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L’INCHIESTA DEL “GUARDIAN” SULLA CERCHIA DI PUTIN COINVOLTA NEL PANAMA PAPERS

Aprile 7th, 2016 Riccardo Fucile

UN MARE DI SOLDI NEI PARADISI FISCALI E AFFARI RICONDUCIBILI AL PRESIDENTE RUSSO

Grazie a un informatore, i giornalisti dell’ICIJ (International Consortium of Investigative Journalists) hanno avuto accesso a un vasto archivio di carte riservate provenienti dallo studio legale Mossack Fonseca, una delle più importanti società  del mondo che si occupa di creazione e gestione di società  off shore in paesi considerati “paradisi fiscali” e con sede a Panama.
Il Guardian spiega che il nome del presidente russo non appare in nessuno dei documenti, ma mostrano che persone a lui molto vicine hanno guadagnato milioni di dollari da una serie di affari che «non avrebbero potuto essere assicurati senza il suo appoggio».
I documenti suggeriscono anche che la famiglia di Putin abbia indirettamente beneficiato di questo denaro.
Il giro di affari comincia a Panama, passa attraverso la Russia, la Svizzera e Cipro e coinvolge anche una stazione sciistica privata dove la figlia più giovane di Putin, Katerina, si è sposata nel 2013.
Una delle persone coinvolte è Sergei Roldugin, un musicista considerato fra i migliori amici di Putin, padrino di una delle sue figlie e che, scrive il Guardian, sarebbe stato scelto a causa del suo «profilo minore». Roldugin avrebbe accumulato negli anni beni per oltre 100 milioni di dollari.
I documenti raccontano che Roldugin possiede il 12,5 per cento della principale agenzia di pubblicità  televisiva russa, Video International, che ha un fatturato annuo di più di 800 milioni di dollari e la cui proprietà , finora, «era un segreto gelosamente custodito». Roldugin ha acquistato anche una quota di minoranza di un’azienda russa produttrice di camion, Kamaz, che fornisce anche veicoli militari alla Russia, e ha il 15 per cento di una società  registrata a Cipro chiamata Raytar.
Infine possiede il 3,2 per cento di Bank Rossiya, descritta come la “banca clientelare” di Putin e su cui gli Stati Uniti hanno imposto una serie di sanzioni dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2014.
L’istituto è guidato da Yuri Kovalchuk, scrive il Guardian, che è stato definito dagli Stati Uniti come il «banchiere personale» di molti funzionari governativi russi di alto livello, tra cui lo stesso Putin.
Secondo i Panama Papers, Kovalchuk e Bank Rossiya hanno trasferito almeno 1,2 miliardi di euro verso una compagnia offshore creata appositamente, la Sandalwood Continental.
I fondi derivavano da una serie di prestiti non garantiti emessi dalla banca statale Russian Commercial Bank (RCB) con sede a Cipro e da altre banche statali.
Nei documenti non c’è alcuna spiegazione sul perchè queste banche abbiano deciso di estendere queste loro linee di credito «non ortodosse».
Nel 2010 e nel 2011 la Sandalwood Continental ha fatto per esempio tre prestiti del valore di 11,3 milioni di dollari a una società  offshore chiamata Ozon, che possiede la lussuosa stazione sciistica Igora nella regione di Leningrado.
Ozon appartiene a Kovalchuk e a una società  cipriota.
Diciotto mesi dopo i prestiti, Putin ha usato Igora come sede per il matrimonio della figlia Katerina. Il marito era Kirill Shamalov, figlio di un altro vecchio amico di Putin.
La notizia della cerimonia è emersa solo nel 2015. I prestiti avvenivano attraverso una serie di complicati passaggi in cui c’entravano uno studio legale con sede a Zurigo e la Mossack Fonseca.
Nel febbraio del 2011 la Sandalwood Continental ha prestato 200 milioni di dollari a un’altra società  con sede a Cipro, la Horwich Trading Ltd.
Due giorni dopo la Sandalwood ha girato il proprio credito alla Ove Financial Corp. con sede nelle Isole Vergini, che ha concluso l’acquisto pagando un solo dollaro.
Quello stesso giorno c’è stata una seconda transazione conclusa al prezzo di un dollaro tra Ove e una offshore di Panama, la International Media Overseas controllata da Surgey Roldugin.
Il prestito è dunque passato nel giro di pochi giorni attraverso diversi paesi, due banche e quattro società , con l’obiettivo di rendere molto difficile ricostruirne origine e destinazione.
I Panama Papers rivelano anche che il giro di persone vicine a Putin «sembrava essere diventato nervoso per motivi non chiari dopo l’ottobre 2012», che la Sandalwood era stata chiusa e che le sue operazioni erano passate a un’altra società  offshore.
Tra il 2009 e il 2012 la Sandalwood ha ottenuto comunque più di un miliardo di dollari in prestiti.
Alla domanda circa le società  offshore a lui collegate, Rodulgin ha risposto: «Sapete ragazzi, ora non sono pronto a commentare la cosa. Si tratta di questioni delicate. Ero legato a questi affari tanti anni fa».
Dmitry Peskov, portavoce di Putin, si è rifiutato di commentare le accuse specifiche contro il presidente, ha respinto le indagini del Guardian e degli altri giornali internazionali dicendo che si tratta di azioni per colpire il presidente e ha aggiunto che la Russia ha «i mezzi legali» per difendere la dignità  e l’onore di Putin.

(da agenzie)

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INVECE CHE USCIRE DALL’EURO, HANNO FATTO USCIRE UN SACCO DI EURO DALLA FRANCIA VERSO I PARADISI FISCALI

Aprile 7th, 2016 Riccardo Fucile

PANAMA PAPERS CONVOLGE I FEDELISSIMI DI MARINE, NON SOLO LEI: FALSE FATTURE E SOCIETA’ OFFSHORE… 316 .000 EURO DA INVESTIRE A SINGAPORE

Le Monde racconta che tra coloro che si sono avvalsi del servizi dello studio legale panamense Mossack Fonseca per creare una struttura offshore e nascondere ricchezze finanziarie ci sono anche due fedelissimi del leader del Front National Marine Le Pen, ovvero l’imprenditore Frèdèric Chatillon e l`esperto contabile Nicolas Crochet, entrambi già  sotto inchiesta per presunte irregolarità  nel finanziamento delle campagne elettorali del partito francese di estrema destra nel 2012.
Il quotidiano parla di un “sistema offshore sofisticato tra Hong kong, Singapore, isole Vergini britanniche e Panama” mirato a “far uscire denaro dalla Francia attraverso società  schermo e fatture false con la volontà  di sfuggire al servizio antiriciclaggio francese”.
Al centro della rete Frèdèric Chatillon, ex leader di un gruppo studentesco di estrema destra e amico di Marine Le Pen dai tempi dell’università , all’inizio degli Anni Novanta.
La sua società , Riwal, si occupa della comunicazione elettorale del Front National, in esclusiva per le campagne presidenziale e parlamentare del 2012.
Crochet ha stilato il programma economico di Le Pen per le presidenziali 2012.
Chatillon, insieme a Crochet, nel 2012 avrebbe realizzato un giro di fatture false e società  offshore per far uscire dalla Francia 316mila euro di proprietà  di Riwal e reinvestirli nella società  di un amico con sede a Singapore, scrive Le Monde.
Spiega il quotidiano che è stata utilizzata una società  di comodo, chiamata Time Dragon, domiciliata nelle Isole Vergini britannica.
Time Dragon è controllata al 100% da Harson Asia Limited, con sede nelle Isole Vergine: questa società  eseguirà  l’investimento finale insieme a un uomo di Singapore.
Nicolas Hook, l’uomo che ha scritto il programma economico di Marine Le Pen nel 2012, nel suo ruolo di commercialista ha utilizzato una serie di società  offshore di proprietà  del fratello per trasferire i fondi dalla Francia verso l’Asia, attraverso una falsa fattura.
Sentito da Le Monde , Frèdèric Chatillon sostiene che “nell’autunno 2012, gli azionisti di unanime ed io abbiamo deciso di investire in Asia, perchè l’Asia   offre interessanti prospettive di redditività .
Abbiamo anche cercato di sfuggire alla solita pressione dei media in Francia”: secondo il commercialista il denaro non ha alcun legame con i servizi forniti durante le campagne del 2012.
E c’è anche Jean Marie
Anche Jean-Marie Le Pen è direttamente coinvolto nello scandalo finanziario di Panama Papers.
Secondo Le Monde, una parte della ricchezza nota come “il tesoro” del fondatore del Front National è stata dissimulata attraverso la società  offshore Balerton Marketing Limited, creata nei Caraibi nel 2000.
Banconote, lingotti, monete d’oro, ci sarebbe di tutto nel “tesoro”, intestato al prestanome Gerald Gerin, ex maggiordomo di Jean-Marie e della moglie Jany Le Pen.
E tra i cinque grandi gruppi bancari che hanno creato il maggior numero di società  offshore usando lo studio legale panamense Mossack Fonseca come intermediario c’è anche la francese Societè Generale, che ne ha 979, in gran parte create dalla sua filiale lussemburghese SG Bank and Trust Luxembourg.
Con questa cifra, precisa il giornale, SocGen è al quarto posto per numero di società  offshore, dietro la britannica Hsbc (2.300) e le svizzere Credit Suisse (1.105) e Ubs (1.100).

(da agenzie)

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ISTAT: ITALIA PAESE VECCHIO, MENO NASCITE E ARRETRA ANCHE LA SPERANZA DI VITA

Aprile 7th, 2016 Riccardo Fucile

CALANO OMICIDI E RAPINE, CRESCONO I FURTI…NON CI SI SPOSA E NON SI FANNO FIGLI, ULTIMI PER LETTURA DI GIORNALI, PRODUCIAMO MENO RIFIUTI

Nel 2014 l’Italia si conferma il quarto paese per importanza demografica dopo Germania, Francia e Regno Unito.
Oltre un terzo della popolazione italiana è concentrata in tre regioni: Lombardia, Lazio e Campania.
Il Mezzogiorno è l’area più popolata del Paese anche se è cresciuta meno dal punto di vista economico nel periodo 2004-2014: il Pil del Nord, infatti, è esattamente il doppio di quello del Sud.
Ma siamo un paese vecchio, dove non ci si sposa e non si fanno figli. Leggiamo poco ma andiamo nei musei e al cinema.
La criminalità  è in calo e siamo diventati più bravi a riciclare i rifiuti.
Il nostro agroalimentare è primo in Europa per qualità  e siamo anche più salutisti: mangiamo meglio e fumiamo meno, anche se solo un terzo pratica sport in maniera costante.
A passare allo scanner lo Stivale e i suoi abitanti è l’Istat, che ha diffuso oggi il suo rapporto annuale dal titolo “Noi Italia”.
L’Italia è un paese per vecchi.
Al 1 gennaio 2015 ci sono 157,7 anziani ogni 100 giovani e 55,1 persone in età  non lavorativa ogni 100 in età  lavorativa, valori in continua ascesa negli ultimi anni.
Secondo le prime stime relative al 2015, per la prima volta negli ultimi 10 anni   la speranza di vita alla nascita arretra, con un decremento di 0,2 punti per gli uomini (80,1)   e 0,3 per le donne (84,7).
Nel Mezzogiorno i valori della speranza di vita si confermano al di sotto della media nazionale.
Continua a diminuire il numero medio di figli per donna,   nel 2014 si attesta a 1,37 mentre occorrerebbero circa 2,1 figli per garantire il ricambio generazionale.
Se si considera l’età  della madre, le regioni del Mezzogiorno si confermano, mediamente, quelle con le madri più giovani.
Criminalità  in calo.
Omicidi e rapine in calo, ma a fronte di un aumento dei furti. L’Istat segnala che i primi e le seconde si sono registrati rispettivamente in un numero di casi pari a 0,78 e a 64,5 per 100mila abitanti. In flessione invece i furti denunciati, soprattutto quelli in appartamento (420,9 per 100mila abitanti).
L’incidenza maggiore di omicidi continua a registrarsi in Calabria, con la Campania che invece svetta per il valore massimo di rapine, a fronte del Centro-Nord che presenta i tassi più alti per furti denunciati.
È di sesso femminile il 31,1% delle vittime di omicidio, e nel 55% dei casi l’assassino è il partner o l’ex partner.
A livello territoriale Umbria e Toscana presentano la percentuale più alta di vittime donne.
Nel confronto con i paesi europei l’Italia si conferma in una posizione intermedia per questa tipologia di omicidio. In ogni caso il rischio criminalità  si conferma uno dei problemi più sentiti dai cittadini: nel 2015 la quota di famiglie italiane che hanno percepito un elevato rischio di criminalità  è salito significativamente (41,1% dal 30% del 2014), riprendendo il trend   di crescita interrotto l’anno precedente.
Gli stranieri in Italia.
All’inizio del 2015 risiedono in Italia oltre 5 milioni di cittadini stranieri (1,9% in più rispetto all’anno precedente) che rappresentano l’8,2% del totale dei residenti.
Alla stessa data sono regolarmente presenti 3.929.916 cittadini non comunitari (55mila in più rispetto al 2014).
Il flusso in ingresso di cittadini non comunitari verso il nostro Paese risulta in flessione: nel corso del 2014 i nuovi permessi rilasciati sono stati quasi il 3% in meno rispetto all’anno precedente.
La riduzione dei nuovi ingressi ha riguardato soprattutto il Nord-est del Paese, mentre nel Mezzogiorno si è registrato un deciso aumento (quasi 8mila in più), a seguito soprattutto degli arrivi per mare di persone in cerca di protezione internazionale.
Il grado di istruzione degli stranieri è di poco inferiore a quello degli italiani: tra i 15-64enni quasi la metà  degli stranieri ha al massimo la licenza media, il 40,1% ha un diploma di scuola superiore e il 10,1% una laurea (tra gli italiani il 15,5%).
Primi in Ue per agroalimentare di qualità .
Nel settore agroalimentare il nostro Paese registra il numero di denominazioni geografiche più elevato a livello comunitario, 269 nel   2014.
Oltre all’Italia le produzioni di qualità  sono valorizzate in Francia, Spagna e Portogallo.
Nel 2013 il valore aggiunto per addetto del settore è pari a 142,8 euro per 100 euro di costo unitario del lavoro, confermando il trend di crescita. La migliore performance si riscontra nel Nord-Ovest, grazie alla maggiore presenza di aziende di grande dimensione.
All’interno delle ripartizioni geografiche, al Nord il livello più elevato dell’indicatore si registra in Lombardia, al Centro nel Lazio mentre tra le regioni meridionali si distinguono Calabria, Sicilia e Sardegna.
Nel 2014 la distribuzione di fertilizzanti semplici per uso agricolo si mantiene stabile (0,1 tonnellate per ettaro di SAU), mentre aumenta quella di principi attivi per ettaro di superficie agricola utilizzata (4,9 chili per ettaro di SAU).
L’agriturismo conferma la tendenza strutturale alla crescita: tra il 2004 e il 2014 le aziende agrituristiche sono aumentate del 55,1%, quasi il 36% è gestito da donne.
Aumenta densità  popolazione.
L’Italia si conferma tra i paesi più densamente popolati dell’Unione europea: nel 2014 la densità  della popolazione è di 201,2 abitanti per chilometro quadrato, con un aumento di quasi 10 abitanti negli ultimi 10 anni. Nel 2015 le aree protette comprese nella Rete Natura 2000 coprono il 19,3% della superficie nazionale, collocando l’Italia al di sopra della media Ue28 (18,1%).
Oltre un quinto del territorio del Mezzogiorno è compreso in questa rete, Sicilia e Sardegna presentano i valori regionali più alti.
Gli indicatori sui permessi di costruire registrano nel 2013 un nuovo calo: ogni mille famiglie sono stati autorizzati circa 177 m2 di superficie utile abitabile (868 nel 2005).
A livello regionale la situazione si presenta tuttora eterogenea, con valori molto inferiori a quelli medi in Toscana e Liguria e più alti nella provincia autonoma di Bolzano.
Meno giornali più web.
Nel 2015 si stabilizza la quota di persone che leggono quotidiani (47,1%) e aumenta leggermente quella di chi legge libri, anche se è ancora sotto il 50%. Le percentuali maggiori di lettori si registrano fra i giovani e le donne.
A livello territoriale tutte le regioni del Mezzogiorno presentano valori inferiori al dato nazionale ad eccezione della Sardegna.
Si conferma elevato, anche se in leggera diminuzione, l’utilizzo della Rete per la lettura di giornali, news o riviste; tra i giovani di 20-24 anni uno su due usa il web a questo scopo.
Su scala europea l’Italia occupa l’ultima posizione insieme all’Irlanda (nel 2014).
Nel 2015 l’8,2% della popolazione di 6 anni e più legge online e scarica dal web libri e e-book, la quota sale a poco meno del 20% tra i giovani di 15-24 anni.
Questa forma di fruizione culturale è più diffusa nel Nord-ovest, unica ripartizione dove si registra una crescita rispetto al 2014.
Più visite a musei ma poco sport.
Se da un lato cala la lettura, dall’altro cresce la partecipazione culturale degli italiani. Negli ultimi anni sono aumentati i visitatori a musei e mostre e a siti archeologici e monumenti ma anche le persone che vanno al cinema (quasi il 50% della popolazione).
La fruizione di spettacoli o intrattenimenti fuori casa è piuttosto differenziata a livello territoriale: il divario tra ripartizioni è molto rilevante nel caso di visite a musei e monumenti, maggiori nel Centro-Nord.
Nel 2013 le famiglie italiane hanno destinato alla spesa per ricreazione e cultura mediamente il 6,5% della spesa complessiva per consumi finali, una quota inferiore a quella riscontrata nel 2012.
La riduzione accomuna tutte le ripartizioni; il valore più elevato di questa spesa si osserva nel Nord-ovest, mentre il Mezzogiorno presenta una quota inferiore alla media nazionale.
La propensione alla pratica sportiva è in crescita nel 2015 ma riguarda ancora solo un terzo della popolazione (più gli uomini che le donne); la quota più elevata si riscontra nel Nord-est (39,4%), la più bassa nel Mezzogiorno (24,9%). Poco meno di un quarto dei praticanti vi si dedica in modo continuativo.
Italiani più salutisti.
Gli stili di vita degli italiani continuano al migliorare. Nel 2014 si riducono i consumatori di alcol a rischio (15,5%), i fumatori (19,5%) e le persone obese (10,2%). A livello territoriale la quota più alta di consumatori di alcol si ritrova nel Centro-Nord mentre l’obesità  è più diffusa nel Mezzogiorno.
Nel 2013 la spesa sanitaria pubblica italiana si attesta intorno ai 2.400 dollari pro capite a fronte degli oltre 3.000 spesi in Francia e Germania.
La quota di spesa sanitaria privata è pari al 22,6% del totale, inferiore di oltre un punto percentuale rispetto a quella tedesca ma superiore a quella francese.I tumori e le malattie del sistema circolatorio sono le patologie per cui è più frequente il ricovero ospedaliero; tuttavia il ricorso al ricovero è in progressiva riduzione perchè sempre più spesso le persone vengono curate in contesti assistenziali diversi dagli ospedali (day hospital o ambulatori).
Nel 2013 i ricoveri per le malattie circolatorie e i tumori si confermano più elevati nelle regioni del Centro, rispettivamente 2.044,6 e 1.212,6 per 100mila abitanti.
In Italia la mortalità  per tumori e malattie del sistema circolatorio è inferiore alla media europea; nel 2012 i decessi per queste cause sono stati rispettivamente 27,0 e 34,4 ogni 10mila abitanti.
Nel Mezzogiorno la mortalità  per tumori è inferiore alla media nazionale, mentre è più elevata quella per malattie del sistema circolatorio.
Il tasso di mortalità  infantile, importante indicatore del livello di sviluppo e benessere di un Paese, continua a diminuire; nel 2013 in Italia è di 2,9 per mille nati vivi, tra i valori più bassi in Europa.
Meno rifiuti.
Nel 2014 continua il calo nella produzione di rifiuti urbani, 487,8 chili per abitante, circa 3 chili in meno rispetto all’anno precedente.
A livello territoriale, le maggiori quantità  di rifiuti urbani si raccolgono nelle regioni del Centro Italia.
Prosegue la riduzione di rifiuti raccolti e smaltiti in discarica, nel 2014 sono 153,5 chili per abitante, 27,7 in meno rispetto al 2013.
Le migliori performance si registrano per la provincia autonoma di Bolzano, la Lombardia e il Friuli-Venezia Giulia.
La raccolta differenziata, fattore strategico per la corretta gestione dei rifiuti, nel 2014 ha raggiunto l’obiettivo del 45% previsto dalla normativa nazionale per il 2008. In vetta alla graduatoria si collocano la provincia autonoma di Trento e il Veneto, dove si supera il 65%, obiettivo previsto per il 2012. La Sicilia è invece la più lontana dai target (12,5%).
Nel 2015 aumentano rispetto all’anno precedente le percentuali di famiglie che percepiscono inquinata l’aria della zona in cui vivono (36,7%) e che evidenziano la presenza di odori sgradevoli (20,5%).
Sull’inquinamento dell’aria sono le famiglie del Nord-Ovest a segnalare maggiormente il problema mentre la percezione di odori sgradevoli interessa di più quelle del Mezzogiorno.

(da agenzie)

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ANCORA BUGIE DAL CARDINAL BERTONE: UNA NUOVA LETTERA LO SMENTISCE

Aprile 7th, 2016 Riccardo Fucile

LA PARTITA DI GIRO E IL COSTRUTTORE BANDERA, AMICO DI BERTONE, NON RESTITUISCE IL DENARO PROMESSO

Il cardinale Tarcisio Bertone, per bocca del suo avvocato, in risposta alle lettere pubblicate da “l’Espresso” da cui si evince che sapeva (al contrario di quello che sostiene) che le ristrutturazione del suo appartamento era a carico del Bambin Gesù, ha detto che comunque il prelato si era impegnato a trovare il denaro necessario per non gravare sulle casse della Fondazione dell’ospedale.
Viene smentito invece da una nuova lettera che il settimanale pubblica dove si svela che il fantomatico benefattore altri non era se non la ditta Castelli Re di Gianantonio Bandera, il costruttore amico del salesiano, che ha poi effettivamente eseguito le opere.
L’imprenditore, in una missiva spedita il 29 ottobre 2013 a Giuseppe Profiti, presidente dell’Ospedale pediatrico della Santa Sede, scriveva: “Relativamente all’importo così determinato (307mila euro) dichiariamo sin d’ora la nostra disponibilità  a versarlo a codesta Fondazione in due rate di eguale importo entro 60 e 120 giorni dalla data di ricevimento da parte Vostra del pagamento per i lavori effettuati. Gli importi, donati a titolo di liberalità , si intendono sin d’ora vincolati all’acquisizione di attrezzature e realizzazione di opere per la cura dei bambini del Bambin Gesù”.
Una inspiegabile partita di giro.
Bandera vince l’appalto per ristrutturare casa Bertone, la fondazione paga Bandera che poi promette di restituire l’intero importo sotto forma di donazione.
Bandera ha incassato a Londra e mai restituito quel denaro.
E nessuno, nè Bertone, nè Profiti, nè il Vaticano ha intentato azioni contro di lui.

Emiliano Fittipaldi
(da “L’Espresso“)

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CIABATTE SUGLI SCOGLI ED ERRORACCI: LA PUBBLICITA’ DELLA CALABRIA E’ UN AUTOGOL

Aprile 7th, 2016 Riccardo Fucile

“HANNO AFFIDATO LA CAMPAGNA A DEI PERACOTTARI”

«Di fronte a questa ennesima porcheria frutto di una burocrazia sciatta ed indolente disporrò immediatamente una indagine conoscitiva per accertare ogni responsabilità ».
Finalmente, la Calabria fa sul serio sull’ennesimo caso di malagestione? Macchè, si tratta dello scivolone — l’ennesimo, anche questo — in fatto di pubblicità  istituzionale, refusi nei testi e scelte grafiche discutibili.
Il virgolettato è del presidente della giunta regionale calabrese, Mario Oliverio, che ieri ha promesso di voler fare massima chiarezza sull’inserzione apparsa a pagina intera sulla rivista della compagnia aerea Ryanair e segnalata via Facebook dall’indomita Selvaggia Lucarelli.
«Ha ragione Selvaggia Lucarelli, che ringrazio per aver segnalato una vicenda che non può in alcun modo trovare giustificazioni — ha scritto Oliverio, sempre su Fb —. La Calabria merita altro».
«Ribellatevi amici calabresi»
Nasce tutto dal post, con tanto di documentazione fotografica, della blogger: «Non so chi sia il grafico/pubblicitario/copy che s’è occupato di questa pagina ma immagino sia un bambino di otto anni o un alcolista o il nipote del cugino del fratello di un qualche assessore del turismo calabrese ma ditemi voi se è possibile che : a) il titolo sia un mesto arial bianco che si vede malissimo e non è manco centrato. b) velo pietoso sui puntini di sospensione in un titolo (con la minuscola dopo). C) nella scritta in fondo “sistema aeroportuale” sia scritto “sistema aeroportualeR”».
Secondo Lucarelli sono «peracottari tutti. Chi ha incaricato dei peracottari, chi non ha visto gli errori dei peracottari e chi paga dei peracottari per lavorare con tutti i grafici/pubblicitari/copy bravi che fanno la fame. L’altro Paradiso non è la Calabria. E’ il posto in cui per questa mediocrità  non c’è spazio. (la Calabria è una regione bellissima, merita di più. Ribellatevi amici calabresi)».
Poi la chiusa: «Sì, magari anche le ciavatte sullo scoglio le avrei tolte, ecco. Pure il mezzo culo del tipo in mezzo, ecco».
Da quel momento in poi tutto il web si scopre popolato da esperti di grafica.
Fosse stato in Helvetica o in Bodoni sarebbe andata meglio? Urge commissione d’inchiesta sull’utilizzo delle font, forse.
Mentre trova conferma il «purchè se ne parli», non manca l’ironia — «Noi manco ce l’abbiamo l’assessore al turismo!!!», o meglio la delega è in capo proprio a Oliverio; oppure «Poteva andare peggio, per esempio “un’altro” scritto con l’apostrofo» —, ma il mood dei commenti col passare delle ore si canalizza su questi tre filoni: 1) ennesima figuraccia della Calabria, anzi della sua classe politica visto che le coste restano meravigliose, 2) fondi comunitari sperperati e 3) professionisti e copy che fanno la fame.
Certo è che dallo spot dei Bronzi che prendono vita e mostrano le terga (governatore Giuseppe Scopelliti, epoca cui dovrebbe peraltro risalire anche questa campagna) al gerarca Himmler inserito in una brochure sulla leggenda di Alarico da portare alla Bit 2015 (amministrazione comunale di Cosenza, sindaco Mario Occhiuto) la Calabria ha una lunga tradizione di pubblicità  istituzionali quantomeno particolari.
«Sempre realizzate e diffuse all’insaputa del committente» scherza qualcuno sui social scomodando il refrain scajoliano.
Il presidente era Agazio Loiero, invece, quando Oliviero Toscani decise di ribaltare i luoghi comuni per la campagna «gli ultimi saranno i primi»: «terroni? si, siamo calabresi», sorridevano gruppi di ragazzi — e se la minuscola era una scelta stilistica, il «sì» senza accento era un refuso bello e buono, per non parlare del font, un Courier più anonimo dell’Arial. Allora, però, poche polemiche su refusi e grafica, molte sui soldi spesi.
Il Codacons ha deciso di denunciare la pubblicità  alla magistratura contabile, chiedendo di aprire un’indagine «per verificare se la pagina sia stata pagata dalla Regione Calabria e, in tal caso, quanto abbia speso l’amministrazione per commissionare una pubblicità  realizzata in modo approssimativo e superficiale, che rischia di danneggiare seriamente il turismo locale» fornendo «un’immagine distorta della Calabria e delle bellezze del territorio.
Non sappiamo chi l’abbia realizzata e quanto sia costata — incalzano i consumatori —, ma chiediamo oggi il suo ritiro immediato da ogni rivista o testata e con un esposto alla Corte dei Conti invitiamo a verificare chi abbia pagato il messaggio, quale società  lo abbia realizzato e, qualora sia stato pagato con i soldi dei cittadini calabresi, chiediamo che venga disposto l’immediato recupero delle risorse spese».

Eugenio Furia
(da “La Stampa”)

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VERTICE REGENI: “DOSSIER EGIZIANO INCOMPLETO, NESSUN ELEMENTO UTILE”

Aprile 7th, 2016 Riccardo Fucile

TRAPELA L’IRRITAZIONE DEL TEAM ITALIANO: MANCANO I TABULATI DEL TRAFFICO TELEFONICO RICHIESTI E SPIEGAZIONI SU COME I DOCUMENTI DI GIULIO SIANO RICOMPARSI

Un dossier «ancora incompleto» e nel quale mancano un paio di elementi fondamentali chiesti dall’Italia da oltre un mese e mezzo: l’analisi delle celle telefoniche, come e perchè i documenti di Giulio siano spuntati fuori due mesi dopo la scomparsa a casa della sorella del presunto capo di una banda di sequestratori, ucciso dalle forze di polizia.
La fonte che ha partecipato al vertice tra Roma e il Cairo, sintetizza così il primo giorno d’incontri tra inquirenti ed investigatori dei due paesi che indagano sulla morte di Giulio Regeni.
Il dossider comprenderebbe dei video, ma non una serie di atti che gli investigatori italiani si aspettavano di ottenere. Secondo quanto riferiscono fonti qualificate, gli egiziani, giunti a Roma ieri sera, avrebbero consegnato all’Italia una documentazione non soddisfacente e non corrispondente al materiale garantito.
I pm italiani avevano infatti richiesto i dati delle celle telefoniche e i video delle telecamere di sorveglianza di metropolitane e negozi del quartiere nel quale Giulio viveva ed è sparito il 25 gennaio scorso. Dei video sarebbero inclusi nel dossier, ma non quelli richiesti.
Al di là  di quel che scrivono i media egiziani, l’Italia non si ritiene per il momento soddisfatta da quanto messo sul tavolo: anzi, le carte portate susciterebbero perplessità  poichè non contengono elementi davvero utili per arrivare al come e soprattutto al perchè un giovane ricercatore sia stato torturato e ucciso in quella maniera così brutale.
Al momento l’ordine di scuderia è quello di attendere domani, quando è in programma alla Scuola superiore di Polizia il secondo incontro tra gli italiani e gli egiziani: per vedere se la delegazione arrivata nella capitale nella serata di mercoledì intenda davvero collaborare, fornendo tutti gli elementi a disposizione e rispondendo, finalmente, a tutte le richieste di Roma.
Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, il sostituto Sergio Colaiocco, gli investigatori di Ros e Sco hanno consegnato agli egiziani gli elementi raccolti finora, vale a dire l’esito dell’autopsia e l’analisi delle chat sul pc di Giulio e attendono che gli atti in arabo contenuti nel dossier consegnato dagli egiziani vengano tradotti dai nostri esperti prima di fare una valutazione complessiva.
La delegazione egiziana è arrivata alla scuola di Polizia a bordo di tre auto, con una mezzora di ritardo rispetto all’orario concordato.
A guidarla il procuratore generale aggiunto egiziano Mostafa Soliman, accompagnato dal segretario del procuratore generale Mohamed Hamdy El Sayed e da quattro ufficiali di polizia: il generale Adel Gaffar, della National Security, il vicedirettore della polizia criminale del Governatorato di Giza Mostafa Meabed, il vicedirettore delle indagini criminali di Giza Alaa Azmi – il vice del generale Kaled Shalabi, che secondo le mail inviate da un anomimo a `Repubblica’ sarebbe colui che ha ordinato il sequestro e l’uccisione di Regeni – e Ahmed Aziz.
Questi ultimi due hanno preso il posto del generale dei servizi centrali della polizia egiziana Alal Abdel Megid, inizialmente indicato nella delegazione ufficiale.
Stando a quanto riportano i media egiziani, il dossier consegnato dai sei conterrebbe addirittura «prove materiali» che «determinano nel dettaglio la maniera in cui è stato perpetrato il crimine senza però poter giungere al criminale».
A cominciare dalle registrazioni delle telecamere di sorveglianza della zona di Dokki. Ma se il Cairo avesse davvero consegnato quelle immagini, allora ci sarebbe da chiedere come mai, per due mesi, le autorità  hanno detto e ripetuto che o non esistevano più o erano totalmente inutili.
Con i video, a Roma sarebbe anche arrivata l’autopsia completa – una delle cinque richieste avanzate dall’Italia – le «testimonianze di ufficiali e amici» di Giulio, un «registro delle chiamate del suo telefono».
Pur ammettendo che sia vero, bisognerà  vedere se si tratti del materiale completo: gli inquirenti avevano infatti chiesto i tabulati di Giulio degli ultimi due mesi (avevano già  quelli degli 3 giorni precedenti la scomparsa), e i tabulati e i verbali di una dozzina di persone a lui più vicine: amici, vicini di casa, rappresentanti di sindacati e ambulanti.
Oltre all’analisi delle celle telefoniche per vedere quali telefoni `agganciano’ la cella di Dokki la sera del 25 gennaio e quali quella del luogo del ritrovamento il 2 e 3 febbraio.
Al momento gli inquirenti italiani   ricordano quante `notizie’ diffuse da siti e giornali egiziani si siano rivelate dopo poche ore per quel che erano, depistaggi o aria fritta. Un esempio, dicono le fonti, si è avuto anche oggi quando il sito del quotidiano Al Masri Al Youm – lo stesso che pubblicò l’intervista a Shalaby nella quale il generale parlò di un incidente stradale come causa della morte di Giulio – ha scritto di un probabile incontro tra i membri della delegazione e la famiglia Regeni.
Notizia subito smentita dai genitori: «finora non siamo stati contattati in alcun modo dagli inquirenti egiziani».
Ci sono poi dichiarazioni grottesche: l’ex-ministro dell’Interno aggiunto, Rafaat Abdel Hamid ha detto “che sarà  trovato un accordo per allargare la cerchia dei sospettati”.
La delegazione “ha dichiarato alla controparte italiana che essa esaminerà  le accuse lanciate dai giornali italiani contro qualche persona per coinvolgimento nell’uccisione di Regeni”: come se fossero caduti dal pero.

(da agenzie)

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REGENI, TERMINATO PRIMO VERTICE TRA INQUIRENTI ITALIA-EGITTO, LA TENSIONE RESTA ALTA

Aprile 7th, 2016 Riccardo Fucile

CINQUE ORE DI SCAMBIO DI INFORMAZIONI, NON SI CONOSCONO I DETTAGLI…TIMES: “TIRANNIA AL CAIRO, C’E’ QUALCOSA DI MARCIO”: QUALCUNO AVVISI I FINTIDESTRI ITALIANI, COMPLICI DEGLI ASSASSINI

Sono entrati nei locali della Scuola di polizia di via Guido Reni, a Roma, alle 10 di mattina. Poco dopo le 15, a cinque ore dall’inizio, gli egiziani hanno lasciato la sede mentre il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, il pm Sergio Colaiocco, e il capo del Cos, Renato Cortese, e quello dei Ros, Giuseppe Governale sono rimasti dentro più a lungo per esaminare i documenti portati dal Cairo.
Si incontreranno di nuovo, domani, per esaminare fascicoli, documenti, prove.
I risultati saranno resi noti al termine dei lavori, in un comunicato congiunto.
Gli italiani, secondo quanto si è appreso, hanno illustrato i risultati dell’autopsia e l’analisi del suo computer.
La delegazione egiziana ha aggiornato i titolari dell’inchiesta romana dell’attività  svolta successivamente al 14 marzo, giorno in cui Pignatone e Colaiocco si recarono al Cairo per un primo confronto.
A partire da oggi la verità  che cerca il governo italiano, che chiede la famiglia del ricercatore di 28 anni ucciso, torturato, alla quale guardano anche altri Stati – il Times ha pubblicato l’ennesimo editoriale sul comportamento ambiguo dell’Egitto – non ha più scuse, non concede ritardi, omissioni o bugie. Almeno non senza che ci siano conseguenze.
Una fonte egiziana di sicurezza “di alto livello”   ha affermato che la delegazione ha informato le controparti italiane che la procura non ha ancora concluso l’indagine sull’omicidio e che “se si verificherà  che qualcuno è coinvolto nell’omicidio, sarà  messo sotto processo”.
La fonte ha aggiunto che le autorità  italiane non hanno formulato accuse formali contro “parti o persone coinvolte nell’omicidio”.
Il pool.
In quella stanza sono entrati i massimi dirigenti del Servizio centrale operativo (Sco) della polizia di Stato e del Raggruppamento operativo speciale (Ros) dell’Arma dei carabinieri. Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco. Dal Cairo, con il procuratore generale aggiunto Mostafa Soliman e Mohamed Hamdy, suo segretario, sono arrivati il generale Adel Gaffar della Sicurezza Nazionale, il ‘comandante’ Mostafa Meabed, l’ufficiale Ahmed Aziz e, al posto del brigadiere generale Alal Abdel Megid dei servizi centrali della polizia egiziana, il generale Alaa Azmi, indicato come ‘vice-direttore delle indagini criminali di Giza’. Vale a dire, il vice di Khaled Shalaby, indicato dall’Anonimo a Repubblica come l’uomo che dispose la sorveglianza di Giulio prima del suo sequestro, ne “ordinò” e “supervisionò” la tortura in una caserma di Giza e quindi lavorò al depistaggio.
La stampa britannica.
Si aspetta, da oggi, la verità , non una storia plausibile. Una storia che scuote anche l’attenzione internazionale.
“L’omicidio di Giulio Regeni fa emergere qualcosa di marcio nello Stato egiziano” scrive il Times di Londra nell’editoriale dal titolo ‘Tirannia al Cairo’.
“Il presidente Al Sisi ha promesso all’Italia la verità  ma, fino ad ora, dall’Egitto c’è stato solo offuscamento”, continua il Times. Secondo il giornale, l’omicidio Regeni non è una “atrocità  isolata” ma il risultato di una repressione che sta andando avanti da anni. E questo non potrà  che isolare l’Egitto a livello internazionale, conclude il giornale
Presunto Anonimo: “Non io, ma chiunque sia, sta dicendo la verità “.
Omar Afifi, l’ex generale dissidente egiziano indicato come autore delle mail anonime inviate a Repubblica, ha annunciato di essere “pronto per una totale collaborazione” con la magistratura italiana e a rivelare la verità  sulle responsabilità  dei servizi di sicurezza egiziani nell’assassinio di Regeni.
“Dichiaro pubblicamente di essere pronto a una totale collaborazione con gli inquirenti italiani o anche europei e questo dopo aver compiuto il giuramento previsto dalla legge”, ha detto intervistato dalla tv satellitare egiziana al Hiwar, emittente vicina all’opposizione islamica al regime del Cairo. Afifi, in collegamento dagli Stati Uniti dove è riparato, ha ribadito di non essere l’autore delle mail inviate a Repubblica e ha spiegato che “potrebbe essere opera di un ufficiale onesto all’interno dei servizi” aggiungendo che “tuttavia si tratta della verità  dei fatti”.
Al Cairo, proprio durante il vertice a Roma, c’è anche stata una riunione tra il capo e il vice della procura di Giza, rispettivamente Ahmed Nagy e Hossam Nassar, con il procuratore generale Nabil Sadeq, incentrata proprio sulla lettera anonima pubblicata domenica.

(da agenzie)

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CASALEGGIO PENSA DI ABDICARE, GLI SUCCEDERA’ IL FIGLIO DAVIDE

Aprile 7th, 2016 Riccardo Fucile

PASSAGGIO DINASTICO, MA NEL DIRETTORIO SI PREPARANO CONGIURE… ROBERTO AVREBBE DI FATTO GIA’ LASCIATO MOLTI POTERI AL FIGLIO DAVIDE

Qualche giorno fa un parlamentare molto importante del Movimento cinque stelle è salito a Milano alla Casaleggio associati per una riunione con Gianroberto Casaleggio.
In un’ora e mezzo il cofondatore del movimento ha subito (almeno) cinque o sei pesanti cali dell’attenzione, faticando a mantenere la concentrazione per un arco di tempo consecutivo neanche troppo lungo.
Il parlamentare è tornato a Roma e ha riferito: «Gianroberto ormai ha mollato, non ce la fa più a star dietro al Movimento. Decide ormai quasi tutto il figlio».
Non si può dire che la notizia sia stata accolta col dispiacere umano che ci si aspetterebbe, specialmente nel direttorio dei cinque stelle; personaggi creati proprio da Casaleggio, ma pronti a scalarlo con la brutalità  della più classica politica.
C’è un direttore del direttorio; e non è Gianroberto (tanto meno Beppe Grillo, che fa promozione al suo tour da comico e mostra di avere ormai le tasche piene del suo antico giocattolo), ma il figlio.
Nel Movimento a questo punto si delinea una guerra sorda, perchè è chiaro che le tante scalpitanti webstar elette, accecate dalla tv e dalla vita romana, accettavano già  a stento Gianroberto, l’intellettuale carismatico a cui dovevano tutto; figurarsi un giovane che è loro coetaneo.
Già , perchè il Riccardo III del Movimento, stanco e tradito, li sta giocando e ha preparato una classica successione dinastica alla coreana.
Una stagione finisce. Ma com’è nello stile dei regimi familiari, il tramonto è segnato da tradimenti, opportunismi, viltà  e ingratitudine degli ex cortigiani.
Dopo un periodo in cui la salute del Riccardo III era parsa in un qualche miglioramento, forti sono di nuovo i segni di affaticamento.
Se Casaleggio molla la presa, siamo in grado di rivelare che dell’azienda si occupa ormai integralmente Davide, che è anche colui che, apparentemente assieme al direttorio, in realtà  da solo, tiene le chiavi del blog di Beppe Grillo, cioè dell’unica vera macchina del consenso e della gestione del gruppo parlamentare.
Ma chi è, Davide? Se Gianroberto è sempre stata la mente, Davide era il braccio, ma senza la stessa passione politica.
Lui rendeva operative le decisioni prese durante le riunioni, coordinava le attività  tecniche e organizzava gli «slot» dei dipendenti, cioè quanto ciascuno dovesse lavorare su un progetto.
Sempre lui traduceva in tattiche, strategia e azioni pratiche, le visioni di Gianroberto, dopo averle analizzate dal punto di vista tecnico, spesso dopo lunghe riunioni a porte chiuse nell’ufficio del padre.
È Davide ormai, prima di Gianroberto, che dà  l’ok alle comunicazioni che partono dallo «staff di Beppe Grillo»; Davide tiene i contatti con i consulenti esterni (in particolare lo studio legale Montefusco).
In realtà  è da sempre dentro la macchina, fin dal 2009 si occupava dei meetup, era lui che conduceva allora gli incontri formativi dei candidati, anche prendendo decisioni politiche importanti.
Gli esempi sono diversi, come questo: «Durante le elezioni su indicazione di Davide Casaleggio i candidati del meetup Europa decisero di estromettere x, y e z dal sito dei candidati, perchè avevano spedito dei volantini con le sole loro facce in tutta Europa…». È Davide, e solo in un secondo momento i parlamentari che fanno capo a lui, che ha in mano e coordina il processo di «certificazione» delle liste, le espulsioni, e quindi verosimilmente ha in mano le chiavi del server.
In azienda già  da tempo era a tutti gli effetti il vice.
Non è per nulla simpatico, anche agli altri soci, con cui spesso ci sono scontri; ma è il figlio del capo e lo fa valere.
Campione di scacchi da bambino, molto riservato, abitudinario (a colazione non cambia mai: brioches e succo di pera), qualcuno lo definisce «arrogante e autoritario, ma per niente autorevole».
Non esita a usare i dipendenti dell’azienda come pedine per regolare i conti con i partner. Sportivo, patito di immersioni, con la doppia cittadinanza, è capitato che cercasse di coinvolgere i collaboratori nelle sue attività  private, soprattutto quelle sportive, anche sfruttandone le capacità  tecniche (come quando chiese a un dipendente di seguirlo in un weekend di immersioni per effettuare riprese con la telecamera).
È Davide che ha inventato il sistema dei clic e dei siti-satellite, è lui che ha trasformato il blog in una macchina pubblicitaria, che fa guadagni.
Nelle discussioni, ci raccontano, più che il confronto rincorre l’obiettivo di indurre in errore l’interlocutore, anzichè sostenere le proprie tesi, come descritto in uno dei libri che cita più spesso, «Getting to yes», di Roger Fisher e William Ury.
Sul lavoro, e in politica, la frase ricorrente è «conta l’obiettivo», poco gli importa di come ci si arrivi.
Stima Di Maio, ma lo considera un suo dipendente. «I parlamentari facciano i parlamentari, non devono occuparsi del loro collegio elettorale non siamo un partito», diceva anni fa Gianroberto Casaleggio, il Riccardo III del movimento.
La nuova generazione, qualunque cosa succeda, ha già  preso un’altra via.

Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)

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GRILLO: “MAREA UMANA CONTRO RENZI”, MA E’ LA PIAZZA DI PAPA FRANCESCO

Aprile 7th, 2016 Riccardo Fucile

“VEDI NAPOLI E POI CADI” SCRIVE IL LEADER M5S, MA A CADERE NEL RIDICOLO STAVOLTA E’ LUI

“Un marea umana”, così Beppe Grillo definiva le persone che a Napoli si sono date appuntamento per una manifestazione di protesta in occasione della visita del premier Matteo Renzi.
Nel post scritto sul suo blog intitolato “Vedi Napoli e poi cadi”, e condiviso sulla sua pagina Facebook, la foto scelta mostrava una piazza Plebiscito stracolma di gente,
“gente che non ne può più”.
Purtroppo però la fotografia non era stata scattata ieri, ma in occasione della visita di papa Francesco nel capoluogo campano.
Per un movimento che fa della presenza sul web uno dei punti di forza e che paga fior di milioni alla Casaleggio associati per curare la comunicazione, è un autogol clamoroso, anche se non il primo.
Certe campagne con toni eccessivi portano a tarocchi del genere, nella frenesia di demonizzare tutto e tutti.
Il post è stato rimosso, ma ciò non ha impedito ad alcuni utenti di Twitter di scherzare sulla scelta di Grillo.
Per una volta Beppe è tornato comico: se il suo compito è far ridere, non si può dire che non ci sia riuscito.

(da agenzie)

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