Aprile 19th, 2016 Riccardo Fucile QUESTA VOLTA LA SCENEGGIATA GLI E’ COSTATA 12.000 EURO PIU’ LA PUBBLICAZIONE DELLA SENTENZA A SUE SPESE
L’europarlamentare della Lega Nord e sindaco di Borgosesia Gianluca Buonanno è stato condannato
dal giudice civile del tribunale di Milano a causa di alcune dichiarazioni fatte il 2 marzo 2015 in una puntata di Piazzapulita su La7.
Nel corso del programma di Corrado Formigli, Buonanno aveva definito i rom “feccia della società “.
Dopo quelle parole, era stato denunciato dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione e dall’associazione Naga.
Secondo il giudice le parole di Buonanno non erano da considerarsi opinioni politiche, non riconoscendogli così l’immunità da europarlamentare.
Le sue dichiarazioni avevano “come unica finalità la denigrazione e l’offesa”.
Definire “feccia” i rom, secondo il tribunale, “non solo è grandemente offensivo e lesivo della dignità dei destinatari, ma assume altesì un’indubbia valenza discriminatoria”.
Buonanno è stato quindi condannato alla pubblicazione dell’ordinanza in “caratteri doppi del normale ed in formato idoneo a garantirne adeguata pubblicità ” sul Corriere della sera entro 30 giorni dalla sentenza.
In più dovrà pagare sei mila euro per ciascuna associazione che ha vinto la causa.
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2016 Riccardo Fucile IL MOVIMENTO “RIVOLUZIONE CRISTIANA” NON SARA’ A FIANCO DEL CITY MANAGER: “HANNO USATO BERLUSCONI COME UN TAXI”
Stavolta è toccato a lui essere fatto fuori.
“A Milano, Forza Italia e il Nuovo centrodestra hanno escluso la mia lista, Rivoluzione cristiana, da quelle che sosterranno la corsa a sindaco di Stefano Parisi”, dice a ilfattoquotidiano.it Gianfranco Rotondi, ex ministro per l’attuazione del programma dell’ultimo governo Berlusconi, da sempre molto vicino al Cavaliere.
“Il mio partito, erede legittimo della Democrazia cristiana, ha partecipato alla fondazione del Popolo della Libertà : ora gli stessi soggetti che hanno sfasciato il centrodestra lo stanno mettendo da parte — aggiunge —. Il motivo? Crea disturbo a forzisti e alfaniani. Sono sconcertato: vedo ex colleghi di partito cercare il taxi-Berlusconi per ritornare in Parlamento”.
Onorevole, lei ha definito il candidato sindaco di Milano del centrodestra come “un taxi per gli escursionisti di Ncd”. Cos’è successo?
Qualcuno mi ha comunicato l’impossibilità di apparentare la lista di Rivoluzione cristiana alle altre che sostengono la corsa di Stefano Parisi a primo cittadino del capoluogo lombardo.
Chi è questo qualcuno che gliel’ha comunicato?
Ho parlato con Mariastella Gelmini, la quale mi ha spiegato che non c’erano le condizioni politiche affinchè anche il mio movimento potesse appoggiare Parisi.
Quali sono stati i motivi di questa esclusione?
Mi hanno fatto fuori perchè, mi è stato detto, la mia lista avrebbe disturbato quella di ‘Milano popolare’, alias il Nuovo centrodestra, e addirittura quella di Forza Italia. Cause davvero singolari: sono rimasto sconcertato.
Ma lei con Parisi ha mai parlato?
Una sola volta. Poi è accaduto quanto ho appena spiegato. Perciò sono arrivato alla conclusione che se l’idea di questi ‘uomini del fare’ è quella di non disturbare i partiti allora è meglio andare da soli. Così noi sosterremo la candidatura dell’ex preside del liceo Parini, Carlo Arrigo Pedretti. Che è un milanese doc e non arriva dal quartiere Parioli di Roma.
Certo che l’hanno fatta proprio arrabbiare.
Reputo l’operazione Parisi come il trasferimento di una compagnia teatrale dal Teatro Olimpico di Roma a quello degli Arcimboldi di Milano.
Che vuol dire?
All’Olimpico, qualche anno fa, i futuri fondatori di Ncd incoronarono Mario Monti capo del centrodestra al posto di Silvio Berlusconi. Salvo poi tornare indietro per prendere i seggi da lui. I nomi? Fabrizio Cicchitto, per esempio. Che cancellarono i lealisti del Cavaliere dalle liste del Pdl addirittura dirottando me, un primo tempo, in Piemonte. Salvo poi, una volta eletti, andare al governo con il centrosinistra di Letta prima e Renzi poi. Ecco, il taxi è esattamente questo. Con Parisi sta avvenendo la stessa cosa
Solo che stavolta hanno fatto fuori lei.
Già . Anche perchè si stanno manifestando le medesime condizioni: il giro del governo sta finendo e quello del Parlamento sta tornando. Bisogna essere rieletti e serve chi ti porta. Malgrado tutto, pur ‘scassato’, Berlusconi c’è ancora, è il principale numero della smorfia del centrodestra. Quelli del Teatro Olimpico stanno cercando un nuovo taxi.
Con l’operazione Parisi.
Esattamente. Lui ha perfino creduto a chi gli ha detto che dopo la poltrona di sindaco di Milano c’è quella di Palazzo Chigi. Gli faccio i miei migliori auguri, ma Berlusconi mi deve spiegare se uno, per dettare la linea nel centrodestra, deve prima farsi un giro a sinistra.
Ha parlato con il leader di Forza Italia?
Credo ci sentiremo nelle prossime ore, ci siamo cercati a vicenda ma non ancora parlati. Approfitto però per far notare, a lui e a chi lo circonda, che da Frattini alla Meloni, da La Russa a Sacconi fino a Romano, io sono fra i pochi componenti del suo ultimo governo ad essergli rimasto al fianco nonostante le tante difficoltà . Se però stavolta tocca a me vado a farmi un giro a sinistra…
Sta dicendo che alla fine potrebbe appoggiare Giuseppe Sala?
Vuol dire che io al primo turno farò campagna elettorale per il mio candidato sindaco. Al secondo turno, visto che un pezzo del governo appoggerà Parisi, non mi meraviglierebbe il sostegno di un pezzo dell’opposizione a Sala. Credo di essermi spiegato.
C’è anche un altro episodio che recentemente l’ha fatta arrabbiare: l’esclusione dall’ultima direzione del Pdl. Non le hanno comunicato il motivo?
Un’altra bizzarria. Se il Pdl sta portando avanti delle procedure amministrative di scioglimento deve coinvolgere tutti i fondatori. Me compreso. Invece nessuno mi ha detto nulla. Fra l’altro, io in quel progetto ho investito dei soldi che non ho mai recuperato. Denari che si sono tenuti Forza Italia e Alleanza Nazionale. Mi sarei aspettando quantomeno una telefonata.
Invece il telefono non ha squillato. Nemmeno Berlusconi si è scusato?
Non si è fatto sentire nessuno. Quanto all’aspetto economico, Berlusconi mi ha detto che i soldi erano finiti e non c’era più niente da fare. Ora, quantomeno, mi aspetto che torni in campo e rifaccia grande il centrodestra.
Un nuovo ‘voto di fiducia’ nei suoi confronti?
Ma anche una critica.
Giorgio Velardi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 19th, 2016 Riccardo Fucile DOPO LA NOMINA ALLA CORTE DEI CONTI LA CAMERA HA BLOCCATO L’EROGAZIONE DELLA PENSIONE PER INCOMPATIBILITA’ CON LO STIPENDIO DEL NUOVO INCARICO
Li rivuole tutti. Dal primo all’ultimo. 
Tanto da presentare un ricorso al Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, l’organo al quale è affidata la risoluzione delle controversie fra gli eletti e l’amministrazione. Che si dovrebbe esprimere a breve dopo il rinvio della prima udienza fissata per il 6 aprile scorso.
A Enrico La Loggia, ex ministro per gli Affari regionali del secondo e terzo governo di Silvio Berlusconi, ma — soprattutto — parlamentare dal 1994 al 2013, non è andata giù la decisione di Montecitorio di sospendergli l’erogazione del vitalizio da ex deputato e senatore (circa 5 mila euro netti al mese) dopo la sua nomina a componente del consiglio di presidenza della Corte dei Conti (altri 6 mila euro mensili).
Arrivata il 15 ottobre 2013 per la durata di quattro anni.
Di più: il provvedimento, ora impugnato, ha ‘costretto’ l’ex esponente di Democrazia cristiana, Forza Italia e Popolo della Libertà a restituire le somme percepite nel periodo compreso fra ottobre 2013 e novembre 2014. Circostanza che ha dato il via alla battaglia a colpi di carte bollate.
FORZA NONNO
“Il ricorso si basa su un elemento estremamente semplice: non esiste una normativa ad hoc che preveda l’incompatibilità fra il vitalizio e l’indennità che percepisco per il ruolo che ricopro attualmente”, dice La Loggia contattato da ilfattoquotidiano.it. “Secondo la Camera si può applicare al consiglio di presidenza della Corte dei Conti, ‘per analogia’, la normativa che riguarda il Consiglio superiore della magistratura (Csm) dove, al contrario, è impossibile il cumulo degli assegni — aggiunge l’ex parlamentare —. È una vicenda che va avanti da due anni, ma sono convinto di non essere in errore”.
La vittoria è dunque a portata di mano?
“Assolutamente no — risponde La Loggia —. Noi sosteniamo una tesi, ma come mi ha insegnato mio nonno per conseguire un successo servono tre cose: avere ragione, avere un buon avvocato che la rappresenta e un giudice che la riconosca. A me, per adesso, manca quest’ultimo passaggio”.
E se il Consiglio di giurisdizione di Montecitorio dovesse bocciare il ricorso?
“Sono pronto a continuare a non prendere il vitalizio pur ritenendo che ciò sia sbagliato”, conclude.
CORSI E RICORSI
A discuterne, nei prossimi giorni, sarà dunque l’organismo della Camera presieduto da Alberto Losacco (Pd), del quale fanno parte Antonio Marotta (Area popolare) e Tancredi Turco (Alternativa Libera-Possibile).
Ma il verdetto non sarà immediato.
“Decideremo entro pochi giorni se accoglierlo o rigettarlo — spiega Turco —. Il problema vero è che le attuali regole del sistema pensionistico della Camera non funzionano, ma siccome nessuno le vuole realmente cambiare, fioccano i ricorsi. Io ho presentato una proposta di legge per equiparare il sistema previdenziale dei parlamentari a quello dell’Inps, anche con effetto retroattivo, ma la norma è impantanata in commissione da mesi”.
Oltre a quella depositata dal deputato ex Movimento 5 Stelle, le proposte per tagliare gli assegni degli ex parlamentari presentate a Montecitorio sono in effetti dieci (due costituzionali e otto ordinarie).
Tutte ancora al vaglio della commissione Affari costituzionali.
Giorgio Velardi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 19th, 2016 Riccardo Fucile NEI GUAI SIMONETTA LICASTRO SCARDINO, VEDOVA DELL’ESPONENTE DC PINO LECCISI, INSIEME ALLE SORELLE… L’ACCUSA E’ DI CIRCONVENZIONE DI INCAPACE
L’indagine l’aveva fatta scattare lei, denunciando le sorelle. Ma alla fine anche l’ex parlamentare del Pdl Simonetta Licastro Scardino, 68 anni, vedova di un esponente di punta della Dc, Pino Leccisi, è finita nel registro degli indagati con l’accusa di aver sottratto ai genitori un patrimonio milionario.
La notizia è comparsa su alcuni giornali locali e secondo l’Ansa le tre sorelle avrebbero ricevuto un avviso di conclusione indagini.
Sarà ora compito delle tre indagate farsi sentire dal pm Carmen Ruggiero, titolare dell’inchiesta, o preparare una memoria in attesa che, alla scadenza dei termini, la Procura formuli una richiesta di rinvio a giudizio oppure di archiviazione.
Le tre sorelle, l’ex parlamentare Simonetta e le due sorelle Francesca e Valeria, di 65 e 57 anni, sarebbero indagate per circonvenzione di incapace.
Dagli accertamenti della Guardia di Finanza tra il 2009 e il 2011 l’esponente del Pdl avrebbe beneficiato di due bonifici per 670mila euro, mentre alle due sorelle sarebbero andati 451mila euro a testa.
Nel 2014 era arrivata la querela dell’ex parlamentare, ma secondo gli accertamenti della Procura di Lecce i genitori delle tre sorelle sarebbero stati incapaci di intendere e volere già in un periodo precedente alle donazioni.
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2016 Riccardo Fucile NOMINE E CLIENTELE ALL’ASL DI BENEVENTO
La deputata di Forza Italia Nunzia De Girolamo fu organizzatrice e promotrice di un “direttorio
politico-partitico” tramite il quale orientò nomine, appalti e clientele dell’Asl di Benevento secondo logiche di potere e di tornaconto elettorale, e per questo va processata per associazione a delinquere insieme ai suoi collaboratori e ai manager della sanità sannita in carica nell’estate del 2012.
E le registrazioni delle riunioni tra la de Girolamo e il direttorio nella villa del padre a San Nicola Manfredi, fatte di nascosto dall’ex direttore amministrativo dell’Asl Felice Pisapia, sono ‘salve’ e non verranno distrutte, come chiedevano gli avvocati della ex ministra, perchè “non rientrano nelle comunicazioni per le quali è necessario chiedere l’autorizzazione alla Camera e non violano la privacy del parlamentare”.
Lo ha deciso il Gip Flavio Cusani respingendo definitivamente una richiesta di archiviazione del pm Nicoletta Giammarino e disponendo per De Girolamo & Co l’imputazione coatta, rara nel procedimento penale, che evidenzia una profondissima differenza di vedute tra l’impostazione accusatoria della Procura e quella maturata dall’ufficio del giudice per le indagini preliminari.
Il Gip Cusani peraltro aveva già definito “associazione a delinquere” il ‘direttorio’ in un provvedimento di arresto per un indagato di un filone parallelo.
Vanno verso un probabile giudizio per il reato previsto dall’articolo 416 del codice penale anche Felice Pisapia (ritenuto organico al sistema che in seguito ha denunciato depositando le registrazioni), l’ex manager dell’Asl Michele Rossi, l’ex direttore sanitario Gelsomino Ventucci (poi commissario dell’Asl), l’avvocato e consulente legale Giacomo Papa, l’ex factotum della De Girolamo Luigi Barone, oggi componente del direttivo nazionale Ncd.
L’ordinanza del Gip stravolge il lavoro del pm, ordinando nuove indagini sui misteri dell’appalto del 118.
Un appalto del quale si parlò a lungo nelle riunioni registrate da Pisapia, che successivamente mise a verbale come la De Girolamo intendesse favorire un’impresa vicina al Pdl che aveva partecipato al tesseramento del congresso provinciale 2012. Pisapia affermò che allo scopo una ditta fu danneggiata ritardando ad arte i pagamenti. Il pm però aveva chiesto l’archiviazione sottolineando che l’impresa era stata retribuita secondo una tempistica regolare.
Ma il Gip non è stato convinto e ha disposto un supplemento di indagine di altri tre mesi, ordinando inoltre l’imputazione coatta per Pisapia e per una delle ‘gole profonde’ dell’inchiesta, Arnaldo Falato, un dirigente Asl di fede mastelliana caduto in disgrazia dopo la nomina di un manager designato dall’azzurra De Girolamo, per una concussione a un altro dirigente, Giovanni De Masi.
Una vicenda già contestata alla deputata e ai suoi collaboratori, per la quale pende una richiesta di rinvio a giudizio che si discuterà il 29 aprile.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 19th, 2016 Riccardo Fucile E NEL GIORNO DEL NATALE DI ROMA SARANNO FIANCO A FIANCO
La resurrezione dovrebbe essere a Pasqua e invece Silvio Berlusconi fa rinascere Guido Bertolaso a Natale. O meglio: nel giorno del Natale di Roma.
Anche se i sondaggi non sono favorevoli il leader di Forza Italia continua a puntare su di lui.
“Il presidente mi ha rinnovato il suo appoggio incondizionato ribadendo che io sono il candidato migliore per governare Roma”, l’ex Capo della Protezione civile esce quindi trionfante da Palazzo Grazioli dopo mezz’ora di colloquio con l’ex Cavaliere, che a quanto pare non ha intenzione di rimescolare le carte e puntare su Giorgia Meloni o su Alfio Marchini.
Anzi, secondo quanto si apprende da fonti vicine al candidato primo cittadino della Capitale, già giovedì, festa del Natale di Roma, potrebbe esserci il grande debutto di Berlusconi al fianco di Bertolaso.
Nella speranza, forse, di mettere fine a tutte le polemiche di questi giorni e porre rimedio ai dissidi interni al partito.
La data scelta non è una qualunque. È la festa di Roma, ma anche il giorno in cui la candidata di Fratelli d’Italia e della Lega Nord dovrebbe depositare la sua candidatura, e Virginia Raggi, potrebbe approfittare della presenza di Beppe Grillo nella Capitale, per incontrarlo.
Berlusconi e Bertolaso invece dovrebbero fare un giro nelle periferie romane perchè è questo l’impegno che il candidato azzurro ha preso già da qualche giorno.
Nessun incontro in vista tra Berlusconi e Matteo Salvini. Tra loro, per adesso, c’è il gelo.
Il leader di Forza Italia dovrebbe invece vedere i big del partito per provare a spegnere le polemiche.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 19th, 2016 Riccardo Fucile I DATI DI IPSOS, DEMOS E SWG … HA VOTATO UN TERZO DEGLI ELETTORI CHE SOLITAMENTE SI ASTENGONO
Il M5s è stata la forza politica che ha portato più gente a votare al referendum sulle trivelle, ma
almeno metà dell’elettorato dei Cinquestelle non si è presentato al seggio.
Lo stesso è accaduto per due terzi degli elettori che si definiscono di “sinistra“.
Tre elettori del Pd su 4 hanno dato retta a Renzi e hanno disertato i seggi.
Ma se si sommano il non voto all’area del no (che tra i democratici era rappresentata da personalità come Bersani e Prodi) chi ha seguito Michele Emiliano nella battaglia No Triv è stato un solo simpatizzante Pd su 5.
Sono gli aspetti principali dell’analisi del voto effettuata da diversi istituti di sondaggio pubblicata su Corriere della Sera, Repubblica e Messaggero.
In tutti i casi la premessa è che si tratta di rilevazioni fatte fino ai giorni immediatamente precedenti al voto del 17 aprile, anche perchè un’elaborazione di veri e propri flussi di voto non è possibile nel caso di un referendum.
Di contro c’è che sono rilevazioni sufficientemente attendibili perchè hanno basi solide nel numero di intervistati.
Da una parte la “Santa Alleanza” contro Renzi non ha sfondato e anzi è stata quasi snobbata dagli elettori dei presunti punti di forza del sì al referendum: la sinistra, la sinistra del Pd, la Lega Nord e in parte il Movimento Cinque Stelle.
Dall’altra c’è una parte dell’elettorato del Pd (all’incirca un quarto) che non ha seguito l’indicazione di voto di Matteo Renzi.
Una delle curiosità — tra le altre — è che il referendum, secondo Swg, ha richiamato il 16 per cento di chi non vota più per principio alle Politiche e un terzo di chi si dice indeciso su chi votare.
Nel sondaggio di Ipsos per il Corriere della Sera, per esempio, sono state intervistate circa 9mila persone dal 21 marzo al 7 aprile.
Gli elettori dei partiti della maggioranza che sostiene il governo Renzi si sono mossi nello stesso modo: sia tra coloro che si definiscono del Pd sia tra quelli che oggi voterebbero Area Popolare la quota di elettori al referendum è stata del 23 per cento.
Analogo il comportamento degli elettori di Forza Italia (ha deciso di votare il 29 per cento) e della Lega Nord (30), nonostante l’invito al voto del segretario del Carroccio Matteo Salvini.
Modesta la partecipazione — 36 per cento — anche tra chi si dice “di sinistra” (non è stata data una connotazione politica nel sondaggio Ipsos) dove sulla carta si dovrebbero trovare maggiormente le sensibilità ambientaliste. Chi ha portato più elettori alle urne è stato il M5s, ma meno della metà : il 49 per cento.
Nella rilevazione dell’istituto guidato da Nando Pagnoncelli è interessante vedere che — a dispetto di quello che ha dichiarato il presidente del Consiglio nell’intervento subito dopo la chiusura dei seggi — chi si è informato solo con la tv, è stato più volentieri lontano dai seggi (72 per cento di astensionismo).
Tra coloro che invece hanno usato internet come fonte di informazione per capire di più della consultazione sulle trivelle, la quota del non voto si abbassa al 66
Stesse tendenze, anche se con cifre differenti quelle dei dati di Demos per Repubblica. Qui gli intervistati sono circa mille.
Secondo l’istituto diretto da Ilvo Diamanti ha votato il 46 per cento di chi si dichiara elettore del M5s.
Leggermente più bassa (44) l’affluenza tra chi voterebbe l’area di sinistra (Sel, Sinistra Italiana e gli altri partiti al lato del Partito democratico).
Alle urne è andato un terzo degli elettori dei Fratelli d’Italia, mentre ancora una volta è simile la partecipazione al voto tra i votanti di Pd, Forza Italia e Lega (rispettivamente 27, 26 e 28 per cento).
Tuttavia Diamanti su Repubblica mette in luce un aspetto, anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali: “Lascia perplessi la traduzione direttamente politica e ‘personale’ che viene data al risultato del referendum. Non da una parte sola, peraltro. Perchè Renzi e, in modo ancora più esplicito, i ‘renziani’ hanno rovesciato, a proprio favore, questa impostazione. Con l’effetto, francamente paradossale, di trasformare l’astensione in consenso. Traducendo il dato della non partecipazione in una misura del sostegno al governo e al premier”.
Il sociologo la definisce una “deriva del dibattito politico” perchè “riassume la nostra vita politica in un lungo referendum pro o contro Renzi”.
Tutto questo, “con il contributo attivo del fronte anti-renziano” porterebbe sempre di più verso un “governo personale” del presidente del Consiglio, trasformando il nostro sistema attuale in un “premierato preterintenzionale“.
Altri spunti, infine, dal sondaggio di Swg per il Messaggero.
La tendenza sulla partecipazione al voto degli elettori dei vari partiti è simile a Ipsos e Demos: alle urne è andato il 41 per cento dei votanti M5s, il 33 per cento di quelli di Forza Italia, il 30 per cento di quelli che dichiarano di votare Pd, il 26 dei leghisti.
Come detto tra chi si è presentato alle urne è stato anche un terzo di quelli che sono indecisi (cioè non saprebbero oggi che partito scegliere) e il 16 per cento dei non votanti “cronici” alle elezioni vere e proprie.
L’ultimo dato interessante è quello delle fasce d’età . Più l’elettore è anziano e più si è abbassata la quota di partecipazione: dal 41 per cento degli studenti al 37 di coloro che hanno tra i 55 e i 64 anni.
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2016 Riccardo Fucile ORA DOBBIAMO SOPPORTARE ANCHE LE INSINUAZIONI DI UN EGIZIANO OSPITE DEL NOSTRO PAESE… IL CASO DI ADEL MOAWWAD NON C’ENTRA UNA MAZZA CON QUELLO DI REGENI
I segnali che giungono dal Cairo suggeriscono la controffensiva di Al Sisi, chiamato a evitare l’isolamento internazionale sventolando l’accordo da 1,7 miliardi di euro firmato con Hollande ma anche a contenere la rabbia interna già sfociata nelle proteste di venerdì per le isole cedute a Riad.
Da settimane il presidente egiziano enfatizza la sua amicizia con l’Italia alla quale, per esempio, ripete di non aver mai attribuito responsabilità dirette per la scomparsa da Roma del suo connazionale Adel Moawwad.
Il messaggio che anche l’Egitto ha potenzialmente il suo Regeni non ha fatto breccia in Italia ma ne ha fatta in patria, dove capita di sentire i tassisti argomentare di doppio standard.
Poi venerdì sera va in onda sull’emittente filo governativa «Ten Tv» un’intervista via Skype con Mohamed Hanout, un egiziano risedente a Roma da 26 anni che a nome della comunità egiziana in Italia ribadisce l’amore tra i due popoli e scongiura il rischio d’incomprensioni.
Così, tanto per spiegare a chi lo ascolta quanto i nostri Paesi siano vicini, racconta che in Italia i casi Regeni sono molti e non si limitano a Adel Moawwad ma che in dieci anni risultano scomparse 30 mila persone tra italiani e stranieri, che le indagini durano mesi se non anni e che ultimamente avvengono «crimini fenomenali come l’assassinio di una ricercatrice in Svizzera».
Interpellato via Facebook e poi al cellulare Hanout ci dice di aver lasciato la sua storica attività di telefonia per studiare diritto internazionale all’università Tor Vergata e di essere stato appena nominato presidente dell’associazione «La Voce dell’Egitto», «un movimento indipendente» nato un anno fa che raccoglie gli egiziani all’estero e vuole costruire pace con i Paesi ospiti come l’Italia.
Gli egiziani in Italia sono circa 150 mila regolari e forse altrettanti irregolari ma la sua associazione non ha membri, quindi non rappresenta degli iscritti, non ancora almeno, per adesso vuole organizzare attività .
Secondo la Coalizione degli Egiziani all’Estero, un gruppo molto attivo nella campagna per la verità su Giulio Regeni, «non c’è una comunità di egiziani in Italia e non si può parlare a nome loro».
Il punto – e Hanout che è un uomo attento lo capisce – è che l’intervista su Ten TV, una delle mille emittenti di poco conto che moltiplicano la voce del regime, suona tanto «ufficiale», indirizzata in arabo ai connazionali e spiegata in italiano con toni più accomodanti: non attacca mai l’Italia direttamente ma rivolgendosi agli egiziani ridimensiona la portata di quello che le autorità del Cairo definiscono da sempre «l’incidente».
Signor Hanout com’è possibile paragonare, come lei ha fatto, lo studioso friulano torturato per giorni prima di essere ammazzato ai tunisini scomparsi nel Mediterraneo dopo essersi imbarcati per raggiungere Lampedusa o il delitto della ricercatrice uccisa a Ginevra?
Lui spiega che è vero, non c’entra nulla: «Per carità , nessuna similitudine, non voglio fare confronti, attraverso la «Voce dell’Egitto» porgo ancora una volta le condoglianze alla famiglia Regeni. Mi sono occupato del caso di Adel Moawwad perchè lavoravo in zona Marconi e la famiglia mi ha contattato affinchè avvertissi l’ambasciata, con cui sono in buoni rapporti per tutto quanto può aiutare a comunità ».
Hanout sta organizzando una conferenza stampa per «comunicare con i media, i giuristi e il parlamento italiano sul tema dell’uccisione di Regeni».
Mentre il presidente della Camera dei Rappresentanti egiziano Ali Abdel Aal ribadisce dal Cairo quanto detto dal presidente Al Sisi sul tentativo (interno e esterno) di destabilizzare il Paese la tensione con l’Italia pare destinata a crescere.
IN COSA CONSISTE IL CASO DI MOAWAD HEITEL
La procura di Roma sta indagando dallo scorso ottobre sulla scomparsa dell’egiziano Adel Meawwad Heikal, 49 anni, avvenuta nella capitale e della quale ha fatto cenno il presidente dell’Egitto Abd Al-Fattah Al Sisi nell’intervista concessa a Repubblica. Dagli accertamenti finora eseguiti, secondo indiscrezioni, non sono emersi elementi per collegare la scomparsa dell’uomo a fatti criminali.
Titolare di un autolavaggio nel quartiere Aurelio dismesso nell’estate dello scorso anno, Heikal, con moglie e figlio residenti in Egitto, scomparve la notte tra il 4 ed il 5 ottobre 2015 dopo aver disdetto il contratto di affitto della stanza che occupava e dopo aver prelevato 1.100 euro dal bancomat.
Prima di sparire nel nulla, l’uomo aveva trascorso la serata, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, in compagnia di un connazionale.
Sia quest’ultimo, sia il figlio di Heikal, sentiti in Procura, non hanno fornito alcun elemento utile per fare luce sul caso.
Così come non sono emerse circostanze utili dall’esame dei tabulati telefonici e dall’ispezione della stanza che aveva in locazione.
Resta il fatto che le autorità italiane si sono immediatamente attivate e il caso ha avuto spazio anche su “Chi l’ha Visto”. Se in Egitto il caso di uno che chiude la propria attività , disdice l’affitto, preleva soldi e scompare è comparabile con quello di un giovane trovato assassinato e torturato, evidentemente viviamo in due mondi diversi.
Ma quando si ha la coscienza sporca ci si attacca a tutto.
Secondo la Coalizione degli Egiziani all’Estero, molto attiva in Italia nella ricerca della verità su Giulio, il signor Hanout rappresenta solo se stesso.
Resta da capire se uno che rilascia interviste contro il Paese che lo ospita debba ritenersi gradito nel nostro territorio nazionale.
(da agenzie)
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Aprile 19th, 2016 Riccardo Fucile IL 55% RITIENE CHE NON SIA SUFFICIENTE IL RITIRO DELL’AMBASCIATORE MA CHE OCCORRANO MISURE PIU’ FORTI… SOLO IL 29% PREFERISCE L’ITALIETTA VIGLIACCA CHE FA FINTA DI NULLA
Il caso Regeni ha colpito e diviso l’opinione pubblica italiana, a giudicare da un sondaggio Ipsos
realizzato per Ispi/Rainews24, basato su 996 interviste condotte tra il 12 e il 13 aprile 2016.
Il 60% degli intervistati ritiene che le responsabilità vadano rintracciate all’interno delle istituzioni egiziane.
Di questi la metà pensa che si tratti di responsabilità di singoli individui, mentre l’altra metà chiama direttamente in causa l’intero governo egiziano.
La maggioranza degli intervistati (il 55%) non solo è favorevole al ritiro temporaneo dell’ambasciatore, ma ritiene che il Governo italiano dovrebbe prendere ulteriori misure nei confronti del governo Al Sisi.
Circa la metà pensa che non basti una ritorsione «leggera» (come quella di scoraggiare o impedire i flussi turistici) ma auspica misure più forti.
Quasi un terzo degli intervistati ( il 29%) si dichiara invece contrario a ulteriori misure o, addirittura, preferirebbe ch le relazioni con l’Egitto ritornassero alla normalità .
Viviana Mazza
(da “il Corriere della Sera”)
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