Destra di Popolo.net

NOI SENZA SALVINI: A ROMA LA LEGA ANNASPA TRA LITI INTERNE E ALLA FINE IL SIMBOLO CAMBIA

Aprile 9th, 2016 Riccardo Fucile

LA PIVETTI CAPOLISTA NON CONVINCE NEANCHE I CINESI

Non c’è solo la matassa del candidato sindaco da sbrogliare all’ombra del Cupolone.
La neonata creatura Noi con Salvini non sembra in grado di camminare sulle proprie gambe tanto da doversi presentare nella Capitale in abbinata con il simbolo della Lega Nord.
A Roma il movimento salviniano fondato per allargare il Carroccio nel Centro e Sud Italia ha già  registrato fibrillazioni e defezioni.
Già  nell’autunno scorso la transumanza verso Noi con Salvini di politici fuoriusciti da altri partiti ha creato alcune frizioni interne.
Non è dunque un caso che il leader abbia piazzato alla guida del suo movimento nella Capitale nientemeno che il capogruppo della Lega al Senato, Gian Marco Centinaio, un pavese chiamato a gestire le beghe romane, con la dirigenza capitolina per lo più appannaggio di ex An come Barbara Saltamartini, Souad Sbai, Barbara Mannucci e Fabio Sabbatani Schiuma.
A mettere il dito nella piaga ci ha pensato il mese scorso anche il Giornale sottolineando, tra i vari aspetti, anche le carenze più significative dal punto di vista organizzativo, come la mancanza di una sede ufficiale, di tesseramenti e congressi.
L’ultimo aggiornamento sulle turbolenze di Noi con Salvini a Roma è stato lo strappo dell’ex consigliere capitolino Marco Pomarici, di quello municipale Luca Aubert e dell’ex minisindaco Massimiliano Lorenzotti usciti dal movimento salviniano e ritornati in Forza Italia con la benedizione di Maurizio Gasparri.
Salvini però, nel tentativo di superare l’impasse e le polemiche interne, ha pensato bene di rilanciare la palla con la candidatura di Irene Pivetti come capolista.
E così dopo diversi anni di lontananza dalla politica attiva, il ritorno al giornalismo e l’approdo in televisione, fino all’esperienza imprenditoriale con la guida della rete di imprese Only Italia (una piattaforma per favorire l’export delle Pmi) e la nascita della Fondazione per lo Sviluppo Italia Cina, ecco la Pivetti ha deciso di ricominciare proprio da dove aveva lasciato. Cioè dalla Lega.
… MA I CINESI NON PAIONO CONVINTI
Alla conferenza stampa di presentazione della sua candidatura, tenutasi a Montecitorio, hanno preso parte anche alcuni corrispondenti di giornali cinesi, a testimoniare la vicinanza tra la Pivetti e il gigante asiatico.
Uno dei cronisti con gli occhi a mandorla, Marco Huang, ha fatto notare che la comunità  cinese non sa se fidarsi della Lega, dato che “è da sempre contro gli immigrati”.
Inoltre, gli stessi cinesi presenti alla conferenza stampa sono stati protagonisti di un siparietto durante l’iniziativa; alcuni di loro erano infatti convinti che fosse la Pivetti la candidata sindaco, ma una volta risolto l’equivoco (la diretta interessata gli ha spiegato che la candidata sindaco è la Meloni) non hanno nascosto una certa delusione.
NOI CON SALVINI E LEGA: LISTA UNICA
Non tutti ci hanno fatto caso, ma l’annuncio dato da Salvini in conferenza stampa è stato chiaro: Irene Pivetti sarà  capolista della Lega alle comunali di Roma.
Della Lega, non di Noi con Salvini (e nemmeno della Lega Nord, Salvini è stato attento a non pronunciare la parola Nord).
In realtà , sarà  la capolista di un’unica lista che dovrebbe riportare entrambi i nomi e un simbolo pensato appositamente per questa tornata elettorale romana.
Viene quindi scartata l’ipotesi di presentare il solo movimento Noi con Salvini, creato apposta per assicurare una propaggine al Carroccio nel Centro Italia e nel Mezzogiorno.
Ma se Salvini ha ritenuto necessario fondare questo nuovo partito, dotandolo di un organigramma e di dirigenti locali per portare avanti le sue battaglie in tutta Italia, perchè non lo presenta da solo alle elezioni amministrative di Roma ma ha bisogno del supporto della Lega Nord?
Forse perchè Noi con Salvini ha poco appeal elettorale, fatica a camminare sulle proprie gambe e senza l’ancora leghista rischierebbe il flop?

(da “Formiche.net”)

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INTERVISTA ALLO SCRITTORE AL-ASWANI: “PROVE CHIARE CHE GIULIO E’ STATO UCCISO DALLA POLIZIA”

Aprile 9th, 2016 Riccardo Fucile

“IL REGIME DI AL SISI E’ BASATO SU UN APPARATO DI POLIZIA FUORI CONTROLLO”

Abbiamo raggiunto al telefono al Cairo il noto scrittore egiziano, Alaa Al-Aswani, autore di romanzi che hanno avuto molto successo in Italia, come Palazzo Yacoubian, per discutere del caso Regeni in seguito alla decisione del governo italiano di richiamare l’ambasciatore in Egitto per consultazioni urgenti.
Qual è la sua opinione sulle ragioni del sequestro e della tortura del ricercatore italiano?
Il caso Regeni è molto complesso. Ma ci sono prove chiare che sia stata la polizia a torturarlo a morte. La brutalità  della polizia riguarda noi tutti. Khaled Said (uno dei simboli delle rivolte del 2011, ndr) è stato picchiato a morte. Succede quotidianamente, tutto il mondo ormai conosce la brutalità  della polizia egiziana.
In verità  gli omicidi di Regeni e dell’attivista Shaimaa el-Sabbagh chiariscono quanto la polizia non abbia preso di mira solo i movimenti islamisti, non è così?
Il problema della brutalità  della polizia è che tutti possono immaginare come inizia una vicenda del genere ma nessuno può sapere come finisce. Questo succede contro tutti non importa se siano Fratelli musulmani o no, come Shaimaa el-Sabbagh. Torturare chi non appartiene a movimenti islamisti è diventato molto comune. Noi dovremmo rispettare i diritti di tutti. Anche chi ha commesso crimini merita di vedere preservata la sua dignità . Il regime si basa su un apparato brutale che commette crimini perchè è fuori controllo. Lo stesso presidente al-Sisi ha detto che innocenti sono in prigione e di essere a conoscenza delle violazioni commesse dalla polizia egiziana.
È di pochi giorni fa la notizia del rapimento dell’avvocato, Islam Salamah, prelevato dalla sua abitazione nella regione di Gharbeya. Ormai i casi di desaparecidos sono all’ordine del giorno…
Il fenomeno delle sparizioni forzate è legato ad indagini segrete. Gli scomparsi sono spesso persone minacciate e torturate. Pur di essere liberate sono disposte a confessare ogni cosa. Qui non avvengono sparizioni complete come era il caso dell’Algeria e del Portogallo. Le persone scompaiono, sono torturate e costrette a confessare. Infine, vengono presentate nelle corti.
Mai era successa una cosa simile ad uno straniero, come nel caso Regeni?
Sotto tortura chiunque può dire qualsiasi cosa. I media del regime propongono uno stato di xenofobia, di paranoia e alimentano la teoria della cospirazione. Sono contro di noi. Come ho scritto sul New York Times, la xenofobia è uno stato mentale promosso dai media egiziani. Non posso direttamente accusare qualcuno del ministero dell’Interno anche se i dati sulle violenze che commettono sono terribili.
Perchè la polizia è così efferata nonostante al-Sisi abbia ormai ottenuto tutto quello che voleva secondo la sua roadmap con la formazione del parlamento?
Questo parlamento non rappresenta gli egiziani. È nato per essere sotto la supervisione del presidente. La partecipazione al voto era bassissima: ferma al 20%. Le classi disagiate non sono andate a votare. I parlamentari non rappresentano il popolo egiziano. I generali della sicurezza sono gli stessi dei tempi di Mubarak. Vivono nel complesso della rivoluzione. Gli egiziani nel 2011 si sono rivoltati. Hanno un sentimento di vendetta contro i movimenti, mettono in prigione chiunque e senza ragione. Non vogliono dare una chance a nessuno di fare un’altra rivoluzione.
Gli egiziani sono di nuovo pronti a scendere in piazza, ci sono scioperi in diversi settori in tutto il paese…
Gli scioperi tornano per l’aumento dei prezzi e per le difficili condizioni di vita. Questo il regime non capisce. La rivoluzione cambia le persone. Gli egiziani ora non sono gli stessi che vivevano ai tempi di Mubarak. È quasi impossibile applicare vecchie formule di oppressione per avere gli stessi risultati.
Ha subito varie minacce nel suo lavoro e ormai pubblica articoli molto raramente sui media egiziani. È poi di pochi giorni fa il caso della condanna a due anni dello scrittore, Ahmed Nagy, per il linguaggio scurrile usato nei suoi romanzi…
In Egitto non c’è libertà . Uno dei miei progetti è scrivere un libro sui dittatori nella storia moderna. In molti casi hanno provato a rendere la vita più semplice fornendo cure mediche e assistenza per poi mandare gli attivisti in prigione. Ma in Egitto non sta accadendo questo, il popolo vive in condizioni disperate, i tassi di cambio con il dollaro sono quanto mai sfavorevoli, non hanno i mezzi sufficienti per comprare cibo e trasporti. Questo rende le persone molto arrabbiate, stanno soffrendo e questo creerà  di sicuro problemi per il regime.
Crede che il caso Regeni possa minare le relazioni bilaterali tra Italia ed Egitto?
I politici spesso si curano dei loro interessi e non dei diritti della gente comune. Il lato positivo di tutto questo è che le relazioni bilaterali tra governi sono solo una piccola parte dei rapporti tra Egitto e Italia. Gli italiani vivono in Egitto da secoli. Ci sono tante parole italiane nel dialetto egiziano (avvocato, roba vecchia…). Sui social media il malessere degli egiziani per quello che è accaduto è grande.

(da “Huffingtonpost”)

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LA TRADUZIONE DELLE INTERVISTE DEI FAMILIARI DEI 5 UCCISI ACCUSATI DELL’OMICIDIO REGENI: PER QUESTE DICHIARAZIONI SONO STATI ARRESTATI

Aprile 9th, 2016 Riccardo Fucile

LA LORO DENUNCIA: IL REGIME LI HA AMMAZZATI A FREDDO E POI COSTRUITO IL TAROCCO

La trascrizione delle interviste per le quali sono stati arrestati i familiari delle 5 persone uccise accusate dal governo egiziano di essere gli omicidi di Regeni
IBRAHIM FAROUK
Madre: mio figlio è morto e   il suo segreto è con me. Ibrahim ha continuato a studiare finchè non si è fidanzato. Il suo futuro “suocero” gli aveva detto”ti procuro una vettura (microbus) per lavorare, per guadagnare di più.   Mi sono messa a chiamarlo dalle 10 del mattino ma mio figlio non rispondeva.
Fratello : anche mia madre gli mandava messaggi in cui chiedeva se fosse accaduto   qualcosa
Madre: Ero preoccupata. Quando alle 8.10 ho ricevuto una chiamata dal telefono di   Ibrahim, io ho risposto “Allora, Ibrahim” ma non ho sentito la voce di Ibrahim, ho   chiesto “dove sei” e qualcuno mi ha detto “passami un uomo con cui parlare”.
Fratello : Mi ha detto, questo telefono ce l’ho io, è di uno che è all’obitorio , che si   chiama Tareq.   Gli ho detto No, questo telefono è di uno che si chiama Ibrahim Farouk ed è mio   fratello.
Ha poi richiamato una donna che ha detto che la macchina era capottata ferma   davanti alla Questura   del 5° distretto. Ha detto: è inutile parlare al telefono, vuoi venire all’obitorio   per il riconoscimento? Se non vuoi, fai come preferisci
Madre : Non mi hanno lasciata entrare, mi sono messa a urlare, non sono riuscita a   vederlo se non nel …..
Padre: Sono entrato più di sette volte per ve rificare se era mio figlio o no perchè   aveva metà  della faccia spappolata.
Fratello : ho guardato dietro e ho visto mio fratello steso, l’ho riconosciuto dal (scarpe)
Padre : Alla fine ho chiamato suo zio e l’ho riconosciuto dalla maglietta. Se mio figlio è un uomo malvagio, lasciatelo vivere, non uccidetelo, lasciate che sia   Dio a prendere la sua anima, non voi, ha sbagliato, la giustizia di Dio non dice   questo, fanno i conti con me perchè sono stato in carcere per tre anni, sono dieci   anni che ho l’attività  ferma,
Fratello: Gli hanno teso un agguato, questa vettura ha fatto mille viaggi (si vede   la patente di guida di Ibrahim Farouk e si vede l’auto crivellata di colpi)
Negoziante : E’ da 15 anni che sono qui, gente rispettabile, i fratelli di Ibrahim, tutti,   che Dio lo abbia in gloria, non ho visto che abbiano fatto nulla di male.
Un vicino di casa:   un uomo normale, non ho nulla da dire su di lui
Madre : è un percorso su cui mio figlio è stato trascinato con l’inganno
Fratello: …parla dell’auto…
Padre : se mio figlio è colpevole e voi avete sparso il suo sangue, ora io voglio che mi   diate il risarcimento che mi spetta
Madre : non mi separo mai dal volto di Ibrahim, la casa senza di lui è buia
Rasha Tareq:.…. l’ultima accusa contro di lui era stata per droga, mio padre è stato in prigione per truffa, ha aperto al Sharqiya “L’Imperatore” , un negozio di auto a noleggio, sono andati giovedì mattina, Saad e Salah perchè l’appartamento che poteva andare bene per tutti perchè in fondo avrebbero   lavorato insieme, forse questo Ibrahim anzichè prendere i mezzi li ha caricati e gli ha   dato un passaggio, non so chi ha preso la macchina, ho contattato mio   marito verso le 8.00, suonava ma nessuno rispondeva, alla fine hanno risposto senza parlare,   hanno sentito la voce di mio fratello, e una voce lontana ha detto: va bene, signore, sto arrivando dimmi che cosa vuoi da me esattamente si è sentita la voce di mio fratello che diceva sto arrivando. Siamo andati al distretto, io, mio fratello e la avvocato che ha chiesto e le hanno risposto: noi abbiamo ricevuto una segnalazione, li abbiamo portati e consegnati a chi li aveva richiesti. Io e mio fratello siamo andati all’obitorio con la avvocato, ho trovato l’ufficiale che mi ha chiesto se sono parente di Tareq Saad, gli ho detto che sono la figlia, e di Saad Tareq? gli ho detto: è mio fratello, ho chiesto che volevo sapere chi dei due era morto, l’ufficiale mi ha risposto Tareq e quello che gli stava vicino ha detto tutti e due, poi mi ha chiesto di Salah Ali, quale parentela aveva con me, gli ho detto: è mio marito, chi di loro è morto? Ha detto: tutti e tre. Dove sono le armi trovate con questa gente? si presume che dal momento che hai ucciso Saad non spari anche a chi gli sta vicino.
La foto di questi documenti: questo libretto è di sua madre… gli occhiali sono di mio fratello, mio fratello Saad, le cuffiette erano di mio fratello, la cuffia del MP3, supponiamo che mio fratello, mio marito o mio padre lo abbiano ucciso (Giulio) hanno fatto lo sforzo di prendere le sue cose, le gettano in mare o le bruciano? Poi   voi dite che loro sono specializzati nel rapire stranieri, questi quattro sono degli ignoranti, come avrebbero fatto a trattare con degli stranieri? Ora mio figlio quando dorme mi chiede: mamma, dov’è mio padre, dov’è mio zio? (piange) i miei figli hanno 10, 8 e 13 anni, sono rimasti senza padre, vorrei che   qualcuno mi portasse dal Procuratore generale, gli chiedo dove sei? sei seduto nel tuo ufficio e ascolti quelli che vuoi tu, non ascolti i poveretti, non ascolti i parenti di questi cinque morti e come sono morti, vorrei che mi dicessi:   li ho ammazzati per questi motivi.
MUSTAFA BAKR
Figlio: ero seduto vicino a casa, chiamavo e non   rispondeva, sono giunte delle forze dell’ordine della questura del distretto di al Salam con due pubblici   ministeri, sono entrati nell’appartamento, lo hanno perquisito e hanno sequestrato carte. Mio padre aveva un chiosco e intendeva sistemarlo, sono sceso e ho trovato che mio padre era tra questi cinque morto. Domando ma nessuno mi dice nulla, quando è avvenuta la morte, aveva due pallottole in testa, tre nel fianco, due nella schiena e un braccio spezzato, ho visto che aveva i polsi lividi come se lo avessero ammanettato, aveva i vestiti impolverati.
Un vicino : Sinceramente era una persona rispettabile, era una persona pulita, non abbiamo visto nulla di male da parte sua

(da “La Repubblica“)

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“LI HANNO UCCISI A SANGUE FREDDO”: CASO REGENI, I FAMILIARI DEI 5 ACCUSATI DENUNCIANO IN TV LA MACCHINAZIONE E VENGONO ARRESTATI

Aprile 9th, 2016 Riccardo Fucile

CHI TOCCA I FILI DELL’AFFARE REGENI IN EGITTO MUORE O FINISCE IN GALERA AD OPERA DEI BOIA DI AL SISI

Al Cairo, chi tocca i fili dell’affaire Regeni muore. O, nella migliore delle ipotesi, finisce in una galera.
Chi chiede “la verità ” o denuncia la menzogna, paga.
Se “verità ” e “menzogna” non coincidono con il canovaccio scritto in queste otto settimane dagli apparati della sicurezza egiziani e dal Ministero dell’Interno.
Accade così che, nelle stesse ore in cui il Procuratore generale del Cairo Mostafà  Soliman annuncia con enfasi che il rispetto degli articoli 57 e 58 della costituzione impedisce la consegna di celle e tabulati telefonici alla Procura di Roma, ma non certo “la volontà  di continuare a cooperare per il raggiungimento della verità “, i familiari di due dei cinque disgraziati uccisi dalla Polizia alla vigilia di Pasqua, il 24 marzo, e “serviti” come assassini di Giulio finiscano in galera. Colpevoli – secondo quanto riferisce il Daily News Egypt di aver calunniato il Ministero dell’Interno e gli apparati di sicurezza nelle loro interviste concesse al giornalista Basma Mostafar del sito DotMisr.
Testimonianze decisive per fugare ogni dubbio sulla macchinazione (di cui il ritrovamento dei documenti di Giulio doveva essere la prova regina) e svelarne i dettagli.
Uno su tutti. Che almeno uno dei cinque uomini “uccisi in un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine, era stato finito con un colpo alla nuca”.
Ecco la risposta egiziana a nemmeno ventiquattro ore dal fallimento del vertice di Roma alle osservazioni con cui, per due giorni, la Procura di Roma aveva definito “irricevibile” la storiella della “banda criminale”.

(da “La Repubblica”)

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VENTI GIORNI FA PASSERA TUONAVA: “MILANO NON VA LASCIATA AL FASCISMO LEGHISTA LEPENISTA RAPPRESENTATO DA PARISI”, OGGI SI ALLEA CON LUI

Aprile 9th, 2016 Riccardo Fucile

ALLEANZE E SCONTRI TRA LOBBY E MASSONI… PASSERA FA SPONDA CON PARISI, SALA NON E’ DETTO CHE CI PERDA

Corrado Passera ha annunciato ufficialmente il ritiro della sua candidatura a sindaco di Milano e ha annunciato il suo impegno a sostenere quella di Stefano Farisi.
“Sono fortissimamente impegnato nella campagna elettorale di Milano e darò il mio massimo impegno, perchè Stefano Parisi diventi sindaco”, ha detto l’ex ministro in conferenza stampa congiunta con il candidato sindaco del centrodestra.
Passera ha precisato che presenterà  una sua lista civica e che personalmente non si candiderà  ma, ha detto, “aiuterò da fuori”.
“Ho accettato l’invito di Parisi di rafforzare attraverso la lista civica la componente liberale e indipendente e civica della sua coalizione, che può puntare direttamente a vincere sin da subito – ha detto Passera -. Quello che serve oggi nella coalizione del centrodestra è proprio il rafforzamento della componente di cui siamo portatori”.
“Sento il dovere di unire le forze – ha concluso Passera – per il progetto Milano, che è più importante di ognuno di noi. Fortunatamente c’è la persona con cui unire queste forze. E con Parisi c’è comunanza di idee”.
“Una giornata storica per questa campagna elettorale”. Così Parisi definisce così la convergenza di Passera.
Nei prossimi giorni verrà  definito nei dettagli il progetto ma intanto “tutta la coalizione di centrodestra – spiega Parisi – ha supportato questa scelta. Sono tutti contenti”.
Nessuna anticipazione su un’eventuale ‘investitura’ d’assessore per Passera nel caso di vittoria dello schieramento di centrodestra: “per ora parliamo di programmi”.
Una scelta di “potere e poltrone”.
Cosi il candidato sindaco di Milano per il centrosinistra Beppe Sala, definisce la rinuncia di Corrado Passera.
“È finita come doveva andare a finire. – scrive in una nota – Il centrodestra si mostra per quello che è. Corrado Passera solo 20 giorni fa dichiarava: ‘Milano non si puo’ permettere il gemellaggio con il fascismo leghista lepenista imposto a Stefano Parisi: votandolo, la città  verrebbe consegnata al dipendente di una coalizione ormai in frantumi, sotto costante ricatto e totalmente in balia della becera politica retriva e populista della Lega di Salvini, che va sotto braccio al partito nazional fascista di Le Pen che auspica la fine dell’accordo di Shengen’. Evidentemente il richiamo alla paura, alla chiusura, al passato è un collante irresistibile per chi preferisce chiudersi che guardare al futuro”

(da agenzie)

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L’ESILARANTE CONFERENZA STAMPA AL CAIRO DEGLI INQUIRENTI EGIZIANI: “NON DAREMO MAI CONTATTI CELLE TELEFONICHE”

Aprile 9th, 2016 Riccardo Fucile

E LO CREDO, EMERGEREBBERO I KILLER DEL REGIME… ARRESTATI TRE PARENTI DEI CINQUE ASSASSINATI: AVEVANO OSATO SMENTIRE LA RICOSTRUZIONE TAROCCATA DELLA POLIZIA EGIZIANA

«Accetteremo domande solo sulla visita ma non sull’inchiesta Regeni».
Seduto dietro una selva di microfoni, tra la bandiera egiziana e quella della procura, Mostafa Soliman, il vice procuratore generale e capo della delegazione appena tornato dalla visita in Italia, esordisce così alla conferenza stampa affollatissima convocata al Cairo.
Poi il via ad affermazioni da lasciare allibiti.
«Gli italiani pensano che l’inchiesta stia andando per il verso giusto. Siamo arrivati in aeroporto, ci hanno accolto e abbiamo ricevuto una buona ospitalità », ha spiegato elogiando la cooperazione tra i due Paesi.
«Abbiamo dato tutto agli italiani tranne i dati dei telefoni cellulari attivi nella zona dell’appartamento di Regeni, intorno alla metro e nel luogo di ritrovamento del corpo”.
Conferenza stampa che arriva poche ore dopo la notizia che la Procura di Roma inoltrerà  una nuova rogatoria internazionale nella quale saranno riformulate alle autorità  egiziane le richieste di acquisizione dei tabulati telefonici di una decina di persone e dei video delle zone frequentate da Giulio Regeni.
Richiesta incostituzionale
Il viceprocuratore ha sottolineato che l’Egitto non esaudirà  «mai» le richieste «insistenti» degli italiani di ricevere i dati dei telefoni «perchè è contro la Costituzione».
«Gli italiani ci hanno chiesto le telefonate di tutte le persone presenti nei posti dove è scomparso e dove è stato ritrovato Regeni. Si tratta di migliaia, forse un milione di telefonate», ha spiegato Suleiman.
«La parte egiziana ha rifiutato questa richiesta non per nascondere qualcosa, ma perchè la Costituzione egiziana vieta di fornire informazioni di questo tipo. Abbiamo spiegato che, in base alla Costituzione, non abbiamo i poteri di fornire queste informazioni», ha sottolineato il procuratore aggiunto.
Pertanto è arrivato il rifiuto egiziano «anche se gli italiani hanno sostenuto che la cooperazione giudiziaria fosse legata alla consegna dei tabulati telefonici relativi a migliaia di persone», ha detto Suleiman
Analisi solo in Egitto
Soliman ha comunque aggiunto che i procuratori egiziani hanno dato ordine di effettuare l’analisi dei dati telefonici purchè ciò avvenga su territorio egiziano.
Quanto ai video delle telecamere della metro, «che vengono automaticamente cancellati», Soliman ha spiegato che c’è un software tedesco «molto costoso» con un «50 per cento di possibilità » di recuperare le immagini e questa opzione è stata proposta alla Procura di Roma.
Il vice procuratore ha poi dichiarato che dal confronto con il team italiano è emerso che l’autopsia italiana ed egiziana «sono identiche» e che nel computer di Regeni c’erano 596,751 file ma «solo un piccolissimo numero sono stati mostrati agli egiziani».
«In Italia ci hanno accolto bene»
«Gli italiani pensano che l’inchiesta stia andando per il verso giusto», ribadisce il procuratore generale aggiunto egiziano Mostafa Soleiman in conferenza stampa al Cairo.
Il team di investigatori, ritornati in patria in mattinata dopo la visita di due giorni in Italia, reputa positivo il risultato del viaggio: «Siamo arrivati in aeroporto, ci hanno accolto e abbiamo ricevuto una buona ospitalità » afferma Suleiman, quasi senza tenere in considerazione il fallimento del summit e la decisione dell’Italia di richiamare l’ambasciatore per consultazioni.
«L’Italia è tra i paesi migliori che collabora con noi sul piano giudiziario. Vogliamo proseguire in questa cooperazione». Suleiman ha sostenuto che gli inquirenti egiziani sono intenzionati ad «aiutare gli italiani con tutte le informazioni di cui necessitano»
Arrestati familiari gang accusata del delitto
Intanto le forze di sicurezza egiziane hanno arrestato tre familiari di Ibrahim Farouk e Mostafa Bakr, i due sospettati di far parte della gang criminale che le autorità  del Cairo avevano indicato come i responsabili dell’omicidio di Giulio Regeni. Lo scrive il Daily News.
L’arresto arriva all’indomani di un’intervista alla stampa rilasciata dai familiari di Farouk e Bakr, nel quale hanno accusato le forze di sicurezza di aver ucciso i propri cari senza motivo e senza prove, e smentito tutte le accuse mosse dal ministero dell’Interno.
Farouk e Bakr sono stati uccisi nel corso del blitz della polizia il 24 marzo: successivamente in una perquisizione nelle loro abitazioni venne ritrovato il passaporto, la carta di credito e altri effetti personali del ricercatore italiano.

Viviana Mazza e Salvatore Frequente
(da “il Corriere della Sera”)

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DAVIGO VERSO LA PRESIDENZA DELL’ASSOCIAZIONE MAGISTRATI: “CON GOVERNO DIALOGO, MA PRETENDIAMO RISPETTO”

Aprile 9th, 2016 Riccardo Fucile

UN UOMO DI DESTRA CON SENSO DELLO STATO ALLA GUIDA DEI MAGISTRATI: “QUELLA BATTUTA DI RENZI NON MI E’ PIACIUTA”

“Non esistono governi amici nè governi nemici, esistono governi con i quali non si può fare a meno di dialogare, ferma restando la pretesa del rispetto della nostra dignità “.
Lo ha detto Piercamillo Davigo, consigliere in Cassazione e leader del gruppo di ‘Autonomia e Indipendenza’ nel corso della riunione del nuovo direttivo dell’Anm, che oggi sarà  chiamato a nominare i nuovi vertici del sindacato delle toghe
Quello di Davigo è il nome in pole per la presidenza.
La tensione tra il premier e i magistrati è salita in occasione dell’indagine della procura di Potenza denominata ‘Tempa Rossa”, che ha portato alle dimissioni della ex ministra Guidi e all’interrogatorio come testimone della ministra Maria Elena Boschi.
Davigo: “Pretendiamo rispetto”.
“Non si tratta di corporativismo – ha aggiunto Davigo – credo che sia possibile con la nostra unità  trovare la fermezza per pretendere il rispetto della nostra dignità  e per tutelare la giurisdizione. Inevitabilmente ci sarà  una dialettica ma tutto può essere recuperato con pazienza e dialogo”.
Citando un giudice inglese, inoltre, Davigo ha rilevato che “è giusto che ci sia tensione tra potere politico e giudiziario”.
La battuta di Renzi.
Davigo, nel suo intervento al nuovo direttivo dell’Associazione magistrati, ha voluto rispondere alla battuta che Renzi rivolse ai magistrati il 9 settembre del 2014, quando, a Porta a porta, parlando della riforma della Giustizia, disse: “L’Anm protesta? Brrrr, che paura… Hanno protestato per il taglio degli stipendi e ora protestano per il taglio delle ferie”.
La replica di Davigo.
“Quel ‘brrr che paura’ non mi è piaciuto per niente”, ha risposto Davigo. “Ma anche altre cose non mi sono piaciute – ha aggiunto il magistrato – è possibile che un datore di lavoro decida di ridurre le ferie ai dipendenti senza consultarli e far credere che il disastro in cui versa la Giustizia dipenda dalle ferie dei magistrati? È una bugia, i magistrati italiani sono quelli che lavorano di più in Europa, bisogna dirlo con fermezza, difendere la nostra credibilità . Abbiamo i migliori investigatori del mondo, si è visto nella vicenda Abu Omar, un’altra pagina gloriosa per la magistratura italiana”.
Anm, verso presidenza a rotazione.
Una presidenza dell’Anm a rotazione nei prossimi quattro anni a cominciare dalla nomina al vertice del sindacato delle toghe di Piercamillo Davigo fino all’aprile del 2017.
Potrebbe essere questa la chiave per evitare spaccature in occasione della prima riunione del comitato direttivo centrale (in corso di svolgimento), all’interno dell’Associazione nazionale magistrati e garantire una giunta unitaria nel dopo Sabelli.
Dopo otto anni, dunque si tornerebbe al sistema della turnazione alla presidenza dell’Anm, interrotto all’epoca di Berlusconi premier e dei suoi attacchi alla magistratura.

(da agenzie)

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“RICHIAMO AMBASCIATORE E’ SOLO L’INIZIO”: GENTILONI AVVERTE L’EGITTO

Aprile 9th, 2016 Riccardo Fucile

“A GIORNI LAVOREREMO SU NUOVI PASSI”

Il richiamo per consultazioni a Roma dell’ambasciatore italiano in Egitto è la “misura immediata”, la prima, a seguito del mancato cambio di marcia sulle indagini per chiarire la tragica morte di Giulio Regeni e, sugli altri passi, “ci lavoreremo nei prossimi giorni”.
Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, a Tokyo per partecipare al G7 degli Esteri di Hiroshima di domani e lunedì, rimanda a quanto detto di recente in parlamento.
“Ricordo sempre gli aggettivi che ho usato e cioè che adotteremo misure immediate e proporzionali: questo ci siamo impegnati a fare e questo faremo”.
L’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue, Federica Mogherini, e Gentiloni a Hiroshima parleranno domani della vicenda Regeni e del modo migliore perchè l’Ue sostenga gli sforzi dell’Italia per ottenere la verità .
Dopo il fallimento il vertice tra Italia ed Egitto sul caso Regeni, si apre però una speranza che il dialogo possa riaprirsi.
Ci sarebbero infatti “in corso contatti ai massimi livelli” tra i due governi “nel tentativo di superare una escalation della crisi”.
A rivelarlo è una fonte diplomatica egiziana citata dal quotidiano “al Youm7”. Il giornale del Cairo ha spiegato anche che secondo la fonte ci sarà  “una conversazione telefonica” tra il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shukr e il titolare della Farnesina Gentiloni “per consultazioni sul caso Regeni”.
Rientrando al Cairo nella notte, i componenti della delegazione di magistrati e responsabili della sicurezza egiziani che hanno partecipato alle riunioni a Roma sul caso di Giulio Regeni hanno “rifiutato di rilasciare qualsiasi dichiarazione sulla missione”.
L’Egitto, attraverso il suo ministero degli Esteri, ha annunciato di aver ricevuto stamattina la notifica ufficiale del richiamo a Roma dell’Ambasciatore d’Italia al Cairo, Maurizio Massari, per consultazioni. Il Cairo “non richiamerà ” il proprio ambasciatore da Roma.
Dal comunicato diramato dalla Procura di Roma di ieri emerge la forte delusione di inquirenti e investigatori che non hanno viste soddisfatte le richieste avanzate per rogatoria l’8 febbraio scorso.
Di fatto la collaborazione con le autorità  giudiziaria egiziane è interrotta. A irritare la delegazione   italiana la mancata consegna, tra l’altro, dei tabulati telefonici di una decina di utenze riconducibili ad altrettanti cittadini egiziani. Inoltre non sono state consegnate anche le richieste “relative al traffico di celle”.
Tutti elementi ritenuti indispensabili dalla Procura di Roma.

(da “La Repubblica”)

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CASO REGENI, INTERVISTA A MANCONI: “ANCHE UN UOMO CON IL SENSO DELLO STATO COME PIGNATONE HA PERSO LA PAZIENZA”

Aprile 9th, 2016 Riccardo Fucile

“DAL GOVERNO ITALIANO ORA CI ASPETTIAMO   MAGGIORE DETERMINAZIONE”

Senatore Luigi Manconi, da presidente della commissione Diritti umani, lei ha seguito fin da subito, e a stretto contatto con la famiglia, il caso Regeni. E aveva anche previsto il sostanziale fallimento del vertice tra investigatori, ultima chance della linea attendista del governo Renzi
Mai come in questo caso aver indovinato una previsione mi lascia un senso tragico di frustrazione. Aver immaginato questo esito non mi dà  alcuna soddisfazione, anzi, e mi fa sentire ancora più drammatico il tanto tempo perduto e l’impotenza che in questi due mesi abbiamo dovuto registrare. Non sto accusando alcuno, perchè il comportamento del ministro degli Esteri è stato prudente — personalmente l’ho considerato troppo prudente — e tuttavia Gentiloni è stato molto attivo, generoso e costantemente concentrato sulla ricerca di un esito positivo.
Si è scommesso sulla trattativa attraverso canali riservati. Che cosa non ha funzionato?
Chiariamo una volta per tutte: una trattativa bilaterale che ruota intorno ad un orribile caso di tortura e omicidio comporta necessariamente il ricorso a canali riservati, a pressioni non pubbliche, a negoziati e a mediazioni continue. Ciò che penso è che questa via obbligata non sia stata finora accompagnata da un adeguato ricorso della forza democratica di cui il nostro Paese dispone. E della pressione politica ed economica che avrebbe potuto, e che ora più che mai deve, esercitare. Mi sembra di aver colto in sostanza, pur all’interno di una strategia razionale quale quella del ministro Gentiloni, qualcosa di simile a un complesso di inferiorità . Quasi che non fossimo noi, in questa circostanza, a trovarci in una posizione di forza.
In ballo ci sono gli interessi economici delle nostre imprese.
Lo ripeto: l’Italia è il secondo mercato europeo per i prodotti egiziani, lo sfruttamento del giacimento di gas Zhor interessa il nostro Paese ma altrettanto o ancora di più l’Egitto, e il pil egiziano per il 12,8% è dato dal turismo. Tre strumenti formidabili, democratici e non bellici, e tre leve che avrebbero dovuto essere utilizzate e che mi aspetto vengano messe in moto a partire da oggi.
Ma anche l’idea che Al Sisi sia una pedina fondamentale nella guerra contro il terrorismo islamico ha avuto il suo peso
Non c’è alcun motivo perchè si rinunci a quel ruolo che l’Egitto può giocare, ma mi rifiuto di accettare la falsa alternativa tra tutela dei diritti umani e le necessarie relazioni geo-politico-militari. Dunque, il richiamo dell’ambasciatore — richiamo e non ritiro — era ed è l’elementare premessa.
Se è una premessa, quali mosse si possono prevedere adesso?
Il richiamo dell’ambasciatore non significa rompere le relazioni ma condurle con maggiore determinazione e con quel tanto di asprezza indispensabile. Ad esempio, dichiarare l’Egitto Paese non sicuro perchè non ha offerto garanzie a Giulio Regeni, non le offre a migliaia di anonimi egiziani e stranieri che vivono lì, e non può offrirle a tanti nostri connazionali e a tanti europei che vorrebbero visitare l’Egitto, è una conseguenza irrinunciabile e che può rivelarsi assai efficace.
Perchè non è bastata l’autorevolezza del premier italiano che peraltro Al Sisi considera suo «amico»?
Perchè evidentemente in quell’omicidio emerge la compromissione di segmenti degli apparati statali, e non solo di bassa forza, ai quali Al Sisi non può rinunciare. E dei quali non può liberarsi. In qualunque caso: sia che lo stesso al Sisi conoscesse in anticipo, o che avesse appreso in seguito, quanto accaduto al nostro connazionale.
Il premier italiano non poteva immaginare un simile epilogo?
Matteo Renzi è stato vittima ancora una volta, diciamo così, del suo giovanile ottimismo.
La barra dritta l’ha tenuta il procuratore capo di Roma. Qual è il ruolo di Giuseppe Pignatone?
Pignatone aveva fatto intendere sin dal primo momento che il suo ruolo era quello del fedele servitore dello Stato, che metteva a disposizione le sue grandi doti anche se in un quadro che riteneva compromesso. Si è comportato così perchè gli è stato chiesto dal governo e per carità  di patria. Ha resistito fino ad oggi per il suo modo coerentissimo di intendere il proprio dovere. Poi c’è un momento in cui anche il più freddo uomo delle istituzioni perde la pazienza.

(da agenzie)

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