio Zanonato, a commissario della Casa Divina Provvidenza di Bisceglie, dell’ex vicesindaco di Bisceglie del Pd.
La stranezza è però che in questo caso l’avvocato della Lega è nominato da un ministro di centrosinistra su indicazione del papà .
La Geo Ambiente, va detto, non è la Parmalat. Tanto che Aiello dice a De Dominicis: “Anche se il ministro mi ha fatto un piacere in realtà è un danno”.
Il commercialista però lo invita a insistere perchè “si inizia sempre con la suppostina”. Dopo pochi mesi Aiello lascia il posto proprio all’amico De Dominicis, nominato con decreto Guidi (Federica) del 6 agosto 2014.
Solo le intercettazioni svelano che dietro le quinte dello spettacolo inscenato per il pubblico l’economia prende il sopravvento sulla politica e gli accordi trasversali si fanno beffe delle contrapposizioni.
Così il legale del governatore leghista ottiene un incarico da un governo di sinistra grazie allo ‘chef express’ Guidi.
Guidi padre replica al Fatto: “Aiello mi è stato presentato da Maroni ed è un avvocato molto bravo ma non mi pare abbia incarichi dal nostro gruppo. Non ricordo quel viaggio in treno. Non posso essere stato io comunque a indicare Aiello a mia figlia che si sarebbe certamente irritata. Una ventina di persone mi hanno chiesto una segnalazione per le amministrazioni straordinarie però vi sfido a scorrere la lista dei nominati e non troverete nessun amico”.
A dire il vero ci sarebbe un certo Piero Gnudi, amico per decenni e già presidente del collegio sindacale dell’azienda paterna. Poi nominato dal ministro-figlia consigliere economico e commissario straordinario dell’Ilva.
Proprio con Gnudi l’avvocato Aiello dialoga al telefono. A maggio Gnudi gli chiede il curriculum per inserirlo in una commissione di riforma della legge.
E al solito De Domenicis, nel marzo 2014, Aiello confidava: “Domani vedo il mio cliente. Abbiamo un progetto importante su Ilva di Taranto. Roba seria”.
Federica Guidi non parla ma dal ministero fanno sapere che “Domenico Aiello aveva tutti i requisiti necessari per ricoprire quel ruolo. Era un commissariamento complicato e non si trattava di un favoritismo. Tanto è vero che, dopo pochi mesi, l’avvocato Aiello ha lasciato l’incarico. Più che un favore era una rogna”.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
“LA CONSULTA? CERTE SCELTE RAPIDE NON SONO POSSIBILI SUL WEB”
Dalle prossime Amministrative a Roma alle polemiche per il suo ultimo libro, dalla crescita nei sondaggi del M5S all’accordo sulla Consulta, Gianroberto Casaleggio replica alle accuse e contrattacca
Gli ultimi sondaggi vi accreditano quasi al 30%, a soli due punti dal Pd. Pensa sia uno scenario verosimile? Cosa comporta?
«Che gli italiani cominciano ad accreditarci come forza di governo nonostante le falsità dell’informazione e la barriera messa in atto dai partiti in ogni forma possibile».
Di Maio sempre secondo gli stessi dati gode di una fiducia molto alta. Grillo una volta ha detto che le somiglia: lei si rivede in lui?
«Un po’ sì, ma alla sua età mi occupavo di altro. Facevo il progettista software all’Olivetti di Ivrea».
In questi giorni è mancata Laura Olivetti, figlia di Adriano. Lei ha lavorato nella sua impresa per molti anni. Che cosa le ha lasciato quella esperienza?
«Ho conosciuto personalmente Laura Olivetti e sono molto dispiaciuto della sua scomparsa. Adriano Olivetti metteva la persona prima dell’impresa, la sua idea di comunità ricorda un po’ la nostra filosofia. In un certo senso siamo figli di Adriano».
In primavera si va al voto. Roma, per chiunque vinca, potrebbe essere un problema da amministrare e un boomerang in vista delle prossime Politiche. Voi avete paura di vincere?
«Noi vogliamo vincere. Roma è una tappa obbligata prima del governo. Un banco di prova. Se avessimo paura di governare Roma non potremmo neppure pensare di voler governare il Paese».
Quali sono le priorità per il rilancio dell’Italia?
«Innovazione, istruzione, eliminazione della corruzione, diminuzione del livello di tassazione contemporaneamente a una seria lotta all’evasione, etica».
Avete oltre 230 potenziali candidati a sindaco di Roma: che profilo auspicherebbe? Se sarà un volto poco noto non teme possa avere dei problemi a confrontarsi con chi mastica politica da anni?
«Una competizione elettorale non può essere ricondotta a degli spot o a chi “mastica” politica, Il nostro punto fermo è il programma. Siamo partiti dai municipi di Roma per raccogliere le candidature che sono state spontanee e che stiamo vagliando in questi giorni».
Come procederete?
«Abbiamo identificato dieci aree di intervento per la città di Roma, la cui priorità sarà decisa con una votazione online. Sulle prime tre interverremo immediatamente dopo le elezioni. Da qui partiremo per un percorso di partecipazione, che si articolerà sia online sia con incontri in cui iscritti, comitati di quartiere, associazioni, organizzazioni attive sul sociale si confronteranno per poter avanzare proposte e priorità . Il candidato sindaco e la lista comunale saranno infine scelti online dagli iscritti di Roma».
Non solo Roma ma anche molte altre città importanti: quali sono le vostre ambizioni? Auspicate una svolta?
«La svolta c’è già stata nel 2013 quando il M5S vinse le elezioni, poi sappiamo come è andata».
A Bologna c’è stata polemica…
«Una polemica artificiosa. Comunque è un buon segno, significa che a Bologna ci temono».
Al Nord il Movimento presenta nuovi volti – bocconiani, pragmatici, vicini alle imprese – sta puntando senza snaturarsi ad attrarre i moderati indecisi?
«È probabile che si stiano avvicinando al M5S persone con profili sociali diversi rispetto all’inizio, ma non sono frutto di una scelta calata dall’alto».
Cosa pensa dell’accordo sulla Consulta?
«Credo che alla fine possa essere considerato un buon accordo, frutto di un confronto da parte nostra chiaro e trasparente con le altre forze politiche».
Pensa si possa replicare per altri temi?
«Ogni volta che viene fatta una proposta che riteniamo corretta per il Paese noi la voteremo. Ogni volta che una proposta parte del nostro programma verrà presentata in Parlamento noi la voteremo. Bisogna ricordare però che a causa di una legge elettorale incostituzionale, noi siamo minoranza».
Lei da sempre sostiene la partecipazione del web. Per la Consulta, come per la Rai, non siete riusciti a esprimervi. I militanti si sono divisi: pensate a un correttivo?
«Ci sono situazioni, come la Consulta e la Rai, che richiedono decisioni continue e veloci, per ora ancora impraticabili con il web. In ogni caso il gruppo parlamentare ha discusso e approvato le scelte a maggioranza».
Negli ultimi mesi voi vi siete spesi molto per il reddito di cittadinanza. La vostra proposta però è arenata: cosa farete adesso?
«Il reddito di cittadinanza è il primo punto del nostro programma per le elezioni politiche, sono due anni che cerchiamo di farlo approvare, ma siamo ostacolati in ogni modo. È presente in tutti i Paesi europei tranne che in Grecia e in Italia, la stessa Ue ne ha chiesto l’introduzione nel nostro Paese».
Si è discusso molto dei Comuni amministrati dal Movimento. A Livorno sono stati espulsi tre consiglieri e la maggioranza ora ha numeri risicati: c’erano altre soluzioni a suo avviso?
La giunta Nogarin riuscirà ad andare avanti?
«La strategia del Pd è dimostrare che i Comuni amministrati da noi non funzionano perchè in questo caso il M5S non sarebbe neppure affidabile per governare il Paese. Nel caso di Livorno i problemi non ci sono. Sta di fatto che quando vinciamo ci troviamo quasi sempre i conti dissestati dalle precedenti amministrazioni e per prima cosa dobbiamo metterli in ordine, come stiamo facendo ovunque. La situazione di Livorno è legata a una municipalizzata con un buco di 42 milioni di euro. Chi governava Livorno prima di noi?».
Dopo l’addio di Grillo dal simbolo, ci saranno altre novità formali o organizzative nel 2016?
«Non credo, anche se il Movimento cresce molto velocemente e questo comporterà una maggiore cura organizzativa».
Negli ultimi giorni ci sono state polemiche per il suo libro «Veni Vidi Web»…
«Il libro riprende alcuni capitoli pubblicati anni fa su libri che non sono più in commercio, più qualche contributo recente tratto dal blog».
Lei però parla di ipermercati rasi al suolo, di rieducazione forzata, di gogna pubblica, di stop alla caccia, di chiusura per parrucchieri e macellerie, di ministeri della Pace: sono provocazioni?
«Quelle che lei cita sono provocazioni e non un programma di governo. Però chi non vorrebbe un Ministero della Pace? Internet non è una panacea per tutti i mali che affliggono la società però bisogna prendere atto che cambia la realtà e gestire il cambiamento piuttosto che subirlo».
Emanuele Buzzi
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
“ECCO IL MIO PIANO SU DECORO, CAMPO ROM E MUNICIPALIZZATE”
“Ormai in Italia sono diventati tutti di sinistra e la sinistra sembra ispirarsi alla destra liberale che in
Italia non è mai nata. La confusione ideologica regna sovrana”.
Lo dice in un’intervista al Tempo Alfio Marchini spiegando che il suo piano per Roma mette in testa decoro, campi rom e buche.
“A Roma serve un grande progetto di rinascita preciso e concreto che si potrà realizzare solo con una robusta maggioranza in consiglio. Ma il passato ci insegna che se le maggioranze si decidono a tavolino come semplice spartizione tra partiti si va a sbattere. Ci deve essere discontinuità non solo nelle sigle ma anche nel metodo”, afferma.
“Mi sottraggo al toto nomi. In questi due anni ho dimostrato di amare Roma più del mio tornaconto personale. Abbiamo rifiutato poltrone e prebende e siamo stati i primi a invocare le dimissioni di Marino e il commissario. Per me Roma viene prima di tutto. Siamo un movimento civico e libero sempre al servizio dei romani”.
Marchini dice che si alleerà “con chi condividerà il piano industriale per Roma che presenteremo e le prime dieci delibere che chi vincerà si dovrà impegnare ad adottare: dal decoro alla manutenzione della strade, alla riforma di Roma Capitale, al piano di riorganizzazione delle municipalizzate, ai campi rom, al nuovo modello di governo di Roma con i quartieri e i cittadini protagonisti. Una città che attiri i giovani e tuteli e valorizzi il ruolo degli anziani”.
Non un manifesto ma “un elenco di azioni concrete individuando risorse e modalità di attuazione. Di bei programmi elettorali sono pieni i cassetti del Campidoglio”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
EX CARABINIERE IN PENSIONE SOCCORSE UN GRUPPO DI UOMINI AL LARGO DI BOCA CHICA
«Il mare era in tempesta e non si vedeva nulla all’orizzonte. Incrociai il primo cadavere appena arrivato sul posto, in mezzo a onde altissime, e poi, in lontananza, vidi questi disperati aggrappati a un bidone che galleggiava e la barca rovesciata con altre persone allo stremo. Le raggiungemmo e le issammo a bordo una alla volta».
A parlare è Sergio Cipolla, 55 anni, ex luogotenente dei carabinieri in pensione.
Nell’Arma è stato per trentacinque anni, prima del congedo era istruttore di tiro a Chieti. Poi si è dedicato al volontariato.
L’anno scorso Cipolla ha salvato quattordici persone nel corso di un naufragio costato la vita a tre uomini al largo di Boca Chica, davanti alle coste di Santo Domingo.
Ed è per questo che, qualche settimana fa, ha ricevuto il premio per il migliore e più importante salvataggio effettuato nell’area dei Caraibi, un riconoscimento prestigioso che viene assegnato ogni anno dall’Afras (Association for Rescue at Sea), l’organizzazione americana che sostiene i volontari della guardia costiera, e che gli è stato consegnato da una delegazione della Coast Guard statunitense.
La cerimonia ufficiale si è svolta a Santo Domingo alla presenza del comandante generale della Marina dominicana e del vice ministro della Difesa, che hanno insignito Cipolla anche della medaglia d’onore al merito.
È la prima volta, hanno sottolineato i cronisti locali, che il premio Afras per i salvataggi nei Caraibi viene assegnato alla Repubblica Dominicana.
Sergio Cipolla vive a Santo Domingo ma, fino a tre anni fa, risiedeva a Pescara ed era responsabile del nucleo sommozzatori di protezione civile “Insieme nel Blu”, un gruppo di volontari distintosi alcuni anni fa per una serie di collaborazioni in ambito archeologico (tra le quali il ritrovamento di prove che dimostrerebbero l’esistenza della città sommersa di Buca al largo di Termoli) e ha operato anche a L’Aquila dopo il terremoto.
Qui l’ex carabiniere dirigeva il campo di accoglienza a San Martino d’Ocre.
Da L’Aquila ai Caraibi
Il primo contatto con la Repubblica Dominicana Cipolla l’ha avuto proprio dopo l’esperienza post-sisma.
Era andato per una breve vacanza («Volevo stare al caldo dopo aver patito tanto freddo») e invece, in breve tempo, ha maturato la decisione di prendere la residenza «dove fa caldo tutto l’anno, la vita è più tranquilla, si possono mangiare piatti locali con tre euro e le tasse non sono un incubo».
La moglie Francesca Toro e i due figli Valerio e Luca, rispettivamente 30 e 23 anni, lo vanno a trovare regolarmente e presto si stabiliranno definitivamente con lui per aiutarlo ad avviare un’impresa o un’attività «che abbia a che fare con il mare».
A Santo Domingo, attualmente, Cipolla è il comandante dell’unità di salvamento e soccorso in mare appartenente agli “Auxiliares Navales Dominicanos” e collabora con la Marina per le attività di addestramento, ricerca e soccorso in mare.
Dall’Italia ha portato l’esperienza accumulata in tema di sicurezza.
«Qui erano indietro rispetto a noi e la mortalità per incidenti in mare era alta — spiega -, io ho iniziato facendo prima una serie di lezioni di primo soccorso agli assistenti bagnanti e poi, man mano, creando una unita di soccorso composta da uomini presi da ogni corpo dello Stato». Sergio non ha intenzione di tornare in Italia.
«Sono nauseato dalla situazione in cui versa il nostro Paese, rovinato dalla politica e senza prospettive per i giovani».
Tornerà , promette, «ma solo per una vacanza, ora le parti si sono invertite».
Nicola Catenaro
(da “il Corriere della Sera”)
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