Giugno 9th, 2016 Riccardo Fucile
TOTI NON CHIEDERA’ I DANNI AI SUOI COMPAGNI DI MERENDA: E’ QUESTO IL CENTRODESTRA DELLA LEGALITA’ ?
C’è un soggetto danneggiato che non batte cassa.
E questo non è il solo paradosso del processo più imbarazzante per la Regione, quello che ha messo sotto accusa le spese dei suoi consiglieri.
Il fatto è che la Liguria è l’unica fra le amministrazioni italiane – che sul tema hanno preso posizioni diverse a prescindere dal colore politico – a essersi pronunciata in due modi radicalmente opposti: nel primo procedimento, a carico degli ex membri dell’Italia dei Valori, l’ente si è costituito parte civile; nel secondo, quello in cui sono coinvolti esponenti di tutti gli altri partiti, no.
È un fatto che questo cambio di strategia coincida con una transizione politica.
Nel primo caso, concretizzatosi oltre un anno fa, al governo c’era ancora la vecchia maggioranza di centrosinistra, guidata da Claudio Burlando.
Nel secondo si era già insediato il centrodestra guidato da Giovanni Toti.
«Non volevamo ingolfare il processo», spiega il nuovo governatore. Che poi aggiunge una frecciata polemica ai suoi oppositori: «Non ci siamo costituiti parte civile nemmeno nell’inchiesta sull’alluvione che vede coinvolte Raffaella Paita (attuale capogruppo Pd in Regione, ndr) e Gabriella Minervini (dirigente, ndr).”
Cene, vini e viaggi per due
La vicenda giudiziaria è tra le più note degli ultimi anni e ha riguardato quasi tutti consigli regionali del nostro Paese.
Per anni, secondo la Guardia di Finanza, la stragrande maggioranza dei politici ha considerato i rimborsi destinati all’attività politica alla stregua d’un bancomat, in alcuni casi come un vero e proprio integrativo allo stipendio.
Con soldi pubblici sono state pagate, così dice l’accusa, spese personali d’ogni tipo: cene, viaggi, parchi giochi, vini, notti in hotel, vestiti e regali assortiti. In soldoni, solo il secondo filone, 23 imputati di centrodestra e centrosinistra eletti nell’ultima legislatura, è costato alle finanze pubbliche oltre 1 milione di euro.
Le altre amministrazioni
E qui arriviamo al comportamento processuale. Gli atti sulla conclusione delle indagini vengono notificati alla Regione, identificata come parte lesa, passano attraverso l’ufficio legale e arrivano quindi alla giunta.
La decisione finale sul costituirsi o meno come parte civile, e avere diritto dunque a un risarcimento già in sede penale, è del tutto politica.
In giro per l’Italia, per fare qualche esempio, hanno deciso di farlo Lombardia, Piemonte, Sicilia e Molise. Mentre non hanno scelto questa strada Emilia-Romagna e Campania.
La Liguria, però, è l’unica amministrazione ad aver dato due indirizzi diversi.
Ed è interessante rilevare come l’orientamento del passato fosse quello di farsi le proprie ragioni in prima persona: l’ente si era costituito parte civile, per dire, nel caso della ristrutturazione a fini privati con soldi regionali d’un villino a Mulinetti, in varie indagini su truffe sanitarie e pure nell’affaire derivati (il maxi-prestito ottenuto dalla banca giapponese Nomura a condizioni molto pericolose), dove si fece avanti già nella fase dell’indagine preliminare.
L’interrogazione dei M5S
Va detto che nei mesi precedenti la scadenza dei termini per presentare l’istanza, i partiti non si sono affannati nel domandare un intervento della giunta regionale. L’unica sollecitazione risale a febbraio, quando Fabio Tosi, consigliere del Movimento Cinque Stelle (formazione entrata in consiglio nella legislatura successiva a quella sotto inchiesta), sul punto presentò un’interrogazione.
Da allora, e fino a ieri, sul caso è calato il silenzio. E a essere ammesso come parte civile, alla fine, c’è solo l’associazione di consumatori Codacons.
(da “il Secolo XIX”)
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Giugno 9th, 2016 Riccardo Fucile
PER RIEMPIRLO MEGLIO ASPETTARE IL RITORNO DALLE VACANZE DEI GUERRIERI PADAGNI… ANCHE SE ORMAI IL PRATONE SI E’ RIDOTTO, LASCIANDO PURE SPAZIO A UN SUPERMERCATO
L’ultima volta era successo nel 1995: era fine novembre, dal palco parlava gente come Pagliarini e
Formentini da allora uscita dai radar più un Umberto Bossi che, fresco della rottura con Berlusconi e in procinto di appoggiare Lamberto Dini, avvertiva di non sprecare fatica al sud, per non deludere il ceto medio nordista e «spingerlo verso Silvio».
Da allora sono trascorsi 21 anni, i rapporti tra Lega e Berlusconi sono tornati burrascosi, il partito torna dalle elezioni romane con uno scarno 2,72% e in generale le Comunali nelle grandi città non sono andate benissimo.
E il raduno di Pontida si riaffaccia sull’autunno: l’edizione 2016 abbandonerà la consueta collocazione di maggio-giugno e per la prima volta si amplierà a tre giorni: il tutto sarà il 16, 17 e 18 settembre.
La scelta della data è stata fatta dopo molte incertezze.
A lungo i dirigenti indicavano un «dopo le elezioni», per fare dal palco un bilancio dei risultati. Ma fra primo turno e ballottaggi ci si sarebbe inoltrati verso l’estate, con troppa gente in vacanza.
La ragione principale della scelta è però quella di usare il raduno di Pontida per lanciare la campagna per il no al referendum costituzionale di ottobre, proprio come Matteo Renzi ha usato il Teatro Sociale di Città Alta per lanciare la sua campagna per il sì.
E sarà anche un’occasione per celebrare il ventennale della dichiarazione d’indipendenza della Padania.
Era infatti il 15 settembre 1996 quando a Venezia Umberto Bossi annunciò che «la Padania è una Repubblica federale indipendente e sovrana. Noi offriamo, gli uni agli altri, le nostre vite, le nostre fortune e il nostro sacro onore».
E anche uno come Salvini, poco sensibile ai riti con le ampolle del dio Po, tiene a valorizzare l’anniversario.
Tanto da avere già cancellato la manifestazione di Cittadella, che da qualche settembre ha sostituito Venezia.
Per il resto la macchina organizzativa, gestita da Maurizio Bosatra dalla sede centrale di via Bellerio e dalla segreteria provinciale di Bergamo, è ampiamente oliata, tanto da poter organizzare il raduno anche con soli dieci giorni di preavviso.
È già stata preallertata la ditta di Treviso che da dieci anni si occupa del palco, e che ha pronta una struttura in tubolari di 18 metri per 10, con una copertura alta 25.
Una bella differenza dal palchetto sul quale Bossi era salito nel primo raduno del 19 maggio 1990.
Da allora il pratone è stata ridotto per fare spazio a un supermercato e il raduno si è svolto 29 volte, anche con più edizioni l’anno, oscillando tra marzo e luglio, cono due puntate a settembre e novembre, e un paio di traslochi a Palazzago e Curno per il maltempo.
E tre cancellazioni: nel 2003 per la malattia di Bossi, nel 2006 per la sconfitta nel referendum sulla devolution e nel 2012 per un ingolfamento tra congressi, ma anche perchè si era nel pieno del periodo nero delle lauree albanesi e dei diamanti della Tanzania.
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 9th, 2016 Riccardo Fucile
NEL M5S MAGGIORE PESO AD ALCUNI ESPONENTI REGIONALI E CONTATTI CON LE LOBBY ECONOMICHE PER UN PROGRAMMA COMUNE
L’orizzonte va oltre ai ballottaggi. Il Movimento Cinque Stelle lavora su un doppio binario. Da un lato le riunioni per mettere a punto il rush finale della campagna elettorale, dall’altro lato, invece, è già partita l’operazione Politiche.
I risultati delle Amministrative sono stati scandagliati palmo a palmo. Oltre alla guerra dei numeri, si studia l’impatto (disomogeneo) sul territorio.
Al di là delle dichiarazioni di rito, la tornata elettorale ha sancito l’affermazione dell’ala pragmatica guidata da Luigi Di Maio sugli ortodossi, sempre in sofferenza nelle aree in cui hanno espresso loro il candidato.
Un risultato che, di fatto, frena le ambizioni del gruppo più movimentista-integralista e cristallizza i ruoli attuali, rafforzandoli.
In sostanza prevale la linea tracciata da Gianroberto Casaleggio nei mesi prima della sua scomparsa. Per agire nel suo solco, proporre nuove strategie di rete è atteso a Roma anche Davide Casaleggio, ma difficilmente la trasferta romana avverrà prima del ballottaggio.
L’imprenditore attende che la situazione (anche elettorale) si sedimenti: la sua consulenza resta fondamentale per il Movimento.
Il livello locale
Non è escluso, infatti, che ci siano all’orizzonte novità a livello locale. Potrebbero acquisire maggior peso alcuni esponenti regionali che ricalcano più da vicino i profili di Appendino e Raggi.
Un serbatoio di volti da lanciare prossimamente. I pragmatici considerati vicini a Di Maio come Giancarlo Cancelleri – che raccoglie i frutti delle elezioni siciliane e che sarà lanciato come candidato governatore nell’isola – ma anche Stefano Buffagni e Valeria Ciarambino, chiamati a intervenire su aree come Lombardia e Campania dove il Movimento non ha brillato.
Profili che sappiano coniugare l’anima degli attivisti, il lavoro sui territori, con la svolta moderata.
La sfida delle Politiche
Novità che serviranno poi ai pentastellati per interfacciarsi nei prossimi mesi per l’obiettivo principale: il Movimento sta preparando la sua partita per le Politiche.
Da tempo è iniziata una serie di incontri con docenti universitari e con il mondo delle imprese. Incontri che proseguono e sono in programma anche nelle prossime settimane.
Economisti scuola Bocconi, aziende di caratura internazionale hanno avuto abboccamenti: i primi sondati per essere eventualmente coinvolti nella stesura di un programma economico, le seconde per creare una rete d’ascolto e capire quali siano le priorità su cui agire.
«Ci stiamo organizzando, serve tempo: abbiamo solo avviato un processo lungo», dicono nel M5S. Non c’è fretta. Anche perchè si lavora per trovare una sintesi che possa essere condivisa dai militanti della prima ora e che possa essere giudicata «inclusiva» nei riguardi dell’elettorato moderato.
Ecco perchè nel caso di una vittoria a Roma i primi cento giorni e i primi dossier della giunta verranno trattati come una sorta di banco di prova, di test nazionale.
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 9th, 2016 Riccardo Fucile
SONO DUE MILIONI IN PIU’ RISPETTO AL 2012…VOLA IL PRIVATO: + 3,2%
Più cure, ma solo per chi può pagare. Se infatti è arrivata a 34,5 miliardi di euro la spesa sanitaria sostenuta
di tasca propria dai cittadini italiani, sono diventati 11 milioni nel 2016 gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie nell’ultimo anno a causa di difficoltà economiche, non riuscendo a pagarle di tasca propria.
Sono 2 milioni in più rispetto al 2012. E’ quanto emerge dalla ricerca Censis-Rbm Assicurazione Salute, presentata oggi a Roma al VI ‘Welfare Day’.
Anziani quasi un quarto.
Se gli italiani spendono meno e risparmiano su molte cose, quando si tratta di cure e terapie, se se le possono permettere, preferiscono non rinunciare.
L’incremento della spesa sostenuta dai cittadini è stato del 3,2% nel 2013-2015, il doppio dell’aumento di quella complessiva per i consumi delle famiglie nello stesso periodo, pari a +1,7%.
La ‘sanità negata’ mette a rischio soprattutto le fascie più deboli della popolazione: riguarda 2,4 milioni di anziani e 2,2 milioni di millennial, la generazione nata tra la metà degli anni Ottanta e i primi anni del Duemila.
Pensionati e quei giovani, spesso senza un posto di lavoro e con una vita precaria, che rinunciano a curarsi. Una tendenza quella di ‘tagliare’ le spese sanitarie legata alla crisi e economica ed emersa nei precedenti rapporti del Censis e dell’Istat.
Caro ticket.
L’andamento della spesa sanitaria privata – segnala ancora l’indagine Censis-Rbm Assicurazione Salute – è tanto più significativo se si considera la dinamica deflattiva, rilevante nel caso della diminuzione dei prezzi di alcuni prodotti e servizi sanitari.
Nel Servizio sanitario nazionale il ticket è aumentato fino a superare il costo della stessa prestazione in una struttura privata. Il 45,4% dei cittadini ha pagato tariffe nel privato uguali o di poco superiori al ticket che avrebbe pagato nel pubblico. Questo dato cresce di 5,6 punti percentuali rispetto al 2013.
Le liste d’attesa.
Il 72,6% delle persone che hanno dovuto scegliere la sanità privata lo ha fatto a causa delle liste d’attesa che nel servizio sanitario pubblico si allungano.
Pagare per acquistare prestazioni sanitarie è ormai un gesto quotidiano: più sanità per chi può pagarsela.Sono inoltre 7,1 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno fatto ricorso all’intramoenia (il 66,4% proprio per evitare le lunghe liste d’attesa).
Il 30,2% si è rivolto alla sanità a pagamento anche perchè i laboratori, gli ambulatori e gli studi medici sono aperti nel pomeriggio, la sera e nei weekend.
Peggiora la qualità del Ssn.
Per il 45% degli italiani la qualità del servizio sanitario della propria regione è poi peggiorata negli ultimi due anni (lo pensa il 39,4% dei residenti nel Nord-Ovest, il 35,4% nel Nord-Est, il 49% al Centro, il 52,8% al Sud), per il 41,4% è rimasta inalterata e solo per il 13,5% è migliorata. Il 52% degli italiani considera inadeguato il servizio sanitario della propria regione (la percentuale sale al 68,9% nel Mezzogiorno e al 56,1% al Centro, mentre scende al 41,3% al Nord-Ovest e al 32,8% al Nord-Est)
La lunghezza delle liste d’attesa è il paradigma – secondo l’indagine – delle difficoltà del servizio pubblico e il moltiplicatore della forza d’attrazione della sanità a pagamento.
(da agenzie)
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