Destra di Popolo.net

BERLUSCONI, PRENDE QUOTA LA OPZIONE MARCHINI, CON DENTRO ANCHE STORACE…IN FORZA ITALIA I “POLTRONISTI DEL NORD” MESSI IN MINORANZA

Aprile 22nd, 2016 Riccardo Fucile

TOTI, GELMINI E ROMANI SONO ISOLATI: A LORO INTERESSA SOLO MANTENERE I GOVERNI REGIONALI AL NORD… PASCALE SCATENATA CONTRO SALVINI: “INGINOCCHIATI DAVANTI AI MERIDIONALI, TROGLODITA”

Il vento di Cologno Monzese (e non solo) soffia forte, allontanando una possibile ricucitura con Salvini e Meloni.
Per ora, ripetono i big, “il candidato è Bertolaso”, ma sottotraccia in parecchi tessono la tela che porta a Marchini.
I rapporti, ormai, con Salvini e la Meloni segnano il minimo storico. Siamo al più classico dei momenti che precede una ostilità  aperta, come si evince dal principio di rissa ingaggiata da Francesca Pascale, che sul suo profilo Instagram ha di fatto insultato il leader leghista. Posta un’altrettanto raffinato ragionamento del leader leghista e scrive, a commento: “Inginocchiati ai meridionali, troglodita”.
A voler cercare un minimo di razionalità  all’interno di una vicenda surreale, si potrebbero così sintetizzare le posizioni.
Il partito “Mediaset”, che considera pericolosa per gli interessi aziendali la deriva lepenista. Non solo Confalonieri, ma è da giorni che è tornato in campo Gianni Letta. Attenzione: non per Bertolaso, ma per favorire un passo indietro di Bertolaso a favore di Alfio Marchini. Letta che di Bertolaso conosce virtù e peccati, lo considera debole. E pensa che sarebbe necessario un suo passo indietro a favore di Marchini.
Seconda corrente è guidata da Francesca Pascale, che da giorni lavora sull’ego del Cavaliere, all’insegna del “non puoi farti trattare così”, “fagli vedere chi sei a quei due là ”. Il tutto in un clima assai meno pacato di come il cronista lo può raccontare senza scadere nella volgarità .
La terza il partito romano, che si è riunito con Berlusconi a Grazioli.
Uno dei presenti, Davide Bordoni, dice: “Molti sondaggi dicono che ad un eventuale ballottaggio Marchini avrebbe la meglio sulla raggi, sarebbe un’ipotesi”. Un pressing cui si è unito anche Antonio Tajani che, nei giorni scorsi, pur di far saltare l’accordo pressochè fatto con la Meloni ha minacciato di lasciare Forza Italia.
Poi c’è la spaccatura coi poltronisti .
Il fronte del Nord — Romani, Gelmini, Toti, Bergamini — è preoccupato che una rottura con Salvini a Roma possa compromettere alleanze e governi locali sopra il Po, dalla Lombardia alla Liguria.
“Silvio, con la Lega siamo obbligati a governare, non possiamo rompere sennò succede un casino”, è il refrain.
Su di loro grava però il sospetto di tradimento, non si capisce se reale o messo in giro ad arte dal fronte opposto, i “lealisti”, che stanno con Berlusconi qualsiasi decisione prenda.
Secondo questi ultimi (Gasparri, Tajani, Maria Rosaria Rossi, Matteoli, Fiori) il fronte del Nord sarebbe pronto alla scissione, proprio per una questione di poltrone.
Fonti interne a Grazioli raccontano che, Bertolaso e Marchini si sentono con una certa frequenza e non è escluso che, nelle prossime ore, ci sarà  un contatto tra Berlusconi e Marchini che — chissà  se è un caso — ha rallentato iniziative e dichiarazioni come in ogni trattativa che si rispetti.
E, proseguono le stesse fonti, lo stesso accadrà  con Storace: “L’idea è costruire una coalizione da Marchini a Storace da contrapporre alla Meloni”.
Nel resto d’Italia, ad eccezione di Milano, gli accordi tra Lega e Forza Italia sono in alto mare.

(da Huffingtonpost e Fatto Quotidiano)

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RAGGI VINCE LE ELEZIONI-SOCIAL

Aprile 22nd, 2016 Riccardo Fucile

IL SENTIMENT RELATIVO AI CANDIDATI DI ROMA PREMIA LA GRILLINA: “MA NON SEMPRE CHI COMUNICA PIU’ INTENSAMENTE E’ PREMIATO DALL’OPINIONE PUBBLICA”

È in testa nei sondaggi, e, se fosse per il web, sarebbe già  sindaco.
Virginia Raggi, la candidata M5s alla poltrona più importante del Campidoglio, stacca tutti nelle analisi di Reputation Manager, importante istituto italiano nell’analisi della reputazione online di marchi e figure pubbliche.
E se nei social network Raggi – in una scala da 0 a 100 – arriva a totalizzare un indice reputazionale di 57,6, Roberto Giachetti per il centrosinistra arriva a 18,7.
A seguire Giorgia Meloni con 16,3, Francesco Storace con 9,6, Alfio Marchini con 6,2. Addirittura in negativo i dati di Guido Bertolaso (-6,4) e Stefano Fassina, con il meno 9,4.
Analizzando invece il sentiment delle conversazioni sui social Reputation Manager assegna alla Raggi un dato positivo del 60,13% – alto rispetto al 31,7% negativo – che la porta anche in questa classifica al primo posto.
Provano a tallonarla Storace (51% positività , 31% negatività ), Giachetti (49,78% positività  – 29,07% negative) e Marchini (45,88% positività  – 36,47% negatività ).
Social invece divisi sulla Meloni, con un 49,6% negatività  e un 46% positività , mentre più definita è la posizione su Bertolaso (56,84% negatività ) e Fassina (62,69% negatività ).
“Poichè considera sia fattori quantitativi di interazione e propagazione che qualitativi quali il sentiment – sottolinea Andrea Barchiesi, ceo dell’azienda – l’indice reputazionale ci rivela in modo preciso il   posizionamento dei candidati nella percezione degli utenti. Una percezione che va però rapportata alle strategie comunicative adottate, perchè non sempre chi comunica e dialoga più intensamente è premiato dall’opinione pubblica”.
Reputation manager ha anche analizzato i dati social dei candidati sindaco: e su Twitter, tra citazioni, retweet e hashtag vince ancora la Raggi che ne totalizza 16.576 nonostante il decremento notevole – meno 32% – delle ultime due settimane.
Dietro di lei nomi del centrodestra: Giorgia Meloni con 14.487 interazioni e una contrazione ancora maggiore (-46%), Storace, che conta 11.483 interazioni con un vistoso incremento del 529% .

Gabriele Isman
(da “La Repubblica”)

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UN GRANDE DAVIGO RINCARA LA DOSE: “LA CLASSE DIRIGENTE CHE DELINQUE PEGGIO DEI LADRI DI STRADA”

Aprile 22nd, 2016 Riccardo Fucile

E CONTRO UN VERO UOMO DI DESTRA SI SCATENANO PD, FORZA ITALIA E LEGA

“La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni più gravi”.
Lo ha detto il presidente dell’Anm, Piercamillo Davigo, durante la lectio magistralis al master in prevenzione e contrasto della criminalità  organizzata e corruzione dell’ Università  di Pisa.
“In Italia – ha detto – la vulgata comune è dire che rubano tutti. No, mi fa arrabbiare questa cosa, rubano molti. Non tutti. Altrimenti non avrebbe senso fare i processi”.
Il neo presidente dell’Anm, dunque, rilancia e dopo un’intervista al Corriere della Sera (“I politici non hanno smesso di rubare. Hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto. Dicono cose tipo: ‘Con i nostri soldi facciamo quello che ci pare. Ma non sono soldi loro; sono dei contribuentì”) ritorna a sparare a zero scatenando un vespaio di polemiche.
Molti magistrati ne prendono le distanze. Un fronte politico bipartisan (Pd, Fi, Lega, Ap) lo attacca.
La stupida (e corrotta) destra italiana compresa.
Il j’accuse di Davigo.
Parlando all’università  di Pisa, Davigo ha detto: “Per un paio di decenni l’attività  di
questo paese non è stata quella di contrastare la corruzione ma i processi sulla corruzione. Questo è stato un messaggio fortissimo”.
“Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze – ha aggiunto – equivale a dire che devono stare zitti”.
“La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni enormi”. “La corruzione è un reato particolarmente segreto, occulto, non si fa davanti a testimoni, è noto solo a corrotti e corruttori, non viene quasi mai denunciato. È un reato a cifra nera. È un reato seriale. Per questo è necessario premiare chi parla”
Le dichiarazioni di Davigo hanno spaccato il mondo della magistratura.
Critico il vicepresidente del Consiglio Superiore della magistratura Giovanni Legnini: “Le parole del presidente Anm – ha detto – rischiano di alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno.
Da Davigo prende le distanze anche l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara (“Non alimentare scontro con la politica. No a generalizzazioni”).
Gli ex magistrati, ora politici.
Davigo non ha risparmiato bordate anche nei confronti dei suoi colleghi che si sono dati alla politica. “I magistrati – ha dichiarato – non dovrebbero mai fare politica. Sovente sono pessimi politici”.
Tra i suoi ex colleghi parlamentari, alcuni gli hanno dato contro, altri lo hanno appoggiato. Tra i critici, Donatella Ferrante, pd, presidente della commissione Giustizia della Camera (“Uno scontro fino a se stesso, un pregiudizio verso una intera classe. Auspico una presa di posizione da parte della Giunta dell’Anm”).
E il senatore dem Felice Casson (“Da Davigo una ruvidezza, i politici rubano, ma è un errore generalizzare”).
Tra chi condivide il suo pensiero, il deputato di sc Stefano Dambruoso: “Condivido l’allarme di Davigo, soprattutto per la politica locale”.
Gli attacchi bipartisan.
Duro il presidente del Pd e commissario del partito a Roma, Matteo Orfini: “Le classi dirigenti dovrebbero aiutare a distinguere, a far capire le differenze ai cittadini e non a generalizzare come si fa al bar”.
Il deputato di Fi Luca Squeri commenta: “Generalizzazione populista”. Matteo Salvini, leader del Carroccio: “Non può permettersi di generalizzare”. Fabrizio Cicchitto, Ap: “Vuole alzare la tensione al massimo”. “È incendiario e contradditorio”, taglia corto Luca D’alessandro, di Ala.
M5s e Si fanno quadrato.
Sostengono Davigo M5s e Si. Luigi Di Maio, del direttorio 5Stelle: “Solidarietà  a Davigo per gli attacchi che sta ricevendo. Invece di attaccare uno dei simboli dell’inchiesta Mani Pulite, i partiti dovrebbero guardarsi in casa loro e fare pulizia”. Alfredo D’Attorre, dell’esecutivo nazionale di Sinistra Italiana, dice: “Colpisce davvero che i dirigenti del   Partito Democratico   reagiscano all’intervista di Davigo con gli stessi toni e argomenti che un tempo caratterizzavano il centrodestra e che oggi non a caso vengono riproposti da Cicchitto e dai Verdiniani”.

(da “La Repubblica”)

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IL PETROLIO DELLA IPLOM E’ ARRIVATO IN SPIAGGIA, LA REGIONE SCOPRE L’ACQUA CALDA: “L’IPLOM NON SI IMPEGNA”

Aprile 22nd, 2016 Riccardo Fucile

PETROLIO GIA’ AL LARGO DI VARAZZE E LOANO: MENO MALE CHE ERA TUTTO SOTTO CONTROLLO

È stata avvistata a Varazze. A Pegli ha inquinato 300 metri del Lungomare. È una chiazza oleosa, che dopo aver superato le barriere alla foce del Polcevera, vaga in mare, spinta dalle correnti.
Va verso ponente, ha già  percorso undici miglia fuori controllo, il rischio è che arrivi sulle coste della Francia, innescando un incidente internazionale.
La pioggia prevista domani fa paura, ma soprattutto è il mare l’incognita.
Arpal prevede che sarà  molto mosso e questo significa un pericolo: che le panne si spostino, lasciando al greggio una facile via di fuga.
Parte la bonifica della spiaggia di Pegli inquinata dalle chiazze di greggio arrivate dal mare.
“Genova è stata colpita da un disastro ambientale serio. Il petrolio è arrivato in mare perchè la predisposizione di barriere probabilmente non è stata veloce come avrebbe potuto essere, quindi Iplom deve proseguire il lavoro di messa in sicurezza in stato di emergenza”.
Lo dichiara il sindaco Marco Doria intervistato dall’emittente Telenord a proposito dello sversamento di greggio dall’oleodotto Iplom a causa della rottura di una tubatura. “Il referendum sulle trivelle c’entra con l’incidente genovese, è qualcosa di più di una coincidenza, è la dimostrazione che il tema del controllo di impianti di attività  a rischio è centrale nella nostra società , non possiamo metterlo nell’angolo”, ha aggiunto Doria annunciando che “il Comune, in caso di procedimento penale per lo sversamento di greggio dall’oleodotto Iplom si costituirà  parte civile e si impegnerà  affinchè il territorio della Valpolcevera sia risarcito nel modo più completo”.
“Iplom si impegni”.
La Regione chiede più impegno a Iplom, dopo che una patina iridescente si è spiaggiata al porticciolo. Dopo tre ore in cui è stato analizzato come si sta muovendo la macchina operativa (in cui è emerso che a monte e alla foce il petrolio è “scappato”, riuscendo a passare muretti e panne), è stato lanciato l’ultimatum all’azienda di Busalla.
Se entro oggi pomeriggio Iplom non porterà  al tavolo tecnico risultati migliori, la Regione prenderà  in mano le redini della situazione, chiedendo un intervento della protezione civile nazionale per un maggiore spiegamento di mezzi. Poi agirà  in danno. Parallelamente si muove l’inchiesta giudiziaria.
Accompagnata dalla Capitaneria, la polizia municipale del reparto Ambiente prima che salpasse è salita sulla nave russa che domenica sera stava pompando il greggio nella tubazione. Gli inquirenti hanno esaminato tempi e orari, concentrandosi sui secondi in cui c’è stato il calo di pressione che segnalava la fuoriuscita. Il sostituto procuratore Walter Cotugno ha effettuato un lungo sopralluogo con la squadra di polizia giudiziaria dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente partendo dalla prima parte della conduttura nel porto petroli di Multedo fino a Fegino.
I tecnici hanno effettuato le misurazioni con un laser scanner lungo il fianco della collina. Serviranno per quantificare quanta terra è stata smossa, se la frana sia avvenuta prima dell’incidente o se è causata dall’esplosione.
Con il magistrato c’era il geologo Alfonso Bellini. Un nuovo incarico, avendo investigato per conto della procura sulle alluvioni di Sestri Ponente, quelle causate dalle esondazioni del Bisagno e recentemente per la frana di Arenzano.
Ha avuto il compito di stabilire se la rottura del tubo è stata provocata da uno smottamento. L’altra ipotesi è che ci sia stato un cedimento strutturale. Sarà  affiancato da un ingegnere impiantistico e da uno esperto in materiali.
La squadra di pg ha anche iniziato a sentire le prime persone informate dei fatti, tecnici e operai tra quelli presenti domenica sera per “fotografare” le fasi di emergenza e quello che è stato fatto per affrontarla.

(da “La Repubblica”)

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REGENI, INTERVISTA A AMR DARRAG: “GIULIO VITTIMA DEI SERVIZI SEGRETI EGIZIANI”

Aprile 22nd, 2016 Riccardo Fucile

PARLA L’UNICO ANCORA LIBERO DEL DIRETTIVO DEL PARTITO DI OPPOSIZIONE

“Penso che l’anonimo, sì, sia credibile. Penso sia andata più o meno come racconta, perchè quei dettagli sulle torture, sul corpo di Giulio Regeni, che cita, tipo le bruciature di sigaretta sul collo, non erano stati resi noti. Ma soprattutto, l’anonimo non è poi così anonimo. A leggere attentamente le sue parole, a leggere tra le righe, è abbastanza chiaro chi sia. E questo spiega molto”.
Amr Darrag sa bene di cosa parla. E non solo perchè in Egitto, fino a tre anni fa, era tra gli uomini al potere, presidente dell’Assemblea costituente e poi ministro, e conosce il Paese dall’interno, ma perchè conosce dall’interno anche i suoi apparati di sicurezza: parla da Istanbul, in cui vive in esilio.
Oggi guida Giustizia e Libertà , il partito dei Fratelli Musulmani. Del suo direttivo, è il solo ancora libero. Gli altri sono stati tutti condannati a morte.
L’anonimo dice che Giulio Regeni era finito nel mirino della National Security. Che è stato fermato, interrogato e torturato, e poi, a fronte del suo silenzio, trasferito alla Military Intelligence. E qui ancora torturato. Fino alla morte.
In realtà , dice molto di più. Fa più volte riferimento a delle telefonate, telefonate tra agenti egiziani, ma anche di italiani che vogliono notizie di Regeni. E delle tre forze di sicurezza, solo una per legge ha accesso alle intercettazioni: è la General Intelligence. A cui dunque è molto probabile che appartenga l’anonimo. E a cui appartiene ora anche Mahmoud Al-Sisi. Piazzato lì dal padre nel tentativo di controllarla.
La General Intelligence è quella che è stata a lungo guidata da Omar Suleiman?
Esatto, dal numero due di Mubarak. Dall’uomo che più di tutti si aspettava che diventasse diventare presidente. Per questo hanno sostenuto la rivoluzione: non perchè volessero la democrazia, ma perchè altrimenti il successore di Mubarak, ormai era chiaro, sarebbe stato suo figlio Gamal. Volevano più potere, non meno. Tutto l’Egitto di oggi può essere letto così.
Così come?
Come uno scontro per il potere tra le tre forze di sicurezza. La General Intelligence, che è l’intelligence civile, è la più importante, ed è anche la più decisa contro Al-Sisi: che era il capo della Military Intelligence. La terza, la National Security, ha invece ruoli più operativi. Un po’ come l’Fbi. E sono divise su tutto. Ora, per esempio, sono ai ferri corti su Hamas. La General Intelligence ha invitato una delegazione di Hamas con tutti gli onori di una delegazione di Stato: ma secondo la National Security, Hamas ha ucciso il procuratore del Cairo, che si occupava dei processi ai Fratelli Musulmani.
Perchè le due forze di sicurezza più vicine ad Al-Sisi avrebbero ucciso uno straniero, cosa che avrebbe ovviamente causato una crisi internazionale?
Ma Giulio Regeni non è stato ucciso nonostante fosse uno straniero: è stato ucciso proprio perchè era uno straniero. Perchè era uno straniero e studiava i sindacati. In Egitto, come in tutto il Medio Oriente, le teorie complottiste sono realmente diffuse. So che per voi europei è difficile da immaginare, ma qui tutto è ricondotto a una cospirazione straniera. Inclusa la rivoluzione: che ancora oggi è vista come una cospirazione americana. E da chi è iniziata la rivoluzione? Non certo da Facebook.
È iniziata dai sindacati.
Dagli operai del Delta del Nilo. I sindacati sono l’unica forza veramente temuta dal regime. Sono capaci di mobilitare l’intero Egitto, e in più, a differenza di noi islamisti, non possono essere tacciati di terrorismo. Sì, secondo me hanno davvero fermato Regeni per capire chi fosse e con chi era in contatto.
Non l’hanno solo fermato. L’hanno ucciso.
Era già  capitato. Avevano già  ucciso un francese, nel 2013, un professore, Eric Lang. E comunque non credo che la morte di Regeni sia stata voluta. Nel senso: l’obiettivo era strappargli informazioni, non assassinarlo.   A lei sembrerà  strano perchè ragiona come un’europea. Questi non vengono da un’accademia. Non sono come i vostri carabinieri. Ma ha visto gli investigatori arrivati a Roma? Senza carte, senza niente? Dicono che rientrano in hotel a prepararle, e dopo dieci minuti escono per un giro di shopping. Stiamo parlando di Al-Sisi: uno che ha detto che l’esercito ha scoperto la cura per l’Aids.
Ma se l’hanno ucciso senza volerlo, non potevano fare sparire il cadavere? Nessuno avrebbe mai saputo più niente di Giulio Regeni.
Probabilmente erano convinti di farlo sparire così. Scaricandolo in un fosso. Probabile che la General Intelligence sia venuta a conoscenza dell’omicidio e abbia deciso di sfruttarlo. Non a caso, quelle informazioni non vi sono state vendute a caro prezzo. L’anonimo vi ha detto tutto su Facebook.
E perchè allora non consegnare queste famose intercettazioni?
Perchè altrimenti il caso si chiude. E il loro obiettivo non è certo la verità  per Giulio Regeni: il loro obiettivo è avere strumenti di pressione nella scontro interno. Con questo tipo di regimi, onestamente, è una storia che si ripete: pensate di usarli e non capite che invece vi usano.
Ma perchè allora non è Al-Sisi a chiudere il caso, consegnando all’Italia un colpevole. Perchè non accontentarci arrestando uno degli esecutori, uno qualsiasi? Un pesce piccolo. E archiviando il caso.
Perchè una volta estradato in Italia, quello tirerebbe tutti dentro. E poi, posso dirlo? Sono degli incapaci, ma su una cosa non si sbagliavano: pensavano che l’Italia, in nome degli interessi comuni con l’Egitto, non avrebbe insistito troppo per avere la verità . E in effetti, se non fosse stato per la madre di Giulio Regeni, per quelle sue parole così forti, così lucide, non saremmo qui a parlarne. L’avreste al più considerato come un incidente, un singolo episodio. Una questione giudiziaria invece che politica. Avreste indagato sul chi, sul come. Non sul perchè. E Al-Sisi sarebbe rimasto quel great leader di cui il vostro primo ministro, in un’intervista ad al-Jazeera, si è detto orgoglioso di essere amico.
In effetti, l’Italia ha richiamato a Roma il suo ambasciatore dopo due mesi. Perchè ha esitato così tanto? Cosa difende Renzi, quando difende Al-Sisi?
Il problema non è solo l’Italia, in realtà . Giulio Regeni studiava a Cambridge, la vostra generazione è una generazione di cittadini europei: eppure la Gran Bretagna non ha detto una parola. Probabilmente perchè British Petroleum ha firmato con Al-Sisi un contratto in base a cui l’Egitto riceve il petrolio di cui ha bisogno, ma tutti i profitti finiscono a Londra. Tutti. Il 100 per cento. E la Francia? In mezzo a tutto questo, Hollande è andato al Cairo a vendere armi. Degli aerei di cui cercava di sbarazzarsi da anni. Dei catorci.
L’Eni ha da poco scoperto uno sterminato giacimento di gas al largo di Alessandria. Il più vasto del Mediterraneo. Stiamo difendendo il gas?
Gli affari giocano sempre il loro ruolo. E soprattutto nel caso dell’Egitto: perchè abbiamo parlato delle forze di sicurezza, ma oltre a loro, e anzi, sopra di loro, c’è l’esercito. Che non è l’esercito a cui siete abituati voi. I generali sono arrivati al potere con Nasser, e ancora oggi, ufficialmente, controllano circa il 40 percento dell’economia. Più le tutte le società  e le imprese guidate da militari fuori servizio. I trasporti, le infrastrutture, le comunicazioni, l’edilizia… Tutto è gestito dall’esercito. L’Egitto è dell’esercito. Letteralmente: la terra non abitata è di sua proprietà , un po’ come in Inghilterra è di proprietà  della regina. Ogni volta che si fanno affari con l’Egitto, in realtà  si fanno affari con l’esercito. Non si investe in un Paese, ma in un regime.
E quindi c’è una questione Eni?
No, direi che è un accordo normale. Squilibrato, come tutti gli accordi con le multinazionali. Ma direi che nel caso dell’Italia, la ragione di fondo per cui difende Al-Sisi è politica. E si chiama Libia. Il paese che è la vostra priorità . La nostra frontiera con la Libia è completamente aperta al passaggio di armi e miliziani. E il nostro esercito sostiene il generale Haftar, l’uomo che sta cercando di minare il piano di pace delle Nazioni Unite. Sostenete Al-Sisi perchè avete bisogno che Al-Sisi non sostenga Haftar.
E il mare, tra l’altro, è aperto al passaggio dei migranti. All’improvviso, sono ricominciate le partenze dall’Egitto: solo una coincidenza?
Diciamo che chi pattuglia le nostre coste può decidere di girarsi dall’altra parte, e non vedere. Ma il problema è un altro. Mubarak, bene o male, controllava lo Stato. Al-Sisi no. Il problema è questo. L’Egitto di al-Sisi non solo è un paese alla fame, ma è un paese in cui provi a campare vendendo tè per strada, e un poliziotto ti spara perchè sostiene che il tè costa troppo. Muori così, in Egitto: per un tè da 10 centesimi. Il problema non è fermare chi emigra, ma fermare le ragioni per cui si emigra.

Francesca Borri
(da “il Fatto Quotidiano”)

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A SALVINI NON PIACCIONO LE LISTE PULITE

Aprile 22nd, 2016 Riccardo Fucile

ALLA DOMANDA “CHIEDERETE IL CERTIFICATO ANTIMAFIA COME IL PD?” RISPONDE SPREZZANTE: “ORA VADO PURE ALL’ONU”

Matteo Salvini all’inaugurazione della sede romana di ‘Noi con Salvini’ a piazzale Flaminio, torna sull’infinita querelle che ruota intorno alla coalizione che si contrappone a Pd e M5S per la corsa a sindaco di Roma.
Lo fa coi soliti toni arroganti, come se a Roma contasse qualcosa di più del 3% cui è accreditata la sua lista che prima doveva essere “Noi con Salvini” e che ora pare essere “Lega- Noi con Salvini”.
Poi Salvini risponde in modo impreciso sull’impegno chiesto dai giornalisti, durante la conferenza stampa, se intende presentare le liste elettorali al vaglio preventivo della commissione Antimafia, così come fatto dal democratico Roberto Giachetti: “Andremo tutti in processione da Cantone” (Presidente dell’Autorità  nazionale Anticorruzione, ndr) e poi andremo a chiedere anche il certificato all’Onu“.
Evidentemente i precedenti romani non lo hanno indotto a un minimo di prudenza, soprattutto necessaria per chi ricicla vecchi arnesi nel centro sud, passati da numerosi altri partiti.
Infine, dopo il taglio del nastro accanto ad Irene Pivetti, capolista di ‘Noi con Salvini’ a Roma, sale a bordo della sua macchina insieme alla scorta e straccia un rosso facendosi insultare dai pedoni.

(da agenzie)

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BERLUSCONI, CONTATTI IN CORSO CON MARCHINI PER UN FRONTE COMUNE

Aprile 22nd, 2016 Riccardo Fucile

SI LAVORA A UN TICKET MARCHINI-BERTOLASO PER UN POLO MODERATO FUTURO…INCONTRO NOTTURNO BERLUSCONI-MARCHINI

Una campagna elettorale anomala, dai contorni ancora sfumati ma nella quale, forse per la prima volta, tutti i protagonisti in campo si giocano il proprio futuro: la destra xenofoba targata Meloni-Salvini, il Pd «rottamato», i 5 Stelle promossi ad aspiranti governatori, la Sinistra per la prima volta in solitaria.
E ovviamente i due centri moderati, Forza Italia e Alfio Marchini, quelli insomma in grado di fare la differenza tra sconfitta e vittoria.
Uno spiraglio aperto per una convergenza del Cav sul civico Alfio Marchini ancora c’è. Nonostante le parole del candidato azzurro Guido Bertolaso («vado avanti»), la dichiarazione ufficiale di Silvio Berlusconi, l’unica in grado di porre fine alla desolante querelle, non è arrivata.
I contatti con l’ingegnere romano, che ricordiamo essere stata la prima scelta del Cav per la tornata capitolina, sarebbero tuttora in corso.
Quella di convergere su Marchini, appoggiato da Ncd e fittiani, sarebbe una scelta – fanno riflettere dall’interno – sul futuro, verso la nascita di quel polo moderato e riformatore in grado di determinare partite ben più ampie rispetto a quella romana. Non solo.
Se il cuore rosso della civica Marchini si sfumasse di azzurro, la possibilità  di superare i «parenti serpenti» della destra salirebbe sensibilmente, portando magari il polo dei moderati a quel 20% che sul piatto delle trattative nazionali assumerebbe un peso decisamente diverso rispetto ad oggi.
Anche perchè che la Meloni superi il 20% è tutto da vedere.
Mentre il Cav riflette, una delle ipotesi tornate prepotentemente sul tavolo è di proporre Bertolaso «city manager» con Marchini.
Un tandem in grado di convincere un elettorato assai confuso e di riproporre quella leadership del mondo liberale altrimenti compromessa.
L’ingegnere sta a guardare. Anche per lui, tuttavia, il gioco si fa duro. Se nel 2013 poteva contare sulla novità , adesso deve consolidare un progetto politico di natura civica ancora di difficile collocazione.

(da agenzie)

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SONDAGGI TECNE’ E IPR: SE FORZA ITALIA APPOGGIA MARCHINI VA AL BALLOTTAGGIO CON LA RAGGI

Aprile 22nd, 2016 Riccardo Fucile

SE LE COSE RESTANO COSI’, LA MELONI FA SOLO TERZA DIETRO GIACHETTI… A MILANO TESTA A TESTA SALA-PARISI, A TORINO IN TESTA FASSINO, A NAPOLI DE MAGISTRIS

I sondaggi elettorali condotti dagli istituti Tecnè e Ipr danno nuovi elementi di valutazione.
Vediamo le città  principali chiamate a rinnovare i consigli comunali.
ROMA
Ci sono tre scenari possibili: se rimangono i candidati attuali si afferma al primo turno la Raggi con il 26-27%, secondo Giachetti con il 21%, terza la Meloni al 19,5%. Tagliati fuori Bertolaso e Marchini.
Se Forza Italia converge su Marchini (magari in ticket con Bertolaso) cambia tutto: la Raggi resta al 27%, Marchini è secondo con il 23% e scavalca sia Giachetti che la Meloni, fermi alle loro percentuali precedenti.
Se Forza Italia convergesse sulla Meloni, Raggi e Meloni sarebbero quasi alla pari al 26%-27%.
Al ballottaggio la Raggi vincerebbe sia su Giachetti che sulla Meloni, perderebbe da Marchini.
MILANO
Sala e Parisi sono praticamente alla pari, intorno al 37-38% e andrebbero al ballottaggio.
In questo caso è dato leggermente favorito Sala (51 a 49%)
TORINO
Fassino in testa con il 45% contro il 30% di Appendino (M5S). Al ballottaggio vincerebbe Fassino 52 a 48%
NAPOLI
In testa De Magistris 32% su Lettieri 29%, al ballottaggio 52% per l’attuale sindaco contro il 48% per lo sfidante.

(da agenzie)

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“UNA VOLTA NEL M5S C’ERA UNA COMUNITA’, ORA E’ SOLO GUERRA DI POTERE”

Aprile 22nd, 2016 Riccardo Fucile

PARLA CANESTRARI, EX BRACCIO DESTRO DI GRILLO E CASALEGGIO… UN RITRATTO REALE E IMPIETOSO DI COSA E’ DIVENTATO IL MOVIMENTO

Grillo lo ha definito “la mente grigia”. E, in effetti, Marco Canestrari era il braccio destro di Casaleggio e dello stesso comico genovese.
“Sono stato per anni l’uomo che seguiva Beppe Grillo ovunque, dal colloquio con l’ambasciatore tedesco a quello con il presidente del Senato. Ho lavorato anni alla Casaleggio accanto a Gianroberto, ero il suo inviato agli incontri nazionali dei meet up, la cinghia di trasmissione tra loro, le cellule originarie del Movimento, e lui. Solo io e altre due persone sappiamo davvero cosa volessero Roberto e Beppe”.
E ora, a 33 anni, Canestrari fa il programmatore informatico a Londra.
A La Stampa ha rilasciato un’intervista, contravvenendo alla “regola del silenzio” imposta da Casaleggio
All’inizio eravamo una comunità . Roberto amava quella parola. Ora non più. Era il mio capo, lo ricordo con molto affetto e professionalmente devo tutto a lui. Credeva davvero nel suo progetto, non aveva secondi fini. Ma le cose sono andate diversamente.
Il Movimento 5 Stelle è totalmente cambiato rispetto alle origini. E Canestrari è pessimista sul fatto che il non-partito possa cambiare davvero l’Italia.
Il Movimento nel 2013 è stato votato per nove milioni di motivi diversi, nessuno dei quali era ritrovarsi un gruppo parlamentare impegnato in una guerra per bande e a coprire le proprie bugie, a cominciare dagli stili di vita, tutt’altro che francescani.
È nato denunciando i politici che usavano la querela per minacciare i giornalisti, e ora spaccia robaccia sui siti legati al blog, e alimenta cultura della minaccia e diffamazione seriale in rete. Sono diventati la voce del nuovo oscurantismo. Come gli antivaccinisti che attirano i clic sui siti. Al ministero della salute ci mandiamo un antivaccinista? È un sistema che allontana le competenze e attira i ciarlatani
Il programmatore informatico non risparmia critiche al direttorio, accusato di essere usato “per fini personali e per acquisire potere”
L’ascesa di Di Maio, che Grillo aveva cercato di fermare dicendo ‘non ci faremo imporre il candidato premier dalle tv’, è speculare all’ascesa di Renzi e coltiva di per sè il germe del tradimento.
Davvero qualcuno pensa che l’onorevole Di Maio smetterà  di far politica a 37 anni, dopo due mandati? Hanno già  creato un patto e una casta di intoccabili: tutto quello contro cui Roberto ci spingeva a lottare
L’uso della tv per la rincorsa del consenso personale e non per il Movimento.
Di Battista al Processo del lunedì. Fico che da Formigli dice che il limite del doppio mandato non si tocca, cioè parla a Di Maio anzichè ai cittadini. Giravolte politiche impressionanti: l’assessore di Livorno indagato, a cui non si chiedono le dimissioni
Dopo la morte di Casaleggio, l’eredità  è stata raccolta da Davide, suo figlio. Canestrari, tuttavia, sottolinea che “Davide non ha la passione per la politica”.
Davide non ha nessuna passione politica, a differenza del padre. Roberto aveva costruito il M5s su una suggestione culturale di fondo: Il ciclo dei robot di Asimov. Pensava alle regole del Movimento come alle tre regole della robotica di Asimov: noi mettiamo solo delle regole, non elementi politici, diceva. All’interno di quelle regole poi si sviluppa tutta la dialettica. Davide invece vuole solo raggiungere gli obiettivi che si d�
Il blog continuerà  a essere gestito dalla Casaleggio, proprio da Davide, e non da Di Maio. E questo – sottolinea Canestrari – “è il punto politicamente rilevante”. E Grillo cosa farà ?
Beppe avrà  un ruolo decisivo i prossimi mesi. So che di recente si chiede anche lui se la nostra gente volesse tutto questo. È molto dubbioso lui per primo sul M5S di oggi. Gli manderei un consiglio: pensa bene di chi fidarti, guarda il blog adesso, pieno di pubblicità , ricordati di quando mi chiedevi di convincere Roberto a togliere tutti i bottoni “compra” che non ti piacevano. Quello non è piu il Blog, è un asset aziendale. E nessuno voleva un Movimento così.

(da “Huffingtonpost“)

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