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IL RECORD DI “RISCOSSIONE SICILIA”: IN ROSSO CHI RACCOGLIE TASSE

Gennaio 5th, 2016 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE: AI PM I NOMI DEI DEPUTATI CHE NON PAGANO

Mercoledì scorso schiumava rabbia Antonio Fiumefreddo, alla notizia che l’assemblea regionale siciliana aveva affondato la ricapitalizzazione della società  regionale da lui presieduta.
«Mascalzoni travestiti da uomini delle istituzioni» ha definito i franchi tiratori responsabili di aver votato contro il finanziamento a Riscossione Sicilia, che ha il compito di incassare le tasse nell’isola, aprendo così uno scenario denso di incognite. Non era certo la prima volta che la Regione veniva chiamata a tappare i buchi delle esattorie, anche se questa volta più che di buco si dovrebbe parlare di voragine.
Quattordici milioni e mezzo nel 2014, il doppio del 2013, e chissà  quanti nel 2015. Per farsi un’idea basta leggere la relazione all’ultimo bilancio approvato a marzo scorso, dove testualmente «non si esclude che in assenza di idonei interventi normativi o di significativi incrementi dei ricavi, i soci saranno chiamati ad apporti finanziari tali da garantire la continuità  aziendale».
Dove per soci si intende la Regione siciliana, che ha il 99,952% ed Equitalia, con lo 0,048%. Nel solo 2014 le perdite hanno superato di slancio i 20 mila euro per ciascuno dei 702 dipendenti.
La riscossione sui ruoli è scesa del 16,7 per cento, con un crollo del 31,7% a Palermo, mentre gli incassi sugli avvisi di pagamento sono precipitati dell’81,8%.
Quanto alla produttività , dice tutto questo paragone: 16 centesimi per euro riscosso il costo di Riscossione Sicilia, 12,8 quello di Equitalia.
Sappiamo quanto sia stata travagliata la storia delle esattorie siciliane, e non ci sfuggono le difficoltà  di un’economia così fragile qual è quella isolana. Ma che sia normale per una società  incaricata di riscuotere le tasse chiudere i conti perennemente in perdita e che poi tocchi ai contribuenti mettere mano al portafoglio, proprio no.
E anzichè prendersela con le «mascalzonate» di qualcuno, sarebbe forse meglio interrogarsi su questo.

Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)

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BECCHI LASCIA IL M5S: “E’ DIVENTATO PARTITO STAMPELLA DI RENZI, E’ FINITO IL SOGNO”

Gennaio 5th, 2016 Riccardo Fucile

IL PROFESSORE DI FILOSOFIA: “GRILLO SEMPRE PIU’ ASSENTE, FORSE E’ DELUSO ANCHE LUI”…TRA LE CRITICHE L’ACCORDO CON IL PD PER I GIUDICI ALLA CONSULTA E L’ABBANDONO DEL REFERENDUM PER L’USCITA DALL’EURO

Paolo Becchi ha lasciato il Movimento 5 Stelle.
Il professore di filosofia, più volte definito ideologo M5S e tra i primi sostenitori del progetto politico di Beppe Grillo, ha dato l’annuncio del suo addio in un’intervista al quotidiano online Formiche.net.
“Il M5S”, ha detto,”si sta trasformando in un partito ibrido e ha stretto con il Pd un nuovo patto dopo quello del Nazareno facendo da stampella al governo Renzi”.
E riprendendo la metafora usata dal comico nel contro-discorso alla nazione del 31 dicembre, ha aggiunto: “Anche Grillo è diventato un ologramma. Non sono nella testa di Beppe e non so se questo suo progressivo farsi da parte sia sintomatico di un po’ di delusione anche da parte sua, ma è sempre più politicamente assente. Ha fatto un discorso di fine anno che era uno spot pubblicitario al suo spettacolo, un intervento teatrale. Forse era inevitabile che il Movimento si istituzionalizzasse, ma il sogno è finito”.
Non è la prima volta che il docente di Genova si scontra con il leader M5S.
Dal 2013 è stato più volte riconosciuto dai media come voce autorevole dentro il Movimento e almeno due volte i vertici hanno preso le distanze dalle sue parole.
Solo per fare un esempio, nel 2013 venne scaricato in seguito alle sue parole sull’allora ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni: “Se qualcuno tra qualche mese prende i fucili”, aveva detto, “non lamentiamoci, abbiamo messo un altro banchiere all’economia”.
Becchi ha annunciato di essersi cancellato dalla piattaforma “lo scorso 31 dicembre”. Secondo Becchi l’M5S si è trasformato in un “partito ibrido che da un lato acchiappa chi ancora crede negli ideali di rottura del vecchio Movimento e dall’altro si avvicina alla logica partitica”.
E alla domanda se ora a comandare sia Casaleggio, ha risposto: “Ora si apre il problema del garante; Grillo ha detto che è ‘un po’ stanchino’, ma che sarebbe rimasto il garante delle regole. Peccato però che qui non venga rispettata nessuna regola, come sull’espulsione della senatrice Serenella Fucksia“.
Tra le mosse politiche contestate da Becchi c’è anche l’accordo con il Pd per l’elezione dei giudici alla Consulta.
“In quell’occasione”, ha continuato, “si è capito come il Patto del Nazareno tra Pd e Fi sia finito del tutto e ne sia nato un altro tra Pd e M5S, tenuto segretissimo tanto che chi ne parla viene ricoperto di insulti in rete”.
Un patto che sarebbe preludio di un’intesa anche sul ddl Unioni civili in discussione al Senato a fine gennaio.
Secondo il professore i parlamentari grillini hanno cambiato la linea rispetto ai principi originari dei 5 Stelle: “Beppe Grillo è stato sconfessato dal vicepresidente della Camera addirittura sul Financial Times, a cui Luigi Di Maio ha detto che loro non sono favorevoli all’uscita dell’Italia dalla Nato come invece ha sostenuto Grillo. Agli inizi del Movimento   se qualcuno avesse detto una cosa del genere sarebbe stato radiato, ora l’intervista viene ripresa dal blog”.
Un’altra contestazione fatta da Becchi è quella sulla campagna per un referendum per l’uscita dell’euro: “Grillo aveva promesso agli italiani”, ha concluso, “che entro il dicembre 2015 o al massimo nel gennaio 2016 ci sarebbe stato il referendum sull’euro. Ora più nessuno ne parla”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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EDITORIA, IN 5 ANNI RICAVI GIU’ DI 2 MILIARDI

Gennaio 5th, 2016 Riccardo Fucile

E LE AZIENDE HANNO TAGLIATO IL 20% DEI POSTI DI LAVORO…ANCHE GLI INTROITI DELLA TV SCESI DEL 15,7% E MILLE ADDETTI LASCIATI A CASA

Tra il 2010 e il 2014 i ricavi complessivi delle imprese editoriali italiane sono diminuiti di 2 miliardi, pari al 31,2% del totale, e quelli dei gruppi televisivi di 1,5 miliardi, il 22,5% degli introiti 2010.
La flessione risulta dall’osservatorio periodico dell’Autorità  per le garanzie nelle comunicazioni, che rileva come la redditività  dell’intero settore si sia ridotta ma le tlc mostrino in media livelli di profittabilità  più alti.
Al contrario l’editoria quotidiana e periodica, più colpite dalla crisi, negli ultimi cinque anni ha registrato un margine netto negativo del 2,7% contro il +5,2% medio del 2010.
In particolare nel 2012 e 2013 il comparto editoriale ha registrato rispettivamente margini del -12,2 e -10,2 per cento, risalendo al +1,1% nel 2014.
Le aziende hanno reagito in molti casi tagliando il costo del lavoro, con il risultato che nei quattro anni considerati gli addetti sono diminuiti del 20%, da 19.300 a 15.200. Anche se secondo Annuario statistico italiano 2015 dell’Istat dopo anni di calo la percentuale di cittadini che leggono quotidiani e libri si è stabilizzata benchè “l’abitudine alla lettura dei quotidiani riguarda comunque meno della metà  della popolazione (47,1% delle persone di 6 anni e più)” mentre la quota di lettori di libri è al 42 per cento, stabile rispetto al 2014.
Per le imprese televisive gran parte della flessione dei ricavi, rileva l’Autorità , è stata determinata dalla contrazione degli introiti pubblicitari, ma pesano anche le minori entrate da abbonamenti pay tv.
Così il margine lordo (Ebitda) è passato dal 29,1% del 2010 al 23,1% del 2014, mentre il margine netto (Ebit) è sceso dal 6,4% al -0,1%.
L’occupazione si è ridotta nel frattempo di circa 1000 addetti (-4,5%): nel 2014 i lavoratori erano circa 20.800.

(da agenzie)

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CASO CUCCHI, DESTRA E DINTORNI

Gennaio 5th, 2016 Riccardo Fucile

LA DESTRA DIFENDE LA LEGALITA’: CHI SBAGLIA DEVE PAGARE, NON ESISTONO ZONE DI IMPUNITA’

Non siamo tra quelli che a destra difendono le forze dell’ordine “a prescindere”: un conto è l’istituzione, altra cosa i singoli che possono sbagliare.
Ma, proprio per la credibilità  delle istituzioni, chi si trincera dietro una divisa per commettere un reato va condannato in primis moralmente senza se, senza ma e possibilmente senza cercare di nascondere la polvere sotto il tappeto.
Ci chiediamo se sia normale, alla luce degli ultimi elementi emersi dalle indagini, che questi carabinieri siano ancora in servizio “a tutela dei cittadini”, se sia normale alterare i rapporti, se sia normale fornire falsa testimonianza ai processi.
E chiediamo a questo punto una norma precisa da parte delle istituzioni: è vietato pubblicare le foto di un indagato?
Allora la norma valga per tutti, non solo per i rappresentanti delle forze dell’ordine.
Quanti indagati, dichiarati poi innocenti, sono stati esposti alla gogna, magari con foto passate dalle questure, accusati di reati inesistenti?
Qualcuno ricorda ancora i tempi degli “opposti estremismi” con tanto di foto di ragazzi innocenti “massacrati dalla stampa”?
O in tempi più recenti: perchè la foto del ragazzo accusato ingiustamente della strage del Bardo in Tunisia si poteva pubblicare e quella di un carabiniere indagato no?
Sarebbe ora che a destra, quella vera, si difendesse la legalità , quella che i carabinieri “veri” ogni giorno tutelano nel nostro Paese: sono meno pericolosi i “tossici” di tanti cazzari di presunta destra intossicati dall’odio per i “diversi”.
Come se loro fossero i “normali”.

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INTERVISTA A ILARIA CUCCHI: “NON SONO PENTITA”

Gennaio 5th, 2016 Riccardo Fucile

FOTO DELL’AGENTE SUL WEB: “CONDANNO I MESSAGGI VIOLENTI, MA NON HO PAURA: QUELLE CONVERSAZIONI TELEFONICHE SONO PROVE SCHIACCIANTI”

Ilaria Cucchi, s’è accorta di aver fatto un autogol, mettendo a rischio la battaglia per la verità  sulla morte di suo fratello?
«Io? No, perchè?».
Perchè ha diffuso la foto di uno dei carabinieri inquisiti per il pestaggio di Stefano, esponendolo al pubblico ludibrio, e adesso quel carabiniere sostiene di aver ricevuto addirittura minacce di morte.
«Questo mi rattrista e me ne rammarico, ma io mi sono dissociata appena sono comparsi i primi commenti violenti; così come sei anni fa con i miei genitori scendemmo in strada per prendere le distanze da chi aggrediva le forze dell’ordine e bruciava i cassonetti in nome di mio fratello. Abbiamo sempre detto che vogliamo giustizia, non vendetta».
E non le pare esagerato definire un indagato per lesioni «quello che ha ucciso mio fratello», prima di un eventuale processo?
«Le intercettazioni per me sono prove schiaccianti. Tra loro, senza che avessero motivo di mentire, gli inquisiti discutono delle strategie per avere la pena sospesa, usano quattro o cinque telefonini come fanno i banditi, uno insulta la ex moglie che gli ricorda di quando si vantava di aver picchiato Stefano… E in questi sei anni hanno taciuto, lasciando processare persone che sono state dichiarate innocenti».
Ecco, anche questo è un problema: nel primo processo sostenevate la colpevolezza degli imputati poi assolti; non sarebbe consigliabile un po’ più di prudenza?
«Di certo non avevamo gli elementi di oggi. I nuovi indagati, di fatto, confessano il pestaggio. E chi ha testimoniato al processo ha detto bugie. Il maresciallo Mandolini (inquisito per falsa testimonianza, ndr ), il quale ora si vanta per l’arresto di uno spacciatore che vendeva droga fuori dalle scuole dopo un esposto delle mamme, e di aver taciuto per rispetto ciò che Stefano gli avrebbe confidato sulla nostra famiglia, al processo disse tutt’altro. Perchè? Forse pensavano di averla fatta franca, mentre ora si sentono alle corde e si difendono gettando fango su di noi».
Questo giustifica la gogna per gli indagati?
«Guardi che la vera gogna l’ha subita mio fratello, dopo essere stato ucciso. Io non ho mai detto che Stefano non aveva colpe, ma doveva essere giudicato ed eventualmente condannato, non pestato e lasciato morire. Scrivendo il messaggio non ho pensato al rischio di fomentare la violenza; volevo solo che l’immagine muscolosa e sorridente di quel carabiniere fosse messa a confronto con quella di Stefano. Era una foto già  pubblica, lui l’aveva messa su Facebook e l’ha tolta solo l’altro ieri, non quando s’è saputo che è inquisito per il pestaggio. Il mio è stato uno sfogo contro chi non s’è limitato a picchiare, ma se n’è pure vantato».
Quel carabiniere l’ha denunciata.
«Non c’è problema: io non porto divise e mi assumo le mie responsabilità . Ma basta con le ipocrisie, sono stanca: hanno massacrato un ragazzo, poi hanno nascosto le prove arrivando a sbianchettare un registro ufficiale, hanno taciuto e mentito. E adesso querelano? Si vede che non hanno altra strada. Piuttosto mi chiedo come sia possibile che questi carabinieri, tra cui quello che medita di rapinare gli orafi se lo cacciano, siano ancora in servizio; che girino armati con le pistole di ordinanza».
Il comandante generale Del Sette ha già  definito grave la vicenda e promesso provvedimenti, mettendo però in guardia dal delegittimare l’Arma. Non si fida?
«Certo che mi fido, l’ho sempre fatto e voglio continuare a farlo. Ma per non generalizzare e delegittimare tutti devono garantire fermezza. Non posso pensare che i tanti carabinieri onesti che ho conosciuto abbiano come colleghi persone che evidentemente credevano di godere dell’impunità , si sentivano protetti. Ecco, io temo la protezione, ma spero che non ci sia».
Non credevate nemmeno che la Procura potesse arrivare a nuove incriminazioni…
«Quando il procuratore Pignatone mi disse che non poteva promettermi nulla se non il massimo impegno l’ho frainteso, pensavo stesse mettendo le mani avanti. Invece lui e il pm Musarò hanno fatto un lavoro straordinario».
Ora però contestate i periti scelti dal giudice per i nuovi accertamenti tecnico-legali. Come se voleste sempre qualcosa in più, o di diverso se non coincide con la vostra tesi.
«L’accertamento sulle connessioni tra le percosse e la morte di Stefano è decisivo. Che posso fare se il mio stesso consulente denuncia il conflitto di interessi per uno dei nominati, già  candidato per il partito dell’ex ministro La Russa che da ministro della Difesa assolse subito i carabinieri, e con legami professionali con i periti precedenti? Possibile che non si trovi qualcuno senza rapporti sospetti? Se in Italia non c’è lo andassero a cercare in Svizzera».
Nessun pentimento, insomma?
«Sinceramente no. Poi se ho sbagliato si vedrà . Io non ho paura, a differenza di altri».

Giovanni Bianconi
(da “Il Corriere della Sera”)

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ALTA TENSIONE IN FORZA ITALIA, MA NESSUNO HA LA FORZA DI GUIDARE LA RIVOLTA DELLA BEFANA

Gennaio 5th, 2016 Riccardo Fucile

SILVIO RIMANE IN COSTA AZZURRA… CANDIDATURA PER ROMA, LA MELONI VA IN VACANZA A CERCARE L’ISPIRAZIONE: POI, COME LE STARLETTE, SCIOGLIERA’ LA RISERVA

La frase resta pubblicamente impronunciabile: “Andare oltre Silvio Berlusconi”.
È quello che molti in Forza Italia pensano, ma dicono soltanto in privato. Da qui alla cospirazione, tuttavia, il passo sembra decisamente lungo, anche se l’ipotesi di dismettere il simbolo alle prossime amministrative, puntando solo su liste civiche, ha alimentato l’ormai perenne psicodramma.
Perchè nessuno ha la forza per guidare la rivolta e perchè, per quanto il malcontento sia diffuso, le truppe sono divise in tante, troppe fazioni.
Di certo, c’è una classe dirigente in fibrillazione, preoccupata che l’ex premier stia puntando a estrometterla da tutto. E così i contatti si infittiscono.
Ce ne sono stati prima di Natale, e ancora durante, queste vacanze anche tra i due capigruppo, Renato Brunetta e Paolo Romani, arci-nemici fino all’altro ieri ma ora accomunati dal timore di una destituzione dal loro ruolo.
C’è anche chi ha lanciato l’idea di una riunione “Cav-free” che mettesse insieme i vertici del gruppo, ex An come Maurizio Gasparri o anche il governatore della Liguria Giovanni Toti, formalmente ancora “consigliere politico” ma di fatto sempre meno ascoltato a corte.
“Un incontro? Totalmente inventato”, dice Paolo Romani ad Huffington. Dello stesso tenore la risposta di Maurizio Gasparri. “Non mi risulta nulla. Ci siamo sentiti in questi giorni — afferma – per un convegno sulla Rai che sto organizzando per il 26 gennaio. Io mi occupo di vita reale non di letteratura giornalistica”.
Prende le distanze Laura Ravetto: “Personalmente sono totalmente impegnata ad occuparmi di Schengen”.
Al momento, d’altra parte, in agenda non risulta alcun appuntamento. Per ora, infatti, ci si limita a guardare l’effetto che fa. Ovviamente, su Silvio Berlusconi.
E non è forse un caso che, i solitamente prolifici dichiaratori azzurri, oggi brillino per assenza di comunicati stampa sulle sorti del partito, nonostante voci di progressiva dissoluzione.
L’ex premier, nel frattempo, ha deciso di trascorrere qualche giorno in Costa Azzurra con la figlia Marina e i nipoti, preoccupato più dal tenere i contatti con Galliani per il mercato del Milan che non di “consolare” le anime in pena di Forza Italia.
Intanto i sondaggi sono sempre più disastrosi e ormai attestano il partito azzurro sotto la soglia psicologica del 10%, mentre lui alterna promesse di rinnovamento a atteggiamenti che sanno più di dismissione totale.
In entrambi i casi, niente di consolante per la vecchia classe dirigente.
La disputa sull’uso del simbolo di Forza Italia alle prossime amministrative è l’ennesimo capitolo dello scollamento tra il Cavaliere e i suoi luogotenenti.
“E’ una bufala totale”, assicura la portavoce Deborah Bergamini. Eppure l’ex premier ne avrebbe parlato con più persone negli ultimi tempi. “Una resa alla Lega”, dicono i big azzurri per i quali il vero problema non è vincere o perdere alle amministrative ma cercare di trattare da una posizione di non eccessiva debolezza quando si faranno le liste per le politiche.
Intanto, per la triade Berlusconi-Meloni-Salvini resta da chiudere il capitolo delle candidature, soprattutto a Milano e a Roma: la leader di Fratelli d’Italia avrebbe promesso che scioglierà  la riserva su una sua corsa per il Campidoglio dopo le vacanze in montagna.
Un nuovo incontro tra i tre potrebbe tenersi la settimana prossima.

(da “Huffingtonpost”)

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