Marzo 5th, 2016 Riccardo Fucile
SI TEME UNA AFFLUENZA INFERIORE A 70.000 UNITA’ A ROMA, PER MARINO VOTARONO IN 100.000
Il Pd trema e spera. A Roma è il primo appuntamento dopo i fatti di Mafia Capitale e la lunga agonia della giunta di Ignazio Marino, a Napoli la sfida invece è riprendersi la città dopo lo smacco del trionfo di cinque anni fa di Luigi De Magistris.
In entrambe le città , gli ultimi sondaggi e le previsioni sull’affluenza tormentano le primarie del centrosinistra che si terranno per tutta la giornata di domenica.
I segnali non sono positivi. Per questo Renzi ha puntato a suscitare l’orgoglio: “Buone Primarie – ha scritto – ai cittadini di Roma, Napoli, Trieste (e non solo) che domani potranno scegliere il proprio candidato sindaco andando ai gazebo. Il Pd – da sempre – coinvolge, partecipa, discute in modo aperto dei propri candidati. A voi la scelta, amici! Che vincano i migliori”.
PRIMARIE DI ROMA
La bassa affluenza ai gazebo della Capitale è il vero incubo del Partito Democratico. Il favorito è considerato Roberto Giachetti, candidato sostenuto da Matteo Renzi, il più grillino dei democratici.
A contendergli la vittoria è soprattutto Roberto Morassut, ex assessore della giunta di Walter Veltroni, mentre meno possibilità vengono attribuite a Stefano Pedica (Pd), Gianfranco Mascia (Verdi), Domenico Rossi (Centro democratico) e l’outsider Chiara Ferraro, la ragazza autistica candidata per richiamare l’attenzione sui diritti dei disabili.
Per chiunque prevarrà alle urne, il rischio è quello di una vittoria dimezzata se i votanti saranno pochi. L’asticella a Roma è fissata a 70 mila votanti.
Il dato di raffronto è quello del 2013, quando nel mese di aprile votarono 100 mila persone. Ma quei tempi sono lontani. In mezzo c’è stata Mafia Capitale, la disaffezione degli iscritti e anche l’operazione pulizia iniziata con il rapporto stilato da Fabrizio Barca e con le iniziative del commissario Matteo Orfini.
Al Nazareno si tende ad abbassare l’asticella ancora di più: “Beh, sotto i 50 mila sarebbe un problema. Tra i 50 e 60 mila votanti sarebbe un risultato dignitoso”.
C’è chi tira in ballo il fattore pioggia, quasi a mettere le mani avanti: “La pioggia potrebbe scoraggiare la partecipazione. Speriamo di no, speriamo che i votanti si concentrino tutti la mattina quando il tempo dovrebbe essere più clemente”.
Infierisce un po’ Stefano Fassina, l’ex dem che ora si candida sindaco di Roma con Sinistra italiana: “80 mila votanti sarebbero un risultato accettabile, non di meno”. Sembra però utopia.
Non sono state primarie semplici da gestire. Il commissario del Pd romano, Matteo Orfini, ha provato a disinnescare le polemiche sorte prima per l’ombra di Denis Verdini sul voto e poi sulla partecipazione degli immigrati.
Sul primo fronte le dichiarazioni di chiusura ai verdiniani sono state tanto nette quanto imbarazzate; sul secondo fronte, oltre ai 195 seggi sparsi per tutta Roma, ci saranno 16 “seggi speciali”, dove voteranno i minorenni (16-17 anni) e gli immigrati. Questi utili si sono dovuti registrare anticipatamente e sono stati inseriti in un elenco ad hoc. In totale dovrebbero essere circa mille. Gazebo e circoli saranno aperti dalle 8 alle 22.
Dal giorno dopo si aprirà un nuovo problema: la sfida per il Campidoglio, con il centrodestra, con Alfio Marchini e soprattutto con Virginia Raggi dei 5 Stelle.
Un sondaggio svolto da Scenaripolitici per Huffington Post vede la candidata M5S attorno al 24%.
Se il candidato Pd più capace di intercettare il voto di protesta, Roberto Giachetti, è attorno al 29%, non è lontano Roberto Morassut.
Tuttavia il Movimento 5 Stelle ha appena iniziato la sua campagna e molte rilevazioni lo vedono in crescita. Di fatto, sul tavolo del Nazareno non c’è al momento un sondaggio che dia il Pd vincente.
PRIMARIE DI NAPOLI.
A Napoli la campagna elettorale è iniziata da tempo, non solo dopo che il sindaco uscente Luigi De Magistris ha ufficializzato la sua volontà di ricandidarsi, ma anche in seguito alla volontà di scendere nuovamente in campo dell’imprenditore Gianni Lettieri nel centrodestra e di Antonio Bassolino nel centrosinistra.
Ai gazebo, però, 50 mila votanti sarebbero un successo. I candidati in corsa sono quattro: Antonio Bassolino (ex sindaco, l’unico che non ha partecipato al confronto con gli altri su idee e programmi per la città ), Antonio Marfella (oncologo esponente dei Socialisti), Marco Sarracino (segretario dei giovani democratici di Napoli) e Valeria Valente, candidata dei Giovani Turchi sostenuta dal segretario Renzi.
È stata una campagna elettorale nervosa e giocata con strategie diverse.
Bassolino ha organizzato molti incontri “casalinghi”, incontrando i partenopei “casa dopo casa”, ma anche nei quartieri e nei circoli.
Valente ha partecipato a incontri pubblici di stampo statunitense e si è accompagnata, in due cene elettorali, al ministro Andrea Orlando arrivato in città per offrirle il suo sostegno.
Marfella ha deciso soprattutto di destare l’attenzione “sui metodi sbagliati sia di selezione che di controllo della classe dirigente di Napoli”, servendosi della sua esperienza di medico per sollevare questioni come la diffusione e la pericolosità delle droghe.
Marco Sarracino, che ha incassato l’appoggio dell’ex leader della Cgil Guglielmo Epifani, ha puntato sull’ascolto dei napoletani che vivono nelle periferie rivendicando la forza e la volontà della sua giovane età .
Il testa a testa è tra Bassolino e Valente, ma a non far stare tranquilli nella città partenopea sono soprattutto i sondaggi.
Anche in questo caso, sul tavolo dei dirigenti dem non c’è una rilevazione che dia il candidato del centrosinistra vincente nella corsa a Palazzo San Giacomo.
In testa viene dato proprio il sindaco Luigi De Magistris, seguito dai 5 Stelle, che non hanno ancora scelto il loro candidato. Il Pd non riesce neanche a piazzarsi secondo. Bensì terzo.
PRIMARIE IN ALTRE 4 CITTà€.
A Trieste si confrontano il sindaco uscente Roberto Cosolini, e il senatore Francesco Russo, vicino alla presidente Debora Serracchiani. A Bolzano la corsa è a quattro: Renzo Caramaschi, Alessandro Huber, Sandro Repetto, Cristina Zannella. Tre invece i candidati in lizza a Grosseto (Paolo Borghi, Lorenzo Mascagni e Francesco Giorgi) e due a Benevento (Raffaele Del Vecchio e Cosimo Lepore): due città , queste ultime, storicamente difficili per il centrosinistra.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 5th, 2016 Riccardo Fucile
I GIOVANI DI AZZURRA LIBERTA’ IN PRIMA FILA DA MARCHINI.. IN PLATEA ANCHE MICHELE PLACIDO E MANUELA DI CENTA
Le prime tre file sulla destra sono occupate da 50 ragazzi in gilet, giacca e cravatta. Sono i giovani di
Azzurra Libertà , il movimento di Forza Italia nato per sostenere Silvio Berlusconi.
La convention però non è quella in favore di Guido Bertolaso bensì la manifestazione per lanciare la campagna elettorale di Alfio Marchini, che per la seconda volta prova a diventare primo cittadino della Capitale.
“Sono candidato nella lista di Marchini nel quinto municipio di Roma e sono di Azzurra libertà “, dice Niccolo Maggisano, poco più di vent’anni.
Per lui nessuna contraddizione in termini. “La scissione del movimento giovanile da Forza Italia è stata ufficializzata una decina di giorni fa con una nota dei fratelli Zappacosta – spiega Maggisano senza tentennare neanche un istante – e adesso sosteniamo Marchini perchè è l’unica persona che ci ispira fiducia”.
È anche questo il “popolo di Alfio”. È un popolo trasversale.
Il più giovane ha vent’anni ed è di destra e la più anziana supera gli ottanta e giura che a destra non ha mai votato.
Spiccano i fittiani, capitanati da Luciano Ciocchetti e dalla senatrice Anna Cinzia Bonfrisco, e ci sono tanti esponenti di Ncd come Andrea Augello e Roberta Angelilli. Presente anche Gaetano Quagliariello.
Nel mezzo di questo spaccato politico-romano, in prima fila c’è Michele Placido: “Intendiamoci – dice l’attore – sono venuto qui a vedere Marchini e per capire a chi indirizzare il mio voto e credo che lo darò a lui. Io ho sempre votato a sinistra, ho anche aiutato la Giunta Veltroni, ma negli ultimi anni sono rimasto deluso. Da destra a sinistra sono tutti coinvolti in Mafia Capitale e questo Pd non mi piace affatto. Le primarie di domani? Finte come quelle del centrodestra”.
In platea c’è anche la campionessa di sci di fondo Manuela Di Centa, adesso dirigente sportiva, con un passato da deputata di Forza Italia nelle ultime due legislature. “Sono questi i campioni che ci piacciono”, dice Marchini salutando lei e il maestro Michele Placido. Sul palco sale anche Ugo Marchetti, generale della Guardia di Finanza, oggi magistrato della Corte dei Conti: “Daremo a questa città – dice – la dimensione che merita”. Ci sono anche due costruttori molto importanti a Roma, i fratelli Pierluigi e Claudio Toti.
In sala ci sono più di 2000 persone, o “grandi cuori”, come li chiama Alessandro Adornato, ex consigliere capitolino della lista Marchini che ha avuto il compito di illustrare parte del programma: cento cose concrete da fare subito divise in dieci punti. Un esempio? “Chiudere i campi rom non autorizzati e far pagare il biglietto sull’autobus facendo entrare i passeggeri solo dal lato destro del mezzo dove c’è il conducente. La città deve tornare ad essere pulita, funzionale e sostenibile. Roma diventerà di nuovo un centro economico per il Paese”, assicura prima di passare la parola a Marchini, il quale esordisce dicendo: “Non sono un one man show. Non si danno pace perchè noi siamo ancora qua. Il mio progetto di vita è amare Roma. Questi partiti da destra a sinistra hanno tradito il popolo, le periferie. È da qui che bisogna partire”. Gli attacchi vengono riservati in particolare a Guido Bertolaso: “Fa tenerezza, si fa fare la garetta da papà Silvio. Venga in mezzo alla gente a confrontarsi, al posto di fare le primarie contro se stesso e perdere comunque”.
Nemico però è anche il Movimento 5 Stelle: “Sono in una riunione di condominio permanente”.
L’obiettivo è – spiega chi è in contatto costante con Marchini per organizzare la campagna elettorale – intercettare il voto di protesta. I sondaggi che circolano nel quartier generale danno il candidato sindaco anche tra il 12-14% ma nessuno vuole sbilanciarsi più di tanto e tutti si chiudono in un “ancora è presto, tre mesi sono lunghi e non sappiamo ancora chi saranno i nostri competitor. Comunque siamo in crescita”. Di certo, fa notare più di qualcuno in sala, tra cui Ciocchetti, “le divisioni del centrodestra non aiutano”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 5th, 2016 Riccardo Fucile
LE MANOVRE DELLA LOMBARDI E IL DIALOGO COL SINDACATO USB
Nella corsa verso le elezioni per il Campidoglio si stanno tessendo a Roma trame sottotraccia che vanno conosciute e raccontate.
Una degli ultimi giorni è sorprendente: la faraona del Movimento romano, Roberta Lombardi, molto legata a destra (come Virginia Raggi, del resto), ha costruito in parallelo anche una strategia simmetrica che potrebbe rivelarsi decisiva: portare la gran parte dell’Usb, il sindacato di base, legato alla sinistra-sinistra romana, a votare per il Movimento cinque stelle alle elezioni per il sindaco.
Il che farebbe di lei il kingmaker della Raggi, in grado di condizionare e orientare. È una storia che va raccontata con la voce di uno dei protagonisti, uno dei sindacalisti di punta, che la possono rivelare.
«La Lombardi ha lavorato moltissimo sull’Usb, lo ha usato per dare una spallata a Marino, è riuscita a produrre una scissione in cui più della metà dell’unione di base ormai è decisa a votare M5S a Roma. Ha promesso molte contropartite politiche interessanti, e va in giro dicendo che “il vero sindacato siamo noi”, o che “l’Usb è l’unico sindacato che davvero fa gli interessi dei lavoratori”…».
Già questa notizia è molto sorprendente: mentre Grillo e le webstar del Movimento sparano contro i sindacati tradizionali definendoli «morti», «zombi», o talvolta «venduti» agli interessi forti, a Roma sta accadendo che il Movimento – proprio come un vecchio partito – metta su operazioni anche ciniche e attragga a sè pezzi importanti (e pacchetti i voti) di sindacalismo romano, che porteranno molti consensi al Movimento.
Un sindacalismo battagliero, di area un tempo legata a Sel, vicino anche ai movimenti per le occupazioni di case (che peraltro non piacevano al M5S delle origini, che poneva la legalità come cardine irrinunciabile).
Operazione speculare allo sfondamento pariolino nei salotti di destra che la Raggi può garantire.
«Nulla di male, sia chiaro, in queste tessiture politiche; anzi, una certa spregiudicatezza; ma qualcosa di molto diverso dallo spirito originario del Movimento, che diceva di abbattere le intermediazioni («i cittadini devono poter dire la loro direttamente, senza filtro di apparati sindacali»), vietava le alleanze e forme di «collateralismo» classiche della vecchia politica.
Si tratta di una strategia della sola Lombardi, che resta sia pure ammaccata la capa romana (ha dovuto incassare una candidata, la Raggi, che lei non ama affatto)? Oppure è ciò che in tante aree d’Italia ormai fa il Movimento, attraverso i vari proconsoli locali di Casaleggio?
Di certo nelle riunioni avvenute tra M5S e Usb si è parlato anche di poltrone.
La faraona assicura all’Usb che l’assessorato al bilancio in Campidoglio, molto gradito al mondo sindacale di base, sarà di Luciano Vasapollo, professore di analisi dei dati di economia applicata a Roma e direttore del Centro studi Cestes, uno dei teorici del reddito di cittadinanza.
È una poltrona, quella dei conti a Roma, di importanza superiore a quella di tanti ministeri del governo centrale. Lombardi vorrebbe poi (lo disse anche pubblicamente Di Battista) Marcello De Vito vicesindaco, ma su questo è arrivato uno stop secco dalla Casaleggio.
E spinge per fare assessore il prefetto Marilisa Magno.
In più si sta informando sull’organizzazione dei 24mila dipendenti e 250 dirigenti del Comune di Roma, pronta a uno spoil system fatto di lusinghe e promesse seminate in giro per Roma.
Se il M5s mettesse le mani sul Campidoglio, vuole essere la faraona a comandare più di Virginia Raggi, e un Movimento assai simile nelle pratiche al tardo andreottismo.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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Marzo 5th, 2016 Riccardo Fucile
CONTESTATO L’AD DELLA POPOLARE DI VICENZA: LE AZIONI VALGONO UN DECIMO
Fischietti, urla, imprecazioni. ![](http://s10.postimg.org/tmgamq00p/VICEMZA.jpg)
L’assemblea dei soci della Banca Popolare di Vicenza, chiamata oggi a decidere sul futuro dell’istituto, ha preso il via all’insegna della contestazione nei confronti dell’amministratore delegato, Francesco Iorio.
Non appena il manager ha iniziato a spiegare perchè i soci devono dire tre volte Sì alla trasformazione della banca da Popolare in Spa, all’aumento di capitale e alla quotazione in Borsa, dalla platea è montata la protesta.
Tra i 5.448 soci presenti a decine hanno iniziato a urlare contro il manager, accusandolo di non aver fatto abbastanza per risollevare le sorti della banca.
L’accusa più pesante è quella di non aver tutelato il valore delle azioni in mano ai soci che, negli ultimi dieci mesi, è passato da 62,5 a 6,3 euro.
“Si è presentato qui recitando il suo curriculum, dicendo io vengo dalla Bocconi, sono stato 20 anni lì, 10 anni qui… ma a noi non frega nulla: a noi interessa che non si è fatto nulla, non si è fatto lo spolverone”, racconta Elisa T., un’azionista che sta partecipando insieme ai suoi familiari all’assemblea in corso al capannone della Perlini Equipment di Gambellara, in provincia di Vicenza.
I soci della Banca Popolare di Vicenza hanno detto sì alla trasformazione in Spa. Hanno votato in 11.353, A favore sono stati 9.304 (81,95%), Contrari 1.933 (17,02%) Astenuti 116 (1,02%).
In quel capannone, due anni fa, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, veniva osannato dagli industriali locali di Confindustria.
Oggi il clima è decisamente diverso perchè la banca si trova di fronte a un bivio e sotto la sorveglianza speciale della Bce.
Se dai soci non arriveranno tre sì alle richieste che l’istituto guidato da Mario Draghi ha messo su una missiva, che è stata letta all’inizio dell’assemblea, il futuro della banca potrebbe incorrere nel bail-in, cioè il salvataggio interno, travolgendo a valanga azionisti, obbligazionisti e correntisti con depositi superiori ai 100mila euro. L’amministratore delegato di Bpvi ha ribadito il concetto di fronte alla platea dell’assemblea: “Purtroppo non abbiamo alternative concrete: la Bce è stata molto chiara, siamo a un bivio o proseguiamo nel risanamento e nel rilancio oppure per questa banca si aprono scenari che non voglio neanche ipotizzare perchè non permetterebbero nessuna ripresa di valore”.
“Non è accettabile questo ricatto: nell’odierno cda sono quasi tutti della vecchia guardia, quella di Zonin, che ha mandato la banca a gambe all’aria”, commenta un altro azionista presente all’assemblea.
Il clima è teso e qualcuno dal palco degli interventi non ha retto all’emozione.
Lino Lorenzato, un pensionato che ha perso i suoi risparmi sottoscrivendo le azioni della Popolare di Vicenza, è intervenuto con parole amare: “Nel 2012 mi hanno fatto investire soldi per comprare azioni. Ho detto ‘guardate che se capita male quei soldi li voglio subito’. Mi hanno detto ‘non ci sono problemi li avrà in cinque giorni’. Nel 2013 ho fatto anche l’aumento capitale perchè erano messi male e adesso in poche parole ci hanno rubato tutti i nostri piccoli risparmi che abbiamo famiglia”.
Al tavolo di fronte alla platea, oltre Iorio, ci sono il presidente di Bpvi, Stefano Dolcetta e il governatore del Veneto Luca Zaia. Davanti a loro tanti risparmiatori. Una di loro al microfono dice: “Non permettiamo che operai e pensionati che avevano affidato i loro risparmi vengano derubati. Dobbiamo registrare il nostro no, rivogliamo i nostri risparmi, sono nostri e voi ce li darete”.
Per la Popolare di Vicenza è una giornata di passione.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 5th, 2016 Riccardo Fucile
I DEM PRESENTANO UN’INTERROGAZIONE IN PARLAMENTO SUL CONTROLLO DELLE MAIL AI PARLAMENTARI
Gulag, inquietante spy story, Watergate, setta oscura.
Il Partito Democratico va all’attacco del Movimento 5 Stelle dopo che il Foglio ha documentato come funziona il controllo dei parlamentari grillini da parte della Casaleggio Associati, la società che fa capo al guru Gianroberto.
Ombre che ora il PD chiede di dipanare perchè è a rischio l’esercizio della funzione parlamentare.
Non solo: il senatore dem Stefano Esposito depositerà la prossima settimana un’interrogazione parlamentare al Presidente del Consiglio e al ministro dell’Interno per fare luce sull’accaduto.
“E prima ancora – dice all’HuffPost – chiederemo alle presidenze di Camera e Senato di dare mandato ai questori di avviare un’indagine interna”.
Anche perchè “noi sappiamo che la vicenda ha riguardato parlamentari a 5 stelle, ma chi ci dice che la Casaleggio Associati non abbia violato la privacy anche di altri parlamentari non del Movimento? Il dubbio è lecito, stando a quanto raccontato dal Foglio. Bisogna capire se dobbiamo fare i conti con una nuova Costituzione, quella della Casaleggio Associati”.
“C’è un gruppo politico manovrato, ricattato, minacciato e diretto dall’ufficio di una società privata a Milano di cui non si sa nulla – continua Esposito – Abbiamo fatto una battaglia contro Berlusconi ma almeno Berlusconi si è candidato. Casaleggio invece vuole dirigere il Paese standosene chiuso nel suo ufficio”.
PD all’attacco. “Che Casaleggio fosse il vero, oscuro e nascosto capo del M5S era già chiaro, ma è davvero inquietante leggere che spia i suoi parlamentari. La ‘Spectre’ al confronto sembra un’associazione di dilettanti”, ha dichiarato il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini.
“Questa – ha aggiunto – è una brutta idea di democrazia. Mentre noi siamo in mezzo alle persone a scegliere i candidati, lui mette in piedi sistemi per il controllo totale degli eletti del Movimento. Se la vicenda venisse confermata, sarebbe una cosa gravissima, tale da mettere a repentaglio i principi democratici. Per di più con i soldi dei gruppi parlamentari, cioè dei cittadini”.
“Mi rivolgo alle istituzioni della Camera per sapere come sia possibile che una società esterna possa controllare e spiare le mail e vari documenti di parlamentari”, ha rincarato la dose il capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato.
“Mi aspetto che la presidenza della Camera, l’ufficio dei Questori vogliano chiarire quanto prima questa violazione della privacy anche al fine di valutare un eventuale intervento della magistratura”.
Il problema di un presunto controllo da parte dell’azienda del ‘guru’ dei 5 Stelle in realtà uscì già molto tempo fa: per la precisione nel mese di ottobre del 2014 ci furono sospetti di hackeraggio di e-mail con la cancellazione di mail ad una trentina di parlamentari pentastellati.
Ci furono diverse assemblee infuocate dei parlamentari grillini che portarono alla nota del gruppo parlamentare M5S con la quale si avvertiva che, in caso di “ingressi abusivi nei sistemi informatici” o “qualunque altro utilizzo improprio del server” ci sarebbe stata una “segnalazione all’Autorità “.
La Casaleggio Associati precisò di non essere coinvolta in alcun modo e annunciò una “denuncia contro ignoti per accertare i fatti di natura diffamatoria e lesiva nei confronti della società stessa”.
Ora il “sistema” di controllo a danno dei parlamentari torna alla ribalta.
La vicepresidente della Camera, Marina Sereni, ha dichiarato: “Documenti e mail attesterebbero la violazione da parte della Casaleggio associati del server del gruppo parlamentare M5S”, per questo “ritengo sia opportuno un approfondimento ed un chiarimento, in primo luogo nell’interesse dei colleghi pentastellati e a difesa dell’Istituzione Parlamentare. I gruppi sono soggetti essenziali nel lavoro della Camera, i deputati vi aderiscono volontariamente per poter meglio esplicare la loro attività . Per questo non possiamo dimenticare la Costituzione e le leggi che riconoscono ad ogni cittadino la inviolabilità delle comunicazioni personali e ad ogni parlamentare il diritto-dovere di esercitare liberamente e secondo coscienza il proprio mandato di rappresentante della Nazione”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 5th, 2016 Riccardo Fucile
PRIMARIE PD CON UN SEGGIO ORIGINALE
L’associazione c’è, ma non si vede. ![](http://s29.postimg.org/a0171n5rb/Studio_Tommaselli_Napoli_675_320x132.jpg)
Un po’ come la nebbia a Milano secondo Totò.
A Napoli nel quartiere Soccavo, come indicato sul sito del Pd, uno dei seggi in cui domenica si voterà per le primarie di centrosinistra si trova in via dell’Epomeo 180, in un parco privato, dove ha sede lo studio medico dell’ex assessore allo sport di Luigi De Magistris, Pina Tommasielli, ora vicina ai democrat.
La Tommasielli assicura che non c’è stata alcuna violazione al regolamento perchè lo studio è anche sede dell’associazione Arcobaleno Flegreo.
Peccato che nel parco, in cui ci sono anche molti negozi, nessuno abbia mai sentito parlare di questa associazione, nemmeno il custode che lavora lì da 5 anni.
Appena lo studio medico apre non c’è alcun segno dell’associazione, ma solo un foglio appeso all’ingresso in cui si specifica:”Questo studio è sede per votazione primarie di centrosinistra”
Fabio Capasso e Veronica Bencivenga
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 5th, 2016 Riccardo Fucile
BERCETO, LA SINGOLARE PROTESTA DEL PRIMO CITTADINO CONTRO I TAGLI DEL GOVERNO
Un sacco da boxe di fronte all’ingresso del municipio per dare modo ai cittadini di sfogare la propria rabbia prima e dopo avere avuto a che fare con la pubblica amministrazione.
È l’ultima provocazione di Luigi Lucchi, sindaco di Berceto, in provincia di Parma, che in passato si è già distinto per le sue proteste contro i tagli agli enti locali e l’aumento delle tasse. Pochi giorni fa il primo cittadino ha fatto montare nei giardini di fronte all’entrata del palazzo comunale un sacco da boxe, con tanto di cartello in cui invita gli abitanti del comune sull’Appennino parmense a scaricarsi con pugni e calci.
“Cari concittadini — si legge nella targa di fianco al sacco, con il messaggio a firma Luigi Lucchi — Considerando il nostro bilancio, derubato prevalentemente, dal 2012, dallo Stato, sfogateVi prima di entrare, ma anche dopo”.
È il sindaco stesso a chiarire il motivo del gesto eclatante: “Ci sono i racconti e poi c’è la realtà . La realtà , sempre contrastata dall’amministrazione comunale di Berceto, è quella di un Governo che ‘ruba’ dalle tasse e imposte comunali ingenti risorse”.
Quindi, elenca i prelievi di Roma: il 100% dell’Imu sui fabbricati produttivi, il 50% circa dell’Imu sulle seconde case, il 100% dell’Iva, a cui si aggiungerebbe l’80% del tempo al personale del Comune retribuito dai bercetesi, ma utilizzato dallo Stato “per applicare una burocrazia idiota”.
Lucchi ha spiegato che dal 2012 il Comune di Berceto non ha avuto più trasferimenti dallo Stato, anche se da quella data, “con le tasse e imposte che i cittadini sono convinti di versare al Comune, manteniamo lo Stato”.
Senza contare, continua il primo cittadino, tutti i disagi di un piccolo paese di montagna, i cui abitanti non hanno diritto, per esempio, a vedere i canali Rai perchè si ricevono male (o non si ricevono affatto), o a ricevere la posta tutti i giorni.
“Angherie che si riservano solitamente a dei ‘servi’ e non a dei cittadini di un popolo sovrano” conclude il sindaco, che per questo motivo ha deciso di offrire ai bercetesi l’opportunità di una valvola di sfogo proprio davanti al municipio.
“Tutto senza alcuna spesa per il comune — specifica Lucchi a ilfattoquotidiano.it — perchè il sacco mi è stato regalato da un conoscente”.
Il sindaco del paese montano non è nuovo a questo genere di iniziative simboliche.
Nel 2013 si era presentato davanti al Quirinale, intenzionato a rimanere in mutande con la fascia tricolore per protestare contro l’aumento delle tasse introdotto dal governo Monti, anche se poi era stato costretto a rinunciare a spogliarsi dalle forze dell’ordine.
Sempre per lo stesso motivo nello stesso anno era pronto a denunciare lo Stato contro i “furti legalizzati” a spese dei cittadini, e travestito da mendicante aveva chiesto l’elemosina all’uscita della Cattedrale di Parma per esprimere contrarietà ai tagli del governo alle amministrazioni locali.
Una delle sue ultime provocazioni era stata l’autocandidatura, a inizio gennaio 2015, a presidente della Repubblica dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano.
Silvia Bia
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 5th, 2016 Riccardo Fucile
CON L’INVIO DEGLI INCURSORI IL PREMIER HA BYPASSATO IL VOTO…SEGRETATE LE INFORMAZIONI IN MANO AL COPASIR
Operazioni militari di intelligence o guerra segreta incostituzionale fuori dal controllo del Parlamento? ![](http://s14.postimg.org/m8huhm6ip/libia.jpg)
Per Felice Casson, segretario del Copasir, l’impiego in Libia di forze speciali italiane decretato da Renzi a febbraio, sarebbe “fuori dalla legge e dalla Costituzione” se non rispetterà i limiti previsti dalla legge.
“Ma il Parlamento non potrà controllare perchè le informazioni sono secretate”, denuncia Luca Frusone, membro M5S della commissione Difesa.
Non è certo la prima volta che l’Italia entra in guerra, con buona pace dell’articolo 11 della Costituzione, regolarmente aggirato con l’artificio semantico delle “missioni di pace” o con la foglia di fico delle autorizzazioni dell’Onu e della Nato.
Ma è una novità assoluta nella storia d’Italia che truppe da combattimento italiane vengano inviate in zona di guerra su iniziativa personale del Presidente del Consiglio senza alcun voto in Parlamento.
Decidendo l’invio in Libia degli incursori del 9 reggimento “Col Moschin”, Renzi si è avvalso per la prima volta del nuovo potere attribuitogli da un emendamento infilato, su iniziativa del senatore dem Nicola Latorre, in una legge approvata alla fine dell’anno scorso.
L’articolo 7 bis della legge n.198 dell’11 dicembre 2015 di conversione del decreto di proroga delle missioni militari all’estero, approvata dalla Camera il 19 novembre e al Senato il 3 dicembre, consente al premier, acquisito il parere (non vincolante) del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) di mobilitare “forze speciali della Difesa con i conseguenti assetti di supporto della Difesa” per far fronte a “situazioni di crisi o di emergenza all’estero che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all’estero”.
Per il senatore Democratico e membro del Copasir Felice Casson, “questa norma è estremamente restrittiva perchè consente al presidente del consiglio di impiegare forze speciali solo in casi eccezionali, molto circoscritti e limitati, unicamente a supporto di operazioni d’intelligence, non certo per missioni belliche per le quali ovviamente serve l’autorizzazione del Parlamento. I dettagli operativi della missione delle forze speciali in Libia non sono ancora stati decisi, perchè non è stata ancora emanata la direttiva di attuazione del decreto del presidente del consiglio. Se si uscisse da questo quadro di eccezionalità saremmo fuori dalla legge e fuori dalla Costituzione”.
In teoria, i dieci parlamentari del Copasir potranno acquisire dai servizi segreti (Aise) informazioni sull’andamento della missione delle nostre forze speciali in Libia, ma queste informative, ammesso che siano complete e veritiere, non potranno essere rese pubbliche secondo l’articolo 36 della legge 124/2007.
“Con il sistema introdotto dall’emendamento Latorre il Parlamento non potrà sapere cosa effettivamente staranno facendo le nostre forze speciali nel teatro di guerra libico perchè tutti gli atti relativi verrano secretati. Non sapremo se le unità del Col Moschin si limiteranno a fornire supporto ad operazioni di intelligence o se invece andranno oltre le competenze dei servizi conducendo operazioni antiterrorismo e missioni di combattimento, come probabilmente sarà in Libia”.
Un altro problema, oltre al reale mandato di queste operazioni, riguarda la loro reale consistenza e dimensione in termini di uomini e mezzi militari impiegati.
Se secondo il senatore Casson “la norma riguarda esclusivamente l’impiego di forze speciali Tier-1 escludendo altri assetti”, vale a dire i soli corpi d’èlite delle quattro forze armate (il 9° Col Moschin dell’Esercito, gli incursori Comsubin della Marina e quelli del 17° stormo dell’Aeronautica, più i Gis dei Carabinieri), è vero che la legge parla anche di “conseguenti assetti di supporto della Difesa”, cioè le Unità di Supporto Operativo (forze Tier-2 in gergo militare) del 3° reggimento elicotteri per le operazioni speciali (Reos) “Aldevaran”, con elicotteri AB-412 e CH-47 e NH-90, dell’11° reggimento Trasmissioni dell’Esercito e, all’occorrenza, del 185° reggimento Ricognizione acquisizione obiettivi (Rao) della Folgore e dei Rangers del 4 º Alpini “Monte Cervino”.
“C’è il rischio — denuncia Frusone — che con questa nuova modalità extraparlamentare vengano impiegate in Libia non solo poche decine di forze speciali ma anche gli uomini e i mezzi delle forze Tier-2 di supporto operativo”.
Secondo fonti del Pd critiche verso l’emendamento Latorre, non c’è alcun dubbio in proposito: “La vera novità di questa procedura non è l’impiego delle forze speciali, ma quello dei cosiddetti assetti terrestri di supporto, terrestri, aerei e se necessario anche navali”.
Insomma, più che un semplice supporto a operazioni di intelligence, una missione di guerra segreta sul modello della “Operazione Sarissa” delle forze speciali italiane della Task Force 45 in Afghanistan lanciata nel 2006 da Prodi, D’Alema e Parisi.
Nulla di nuovo sotto il sole.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 5th, 2016 Riccardo Fucile
QUANDO RIVOLGERSI A UNA PLATEA PIU’ AMPIA PUO’ DIVENTARE CONTROPRODUCENTE SE FAI LA FIGURA DEL PIRLA
Senza offesa per la quasi totalità degli stanchi talk politici, che fanno più tendenza che ascolti, per i nuovi leader politici, meglio se populisti, la santa unzione televisiva arriva con Maria De Filippi su Canale 5, la rete ammiraglia dell’impero berlusconiano.
È stato così per il populista Matteo Renzi, inchiodato ad Amici, inchiodato nel senso del chiodo fonziano, ed è così adesso per il suo gemello leghista Salvini, l’altro fatidico Matteo.
Il debutto è previsto questa sera e il Fatto ha visto in anteprima la performance salviniana. Non un granchè a dire il vero.
Ma quello che conta è il medium, più che la sostanza stavolta, parafrasando McLuhan buonanima, perdipiù in casa dell’ex Cavaliere.
“Lombi” e “Piemonti” mamme di figli verdi.
Detto questo, l’altro Matteo defilippizzato appare in giacca e camicia, non con la felpa stampata per l’occasione, con la scritta C’è posta per te, e assiste timidamente divertito alla spiegazione della lettera che gli hanno inviato due prostitute d’eccezione, alias Ezio Greggio ed Enzo Iacchetti.
I due comici travestiti all’uopo gli hanno infatti spedito una missiva che, al netto delle risate e delle battute, è davvero pesante nei contenuti.
Le due prostitute si chiamano “Lombi”, in onore della Lombardia, e “Piemonti” e sfottono la crociata salviniana per le case chiuse.
Motivo? “Caro Matteo ci vuoi rinchiudere perchè ci vuoi tutte per te, sei un nostro vecchio cliente”.
Un po’ come Berlusconi con le olgettine ad Arcore. Paragone scomodo, vista la rete. Idem sui migranti. Lombi e Piemonti parlano della geniale idea leghista di mandarli sulle piattaforme petrolifere e suggeriscono: “Perchè non circondarle con degli squali in mare?”.
Poi chiosano: “Neanche Stalin aveva avuto questa idea”.
Non manca la scivolosa questione della razza con lo sketch di due infanti verde padano, Ottone e Salvino, avuti dalle due prostitute e non riconosciuti dal padre.
Il leader leghista ride sempre.
Salvini ride sempre e alla fine non c’è il siparietto ad personam con la conduttrice, a differenza di quanto accadde con Renzi ad Amici.
L’unico sussulto aggressivo è nell’introduzione quando il postino gli consegna la lettera. Il quarantenne leghista risponde: “Accetto ma se vengo e trovo la Fornero me ne vado”. La comparsata di sabato sera a C’è posta per te amplia dunque la platea televisiva del leader leghista, ma non è detto che questo sia sempre positivo.
La media di De Filippi è almeno sei volte quella dei poveri talk consunti, sei milioni contro uno, quando va bene.
Incognita degli ascolti a parte, l’impatto appare però timido e imbarazzato rispetto ai precedenti, dallo stesso Renzi allo scrittore Roberto Saviano, che andò ad Amici nella chiave pedagogica e gramsciana del nazionale-popolare, con il trattino, e cioè per parlare di temi importanti a un pubblico largo.
E senza dimenticare la vecchia tata di Piero Fassino che si rivolse a “Maria” per ritrovare il pargolo diventato un lungagnone di sinistra.
Fassino accettò, era la metà degli anni dieci e lui era segretario dei Ds, e ovviamente non mancarono critiche e polemiche dai suoi compagni di partito.
Il percorso televisivo e la febbre da sabato sera.
Salvini ha costruito il suo boom proprio grazie all’onnipresenza in ogni salotto televisivo, da mattina e a sera passando per qualche contenitore pomeridiano.
Solo che da Maria De Filippi, Salvini paga l’inesperienza da one man show, tipica invece di Renzi e prima ancora di Berlusconi.
Un conto è avere una tribuna tutta per sè per il solito comizio contro tutto e contro tutti, altro è cimentarsi con il carisma popolare di Maria De Filippi, in una platea come quella del sabato sera.
Il rischio di subire, anzichè padroneggiare il medium esiste, come dimostra l’incursione salviniana.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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