Maggio 1st, 2016 Riccardo Fucile
A GIUGNO INIZIERA’ IL PROCESSO A LORO CARICO PER PECULATO, MA HANNO ANCORA IL CORAGGIO DI MINACCIARE LA CRISI IN LIGURIA
Saranno guai per Toti se appoggerà il candidato sindaco Alfio Marchini, anzichè Giorgia Meloni.
Questo il senso dell’avvertimento che gli è stato fatto pervenire dal segretario regionale ligure della Lega, nonchè assessore, Edoardo Rixi e dal consigliere regionale di Fratelli d’Italia Matteo Rosso.
Questo il testo dell’esilarante comunicato: “Toti sa bene che Giorgia Meloni, sostenuta da Matteo Salvini, è la migliore della rosa (lo hanno deciso loro n.d.r.). Visto il ruolo di presidente di una coalizione di centrodestra in Liguria, riteniamo che non debba esprimersi nell’appoggio a candidature romane non condivise dagli stessi partiti nella nostra regione e che potrebbero mettere in discussione l’attuale condivisione della maggioranza in Liguria”.
Poi l’autogol classico di due pippe: “Da parte nostra, ribadiamo il pieno sostegno alla candidatura a sindaco di Roma di Giorgia Meloni che rappresenta la svolta vera e vincente per il futuro della Capitale”.
Ovvero : Toti non può dire che sostiene Marchini “per rispetto alla coalizione che regge la Liguria”, ma loro invece possono pur facendo parte della stessa coalizione.
Senza contare un dettaglio: mentre a Toti forse qualcuno potrebbe anche chiedere il suo parere su Roma, loro due non li considera nessuno, quindi il problema non si pone.
A dir la verità qualcuno a loro pensa: il tribunale che a giugno dovrà giudicarli entrambi per peculato nell’inchiesta sulle “spese pazze” in Regione ( qualcosina come 80.000 euro di spese taroccate).
Una ragione di più per tacere, riservandosi le parole per rispondere presto ai giudici.
Comunque “don Abbondio” Toti si è subito premurato di rassicurare i due “bravi”: “le vicende politiche di queste ore non influenzeranno in alcun modo il patto di governo che ci lega ai liguri. Il nostro compito è far ripartire la nostra regione che deve rimanere al riparo da ogni fibrillazione”.
La commedia è finita, le poltrone e gli stipendi sono salvi (per ora).
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Maggio 1st, 2016 Riccardo Fucile
UN PROGETTO SULL’ACCOGLIENZA PER GUARIRE DALLE NOSTRE PAURE
O sono ciarlatani gli scienziati che studiano la demografia o sono ciarlatani coloro che buttano lì
formulette di soluzioni facili facili.
«Se i Paesi ricchi “blindassero” le loro frontiere», scrivono nel saggio «Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’immigrazione» (Laterza), Stefano Allievi e Gianpiero Dalla Zuanna citando i dati ufficiali della Population Division delle Nazioni Unite, «nel giro di vent’anni i loro abitanti in età lavorativa passerebbero da 753 a 664 milioni».
Ottantanove milioni in meno.
Più o meno la popolazione in età lavorativa della Germania e dell’Italia messe insieme.
Nel nostro specifico, «nei prossimi vent’anni, per mantenere costante la popolazione in età lavorativa (20-64), ogni anno dovranno entrare in Italia, a saldo, 325 mila potenziali lavoratori, un numero vicino a quelli effettivamente entrati nel ventennio precedente. Altrimenti, nel giro di appena vent’anni i potenziali lavoratori caleranno da 36 a 29 milioni».
Con risultati, dalla produzione industriale all’equilibrio delle pensioni, disastrosi.
Vale anche per l’Austria che vuole chiudere il Brennero: senza nuovi immigrati nel 2035 la popolazione in età 20-64 calerebbe lì del 16%: da 5,3 a 4,4 milioni.
Con quel che ne consegue.
Semplice, barricarsi: ma poi? Chi vuole può pure maledire i tempi, ma poi?
E allora, ringhierà qualcuno, «dobbiamo prenderci tutti quelli che arrivano?».
Ma niente affatto. Sarebbe impossibile perfino se, per paradosso, lo accettassimo.
Se fossero i Paesi poveri a chiudere di colpo le loro frontiere infatti «nel giro di vent’anni la loro popolazione in età 20-64 aumenterebbe di quasi 850 milioni di unità , ossia più di 42 milioni l’anno». Brividi.
Nessuno ha la formula magica per risolvere questo problema epocale.
Nessuno può ricavarla dalla storia. Gli uomini si spostano, come spiega il filosofo ed evoluzionista Telmo Pievani, «da quasi due milioni di anni».
Ma mai prima c’era stato uno tsunami demografico di questo genere.
Questo è il nodo: se possiamo tenere i nervi saldi e prendere atto con realismo della difficoltà di individuare qui e subito soluzioni salvifiche, un po’ come quando la scienza brancola dubbiosa davanti a nuovi virus, è però impossibile rassegnarci a certi andazzi. Di qua il tamponamento quotidiano e affannoso delle sole emergenze con la distribuzione dei profughi a questo o quell’albergatore (magari senza scrupoli) senza un progetto di lungo respiro.
Di là i barriti contro gli immigrati in fuga dalla fame o dalle guerre con l’incitamento a fermare l’immensa ondata stendendo reti e filo spinato.
E non uno straccio di statista che rassicuri le nostre società spaventate mostrando di essere all’altezza della biblica sfida.
Dice un rapporto Onu che «chi lascia un Paese più povero per uno più ricco vede in media un incremento pari a 15 volte nel reddito e una diminuzione pari a 16 volte nella mortalità infantile»: chiunque di noi, al loro posto, sarebbe disposto a giocarsi la pelle per «catà r fortuna», come dicevano i nostri nonni emigrati veneti.
Anche se, Dio non voglia, ci sparassero addosso. Tanto più sapendo che in Europa e in Italia, grazie a una rete familiare e a un welfare che comunque garantisce quel minimo vitale altrove impensabile, c’è ancora spazio per chi è pronto a fare i «ddd jobs», i lavori «dirty, dangerous and demeaning» (sporchi, pericolosi e umilianti) rifiutati da chi si aspettava di meglio.
Non basterebbe neppure una miracolosa accelerazione nel futuro: nella California di Google e della Apple, ricordano ancora Allievi e Dalla Zuanna, «ogni due nuovi posti di lavoro high tech ne vengono generati cinque a bassa professionalità : qualcuno dovrà pure stirare le camicie dei benestanti, curare i loro giardini, prendersi cura dei loro anziani». Altro che i corsi di formazione per baristi acrobatici.
Come ne usciamo? Soluzioni rapide «chiavi in mano», a dispetto di tutti i demagoghi, non ci sono.
Ci vorranno tempo, pazienza, fermezza, lungimiranza. Alcune cose tuttavia, nel caos, sono chiare.
Primo punto, nessuno, se può vivere dov’è nato, affronta le spese, le fatiche, i rischi e le umiliazioni di certi viaggi: occorre dunque «aiutarli a casa loro» sul serio, non con le ipocrisie, gli oboli (il G8 dell’Aquila diede all’Africa i 13 millesimi dei fondi dati alle banche per la crisi), i doni ai dittatori o la cooperazione internazionale degli anni Ottanta che finì travolta dagli scandali (indimenticabili i silos veronesi sciolti sotto il sole sudanese) dopo che Gianni De Michelis aveva ammesso alla Camera che il 97% dei fondi al Terzo mondo finiva (spesso a trattativa privata) ad aziende italiane che volevano commesse all’estero.
Mai più. Meglio piuttosto cambiare le regole del commercio internazionale che per proteggere lo status quo dell’Occidente inchiodano i Paesi in via di sviluppo a non crescere.
Citiamo Kofi Annan: «Gli agricoltori dei Paesi poveri non devono solo competere con le sovvenzioni ai prodotti alimentari d’esportazione, ma devono anche superare grandi ostacoli a livello di importazione. (…) Le tariffe doganali Ue sui prodotti della carne raggiungono punte pari all’826%. Quanto più valore i Paesi in via di sviluppo aggiungono ai loro prodotti, trasformandoli, tanto più aumentano i dazi».
Qualche anno dopo, la situazione non è poi diversa.
Secondo: basta coi traffici di armamenti verso Paesi in guerra.
Quanti eritrei che arrivano coi barconi scappano da casa loro dopo aver provato sui loro villaggi e le loro famiglie la «bontà » delle armi vendute al regime di Isaias Afewerki anche da aziende italiane ed europee, come dimostrò l’Espresso , nonostante l’embargo? Pretendiamo che restino a casa loro e insieme che si svenino a comprare le nostre armi?
Terzo: parallelamente a un percorso accelerato per mettere gli italiani in condizione di fare più figli sempre più indispensabili, a partire da una ripresa vera del ruolo educativo della scuola anche su questo fronte, è urgente arrivare finalmente alle nuove norme sulla cittadinanza.
Forse ci vorranno decenni per realizzare il sogno di Mameli («Di fonderci insieme già l’ora suonò») allargato a tanti nuovi italiani che vogliono sentirsi italiani, ma certo non è facile pretendere che sia un bravo cittadino chi cittadino fatica a diventare.
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 1st, 2016 Riccardo Fucile
LA GENTE E’ STANCA DEL “CAPORALATO” DELLA POLITICA: MARCHINI E LETTIERI HANNO UN APPROCCIO PRAGMATICO E NON IDEOLOGICO PER IL GOVERNO DELLE LORO CITTA’
Il “civismo” di ‪Marchini‬, a Roma, e di ‪Lettieri‬, a Napoli, sta dimostrando che il “popolo sovrano”, che le persone, hanno sì voglia “di esserci” e “di partecipare”, ma in una logica del tutto diversa e del tutto nuova rispetto al vetusto schema partitico…
La politica è partecipazione. Voglia di sognare. Capacità di cavalcare le necessità della storia e delle delle idee appassionate, irriverenti, irriguardose e lungimiranti.
Di plasmare le anime ed i sentimenti, razionali ed irrazionali, per convogliarli li verso il futuro.
Di far diventare esse stesse, “domani”, palpabile e democraticamente rivoluzionario.
La gente è stanca del “caporalato della politica”; di quelli che si arrogano posizioni e (pseudo)poteri di veto.
Quelli che stanno là giusto perchè hanno qualche altro scopo da perseguire, non sempre propriamente nobile o di “alta visione” valoriale e programmatica…
Le persone vogliono partecipare. Vogliono diventare storia che si muove. Idee che camminano. Rediviva speranza.
Ma vogliono farlo in un modo del tutto diverso dal “populismo” lepenista o pentastellato.
Marchini e Lettieri potranno anche non piacere “ai più”, ma hanno l’indiscusso merito di essere rimasti al “loro posto”; di non essersi arresi all’esito delle ultime tornate amministrative per continuare una “battaglia” di aggregazione e partecipazione – finalmente – sviscerate dal basso.
E che la strada sia quella giusta lo dimostra la rincorsa dei vari partiti “d’area” nell’appoggiarli.
La politica si fa per vincere. Si fa per governare. Il tempo del “chi sia più dotato”, quelle mere discussioni accademiche è ampiamente passato.
Al nostro Paese, dalle grandi tradizioni e dalla grande storia, dalle grandi ricchezze e dalle immense potenzialità , serve una ventata di freschezza, sia dal punto di vista delle idee, che da quello propriamente metodologico.
La grande rivoluzione liberale non si fa “sulla carta” ma appassionando i cuori delle persone e volando alto, tutti insieme
E allora delle due l’una: o si imboccherà , finalmente, e fino in fondo, il nuovo sentiero tracciato dalla storia di un popolo che, anche se pallidamente, pare ridestarsi da un lungo letargo, oppure continueremo ad essere sistematicamente travolti, tutti, dallo sterile onanismo concettuale e metodologico fino ad oggi vissuto.
Se la destra ha un senso, esso riposa in chi crede nella libertà , nell’affrancazione dal socialismo e dalla massificazione delle coscienze…
Un futuro di libertà che, dopo mesi e mesi di sterili discussioni meramente accademiche, grazie al “civismo” di uomini che non si sono arresi, finalmente sembra prendere un po di quota…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Maggio 1st, 2016 Riccardo Fucile
LA PIAGA DEL LAVORO MINORILE: IL 16% DEI BAMBINI TRA I 5 E I 14 ANNI NEL MONDO COSTRETTI A LAVORARE
Per 150 milioni di bambini nel mondo, ovvero tre volte l’intera popolazione italiana, da festeggiare
non c’è davvero nulla: vivono in Paesi poveri e sottosviluppati, sono costretti a lavorare come schiavi per portare a casa pochi soldi che spesso non bastano neppure a garantire un pasto alla famiglia.
Per non parlare di quelli che vivono in balia di trafficanti e sfruttatori, quelli costretti ad imbracciare un fucile e a combattere per guerre di cui non capiscono nulla.
E’ per tutti loro che l’Unicef è sceso in piazza con l’iniziativa orchidea Unicef, una vendita di piante nelle principali città italiane – le location sono 1700 – per raccogliere fondi a sostegno dei progetti di tutela dell’infanzia violata.
I bambini-operai
Il lavoro minorile è purtroppo ancora una realtà fortemente presente in gran parte del mondo. Centocinquanta milioni di bambini tra i 5 e i 14 anni ne sono schiavi nei Paesi in via di sviluppo, circa il 16% di tutti i bambini e i ragazzi in quella fascia di età .
«E’ una delle piaghe più difficili da eliminare – commenta Giacomo Guerrera, presidente di Unicef Italia -. L’Unicef lotta contro lo sfruttamento del lavoro minorile con programmi di sensibilizzazione, prevenzione e reinserimento scolastico o lavorativo per bambini lavoratori, ex-bambini soldato e bambini di strada, che prevedono orari flessibili, metodologie didattiche partecipative e un apprendimento che contempla competenze utili per la vita quotidiana e per la formazione professionale. L’obiettivo è proteggere la vita di tutti i bambini vulnerabili, i più poveri tra i poveri, aiutandoli a costruire un futuro dignitoso».
I numeri
Nei Paesi meno sviluppati circa un bambino o ragazzo su quattro lavora – fa sapere l’Unicef – correndo seri rischi per la sua salute e il suo sviluppo.
La più alta percentuale di bambini lavoratori si trova in Africa Subsahariana (il 25% di quelli tra i 5 e i 14 anni); in Asia Meridionale il 12% dei bambini nella stessa fascia d’età svolge lavori potenzialmente dannosi. In Asia Meridionale sono 77 milioni i bambini lavoratori: in Pakistan l’88% dei bambini tra i 7 e i 14 anni che non vanno a scuola, lavora; in Bangladesh sono il 48%, in India il 40%.
(da “il Corriere della Sera“)
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Maggio 1st, 2016 Riccardo Fucile
“DAI FRATELLI D’ITALIA SOLO CHIACCHIERE, SARO’ CAPOLISTA DE “LA DESTRA” A ROMA, COME LA MUSSOLINI LO SARA’ DI “FORZA ITALIA”… “MARCHINI HA UN PASSATO DI SINISTRA? LO DICE SALVINI CHE ERA UN COMUNISTA PADANO?
“Concorrerò come capolista della Lista Storace nella coalizione che sosterrà Alfio Marchini. Guiderò la mia lista così come la Mussolini guiderà quella di Forza Italia”. Francesco Storace annuncia che alle elezioni comunali di Roma appoggerà la candidatura di Alfio Marchini a sindaco e quindi non è più in corsa per diventare il primo cittadino della Capitale.
Come è arrivato a questa decisione?
“Ho chiesto per mesi l’unità della coalizione, prima attraverso le primarie per far decidere agli elettori il candidato, poi attraverso incontri con i candidati sollecitati ma rifiutati, tranne l’unico atteggiamento rispettoso da parte dello stesso Marchini. Arrivati a due settimane fa ho proposto pubblicamente a Giorgia Meloni di accettare i nostri voti attraverso la Lista Storace, non ha risposto e da quello che leggiamo in questi giorni si capisce il veto che ha messo alla nostra partecipazione alla sua candidatura. Alfio Marchini ha sollecitato l’incontro con noi per un programma finalizzato alla città ed è evidente che chi ha chiesto l’unità di fronte al ritiro della candidatura di Guido Bertolaso non poteva far altro che dire di sì”, spiega Storace.
Il Centrodestra può ancora trovare l’unità ?
“E’ la mia speranza. Io spero che almeno al ballottaggio ci sia una ricomposizione, ma dai toni che sto vedendo e che usano gli esponenti di Fratelli d’Italia mi pare che loro puntino alla sconfitta. E d’altronde è comprensibile, dato che la Meloni aveva manifestato una simpatia per la Raggi”.
Anche Salvini in realtà …
“Il problema è la Meloni, Salvini a Roma ha un po’ meno voti”.
Che cosa imputa alla Meloni?
“Di aver rifiutato i nostri voti. Ogni tanto inventa qualche scusa strana. Io ho una storia di pulizia morale conclamata e vorrei capire come si permette di rimproverarmi alcunchè. Qual è il motivo per cui i miei candidati non possono stare a sostegno della Meloni? Non si capisce. C’è un generico riferimento a Fini e Alemanno che non sono candidati e non stanno facendo campagna elettorale. Tutte chiacchiere”.
Invece Salvini conta poco a Roma…
“Non voglio ironizzare pesanetemente su Salvini, mi ha meravigliato il suo rifiuto a far ragionare la Meloni. Da uno che dice che vuole essere il capo della coalizione mi aspetto che prenda l’iniziativa per far ragionare la Meloni, anche perchè Marchini – ricordo – è il candidato che ha preso più voti alle primarie della Lega”.
Marchini aveva detto tempo fa di sentirsi di Centrosinistra, non è imbarazzante per lei?
“Nel ’94 votammo un ricco imprenditore che si diceva socialista”.
Silvio Berlusconi…
“Esatto”.
Sì, ma craxiano…
“E che vuol dire? Sempre di Centrosinistra parliamo. Sempre dall’altra parte stava. E poi Marchini ha detto che ha sempre votato repubblicano, pure nel curricolum di Salvini c’è una militanza nei comunisti padani ma non è che per questo non gli rivolgiamo la parola”.
Se si votasse a febbraio per le Politiche, chi potrebbe essere il candidato premier del Centrodestra?
“Io adesso penso a chi fa il sindaco di Roma fra un mese. Quella è una partita politica, questa è una partita amministrativa che avrà sicuramente riflessi politici perchè se la sinistra perde per Renzi è un problema e non una soluzione”.
(da “Affari Italiani”)
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Maggio 1st, 2016 Riccardo Fucile
DOMANI E’ IL COMPLEANNO: NELLA CASA DI RONA E’ UN HAPPENING DI AMICI… LUI BEVE CAFFE’ E PORTA AVANTI “SOS STATO DI DIRITTO”
Ufficialmente non ha figli,anche se una volta mi ha detto di non poterlo escludere, anzi. ![](http://s32.postimg.org/700pi30it/pan.jpg)
Al capezzale di Marco Pannella – che domani farà 86 anni – di simil-figli se ne avvicendano tanti, da ovunque, per fargli flebo d’affetto.
È una processione continua,che spesso termina anche con le foto di rito, ma quelli che vanno in via della Panetteria, non lo fanno per un selfie.
Con Marco ci sono sempre Matteo e Laura, mix tra figli devoti, discepoli, infermieri, cuochi e collaboratori.
Al mattino il vecchio è sempre di cattivo umore. E come non capirlo dopo due mesi chiuso in casa perchè la salute è andata in pensione. Matteo e Laura sopportano gli scatti d’ira di Pannella, fanno colazione con lui, ascoltano insieme la rassegna stampa di radio radicale, poi leggono, sempre insieme, qualche articolo di giornale, soprattutto quelli internazionali.
E in tutto questo riescono tutti insieme «hic et nunc», a portare avanti l’iniziativa del partito radicale «Sos stato di diritto».
C’è anche il tempo per un’occhiata alla tv, ma per poche decine di minuti, con Marco che preferisce pellicole d’antan ai telegiornali.
Da due mesi ormai, a metà mattinata iniziano le visite di amici, politici, vecchi militanti, giovani studenti. Sarebbe più giusto chiamarle udienze, con abbracci, foto e caffè di rito.
Penso che Marco beva una decina di caffè al giorno, non proprio una mano santa, ma guai a privarlo della sua tazzina calda e delle sue zollette di zucchero.
Non è mai stato un uomo facile, ma come paziente è un disastro. Ne sa qualcosa il suo amico medico, Claudio Santini. Intanto perchè evita con cura le medicine, che respinge con sdegno certo di essere superiore ai malanni, o protetto da lassù.
Per Matteo e Laura ormai notte e giorno sono pure convenzioni, col leader che si addormenta all’alba, per rialzarsi tre ore dopo. In via della Panetteria, che poi è casa sua, sempre presente Mirella Parachini, storica compagna di vita del leader radicale.
Lo guarda con dolcezza, ma non è solo amore. Lo visita, lo perlustra, fa una sorta di Tac senza portarlo in ospedale. Ad un bravo medico come lei non sfuggono i significati di un colorito giallognolo, di quegli occhi spiritati ma stanchi, i gonfiori sempre più marcati sul corpo del malato, dalla pancia ai piedi. E anche se come sempre è radiosa, soffre.
Non abbandona mai Marco, Rita Bernardini, che gli fa compagnia stimolandolo su come risolvere problemi.
C’è, spesso, Sergio D’Elia, alfiere della storica battaglia radicale contro la pena di morte e le condizioni carcerarie.
Lo fa commuovere, leggendogli le lettere dei detenuti di Opera che ammoniscono Pannella: «Non fare scherzi, continua a combattere con noi perchè vi sia diritto e umanità anche dietro le sbarre. Senza di te per noi non c’e’ speranza».
E c’è spessissimo Alessio Falconio, con la sua faccia sempre allegra, che riesce nell’impresa di interrompere le elucubrazioni di Pannella, mentre esalta l’eroismo di monsignor Romero e il suo coraggio, e lo riporta ai temi di Radio radicale.
Spesso Marco si alza, quasi di scatto, perchè è convinto di essere in diretta e comincia a fare elucubrazioni che partono dai problemi del comune di Ostia per arrivare alle lotte nel Tibet e all’amicizia col Dalai Lama.
Presenze fisse anche quelle di Maurizio Turco e Maria Antonietta Coscioni. Con Marco lunghi conciliaboli, letture, scritture e qualche risata.
La mansarda di via della Panetteria non è mai deserta. A furia di frequentarla in queste settimane, mi sono reso conto che è proprio bassa e pericolosa.
Fa interrogare chi vi si avvicenda su come fare ad uscirne vivi. Se poi si pensa allo spilungone di Teramo, vien da chiedersi quante capocciate abbia dato nei decenni da inquilino.
Lui smentisce: ho un sonar che mi fa schivare ogni ostacolo e mostra orgoglioso una via crucis napoletana, che probabilmente amerebbe mostrare a Papa Francesco.
Domani Pannella compirà 86 anni. In via della Panetteria arriveranno centinaia di mail e telegrammi.
Sicuramente non andrà a dormire prima di averli letti tutti.
Clemente Jacky Mimun
(da “il Tempo”)
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Maggio 1st, 2016 Riccardo Fucile
COSA HA PORTATO ALLA SUA NOMINA E PERCHE’ E’ UNA MINACCIA PER L’ASSE MELONI-SALVINI
Non sono stati giorni facili fra Arcore e Palazzo Grazioli.
Gli effetti positivi del capolavoro-Milano (un candidato moderato che unisce il centro-destra e drena consensi nell’elettorato di sinistra) rischiavano di essere rovinati dal pasticcio romano.
Al Cavaliere arrivavano sollecitazioni di ogni tipo.
Quelle nordiste, a ricomporre l’alleanza con Meloni e (soprattutto) Salvini.
Quelle aziendali, e dei forzisti di Roma, a fare esattamente il contrario. E
in mezzo, Bertolaso.
Berlusconi aveva agito in modo lineare in uno scenario che di lineare non aveva nulla. Avrebbe voluto Marchini dal principio, d’accordo in questo con Salvini, e aveva dovuto rinunciare per l’impuntatura di Giorgia Meloni.
L'”Evita Peron” della Garbatella aveva giurato che mai e poi mai il ricco imprenditore con un pedigree di sinistra (nonno e zio molto vicini al PCI) sarebbe stato il suo candidato. Popolo di destra contro quartieri alti di sinistra? O più banalmente voglia di “marcare il territorio”?
Poichè Almirante riempiva in memorabili comizi Piazza del Popolo, la Meloni (e il suo mentore Rampelli) pensano che Roma sia cosa loro.
E quindi Bertolaso, che se ne stava a Londra in tutt’altre faccende affaccendato, venne richiamato d’urgenza a Roma, accettato e applaudito da tutti.
Bertolaso si mise all’opera, e a dire alcune verità . Apriti cielo.
Disse che i rom non si possono semplicemente cancellare dalla faccia della terra, e quindi va bene sgomberare i campi, ma poi da qualche parte bisogna pur metterli (cosa del tutto ovvia), e di colpo per Salvini divenne un traditore.
Convocò ai gazebo il (non numerosissimo) popolo della Lega di Roma chiedendogli che candidato volessero. Bertolaso ovviamente arrivò ultimo.
Primo classificato — indovinate — fu proprio Marchini.
Il colpo di coda di Meloni
In questo caos, Giorgia Meloni annunciò — supremo sacrificio — la propria disponibilità a candidarsi, subito accolta con entusiasmo da Salvini.
Dunque Bertolaso venne lasciato solo con il suo golfino azzurro a ripetere come il bimbo della fiaba che “il re è nudo”, fra lo sconcerto generale.
Berlusconi doveva prendere una decisione, e lo fece, come suo solito, da solo. O meglio, ascoltò un’ultima volta tutti, diede un’ultima occhiata ai sondaggi, poi invitò a cena Umberto Bossi (uno che della Lega e della politica italiana sa molto e capisce tutto) e gli annunciò la sua decisione: Marchini.
Perchè lo ha fatto? La partita di Roma è una partita più complessa di come la raccontano.
La debolezza dell’asse Salvini-Melon
Intanto l’asse Salvini-Meloni esiste solo sulla carta. Salvini, che a Roma è debolissimo e ha scarso interesse concreto ai risultati romani, aveva tutt’altro in mente. Non tanto l’egemonia del centro-destra, che comunque non gli dispiacerebbe, quanto quella della destra-destra.
Costringere la Meloni a contarsi, e – nel caso di un’improbabile vittoria — relegarla nel ruolo prestigioso ma rischiosissimo e comunque paralizzante di sindaco di Roma, oppure — di fronte ad un’assai più probabile sconfitta – ridimensionarne definitivamente le ambizioni da co-leader della coalizione.
Già , perchè la Meloni per Salvini è un concorrente molto più pericoloso di Berlusconi. Insegue lo stesso elettorato della Lega, ora che Salvini ha abbandonato l’indipendentismo padano per posizionarsi nello spazio della destra tradizionale.
Con la differenza che a sud della linea gotica la Lega è ancora guardata con sospetto. Decenni di insulti contro Roma ladrona, di “forza Vesuvio” e di orgoglio padano non si cancellano con qualche passeggiata a sud nè con la faccia paciosa di Raffaele Volpi, simpatico bresciano di lontana origine DC incaricato da Salvini di radicare il verbo leghista fra gli ex-“terroni”.
Il pezzo che manca
Gli è andata male, perchè la Meloni avrebbe dovuto vincere — o perdere — con l’appoggio di tutto il centro-destra. Salvini era convinto che Berlusconi avrebbe finito con l’assecondare il gioco, per salvare l’unità della coalizione.
Il problema è che oggi l’unità della coalizione non basta più, e Berlusconi lo sa benissimo.
Sa anche di non essere affatto in pericolo, con buona pace della narrazione conformista dei principali quotidiani.
Certo, Forza Italia è ben lontana dai bei tempi dei trionfi, ma una cosa è ben chiara: Berlusconi è l’unico fra i leader del centro-destra ad avere delle alternative, a poter scegliere fra geometrie politiche diverse. A Roma lo ha dimostrato.
Il ruolo oggi di Berlusconi
La destra italiana negli ultimi vent’anni è stata una destra di governo, forte del suo rispettabile 15-20%, grazie al fatto che si è alleata con un centro moderato che portava il 30% mancante, cioè i consensi necessari a diventare maggioranza. Senza di questo, sarebbe stata soltanto un grande MSI, forte ma ininfluente.
Quello che è stato il capolavoro di Berlusconi, rendere possibile l’alleanza fra i moderati e la destra democratica, non possono farlo nè Salvini nè la Meloni. Può farlo ancora una volta solo Berlusconi. Lo ha fatto con Parisi a Milano, sta provando a farlo con Marchini a Roma.
Se ci riuscirà , avrà vinto di nuovo. Nel 1994 Achille Ochetto, nel 2016 Matteo Renzi, pensavano di aver già vinto per mancanza di avversari.
Allora fu l’alleanza a geometria variabile con Bossi e Fini, oggi dal cilindro del mago di Arcore è uscito un coniglietto con il sorriso furbo di Stefano Parisi e l’abbronzatura di Alfio Marchini.
Al povero Renzi, già in difficoltà per conto suo, fra sondaggi che non decollano, ministri con parenti imbarazzanti, ripresa che non si vede, questo guaio non ci voleva proprio.
(da “Panorama“)
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Maggio 1st, 2016 Riccardo Fucile
INTERVISTA A MARIA ROSARIA ROSSI: “PER GUIDARE IL CENTRODESTRA OCCORRE VISIONE POLITICA, UMILTA’ E CAPACITA’ DI AGGREGARE ANIME DIVERSE SU UN PROGETTO COMUNE”
“Forza Italia e Lega sono alleate dal 1994, nonostante spaccature più gravi di quelle recenti. Ho
visto però che adesso c’è chi attacca il presidente Berlusconi. Dicono che è “moderato” nei voti, che non è più il leader. Forse è meglio aiutare gli smemorati: hanno avuto Bossi, poi Maroni, quindi Salvini, domani chissà . L’unico che è sempre rimasto leader, invece, indovinate chi è?”.
È Silvio Berlusconi, senatrice Maria Rosaria Rossi, leader unico di un “partito personale”. In ogni caso la scelta di Alfio Marchini ha rotto gli equilibri. Un tentativo di Berlusconi di riaffermare la leadership nella coalizione?
“Non credo servisse una conferma, il leader è lui”.
Beh, Salvini e Meloni la pensano diversamente. Ricordano che è anziano, insinuano che non contrasti Renzi per difendere le aziende. È possibile un centrodestra senza di lui?
“Per essere leader di una coalizione servono capacità di lettura, esperienza, visione e un profondo rispetto degli altri. In più, bisogna essere in grado di aggregare anime diverse attorno ad un progetto comune. Temo proprio che nessuno, a parte il presidente, abbia tutte queste capacità . Lo penso io, ma lo dice anche la storia degli ultimi venti anni”.
Non c’è spazio per un centrodestra lepenista guidato dai due quarantenni, dunque?
“Vede, è molto semplice: chi fomenta l’odio contro i migranti, inneggia alle ruspe nei campi rom o chiede l’uscita dall’Europa non può essere leader di un popolo. L’Italia ha bisogno di soluzioni che portino al ripristino della sicurezza, al rilancio dell’economia e alla sburocratizzazione. Chi pensa di risolvere tutto questo fomentando l’odio non risolverà nulla. E non potrà mai essere un leader”.
Per questo Berlusconi ha rotto l’unità del centrodestra?
“Non mi risulta che Berlusconi abbia spaccato la coalizione, visto che ci sono già state situazioni in cui ci siamo presentati separati. Berlusconi aveva individuato da tempo in Alfio Marchini un uomo concreto, capace, competente, che ha fatto opposizione a Marino e conosce al meglio la macchina amministrativa”.
Prima però aveva scelto Bertolaso, poi la “capriola” a favore di Marchini.
“Con Bertolaso ha affrontato e risolto le emergenze durante gli anni di governo. Ecco allora la sintesi: un vero e proprio dream team Marchini-Bertolaso. Farà tornare grande Roma. Potevamo offrire di meglio a questa città ?”.
La Meloni, ad esempio? Perchè non sostenerla in queste amministrative?
“Si chiamano amministrative perchè, appunto, chi vince deve poi amministrare. La Meloni è un ottimo leader del suo partito, ma ha sempre fatto solo politica. Oggi invece servono uomini e donne che provengono dal mondo del lavoro, capaci di capire e gestire una macchina amministrativa complessa come Roma. Berlusconi sostiene figure così in tutte le principali città , nella Capitale non poteva essere da meno”.
Lei ha sempre “sponsorizzato” Marchini. Pensate davvero a lui come leader del centrodestra del futuro, da affiancare a Berlusconi?
“Non solo Marchini, ma anche Parisi, Lettieri: tutti quelli che dal mondo del lavoro stanno finalmente scendendo in politica al fianco di chi, nel 1994, fu costretto a mettersi a disposizione. Non ci può essere futuro là dove c’è disgregazione”.
Comunque a Roma ha vinto il cerchio magico, facendo infuriare diversi altri dirigenti. Berlusconi viene sempre sulle vostre posizioni?
“Le ricostruzioni dei giornali non corrispondono alla realtà . La verità è più semplice: sono io che mi trovo spesso sulle posizioni del Presidente, perchè ne condivido progetti ed obiettivi. E lui è sempre disponibile al confronto, pronto ad ascoltare tutti”.
Non certo chi in FI tifava Meloni, big del calibro di Toti e Romani. A suo avviso cercavano di dare battaglia per la leadership del partito?
“No, avranno fatto un ragionamento politico di livello nazionale, ma poi anche loro hanno condiviso la decisione su Roma”.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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Maggio 1st, 2016 Riccardo Fucile
SENZA QUELLA, I FONDI DEL GOVERNO AL MERIDIONE RISCHIANO DI ALIMENTARE SOLO I GUADAGNI DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA E DEI POLITICI COLLUSI
Tre miliardi e mezzo di investimenti pubblici per il ‪sud‬…
Davvero creeranno ricchezza? Davvero creeranno le premesse per lo sviluppo o saranno, piuttosto – e “tanto per non cambiare” – soltanto l’ennesima “occasione” per mafia, camorra e politica collusa per “fare i soliti affari” ai danni dei contribuenti?
Se proprio investimento doveva essere, sarebbe stato più adeguato farlo sulla sicurezza. Il sud ha ricchezze immense e possibilità e potenzialità ancora maggiori. Quello che manca è l’affrancazione totale da “sistemi collusivi” variegati e dirompenti…
Per fare un grande meridione e, quindi, una grande Italia, l’unica sfida autenticamente incendiaria resta (sempre e comunque) quella della “riconquista del territorio” per annetterlo – definitivamente – all’unico ed indiscusso imperio delle Istituzioni Repubblicane.
Fino a quando la questione “sicurezza” rimarrà marginale, lasciandola all’eroismo dei servitori della Patria o dei cittadini onesti, la sovranità territoriale restera’ una chimera e la libertà , pure…
Volete un meridione davvero virtuoso?
Volete un’Italia a “trazione variamente unitaria”?
Volete un popolo davvero artefice del proprio destino?
E allora basta con le politiche “romanocentriche”! Basta con l’affidarsi al caso! Basta con l’indegna attesa (e speranza) che siano i cittadini a “consumare” un redivivo moto rivoluzionario da “quattro giornate”…
La sicurezza, la libertà e l’affrancazione del territorio dal malaffare, dalla criminalità organizzata e dal potere colluso, sono l’unico dovere indiscusso dello Stato.
Il resto, lasciate che lo faccia il mercato, che lo facciano i cittadini onesti e capaci. Che lo facciano i sogni delle persone. Finalmente libere e liberate.
Un popolo davvero protagonista e non più meramente destinatario delle prebende del potere deviato e colluso.
Ma questo, purtroppo, soltanto nel mondo dei sogni… Al sud arriverà una “valanga di denaro”… Gli aguzzini saranno sicuramente già pronti… Viva l’Italia!
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
argomento: economia, Giustizia | Commenta »