Destra di Popolo.net

LE FAIDE A CINQUESTELLE, PEGGIO DI UN PARTITO DELLA PRIMA REPUBBLICA

Gennaio 29th, 2016 Riccardo Fucile

DA MILANO A BOLOGNA, DA SALERNO A NAPOLI, DA ROMA A TORINO: INCOMPETENTI E INADEGUATI, NESSUNA TRASPARENZA E TANTA SUPERFICIALITA’

Beh, io resto ogni giorno sempre più perplesso.
Dopo i miseri e disastrosi risultati sui comuni da loro amministrati, dove incompetenza, inadeguatezza, incapacità  di gestire il bene pubblico e di fare politica sono stati il tratto saliente del loro operato, oggi viene fuori che sulla scelta dei candidati sindaci le cose vanno ancora peggio.
Sì, perchè tutta la sceneggiata del “sceglieremo i candidati per via telematica” o “della democrazia partecipata nella selezione dei candidati” si sta lentamente, cosa che in molti già  sapevamo, rivelando il più terribile e temibile dei boomerang. Mi vien da dire, l’ennesimo boomerang.
Andiamo per ordine: Milano.
Il Movimento teme uno figuraccia nei consensi e corre ai ripari. Pare che la pentastellata non abbia un grande impatto mediatico, una scarsa candidatura in tutti i sensi se si valutano le campagne dei suoi diretti avversari.
Una presenza a dir poco invisibile fino al punto che il Premio Nobel Dario Fo ha sbottato dichiarando. “La ragazza che è stata scelta mi preoccupa molto, il problema è vedere poi se è in grado di gestire qualcosa di così grande”.
I 5 Stelle sono intervenuti dando una sistemata allo staff della comunicazione ma vista la situazione drammatica l’ipotesi che la Bedori venga “fatta fuori” è già  sul tavolo del direttorio. Alla faccia della democrazia interna.
Bologna.
Senza primarie nè consultazioni, anche per le Amministrative 2016 il “candidato naturale” a Palazzo D’Accursio è l’ortodosso Massimo Bugani.
Dunque “primarie” vietate per scongiurare infiltrazioni di dissidenti e traditori. Tutto chiarissimo e sempre alla faccia della democrazia interna.
Saltano le primarie dunque, si impongono una rosa di nominati al consiglio proprio come il Porcellum e con un diktat dall’alto che ovviamente non è andato giù a una buona parte del M5s locale.
Lorenzo Andraghetti, militante storico del Movimento, ha sfidato Bugani chiedendo ufficialmente consultazioni aperte come da non Statuto.
Volete sapere qual è stato il risultato? È stato espulso. Non solo.
Sempre in linea con le regole, ha denunciato all’interno del listino la presenza di due incandidabili: Antonio Landi, professione attore, già  candidato nel 2011 nella lista civica vicina al centrodestra Bologna Capitale, e Dario Pataccini, sospeso per sei mesi dall’Ordine dei giornalisti per lo scandalo del pagamento dei servizi televisivi da parte di alcuni consiglieri regionali e già  candidato con il M5s nel 2013 ma anche con l’Idv nel 2009. Qualcuno ha gia detto “A Bologna tutto è cominciato e a Bologna tutto finirà “.
Salerno.
“A tutela del MoVimento 5 stelle non verranno certificate liste con persone che hanno corso contro il MoVimento 5 stelle in precedenti elezioni per tutti i capoluoghi di regione e di provincia”, viene precisato sui social senza però fare riferimenti diretti”. Così hanno dichiarato alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle di Salerno, e invece? Il 26enne Dante Santoro, candidandosi cinque anni fa nella lista “Salerno per i giovani” a sostegno dell’allora sindaco Vincenzo De Luca, prese 600 voti, ora si è messo dalla parte del M5s, ed è in pole position come aspirante primo cittadino di Salerno nella lista dei grillini.
La cosa non va giù a nessuno del M5s locale, e nemmeno al direttorio che per ora tace, ma la questione è sulla graticola e la faida è in corso.
Napoli
Situazione ancora più delicata dopo il caso Quarto.
In pole due persone molto vicine: Mario Peluso e Antonio Nocchetti. Il primo voluto da Fico, che dopo l’imposizione della Ciarambino da parte di Di Maio alla presidenza della regione reclama spazio e territorio, il secondo addirittura additato dal Movimento locale come uno vicino a De Magistris, un cavallo di Troia per capirci. In entrambi i casi il Movimento non avrebbe comunque la capacità  e la forza di poter presentare candidati alle municipalità , che in un sistema basato sule preferenze sarebbe la morte elettorale.
E potrei andare avanti.
Penso a Roma dove i consiglieri uscenti Marcello De Vito e Virginia Raggi se le stanno già  dando di santa ragione e a nulla sono valsi gli inviti di Di Battista, la faida fratricida è in corso e senza esclusione di colpi.
Roma è un banco di prova delicato, e Casaleggio sta seguendo la cosa direttamente. Come potrebbe essere altrimenti, fallire su Roma potrebbe essere la morte dei 5 Stelle. Oppure a Torino, dove il Movimento è staccato addirittura di 15 punti dal sindaco uscente Fassino.
Per capirci. Il sistema 5 Stelle di scelta dei candidati è già  saltato.
La presunzione della democrazia dal basso li ha portati a fare i conti con la realtà  delle organizzazioni complesse, come quelle dei partiti.
Assemblee dove si dicono di tutto, consiglieri che sbottano, il direttorio che dove può prova a metterci una pezza, la trasparenza nelle scelte andata a farsi friggere, candidati improbabili che in virtù di consenso elettorale scalano il partito, diktat feroci dall’alto, espulsioni, denunce etc etc
Diciamocelo, hanno ereditato i peggiori vizi delle organizzazioni politiche che tanto denunciavano e al posto di migliorare quel difficile percorso che chiamiamo “democrazia interna” lo stanno acuendo in virtù della loro incapacità  e dalla loro totale distanza dalla politica.
Mutatis Mutandis.

Tommaso Ederoclite
(da “Huffingtonpost”)

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“HO PERSO TANTI SOLDI E IL LAVORO PER GLI OROLOGI DI RYAD”

Gennaio 29th, 2016 Riccardo Fucile

PARLA L’INTERPRETE ARABO PRESENTE AL PARAPIGLIA PER CONTENDERSI GLI OROLOGI TRA GLI UOMINI DEL CERIMONIALE E QUELLI DELLA SCORTA

Reda Hammad, egiziano de Il Cairo con passaporto italiano da più di vent’anni, è l’interprete arabo di Palazzo Chigi dal 2001.
Nell’ordine, ha servito i governi di Silvio Berlusconi, Romano Prodi, ancora Berlusconi, Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi.
C’era anche Hammad la notte tra domenica 8 e lunedì 9 novembre 2015 in Arabia Saudita, spettatore esterrefatto di quel parapiglia per i Rolex donati dai sovrani sauditi agli italiani in trasferta con Renzi: “Ho perso il lavoro e molti soldi per riuscire a consegnare quel maledetto orologio. Ora devo soltanto tutelare la mia reputazione e rendere pubbliche le verità  ancora nascoste”.
Hammad è il testimone oculare che, sette giorni fa, in maniera anonima, ha fornito ulteriori dettagli sui fatti di Ryad.
Quest’ultimo tassello completa il racconto a puntate del Fatto Quotidiano.
Perchè ha coperto la sua identità ?
Vi ho contattato dopo che ho letto la storia sul vostro giornale, ma ho chiesto di non comparire perchè stavo tentando, fra infinite peripezie, di depositare il Rolex al Diprus, il dipartimento competente della Presidenza del Consiglio.
Scusi, ma perchè non ha affidato subito il Rolex a Palazzo Chigi?
Ci ho provato, ma non volevano lasciare tracce. Ho chiesto trasparenza e mi hanno risposto con le intimidazioni. Ma occorre pazienza per ricostruire la vicenda.
Cosa è acceduto dopo la cena nel palazzo di re Salman?
I delegati italiani, inclusi giornalisti e imprenditori, hanno ricevuto un regalo.
Di che tipo?
Orologi preziosi: cronografi Rolex e di altre marche, ma comunque costosi, di valore diverso.
Chi ha provocato la rissa?
La scorta di Renzi e alcuni dipendenti del Cerimoniale sono andati al piano di sopra per raccogliere i regali. Ma uno dei militari ha rivendicato il Rolex, accusando una persona del Cerimoniale di aver scambiato le scatolette. È finita con gli insulti, la scorta che ha preso i regali assegnati e l’imbarazzo del personale saudita.
Anche per l’interprete c’era un Rolex.
Sì, e non me l’aspettavo. Non sapevo se accettare o rifiutare l’omaggio, perchè il mio impiego è di natura occasionale. Sono un collaboratore del governo. Ma la tensione era troppo elevata per domande così ingenue. Il giorno dopo mi ha avvicinato Ilva Sapora, il capo del Cerimoniale. Voleva rimediare a una figuraccia ormai consumata.
E cosa ha chiesto la Sapora?
Mi diceva: ‘Il presidente vuole tutti i regali nella sua stanza’. Mi è sembrata un po’ strana come giustificazione e non proprio in linea con le regole. Allora in cambio ho proposto di darmi una richiesta scritta e una ricevuta a consegna avvenuta, un documento ufficiale per proteggermi: va dimostrato che Hammad ha depositato il Rolex a Palazzo Chigi. Ma Sapora non ha accettato.
Poi siete rientrati in Italia.
Per risolvere presto la questione, l’11 novembre ho mandato invano un’email alla dottoressa Sapora. Il 20 mi ha telefonato un suo collaboratore e mi ha ribadito che potevo recarmi a Palazzo Chigi a portare il Rolex, ma non dovevo pretendere una carta scritta. Io gli ho ripetuto con fermezza che esigevo una richiesta e una ricevuta. Poco dopo mi ha richiamato per avvisarmi che la Sapora tollerava solo una consegna spontanea e che in ogni caso non avrei più ricevuto incarichi di lavoro dalla Presidenza del Consiglio. Non potevo più fidarmi, e dunque ho deciso di farmi assistere da un avvocato.
È sicuro che sia una ritorsione?
Vi racconto un episodio. Non vorrei sembrare pedante, ma è un obbligo essere precisi. Il 27 novembre mi ha contattato Fabio Sokolowicz, il consigliere diplomatico, per un lavoro che si sarebbe svolto il giorno stesso. Poi non mi ha chiamato più nessuno, nè per confermare nè per disdire. Quando l’ho sentito l’indomani mi ha rivelato che la pratica era stata bloccata dal Cerimoniale.
Compromessi i rapporti col Cerimoniale, come ha reagito?
Dapprima telefonicamente e poi attraverso la posta certificata, mi sono rivolto al Diprus, l’ufficio che gestisce i regali: erano gentili e attenti, ma all’inizio hanno ammesso di non conoscere niente dei Rolex e di Ryad. Ho atteso ancora la conclusione delle vacanze natalizie, e poi a gennaio ho spedito una lettera raccomandata dell’avvocato. E mi hanno convocato dopo l’uscita del vostro pezzo di una settimana fa.
Ora il Rolex è al Diprus.
Mi hanno ricevuto mercoledì, a distanza di oltre due mesi. Mi hanno accompagnato l’avvocato e il senatore Nicola Morra del Movimento Cinque Stelle. I responsabili del Diprus mi hanno confessato che non c’era un modulo o un verbale già  pronto per la restituzione di un regalo di Stato, che non era mai successo dagli anni di Prodi e il mio Rolex era il primo che prendevano fra le mani tra quelli donati nella missione di novembre in Arabia.
Palazzo Chigi ha giurato: “I regali di cortesia sono nella disponibilità  della Presidenza del Consiglio”.
A fatica, il mio ce l’hanno da un giorno e mezzo. Ho sofferto, mi hanno umiliato. Ho speso del denaro e molto tempo prezioso sottratto ai miei impegni e agli studi.

Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano”)

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BOMBA A MANO CONTRO IL CENTRO PROFUGHI: I CATTIVI MAESTRI ARMANO I CRIMINALI

Gennaio 29th, 2016 Riccardo Fucile

ATTENTATO A VILLINGEN-SCHWENNINGEN, NEL BADEN-WUERRTEMBERG: PER FORTUNA L’ORDIGNO NON E’ ESPLOSO

Attentato fallito con una bomba a mano contro un centro accoglienza profughi di Villingen-Schwenningen, in Baden-Wuerrtemberg.
Secondo quanto ha riferito la polizia, questa notte, attorno all’1.15, sconosciuti hanno lanciato oltre il recinto di sicurezza che circonda il centro una bomba a mano, che non è esplosa.
Gli addetti alla sicurezza hanno scoperto l’ordigno e fatto scattare l’allarme.
Subito sono intervenuti polizia e vigili del fuoco. Nel centro sono ospitati 176 profughi.
Il centro profughi di Villingen-Schwenningen è stato allestito nell’edificio di una ex caserma. «Appena allertati, siamo intervenuti con un gran numero di agenti», ha raccontato alla Bild il commissario della sezione criminale Harri Frank, e allo stesso tempo è stata chiamata la squadra di esperti di esplosivi della polizia criminale di Stoccarda, che dista circa 100 chilometri.
Questi ultimi hanno circondato e messo in sicurezza l’area e poi provveduto a far brillare la bomba.
Una commissione speciale sta indagando per risalire agli autori. le indagini si indirizzano in ogni direzione.
Di recente, erano stati resi noti i dati sull’aumento nel corso dello scorso anno degli atti di violenza contro profughi e centri di accoglienza, realizzati dall’estrema destra.
Proprio Villingen-Schwenningen era salita alla ribalta della cronaca due giorni fa, per un altro caso: è il luogo in cui era stato arrestato uno dei due gestori del portale neonazista Altermedia, per cui il ministero degli Interni ha disposto il divieto.

(da agenzie)

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“SIAMO TUTTI FIGLI DI ROMA”: LA GAFFE DELLA LE PEN E L’IMBARAZZO DELLA PLATEA PADAGNA

Gennaio 29th, 2016 Riccardo Fucile

LE CONTRADDIZIONI DELLA BASE LEGHISTA: DISAPPUNTO PER IL TERMINE “CAMERATA”…CHI VUOLE LA SECESSIONE E CHI NO…FREDDEZZA QUANDO SALVINI PER UNA VOLTA FA IL MODERATO

Schengen è morta, l’Europa non si sente troppo bene e il popolo leghista giubila come chi, dopo aver gridato al lupo per anni, finalmente lo vede arrivare.
Certo, è un po’ noioso sorbettarsi otto discorsi fotocopia di altrettanti leader di partitini e partitoni antiUe che sparano tutti sugli stessi bersagli, l’immigrazione, l’islamizzazione, i burocrati di Bruxelles, l’euro «criminale» (il copyright è di Salvini) e dicono che bisogna ridare i pieni poteri agli Stati nazionali come già  profetizzava il gèneral De Gaulle (e questa è ovviamente madame Le Pen).
Ma fra i 1.500 del Centro congressi della Fiera di Milano, incapsulato fra i lavori dei nuovi grattacieli delle archistar, fra buche e crateri tipo Stalingrado, prevale la soddisfazione.
È un leghista postmoderno che inveisce in egual misura con gli islamisti e le multinazionali, i clandestini e i banchieri. Di conseguenza, va in disarmo anche il buon vecchio folk padano.
Rimane qualche foulard verde, tramonta il Sole delle Alpi, spuntano le nuove t-shirt con Marine e il «Matteo giusto» abbracciati in azzurro su fondo bianco e la scritta «Un’altra Europa è possibile», dieci euro, unico gadget ostenso sull’unica bancarella.
«Marine» divide il primo posto nell’hit parade con Putin, semmai la differenza è se, come donna, piaccia più lei o la pimpante nipotina Marion.
«Di certo, in comune con Salvini ha la cosa più importante: gli attributi!», gongola Marco Franzelli, geometra in arrivo da Roccafranca (Brescia), e grazie al cielo che almeno lui fa un po’ di color locale perchè indossa una giacca verde Lega e una cravatta pure verde punteggiata di Albertini da Giussano con lo spadone rivolto al cielo, «no, verso Bruxelles», ah sì, certo.
Allora, come si risolve la grana europea? «Con delle macroregioni inserite in un contesto europeo, secondo la lezione di Miglio», spiega Jacopo Berti, 23 anni, in arrivo da Faenza in felpa verde regolamentare con la scritta «Romagna».
Ma Le Pen non sarà  troppo di destra? «Beh, forse un po’ sì. Ma l’importante è che ci porti fuori dall’euro», dice Tiziano Fistolera, 24 anni, segretario dei giovani padani di Sondrio, caso raro di leghista con codino da centro sociale, i «nazisti rossi» nella vulgata di Salvini.
E qui emerge qualche contraddizione che il suo popolo ancora non ha risolto.
Per esempio, quando al tosto fiammingo Tom van Grieken scappa un «Camerati!» e in platea a qualcuno parte un applauso e ad altri un brusio di disapprovazione.
Oppure quando Salvini dice giudiziosamente che «discriminare un essere umano dal colore della pelle o dall’orientamento sessuale è da imbecilli», e l’applauso è molto più fiacco di quando il Capitano boccia i matrimoni gay (e poi a un’anziana in arrivo dalla deep Padania scappa un «che schifo, questi invertiti!» che non si sentiva dai tempi del processo a Oscar Wilde).
E resta il problema della secessione.
Si capisce che, nonostante la svolta di Salvini, che vede la Lega come un italico Front, appunto, «national», i militanti sognano ancora la Padania.
Succede due volte. La prima quando l’olandese Marcel de Graaf dice che «è meraviglioso essere qui in Padania» e la folla esplode, con i giovani che lanciano subito il ritornello «Padania? Libera!».
E poi con Marine Le Pen che fa la gaffe: «Siamo tutti figli di Roma», e partono i «No!». Però lei intendeva la Roma di Cesare e Virgilio, non quella di Marino, e comunque riprende quota e applausi citando Sant’Ambrogio.
Salvini tenta la quadratura del cerchio: prima riprendersi la sovranità  confiscata dalla Ue e poi fare il federalismo «perchè io resto federalista», insomma disfare l’Europa per rifare l’Italia. Tutto futuribile.

Alberto Mattioli
(da “La Stampa”)

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UNIONI CIVILI, PER NCD SI FA MA NON SI DICE

Gennaio 29th, 2016 Riccardo Fucile

OTTENUTE LE POLTRONE IL GROSSO DEL GRUPPO VOTERA’ LA LEGGE

Palazzo Madama, giorno della fiducia. Monica Cirrinà  incontra Enrico Costa, che ha già  in tasca l’incarico da ministro agli Affari Regionali e, soprattutto, la delega alla famiglia: “Non ti preoccupare – gli sussurra il fidatissimo di Alfano – al Senato sulle unioni civili andrà  tutto bene”.
Tra i due il filo diretto è proseguito, nei giorni successivi, per aggiornare il pallottoliere. Che, con la spropositata distribuzione di poltrone a Ncd attraverso il cosiddetto rimpasto, a questo punto è blindato.
Seconda scena. Monica Cirrinà  parla fitto fitto con Ivan Scalfarotto, sempre a palazzo Madama.
Ivan è uomo di spirito e intermezza ragionamenti con battute a raffica sui vari politici che gli passano davanti, che in piazza, da cattolici di professione, ostentano pubbliche virtù e poi si dedicano ai vizi privati, tra divorzi e peccati: “Qui — dice alla Cirrinà  — la partita è su due livelli. Quello che dichiarano e quello che voteranno nel segreto dell’urna. Vale per i trenta cattolici del Pd, vale per quelli di Ncd”.
Eccola, la grande manovra delle unioni civili. In perfetto stile italico.
L’ex ministro Mario Mauro, varcando palazzo Madama, ragiona: “Siamo seri, è tutto così evidente. Se un partito sta al governo e vuole bloccare una legge, minaccia l’uscita dal governo. Punto. Invece Alfano che ha fatto? Ha detto: io ti faccio passare la legge nel voto segreto, tu dammi più poltrone. Dopo il rimpasto la Cirinnà  passerà  con tre stepchild adoptions”.
E forse in parecchi la pensano come il ciellino Mario Mauro se più di una associazione cattolica all’HuffPost sussurra che al Family Day saranno portati striscioni con questa scritta: “Si scrive Cirinnà , si legge Renzi+Alfano”.
Al momento il pallottoliere dice che, su 26 senatori, di irriducibili dentro Ncd ce ne sono davvero pochi. Meno di dieci, tra cui Sacconi, Formigoni, Albertini — inferocito per essere rimasto a bocca asciutta nel rimpasto — e poi Marinello, Dalla Tor e Bruno Mancuso.
Tra loro circolano parole di fuoco su Alfano: “La sua unica bussola — dice un senatore – è la sua poltrona, in nome della quale ha ripudiato Berlusconi, tradito Letta, detto sempre signorsì a Renzi. Altro che Fanfani che dopo il referendum si dimise. Per votare le unioni gay si è accontentato di un piatto di lenticchie… Che faceva se gli davano un ministero in più: si metteva a celebrare lui le nozze gay?”.
Gli altri, ormai si muovono con l’unico obiettivo di fare bella figura agli occhi di Renzi.
A partire da Federica Chiavaroli, fresca di nomina a sottosegretario. Addirittura Dorina Bianchi, fresca di nomina pure lei, ha confidato: “Io neanche ci sarei andata al Family day, ma se proprio si deve fare ci faccio un salto con mio marito senza troppi riflettori”.
Già , perchè il paradosso è che qualcuno non ha nemmeno troppa voglia di fare la scena, incassate le poltrone.
Anche dentro il Pd avanza il “si fa ma non si dice” oppure il “si dichiara una cosa, se ne vota un’altra”.
Una fonte di governo vicina al dossier spiega: “Dei 30 cattolici del Pd molti sono amici stretti di Renzi. Un conto è tenere il punto all’esterno, un conto è far saltare la legge. Il gruppo di Del Barba, Pagliari, Di Giorgi, Collina è dato per acquisito”.
Se poi si aggiunge qualcuno di Forza Italia di provata fede liberale, i 18 verdiani, una parte dei Cinque Stelle, si annuncia una maggioranza molto più ampia di quella di governo.
Un miracolo, realizzato nel perfetto stile dei cattolici nostrani: si fa, ma non si dice.

(da “Huffingtonpost”)

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TONINO, IL RAS NCD COSTRETTO A DIMETTERSI DUE ANNI FA, RIENTRA AL GOVERNO

Gennaio 29th, 2016 Riccardo Fucile

TONINO GENTILE TRA POLITICA E LIBERTA’ DI STAMPA

A marzo 2014 Tonino Gentile aveva lasciato sapendo di dover aspettare momenti migliori. 72 ore da sottosegretario alle Infrastrutture nel governo Renzi, poi la resa.
Il senatore Ncd, amante di gessati e cravatte azzurre, appassionato di calcio e fondatore del Napoli Club in Parlamento, si dimise perchè accusato di aver fatto pressioni per non far uscire un giornale in edicola.
Sull’Ora della Calabria c’era un articolo che parlava di un’inchiesta sulle consulenze d’oro nell’Azienda sanitaria provinciale in cui era coinvolto il figlio di Antonio, Andrea (la sua posizione è stata ora archiviata dalla procura di Paola).
Da un’intercettazione, si scoprì che lo stampatore dell’Ora, Umberto De Rose, aveva fatto pressioni sull’editore, Alfredo Citrigno, per convincerlo a ritirare il pezzo.
Una telefonata che ancora si può ascoltare su Youtube e che culmina con una domanda: «Vale la pena di farti un nemico che poi è ferito come un cinghiale a morte? Un cinghiale quando è ferito colpisce per ammazzare».
Il processo per violenza privata a De Rose non parte per continui difetti di notifica, Gentile non è mai stato indagato, ma misteriosamente – quella notte – le rotative dell’Ora si ruppero e il giornale non andò in edicola.
Ne seguì un movimento di opinione che costrinse Gentile al passo indietro.
È passato del tempo e la famiglia Gentile di Cosenza, con il suo pacchetto di 20mila voti messi a disposizione dell’Ncd di Angelino Alfano, con i suoi interessi che vanno dalle Asl alle infrastrutture, i parenti tutti sistemati e le ville in collina con piscine a ostrica, torna a sedersi a tavola nel rimpasto di governo.
Il fratello di Antonio, Pino, già  consigliere comunale, sindaco, assessore regionale e ora vicepresidente di minoranza della regione Calabria, ha coinvolto tutta la famiglia in una proficua girandola: prima craxiani, poi berlusconiani, in mezzo anche repubblicani, lasciano il Cavaliere – per il quale Antonio aveva chiesto il Nobel per la pace nel 2002 – per buttarsi tra le braccia di Angelino Alfano.
Che pare avesse promesso un posto di governo.
Che ieri è arrivato.

Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica”)

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EURISPES: SI’ DEGLI ITALIANI A NOZZE GAY, EUTANASIA E CANNE

Gennaio 29th, 2016 Riccardo Fucile

IL RAPPORTO DESCRIVE LA REALTA’ DI UN’ITALIA LIBERTARIA, CATTOLICA MA NON PRATICANTE…IL 48,7% FAVOREVOLE AL MATRIMONIO OMOSESSUALE. IL 47,1% ALLA MARIJUANA LIBERA, IL 60% ALL’EUTANASIA, IL 38,5% ALL’UTERO IN AFFITTO

Sono credenti praticanti ma solo per le feste comandate, si dividono sulla comunione ai divorziati e sul celibato sacerdotale ma sono sempre meno disposti a versare l’otto per mille alla Chiesa cattolica, credono sempre più (ma non ancora in maggioranza) che il Vaticano interferisca troppo sui diritti civili e questioni come aborto, fine vita, fecondazione assistita, scuola privata, e omosessualità , non inorridiscono davanti al matrimonio gay e sono sempre più possibilisti riguardo la legalizzazione dell’eutanasia ma sono ancora scettici sull’adozione di bambini per le coppie dello stesso sesso.
Considerano invece legittima la pratica dell’«utero in affitto» e sono favorevoli all’uso della pillola abortiva Ru486, al testamento biologico, alla liberalizzazione della cannabis
Confidano in Papa Francesco ma con meno fervore di prima ma sono fiduciosi anche nelle forze dell’ordine, in particolare nella polizia, e soprattutto nel governo Renzi che acquista dieci punti percentuali rispetto allo scorso anno arrivando al 28,6% dei consensi.
E naturalmente sono iperconnessi anche se ancora incollati alla televisione per tenersi “aggiornati”, in simbiosi con il telefonino e sempre più dipendenti da Whatsapp.
Sono gli italiani, almeno stando al Rapporto 2016 di Eurispes
Spiega il presidente Gian Maria Fara, che «l’invidia è il vizio che blocca l’Italia. Una vera e propria “sindrome del Palio” che non ci permette di trasformare la nostra potenza in energia».
Ma non sono gli unici freni, secondo l’Eurispes: c’è «la burocrazia e la iperproduzione di norme, leggi e disposizioni che trattengono la crescita e mortificano spesso l’ingegno degli spiriti migliori», e c’è «l’incapacità  della società  italiana di “fare sistema”: non più la società  liquida descritta da Bauman, ma una società  “evanescente” nella quale ognuno pensa a se stesso e che non riesce ad elaborare un progetto complessivo».
Deve essere anche per questo che è sempre meno netto il rapporto degli italiani con la propria fede.
Anche se sui diritti civili le idee stanno cominciando a schiarirsi.
Secondo i sondaggi Eurispes, il 71,1% si dichiara cattolico credente ma solo il 25,4% è praticante (al massimo, per il 31%, va in chiesa per le principali festività , e per il 21,1% solo in occasione di battesimi, matrimoni e funerali).
Ma chi è credente in cosa crede esattamente?
Il 75,2% nella vita eterna dopo la morte, il 73,2% ai miracoli, il 59,6% a Paradiso e Inferno e il 56,6% ad angeli e demoni.
Praticanti o no che siano, gli italiani si dividono sul celibato dei preti (favorevole il 51,6%), sulla comunione ai divorziati (sì dal 50,1%) e sulle donne a celebrare messa (il 50,7%).
Il 55,4% dice no all’8 per mille per finanziare la Santa sede, anche se nel 2015 il 37% dei contribuenti ha scelto esplicitamente di devolverlo alla Chiesa cattolica (oltre un miliardo di euro di contributi).
Infine, l’81,6% ritiene che Bergoglio abbia ridato slancio alla Chiesa ma l’anno scorso erano l’89,6%.
Riguardo il rapporto tra Stato e Chiesa: il 40,6% della popolazione italiana giudica eccessiva l’interferenza ecclesiastica sulle questioni etiche (il 37,1% su quelle socio-politiche come scuola pubblica o privata, economia, ecc.), il 35,2% ritiene che la Chiesa intervenga nella giusta misura (il 31% lo pensa per quelle politiche) e solo l’8,9% crede che non sia ancora sufficiente (il 14,6% per le politiche sociali).
È interessante notare l’appartenenza politica di coloro che considerano appropriata la presenza della Chiesa nel dibattito sulle questioni socio-politiche: il 41,2% appartiene al centrosinistra
Se poi si entra nel merito dei temi più dibattuti attualmente, l’Eurispes rivela che è favorevole alla tutela giuridica delle coppie di fatto, anche omosessuali, il 67,6% degli italiani, in aumento rispetto al 2015 (64,4%) .
Favorevole al matrimonio gay il 47,8%, in aumento del 7% rispetto al 2015, mentre solo il 29% si dice d’accordo con la possibilità  per le coppie omoaffettive di adottare figli
La gestazione per altri è considerata pratica legittima invece per un numero più alto di italiani: il 38,5%.
Sale il consenso per la pillola abortiva Ru486 (dal 58,1% dell’anno scorso al 61,3% attuale), per il testamento biologico (che passa dal 67,5% del 2015 al 71,6% del 2016), per la legalizzazione di hashish e marijuana (dal 33% al 47,1%) e per la legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito (a favore, ma solo in presenza di malattie terminali, il 60%, ben il 4,8% in più rispetto al 2015).
La prostituzione perde invece consensi (dal 65,5% al 57,7%).
Qualcuno avvisi il Parlamento.

(da agenzie)

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ALTRO PETALO DEL GIGLIO MAGICO A PALAZZO CHIGI

Gennaio 29th, 2016 Riccardo Fucile

RENZI SISTEMA UN ALTRO AMICO A ROMA: SIMONE TANI, EX MANAGER A FIRENZE VA AL CIPE

Un altro fedelissimo del premier è in arrivo a Roma da Firenze. Simone Tani, legato a Matteo Renzi dai tempi in cui il capo del governo era segretario della Margherita, sta per ricevere un incarico al Cipe, il comitato interministeriale per la programmazione economica.
Attualmente Tani, 50enne, manager, è responsabile del piano strategico della città  metropolitana di Firenze.
E’ un altro fiorentino che si aggiunge alla squadra dei toscani fidati di cui il premier si è voluto circondare a Roma: dagli ‘angeli custodi’ Luca Lotti e Maria Elena Boschi, fino all’ormai famosa Antonella Manzione, capo dei vigili urbani a Firenze chiamata agli affari giuridici e amministrativi di Palazzo Chigi.
Nella cerchia del premier sperano che stavolta non ci siano polemiche, come quelle che si sono scatenate intorno all’idea di nominare Marco Carrai alla guida della cybesercurity di Palazzo Chigi: nomina sempre più in bilico da qualche giorno.
Anche perchè in passato Tani è stato spesso oggetto di polemiche, proprio per i suoi incarichi a Palazzo Vecchio.
Ex assessore alle aziende partecipate e strategie di sviluppo nella giunta comunale di Domenici (2000-2004), Tani è stato confermato a Palazzo Vecchio anche da Renzi, quando è stato eletto sindaco.
Non come assessore ma come dirigente di un ufficio che l’attuale premier creò appositamente per lui: per la “Attuazione del programma di mandato”.
Cosa che scatenò l’opposizione, come testimoniano le interrogazioni allora presentate. Era il 2010 e per Tani veniva contestata anche l’assunzione per chiamata diretta, senza concorso insomma. Una circostanza che lo ha visto nel mirino delle opposizioni anche recentemente.
Quando cioè l’attuale sindaco Dario Nardella gli ha assegnato, sempre per chiamata diretta, l’attuale incarico di responsabile del piano strategico della Città  metropolitana.
Ex dirigente dello sviluppo economico e innovazione prima della provincia di Firenze, poi del comune di Firenze, sempre al fianco di Renzi, ex manager alle risorse umane della General Electric, Tani sta per arrivare a Palazzo Chigi.
Dove sperano di evitare le polemiche stavolta, avendo messo da parte — così sembra per ora — la nomina del fidatissimo Carrai alla cybersecurity.

(da “Huffingtonpost”)

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L’EDILIZIA PUBBLICA NON BASTA: AIUTA SOLO 700.000 FAMIGLIE, UN TERZO DI QUELLE CHE HANNO BISOGNO

Gennaio 29th, 2016 Riccardo Fucile

RICERCA NOMISMA: 758.000 ALLOGGI IN GESTIONE: 86% ASSEGNATO, 14% SFITTA O OCCUPATA ABUSIVAMENTE… SONO QUESTI I PROBLEMI VERI DELL’ITALIA

L’edilizia residenziale pubblica è un salvagente troppo piccolo per dare sollievo a tutte le persone che avrebbero bisogno di una casa.
I dati di Nomisma, in un rapporto con Federcasa, parlano chiaro: soltanto 700mila famiglie riescono a usufruire degli alloggi pubblici, soltanto un terzo di chi vive una siutazione di disagio abitativo.
Ecco perchè il tema della casa si conferma uno dei più importanti da affrontare, come dimostra anche il dibattito intorno alle primarie del centro-sinistra a Milano.
“Al di fuori dell’edilizia residenziale pubblica esiste un disagio economico che ha coinvolto 1,7 milioni di nuclei familiari in affitto nel 2014”, si legge nella nota di Nomisma. Si tratta di famiglie che devono pagare d’affito più del 30% del loro stipendio, e quindi corrono sul filo della morosità  e di una “possibile marginalizzazione sociale”.
La ricerca precisa che “si tratta perlopiù di cittadini italiani (circa il 65%), distribuiti sul territorio nazionale in maniera più omogenea rispetto a quanto le recenti manifestazioni spingerebbero a far pensare. Se non vi sono dubbi che il fenomeno risulti più accentuato nei grandi centri, dall’analisi non sembrano emergere zone franche, con una diffusione che interessa anche capoluoghi di medie dimensioni e centri minori”.
Se questo è il bacino sul quale intervenire, i mezzi del pubblico sono spuntati: consentono di “salvaguardare poco più di 700.000 nuclei familiari, vale a dire un terzo di quelli che versano in una situazione problematica.
Rispetto al totale degli alloggi gestiti in locazione (circa 758 mila), nel 2013 risulta regolarmente assegnato l’86% degli alloggi su tutto il territorio nazionale (circa 652mila alloggi), mentre la restante quota del 14% risulta non assegnata o perchè sfitta o perchè occupata abusivamente”.
L’indagine, realizzata nella seconda metà  del 2015, dimostra che anziani a basso reddito sono le persone più fragili: “L’età  della persona di riferimento del nucleo familiare è tendenzialmente alta (il 28,3% supera i 75 anni, il 19,6% è compreso tra 65 e 75 anni) e ha un reddito molto basso (il 44,4% guadagna in un anno meno di 10.000 euro). I tempi di permanenza negli alloggi di edilizia pubblica sono abbastanza alti: il 49% vive lì da oltre 20 anni, il 28% da oltre 30 anni”.
Per Luca Dondi, direttore generale di Nomisma, “una risposta seria, convincente e necessariamente pubblica al tema del disagio abitativo dovrebbe rappresentare un obiettivo ineludibile di un’azione di governo effettivamente riformatrice”.

(da “La Repubblica”)

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