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DA FELLINI AGLI SPOT, UNA VITA PER LO SPETTACOLO: E’ MORTO RICCARDO GARRONE

Marzo 14th, 2016 Riccardo Fucile

AVREBBE COMPIUTO 90 ANNI A NOVEMBRE

Una carriera lunga quasi 60 anni, oltre 200 film che hanno fatto la storia del cinema italiano e quel ritorno di popolarità  a distanza di anni in tv.
È morto in ospedale a Milano l’attore Riccardo Garrone, avrebbe compiuto 90 anni a novembre.
Indimenticabile il suo volto, dai tanti film in bianco e nero fino al ruolo di San Pietro negli spot pubblicitari per la Lavazza.
Con ironia raccontava che la gente lo fermava per strada per chiedergli di «intercedere con il Paradiso».
Tutta la vita con la stessa compagna, con la moglie Grazia Maria 60 anni di matrimonio: «Una grande fortuna. Ha pazienza, ma mi sgrida per la mia pigrizia quando non lavoro – raccontava -. Lei è milanese, io romano».
Lui un metro e 87, lei un metro e 48: «Piccola e tosta».
I FILM  
Dopo l’accademia drammatica e l’esordio con Mario Mattoli (Adamo ed Eva) ha lavorato con tutti i grandi nomi da Fellini (La Dolce Vita) a Mario Monicelli (Il medico e lo stregone), Luigi Zampa (Il vigile), Ettore Scola, Damiano Damiani, Nanni Loy (Audace colpo dei soliti ignoti).
Tra i suoi ruoli da ricordare il prete don Fulgenzio in Venezia, la luna e tu, il fusto in Belle ma povere, il poliziotto in Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo di Bolognini, l’amico sciupafemmine di Alberto Sordi in Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata. In carriera anche il personaggio del geometra Calboni, in Fantozzi subisce ancora.
TEATRO  
Nel 1950 aveva iniziato a recitare anche in teatro, prima con la compagnia Gassman-Torrieri-Zareschi, poi anche con la compagnia Morelli-Stoppa, diretta da Luchino Visconti.
Tornerà  al teatro nel 1990: lavora al Teatro Sistina interpretando la commedia musicale Aggiungi un posto a tavola nella parte della voce di Dio.
“UN MEDICO IN FAMIGLIA”  
Nel 1998 interpreta il ruolo di Nicola Solari nella serie televisiva Un medico in famiglia . Tornerà  ad indossarne i panni nel 2004, nella quarta stagione, ma prenderà  parte solo a due episodi.
DOPPIAGGIO  
Fra i tanti personaggi cui ha prestato la voce, Lucifero in Il gatto con gli stivali, Fido in Lilli e il vagabondo, il Dottor Watson in Il fiuto di Sherlock Holmes.

Elena Masuelli
(da “La Stampa”)

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BERTOLASO: “LA MELONI FACCIA LA MAMMA”

Marzo 14th, 2016 Riccardo Fucile

“PER ME PIU’ VOTANTI CHE A PRIMARIE PD”

“La Meloni deve fare la mamma, mi pare che sia la cosa più bella che possa capitare ad una donna“.
Così il candidato sindaco di Roma del centrodestra, Guido Bertolaso, ospite a “Fuori Onda” (La7) risponde a una domanda sul possibile ruolo della leader di Fratelli d’Italia nella sua squadra.
“Non vedo perchè qualcuno — spiega l’ex capo della Protezione civile — debba costringere la Meloni a fare una campagna elettorale feroce proprio nel momento in cui deve incominciare ad allattare. Credo che sia una cattiveria. Io, comunque, mi candido”.
Poi in merito alle gazebarie di Forza Italia che, secondo il comitato elettore di Bertolaso alle 19 hanno visto il candidato al 96,7% con 45mila-48mila romani al voto, l’ex Protezione civile dice: “Sono venuti i romani e hanno detto quello che pensano in modo chiaro e sono stati più di quelli che sono andati a votare per le primarie del Pd. Con Salvini penso di aver già  chiarito: le ruspe sono un metodo demagogico“.
Infine, rispetto alla vicenda giudiziaria che lo vede imputato per omicidio colposo per il terremoto a L’Aquila, Bertolaso dice: “Rinuncerò alla prescrizione e mi sottoporrò al giudizio della magistratura”
Ieri un Silvio Berlusconi in grande forma era apparso a Roma per sostenere il candidato sindaco di Forza Italia. Su questo nome il Cav è deciso: su Bertolaso non si torna indietro.

(da agenzie)

argomento: Roma | Commenta »

MAROCCHINO RAPINATO A COMO DA UNA COPPIA DI ITALIANI

Marzo 14th, 2016 Riccardo Fucile

ARRESTATI IN STAZIONE DOPO AVERGLI RUBATO IL PORTAFOGLIO

Lui ha 50 anni ed è residente a Como (risponde alle iniziali U.M), lei di anni ne ha 33 e vive a Brenna: insieme hanno rapinato un cittadino extracomunitario che si trovava alla stazione di Mariano Comense.
La vittima è un uomo di 43 anni: secondo la testata locale QuiComo, il marocchino è stato avvicinato dai due italiani, abili nel distrarlo e nel rubargli il portafogli.
Ma quello che sembrava essere un furto con destrezza si è ben presto trasformato in una cosiddetta rapina “impropria”: il marocchino si è infatti accorto di aver subito il furto e quando ha cercato di riprendersi il portafogli si è visto minacciare pesantemente.
E’ allora che il cittadino extracomunitario ha deciso di arrendersi e di avvertire le forze dell’ordine.
I carabinieri hanno rintracciato la coppia nel vicino ospedale di Mariano Comense: l’uomo è stato trovato con una banconota da 100 euro (la cifra denunciata dalla vittima della rapina), la donna era invece in possesso del portafoglio rubato che ha riconsegnato spontaneamente.
I due sono stati portati nel carcere Bassone di Como.

(da agenzie)

argomento: Giustizia | Commenta »

NOBILE, AMUNDSEN E IL DIRIGIBILE “NORGE”: 90 ANNI FA IL MONDO RESTO’ DI GHIACCIO

Marzo 14th, 2016 Riccardo Fucile

L’IMPRESA “IMPOSSIBILE” DEL DIRIGIBILE GUIDATO DA UN ECCEZIONALE MERIDIONALE

Quando il re di Norvegia, Harald V, visiterà  Roma e Milano ai primi d’aprile, saranno passati novant’anni da quando suo nonno Haakon VII decise di scendere da palazzo per accogliere, insieme a migliaia di persone, l’arrivo del dirigibile Norge a Oslo.
Il sovrano attese un’ora alla base del pilone d’attracco per salutare i due protagonisti della spedizione che li avrebbe portati non solo a sorvolare per la prima volta il Polo Nord, quanto a scoprire che l’unica regione ancora ignota della Terra non era terra – come molti credevano – bensì mare ghiacciato.
Un’impresa che, un mese dopo, il 12 maggio 1926, fu vissuta nel mondo quasi con l’emozione di uno sbarco sulla Luna.
Ma sotto quel pilone, quando il sovrano strinse la mano a Roald Amundsen, esploratore veterano, e al giovane colonnello Umberto Nobile, si celebrò anche uno dei momenti più intensi della relazione tra Norvegia e Italia: non classica attrazione degli opposti ma piuttosto il risultato di sintonie culturali (Ibsen e Pirandello) e di sintonie di carattere.
In fatto di spedizioni, Italia e Norvegia, soprattutto in quei decenni, se la giocavano.
Il Duca degli Abruzzi, per dire, nel 1900 aveva piantato la bandiera alla latitudine Nord più avanzata dell’epoca.
Sono anni di retorica, di «ardimento italiano», ma anche di tanti primati di regime.
Uno dei fiori all’occhiello è senz’altro il dirigibile, venduto alle grandi potenze. Quando Amundsen vuole essere il primo a sorvolare il Polo Nord, dopo aver conquistato l’Antartide, non può che rivolgersi al direttore dello Stabilimento di costruzioni aeronautiche, un napoletano taciturno e ambizioso: Nobile riesce a ottenere da Mussolini l’incarico di pilotare il «suo» dirigibile, anche se non ha nemmeno il brevetto.
D’altronde anche Nuvolari guidava senza patente.
Nobile, come Mussolini, capisce che è un’occasione di gloria, mentre il ras del cielo Italo Balbo sente allungarsi l’ombra di un pericoloso concorrente.
A pagare, oltre al governo norvegese, è un avventuriero americano, Lincoln Ellsworth, cacciatore di orsi e oro in Alaska, ma l’Italia ottiene di condividere la missione. «Amundsen, che era un duro e un prepotente, subì quella trattativa e non si fidava di Nobile, tra i due fu diffidenza immediata», ricorda il pronipote, Petter Johannesen, responsabile di una società  norvegese nel settore petrolifero, esploratore polare a sua volta e molto legato all’Italia: «Lo giudicava un improvvisatore, tipico meridionale. Prima della partenza, durante un tragitto in auto a Roma, notò che Nobile accelerava nelle curve. Pensò come avrebbe guidato sui ghiacci… Invece si rivelò un pilota eccezionale ed eroico, specie nell’ultimo drammatico tratto».
Un altro elemento di scontro fu la scelta degli uomini, Nobile riuscì a imporre metà  dell’equipaggio e anche di farsi accompagnare da Titina, la sua cagnetta portafortuna.
Il volo non si poteva compiere in un solo tratto, bisognava procedere a tappe per rifornimento di benzina e idrogeno.
L’ultimo sbalzo , come il «Corriere» titolò una corrispondenza di Cesco Tomaselli dalla Baia del Re, sarebbe stato dalle isole Svalbard all’Alaska.
Il Norge attraversa l’Europa in una marcia d’avvicinamento che serve anche a far montare l’attenzione mediatica mondiale. Raggiunge prima Pulham in Inghilterra, quindi Oslo. Sulla rotta per Leningrado il primo impatto con la nebbia: il radiogoniometro dice Finlandia ma l’altezza del sole dà  mezzo grado più a Sud, Estonia.
Nobile controlla un fiume, cerca una traccia nelle architetture delle chiese. «Un gruppo di contadini sta a guardarci, mi viene l’idea d’interrogarli», annota.
Lancia un messaggio in tre lingue contenuto in una scatoletta di carne: «Che Paese è questo? Finlandia? Se sì, alzate le braccia». Ma non funziona. Decide di abbassarsi fino a leggere il nome di una stazione ferroviaria. Si trovano a Valga, al confine tra Estonia e Lettonia.
A Leningrado i Soviet riservano un’accoglienza solenne agli italiani (Amundsen s’imbarcherà  solo alle Svalbard), si mobilita mezzo Cremlino, l’Accademia delle Scienze offre un ricevimento memorabile, a Nobile viene assegnato il letto di Alexander Kerensky al Palazzo Imperiale (non a caso, dopo il disastro della seconda spedizione, quella dell’ Italia nel 1928, il reduce emarginato dal regime si auto-esilia in Urss).
Il tragitto verso le Svalbard fila via liscio, anche il Mare di Barents non si manifesta insidioso come previsto, «quasi una delusione» scrive Nobile.
Al 74° parallelo il primo ghiaccio galleggiante. Alla Baia del Re ci si prepara per l’attraversata: 7 mila chili di benzina, 370 di olio, 379 chili di viveri di riserva in grado di garantire un mese di sopravvivenza.
La sera del 10 maggio sul Norge partono in 16. Tolti Amundsen, il magnate Ellsworth e un giornalista norvegese, la manovra era affidata a 13 uomini: 6 italiani, 6 norvegesi e uno svedese.
Nobile spende parole speciali per Renato Alessandrini, attrezzatore e timoniere: «Di tanto in tanto andava in esplorazione sulla groppa della nave ad accertarsi che non vi si fosse formato del ghiaccio. Usciva e s’arrampicava con il vento gelido di 80 chilometri all’ora…».
Sono momenti che segneranno per sempre la storia di questa regione oggi al centro di una affollata corsa allo sfruttamento delle sue risorse.
Lanciato il tricolore al Polo insieme alle bandiere norvegese e americana, Nobile naviga per 50 ore filate senza mai prendere sonno, lotta contro banchi di nebbia, bufere e spezzoni di ghiaccio sparati come proiettili dalle eliche contro il fragile dirigibile.
La lingua di bordo è l’inglese ma Nobile dà  ordini in italiano: «Se mi ubbidivano era solo perchè le parole erano accompagnate da gesti molto chiari…».
Sono attesi a Nome, villaggio davanti allo Stretto di Bering, ma una tormenta costringe il comandante a un atterraggio d’emergenza qualche decina di chilometri prima, tra i pescatori eschimesi di Teller, un pugno di baracche.
Anche Amundsen ammette a denti stretti che la manovra del napoletano senza brevetto ha salvato la vita a tutti, «ma da lì le loro strade si divisero per sempre» ricorda il pronipote Petter.
«Non volle associarsi a quegli italiani che dopo 13 mila chilometri e 70 ore filate di trasvolata polare si presentavano agli indigeni vestiti in modo impeccabile, con la divisa di rappresentanza e si apprestavano a compiere, per ordine di Mussolini, un tour negli Usa, addirittura ospiti della Casa Bianca, in sostanza a sfilargli l’intera gloria dell’impresa».
Due anni dopo il vecchio e inacidito esploratore norvegese, appresa la notizia del disastro del dirigibile Italia , parte su un idrovolante francese alla ricerca di Nobile ma il destino lo ferma prima.

Marzio Mian
(da “il Corriere della Sera”)

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L’INCAUTO SINDACO LEGHISTA: “DUCE, QUANDO TORNI?”. MA SE TORNASSE VI METTEREBBE UNA CORDA AL COLLO

Marzo 14th, 2016 Riccardo Fucile

L’IGNORANZA DI CRISTINA BERTULETTI, SINDACO DI GAZZADA SCHIANNO (VA): “LO VORREI PIU’ CATTIVO CHE MAI”

“Duce oh Duce… quando ti reincarni?”: queste parole sono state affidate alla bacheca pubblica di Facebook da Cristina Bertuletti, sindaco leghista di Gazzada Schianno, comune di 5mila anime alle porte di Varese.
Un commento accolto da un’infilata di like   — una sessantina quelli che si contano dopo un giorno di permanenza del commento sulla pagina — e da una lunga serie di risposte tra il divertito e il solidale.
Tra un “Magari!” e un “boia chi molla” che non si nega ai cazzari padani, qualcuno parte chiedendo alla sindaca: “Cioè lo vorresti più grasso?” e lei, con tanto di sorriso, replica: “Grasso grosso e più cattivo che mai!”.
E poi continua: “Io sono leghista e ripudio tutto ciò che accomuna gli italioti”, fino a metterci il carico da novanta: “Il Duce, oggi, sarebbe più che leghista. Direi integralista”.
Per concludere degnamente il suo discorso da psichiatria, Cristina Bertuletti si chiede “E tutti sti cazzo di pseudo profughi che arrivano qua a farsi mantenere? Quanto investe il governo per questa gentaglia? Quanti soldi a Caritas e varie associazioni molto di lucro?”.
L’esternazione del primo cittadino leghista non è passata inosservata.
Come riporta la Prealpina, le opposizioni in consiglio comunale non commentano e nei prossimi giorni “decideranno se presentare una mozione per chiedere chiarimenti al sindaco”.
Chi commenta sono invece i vertici comunali e provinciali del Partito Democratico: “È inaccettabile che un rappresentante delle istituzioni come un sindaco usi parole così forti, fuori anche dalla storicità  del momento — ha dichiarato alla Prealpina il segretario Orlando Rinaldi.
Basso profilo anche da parte della segreteria provinciale della Lega Nord. Matteo Bianchi (che è anche sindaco del vicino comune di Morazzone) minimizza la vicenda e dice che si è trattato di una “boutade”.
La crassa ignoranza della leghista e dei suoi compagni di merendine che la porta ad accomunare il fascismo al leghismo fa parte della mancanza di cultura politica di una classe dirigente alla deriva.
Siamo passati dall’antifascismo di Bossi che voleva cercare i fascisti “casa per casa”, ai deliri qualunquisti del nuovo corso padagno.
Dove gli italiani sarebbero “italioti”, i profughi tutti “gentaglia”, la Caritas una mera associazione a fini di lucro.
Ci limitiano a ricordare che Mussolini non offendeva gli italiani, non auspicava la secessione, era per l’unità  nazionale e ha posto in essere leggi per tutelare i più deboli, non per farli affogare.
Non trafficava in dentiere e lingotti, non si faceva ristrutturare casa con soldi pubblici e non sistemava parenti negli enti locali.
Tra mille errori, almeno negli “anni del consenso”, questi sono dati di fatto inconciliabili con certa fogna..
In ogni caso è meglio che non torni, soprattutto “più cattivo”: la tentazione di mettere la corda al collo di qualcuno potrebbe venirgli.

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