Marzo 31st, 2016 Riccardo Fucile
BERLUSCONI: “OBIETTIVO SUPERARE LA MELONI”… SE IL TREND CONTINUASSE SILVIO SI PIAZZEREBBE A ROMA PER LA CAMPAGNA ELETTORALE
Da una parte i sondaggi. Dall’altra, però, c’è quella voglia di “chiudere questa sceneggiata” con “quei due ragazzotti” che — dice — “vorrebbero mandarmi all’ospizio”.
La candidatura di Guido Bertolaso a Roma, ormai, per Silvio Berlusconi è diventata la linea del Piave dietro cui difendere la propria leadership dagli “assalti” di Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Per questo gli inviti a virare su Alfio Marchini che gli arrivano dai maggiorenti romani del partito continuano (per ora) a cadere nel vuoto.
E così, anche se il leader di Forza Italia ha deciso di restare lontano da Roma per questa settimana, l’ex capo della Protezione civile è stato convocato ad Arcore.
Perchè il Cavaliere, è vero, continua a sostenerlo pubblicamente ma è convinto che sia necessario cambiare passo alla sua campagna elettorale.
Non è andata giù quella battuta di Bertolaso sulla moglie che potrebbe votare per Giachetti. Intervistato da una radio romana, Berlusconi minimizza: “Non è un politico, è abituato a dire pane al pane…”.
Ma in privato gli avrebbe fatto una ramanzina: “Tu sei un uomo del fare, occupati delle cose pratiche ed evita di perderti in certe dichiarazioni”.
Inoltre, sarebbe in arrivo una squadra di “esperti” di comunicazione per affiancarlo. Una tentativo di dare un “drizzone” ai sondaggi: l’obiettivo minimo del Cavaliere resta quello di far arrivare Bertolaso prima della Meloni, fosse anche per un solo punto. Altrimenti, al di là di quello che dichiara a destra e a manca, già pensa a una exit strategy, magari attraverso un ritiro “volontario” (o presunto tale).
Molto dipenderà , appunto, dai prossimi giorni e dal modo in cui l’ex capo della Protezione civile, ma ancora di più lui stesso, riusciranno a far salire i consensi.
“I sondaggi sono molto favorevoli per lui che non essendo conosciuto — sostiene alla radio il Cavaliere – è già arrivato a raggiungere la Meloni”.
Il riferimento è a un indagine di Tecnè, secondo la quale la leader di Fratelli d’Italia avrebbe un gradimento del 17-22% con Bertolaso appena dietro, con il 14-17%.
“Sono sicuro — insiste Berlusconi- che il prosieguo della campagna elettorale darà modo di far conoscere tutto ciò che ha fatto e tutte le risposte che si prepara a dare per i problemi della capitale”.
Se c’è una speranza di invertire la tendenza, insomma, il leader di Forza Italia intende coglierla: tutto, pur di mandare un messaggio ai “ragazzotti”.
Almeno fino a quando i sondaggi dovessero lasciare uno spiraglio.
Nel frattempo Berlusconi difende a spada tratta la sua scelta. “Mai avuto un dubbio, da quando Bertolaso mi ha detto sì — ripete – ho fatto un salto di gioia”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 31st, 2016 Riccardo Fucile
L’ENI REPLICA: “QUELLE NON EMETTONO SCARICHI, LE ANALISI NON SERVONO”… L’ASSOCIAZIONE AMBIENTALISTA: “E’ FALSO, SIAMO AL FAR WEST: SI CONTROLLANO I MOTORINI E NON LE TRIVELLE”
Oltre cento piattaforme petrolifere senza controllo nei mari italiani.
La denuncia viene da Greenpeace, in un botta e risposta con l’Eni che sta diventando sempre più acceso man mano che si avvicina il referendum del 17 aprile in cui gli italiani saranno chiamati a dire se vogliono fermare le trivelle entro le 12 miglia dalla costa (votando sì), o se vogliono che lo sfruttamento degli idrocarburi vada avanti senza una data di scadenza delle licenze (votando no).
La querelle tra ambientalisti ed Eni parte dal momento in cui Greenpeace chiede al ministero dell’Ambiente i piani di monitoraggio di tutte le piattaforme e strutture assimilabili operanti nei mari italiani, che secondo il ministero dello Sviluppo Economico sono 135.
Arrivano solo quelli delle 34 piattaforme dell’Eni.
E dai dati Ispra risultano contaminati più di due campioni su tre.
Tra le sostanze che nei sedimenti attorno alle piattaforme e sui mitili superano con maggiore frequenza i valori definiti dagli standard di qualità ambientale troviamo metalli pesanti (cromo, nichel, piombo e talvolta anche mercurio, cadmio e arsenico), idrocarburi (fluorantene, benzofluorantene, enzofluorantene, enzoapirene) e idrocarburi policiclici aromatici.
L’Eni ribatte sostenendo che i valori a cui fa riferimento il rapporto di Greenpeace valgono per le acque interne, cioè quelle più vicino alle coste.
“I valori di riferimento citati nel rapporto sono stati scelti non da noi ma dal ministero e comunque è bizzarro supporre che al largo le acque dovrebbero essere meno pulite di quelle sotto costa, quando si fa il bagno non ci si regola così”, replica Alessandro Giannì, di Greenpeace.
Ora arriva il secondo atto della polemica.
L’Eni in una nota precisa: “Relativamente alle ‘100 piattaforme mancanti’, per le quali secondo Greenpeace non sarebbero stati forniti i piani di monitoraggio, Eni spiega che quelle di propria pertinenza non emettono scarichi a mare, nè effettuano re-iniezione di acque di produzione in giacimento, pertanto non ci sono piani di monitoraggio prescritti e nessun dato da fornire”.
“L’ammissione di una totale assenza di controlli su questi impianti è un fatto gravissimo, siamo al Far West”, risponde Giannì.
“Da notizie di stampa risulta che una piattaforma non nell’elenco delle 34 e quindi non monitorata avrebbe fatto danni ambientali per 70 milioni di euro. Si parla di 500 mila metri cubi di acque di strato, di lavaggio e di sentina che sarebbero state iniettate illegalmente nel pozzo Vega 6, del campo oli Vega della Edison, al largo delle coste di Pozzallo. I dati relativi a questo disastro ambientale verrebbero da un dossier di Ispra, al centro di un procedimento penale della Procura di Ragusa. Gli inquirenti ipotizzano “gravi e reiterati attentati alla salubrità dell’ambiente e dell’ecosistema marino attuando, per pura finalità di contenimento dei costi e quindi di redditività aziendale, modalità criminali di smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi“. Non ho visto personalmente il rapporto Ispra a cui l’articolo fa riferimento ma mi chiedo: è possibile che in Italia si controllino i motorini e non le piattaforme petrolifere?”
Antonio Cianciullo
(da “La Repubblica”)
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Marzo 31st, 2016 Riccardo Fucile
L’ENI REPLICA: “QUELLE NON EMETTONO SCARICHI, LE ANALISI NON SERVONO”… L’ASSOCIAZIONE AMBIENTALISTA: “E’ FALSO, SIAMO AL FAR WEST: SI CONTROLLANO I MOTORINI E NON LE TRIVELLE”
Oltre cento piattaforme petrolifere senza controllo nei mari italiani.
La denuncia viene da Greenpeace, in un botta e risposta con l’Eni che sta diventando sempre più acceso man mano che si avvicina il referendum del 17 aprile in cui gli italiani saranno chiamati a dire se vogliono fermare le trivelle entro le 12 miglia dalla costa (votando sì), o se vogliono che lo sfruttamento degli idrocarburi vada avanti senza una data di scadenza delle licenze (votando no).
La querelle tra ambientalisti ed Eni parte dal momento in cui Greenpeace chiede al ministero dell’Ambiente i piani di monitoraggio di tutte le piattaforme e strutture assimilabili operanti nei mari italiani, che secondo il ministero dello Sviluppo Economico sono 135.
Arrivano solo quelli delle 34 piattaforme dell’Eni.
E dai dati Ispra risultano contaminati più di due campioni su tre.
Tra le sostanze che nei sedimenti attorno alle piattaforme e sui mitili superano con maggiore frequenza i valori definiti dagli standard di qualità ambientale troviamo metalli pesanti (cromo, nichel, piombo e talvolta anche mercurio, cadmio e arsenico), idrocarburi (fluorantene, benzofluorantene, enzofluorantene, enzoapirene) e idrocarburi policiclici aromatici.
L’Eni ribatte sostenendo che i valori a cui fa riferimento il rapporto di Greenpeace valgono per le acque interne, cioè quelle più vicino alle coste.
“I valori di riferimento citati nel rapporto sono stati scelti non da noi ma dal ministero e comunque è bizzarro supporre che al largo le acque dovrebbero essere meno pulite di quelle sotto costa, quando si fa il bagno non ci si regola così”, replica Alessandro Giannì, di Greenpeace.
Ora arriva il secondo atto della polemica.
L’Eni in una nota precisa: “Relativamente alle ‘100 piattaforme mancanti’, per le quali secondo Greenpeace non sarebbero stati forniti i piani di monitoraggio, Eni spiega che quelle di propria pertinenza non emettono scarichi a mare, nè effettuano re-iniezione di acque di produzione in giacimento, pertanto non ci sono piani di monitoraggio prescritti e nessun dato da fornire”.
“L’ammissione di una totale assenza di controlli su questi impianti è un fatto gravissimo, siamo al Far West”, risponde Giannì.
“Da notizie di stampa risulta che una piattaforma non nell’elenco delle 34 e quindi non monitorata avrebbe fatto danni ambientali per 70 milioni di euro. Si parla di 500 mila metri cubi di acque di strato, di lavaggio e di sentina che sarebbero state iniettate illegalmente nel pozzo Vega 6, del campo oli Vega della Edison, al largo delle coste di Pozzallo. I dati relativi a questo disastro ambientale verrebbero da un dossier di Ispra, al centro di un procedimento penale della Procura di Ragusa. Gli inquirenti ipotizzano “gravi e reiterati attentati alla salubrità dell’ambiente e dell’ecosistema marino attuando, per pura finalità di contenimento dei costi e quindi di redditività aziendale, modalità criminali di smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi“. Non ho visto personalmente il rapporto Ispra a cui l’articolo fa riferimento ma mi chiedo: è possibile che in Italia si controllino i motorini e non le piattaforme petrolifere?”
Antonio Cianciullo
(da “La Repubblica”)
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Marzo 31st, 2016 Riccardo Fucile
SEQUESTRATI IMPIANTI IN BASILICATA E ARRESTATI 5 DIRIGENTI…LE ACCUSE DELLA DDA: SMALTIMENTO ILLECITO DI RIFIUTI… I VANTAGGI CHE AVREBBE RICAVATO IL COMPAGNO DELLA GUIDI
Traffico e smaltimento illecito di rifiuti in Basilicata.
Dalle indagini della Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Potenza è scattata oggi una maxi operazione che ha portato agli arresti domiciliari cinque funzionari e dipendenti dell’Eni e al divieto di dimora per un dirigente della Regione Basilicata.
I funzionari e dipendenti fanno parte del centro oli di Viggiano (Potenza) dell’Eni dove viene trattato il petrolio estratto in Val d’Agri.
I carabinieri per la tutela dell’ambiente li hanno fermati perchè ritenuti responsabili, a vario titolo, di “attività organizzate per il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti”. I provvedimenti cautelari – emessi dal gip del Tribunale di Potenza – sono stati eseguiti nelle province di Potenza, Roma, Chieti, Genova, Grosseto e Caltanissetta.
Nella maxi operazione si contano anche due importanti sequestri che hanno portato allo stop momentaneo della produzione di petrolio in Val d’Agri, come annunciato dalla stessa azienda petrolifera.
Con due decreti di sequestro sono stati infatti bloccati impianti del centro oli di Viggiano dell’Eni, con possibili conseguenze sulla produzione di petrolio in Val d’Agri, dove si trovano giacimenti di idrocarburi di interesse nazionale, e gli impianti di gli impianti di Tecnoparco, a Pisticci (Matera).
Secondo Repubblica fra gli indagati, anche Gianluca Gemelli, imprenditore e compagno della ministra dello sviluppo economico Federica Guidi. Sempre Repubblica scrive che:
Gianluca Gemelli, imprenditore e commissario di Confindustria Siracusa, è accusato di traffico di influenze illecite perchè “sfruttando la relazione di convivenza che aveva col Ministro allo Sviluppo economico – si legge nel capo d’imputazione contenuto nell’ordinanza di misure cautelari – indebitamente si faceva promettere e otteneva da Giuseppe Cobianchi, dirigente della Total” le qualifiche necessarie per entrare nella “bidder list delle società di ingegneria” della multinazionale francese, e “partecipare alle gare di progettazione ed esecuzione dei lavori per l’impianto estrattivo di Tempa Rossa”.
Nell’ambito della stessa inchiesta condotta dagli agenti della Squadra mobile di Potenza, è finito ai domiciliari l’ex sindaco di Corleto Perticara (Potenza), che è il paese dove sta sorgendo il Centro oli Tempa Rossa. Per l’ex vicesindaco, Giambattista Genovese, il gip Tiziana Petrocelli ha disposto il divieto di dimora nel comune. Entrambi sono accusati di “plurime condotte di concussione e corruzione
Il 13 dicembre scorso, la Guidi rassicurava il compagno:
“Dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se… è d’accordo anche Mariaelena la… quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte. Alle quattro di notte… Rimetterlo dentro alla legge… con l’emendamento alla legge di stabilità e a questo punto se riusciamo a sbloccare anche Tempa Rossa… ehm… dall’altra parte si muove tutto!”. Il compagno le chiede se la cosa riguardasse i suoi amici e il ministro gli risponde: “Eh certo, capito? Per questo te l’ho detto”.
Eni non commenta e spiega che i legali del gruppo stanno analizzando la situazione. Il gruppo sottolinea di stare collaborando con la magistratura.
L’azienda italiana, si legge sul sito del gruppo, “è presente in Basilicata in Val d’Agri e nelle aree di Pisticci e Ferrandina con attività di upstream petrolifero (ricerca e produzione di idrocarburi)”.
In particolare, “la produzione complessiva di idrocarburi in Basilicata deriva prevalentemente dal Centro Olio Val d’Agri (COVA) e, in misura minore, dal Centro Olio di Pisticci e dalle 2 centrali a gas (Ferrandina e Pisticci).
L’aumento produttivo registrato negli ultimi anni è da attribuirsi alle attività in Val d’Agri, in quanto il Centro Olio di Pisticci, già in funzione da quasi cinquant’anni, riflette la riduzione della produzione del campo”.
I numeri nella regione parlano di una produzione di 82.630 barili di petrolio al giorno e 3,98 milioni di standard metri cubi di gas al giorno.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 31st, 2016 Riccardo Fucile
LINEE ROVENTI TRA ROMA E BOSTON: RENZI FA CAPIRE CHE LA VICENDA ANDAVA CHIUSA IN FRETTA, TROPPO A RIDOSSO DEL REFERENDUM SULLE TRIVELLE E DELLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE
Non un minuto di più sulla graticola.
“Caro Matteo, credo necessario, per una questione di opportunità politica, rassegnare le mie dimissioni da incarico di ministro”, scrive Federica Guidi.
Il messaggio parte dal Mise a sera per raggiungere Matteo Renzi a Boston, tappa del viaggio del presidente del Consiglio negli Usa. Renzi accoglie: in questo pomeriggio di linee telefoniche roventi tra Roma e Boston ha fatto chiaramente capire che questa storia andava chiusa al più presto.
Troppo pericolosa perchè è una storia che parla di petrolio e trivelle mettendo il governo in cattiva luce a due settimane dal referendum ‘no triv’ del 17 aprile, a pochi mesi dalle amministrative e anche a una settimana dalla visita dello stesso Renzi in Basilicata (a Matera il 7 aprile), cuore dell’inchiesta giudiziaria dell’antimafia che ha trascinato Guidi fuori dal governo.
“Sono assolutamente certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato” premette Guidi nella sua lettera di dimissioni a Renzi.
“Sono stati due anni di splendido lavoro insieme. Continuerò come cittadina e come imprenditrice a lavorare per il bene del nostro meraviglioso Paese”.
Il premier non rimpiange. Con la titolare dello Sviluppo Economico non ha mai avuto un buon feeling, il suo referente al Mise, dicono i suoi, è sempre stato Carlo Calenda, ex sottosegretario non a caso promosso ambasciatore dell’Italia per l’Ue.
E ora il referente è Ivan Scalfarotto, successore di Calenda al Mise, non a caso al seguito del premier nel viaggio statunitense.
Sia Scalfarotto che Renzi si chiudono nel silenzio quando il ciclone Guidi raggiunge Boston, esattamente al quartier generale del Watson Health dell’Ibm, dove nel pomeriggio (ora italiana) il premier firma un accordo da 150milioni di dollari per l’apertura di un centro nell’ex area Expo a Milano.
Da quel momento in poi, anche nella visita ad Harvard, Renzi non sarà più a tiro di microfono. Blindatissimo, al riparo dalle domande dei giornalisti interessati a carpire un commento su quell’imbarazzante intercettazione telefonica in cui Guidi rassicura il suo compagno Gianluca Gemelli, imprenditore indagato per traffico illecito di influenze, sull’approvazione di un emendamento importante per i suoi affari sul petrolio in Basilicata.
Precisamente a Tempa Rossa, nel cuore della regione. Era il dicembre del 2014, discussione parlamentare sulla legge di stabilità 2015: l’emendamento sulla realizzazione di infrastrutture strategiche per portare il petrolio da Tempa Rossa alle raffinerie di Taranto avrebbe fruttato a Gemelli 2 milioni e mezzo di euro. “Dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se… è d’accordo anche Maria Elena…”, dice Guidi al telefono con Gemelli.
E ora al governo incrociano le dita in attesa di capire cos’altro uscirà sulla stampa dell’inchiesta potentina coordinata dalla procura nazionale antimafia.
“Siamo di fronte a una organizzazione criminale di stampo mafioso, organizzata su base imprenditoriale”, sono le parole usate in conferenza stampa dal Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, per descrivere l’inchiesta che ha prodotto 5 arresti in Basilicata, 23 indagati tra cui Gemelli.
Ipotesi di reato: traffico e smaltimento illecito di rifiuti del Centro Oli di Viggiano, altro centro lucano per l’estrazione di idrocarburi, dove sono anche state sequestrate alcune parti dell’impianto.
E anche il presidente della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti Alessandro Bratti, un Dem di Ferrara certamente non un anti-renziano, non è per niente sorpreso. E’ uno dei pochi Dem a parlare.
Lo fa con Huffington Post: “Eravamo sulle stesse tracce e proprio ieri abbiamo deliberato come commissione di fare un sopralluogo in Basilicata dal 6 all’8 luglio sul traffico illecito di rifiuti sulla base di segnalazioni ricevute”, dice Bratti che a ottobre ha concluso la sua relazione sul ciclo rifiuti chiedendo al governo di rivedere la “strategia di estrazioni in Basilicata, regione dove il petrolio ha già prodotto inquinamento di falde acquifere”.
Per il governo l’inchiesta sul petrolio in Basilicata è una pentola a pressione di polemiche.
Dimettendosi, Guidi ha eliminato il primo ostacolo. “Un atto dovuto, il punto è che il conflitto di interessi è la cifra di questo governo”, dice Arturo Scotto di Sinistra italiana.
Ora per Renzi c’è da gestire il resto. Innanzitutto la campagna elettorale in vista del referendum del 17 aprile, appuntamento che divide il Pd.
Il premier scommette sul non raggiungimento del quorum e si schiera sull’astensione, parte della minoranza difende la scelta di andare alle urne, il lucano Roberto Speranza schierato per il sì con le regioni e il comitato no triv che hanno chiesto la consultazione.
Per non parlare dei vescovi: in molti schierati contro le trivelle, anche solo per effetto dell’enciclica papale ‘Laudato sì’.
E poi tutta l’opposizione contro: M5s, Lega, persino una parte di Forza Italia. Insomma, anche la sfida referendaria di aprile è diventata impegnativa per Renzi, da qui la scelta di andare a Matera il 7 aprile, visita rimandata da tempo, adesso confermata anche per motivi di campagna elettorale.
I suoi sottolineano che ‘l’emendamento della vergogna’, chiamiamolo così, è stato poi modificato dal governo nell’ultima legge di stabilità per andare incontro alla sentenza della Cassazione che in autunno ha ammesso tutti i quesiti referendari sul petrolio.
E di fatto ora quelle infrastrutture strategiche non sono più decise solo dallo Stato ma di concerto con le Regioni.
E’ uno dei motivi per cui dei sei quesiti referendari richiesti in partenza, ne è stato ammesso solo uno.
Altamente simbolico però e fonte di timori a Palazzo Chigi, soprattutto dopo il nuovo ciclone giudiziario, ottimo megafono per i referendari.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 31st, 2016 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO SCATENA L’IRONIA DELLA RETE: “LA STESSA DEL TUNNEL DEI NEUTRINI”
La campagna elettorale – mancano ormai poco più di due mesi alle prossime amministrative – passa anche (e come potrebbe essere altrimenti) attraverso i social. Mariastella Gelmini – capolista per Forza Italia a sostegno del candidato di centrodestra, Stefano Parisi – ha postato sul suo profilo Twitter un video per denunciare le «diecimila multe al giorno emesse dal Comune di Milano».
La deputata azzurra ha accusato il sindaco uscente, Giuliano Pisapia, di utilizzare i verbali come «strumento per fare cassa sulla pelle dei cittadini».
E, mentre sciorinava a favore di videocamera una multa-tipo, Gelmini ha rincarato la dose snocciolando pillole di programma: «Vogliamo un traffico fluidificato – ha ribadito – e autovelox solo dove servono».
L’ironia in Rete
E però, in Rete il cinguettio ha suscitato ironia per la scelta, non proprio ideale, del contesto.
Gelmini, infatti, condannava l’uso esagerato delle sanzioni di fronte a tre auto in sosta vietata.
Tanto è bastato per scatenare commenti del tipo: «Gentile signora Gelmini, chi parcheggia in divieto di sosta (come le auto dietro di lei!) non dovrebbe essere multato?».
E ancora: «Poveretta! Peccato che l’auto è in divieto di sosta».
Tra i più caustici, Pierfrancesco Maran. L’assessore comunale alla Mobilità , sulla sua pagina Facebook, non ha mancato di sottolineare: «Questa candidata davanti a tre auto in sosta irregolare dice basta multe. È la stessa del tunnel dei neutrini dalla Svizzera al Gran Sasso».
Nel suo commento, tutt’altro che clemente, faceva riferimento a una gaffe dell’allora ministra dell’Istruzione – era il 2011 – che, attraverso una nota diffusa dal dicastero di viale Trastevere, aveva plaudito alla «scoperta del Cern di Ginevra e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare», sui neutrini.
Nel documento si parlava della fantomatica costruzione di tunnel tra i laboratori del Gran Sasso e il Cern, alla quale l’Italia aveva contribuito con uno stanziamento di 45 milioni. La defaillance era subito diventata virale sui social, schizzando al secondo posto tra i trend topics, gli argomenti più discussi, di Twitter.
Maria Egizia Fiaschetti
(da “il Corriere della Sera“)
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Marzo 31st, 2016 Riccardo Fucile
CLAMOROSA INTERCETTAZIONE MENTRE RASSICURA IL COMPAGNO GIANLUCA GEMELLI, INDAGATO OGGI DALLA PROCURA DI POTENZA.. CINQUE ARRESTI AL CENTRO ENI SULLE ESTRAZIONI DI PETROLIO
Un emendamento alla Legge di Stabilità , approvato all’ultimo momento nel dicembre del 2014, con il quale si dava il via libera al progetto di estrazione di petrolio Tempa Rossa, opera contestatissima dalle associazioni ambientaliste, mette in grandissima difficoltà il ministro delle Attività produttive, Federica Guidi.
Quell’emendamento favoriva infatti le aziende del fidanzato, Gianluca Gemelli, ora indagato dalla procura di Potenza.
La storia è raccontata negli atti dell’inchiesta con cui sono state arrestate cinque persone.
Atti nei quali ci sono anche una serie di conversazioni telefoniche dirette tra il ministro Guidi e Gemelli. Gemelli era interessato a fare in modo che si sbloccasse l’operazione Tempa Rossa, gestita dalla Total, perchè secondo l’accusa le sue aziende avrebbero guadagnato circa due milioni e mezzo di sub appalti. E di questo parla al telefono con la compagna.
Che, il 13 dicembre, lo rassicura: “Dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se… è d’accordo anche Mariaelena la… quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte. Alle quattro di notte… Rimetterlo dentro alla legge… con l’emendamento alla legge di stabilità e a questo punto se riusciamo a sbloccare anche Tempa Rossa… ehm… dall’altra parte si muove tutto!”.
Il compagno le chiede se la cosa riguardasse i suoi amici e il ministro gli risponde: “Eh certo, capito? Per questo te l’ho detto”
Avuta la notizia Gemelli chiama subito il rappresentante della Total: “La chiamo per darle una buona notizia..ehm.. .si ricorda che tempo fa c’è stato casino..che avevano ritirato un emendamento…ragion per cui c’erano di nuovo problemi su tempa ross … pare che oggi riescano ad inserirlo nuovamente al senato..ragion per cui..se passa…e pare che ci sia l’accordo con Boschi e compagni…(…) se passa quest’emendamento… che pare… siano d’accordo tutti…perchè la boschi ha accettato di inserirlo… (…) è tutto sbloccato! (ride ndr)…volevo che lo sapesse in anticipo! (…) e quindi questa è una notizia…”.
Dalle indagini fatte poi dagli agenti della squadra mobile di Potenza che hanno svolto le indagini è emerso che l’emendamento era stato inserito nel maxiemendamnento alla Legge di stabilità del 2015, modificato dal Senato il 20 dicembre, con il quale si dava il via al progetto Tempa Rossa.
(da “la Repubblica”)
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Marzo 31st, 2016 Riccardo Fucile
AD DI ARTI GRAFICHE BOCCIA, 160 DIPENDENTI E UN FATTURATO DI 40 MILIONI DI EURO, RAPPRESENTA LA CONTINUITA’ CON LA STORIA DI CONFINDUSTRIA
Nato a Salerno, classe 1964, Vincenzo Boccia è amministratore delegato dell’azienda Arti Grafiche Boccia, fondata dal geniale padre Orazio: un’azienda che oggi conta 160 dipendenti stabili e un fatturato di oltre 40 milioni di euro, per un terzo realizzato all’estero, con uffici a Parigi, a Norimberga, ad Aarhus, a Beirut.
E investimenti – 50 milioni di euro negli ultimi dieci anni – per un’impiantistica flessibile e all’avanguardia, che la rendono capace di stampare le più esclusive riviste di design del nord Europa come i cataloghi Ikea, le figurine Panini e le etichette della Ferrarelle.
Con Boccia, dicono gli addetti ai lavori, vince il candidato che garantisce di più la continuità con la storia di Confindustria: non è un caso che della lista dei suoi sostenitori facciano parte due ex-presidenti dell’associazione degli industriali, Emma Marcegaglia e Luigi Abete.
Tra i supporter, le associazioni imprenditoriali del Mezzogiorno, ma anche il Piemonte e Bolzano.
Boccia è sposato, ha due figlie, ama la musica classica e vive a Pontecagnano, in provincia di Salerno, a poca distanza dallo stabilimento, 25mila metri quadrati nella zona industriale di Salerno.
Laureato in Economia e Commercio, Boccia ha iniziato la sua attività in Confindustria agli inizi degli anni Novanta, partecipando al gruppo dei Giovani Imprenditori, di cui nel 2000 è stato designato vicepresidente nazionale, con Edoardo Garrone presidente. Nel 2003 è stato eletto presidente regionale della Campania, e nel 2009 ha assunto la carica di presidente nazionale della Piccola Industria e, di diritto, quella di vicepresidente di Confindustria.
In qualità di presidente della Piccola è entrato nella Commissione di riforma presieduta da Carlo Pesenti che ha disegnato il nuovo assetto organizzativo del sistema associativo.
Con la presidenza di Giorgio Squinzi ricopriva la carica di consigliere delegato al credito e di presidente del Comitato tecnico Credito e Finanza.
Nel suo programma, premiato dai 198 Consiglieri Generali, il rilancio della vocazione industriale del Paese, affrontando le leve di competitività e puntando su tecnologia e innovazione; una riforma del sistema delle relazioni industriali, con la facoltà di derogare al contratto nazionale e lo sviluppo dei contratti aziendali basati sullo scambio tra salario e produttività ; una politica del credito che supporti le imprese nei processi di investimento; un sistema che aiuti le piccole imprese a crescere, le medie a diventare grandi, le grandi a diventare multinazionali.
Quanto alla politica, Boccia afferma che se il governo Renzi “continuerà a essere un fattore di modernizzazione avrà il nostro sostegno, se rallenterà la spinta sentirà il disaccordo”.
Boccia confida in un rientro di Fca in Confindustria, e con i sindacati si dice pronto a discutere su tutto “senza preconcetti e senza pregiudizi”, purchè l’obiettivo sia quello di “recuperare produttività ”.
Roberto Giovannini
(da “La Stampa“)
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Marzo 31st, 2016 Riccardo Fucile
ESULTANO EMMA MARCEGAGLIA E DE LUCA, SCONFITTO MONTEZEMOLO
Nel momento più nero della storia imprenditoriale del Paese, una Confindustria quasi esangue si spacca sulla scelta del nuovo presidente e designa Vincenzo Boccia con uno scarto di soli 9 voti rispetto a quelli del concorrente Alberto Vacchi. L’imprenditore salernitano delle Arti Grafiche Boccia classe 1964 ha ricevuto 100 voti mentre il collega bolognese 50enne leader del packaging con la sua Ima ha avuto 91 preferenze, su un totale di 198 aventi diritto al consiglio generale di via dell’Astronomia.
A votare sono stati in 192 e c’è stata una scheda bianca.
Una vittoria sul filo che fa comunque esultare i grandi sostenitori di Boccia, dal presidente dell’Eni Emma Marcegaglia al conterraneo governatore della Campania, Vincenzo De Luca, mentre gli sconfitti come Luca di Montezemolo mettono il dito nella piaga delle divisioni interne alla lobby degli industriali italiani.
“Questo voto testimonia che in Confindustria ci sono due posizioni diverse ma ora non deve emergere una spaccatura”, ha commentato a caldo Vacchi per il quale “la priorità adesso è identificare una squadra forte per il prossimo futuro perchè ci attendono sfide non banali”.
Più netto Montezemolo che insieme al numero uno di Assolombarda, Gianfelice Rocca e Antonio D’amato, era stato tra i più strenui sostenitori del candidato sconfitto: “Spiace vedere una Confindustria così spaccata e credo che questo debba essere, per il presidente uscente, un’occasione di grande rammarico. Si è persa un’occasione unica di vero cambiamento”, ha detto l’ex presidente della Ferrari.
Il successore di Giorgio Squinzi, invece, aveva dalla sua tra gli altri Luigi Abete (“Non si lascia una Confindustria per niente spaccata”, ha replicato all’amico Montezemolo) e, soprattutto la Marcegaglia, un peso da novanta visto il suo duplice ruolo di presidente dell’Eni e con l’azienda di famiglia, di candidata all’acquisto dell’Ilva.
“Sono molto contenta che abbia vinto Boccia, è una persona di esperienza che saprà creare la giusta discontinuità , ha un programma molto forte”, ha commentato Marcegaglia, all’uscita da Confindustria.
“Anche se c’è stato uno scarto di pochi voti — ha aggiunto — sono convinta che Confindustria si ricompatterà anche questa volta: mentre si votava c’era un clima tranquillo e la storia di Confindustria ci ha insegnato che si ritorna sempre all’unità ”.
Sul fronte politico uno dei primi ad applaudire alla vittoria dell’imprenditore salernitano che per gli industriali da anni guida il comitato tecnico credito e finanza, è stato il governatore della Campania, Vincenzo De Luca: “Esprimo la mia piena soddisfazione per la designazione di Vincenzo Boccia a presidente Confindustria. E’ un’occasione importante per introdurre un rinnovamento sostanziale nelle relazioni sindacali e per rilanciare sul piano nazionale le grandi questioni dello sviluppo del Mezzogiorno d’Italia e della coesione nazionale”, ha detto augurando buon lavoro al suo candidato ed esprimendo la sicurezza “di poter contare su una rinnovata sensibilità da parte delle rappresentanze imprenditoriali nazionali e saremo lieti di incontrarlo nei prossimi giorni per avviare ogni possibilità di collaborazione con l’obiettivo di creare lavoro nella nostra regione”.
Dal canto suo Boccia ha tirato dritto esprimendo la volontà di guidare una “Confindustria che vuole essere corresponsabile della crescita del Paese” che non solo “farà parte di un percorso collettivo“, ma porterà avanti tanto la “continuità ” quanto “il cambiamento”.
Obiettivi piuttosto ambiziosi soprattutto alla luce del livello di partenza e della distanza ormai siderale tra gli imprenditori e il Paese. Situazione di cui Boccia non può non essere consapevole tanto da aver richiamato i colleghi: “Oggi la complessità che abbiamo di fronte non ci consente il lusso di litigare al nostro interno”, ha detto a caldo.
I discorsi programmatici saranno comunque ben presto alla prova dei fatti.
Da una parte c’è il tema travagliatissimo del nuovo modello contrattuale, come ha ricordato subito il segretario della Cisl, Annamaria Furlan invitando Boccia “a mettere in agenda come priorità l’apertura del confronto con Cgil, Cisl e Uil”.
Una scelta che secondo la sindacalista “è indispensabile per rilanciare la competitività e la produttività delle nostre imprese e ovviamente anche per l’occupazione“.
La contrattazione “ha una funzione economico-sociale fondamentale e quindi riteniamo che, da subito, il presidente debba occuparsi di questo tema”.
Dunque “accanto ai migliori auguri, inviamo a Boccia un richiamo ai temi di grande responsabilità che insieme a chi rappresenta imprese e lavoratori vogliamo assumerci”.
Altro fronte, meno popolare ma altrettanto delicato, è quello dei rapporti con i media e della gestione del Sole 24 Ore. E non solo per la direzione di Roberto Napoletano notoriamente vicino a D’amato.
L’editrice della Confindustria presieduta dal numero uno della Fondazione Fiera Milano Benito Benedini e guidata da Donatella Treu, entrambi in scadenza, ha appena chiuso l’ennesimo esercizio in rosso (-24 milioni di euro contro la perdita di 9,8 milioni del 2014), mentre il debito è tornato a salire (26,8 milioni) archiviando rapidamente la parentesi felice di fine 2014 quando sul bilancio aveva inciso la vendita dell’area Software, mentre il patrimonio netto si è eroso ancora arrivando a quota 86,7 milioni, contro i 121,58 del 2013.
Risultati che non hanno impedito a un Benedini nel pieno delle trattative per salvare il salvabile con la posizione della Fondazione Fiera in Arexpo, di parlare di “una squadra vitale e vincente che ha rimesso in moto una macchina straordinaria caratterizzata da grandi competenze”.
Non bisognerà aspettare molto per sapere se anche Boccia e la sua sponsor Marcegaglia la vedono così.
(da agenzie)
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