Aprile 30th, 2016 Riccardo Fucile I DUE ESPONENTI DI SPICCO DI FDI NON CONDIVIDONO LA SCELTA DELLA MELONI SU TAGLIALATELA E RESTANO FEDELI ALL’ALLEANZA
I Fratelli d’Italia a Napoli sono Caino e Abele? Pare di sì: la rottura tra Marcello Taglialatela, nemico giurato di Gianni Lettieri e i portatori di voti del partito di Giorgia Meloni si è consumata nella giornata di ieri con l’ufficializzazione delle candidature al consiglio comunale di Marco Nonno, attuale vicepresidente del consiglio comunale, ed Enzo Moretto.
I due, che provengono entrambi da Fratelli d’italia, hanno deciso di appoggiare Gianni Lettieri e non Marcello Taglialatela, deputato e candidato ufficiale del partito della Meloni.
“Una scelta di coerenza — ha spiegato lo stesso Lettieri, candidato sindaco di Forza Italia che sfiderà per la seconda volta Luigi De Magistris — in quanto sono sempre stati al mio fianco in tutte le battaglie contro la mala amministrazione fatta dal clan di Luigi de Magistris. Entrambi dimostrano l’attaccamento al progetto Napoli, al suo risanamento, al suo riscatto per vincere quelle che e’ una battaglia di civilta’”.
Ora l’alleanza Fdi-Lega che peraltro nei sondaggi era data al 2% rischia di arrivare a percentuali da prefisso telefonico.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2016 Riccardo Fucile IL LEADER LEGHISTA HA INIZIATO A FIUTARE IL RISCHIO CAPORETTO
Si sono cacciati in un bel guaio Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che a Roma hanno evidentemente
tirato la corda oltre il punto di rottura.
La leader di Fratelli d’Italia aveva rifiutato l’ipotesi di sostenere Alfio Marchini, convergendo in un secondo momento sulla candidatura di Guido Bertolaso, mollato dopo pochi giorni e annunciando la discesa in campo per la corsa a sindaco della Capitale.
Di fatto, all’ex premier non era rimasto che optare per soluzioni alternative alla convergenza sulla Meloni, perchè quest’ultima avrebbe avuto il sapore di una resa alla linea oltranzista della Lega Nord, o meglio, del suo leader.
Sta di fatto, che il centro-destra corre diviso nella principale città italiana.
Non è un male, che ciò accada, perchè almeno così si fa chiarezza.
Lega e Fratelli d’Italia da una parte e Forza Italia, NCD e uomini di Raffaele Fitto dall’altra.
I sondaggi prima della scelta dell’ex premier indicavano uno scenario simile un testa a testa tra Meloni e Marchini per il secondo posto, ma qualche altri sondaggi riservati danno l’imprenditore capitolino avanti di qualche punto sulla leader di FdI.
E Francesco Storace oggi annuncerà di appoggiare proprio l’imprenditore, portandogli teoricamente in dote un altro paio di punti percentuali.
Nel caso di approdo al ballottaggio, Marchini sarebbe il candidato con le più elevate probabilità di battere la grillina Virginia Raggi.
Dunque, la scommessa di Berlusconi potrebbe rivelarsi vincente.
In ogni caso un’eventuale vittoria o un risultato comunque migliore di quello della Meloni aprirebbe scenari dirompenti sul piano nazionale.
Per Salvini sarebbe la fine.
Giuseppe Timpone
(da “Investire oggi”)
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Aprile 30th, 2016 Riccardo Fucile NCD SORPASSA FRATELLI D’ITALIA… CINQUESTELLE A DUE PUNTI DAL PD… SALVINI HA PERSO LA LEADERSHIP
Cinque Stelle in avvicinamento al Pd, ancora avanti nelle intenzioni di voto ma in lieve flessione rispetto al sondaggio della metà di marzo: 31,1%, in calo dell’1,1% rispetto a marzo, seguito dal M5S con il 28,9%.
Ma un’altra novità è rappresentata dal fatto che a seguire Forza Italia e Lega ora sono appaiate al 13,1%, mentre Area popolare (4,2%) scavalca Fratelli d’Italia (3,9%).
Infine, Sel-Sinistra italiana (3,2%) si colloca di poco al di sopra della soglia di sbarramento prevista dall’Italicum.
Il ballottaggio tra Pd e M5S si risolverebbe con una vittoria di misura del partito di Renzi (50,9% a 49,1%).
Lo scenario politico di questa settimana fa segnare un avvicinamento del M5S al Pd, che continua a prevalere nella graduatoria delle intenzioni di voto ma risulta in lieve flessione rispetto alla precedente rilevazione della metà di marzo.
I due partiti risultano ora separati solamente da 2,2% mentre allora la distanza era di 5,3%
Le sei settimane che separano i due sondaggi sono state caratterizzate da avvenimenti di grande rilievo, sul fronte interno e su quello internazionale.
Si tratta di avvenimenti che sembrano aver determinato qualche segnale di cambiamento nelle scelte degli elettori.
Vediamo i risultati in dettaglio, iniziando dalla «zona grigia» rappresentata da astensionisti ed indecisi che raggiungono il livello più elevato nell’ultimo anno, attestandosi a 36,9%
Come si diceva, il Pd mantiene il primato nella graduatoria di voto con il 31,1% delle preferenze, in flessione di 1,1% rispetto a marzo, seguito dal M5S con il 28,9%.
Il primo risulta indebolito dalle permanenti tensioni interne, che si sono manifestate anche in occasione del referendum sulle trivelle, e dalla vicenda giudiziaria campana (è indagato il presidente dimissionario del Pd campano Stefano Graziano) che hanno evidenziato, una volta di più, lo scollamento del partito tra centro e periferia, non tanto o non solo per le tumultuose vicende che hanno accompagnato le elezioni primarie in diverse città , quanto piuttosto per l’immagine di un partito che in svariati contesti locali sembra fuori controllo.
Il M5S sembra aver superato la difficile fase causata dalla vicenda di Quarto, recuperando il calo di consensi subito.
Dopo la scomparsa di Casaleggio i giovani dirigenti del movimento sono chiamati a consolidare il proprio ruolo mostrando la capacità di rappresentare un’alternativa di governo.
Nonostante la riduzione delle distanze tra i primi due contendenti, il ballottaggio tra Pd e M5S si risolverebbe con una vittoria di misura del partito di Renzi (50,9% a 49,1%). Come nelle precedenti rilevazioni si osserva che il M5S risulta nettamente preferito al Pd dagli elettori della Lega e di Fratelli d’Italia e in misura più contenuta da quelli di Forza Italia.
Tra gli elettori di Area popolare prevarrebbe di poco il Pd mentre tra quelli di Sel e SI il risultato sarebbe alla pari.
È difficile immaginare se, alla luce dei recenti avvenimenti romani, potrebbe nascere una lista unica di centrodestra che raggruppi Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, oppure se la decisione di Berlusconi di sostenere Marchini preluda ad un compattamento delle diverse componenti moderate del centro e del centro destra e a uno spostamento degli equilibri
Pur con questa incognita, le intenzioni di voto per una lista unica di centro destra sono oggi pari al 28,9%, sostanzialmente in linea con il risultato del M5S (29,1%), ed in lieve flessione rispetto alla somma algebrica dei tre partiti misurati singolarmente dato che, come spesso accade, l’unione di forze politiche produce qualche contrarietà e disaffezione nell’elettorato di partenza
Immaginando un ballottaggio tra Pd e la lista unica di centrodestra, ad oggi il primo prevarrebbe sulla seconda 52,3% a 47,7%, con gli elettori del M5S più a favore del Pd (35% a 25%) e i centristi di Area popolare a favore della lista unica di centrodestra (55% a 35%).
Sorprendentemente, tenuto conto che sono alleati del Pd nella coalizione di governo.
Infine abbiamo testato un ipotetico ballottaggio tra M5S e lista di centrodestra, scenario al momento difficile a realizzarsi.
In questo caso il Movimento 5 Stelle prevarrebbe nettamente, con più di nove punti di distacco, grazie al convergere su di esso della larga maggioranza della sinistra e di una quota rilevante degli elettori Pd.
Come detto, gli ultimi mesi sono stati densi di avvenimenti.
Tuttavia per il Pd i successi ascritti, come l’approvazione della riforma costituzionale e la scarsa partecipazione al recente referendum, sono stati oscurati dalle vicende giudiziarie e dalle dinamiche critiche interne al partito.
Per il centrodestra la divisione si è conclamata con la scelta di Marchini a Roma. Oltre alla necessità di Berlusconi di mantenere un ruolo centrale, sembra esserci anche una visione strategica distante tra chi cerca di collocarsi nel solco del popolarismo europeo e chi invece fa una scelta xenofoba e populista sull’onda delle destre vincenti in Europa.
In tutto ciò il Movimento 5 Stelle guadagna consensi. La situazione rimane disordinata.
A questo punto forse sarà solo la prossima tornata amministrativa a chiarire il panorama.
Nando Pagnoncelli
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 30th, 2016 Riccardo Fucile ALTRO CHE REGALO AL PREMIER, ELIMINEREBBE DALLA CORSA IL RENZIANO GIACHETTI E LA “MAI STATA FASCISTA” GIORGIA… E ALLA FINE SE LA GIOCHEREBBE ALLA PARI CON LA RAGGI
Passare da Bertolaso a Marchini, da parte di Berlusconi, è stato un regalo a Renzi? Che lo dicano,
per propaganda, Raggi, Meloni e Giachetti è comprensibile.
Ma che lo sostengano giornali e osservatori politici appare assai avventato, si tratterebbe semmai di un regalo avvelenato.
Non solo perchè, a differenza di Marchini — e a parte l’ormai modesto apporto degli ultimi moicani del berlusconismo a Roma — l’ex-capo della protezione civile di suo non aveva, e non ha, un voto.
Non solo perchè Bertolaso non ha aspettato il breve tratto di questa campagna elettorale, percorso come candidato, per rivelarsi un formidabile gaffeur
Non solo perchè la scelta di Berlusconi a favore del “Ridge de noantri” mette effettivamente in ambasce Meloni e Salvini, isolandoli su posizioni di destra estrema, lepenista e “trumpista”.
Non solo perchè oppone, alla marcia inarrestabile della “cittadina” Raggi e al recupero sondaggistico di Giachetti e del Pd romano travolto da Mafia Capitale, quello che è stato sinora oggettivamente un marciatore solitario, “libero dai partiti” e unico, vero oppositore — insieme al movimento cinque stelle — degli amministratori che hanno aiutato e comunque non si sono accorti di Mafia Capitale…
Ma passare da Bertolaso a Marchini, da parte di Berlusconi, è stato tutt’altro che un regalo a Renzi soprattutto perchè dell’imprenditore romano tutto si può dire fuorchè sia o possa essere un docile strumento nelle mani o a disposizione di Berlusconi, delle sue trame revansciste o, peggio, del suo interesse a far regalie elettorali a Renzi per ottenerne in cambio regalie aziendali e/o affaristiche.
Così come una cosa è prendere atto che sul Marchini “libero dai partiti” convergeranno Berlusconi e a quanto pare Storace, magari con proprie liste e simboli, altra è dare per scontato che il civico Marchini si faccia fagocitare, diventi succube dei partiti e comunque si faccia trasferire di peso nel centrodestra o centro-destra.
Staremo a vedere. Peraltro a breve. Si vedrà da subito, dagli sviluppi della campagna elettorale di questi giorni, se Marchini confermerà la capacità di resistenza sinora messa in campo. l’identità civica e laica, la sua “libertà dai partiti” e la sua storia
E qui vanno ricordate le risorse economiche personali e familiari che lo hanno aiutato notevolmente a rimanere (sinora) “libero”: nel 2013 ha ottenuto alle elezioni amministrative a Roma 114.169 voti, pari al 9,48%.
E oggi i sondaggi dicono, che con l’appoggio di Forza Italia Marchini potrebbe raggiungere il 23% delle preferenze e ottenere così il ballottaggio.
Presumibilmente con Raggi, eliminando dalla corsa la “non sono mai stata fascista” Meloni e l’ultras renziano Giachetti.
Un regalo a Renzi? Non sembra proprio.
Beppe Lopez
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 30th, 2016 Riccardo Fucile “A LEI NON INTERESSA IL FUTURO DI ROMA, VOLEVA SOLO EVITARE LA CONCORRENZA DI STORACE, QUANDO SALVINI HA RITIRATO LA FIDUCIA A BERTOLASO SI E’ TROVATA SPIAZZATA”… CONFERME DA FORZA ITALIA
La Meloni si è candidata a sindaco perchè temeva la concorrenza di Storace.
E’ l’ipotesi che riecheggia da un po’ di tempo nella Capitale e confermata direttamente da due ex colonnelli dI Alleanza Nazionale, partito in cui hanno militato insieme a Storace e Meloni, Altero Matteoli e Maurizio Gasparri, oggi esponenti di spicco di Forza Italia.
Entrambi non avevano digerito la candidatura di Guido Bertolaso, convincendo, tra i tanti, giorno dopo giorno Silvio Berlusconi a tornare sui suoi passi per convergere appunto su Alfio Marchini, che ora ha ottime chance per arrivare al ballottaggio tanto da far tremare il Pd di Giachetti.
“Perchè la Meloni ha scelto di candidarsi? E’ facile a dirsi — ha affermato Matteoli in un’intervista dei giorni scorsi -. Il giorno che Storace ha detto che si candidava, era automatico che la Meloni pensasse di candidarsi a sua volta. Se si candida uno solo dei due, uno porta via voti all’altro e la Meloni questo non lo poteva consentire visto che pescano tutti e due dallo stesso bacino elettorale”
La pensa più o meno così anche Gasparri, che, commentando la fatica della Meloni a digerire il sostegno di FI a Marchini, ha lasciato presagire: “La Meloni non si è candidata per Roma, ma per se stessa, perchè a un certo punto temeva la concorrenza a destra di Storace, e quando Salvini ha ritirato il suo appoggio a Bertolaso si è trovata spiazzata”.
E ancora: “Ma non le interessa il futuro di Roma”.
E Francesco Storace ha chiesto lumi alla diretta interessata, che avrebbe messo “dei brutti veti” proprio sul leader de La Destra.
“Dopo Matteoli anche Gasparri conferma che la Meloni si è candidata solo perchè c’ero in campo io. Si può sapere se anche questo è falso?”, ha chiesto il candidato sindaco di Roma in un tweet.
Ovviamente senza ottenere risposta.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2016 Riccardo Fucile 250 PAGINE DI DATI DEL PROF. FINESCHI INCASTRANO IL REGIME EGIZIANO
Il regime di al-Sisi sulla verità tace. Ma il corpo di Giulio Regeni ha parlato, e ciò che ha detto è un
atto d’accusa oggettivo che nessun tentativo di insabbiamento o di mediazione potrà affievolire o smentire.
Duecentocinquanta pagine di dati contro una dozzina di cartelle di constatazioni generiche nemmeno tradotte in inglese o italiano, tanto pesa la perizia medico legale svolta a Roma dal professor Vittorio Fineschi rispetto a quella fatta al Cairo.
Con la conferma che Giulio è stato torturato “professionalmente” per cinque o sei giorni, contro una relazione che non trae alcuna conclusione e non nomina mai la parola “tortura” per lasciare volutamente aperto un ventaglio di ipotesi: esattamente quelle su cui si è via via esercitato il regime egiziano nel tentativo maldestro di sottrarsi alle proprie responsabilità , dall’incidente stradale fino al pestaggio.
Tanto per cominciare, non è vero che il corpo di Giulio Regeni sia stato lavato prima di essere abbandonato il 3 febbraio di fianco all’autostrada che dal Cairo porta ad Alessandria.
E’ vero invece che quando a Roma è stata aperta la bara, quel corpo era nudo, i vestiti spariti e le orecchie del ragazzo erano state recise dall’anatomo patologo cairota durante l’autopsia (in Italia non è possibile perchè configurerebbe un reato penale) e ne erano state asportate parti significative.
Verosimilmente, tutte quelle che mostravano dei segni evidenti di bruciature: procedura tipica di uno dei vari stadi di tortura, rilevata persino in uno studio egiziano apparso sul Journal of Forensic Pathology, come atto d’accusa contro i metodi feroci praticati dai servizi segreti ai tempi di Mubarak.
Esami strumentali sofisticati (Tac e risonanze magnetiche) hanno dimostrato come per tutti i giorni in cui Giulio è stato nelle mani dei suoi aguzzini nessuna lesione esterna o interna (soprattutto interna) sia stata letale, fino alla torsione del collo che lo ha ucciso.
Questo ha una spiegazione: chi interrogava il ragazzo ha cercato di fiaccarne le resistenze, per costringerlo a rivelare qualcosa che non sapeva ma senza mai renderlo completamente incosciente.
Però la progressione delle torture ha anche evidenziato che deve essere arrivato un momento in cui è stato chiaro ai suoi aguzzini che il punto di non ritorno era stato superato, e dal luogo in cui era recluso Giulio non avrebbe mai potuto uscire vivo. Un’agonia documentata e terribile, di fronte alla quale i componenti della delegazione egiziana inviata a Roma per “collaborare” alle indagini (a cui sono state mostrate foto e dettagli di tutti i risultati dell’autopsia) non hanno battuto ciglio.
La dinamica e la progressione delle torture — su cui l’anatomo patologo egiziano in parte ha glissato ma che per gran parte non ha visto, non avendo utilizzato la strumentazione sofisticata servita a Roma — combacia al 70/80 per cento con la descrizione fatta pervenire da un anonimo a Repubblica.
Anche se si tratta di una pratica quasi codificata, quindi facilmente immaginabile. Come ad esempio l’allagamento della cella in cui viene tenuto il prigioniero tra un interrogatorio e l’altro, per poi immettere nell’acqua scariche di corrente a bassa intensità per impedirigli di riposare e recuperare energie.
Ma si tratta di un metodo che non lascia tracce riscontrabili sul corpo, al contrario delle bruciature sui padiglioni auricolari (per questo parzialmente asportati, ipotizzano gli investigatori).
Non sono stati invece rilevati segni apparenti di violenze sessuali, trattamento che fa parte di un’altra categoria di torture riservate soprattutto ai prigionieri politici.
Dunque, ciò che il corpo di Giulio Regeni ci ha lasciato è un circostanziato atto d’accusa di fronte al quale il regime di al-Sisi non potrà sottrarsi rilanciando ogni giorno voci e controaccuse, corrette, smentite o ritrattate il giorno successivo.
Ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: “Se qualcuno immaginava che il trascorrere del tempo avrebbe un po’ diminuito l’attenzione dell’Italia e un po’ costretto tutti a rassegnarci a un ritorno alla normalità delle relazioni, per noi il ritorno alla normalità delle relazioni dipende da una collaborazione seria”.
E meno che seria è stata ieri l’uscita del vice presidente del Parlamento egiziano, Soliman Wahdan che ha nuovamente insinuato che Giulio Regeni fosse “forse” una spia.
Non lo era, e forse proprio per questo è stato barbaramente torturato e ucciso.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 30th, 2016 Riccardo Fucile STAVA PER IMBARCARSI SU TRAGHETTO DIRETTO A MALTA
Un consigliere comunale del Pd di Siracusa, Antonio Bonafede, di 31 anni , è stato arrestato dalla polizia di Stato a Pozzallo, nel Ragusano, mentre stava per imbarcarsi su traghetto diretto a Malta con circa 20 chilogrammi di droga.
Agenti della squadra mobile di Siracusa, coordinati dalla dirigente Rosa Alba Stramandino, in collaborazione con colleghi della stessa struttura della Questura di Ragusa, diretta da Anonino Ciavola, hanno fermato sul piazzale prima dell’imbarco Bonafede ed altri due uomini Salvatore Mauceri, 32 anni e Antonio Genova, 44 anni.
All’interno di un borsone e di un trolley la polizia di Stato ha trovato e sequestrato 16 chili di marijuana e tre chili e mezzo di hashish.
I tre sono accusati di spaccio di sostanze stupefacente.
Gli arresti sono arrivati al termine di una complessa attività di osservazione e di pedinamento da parte della mobile. I tre sono stati condotti in carcere su disposizione della Procura di Ragusa.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2016 Riccardo Fucile SALVINI MINACCIA PURE IL GABIBBO BIANCO TOTI: “RESTA NEUTRALE O LA LIGURIA E’ A RISCHIO”… DA SBELLICARSI DALLE RISATE: VOGLIAMO VEDERLI I POLTRONISTI LIGURI DELLA LEGA RINUNCIARE A 10.000 EURO AL MESE (PRIMA DI ESSERE CONDANNATI PER PECULATO)
Se il buongiorno si vede dal mattino, la pioggia di insulti caduta ieri tra chi si considerava fino a
qualche settimana un «affidabile alleato» è solo l’antipasto dei quaranta giorni di campagna elettorale che renderanno plasticamente evidente la morte del centrodestra che fu.
L’unica domanda è se quanto accaduto a Roma resterà nella Capitale o finira per allargarsi a macchia d’olio, coinvolgendo anche le città in cui Lega, Forza Italia e meloniani avevano trovato una faticosa intesa.
Anche in questo caso i primi indizi non promettono niente di buono.
A Napoli la coalizione si è ufficialmente sfasciata. Tanto Salvini che Fratelli d’Italia, infatti, hanno negato il sostegno a Gianni Lettieri, candidato di Forza Italia, benchè alcuni meloniani si siano dimessi dal partito per confermare la fedeltà al civico scelto dal Cavaliere.
Marcello Taglialatela, portabandiera degli ex An all’ombra del Vesuvio, non ha esitato a parlare di tradimento (risultato: Fdi-Lega insieme navigano sotto il 2% n.d.r.)
A Milano il partito della Meloni ha convocato il candidato unitario del centrodestra Stefano Parisi per verificare la sua «neutralità » rispetto alla disfida nella Capitale.
Pena, si immagina, la rottura dell’unica candidatura nata senza intoppi.
La stessa neutralità che i leghisti pretendono ufficialmente anche dal governatore della Liguria Giovanni Toti, in verità più «vittima» che artefice della scelta di Berlusconi di appoggiare Alfio Marchini.
Esilarante: vorremmo vederli in Liguria i prodi leghisti che fanno decadere la giunta e rinunciano a 10.000 euro dopo che vivono di politica da una vita.
Ma la battaglia più intensa, ovviamente, si combatterà all’ombra del Colosseo.
Dove, dopo le spaccature tra le due «destre», ognuno ha la necessità di non scoprirsi troppo nell’area presidiata sull’avversario.
Silvio Berlusconi è scatenato: ottenuto l’appoggio di Francesco Storace per drenare voti tra gli ex An, medita di schierare Alessandra Mussolini come capolista di Forza Italia.
Lei si è presa una giornata di tempo per sciogliere la riserva, ma il suo nome «ingombrante» ha già creato scompiglio.
Di questo passo ha senso sperare ancora in una ricomposizione?
Ieri gli appelli all’unità sono stati replicati stancamente, ma sembravano più un tic nervoso, una vecchia abitudine alla quale ancora non si è riusciti a rinunciare.
(da “il Tempo“)
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Aprile 30th, 2016 Riccardo Fucile “STORACE HA CULTURA DI UOMO DI GOVERNO, LA MELONI NO”
Presidente Fini, nel ’93 con la sua candidatura a sindaco nacque di fatto il centro-destra. Adesso rinasce, sempre da Roma
«E’ un paragone che non si può fare quello con il ’93. E’ cambiato tutto in questi vent’anni ed è come se ne fossero passati cinquanta. Sono diversi i partiti in campo, diverso il contesto internazionale, diversa la natura della società italiana».
E allora qual è il senso politico dell’operazione avviata da Berlusconi
«Il leader di Forza Italia, puntando su Alfio Marchini, ha semplificato il quadro nella Capitale. Se fossero rimasti ai nastri di partenza i quattro candidati dell’area di centro-destra, l’esito sarebbe stato scontato. Ovvero: un ballottaggio tra Raggi e Giachetti».
Anche Storace sta per convergere su Marchini?
«Correttamente, Storace domani porrà la questione ai sostenitori della sua lista e ha detto che, se ci saranno convergenze programmatiche, anch’egli appoggerà Marchini. Io mi auguro che questo accada».
Non è strano che uno tanto di destra come Storace appoggi un candidato civico e trasversale?
«Non è strano. Perchè Storace ha una sua precisa identità di destra, affermata in tutti questi anni, ma ha anche una cultura di governo. Ed è cosciente che la destra deve dare un contributo al governo di Roma. Questa è la grande differenza con Giorgia Meloni».
Perchè la Meloni s’è candidata?
«Lo ha fatto per rafforzare il suo partito. Il che è legittimo. Ma è caduta nella trappola di Salvini».
Quale sarebbe la trappola?
«A Salvini, non è mai interessato vincere a Roma. Basti pensare che le primarie della Lega le vinse Marchini e Salvini disse: non se ne parla proprio. Il leader leghista ha utilizzato l’ambizione della Meloni, per mettere il baricentro della coalizione sulle posizioni del Carroccio. E per spingere Berlusconi in una posizione subordinata».
Che cosa le fa pensare che sia così?
«La prova del nove di questa mia analisi sta nel fatto che, a Milano, dove la Lega voleva e vuole vincere perchè quella è la sua culla e il cuore del suo impegno politico, Salvini ha accettato un candidato, Parisi, che non è molto diverso da Marchini».
Ma allora non è vero che la nuova Lega è attenta a Roma e non nutre più i pregiudizi del passato?
«Questi pregiudizi non sono più espliciti come ai tempi di Bossi. Ma il risultato della lista Noi con Salvini a Roma confermerà che il loro consenso nella Capitale è irrisorio».
Roma laboratorio del nuovo centro-destra nazionale?
«Starei attento a dire che ciò che accadrà a Roma potrà avere riflessi più generali. A quelli che sostengono che torna lo spirito del ’94 perchè Alfano, Casini e Fini – dopo tutte le rotture avvenute – ora appoggiano la svolta romana di Berlusconi, faccio osservare una cosa. Ossia che, archiviate le amministrative, in autunno si svolgerà la madre di tutte le battaglie: il referendum costituzionale».
E si marcerà divisi?
«Alfano e Casini chiederanno di votare per il sì. Berlusconi e Salvini chiederanno di votare per il no. E per quel che mi riguarda, ho costituito un comitato per il no, nel nome del presidenzialismo».
Intanto ha notato che Salvini, ieri sera, ha detto che l’alleanza in vista delle politiche non si spaccherà ?
«Appunto. E’ il tentativo di circoscrivere alle amministrative di Roma la rottura con Berlusconi. E Salvini non può fare altro che questo. Se dicesse che l’alleanza è morta, la prima domanda che gli verrebbe posta è questa: e allora perchè a Milano continui a sostenere Parisi, che è il candidato di Berlusconi?».
Gli ex elettori di An secondo lei sceglieranno Meloni o Marchini?
«In massima parte Marchini. Sulla base della consapevolezza che Roma ha bisogno di governo e non di slogan e di demagogia. Roma ha bisogno di pensarsi grande e cercare di tornare ad esserlo. Come fa la Raggi a dire di essere contraria alle Olimpiadi, che metterebbero Roma di nuovo al centro dell’attenzione mondiale?».
Mario Ajello
(da “il Messaggero”)
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