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ORA E’ CERTIFICATO: DEI DIRITTI CIVILI NON FREGA NULLA SIA A RENZI CHE A GRILLO

Febbraio 22nd, 2016 Riccardo Fucile

GUARDANDO COME LE UNIONI CIVILI SONO REGOLATE IN EUROPA, SI CAPISCE CHE L’ITALIA E’ UN PAESE DA TERZO   MONDO DOVE ANCHE UNA LEGGE DI BUON SENSO COME LA CIRINNA’ VIENE BOICOTTATA PER UN PUGNO DI VOTI

Mentre in Italia le forze politiche si dividono sulla stepchild adoption, ovvero l’articolo 5 del disegno di legge Cirinnà  che prevede l’adozione da parte del partner del figlio naturale del “coniuge”, in molti Paesi europei dove vige il matrimonio gay o anche solo le unioni civili è consentita l’adozione tout court, come avviene per le coppie eterosessuali.
In alcuni casi l’adozione è stata approvata prima dei matrimoni gay. In altri casi è presente la stepchild adoption. Ma vediamo la situazione Stato per Stato.
Olanda.
È consentita l’adozione congiunta di minori per coppie gay dal 2001, grazie alla legge che nello stesso anno ha aperto la strada al matrimonio omosex.
Belgio.
Adozione consentita dal 2006, mentre il matrimonio omosex è stato approvato nel 2003.
Norvegia.
Dal 2006 le coppie gay possono sposarsi, adottare e fare ricorso alla fecondazione assistita.
Svezia.
L’adozione per le coppie gay anche non sposate è legale dal 2003. Il matrimonio omosex è stato invece introdotto solo nel 2009, con la benedizione da parte della Chiesa luterana, cui fanno riferimento il 70 per cento dei fedeli.
Danimarca.
L’adozione congiunta da parte delle coppie gay è in vigore dal giugno 2006. La Danimarca è stato il primo Paese al mondo a dare il via libera alle unioni civili, nel 1989, cui poi è seguito il matrimonio. Sono escluse dalla legislazione le Isole Faroe e la Groenlandia, dove è prevista la stepchild adoption.
Spagna.
Dal 2005 per le coppie gay è possibile sposarsi e anche adottare figli. Possono inoltre adottare anche le coppie omosex non sposate e i single omo ed etero.
Francia.
L’adozione di bambini da parte di coppie gay è legale dal maggio 2013, come anche il matrimonio. È anche prevista l’adozione da parte di single gay e da coppie solo conviventi. La possibilità  di adottare congiuntamente minori non è consentita alle coppie conviventi, che però possono beneficiare nelle norme del codice civile che consentono a qualsiasi genitore la possibilità  di delega totale o parziale della potestà  genitoriale in favore del partner.
Regno Unito.
Dal 2002, con l’Adoption and children act, l’adozione da parte di coppie omosex è legale in Inghilterra e Galles. Nel 2013 è entrato in vigore anche il matrimonio gay. Dal 2002 al 2013 il bambino adottato risultava figlio del genitore single. La Scozia e l’Irlanda del Nord hanno allineato la propria legislazione a quella inglese rispettivamente nel 2006 e nel 2013. Prima vigeva comunque la stepchild adoption.
Irlanda.
Nell’aprile 2015 è stata approvato il Children and Family Relationship Bill, la legge che regolamenta l’adozione da parte dei genitori dello stesso sesso uniti civilmente. Un mese dopo, in seguito a un referendum popolare vinto con il 62 per cento, è stato introdotto anche il matrimonio gay.
Austria.
L’adozione per le coppie gay unite civilmente è prevista dal gennaio 2015. Prima era possibile solo la stepchild adoption.
Germania.
Qui non esiste l’adozione congiunta, ma dal 2005 è consentita la stepchild adoption. Dal 2013 l’adozione è consentita anche per il figlio adottivo del partner, non solo per quello biologico.
Portogallo.
Dal 2010 esiste il matrimonio gay e proprio mercoledì il parlamento di Lisbona ha superato il veto imposto finora dal presidente Cavaco Silva alla legge che autorizza le adozioni per le coppie omosessuali, approvata lo scorso 18 dicembre. Il presidente uscente Anibal Cavaco Silva entro otto giorni dovrà  promulgare il provvedimento.
Croazia.
La legge prevede un meccanismo simile alla stepchild adoption chiamato “Partner guardianship”, per il quale il genitore non biologico unito civilmente può acquisire responsabilità  genitoriali temporanee o permanenti.
In Italia invece il prode Renzi, abituato a mettere la fiducia sulle norme che interessano i suoi referenti finanziari, in questo caso lamenta di “non avere una maggioranza”al Senato.
In realtà  l’avrebbe, anche se il margine è di una decina di voti.
Ma pensate che sull’inutile (per i lavoratori, non per lui) Jobs Act non sarebbe andato alla guerra? Invece per i diritti civili sai che gli frega.
Come peraltro a Grillo e a Casaleggio   che hanno pensato bene di innestare la retromarcia quando avrebbero potuto intestarsi una battaglia vincente.
Ora anche la stessa Cirinnà  dice che in   fondo è meglio così di nulla, peccato che fino a ieri avesse detto che questa era la soluzione minima, limata in due anni di mediazioni.
Ci fosse mai un leader con le palle, capace di mettere la fiducia sull’intero provvedimento e dire: “Ora vediamo chi vuole far cadere il governo e andare a casa”.
Ve l’immaginate Alfano, che ha più ministri che voti, immolarsi per le adozioni?
Non parliamo poi della presunta   destra: per coerenza potrebbero proporre di spostare le cabine elettorali dai complessi scolastici alle parrocchie.
Evviva lo stato laico…
Finisce che rimpiangiamo Marine Le Pen che si è ben guardata da prendere mai parte ai Family day e ha un vice dichiaratamente gay (forse per quello arriva al 30% ?)
Qua siamo ancora alle processioni con l’inchino della statua della Madonna davanti alle case dei boss: non a caso sono per la “grande famiglia”.
Tutti a messa la domenica e a contrattare i trans sui viali alberati durante la settimana.
E qualcuno poi si perde pure…

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ROMA RESUSCITA ANCHE STORACE: “LA MELONI? MA SE NON HA PRESO NEANCHE IL 4%”

Febbraio 22nd, 2016 Riccardo Fucile

CONTINUA LA GUERRA PER BANDE: “BERTOLASO E’ SOTTO PROCESSO, L’UNICO CANDIDATO DI DESTRA SONO IO”

Nella guerra per bande che attraversa il centrodestra romano, riemerge Francesco Storace che certifica: “L’unico che ha militato a destra sono io”.
Magari dimentica i   danni che ha fatto e i continui ritorni e servigi a palazzo Grazioli, ma la ritrovata alleanza con Alemanno e l’endorsement di Fini, pare gli abbiano ridato vitalità  (la credibilità  è altra cosa)
E così in una intervista a “il Tempo” dice: «Sono contento di come stanno andando le cose».
Contento del cupio dissolvi del centrodestra?
«La colpa è di chi sta sbagliando tutto, cioè il centrodestra».
Ce l’ha più con Silvio Berlusconi o Giorgia Meloni?
«Il primo responsabile è Berlusconi. La Meloni ormai pratica la cultura dell’obbedienza. Non mi vogliono e poi chiedono unità , ma come fanno?».
La Meloni dice che lei si è candidato quattro volte e ha sempre perso. Lo fa solo per ottenere una poltrona.
«Avesse detto che lo faccio per un seggio da parlamentare la capirei… Stiamo parlando del Consiglio comunale. E poi, scusi, che pretende di nominarmi lei? Siamo davanti a un modo isterico di fare politica. Quanto alle sconfitte, nel 2013 dopo Fiorito e Polverini non avrebbe vinto neppure Gesù Bambino. E la Meloni l’anno dopo, nel 2014, ha perso le europee non raggiungendo il quorum, il 4%».
Perchè la leader di Fratelli d’Italia la attacca?
«Per insicurezza, basta guardare il suo rapporto con Salvini. La Meloni ha sbagliato tutto. È uscita dal Pdl chiedendo le primarie e ora non le vuole fare. Ha posto la questione morale e si trova un candidato a processo».
Perchè Bertolaso non le piace?
«Perchè è di sinistra, non è un dettaglio. Tra tutti i candidati l’unico ad aver militato nella destra sono io. Vorrei capire perchè non vado bene».
Cosa avrebbe fatto al posto del Cav?
«Sarei saltato sulla mia candidatura. Bertolaso parla delle Olimpiadi e dimostra ancora di avere qualche problema con le gare. Cita Giuliani? Ho detto le stesse cose giorni prima. Io comunque vado avanti, stanno nascendo comitati in tutta Roma».
La Meloni dice che i pezzi di FdI che la sostengono è gente di Alemanno.
«Io ho fatto opposizione cinque anni ad Alemanno. Lei invece con chi stava? Se nel 2008 Gianni non avesse vinto, Giorgia non avrebbe fatto il ministro. E se nel 2013 fosse rimasto in Campidoglio, FdI avrebbe continuato ad avere assessori e uomini nelle municipalizzate. Come fa a fare finta di non conoscerlo? Non si può sempre rinnegare tutto».
Nel 2008 disse: «Se vinco prendo una ruspa e mi butto contro il primo campo nomadi che incontro». In tanti anni non è stato fatto nulla.
«Ma mica ho governato io. E oggi la ruspa la evoca Salvini… Se vinco in sei mesi risolvo il problema».
Pronto il programma?
«È una cosa seria, c’è tempo. Alcune cose però possiamo dirle. Sulle municipalizzate spazziamo via i Cda: gli amministratori devono avere un rapporto diretto col sindaco. Bisogna ricucire il rapporto con i dipendenti: i 300 euro di salario accessorio vanno difesi perchè servono a riempire il frigo. Il debito non può essere un alibi: ci sono migliaia di romani che hanno vinto un concorso nel 2010 e devono essere assunti. I dipendenti comunali non sono troppi: in pianta organica il buco è di ottomila unità . Stesa cosa vale per i vigili: sono sotto organico, bisogna sbloccare il concorso».
Altre proposte?
«Illuminazione in tutta la città  per garantire la sicurezza, altro che la spending review di Monti. E poi Roma deve diventare una città  Regione con poteri legislativi. Giachetti e Morassut hanno perso un’occasione: potevano porre il tema nella riforma Boschi. Roma deve andarsi a prendere tutti i poteri che può dalla Regione, anche forzando la mano».

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BERTOLASO RIESCE A FAR ARRABBIARE GLI AQUILANI: “MA NON TI VERGOGNI?”

Febbraio 22nd, 2016 Riccardo Fucile

IN UNA LETTERA I COMITATI RICORDANO “TUTTI I DANNI, LE SPECULAZIONI E LE INGIUSTIZIE” CHE L’EX CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE HA CAUSATO ALLA CITTA’

A poco più di 40 giorni dal settimo anniversario del sisma che ha devastato L’Aquila, alcuni comitati e associazioni locali scrivono una lettera aperta ai romani per raccontare “tutti i danni, le speculazioni e le ingiustizie che ha causato Guido Bertolaso sul territorio”.
“Bertolaso ma non ti vergogni neanche un po’?”, in merito alla sua candidatura a sindaco della capitale.
Tutto questo, mentre Guido Bertolaso al videoforum di Repubblica Tv definiva Roma “una città  terremotata da ricostruire, non me ne vogliano i cittadini aquilani”.
Nella missiva si parla, per capitoli, di “menzogne, repressione, speculazione e ipocrisia”.
Tra le prime trova collocazione l’organizzazione all’Aquila, il 30 marzo 2009, della Commissione Grandi Rischi, per “effetto della quale molte persone sono rimaste serene nelle proprie case la notte del terremoto”, poi “la grottesca idea del G8” e “la favola ‘dalle tende alle case'”.
“Fin da subito dopo il terremoto – si prosegue – Bertolaso, commissario per l’emergenza, ha utilizzato i suoi poteri per ostacolare in tutti i modi la partecipazione della popolazione, vietando assemblee e volantinaggi nelle tendopoli, trasferendo metà  della popolazione in altre regioni, e reprimendo ogni tipo di protesta, grazie alla complicità  del prefetto e vice commissario Franco Gabrielli”.
“Con le palazzine del Progetto Case e le sue 19 ‘new town’ – scrivono comitati e associazioni – Bertolaso ha contribuito alla devastazione del territorio aquilano, occupando 460 ettari fuori città  e favorendo, grazie alla deroga sugli appalti dovuta all’ emergenza, le imprese che hanno costruito tali alloggi ad un costo intorno ai 3mila euro a metro quadro. Dopo cinque anni in alcuni di questi sono crollati i balconi e senza che ci fosse bisogno di un terremoto”.
“L’ex capo della Protezione civile chieda scusa a tutti gli abitanti dell’Aquila che, purtroppo, sanno cosa significa vivere in una vera città  terremotata .Bertolaso non faccia sciacallaggio mediatico sui terremotati per qualche voto in più.”

(da agenzie)

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PIÙ AMBIZIONI CHE SUCCESSI: DUE ANNI DI GOVERNO RENZI SUI GIORNALI STRANIERI

Febbraio 22nd, 2016 Riccardo Fucile

“BENE LE RIFORME, MA LA STELLA STA RAPIDAMENTE SBIADENDO”

In due anni Matteo Renzi è riuscito a dare all’Italia ciò di cui aveva bisogno?
Provano a chiederselo alcuni giornali stranieri, come Guardian, Figaro, Irish Times e altri nel tracciare un bilancio sul mandato del premier fiorentino.
Quasi tutte le testate straniere che hanno deciso di commentare il percorso del nostro governo concordano nella riuscita di Renzi su alcuni passaggi principali – in primis le riforme – ma la paura è che la stella di Matteo, piena di ambizioni, stia con il passare dei giorni a Palazzo Chigi lentamente “sbiadendo”.
Per Figaro “Il ‘super-riformista’ Renzi scuote l’Italia”. Il giornale francese dice che il premier italiano “ha fatto percorrere più strada all’Italia negli ultimi due anni che nei trent’anni precedenti”. Anche però si chiede se durerà  a lungo. “E se la stella di Matteo Renzi stesse impallidendo?”, scrive il giornale, aggiungendo che oggi il governo si trova a dover “fronteggiare una crescita ancora debole”.
L’Irish time concorda con la spinta propulsiva di Renzi soprattutto sulle riforme ma teme che, in una marea di “promesse”, il successo del premier rimanga pallido rispetto alle ambizioni italiane di crescita e sviluppo
Analisi più approfondita sul Guardian che per decretare o meno la riuscita dei due anni renziani ha spacchettato gli obiettivi del governo italiano fra quelli “raggiunti” e “non raggiunti”: più o meno un pareggio.
Per il quotidiano britannico Renzi è riuscito a rafforzare l’economia del paese (“in crescita anche se a un ritmo lento”) grazie anche all’aiuto a distanza di un altro italiano, il presidente della Bce Mario Draghi.
Positivo anche il giudizio sulle riforme e i segnali di progresso in tal senso. Anche la credibilità  dell’Italia all’estero, nel dopo Berlusconi, per il Guardian è “cresciuta grazie a Renzi” (vedi Expo).
Altri due punti a favore del presidente del consiglio sono le “politiche sulla diversità  di genere” (l’impegno per le il ruolo delle donne in particolare) e la voce forte di Renzi nei confronti dell’Ue nelle politiche anti austerity.
Proprio dall’Ue però inizia, per il Guardian, una serie di negatività  da accostare al successo renziano.
Fra questi ad esempio l’incapacità  di Matteo di contenere o esaminare le polemiche anti austerity e il crescente “populismo anti-Ue”.
Secondo punto, in fase di discussione in Aula in questi giorni, è quello sulle unioni civili. “L’Italia è l’unico grande paese nella parte occidentale d’Europa che non risconosce unioni civili o matrimoni gay”.
Il ddl Cirinnà  sarà  dunque, per il Guardian, ago della bilancia per capire se in tema di diritti “Renzi riuscirò a modernizzare l’Italia”.
Infine, altri tre passaggi dolenti sottolineati dagli inglesi: la crisi dei migranti, la situazione delle banche e il Sud Italia.
Questi tre macro temi sono, a detta del quotidiano britannico, i tre talloni d’Achille del premier.

(da “Huffingtonpost”)

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WALL STREET JOURNAL: RENZI DA UN MESE HA PERMESSO L’UTILIZZO DI SIGONELLA PER I DRONI ARMATI USA MA SENZA FARLO SAPERE AGLI ITALIANI

Febbraio 22nd, 2016 Riccardo Fucile

IL GOVERNO NON SMENTISCE

Il governo italiano il mese scorso ha dato il via libera alla partenza di droni armati statunitensi dalla base siciliana di Sigonella per operazioni militari contro lo Stato islamico in Libia e in Nord Africa.
Lo riferiscono fonti ufficiali Usa citate dal Wall Street Journal, secondo cui si tratta di una svolta dopo oltre un anno di negoziati.
La luce verde di Roma, riferisce il quotidiano, è arrivata a una condizione: possono essere usati “solo a scopo di difesa, per proteggere le operazioni delle forze speciali Usa in Libia”:
Dal 2011 gli Stati Uniti stanno cercando di convincere il governo italiano a dare all’esercito Usa la possibilità  di far decollare droni dalla base di Sigonella anche per azioni di attacco, come quella condotta venerdì scorso contro un campo di addestramento del gruppo dello stato islamico in Libia.
Ma come ricorda il Wall Street Journal, il governo italiano continua a essere scettico su questa possibilità  temendo una forte opposizione anti-guerra interna al paese. Soprattutto perchè ci potrebbero essere errori che magari coinvolgono civili.
Per ora gli uomini vicino a Matteo Renzi non hanno commentato.
Fino al mese scorso – e dal 2011 – i droni in partenza da Sigonella venivano usati solo per compiti di sorveglianza.
Il Wall Street Journal sottolinea però che la concessione italiana arriva proprio in un momento fondamentale della guerra contro il gruppo dello stato islamico. L’amministrazione Obama infatti sta prendendo in considerazione una strategia più globale nei confronti dei miliziani dell’Isis in Libia, che peraltro negli ultimi mesi sono raddoppiati arrivando a quota 6.500.
Secondo gli stessi funzionari americani, questa volontà  potrebbe portare ad una campagna in cui una piccola coalizione conduce attacchi aerei sostenuti sul campo dal lavoro congiunto delle forze specializzate e di quelle libiche.
Di sicuro nè gli Stati Uniti, nè gli alleati (Italia, Francia, Regno unito) vogliono iniziare una guerra sul campo contro l’Isis.
E per questo gli sforzi si stanno concentrando (con l’aiuto delle Nazioni Unite) sulla formazione di un governo di unità  nazionale che renda il paese più stabile, sulla formazione dell’esercito del paese e infine su raid aerei contro i centri di potere dei terroristi in nordafrica.
Sia il Regno Unito che la Francia hanno detto pubblicamente che contribuiranno alla missione in Libia solo quando ci sarà  un governo di unità , mentre l’Italia ha fatto capire che potrebbe mandare 5.000 militari solo allo scopo di stabilizzare il paese.
Ma finora il governo libico – nonostante gli sforzi internazionali – non è ancora nato.

(da “Huffingtonpost”)

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IL LEGHISTA TEME MARONI: “SE SCAPPI, BOBO MI SPARA”

Febbraio 22nd, 2016 Riccardo Fucile

COSI’ PARLAVA LONGO CON L’AFFARISTA LO RUSSO… A CACCIA DEL TESORO A PANAMA

Passi pure per le tangenti. Il giochetto non è complicato. Le difficoltà  arrivano dopo, perchè gestire i “soldi sporchi” non è facile.
Il leghista Mario Longo ne parla con Stefano Lorusso affarista con residenza in Florida.
Le telefonate fotografano il sistema mettendo sul banco un bel risiko di nomi. Il presidente Bobo Maroni non è mai palesemente legato dagli investigatori alla rete di società  estere, eppure il suo nome compare due volte in un’unica intercettazione.
Nulla di penalmente rilevante, ma ci sono pochi dubbi sul fatto che quando gli interlocutori citano il governatore stanno discutendo di scudi e soldi da occultare dentro a scatole cinesi.
Dalla Svizzera, agli Usa a Panama.
Soldi, ma anche nuovi finanziamenti alla politica. Come i 100 mila euro “in nero” finiti per la campagna di Flavio Tosi, o i 5 mila che, secondo Longo, il gruppo di Diana Bracco, vicepresidente di Confindustria e presidente di Expo (oggi a processo per evasione fiscale), ha dato alla Lega.
Punto dopo punto, ecco i passaggi contenuti nell’ultima informativa del luglio 2015 agli atti dell’inchiesta Smile sulla sanità  lombarda e gli appalti per l’odontoiatria coordinata dai pm di Monza e che martedì ha portato in carcere, oltre a Longo e Paola Canegrati, il consigliere regionale Fabio Rizzi, fedelissimo di Maroni.
Il fiduciario e il mistero dei conti del presidente
Il 17 luglio 2014 Mario Longo e Stefano Lorusso sono in auto. “Parlano delle società  estere”.
A Longo preme monetizzare gli affari. “Io — dice — ti chiedo: quanto prendo?”. Anche perchè “a te creo il business e poi tu attraverso la nostra società  lo operi”.
Longo è concreto. Teme che Lorusso lo possa fregare.
Spiega: “Una società  che fa contratti per milioni di euro, voglio dire (…) se un giorno scappi poi sparano nel culo a me Maroni e Fabio (Rizzi, ndr) pertanto devo essere sicuro che tu non scappi”.
Il passaggio è oggettivo. Longo quando accenna al presidente della Regione parla di denaro.
Lorusso lo rassicura: “Il bello di lavorare in America è fatturare quello che vuoi (…) se dici: ho bisogno di prendere 80 mila dollari black in contanti a Milano, si può fare”. Rassicurato, Longo dice: “Io sono uno da grandi progettualità  però le parti pratiche le devi fare tu. Nella mia testa si sta aprendo un canale: in questi anni la mia carriera è cresciuta (…), perchè quando Bossi doveva parlare con Moratti chiamava me (…), io sono all’interno del meccanismo della politica”.
Poi il piano: “Dobbiamo creare un’agenzia che rimane virtuale, nel senso che la More Than Lux (società  Usa, ndr) è quella pratica, nella quale col sistema tuo dei paraculi, mio della politica, gestiamo tutti i collaterali”.
Lorusso progetta di prendere la società  americana e infilarla in una panamense che “è invisibile”. Anche perchè “non vi potete permettere che venga fuori (…) che avete preso una fattura di 100 mila dollari per una consulenza”.
Per questo sconsiglia Longo di mettere la sua compagna come amministratrice. Il rischio è che arrivi qualche “pierino” e dica: “Aaaah la dottoressa Bonfiglio che è co-amministratrice della società  (…), ma la Dottoressa Bonfiglio non è la donna del…”.
Segreteria “pigiamina” e il ricatto a Rizzi
Il nome del presidente della Regione Lombardia viene legato anche a un’altra sigla estera.
Dice Lorusso: “In quella in Lussemburgo non c’è dentro Maroni?”. Longo risponde con un “Eh…”.
La società  sarà  al centro di un caso interno alla “cricca leghista”. Tra i primi soci, emerge dalle intercettazioni, c’è Francesca Bariggi (non indagata) segretaria personale di Rizzi soprannominata “pigiamina”.
Nel 2014 il rapporto con Longo e compagnia si deteriora. La “pigiamina” parlerebbe male di loro. Sospettano e anzi dicono di essere certi che “Rizzi è ricattato da lei”.
La conferma arriva dall’ambientale tra la donna e Rizzi. Dice la segretaria: “Le mezze telefonate come le ho sentite io che dicono tutti che Mario sta lì per altri interessi”.
Le ripete: “Mi devi dare i soldi, mi devi pagare, oh le ho sentite io!”.
Per questo Rizzi spiega al suo entourage: “Il Lussemburgo è l’anello debole”. Deve essere chiuso, dopo che la Bariggi sarà  liquidata “perchè — spiega Longo — quando lei non c’ha più un cazzo, non gliene frega niente. Quando tu l’hai cacciata via questa è libera (…) può dire: ‘Me l’hanno fatta fare, perchè io, poi, quando ho visto (…) sono uscita’. E le danno pure un premio”.
L’ultimissima annotazione dei carabinieri mette sul tavolo anche nuove ipotesi di finanziamento a partiti e politici.
Sono altri due rispetto a quelli già  noti di lady dentiera Canegrati per Rizzi e Tosi (10 mila euro).
Ed è proprio il sindaco di Verona che, secondo gli investigatori, riceve altri 100 mila euro attraverso la mediazione di Lorusso. Spiega Longo: “Alessandro Albano (leghista piemontese, ndr) gli ha dato 100 mila euro in nero da convertire per la campagna elettorale di Tosi”.
Bracco, i 5 mila euro per il Carroccio
Non è finita. Nelle rete delle intercettazioni resta il nome del gruppo di Diana Bracco, vicepresidente di Confindustria. Scrivono i carabinieri: “Longo dice che un’azienda come la Bracco non può sposare un solo partito ma deve foraggiare tutti e dice che a loro (…) qualcosa ha dato, 5.000 euro per la campagna elettorale”

Davide Milosa
(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL SOCIOLOGO RICOLFI: “RENZI NON CAPISCE LE STATISTICHE”

Febbraio 22nd, 2016 Riccardo Fucile

“PRECARIATO AI MASSIMI STORICI E RIPRESA MODESTRA: SU 764.000 CONTRATTI IN PIU’ 578.000 SONO TRASFORMAZIONI, NEL 2012 ERANO DI PIU'”…”IL VERO DRAMMA SONO 3 MILIONI DI ITALIANI CHE LAVORANO SENZA CONTRATTO E ALTRI 3 MILIONI CHE HANNO SMESSO DI CERCARE UN POSTO”

Il precariato è al massimo storico, la ripresa occupazionale è modesta, la narrazione del governo è “al servizio della conservazione del potere”.
E’ questo il bilancio che Luca Ricolfi, sociologo e docente di analisi dei dati all’Università  di Torino, traccia del Jobs act un anno dopo l’entrata in vigore dei primi decreti della riforma.
Il capo del governo “sembra non comprendere il significato delle statistiche di cui parla”, attacca il professore mentre Matteo Renzi si appresta proprio lunedì, a 24 mesi dal suo insediamento, ad andare in visita alla Walter Tosto, azienda che produce macchinari per il settore petrolifero e “ha assunto con il Jobs Act”.
Una settimana fa il premier aveva esultato per i 764mila contratti stabili in più certificati dall’Inps, ma l’interpretazione di quei dati fornita da Ricolfi è decisamente diversa.
Il governo sta celebrando i suoi due anni di mandato. Anche il ministero del Lavoro ha pubblicato una presentazione dove rivendica le “buone cose per il nostro Paese”, dal Jobs act a Garanzia giovani. Che idea si è fatto della narrazione che l’esecutivo sta facendo sui numeri del lavoro?
Questo è un governo come gli altri. Narrava Berlusconi, narrava Prodi, narrava Monti, narrava Letta. E le loro narrazioni erano implacabilmente al servizio della conservazione del potere, non certo della verità . Perchè dovrebbe essere diverso sotto Renzi?
Lo slogan utilizzato dal governo per il Jobs act è: “Meno precarietà , più lavoro stabile”. Il Jobs act è stato in grado di ridurre l’occupazione precaria?
No, durante il 2015 il tasso di occupazione precaria, ossia la quota dei lavoratori dipendenti con contratti temporanei, ha raggiunto il massimo storico da quando esiste questa statistica (dal 2004), superando il 14%. Bisogna dire, tuttavia, che da settembre dell’anno scorso il tasso di occupazione precaria ha cominciato a ridursi, sia pure di pochi decimali.
Dopo gli ultimi dati Inps sui contratti, Renzi ha commentato: “+764mila contratti stabili nel primo anno di #jobsact. Amici gufi, siete ancora sicuri che non funzioni?”. L’aumento del tempo indeterminato è merito del Jobs act o degli sgravi?
Renzi sembra non comprendere il significato delle statistiche di cui parla. I 764mila posti stabili in più sono la somma fra il numero delle trasformazioni (578mila) e il saldo fra assunzioni e cessazioni (186mila). Per quanto riguarda le trasformazioni, è vero che quelle del 2015 sono state molte di più di quelle del 2013 e del 2014, ma se risaliamo anche solo al 2012 (l’anno di Monti) le trasformazioni erano state oltre 600mila, ossia un po’ di più di quelle vantate dal governo per il miracoloso 2015. E questo nonostante quello di Monti sia stato un anno di recessione. Resterebbe il saldo di 186mila contratti stabili in più. Duecentomila occupati stabili in più non sono tantissimi, ma comunque sono un progresso rispetto alle dinamiche degli anni scorsi.
A che cosa sono dovuti?
Per ora posso solo esprimere un’opinione: il contratto a tutele crescenti è molto meno importante della decontribuzione, e la modesta ripresa occupazionale in atto si deve innanzitutto al fatto che il Pil è tornato a crescere, più che a specifiche norme volte a favorire l’occupazione. Ma forse la misura più incisiva varata negli ultimi due anni è quella di cui nessuno parla.
Quale misura?
Il decreto Poletti del marzo 2014, che liberalizzava le assunzioni a termine, permettendo molteplici rinnovi. Questa misura va in direzione opposta a quella del Jobs Act, perchè incentiva le assunzioni a tempo determinato. Quando si fa un bilancio del 2015 bisognerebbe considerare anche il saldo dei contratti precari (420mila), non solo di quelli stabili (186mila). L’aumento del tasso di occupazione precaria registrato dall’Istat si spiega con l’esplosione delle assunzioni a tempo determinato, che a sua volta potrebbe essere stato favorito dal decreto Poletti. Che poi una parte dei contratti a termine siano stati trasformati in contratti stabili non basta a modificare la dinamica profonda del mercato del lavoro. Alla formazione di posti di lavoro stabili si è affiancata una formazione di posti di lavoro precari, di cui si ha meno voglia di parlare.
Finora è valsa la pena di spendere gli 1,8 miliardi di euro della decontribuzione per raggiungere questi risultati?
No, non ne è valsa la pena, anche perchè i miliardi sono almeno 12: il costo della decontribuzione è stato valutato in 5 + 5 miliardi nel biennio 2016-2017.
C’è il rischio che il mercato del lavoro sia stato drogato dagli incentivi? E che l’occupazione si sgonfi quando verranno meno?
E’ quello che temiamo tutti. Il test decisivo sarà  il primo trimestre del 2016, i cui dati saranno disponibili a maggio. A quel punto si scoprirà  se la modesta crescita di occupazione registrata nel corso del 2015 proseguirà , magari rafforzandosi, o si sgonfierà , perchè era artificialmente sostenuta dagli incentivi. L’unica cosa che mi sento di dire, per ora, è che l’ultimo mese del 2015 ha pienamente confermato la profezia che fece Tito Boeri, e cioè che le assunzioni si sarebbero concentrate all’inizio e alla fine del 2015. Insomma, quella del 2015 potrebbe rivelarsi una piccola “bolla occupazionale”. Ma speriamo di no…
Quanto hanno influito i fattori macroeconomici (basso prezzo del petrolio, cambio euro/dollaro favorevole, quantitative easing) sul mercato del lavoro italiano?
Secondo la maggior parte degli studiosi i tre “propulsori” esogeni della nostra economia dovevano portare almeno 1 punto di crescita del Pil in più. Dato che, invece, siamo cresciuti solo dello 0,7%, vuol dire che senza quella spinta il nostro Pil avrebbe continuato a scendere anche nel 2015. Ma noi preferiamo raccontarci che “l’Italia ha svoltato”.
Quali misure servono per una ripresa strutturale del mercato del lavoro?
Una misura, il Job Italia, l’avevo proposta un paio di anni fa, come Fondazione David Hume e come La Stampa, ai tempi in cui scrivevo sul quotidiano torinese. L’idea è piuttosto semplice. Se prevediamo una decontribuzione ancora più forte di quella introdotta nel 2015, ma diamo il beneficio solo alle imprese che aumentano l’occupazione, creiamo abbastanza posti di lavoro aggiuntivi da rendere autofinanziante il provvedimento: più posti di lavoro, infatti, significano più reddito, e più reddito significa più gettito fiscale. Però l’idea del Job Italia non era “combattere il dramma dell’occupazione precaria”. Il “dramma dei precari” è una costruzione mediatico-politica, molto di moda da una decina d’anni, che è stata usata per nascondere il vero dramma di questo paese.
Quale dramma?
Il dramma dell’Italia non è che meno di 3 milioni di persone lavorino con contratti a tempo determinato, ma è che una cifra analoga se non superiore di lavoratori, spesso immigrati, lavorino completamente senza contratto, che altri 3 milioni di persone cerchino un lavoro senza trovarlo, e altri 3 milioni ancora un lavoro manco lo cerchino, perchè hanno perso la speranza di trovarlo. Ho chiamato Terza società  questo esercito di 10 milioni di persone di cui nessuno si occupa, e che fanno la vera differenza fra l’Italia e la maggior parte dei Paesi avanzati.

Stefano De Agostini
(da “il Fatto Quotidiano“)

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ANCHE “AZZURRA LIBERTÀ” DIVORZIA DA SILVIO: I GIOVANI DI FORZA ITALIA LASCIANO IL PARTITO

Febbraio 22nd, 2016 Riccardo Fucile

DURA CRITICA ALLA VITA PRIVATA E ALLA CONDOTTA POLITICA DI BERLUSCONI: “CI SENTIAMO TRADITI”… SE NE SONO ACCORTI SOLO ORA?

I giovani di Forza Italia dicono addio a Silvio Berlusconi.
Il Movimento giovanile “Azzurra Libertà “, formato da circa 3 mila ragazzi tra i 18 e i 28 anni, ha annunciato in un comunicato la separazione dalle linee di Forza Italia.
“Alla base della decisione – spiega il presidente Andrea Zappacosta – l’influenza negativa della vita privata del Presidente Berlusconi sull’attività  politica del partito, l’assenza di una reale volontà  di costruire un progetto al fianco dei giovani, nonostante i ripetuti tentativi fatti dal Movimento per ricercare una collaborazione fattiva con la vecchia classe dirigente e, infine, l’impossibilità  di condividere ulteriormente la linea politica assunta da Forza Italia, in particolare il mancato sostegno alle riforme proposte dal Governo Renzi, a loro tempo sottoscritte dal partito di Berlusconi”.
Il presidente di Azzurra Libertà  sottolinea che i giovani si sentono “traditi da una Forza Italia e da un Presidente Berlusconi che in privato sono l’esatto opposto di ciò che vogliono apparire in pubblico. Un partito che, a nostre spese, abbiamo scoperto essere interamente dominato dagli interessi e dalla trambusta vita privata di un leader, cosa che impedisce un morale e sano sviluppo dell’attività  politica dei giovani”.
Per Azzurra Libertà  non è tuttavia il capolinea.
“Rimarremo impegnati in politica continuando a promuovere i valori di tutti i giovani che, come noi, intendono avvicinarsi alla politica attiva. Nei prossimi giorni decideremo insieme a tutti gli aderenti in quali forme continuare il nostro impegno e se esistono compagni di strada affidabili per condividere i principi in cui ci riconosciamo”.

(da “Huffingtonpost”)

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BERTOLASO SVELA: “FU SALVINI A DIRMI ‘PUNTO SU DI TE””

Febbraio 22nd, 2016 Riccardo Fucile

LE COMICHE DEL VOLTAGABBANA: ORA BERTOLASO NON VA PIU’ BENE CON LA SCUSA DELLA RUSPA

La candidatura a sindaco di Roma di Guido Bertolaso, appoggiata da Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, deve superare più di un’ostilità  interna al centrodestra: dalle perplessità  di Matteo Salvini alla concorrenza di Francesco Storace e Alfio Marchini, che aspirano entrambi al Campidoglio. E allora qual è il piano dell’ex capo della Protezione civile?
Guido Bertolaso, ospite del videoforum di Repubblica Tv, risponde alle doamnde della giornalista
I romani devono esprimersi nei gazebi di Salvini.
Vedremo quanti andranno e cosa diranno. Temo che andranno quelli vicini ad altri candidati. Ma è ammissibile, siamo in democrazia.
Passo indietro: come si è arrivati alla sua candidatura?
Ero stato in Sierra Leone, medici cattolici me lo avevano chiesto. C’ero già  stato per l’ebola. Quest’anno dovevo governare un reparto di pediatria con 130 bambini. Rientrato poco dopo le feste, sono stato prelevato direttamente in aeroporto e accompagnato da Berlusconi. Sequestrato. Ho visto Silvio, mi ha chiesto la disponibilità . Io ho posto come condizione che vi fosse ampio consenso nel centrodestra. Mi sembrava una buona idea.
Lei ci riflette, poi ha un problema familiare e sembra propendere per il “no”. Poi il problema si allevia e torna sulla sua decisione. Intanto arriva anche il “sì” della Meloni, non quello di Salvini. Ma con Salvini si era sentito?
Ero a Londra, contento della fase positiva della vicenda familiare. Non pensavo più alla candidatura, ma tutti e tre, Berlusconi, Meloni e Salvini, me lo hanno chiesto, insieme. E ho parlato con Meloni ma anche con Salvini. “Caro Matteo, mi lusinga che tu mi abbia indicato. Ci sono problemi da risolvere”. E lui: “Sì, punto su di te per vincere”. Allora ho chiamato Silvio e ho detto: “ok”.
Ma poi lei rilascia un’intervista a Radio Capital: e sui rom, dal punto di vista di Salvini, è troppo morbido.
Ero sempre a Londra, arriva la telefonata di Capital. Sui rom io ho detto solo che sono una società  vessata. Ma non mi riferivo all’oggi, mi riferivo alla storia. Nel passato ha subito persecuzioni. Ma non ho detto che i rom sono una priorità . E insieme alle ruspe ci sono altri sistemi. Ad esempio, inserirli nella società . Il problema è che i campi rom vengono abbandonati a se stessi. E per mangiare fanno operazioni illegali. Banbini usati per rubare.
Cosa penserebbe di fare?
Ieri ho letto che il Comune di Roma ha emesso un bando per dare la possibilità  ai campi rom di fare commercio e attività  produttive. Praticamente dei mercatini, in cui potrebbero vendere la merce rubata. C’è qualcosa da rivedere. Ma Salvini non ha protestato contro questo bando. Il problema va affrontato nel suo complesso e sto studiando le soluzioni. E credo che la mia storia mi permetta di immaginare soluzioni.
Della sua storia parleremo, ma rimaniamo su Salvini: oggi sul Corriere afferma che “il progetto di Bertolaso non è nè chiaro nè condiviso.
Roma è una città  bombardata. Non si offendano i “concittadini” de L’Aquila, ma Roma è terremotata. Chi la ricostruisce? Salvini e i suoi partner? O chi si è gettato nella mischia anche in passato, pagando anche personalmente? Io lavoro per ricostruire la città  più bella del mondo e dove la gente è disperata. Tutti a fare promesse, nessuno ha mantenuto gli impegni. Io ho una grande colpa: quando prendo un’impegno lo porto fino in fondo, anche a costo di pagarne le conseguenze.
Lei è accusato omicidio colposo, falso e truffa.
Mi ritengo totralmente estraneo a queste accuse. Entrambi i processi verranno prescritti, uno a maggio, uno a ottobre. E ho detto anche che rinuncio alla prescrizione, che voglio una sentenza. Voglio che qualcuno dica se sono innocente o colpevole.
Ps Peccato non dica cosa farebbe se fosse ritenuto colpevole…

(da “La Repubblica”)

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