Aprile 12th, 2016 Riccardo Fucile
IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA MARINA, INDAGATO NELL’INCHIESTA SUL PETROLIO, E’ STATO OGGETTO DI ACCUSE ANONIME
Fatti “totalmente inesistenti”.
La Marina Militare definisce così gli episodi elencati dal dossier anonimo inviato alla magistratura, a Palazzo Chigi e al ministero della Difesa che elenca una serie di comportamenti del capo di stato maggiore della Marina, Giuseppe De Giorgi, peraltro indagato per altri fatti contestati nell’inchiesta sul petrolio per associazione a delinquere e altri reati per un presunto scambio con Gianluca Gemelli, imprenditore e compagno dell’ex ministro dello Sviluppo Federica Guidi.
“I fatti contenuti nel dossier anonimo comparso sugli organi di stampa, forse dettati dall’autore per tutelarsi dal reato di calunnia, sono totalmente inesistenti” scrive la Marina in una nota.
I contenuti del dossier anonimo erano stati pubblicati da Corriere della Sera e Repubblica.
Il comunicato passa in rassegna tutti gli episodi principali.
Per esempio “non è mai stato noleggiato alcun cavallo, che invece si limitò a partecipare (in quanto allora comandante di Nave Vittorio Veneto) ad un evento organizzato dalla polizia a cavallo di New York in occasione del ‘Vittorio Veneto Week’”.
La Marina militare, poi, “non dispone del velivolo Falcon 20. Si esclude inoltre alcuna irregolarità sull’impiego degli aeromobili militari come facilmente desumibile dalla documentazione relativa alle missioni”.
E ancora, le promozioni che secondo la documentazione anonima sarebbero state “pilotate” a piacere dell’ammiraglio: “Per le promozioni, effettuate da apposite commissioni di avanzamento, sono stabilite precise procedure che garantiscono al personale la valutazione più equa possibile. È stato sempre applicato il criterio della meritocrazia. Peraltro ogni valutato ha piena facoltà di ricorso in caso di insoddisfazione”.
Capitolo lavori sulle fregate alla Fincantieri.
Per quanto riguarda le modifiche alle navi Fremm, “non hanno richiesto fondi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal programma. Le modifiche erano necessarie per migliorare la polivalenza dei locali bordo, al fine del loro utilizzo quali infermerie, aule briefing e aggiuntivi spazi di comando e controllo. Nello stesso tempo le migliorie apportate miravano a tenere conto delle esigenze di abitabilità e di socialità dell’equipaggio”.
La Marina sottolinea tra l’altro che “tali modifiche, applicate a tutte le unità della classe Fremm, si sono dimostrate alla prova dei fatti estremamente efficaci nelle più importanti operazioni in cui sono state impiegate come Mare Nostrum, Mare Sicuro e Atalanta“.
“Per quanto riguarda i battelli sottili, si trattava di avviare un processo di studio/sperimentazione sull’applicazione delle nanotecnologie per le Unità Navali. A seguito della immaturità della tecnologia, rilevata dai laboratori della Marina Militare, nessuna convenzione nè appalto è stato sottoscritto con la società As Aeronautical“, come invece sostenuto dal dossier.
Sono poi “del tutto infondate e non meritevoli di commento anche le altre fantasiose illazioni”.
Il dossier anonimo, “che riferisce fatti in maniera strumentale, dimostra una volontà di screditare l’immagine della persona del capo di stato maggiore della Marina. Al riguardo il professor Nocita, legale dell’ammiraglio, presenterà un esposto con l’auspicio che venga individuato dall’autorità giudiziaria il propalatore delle notizie”.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Aprile 12th, 2016 Riccardo Fucile
NELLA MAPPA DEL DOLORE GIA’ EMERGONO LE PRIME DIFFERENZE TRA I NUOVI LEADER
Nella mappa del dolore le prime differenze politiche. Squilla il telefono di Luigi Di Maio, erede per ora
senza testamento.
Voce rotta, dall’altro lato: “Che facciamo?” chiede Davide, figlio di Gianroberto Casaleggio.
Telefonata che indica una consuetudine sostanziale. Di Maio parte per primo per Milano, mentre sente a telefono praticamente tutto il direttorio.
Pallido, perchè la realtà precipita su convinzioni e aspirazioni, rendendo tutto più grave nel momento in cui ti senti, d’improvviso, più adulto e forse più solo.
“Ciao” il suo post asciutto, per salutare il fondatore. Nessuna dichiarazione. Scelta politica, di diversità nel dolore: “Oggi è una giornata difficile — dice ai giornalisti che lo inseguono — rispettate il nostro dolore”.
Annullato il pranzo con Virginia Raggi, per fare un punto sulla campagna elettorale.
A Napoli Roberto Fico, rapporti freddi con Di Maio dopo il caso Quarto, si precipita da Beppe Grillo in albergo, per dargli la notizia e accompagnarlo al primo treno utile. Beppe, provato, lo prende sotto-braccio fino al binario, quasi ad appoggiarsi. Nè l’uno nè l’altro nascondono la commozione dietro gli occhiali da sole.
Le incognite viaggiano sui binari. “Che farà Beppe?” si domandano in parecchi. Negli ultimi tempi si era allontanato parecchio. Via il nome dal simbolo, la ripresa degli spettacoli erano solo la parte più visibile di un distacco assai più profondo. Anche con Casaleggio. E anche col direttorio, tranne Fico, appunto, considerato ragionevole, affidabile, meno protagonista di Di Maio e Di Battista.
E chissà se è un caso che proprio “Dibba”, proprio lui e proprio oggi, ha concesso un’intervista a Repubblica per investire Di Maio della leadership.
“Che farà Beppe?”, rimbalza la domanda nelle ore in cui la mappa del dolore oscura quella politica. L’uomo è imprevedibile. Sussurrano i ben informati: “Potrebbe dire: è l’occasione buona per andarmene definitivamente, anche perchè c’è un salto generazionale. Lui ha un carattere difficile, è particolare. Un conto è parlare con Casaleggio, un conto con i giovani, c’è un problema di riconoscimento dell’interlocutore. Oppure avere un impulso distruttivo verso gli ambiziosi trentenni”. Si vedrà .
La fotografia dell’Aula alle tre del pomeriggio è spettrale.
Danilo Toninelli, chiamato a fare la dichiarazione di voto, è solo. Poi lo raggiungono una decina di colleghi: “Non vogliamo pagliacciate. Siamo pochi perchè non vogliamo le condoglianze di questa gente”.
Al Senato rifiutano il minuto di silenzio. Esce Toninelli, occhi di fuoco: “A che serve qua commemorare Casaleggio? Il tempo ci dirà quanto era una persona straordinaria. Lui ci ha insegnato tutto e noi adesso siamo indipendenti”.
Già , “indipendenti”. In dolore veritas. Nel senso che il futuro sarà nell’incrocio tra voglia di indipendenza dei trentenni ruggenti e legittimazione.
Luigi Di Maio nel senso comune è il leader forse obbligato. Però, sussurrano in un giorno in cui nessuno se la sente di dichiarare altro se non il dolore, cambia tutto: “Casaleggio era l’ultima istanza, l’ultima parola, una specie di Cassazione su tutto. Per fare un esempio: oggi chi ha la forza di imporre un’espulsione?”.
Il gruppo al Senato è mosso. Da sempre un po’ mondo a parte, sin dall’inizio della legislatura quando scattò la rivolta per votare Grasso contro Schifani, in alcuni momenti è stato indomabile pure per Casaleggio.
L’ultima è stata la sua difficoltà a imporre la linea del “no” sulla fecondazione assistita. Morra, Airola, la parte più di sinistra avrebbe voluto votare sì e fu calata l’imposizione dall’altro. “Di Maio avrà la forza di farlo?” ci si chiede.
La mappa delle politica, sotto quella del dolore, porta già alle contraddizioni tra le correnti.
Morra, appunto, quello più a sinistra, operaista. O la Castelli, punto di riferimento degli ortodossi, anima no-tav, ma di destra.
Dinamiche da partito tradizionale. È presto. Oggi è il giorno del dolore.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Aprile 12th, 2016 Riccardo Fucile
PIANI FUTURI E CONTRASTI DI POTERE NELLA GALASSIA CINQUESTELLE
“Cambia il mondo”. Sigaretta nell’angolo della bocca, volto scuro, occhi bassi. Poco prima di Pasqua uno degli uomini della comunicazione a 5 stelle in Parlamento non faceva nulla per dissimulare la notizia filtrata poche ore prima: le condizioni di Gianroberto Casaleggio si erano aggravate, probabilmente in maniera irreparabile.
La permeabilità della cortina fumogena che aveva sempre protetto le condizioni del cofondatore era il segnale che ci fosse poco da scherzare, che le smentite di rito non erano più sufficienti a negare l’innegabile, a fissare l’asticella del destino un po’ più in là .
Il fondatore lascia alle spalle una situazione ingarbugliatissima.
Che parte del gruppo parlamentare da alcune settimane sta provando a instradare su un percorso ben preciso. Con risultati che non sono ancora decifrabili.
Ma c’è una parola, che circola con insistenza, che viene pronunciata da tanti, troppi per essere derubricata a speculazione: “Anarchia”.
E c’è anche un passaggio in chiaro che rende più solido il concetto. Perchè Dario Fo manda un messaggio, che il blog pubblica. In cui è presente il cordoglio, c’è la sicurezza sulla strada e sugli uomini che continueranno a percorrerla. Ma c’è anche, esplicita, una grande preoccupazione: “Non so immaginare quali conseguenze possano verificarsi”.
Fino a qualche giorno fa nessuno, tra parlamentari e staff, si sentiva di negare. “Chi te l’ha detto?” rimaneva la più flebile forma di smentita.
Il guru fino all’ultimo è rimasto schivo, riservato. Se n’è andato in punta di piedi. Per preservare con tenacia la propria privacy. E per tenere al riparo la sua creatura, il Movimento, da appetiti e speculazioni.
Per tentare di vincere, anche in punto di morte, la battaglia di una vita. E a chi lo chiamava per consigliargli quello o quell’altro esperto statunitense per la sua malattia rispondeva con voce lieve di non preoccuparsi, che tutto sommato stava bene.
La gran parte della truppa parlamentare non conosceva il dettaglio. Il Direttorio andava avanti con stanche smentite di rito: “Sono tre anni che se ne parla, e lui sta sempre lì”.
Ma come è inevitabile, dove le storie personali si intrecciano con la politica, il potere, da tempo erano iniziate le grandi manovre.
Perchè davvero nel Movimento 5 stelle cambia il mondo.
C’è un prima Casaleggio e c’è un dopo Casaleggio. E quel dopo è difficilmente controllabile.
Il gruppo dirigente, fino all’ultimo, con Gianroberto sempre in prima linea, ha provato a delineare una strategia. In tre passi: una grande vittoria alle amministrative (Roma o Torino), un sostanziale disimpegno nei confronti del referendum costituzionale, dato già oggi per perso, una decisa accelerazione dell’investitura a Luigi Di Maio candidato premier.
Nelle ultime settimane si è sono serrati i ritmi sulla tabella di marcia.
Tappe forzate, ma non abbastanza per arrivare a delineare un quadro certo prima dell’ineluttabile.
Così da una parte c’è Di Maio e il gruppo dirigente che gli si è saldato intorno che provano a chiudere la partita delle decisioni strategiche il prima possibile.
Dall’altra si collocano le ambizioni e le rivalità dei singoli parlamentari e dei gruppi d’interesse diffusi nella pancia del Movimento. Per i quali la fonte primaria del mondo stellato era il “lo dice Gianroberto”.
Senza la formula magica, la questione della legittimità della catena di comando, di chi può dire cosa a chi — che cova sotto la cenere da mesi — è un elemento potenziale di deflagrazione del mondo 5 stelle.
La prima questione da risolvere si chiama Davide. Perchè se è vero che il figlio del co-fondatore è l’erede designato dell’azienda di famiglia, lo stesso non si può dire per la guida del M5s.
Sia perchè è lo stesso Casaleggio jr a non averne nessuna intenzione, sia per una questione d’immagine. La sintetizza così un membro di spicco dello staff della comunicazione: “Mica puoi dire semplicemente che prima c’era il padre e ora c’è il figlio. Che facciamo, ci trasformiamo da movimento a dinastia regale?”.
La questione è cruciale. Perchè il suo carattere duro e schivo, unito alla scarsità di rapporti con l’intero gruppo parlamentare, rende poco sostenibile politicamente un passaggio sic et simpliciter di padre in figlio.
E forzare la mano potrebbe voler equivalere a innescare “la miccia anarchica”.
Ma d’altra parte l’ufficio di Milano, per struttura e per la storia di chi ci lavora, è l’unico luogo al momento che possiede il know-how per gestire il Movimento.
Per questo l’ipotesi su cui si sta lavorando è quella di passare la proprietà dei siti, che sono la piattaforma pulsante del mondo 5 stelle, ai gruppi parlamentari di Camera e Senato.
La gestione tecnica e sostanziale rimarrebbe alla Casaleggio Associati, ma la responsabilità della linea politica si sposterebbe pienamente nelle mani dei suoi “ragazzi”.
A Milano, una fonte interna alla Casaleggio si limita ad un laconico “quale deputato te l’ha detto?”.
Una responsabilizzazione definitiva del Direttorio. Sempre che parlare di Direttorio abbia senso. “Non nascondiamoci dietro un dito — racconta uno dei parlamentari di spicco — I cinque furono nominati per quello, per darci una struttura quando Gianroberto avrebbe passato il timone”.
Ma c’è una postilla, decisiva: “Il fatto è che oggi dire Direttorio equivale a dire Luigi Di Maio”.
Il vicepresidente della Camera si gioca una partita cruciale.
Grava principalmente sulle sue spalle la capacità del Movimento di reggere l’urto. Nella riunione pre-pasquale a Milano, presente lo stesso Casaleggio, Beppe Grillo ha detto chiaramente di non volersi sobbarcare l’onere della gestione quotidiana dei problemi del Movimento.
Il fondatore è impegnato in un tour teatrale fino ad aprile, e a maggio è intenzionato a replicarlo (in altre forme) negli Stati Uniti.
“Ci ho messo tanto a recuperare spazi della mia vita privata, non intendo tornare indietro”, ha messo in chiaro qualche settimana fa.
L’ex comico probabilmente farà qualche apparizionesu qualche palco (Roma, Torino), e in questi giorni si è prestato ad una lunga teoria di interviste.
Un modo per riempire momentaneamente un vuoto. Ma oltre il leader non sembra voler andare. Molti, tra i colonnelli di primissimo piano, non hanno protestato un granchè. “Arrivare a una definitiva disintossicazione in senso positivo dal fondatore, dimostrare che possiamo camminare sulle nostre gambe, sarebbe un successo”, dice uno di loro.
Un modo indiretto per dare via libera a Di Maio. Le convinzioni dei massimi dirigenti M5s sono due: che quella sul referendum costituzionale sia una battaglia persa in partenza; e che alla fine Matteo Renzi si convincerà ad andare a elezioni anticipate.
Così la procedura d’investitura alla premiership di Di Maio è già stata incardinata. Tra fine giugno e luglio arrivà l’investitura via blog. In modo di spostare l’agenda comunicativa 5 stelle lontana dal referendum.
Per il quale verrà creato un comitato autonomo per il “No”, per poterne calibrarne l’impegno a seconda della convenienza.
Anticipare i tempi e preparare una lunga campagna elettorale fino alla primavera del 2017, con il passaggio intermedio della formalizzazione (anche questa tramite voto della rete) della squadra di governo.
Uno schema nel quale le amministrative diventano tassello fondamentale. Vincere a Roma o a Torino permetterebbe di costruire un capitale politico dall’alto della cui rendita potersi muovere più agilmente. Anche perchè senza la legittimazione diretta di Casaleggio tutta l’operazione si fonda su basi molto più fragili.
“Cambia un mondo”. La sfida più difficile, il compito più complicato.
Tra vuoti di potere e ambizioni personali i prossimi mesi saranno decisivi per capire se il Movimento 5 stelle è realmente uno spazio aperto, contendibile nella battaglia delle idee, o se il venir meno dell’esercizio della leadership silenziosa e del carisma del suo co-fondatore aprirà uno squarcio irreparabile.
Perchè, al di là del blog, della premiership, al di là di Renzi e di Grillo, il mondo 5 stelle ha perso l’unica mente che finora aveva la capacità di aprire orizzonti e vedere strategie al di là delle tattiche.
Se giuste o sbagliate, se efficaci o fallimentari, lo si inizierà a capire già dai prossimi giorni.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Aprile 12th, 2016 Riccardo Fucile
LUCI E OMBRE DELL’AZIONE DI CASALEGGIO E GLI INTERROGATIVI SUL FUTURO DEL M5S
«Beppe, non farlo!». «Beppe c’è la corrente contraria!». «Beppe ci sono i barracuda!». A Cannitello,
ultimo lembo di Calabria, diluviava, e Grillo scrutava il mare un po’ preoccupato: «Su Google lo Stretto pareva più stretto…».
Poi guardò Gianroberto Casaleggio, che gli fece un cenno con la testa, e si risolse: «Datemi le pinne». Per tutto il tempo della nuotata, Casaleggio – magrissimo, basco verde alla Che Guevara, capelli brizzolati sulle spalle – lo seguì ritto sulla barca, sostenendolo con lo sguardo.
In vista della spiaggia siciliana si gettò nell’acqua fino alla cintola, per accompagnarlo nelle ultime bracciate, che Grillo fece spavaldamente a delfino.
Poi, mentre Beppe scherzava con i cronisti, lui spiegò serio, a voce appena percettibile: «Stiamo cambiando la storia d’Italia»
Gianroberto Casaleggio è stato un precursore.
Uno tra i primi ad aver capito che il segno del nostro tempo è la rivolta contro l’establishment, le vecchie classi dirigenti, i vecchi partiti, i sindacati, le forme tradizionali di rappresentanza, e anche i media tradizionali.
Il vero capo dei Cinque Stelle era lui; e oggi in Europa, nel bene o nel male, non esiste nulla di simile ai Cinque Stelle.
Il movimento che li ricorda di più, Podemos, ha preso il 19% alle elezioni, non il 25; ed è un movimento di sinistra, critico con i socialisti ma di sinistra, alla fine dei comizi di Pablo Iglesias si canta El pueblo unido, la sua bandiera è quella della Spagna repubblicana sconfitta da Franco nella guerra civile; i Cinque Stelle sono trasversali. Destra e sinistra esistono ancora, ovviamente, ma Casaleggio è stato tra i primi a capire pure che la politica contemporanea passa per un nuovo crinale, il sopra e il sotto.
E la rete, con tutti i suoi limiti, è lo strumento che consente a chi sta sotto, sente di non contare nulla, non ha o non aveva accesso ai giornali o alla tv, di organizzarsi e far sentire la propria voce.
Certo, l’azione politica di Casaleggio — tutta dietro le quinte, con controlli elettronici financo sulla posta dei parlamentari — non aveva quelle caratteristiche di trasparenza che dovrebbe avere qualsiasi protagonista della vita pubblica; ed è da chiarire quale sarà ora il ruolo dell’erede, il figlio Davide.
Le sue previsioni catastrofiche gli avevano valso un’esilarante parodia di Crozza — “nel 2027 la scomparsa dei giornali e delle ciabatte farà sì che le zanzare domineranno la terra…” – il bizzarro culto di Gaia gli era costato pesanti ironie.
Ma Casaleggio era in sintonia con lo spirito del tempo. Nessuno aveva visto arrivare i Cinque Stelle, nessuno li pensava davanti al Pd alle elezioni del 2013, in pochi credevano che avrebbero retto dopo la battuta d’arresto delle Europee; oggi i grillini sono al massimo storico, e potrebbero esprimere il sindaco della capitale, conquistando le aperture dei siti di tutto il mondo.
Ora però si apre un grande interrogativo. Soprattutto se Beppe Grillo non tornerà sui propri passi, dopo che aveva rinunciato a un ruolo politico in prima fila.
Il movimento accreditato dai sondaggi di quasi il 30% dovrà darsi una nuova leadership, o almeno consolidare quella che ha espresso finora: Di Maio, Di Battista, Fico.
Gli scandali dei partiti tradizionali sono carburante nel motore dei grillini. I loro voti hanno due motivazioni di fondo: l’indignazione e la frustrazione.
Il primo è positivo: significa che l’opinione pubblica non è rassegnata nè assuefatta, che la domanda di cambiamento è forte.
Il secondo è negativo, ma è molto diffuso, in particolare tra i tanti giovani che sembrano essersi arresi prima di cominciare a combattere, persuasi da una rappresentazione — tutti i politici sono corrotti, tutti gli imprenditori ladri, tutti i banchieri usurai — efficace ma falsa.
Per fare un solo esempio, una proposta come il reddito di cittadinanza può essere efficace se è un sostegno momentaneo legato alla ricerca del lavoro.
Può essere devastante – in un Paese dove a milioni non studiano non si formano e non lavorano – se comunica il messaggio che lo Stato può darti qualcosa in cambio di nulla.
I Cinque Stelle sono al bivio tra partecipazione e populismo: dalla loro scelta dipende molto della qualità della nostra democrazia.
Una cosa è certa: quel giorno sullo stretto di Messina Casaleggio non stava millantando.
Ha davvero contribuito a cambiare la storia d’Italia.
Aldo Cazzullo
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: Grillo | Commenta »
Aprile 12th, 2016 Riccardo Fucile
DAL TESTAMENTO POLITICO ALLA CAMERA ARDENTE DESERTA
È ormai sera quando si decidono le sorti del MoVimento 5 stelle. Vale a dire, il futuro pentastellato privo del suo guru.
Beppe Grillo raggiunge in treno Milano da Napoli, dove ha annullato tutti i suoi impegni. È scosso, provato.
Si è dato appuntamento con Fico e Di Maio (l’unico che è passato all’Istituto Auxologico Italiano a trovare i parenti di Casaleggio) da qualche parte, c’è chi dice in hotel, chi alla Casaleggio associati.
Sta di fatto che vanno messe a punto alcune cose: come per la giornata odierna è stato scelto il silenzio per rispettare la scomparsa del Samurai, bisognerà pensare a giovedì, quando a Santa Maria delle Grazie a Milano alle 11 si terranno i funerali.
Chi parlerà ? E poi ancora e soprattutto pensare al futuro, al testamento lasciato dal cofondatore dei 5 stelle.
Secondo fonti rilanciate dall’Ansa, un testamento vero e proprio: degli appunti con indicazioni da seguire per le politiche del 2017.
Dunque un testamento “politico” per i fedelissimi, il direttorio, linee guida pianificate da tempo, dato che “lui che sapeva di essere malato aveva pianificato tutto”. dicono fonti ben informate.
Strategie in vista della prossima partita elettorale da condividere con la base, con il popolo dell'”uno vale uno” tanto amato dal Guru.
Quella base che, a differenza dei tanti messaggi di cordoglio rimbalzati in rete, a Milano ha scelto di tenere un profilo basso.
A metà pomeriggio arriva una camionetta della polizia, scendono cinque poliziotti e si schierano davanti ai cancelli dell’Istituto Auxologico Italiano di via Bianchi.
Si potrebbe pensare che siano lì per mantenere l’ordine, magari di una calca di attivisti del Movimento 5 stelle giunti al capezzale di Gianroberto e invece no, arrivano soltanto per gestire i giornalisti: gli unici presenti.
È una giornata che veste lo stile e i modi del Guru a cinque stelle quella di Milano davanti all’istituto dove è deceduto alle 7 del mattino.
Vige il silenzio, il rigore di non parlare con la stampa, l’assoluto riserbo. I media sono tenuti alla larga.
Dentro, là dove domani verrà allestita la camera ardente “aperta solo ai famigliari” fanno sapere dalla Caseleggio Associati, c’è il figlio Davide e il resto della famiglia. Fino alle 15 in via Bianchi non arriva nessuno: il lutto viene elaborato nella realtà virtuale, con migliaia di Rip e messaggi di condoglianze che corrono sui social ma a Milano, dove Casaleggio è morto in seguito a un ictus, non si vedono fiori, nè bandiere a cinque stelle (una per la precisione), nè tanto meno lettere, biglietti o lacrime.
L’unico ad arrivare intorno alle 15, senza dire niente, è il vice presidente della Camera Luigi Di Maio. Anche lui rispetta il silenzio che i Cinque stelle si sono autoimposti: non parla e sale veloce ad abbracciare i famigliari.
Si rincorre la voce che Beppe Grillo, che a Napoli ha annullato spettacoli e impegni, stia per arrivare in treno a Milano. “Non verrà nessuno, nè amici nè parenti” esce un responsabile della sicurezza per avvertire i cronisti “potete andarvene”.
Passa qualche curioso: “Quando apre la camera ardente? Quando e dove saranno i funerali?”. “Non possiamo rilasciare dichiarazioni” replica un uomo che si fa portavoce della famiglia. È tutto così “segreto”, come ad alimentare l’alone di mistero e di riserbo che ha sempre caratterizzato il “Samurai”, il cofondatore del MoVimento pentastellato.
Verso le 18 compare una simpatizzante del movimento riconoscibile dalla spilletta che porta sulla giacca. È una donna bionda che ha da poco perso il marito: “Per Casaleggio provavo amore. Ho sentito il bisogno di venire a rendergli omaggio perchè lui è un grande. Lui è morto, ma il MoVimento non morirà mai”.
Gli altri, quelli del direttorio, non arrivano. Tanto meno autorità istituzionali.
È l’ora in cui chiudono gli uffici e in una via Bianchi con le telecamere appoggiate sull’asfalto si materializza pian piano un gruppetto di altri simpatizzanti M5s.
Non hanno voglia di parlare più di tanto, solo di celebrare il Guru in silenzio.
“Lui sarà pur morto – sussurra uno – ma le sue idee vanno avanti. Aspettiamo di sapere cosa ci dirà Beppe”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Aprile 12th, 2016 Riccardo Fucile
QUANDO UN ESPERTO DI MARKETING E WEB RIESCE A RIVOLTARE UN PAESE GRAZIE ALL’AVATAR DI UN COMICO…E I SUOI ROBOT OGGI SI SENTONO PIU’ LIBERI CHE ORFANI
Gli dicono solo “Ciao”, i suoi amici. Ciao, Gianroberto. ![](http://s29.postimg.org/z80m025p3/casal.jpg)
E in questa comunicazione laconica c’è lo specchio di una comunità che per vocazione e per prassi non esterna in nessun caso pensieri, sentimenti, emozioni personali.
I robot di Casaleggio, diceva qualcuno. Chissà .
Sta di fatto che ricorderemo Roberto Casaleggio come la cartina al tornasole del disastro politico italiano: quando un esperto di marketing e web riesce a mettere in ginocchio intere filiere politiche e a rivoltare un Paese intero usando l’avatar di un comico peraltro piuttosto in disarmo, c’è da dire una sola cosa: lui è stato bravo, noi stiamo messi male.
Il Casaleggismo è stato la cifra del Movimento Cinque Stelle assai più del Grillismo, che ne ha rappresentato la versione pop e comiziale.
Un movimento-chiesa assai simile ai partiti novecenteschi: territorio più comunicazione più leadership, espressi dai meetup, dal web e dal carisma dei capi anzichè dagli attivi sezionali, dai volantini e dagli eletti al Comitato Centrale.
E però, più o meno sempre la stessa roba. La differenza è che se del vecchio mondo delle ideologie sapevamo tutto – i gusti cinematografici e i libri di riferimento, il pantheon storico e filosofico e persino le preferenze in materia di scarpe o occhiali – del mondo nuovo fondato da Casaleggio non sappiamo quasi niente sotto il profilo della formazione personale e delle passioni. E niente rivela quel “Ciao”.
Cosa è stato Casaleggio per loro? Guru? Padre? Fratello maggiore? Semplice motore organizzativo? Ideologo? Amico? Lo piangono? Lo rimpiangono? O siccome “uno vale uno” le lacrime sono limitate?
Qualunque cosa sia, i seguaci di Casaleggio la tengono per sè.
Forse è solo pudore, rifiuto del trombonismo abituale alla politica con i suoi panegirici post-mortem, ma è più probabile che il riserbo nasconda la confusione emotiva del momento.
Ci si sente di sicuro orfani, ma forse anche più liberi, come spesso avviene quando scompare un capo assoluto.
I paletti del Casaleggismo e l’impermeabilità delle sue disposizioni originarie a ogni suggerimento di opportunità politica (“Ogni volta che deroghi a una regola praticamente la cancelli”) sono risultati in tante occasioni piombo nelle ali del Movimento.
Si pensi alle candidature delle amministrative, a Roma in particolare, dove i grillini hanno dovuto assoggettarsi alla roulette degli sconosciuti pur avendo nomi con la vittoria in tasca.
Si pensi alla vicenda delle espulsioni dei parlamentari all’inizio della legislatura, per una critica di troppo o una comparsata televisiva non concordata con l’istanza superiore.
Insomma, non è facile interpretare una parola così piccola come un “Ciao”.
Ma la sensazione è che sia stata scelta, nella sua semplicità , come scudo di molti controversi pensieri che non è il momento di esternare.
Non ora, non finchè non si capirà cosa succede.
Flavia Perina
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Aprile 12th, 2016 Riccardo Fucile
“LE SUE INCLINAZIONI VIRAVANO UN PO’ A DESTRA”… “IL DIRETTORIO UNA NECESSITA’, NELL’ULTIMO ANNO AVEVA 4 ORE DI AUTONOMIA AL GIORNO”
“Lucido, schivo, di poche parole, non amava mettere a nudo le sue emozioni. Ma non è vero che fosse un uomo freddo: l’empatia, il lato umano, li trasferiva sulla sua creatura, il movimento, e sulle persone che lavoravano con lui. Per chi l’ha conosciuto da vicino era un saggio della montagna, uno capace di spiegarsi con degli aneddoti, magari parlando di Napoleone o Gengis Khan”.
Claudio Messora, blogger, ha lavorato per due anni con Gianroberto Casaleggio, prima come capo della comunicazione M5s in Senato e poi nella delegazione a Bruxelles.
Casaleggio è uno dei leader politici della storia italiana di cui si sa meno. Era un militante, un teorico o un manager?
“Un ideologo che gestiva il M5s come un manager. In lui c’era sia il pensiero che la gestione, e in questo si ispirava a studi di tecnologia, ingegneria gestionale, ma anche di storia e strategie militari. Raccontava aneddoti sulle battaglie di Napoleone, ma anche sulle strategie di comunicazione dell’imperatore francese. E a quelli di noi che correvano il rischio dell’impulsività , raccontava un aneddoto di Gengis Khan: quando un ospite della corte insultò un familiare stretto dell’imperatore, questi lo fece accogliere con doni e con tutti gli onori. Poi, sulla strada di casa, l’ospite venne raggiunto da due sicari…”.
Aneddoto che conferma una certa durezza del leader…
“In lui non c’erano mai rabbia o cattiveria, e neppure argomenti che deviassero dall’obiettivo, che è sempre stato quello di dare un’opportunità a questo Paese. Non credo che altri leader, nei colloqui diretti con i collaboratori, mantengano lo stesso rigore intellettuale. Quando si discuteva della legge elettorale, lui ci ripeteva che non gli interessava se la legge avrebbe favorito o meno il M5s, ma che fosse utile all’Italia. E che fosse utile a restituire il potere al popolo. Non era propaganda, ma le sue intime convinzioni”.
All’interno del movimento ha sempre avuto metodi di gestione piuttosto duri.
“Per lui la politica era anche un esperimento, non certo un percorso facile. Voleva a ogni costo evitare le derive tipiche dei partiti, e per questo c’era l’idea dei parlamentari come portavoce, la rotazione negli incarichi di vertice”.
È vero che aveva rapporti solo con alcuni prescelti?
“Certamente, per lui la gestione del M5s era un teorema complesso, e le persone funzionali al progetto, non il contrario. Questo non gli impediva di provare simpatia per le persone, ma se una persona rischiava di danneggiare il progetto non esitava a cambiarla. Un ruolo manageriale, è vero, ma che è servito molto per aiutare la crescita del movimento. Nel 2013 il M5s è arrivato in Parlamento e poteva trasformarsi rapidamente in un’armata Brancaleone. C’era bisogno di qualcuno che guidasse la macchina e la sua fermezza ha portato i frutti che oggi tutti possono vedere”.
Com’era lavorare con lui?
“Era una persona di grande equilibrio, poche parole, molti sguardi molto eloquenti. Le cose importanti voleva dirle a voce, scriveva pochissime mail. Non si arrabbiava, non urlava, e neppure sorrideva molto”.
È stato un caso unico nella democrazia italiana di leader assente: dal Parlamento, da Roma, dai media…quasi in una torre d’avorio nei suoi uffici di Milano.
“Questo discendeva dal modo in cui aveva formulato il M5s: i parlamentari pensati come semplici portavoce di decisioni affidate ai cittadini attraverso la Rete. Per questo lui non ha mai sentito il bisogno di scendere nell’agone”.
Al timone c’era lui, non Beppe Grillo. O una diarchia?
“Se il M5s fosse una Ferrari, si può dire che Beppe è il designer, Gianroberto il motore. Tutto girava intorno a lui”.
A suo avviso è stato un politico progressista o conservatore?
“Certamente è stato un innovatore, un uomo che progettava un cambiamento radicale per la politica italiana. Le sue inclinazioni personali viravano un po’ a destra, come nel caso del reato di immigrazione clandestina che lui voleva mantenere, mentre i senatori votarono per abolirlo insieme al Pd. In quel caso furono gli iscritti sul blog a decidere, e Gianroberto ne prese atto. Non ha mai imposto le sue opinioni sui singoli temi”.
C’era in lui una sfiducia di fondo nella democrazia rappresentativa?
“Diciamo che era profondamente deluso dalle prove che la politica aveva dato di sè, in particolare in Italia. Era per il proporzionale puro, contrario a qualunque forma di riduzione della volontà popolare. Voleva costruire una nuova classe di cittadini consapevoli che si occupassero della cosa pubblica, senza cedere nella frammentazione tipica delle liste civiche e neppure nell’organizzazione tipica dei partiti. Si sentiva un garante di questo percorso”.
Era consapevole della contraddizione tra la democrazia diretta e una leadership così accentrata?
“Lo era, ma lo riteneva un passaggio inevitabile, una tappa di un cammino più lungo verso una forma di democrazia più diretta. E in fondo anche il blog nel corso degli anni si era molto evoluto”.
Un cammino che ora rischia di incepparsi?
“L’unica deroga ai suoi schemi è stata la creazione del direttorio, frutto delle sue condizioni di salute. Il direttorio nasce dal suo bisogno di farsi aiutare, nell’ultimo anno aveva al massimo 4 ore di autonomia al giorno. Non credo che ci possano essere soluzioni dinastiche a favore del figlio Davide, ritengo invece che tutta la responsabilità ora cadrà sul direttorio, e in particolare su Di Maio, Di Battista e Fico. La loro autorevolezza finora è arrivata da Casaleggio, ora hanno una responsabilità enorme. E il rischio più grande è che il movimento, senza il suo garante, si trasformi in un partito. Un rischio molto elevato, basta pochissimo per scivolare nel caos…”.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Grillo | Commenta »
Aprile 12th, 2016 Riccardo Fucile
I TRE ATTIVISTI ESCLUSI DALLE CONSULTAZIONI ON LINE PER LA DESIGNAZIONE DEL CANDIDATO SINDACO HANNO VISTO ACCOLTO IL RICORSO: “ORA LA RAGGI FACCIA UN PASSO INDIETRO”
Il Tribunale civile di Roma ha accolto, il ricorso presentato dai tre attivisti espulsi dal Movimento 5
stelle, Paolo Palleschi, Roberto Motta e Antonio Caracciolo, esclusi dalle ‘comunarie’ di Roma.
Il provvedimento di espulsione è stato dichiarato illegittimo dal giudice e quindi sospeso.
I tre avevano deciso di adire le vie legali contro la loro espulsione e la conseguente esclusione dalla corsa a sindaco di Roma.
Nel ricorso contro il Movimento rappresentato da Grillo, chiedevano di invalidare le ‘Comunarie’ di Roma, che hanno visto vincere Virginia Raggi, e di essere riammessi al Movimento.
Il giudice, però, sempre secondo quanto si apprende, non si sarebbe pronunciato nel merito delle ‘comunarie’ che, quindi, rimangono valide, anche se i tre ricorrenti insistono affinchè la Raggi faccia un passo indietro.
“Tecnicamente – spiega Palleschi – è stata accolta la domanda di sospensiva delle espulsioni. In sintesi, quelle espulsioni sono state ritenute illegittime”.
Dunque, secondo il ricorrente, “dal punto di vista politico, a nostro avviso, si pone eccome la questione ‘comunarie’: è ingiusto andare avanti con Raggi quando alcune persone sono state ingiustamente fatte fuori dalla corsa. Ma la valutazione sul che cosa fare, ora spetta solo al M5S”.
Secondo l’ex grillino, “molto dispiaciuto e toccato per la morte di Casaleggio, “l’aspetto giuridicamente più interessante è che sono state distinte le due associazioni, ovvero quella creata nell’ottobre del 2009 e quella nata successivamente, ovvero nel 2012 da Grillo, il nipote, un commercialista e Casaleggio”.
Una questione non da poco, che potrebbe “mettere in crisi l’intera struttura del Movimento”, che, con questa ‘doppia identità ‘, sembra ora poggiare “su basi d’argilla”.
(da agenzie)
argomento: Grillo | Commenta »
Aprile 12th, 2016 Riccardo Fucile
IL COMMENTO DI UN DIRIGENTE TORINESE DEL PARTITO SCATENA UNA BUFERA NEL PD: “VIGLIACCO”
La lista civica savonese “Noi per Savona” pubblica su Facebook una foto con i suoi candidati per le
prossime elezioni.
E un dirigente torinese del Pd, tale Guido Alessandro Gozzi, pubblica un commento che lascia senza parole, riferito a un candidato che in foto appare su una sedia a rotelle: «Ma uno è pure storpio».
Guido Alessandro Gozzi non è un Carneade qualunque: si legge sulla sua pagina Facebook, infatti, che ricopre una carica istituzionale per il suo partito: “Responsabile Relazioni Istituzionali Piemonte, Liguria e Val D’Aosta presso Federsanità ANCI e lavora presso Presidente presso Torino Per il Si – Comitato referendario e Segreteria Provinciale presso Partito Democratico Torino”. Il che fa apparire, se possibile, ancor più grave e ingiustificato il commento lasciato sul social.
Tanto basta per far scoppiare una bufera di polemiche sui socia. In breve tempo arrivano le prime prese di distanza del Pd dal post di Gozzi, da parte della deputata Anna Giacobbe e dell’ex consigliere regionale Nino Miceli.
«Era un po’ che non leggevo una sciocchezza così, detta da uno che, a quanto pare, ha un ruolo pubblico. Quindi, colpevole. Il senso comune ha fatto passi avanti, negli anni: nonostante la barbarie che torna, non solo sui social, il rispetto per i disabili, anche nel linguaggio, è cresciuto. Questo signore, che non conosco, credeva di fare lo spiritoso? D’accordo con Roberta: nessun alibi. Se uno come il tipo di cui parliamo usa Facebook per scrivere quello che non osa dire di persona, è pure un vigliacco. Altra cosa grave è che non si rende conto che uno che ha ruoli politici, non solo non deve, ma non “può”» scrive Anna Giacobbe.
«Per quel che vale porgo le mie scuse alla lista Noi per Savona e a tutti coloro che si sono sentiti offesi dalle parole del sig. Gozzi , che non conosco , e che non rappresentano certamente il pensiero del Pd e dei suoi elettori» aggiunge Nino Miceli.
Non si è fatta attendere la reazione di Daniela Pongiglione, candidato sindaco del gruppo Noi per Savona: «Il Gruppo Noi per Savona stigmatizza l’intervento ignobile del dirigente del PD torinese, esemplare di una mentalità meschina, che non sa rispettare neppure i diritti fondamentali delle persone. Su argomenti di tale gravità riteniamo che non sia consentita alcuna ironia. Fatti come questi devono portare a una seria riflessione sullo spessore etico e culturale della classe dirigente del nostro Paese. Se questo è il nuovo che avanza, speriamo che qualcuno lo fermi».
(da “il Secolo XIX”)
argomento: Partito Democratico | Commenta »