Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
CORSE CLANDESTINE: TERZO IGOR TROUAN
All’ombra delle due Torri si corre il Grand Prix che meno interessa gli appassionati allibratori.
Il campione uscente Fan Merolòn è certo di bissare il successo di cinque anni fa, anche se rimangono molti dubbi sulla sua capacità di vincere subito al primo giro. Nella corsa preparatoria al GP di Bologna che si è corsa all’Ippodromo del Nord Est, il purosangue della scuderia Fan Idòle si è fermato ad un passo dal trionfo immediato, chiudendo il miglio in 49 secondi e costringendo i suoi tifosi a ritornare all’impianto per un secondo giro di pista .
Dietro di lui, staccatissima, c’è la nordica Groom de Borgeouis che, doppiata, chiude la gara in 22”.
Un tempo comunque utile a garantirsi la sfida a due della seconda manche e che permette alla scuderia guidata dall’istrionico Peu Sauf di tentare l’assalto al dominio di Fan Idòle nel capoluogo emiliano.
Terzo, a distanza di sicurezza, c’è il pentastellato Igor Trouà n: per lui, accreditato di un giro di pista in 16” netti, pochissime possibilità di qualificarsi al secondo turno.
ORDINE D’ARRIVO
Fan Merolòn 49”
Groom de Borgeouis 22”
Igor Trouà n 16”
(da “The RightNation“)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
ROMA SOTTO TUTELA DI UNO STAFF, A BOLOGNA NIENTE PRIMARIE, A MILANO CAMBIO IN CORSA
C’è chi è sotto tutela e chi no. Chi ha firmato un codice etico e chi no. Città che vai, regole che trovi.
Virginia Raggi, se diventerà sindaco di Roma, avrà un mini-direttorio politico, uno staff, che vigilerà su di lei orientandone le decisioni.
L’ufficialità , arrivata pochi giorni fa, rispetta quanto previsto nel contratto firmato tra la candidata 5 Stelle e il Movimento.
Il caso Raggi è però isolato ed è da collocare in una realtà , quella della Capitale, dove il Movimento è molto frastagliato e dove non mancano le correnti e i dissensi. Quindi paletti più stretti per evitare fughe in avanti.
Invece a Torino, Chiara Appendino, in corsa per conquistare la città , quando le hanno chiesto se da primo cittadino sottoporrà i suoi provvedimenti amministrativi e le nomine all’approvazione della Casaleggio associati, ha risposto senza mezzi termini: “Credo che i sindaci debbano lavorare in autonomia”.
Qualcuno ha paragonato il genere suo a quello di Federico Pizzarotti, il sindaco di Parma adesso sospeso, che non ha mai esitato a dire ‘no’ a Beppe Grillo e prima ancora a Gianroberto Casaleggio, e che corrisponde a quel modello che riesce comunque a mantenere una certa distanza dal blog e dai suoi dettami.
Anche i contratti firmati dai candidati sono diversi da città a città .
Mentre i romani se tradiranno il mandato cambiando casacca saranno costretti a pagare una multa di 150mila euro, i torinesi avranno un trattamento più soft.
Al momento un regolamento messo nero su bianco, nel capoluogo piemontese, non c’è. Sul sito del Movimento appare ancora quello dell’anno precedente.
Tutto lascia immaginare che le regole di ingaggio comunque saranno diverse e che siano state studiate e applicate alla luce delle correnti locali.
E poi ancora, la candidata di Torino sta pensando alla creazione della Giunta passando per un bando pubblicato sul sito del Movimento: “E chi l’ha detto che gli assessori devono essere dei 5Stelle?”, è l’osservazione che ha fatto.
Quindi la squadra, qualora diventasse sindaco, potrebbe essere formata da urbanisti, professori universitari e ingegnere.
Non dovrebbe neanche esistere alle sue spalle uno staff modello Raggi. L’aspirante primo cittadino di Roma ha giustificato la diversità di trattamento spiegando che “si è iniziato da Roma con il codice di comportamento e con lo staff per il ruolo di Capitale e per la vicenda Mafia Capitale che ha provato molto la città e i cittadini”.
Inizialmente la stessa Raggi aveva parlato di un staff più somigliante a un ufficio legale, figure cioè che l’avrebbero dovuta aiutare nella stesura delle leggi.
Poi però, anche per rimediare alla gaffe sui garanti Grillo e Casaleggio che avrebbero deciso le sue sorti, è comparso uno staff dallo stampo prettamente politico, formato dalla senatrice Paola Taverna e dalla deputata Roberta Lombardi.
Tra quest’ultima e la Raggi, non a caso, c’è stato un po’ di freddo nelle ultime settimane, fino all’intervento di Beppe Grillo, arrivato a Roma proprio per mettere pace tra le due, incontrando prima una e poi l’altra.
Così, dopo aver calmato le acque, ha nei fatti imposto la creazione di questo staff di controllo e di aiuto a causa delle incertezze degli ultimi tempi.
Roma resta quindi un unicum, con il suo staff e le sue regole. Uno strappo alle classiche regole 5Stelle è stato fatto a Milano.
Dove Gianluca Corrado è il candidato sindaco dopo aver vinto le primarie “confermative” sul blog di Beppe Grillo, prendendo il posto dell’ex candidata grillina Patrizia Bedori, costretta a fare un passo indietro tra le polemiche: “Mi avete chiamata casalinga e grassa”.
Se le comunarie, poi disconosciute, a Milano sono state almeno fatto, a Bologna invece neanche sono state disputate.
Nel capoluogo romagnolo la candidatura singola di Max Bugani e la sua lista di 26 candidati non sono state sottoposte al giudizio della base scatenando non poche battaglie interne. Non solo.
Bugani, poco tempo dopo, è entrato a far parte dello staff di Casaleggio jr. Discorso ancora diverso a Napoli, senza regolamento e senza staff, dove il mite Matteo Brambilla prova a conquistare una città in cui gli umori grillini sono ormai da tempo in appalto a Luigi De Magistris.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
INSULTI A SAVIANO, NIENTE SCUSE, PARENTI DEI BOSS SUI MANIFESTI
Orgoglio cosentiniano è prima l’insulto a Roberto Saviano e Rosaria Capacchione, giornalisti sotto scorta, perchè minacciati dalla mafia. Poi niente scuse.
Stesso orgoglio che aveva ostentato Vincenzo D’Anna, sabato scorso, nell’elogiare Nicola Cosentino, nel corso della presentazione della lista di Ala a Napoli. E nell’attaccare Rosaria Capacchione.
Ecco il comunicato, firmato Vincenzo D’Anna, Pietro Langella e Antonio Milo: “Gli inutili polveroni sollevati in queste ore non ci distoglieranno dal perseguire, con tenacia e determinazione, l’affermazione di Ala e di Valeria Valente a Napoli”.
Già , il “polverone”. Ovvero l’insulto a Saviano, bollato da D’Anna ventiquattrore fa come “icona farlocca dell’Antimafia” e meritevole, al pari di Rosaria Capacchione, di essere privato della scorta. Parole che costringono lo stesso Verdini a scusarsi.
Da uomo di mondo, mandando un fascio di orchidee alla Capacchione. Si dissocia, si dissociano parecchi parlamentari di Ala. Parole.
Roberto Speranza è allibito: “Per favore, puoi scrivere che per me il Pd non deve avere a che fare con persone come D’Anna? Niente a che fare. Io esprimo solidarietà a Saviano. Ma che diavolo di punto siamo arrivati?”.
Ventiquattrore dopo gli insulti, l’imbarazzo, di molti ma non di tutti perchè nessuno, nel giro stretto del premier, dice una parola, dopo 24 ore, dicevamo, arriva il comunicato dell’orgoglio: “Polveroni inutili”. Ovvero, niente scuse.
Firmato dagli artefici della lista di Ala a Napoli, che sosterrà Valeria Valente, candidato del Pd e vicina al guardasigilli Andrea Orlando.
Gli artefici sono Vincenzo D’Anna, uomo forte di Nick ‘o Merikano, che dopo una delle sue ultime visite in carcere concesse un’intervista per consegnare al mondo il suo messaggio.
L’altro è Antonio Milo, un discreto trasformismo alle spalle: nato nel Pdl campano di Cosentino, transitato nel gruppo di Fitto, ora con Verdini.
La terza firma è quella di Pietro Langella, seduto a due metri da Verdini sabato scorso, alla presentazione di Ala. Incensurato, si porta addosso l’ingombrante storia dei suoi avi, i “Paglietta”, così chiamavano il clan, ammazzati nel corso di una faida di camorra.
Il Fatto ha raccontato come “i loro nomi e l’elezione di Langella al consiglio comunale furono citati nel 2006 nella relazione della commissione prefettizia tra le cause dello scioglimento del comune di Boscoreale per infiltrazioni camorristiche”.
I tre sono i veri artefici delle liste di Ala a Napoli.
“Se andiamo a vedere, in ogni famiglia napoletana c’è qualcuno che ha pagato per reati di camorra”. Si è presentato così Vitale Calone, candidato al consiglio comunale per Ala, figlio di Vincenzo Calone, presunto boss di Traiano con una condanna per traffico internazionale di droga.
L’altro in lista è Calone jr, Vincenzo, il nipote e candidato nelle zona in cui operava lo zio. Ogni giorno, a proposito delle liste verdiniane a Napoli, esce un caso imbarazzante. Altro titolo su Repubblica di qualche giorno fa: “Ala, il manifesto col cognato del boss defunto. Il candidato verdiniano omaggia il parente di un uomo legato alla camorra”. Parenti dei presunti boss nelle liste, parenti nei manifesti. Chi fa le liste, invece, prima insulta i simboli dell’Antimafia e poi non si scusa.
Prima delle orchidee, Verdini a Napoli aveva parlato di “diritto all’oblio”. Soprattutto a Napoli.
Perchè Ala, partito inesistente nel resto d’Italia, esiste soprattutto lì, dove ha ereditato ciò che resta del sistema di potere di Nicola Cosentino, ora in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica per presunti rapporti con il clan dei casalesi.
Un sistema di potere cresciuto all’epoca del potere berlusconiano nella contrapposizione con la sinistra, anzi “i comunisti”.
In questo senso gli insulti a Saviano e alla Capacchione sono un segnale politico a quel mondo, come a dire: ci alleiamo con i “comunisti”, ma non significa che cambia qualcosa. Le mancate scuse rafforzano il se
gnale, perchè l’ammissione dell’errore sarebbe stato letto come un segnale di debolezza. A testa alta e attaccando Saviano, ciò che resta del sistema di potere di Nick ‘o Merikano abbraccia il Pd.
Orgoglio cosentiniano.
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
“MA 4 ANNI SENZA ESSERE PROCESSATI E’ UNO SCANDALO”
Lo ha sempre detto e lo ribadisce anche nel giorno in cui la Corte Suprema indiana dà il via libera al rientro in Italia di Salvatore Girone: i due marò italiani sono colpevoli e dovrebbero essere giudicati da New Delhi.
Ma Massimo Fini, giornalista e scrittore, oggi aggiunge una postilla: quattro anni di custodia cautelare senza processo sono intollerabili.
Fini, lei ha sempre sostenuto che era giusto lasciare che a giudicare i nostri marò fosse la magistratura indiana. È ancora di questo avviso?
«Sì, tranne per il fatto che un’attesa di più di quattro anni, durante i quali Girone e Latorre sono rimasti in carcere preventivo, sia pur morbido, e senza aver avuto neanche il processo, è inaccettabile. Il problema vero è che la giustizia indiana è peggio di quella italiana».
Non pensa che l’arbitrato internazionale sia più adeguato per una vicenda simile?
«Io penso che se la morte dei due pescatori fosse avvenuta al largo delle coste siciliane, i due marò sarebbero stati giudicati da un tribunale italiano».
C’è stato un momento in cui l’Italia ha pensato di non rimandare indietro i fucilieri. Sarebbe stata una scelta giusta?
«No. Se dai una parola la devi rispettare».
Le prove, però, sembrano dimostrare la loro innocenza.
«Non credo. Perchè è veramente difficile scambiare un barchino come quelli velocissimi con cui agiscono i pirati somali con una barca di pescatori che ha tutt’altra dimensione, tutt’altra velocità e tutt’altro tipo di equipaggio. Si è trattato di un errore, anche se grave. Un omicidio colposo».
In questi quattro anni sui social network, e non solo, è emerso un sentimento di disprezzo verso Latorre e Girone.
«Beh, certamente non dovevano essere accolti come eroi dal presidente della Repubblica, perchè eroi non sono. Ma ciò non significa che debbano essere disprezzati. Poi lasciamo stare ciò che passa sui social, dove si legge tutto e il contrario di tutto».
Pensa che il caso dei due marò sia stato anche strumentalizzato?
«Sì, certamente. Come sempre. La destra, ad esempio, se l’è presa col governo e la sua incapacità . Del resto mi pare che il mediatore fosse un certo Staffan de Mistura, un povero pirla, un cretino. Il governo non ha fatto certo tutto quello che poteva fare. D’altro canto non ci troviamo di fronte al Burkina Faso ma a una grande potenza, perciò vale il principio della realpolitik. Di certo si poteva fare di più per accelerare i tempi del processo».
Girone torna in Italia. Possiamo riconoscere questo merito al governo Renzi?
«Penso proprio di sì. Non tutto quello che fa Renzi è sbagliato».
Luca Rocca
(da “il Tempo“)
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Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile
IL RIENTRO DEL MARO’ PREVISTO PER DOMENICA
Non sa trattenere la gioia Vania Girone: suo marito, dopo 4 anni e 3 mesi, tornerà in Italia, presumibilmente nella giornata di domenica.
Salvatore arriverà a Ciampino con un volo di Stato e potrà riabbracciare la sua famiglia. L’unica cosa certa è che la moglie del marò che più è stato in India, ieri, a fine giornata, era esausta, ma incontenibile nella sua contentezza.
Perchè dopo un periodo che non sembrava finire più, finalmente il giorno in cui l’incubo sarà solo un ricordo, è vicino.
«L’ho sentito stamattina – racconta a Il Tempo – e ha detto che tra qualche giorno arriva. Sono corsa a dirlo ai miei figli che si sono commossi, mi hanno abbracciato fortissimo, non vedono l’ora di stringersi al papà ».
Una notizia inaspettata?
«Una notizia bellissima».
Quattro anni lontani, ora finalmente la fine di un incubo.
«Io mi sento come se fosse tutto un sogno. Finalmente, dopo tutto questo tempo, potrò svegliarmi con lui accanto e realizzare che finalmente è tornata la serenità . Ricominciamo a vivere tutti insieme, io, lui e i nostri figli».
Che cosa pensate di fare adesso?
«Sicuramente riprenderci in mano la vita che finora abbiamo perso. Vogliamo tornare a quattro anni e pensare alle cose semplici».
Il vostro desiderio più grande?
“Metterci alle spalle questa brutta storia e tornare alla normalità . Il tutto, ovviamente, lontano dai riflettori e nella massima riservatezza, questo sì, perchè fino a oggi ne abbiamo avuta poca”.
Come sono stati questi oltre quattro anni lontana da Salvatore?
«Difficili, solo tanto difficili».
Sono stati molti gli italiani che hanno fatto il tifo per voi. Se la sente di ringraziarli?
«Vorrei ringraziare tutti singolarmente, uno per uno. A tutti dico “grazie di cuore”. Grazie per esserci stati vicini, grazie per averci sostenuto e mai abbandonato. Voglio ringraziare i gruppi militari, quelli sui social network e poi la Marina militare, una grande famiglia, che ci ha accompagnato in questo lungo e complicato percorso. E un grazie sincero va anche ai giornalisti e ai media chi ci hanno appoggiato.
Chiara Giannini
(da “il Tempo”)
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Maggio 26th, 2016 Riccardo Fucile
CORSE CLANDESTINE: STACCATO DI 5 LUNGHEZZE MELON TRICOLOR, DI 7 MARCHIENNE
Il Grand Prix è quello di Roma, che si è corso su una delle piste tradizionali su cui si svolgono da anni le Corse Clandestine: il prestigioso Ippodromo del Nord Est.
Il GP di Roma, quest’anno, ha avuto una fase di preparazione piuttosto complicata, con la scuderia Varenne indecisa, fino all’ultimo istante, sul cavallo a cui affidare le proprie speranze di rivincita dopo la disastrosa sconfitta del 2013.
Alla fine, dopo aver a lungo accarezzato l’ipotesi Bertolènne, la scuderia azzurra ha puntato tutto sul più centrista Marquiènne, che aveva già annunciato la sua partecipazione anche in assenza di un accordo con una scuderia già affermata.
Il problema, per Marquiènne, è che alla sua destra corre veloce un’ex alleata di Varenne, Melòn Tricolor, che ultimamente sembra aver trovato una sorta di affinità elettiva con Peu Sauf, leader della storica scuderia nordica Groom de Bootz.
Se il lato destro dello schieramento di partenza è scosso da divisioni, però, anche sul lato sinistro non si scherza.
La scuderia Fan Idòle si affida Fan Petit Vest, che ha vinto la gara interna organizzata per designare il cavallo ufficiale per il GP di Roma.
Ma gli sconfitti, che proprio non riescono a sopportare la proverbiale tracotanza di Fan Faròn, stavolta hanno deciso di correre da soli, presentando l’arzillo General Faisceau, che alla scuderia Fan Idòl ha praticamente trascorso tutta la propria carriera.
Ai margini dello schieramento di partenza, infine, la lanciatissima puledra Igor Rayon, della scuderia Igor Brick, che molti bookmaker considerano favorita per la corsa del 5 giugno, con buone probabilità di vittoria anche al probabile GP de Ballottage in programma due settimane dopo, che vedrà scontrarsi i primi due cavalli arrivati.
Ieri, all’Ippodromo del Nord Est, proprio Igor Rayon si è confermata in grande forma, conducendo per tutta la corsa e arrivando prima sul traguardo con un ottimo 29″. Dietro al battistrada, fin dall’inizio della gara si è sviluppato un serrato confronto per conquistare la seconda piazza del podio (essenziale per la qualificazione al GP de Ballottage).
Alla fine l’ha spuntata Fan Petit Vest, in 25″, che ha preceduto di quattro lunghezze Melòn Tricolor (20″), vincitrice del “derby” con Marquiènne, che ha chiuso in 18″. Una soddisfazione solo simbolica, però, per il cavallo dei Frerès Tricolòr, che con questo risultato non riuscirebbe a conquistare l’ambito pass per la gara del 19 giugno. Staccatissimo General Faisceau, che arriva sul traguardo in 5″.
Ancora più indietro, con tempi peggiori di 1″, tutti gli altri cavalli, compreso l’ex Fan Idòle Tiens Famille, che è sembrato un po’ appesantito.
Con questi tempi, a sfidarsi per il GP de Ballottage sarebbero Igor Rayon e Fan Petit Vest.
Con grande scorno delle scuderie che appartengono al lato destro dello schieramento di partenza, incapaci di trovare una sintonia che — con ogni probabilità — avrebbe permesso loro una comoda qualificazione per la corsa del 19 giugno.
ORDINE D’ARRIVO
Igor Rayon 29″
Fan Petit Vest 25″
Melòn Tricolor 20″
Marquiènne 18″
General Faisceau 5″
(da “TheRightNation“)
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Maggio 26th, 2016 Riccardo Fucile
CORSE CLANDESTINE: SEGUONO FAN VAILLANT E IGOR MONZESE
Oltre al Grand Prix di Roma, ieri al prestigioso Ippodromo del Nord Est si è corso anche il GP di Napoli, nel quale si sfidano il campione uscente Galopìn du Magistry e il suo eterno rivale Letteriènne, già sconfitto nell’edizione 2011 del Grand Prix Municipal partenopeo.
Il campione uscente è visto dagli allibratori come il front-runner, ma c’è grande attesa per capire con chi dovrà fare i conti al probabile GP de Ballottage previsto per il 19 giugno.
Naturale, dunque, che i cavalli in lizza abbiano dato il meglio di sè in questa corsa di preparazione per il primo round.
E ne è venuta fuori una gara davvero emozionante.
Galopìn du Magistry ha condotto in testa fin dall’inizio, mai seriamente impensierito dagli altri contendenti.
E alla fine ha chiuso con un 41″ che non gli garantirebbe di evitare il GP de Ballottage, ma che sicuramente lo segnala come il grande favorito per la sfida finale. Alle sue spalle, Letteriènne e Fan Vaillant (la cavalla che ha battuto Fan Petit Faible nella sfida interna alla scuderia Fan Idòle) si sono dati battaglia fin dal primo giro. Alla fine l’ha spuntata Letteriènne in 22″, con Fan Vaillant (18″) che — in preda alla disperazione — si è quasi fatta raggiungere da Igor Monzèse, arrivato sul traguardo in 15″ netti.
Dietro al quartetto di testa, sono arrivati alla spicciolata tutti gli altri, guidati da Coupe La Toile.
Un inconveniente tecnico al sistema di ricezione satellitare dell’ippodromo, però, non ci ha permesso di cogliere l’esatto risultato cronometrico del cavallo della scuderia Frerès Tricolòr, giunto comunque sul traguardo con molto distacco.
Le polemiche sull’appoggio a Fan Idòle da parte della scuderia Pègase Vert, già alleata storica di Varenne, sembrano dunque aver distratto oltre misura Fan Vaillant, che ora ha l’assoluta necessità di raggiungere in fretta uno stato di forma decente per puntare al secondo posto in vista del GP de Ballottage.
La terza piazzaa sarebbe uno smacco davvero difficile da digerire per Fan Faròn.
ORDINE D’ARRIVO
Galopìn du Magistry 41″
Letteriènne 22″
Fan Vaillant 18”
Igor Monzèse 15″
(da “TheRightNation”)
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Maggio 26th, 2016 Riccardo Fucile
LA CASTA: I CONTRIBUTI DI GIORGIA MELONI TRA VITALIZIO PARLAMENTARE CONTEGGIATO CON IL METODO RETRIBUTIVO E LA PENSIONE DA GIORNALISTA DEL “SECOLO D’ITALIA” IN ASPETTATIVA
Qualora diventasse sindaco di Roma, la Meloni dovrà affrontare tanti problemi soprattutto per la gestione della macchina burocratica della Capitale.
Di certo non dovrà preoccuparsi del proprio futuro: una pensione la Meloni per esempio se l’è già assicurata.
Forse due addirittura due: al vitalizio da parlamentare infatti si potrebbe aggiungere una seconda pensione da giornalista assunta al Secolo d’Italia, testata dalla quale è in aspettativa dal 2006.
Come tutti gli onorevoli e i senatori entrati nelle precedenti legislature, l’aspirante sindaco avrà diritto a “ritirarsi” prima dei comuni mortali, con il vitalizio conteggiato — per il periodo 2006-2011 — con il metodo retributivo: cioè non calcolato sui contributi versati e quindi superiore.
Inoltre, come cronista, ha diritto a chiedere una seconda pensione versando una quota di contributi all’Inpgi per tutto il periodo in cui è stata in aspettativa per il mandato parlamentare.
Il consigliere dell’Ordine nazionale dei giornalisti e componente del collegio sindacale dell’ente di previdenza di categoria, Pierluigi Roesler, ci spiega il meccanismo: «È un privilegio consentito in base a una interpretazione stravagante e inesatta dell’articolo 31 dello Statuto dei lavoratori correttamente creato proprio per garantire a qualunque cittadino eletto di mettersi in aspettativa e di poter conservare il precedente posto di lavoro fino al termine del mandato, mantenendo anche una adeguata copertura previdenziale. In pratica, un lavoratore dipendente pubblico o privato eletto deputato, una volta cessato l’incarico a Montecitorio, potrà tranquillamente tornare al suo vecchio posto in azienda senza perdere il diritto all’anzianità contributiva per il periodo trascorso in Parlamento. Fino al 1999 la doppia pensione per i deputati era interamente gratis, in quanto l’intero costo dei contributi era a carico di ciascun ente previdenziale presso cui questi era già iscritto. Nel 1999, a seguito di forti campagne di protesta, si è fatto un primo passo: adesso il parlamentare in scadenza di mandato ma in aspettativa da un qualsiasi giornale, oltre al vitalizio della Camera o del Senato, ha diritto anche alla pensione da giornalista ma solo se riscatta di tasca propria la quota del 9 per cento. In tal caso, il restante 24 per cento lo pagherà per lui l’Inpgi. Questo vale anche per la Meloni».
Meloni dal 2004 al 2006 ha lavorato al Secolo versando i contributi come tutti.
Poi però, per il periodo di aspettativa parlamentare 2006-2008, ha pagato i contributi figurativi per il 9 per cento.
Inoltre può contare sui contributi che le spettano nel periodo 2008-2011 come ministro della Gioventù, equiparato a un dipendente di Palazzo Chigi.
Infine, nulla vieta a Giorgia Meloni ora di pagare retroattivamente i suoi contributi figurativi del 9 per cento per l’ultimo quinquennio con una sanzione modica e ottenere così il diritto alla doppia pensione.
C’è un solo modo per evitare questo privilegio, ovvero dimettersi dal Secolo d’Italia. Abbiamo chiesto al candidato sindaco se ha intenzione di scrivere la lettera di dimissioni o se davvero pensa di tornare un giorno al quotidiano (…): «Ho smesso di versare i contributi figurativi nel 2008, proprio per evitare di prestare il fianco ad attacchi pretestuosi. Se un domani dovessi riprendere il lavoro di giornalista, non intendo riscattare gli anni di “buco”, anche perchè questo non comporterebbe alcun vantaggio. Quindi non ho nessun problema: dichiaro pubblicamente di rinunciare al diritto di ottenere l’anzianità degli anni passati in Parlamento»
Giorgia Meloni però non la racconta tutta quando dice di avere rinunciato ai contributi figurativi dal 2008 perchè non voleva prestare il fianco alle critiche.
La spiegazione potrebbe essere un’altra: dal 2008 diventa ministro ed è inutile per lei pagare ancora l’obolo del 9 per cento all’Inpgi: i contributi per tre anni e mezzo le verranno versati dalla Presidenza del Consiglio all’Inpdap, come per tutti i ministri, nella cassa speciale C.t.p.s..
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 26th, 2016 Riccardo Fucile
CENTINAIA DI CARTELLONI, SPOT E BANNER PER PUBBLICIZZARE INIZIATIVE DELLA REGIONE LOMBARDIA… L’OPPOSIZIONE: “CONTINUA A CONFONDERE I RUOLI”
Oltre un milione e mezzo di euro per fare pubblicità alle nuove misure del Reddito di autonomia: succede in Lombardia, dove il governatore Roberto Maroni ha varato una mega campagna di comunicazione da 1.510.614,97 euro per affissioni, passaggi televisi e campagne social a favore delle sue nuove iniziative di welfare.
La campagna di comunicazione è stata concentrata soprattutto in due città , Milano e Varese, dove è in corso la campagna elettorale per le amministrative. Varese è anche la città dove Maroni si presenta come capolita della Lega.
Secondo i dati forniti dalla Regione stessa, sono stati stanziati un milione e 241mila euro per comprare gli spazi di affissione dei cartelloni pubblicitari dall’1 maggio fino a martedì prossimo, il 31.
E poi poco più di 145mila euro per acquistare banner pubblicitari online da pubblicare sui principali portali web, ma anche sui social come Skype, dallo scorso 16 maggio e fino a metà giugno, e poi altri 20mila euro per 350 passaggi pubblicitari su televisioni a diffusione regionale concnetrati tra il 29 maggio e l’11 giugno.
Nella programmazione della distribuzione regionale Varese e Milano risultano le province più ‘informatè . A Milano sono state posizionate capillarmente ben 503 affissioni mentre solo a Varese, nonostante Brescia e Bergamo siano più grandi e più popolose, si è deciso di installare, in aggiunta ai classici 30 affissioni, anche 6 poster 6×3 e un mega manifesto 12×5 in Piazza Trieste di fronte la stazione.
“Ancora una volta Maroni continua a confondere il ruolo di presidente della Regione Lombardia con quello di candidato” denunciano le opposizioni “la paura di perdere deve essere tanta se arriva a utilizzare l’istituzione regionale e i soldi dei lombardi per farsi campagna elettorale”.
(da “La Repubblica”)
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