Luglio 18th, 2016 Riccardo Fucile
PIZZAROTTI SI SFOGA: “INUTILE RESTARE DOVE TI CACCIANO”
Ora gli espulsi del Movimento reintegrati a Napoli e guidati da Luca Capriello chiedono
un’assemblea di tutti gli iscritti d’Italia.
Lo annunceranno giovedì in conferenza stampa. «Vogliamo un’assemblea nazionale di tutti gli iscritti da tenersi a Roma dopo l’estate», spiega Roberto Motta, storico militante romano, ex braccio destro di Roberta Lombardi, l’uomo che ha collaborato a lungo alla stesura dei suoi testi di legge.
Motta era uno di quelli che avevano preso alla lettera la storia del Movimento «assembleare e partecipativo», e per farla breve, dopo una serie infinita di scontri su tante vicende romane è stato infine espulso assieme a un’altra trentina di attivisti romani, prima delle ultime elezioni comunali (era uno che poteva entrare nella cinquina degli aspiranti sindaci).
Altri due avevano fatto con lui il primo ricorso a Roma, ottenendo il reintegro sul portale.
I romani sono difesi da Lorenzo Borrè, lo stesso avvocato dei napoletani: a Napoli il meet up era stato azzerato da Fico e Di Maio due giorni prima delle votazioni – trentasei espulsi, 23 dei quali hanno fatto ricorso.
Ora tutti sono stati reintegrati dall’ordinanza del Tribunale. Insomma, a Roma e a Napoli i dissidenti si sono collegati.
Hanno adesso vari strumenti per creare problemi giuridici, economici, politici al M5S centrale, la Casaleggio e il direttorio.
La risposta che preparano il direttorio (e Davide Casaleggio) è opposta: cogliere la palla per azzerare apertamente il Non-Statuto, dotandosi di uno statuto da “partito”, non da “movimento”, e sancendo anche de iure la metamorfosi (o tradimento di Gianroberto, dipende dai punti di vista) che raccontiamo da due anni.
Gli espulsi però attaccano.
Motta sostiene: «Fico e la Lombardi non possono dire “valuteremo quali modifiche fare”, “risolveremo il problema senza aspettare i giudici”, perchè il problema stabilito dal tribunale è proprio quel “noi”: chi è che risolverà , la Casaleggio? Il direttorio? Ma nessuno di questi soggetti, hanno detto i giudici, è titolato a prendere decisioni sulle espulsioni. Solo l’assemblea può decidere modifiche statutarie. E perciò noi ora vogliamo un’assemblea».
I ricorsi cominciano a moltiplicarsi: sono tutte micce che accenderanno precedenti giuridici, dopo quello di Napoli.
C’è un ricorso a Bruxelles, due a Messina, cinque in Abruzzo, mentre da Parma Marco Bosi, capogruppo di Pizzarotti nel Consiglio comunale, è in contatto con l’avvocato di questa rivolta romano-napoletana.
Pizzarotti è sul depresso, ai suoi ha detto «inutile restare in un Movimento che ti caccia», ma sa anche che le sentenze cominciano a favorirlo.
A Quarto una celebre espulsa, la sindaca ex M5S Rosa Capuozzo, si toglie vari sassolini dalla scarpa.
Il Movimento la cacciò dopo averla messa alla gogna a corrente alternata e tardivamente, ma lei non è neanche indagata nella vicenda del presunto voto di scambio che ha lambito un consigliere grillino, e ora ci dice: «Il direttorio dovrebbe andare a casa, dopo questa sentenza. È un organismo che non è mai stato eletto e dovrebbe, invece, essere scelto dalla base, dagli associati».
In realtà , spiega meglio l’avvocato Borrè, secondo il non-Statuto dell’associazione originaria (quella del 2009), all’articolo 4 si dice chiaramente che la democrazia «diretta e partecipativa» del Movimento non prevede «corpi intermedi», quale appunto il direttorio sarebbe.
Di qui la possibilità che qualcuno ricorra anche contro Fico-Di Maio-Di Battista-Ruocco-Sibilia, mettendo tecnicamente fuorilegge la costola centrale del M5S. Capuozzo dice: «Non chiederò di rientrare in questo momento, perchè il Movimento come è gestito ora è senza una democrazia veramente partecipata».
Quella, di certo, non possono assicurarla ordinanze e sentenze. Ma altri – magari qualcuno dei parlamentari espulsi – potrebbero farlo.
Un’assemblea – che naturalmente mai si farà – sarebbe epocale.
Sugli iscritti al Movimento non si hanno cifre certe; nel settembre del 2013 il blog parlò di 80mila iscritti certificati, e 400mila in tutto «in via di certificazione». Gianroberto Casaleggio confermò queste cifre a Imola nel 2015.
Negli anni fondativi, quando in pochi vedevano ciò che stava nascendo, Casaleggio ripeteva come un mantra «il Movimento è le sue regole»: ma senza, cos’è?
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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Luglio 18th, 2016 Riccardo Fucile
“REGOLAMENTO ILLEGITTIMO”, UN GUAIO GROSSO PER GRILLO E CASALEGGIO… ANCHE SE CI SONO VOLUTI ANNI PER CERTIFICARE QUELLO CHE ERA EVIDENTE A TUTTI
Il Tribunale di Napoli ha sospeso le espulsioni comminate dal M5S a danno di 23 attivisti napoletani del Movimento, ma quel che conta in questa storia è la motivazione dell’ordinanza, che potenzialmente azzera tutte le espulsioni: i giudici di Napoli rilevano che i provvedimenti di esclusione si fondano su un regolamento da considerarsi nullo in quanto non adottato con le modalità prescritte dal codice civile. Traduciamo: il regolamento adottato dal M5S centrale (la Casaleggio associati e Grillo) il 23 dicembre 2014 è da ritenersi nullo, giuridicamente inesistente.
La vicenda crea un precedente forte dal punto di vista della giurisprudenza, che i tanti espulsi del Movimento potranno ora impugnare.
Qualcosa di simile era accaduto anche a Roma, con il ricorso di alcuni espulsi, capitanati da Roberto Motta e difesi, anche in quel caso, dall’avvocato Lorenzo Borrè. E il punto, a Roma come a Napoli, è il medesimo: l’associazione giuridica che sta procedendo alle purghe nel Movimento non è la stessa a cui sono iscritti gli espulsi, e agisce in violazione del codice civile. Il Movimento – ricordiamolo ancora – nasce come “MoVimento cinque stelle” (l’associazione originaria, creata il 4 ottobre 2009, trentamila iscritti, è scritta con la V maiuscola), mentre l’entità che espelle da fine 2014 in poi è “Movimento cinque stelle” con la v minuscola, un’associazione nata il 14 dicembre 2012, con solo quattro iscritti fino al 2015: Beppe Grillo, Enrico Grillo, Enrico Maria Nadasi e Casaleggio. Grillo disse che quella modifica e quel regolamento si rendevano necessari per non correre il rischio di non potersi presentare alle elezioni.
Ma sono stati lo strumento-mannaia per cacciar fuori ogni dissenso, e uccidere ogni dinamica assembleare e partecipativa
Ora il Tribunale sancisce che il regolamento varato il 23 dicembre 2014 è da considerarsi nullo perchè si configura come una modifica del non-statuto dell’associazione originaria; ma una modifica, in assenza di altre prescrizioni, richiede – secondo il codice civile – un voto dell’assemblea.
Voto che non c’è mai stato, e l’assemblea mai s’è riunita.
Morale: una parte significativa del meet up di Napoli, capitanata da Luca Capriello, che era stata spianata da Roberto Fico e Luigi Di Maio (su questo, singolarmente alleati), può essere reintegrata. Fico prova a mostrare un volto conciliante, sostiene che «la sentenza (in realtà un’ordinanza, nda.) fa riferimento esclusivamente alla procedura e non al merito, di fatto il processo sul merito inizierà a settembre.
Per ora coloro che hanno fatto ricorso – dice – sono stati riscritti sul portale del movimento.
Va da sè che non possono usare il simbolo del M5S perchè questo spetta soltanto ai portavoce».
Ma il tribunale in realtà si esprime anche sul merito, quando dice: «Nonostante il Movimento 5 stelle nel suo statuto («Non Statuto») non si definisca “partito politico”, e anzi escluda di esserlo, di fatto ogni associazione con articolazioni sul territorio che abbia come fine quello di concorrere alla determinazione della politica nazionale si può definire “partito” ai sensi dell’articolo 49 della Costituzione». E deve dunque garantire il dissenso interno.
Sono, come si capisce, due passaggi cruciali.
Da oggi qualunque espulso cinque stelle – o sospeso: secondo il regolamento, oggi dichiarato nullo, il procedimento di espulsione prevede due mail, la prima di sospensione, la seconda di espulsione – potrà fare ricorso, allegando l’atto del tribunale di Napoli. Roberto Motta, uno dei reintegrati romani, la settimana prossima chiederà un’assemblea generale costituente di tutti gli iscritti.
Il nome illustre che è in contatto con Motta, Borrè e i napoletani è dirompente: Federico Pizzarotti il leader degli emarginati (anche se per ora è solo sospeso, tecnicamente); è lui che potrebbe far saltare il banco, vicinissimo ormai a un ricorso molto pericoloso, a questo punto, per il direttorio e il tandem Davide Casaleggio-Di Maio.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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Luglio 18th, 2016 Riccardo Fucile
I PM CHE INDAGANO SUL PRESUNTO RICICLAGGIO DI CONTICINI IPOTIZZANO CHE PARTE DEL DENARO SIA ANDATO ALLA EVENTI SRL
La Procura di Firenze sospetta che i soldi dell’Unicef e di Operation Usa destinati alle campagne
per i bambini affamati in Africa siano stati usati nel 2011 dal cognato di Matteo Renzi — Andrea Conticini — per iniettare capitali in tre società .
La prima è quella dei Renzi, Eventi 6, che allora si chiamava ancora Chil Promozioni e le altre due società sono dei coniugi Patrizio Donnini e Lilian Mammoliti, renziani della prima ora.
I Conticini giurano che i soldi sono stati usati per far sorridere i bambini africani con la Play Therapy e l’avvocato Federico Bagattini ha fatto ricorso al Tribunale del riesame.
Però l’accusa, con tutti i se del garantismo, resta enorme.
I pm Luca Turco e Giuseppina Mione nel decreto di perquisizione non hanno inserito il nome delle società . Basta una visura per scoprire l’approdo del flusso finanziario da Londra a Firenze, segnalato dalla Banca d’Italia perchè sospetto e al centro dell’inchiesta svelata da La Nazione venerdì.
Cosa dice lo stringato decreto che pubblichiamo ?
Alessandro Conticini (40 anni ex dirigente dell’Unicef poi socio e direttore della londinese Play Therapy Africa Ltd con la moglie francese Valerie Quere, 42 anni) è accusato insieme a Luca Conticini (35 anni, gemello del terzo fratello Andrea, cognato di Renzi) di appropriazione indebita in concorso con il padre Alfonso, poi deceduto, “dal 2011 e fino al gennaio 2015 in Castenaso (Bologna) in relazione a somme di denaro corrisposte da Operation Usa e Unicef a Play Therapy Africa Limited (Pta Ltd) e da questa stornate, in assenza di idonea causale, in favore di Conticini Alessandro”.
La difesa dei Conticini è che la Play Therapy Africa era una società privata dei due coniugi.
In realtà fino al 7 marzo 2013, pochi mesi prima della sua chiusura, apparteneva solo per due terzi ai coniugi Conticini ma per il terzo restante era della Play Therapy International, che ha sciolto l’affiliazione con la Pta Ltd.
La rappresentante di Pti nella Pta Ltd, Monika Jephcott, si è dimessa da ‘secretary’ di Pta sempre il 7 marzo 2013.
Secondo i pm di Firenze Alessandro Conticini avrebbe preso per sè i soldi destinati alle terapie per i bambini africani da Unicef e Operation Usa.
Mentre il fratello, cognato di Renzi, è accusato di reimpiego dei capitali (art. 648 ter, che prevede nei primi due commi il riciclaggio) “commesso in Firenze nel corso del 2011 in relazione a somme di denaro provento del reato sopra indicato impiegate per l’acquisto di partecipazioni societarie in nome e per conto di Alessandro Conticini”. Il punto è che Andrea Conticini ha comprato in nome e per conto del fratello Alessandro quote solo di tre società in Firenze. La più famosa è la Chil promozioni Srl (poi denominata Eventi 6) dei Renzi.
Il 21 febbraio del 2011 davanti al notaio Claudio Barnini di Firenze ci sono le due sorelle e la mamma del premier più il cognato.
Benedetta e Matilde Renzi con Laura Bovoli sono già azioniste mentre Andrea Conticini, in nome e per conto di Alessandro, partecipa all’aumento di capitale da 10 mila a 12 mila e 500, con sovraprezzo di 47 mila e 500. In pratica Alessandro Conticini prende una quota del 20 per cento (che poi cederà nel 2013) e mette 50 mila euro nel capitale della Eventi 6.
Matteo Renzi è stato socio e collaboratore di Chil Srl fino al 2003 e poi dirigente in aspettativa di Eventi 6 fino al 2014.
Undici giorni prima, il 10 febbraio del 2011, Andrea (in nome e per conto di Alessandro) Conticini compra anche le quote di altre due società del giro renziano: il 20 per cento di Dot Media da Patrizio Donnini (uomo comunicazione di Matteo Renzi e di altri esponenti Pd) per 2 mila euro e il 30 per cento della Quality Press (in liquidazione dal 2013) dalla moglie di Donnini, Lilian Mammoliti, per 30 mila euro. La storia più imbarazzante però resta quella della Eventi 6.
La società destinataria dei 50 mila euro dei Conticini non è una srl qualsiasi. Renzi, come raccontato dal Fatto, è stato assunto poco prima di essere candidato nel 2003 alla Provincia e da allora, grazie a questo trucchetto, i suoi lauti contributi pensionistici sono stati versati dalla Provincia e poi dal Comune di Firenze per 10 anni.
Il premier si è licenziato dopo i nostri articoli percependo un Tfr che dovrebbe essere pari a circa 48 mila euro.
Se l’ipotesi della Procura è giusta, da un lato la società delle sorelle e della mamma incassava dal cognato nel 2011 il capitale di Alessandro Conticini, frutto di appropriazione indebita, e dall’altro lato poi pagava nel 2014 il Tfr per il premier-dirigente in aspettativa.
Davvero una brutta storia.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 18th, 2016 Riccardo Fucile
” SEI UN NEGRO, VATTENE VIA” LA FRASE PRONUNCIATA DAGLI ESCREMENTI UMANI CHE L’HANNO AGGREDITO SENZA MOTIVO
Un’aggressione dai connotati razzisti a poca distanza dallo scalo portuale di Porto Maurizio: l’episodio, con sei persone che hanno infierito su un diciannovenne senegalese con pietrate, calci e pugni, è avvenuto in piena notte su lungomare Vespucci, nelle vicinanze del passaggio a livelli.
La vittima, Mohamed D., è dovuto ricorrere alle cure dell’ospedale imperiese per le ferite, causate da “percosse, calcio e pugbni al volto e al torace”. Inoltre una pietra lo ha colpito alla testa.
Il ragazzo lavora come lavapiatti in un ristorante del capoluogo ed è ospitato da una cooperativa sociale, la Jobel, in attesa che venga riconosciuto lo status di rifugiato politico.
Stava rientrando dal lavoro, intorno alla mezzanotte, quando è stato apostrofato da un gruppo di aggressori che gli urlava: «Sei un negro, vattene via dall’Italia».
Il pestaggio avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi se un automobilista non avesse visto la scena e si fosse fermato.
Quando è uscito dalla vettura, i sei della “spedizione punitiva” sono scappati.
Mohamed, che è arrivato in Italia un anni fa su un barcone e ora risiede nella comunità a Vasia, ha sporto denuncia ai carabinieri.
Dicono Alessandro Giulla, presidente di Jobel, e Claudia Regina, coordinatore educativo: «Non faceva male a nessun, voleva solo andare a casa dopo il lavoro. Non ha provocato nessuno. È un ragazzo esil,e tranquillo. Un ragazzo che è stato pestato in una notte d’estate, solo per il colore della pelle».
L’episodio fa scalpore in una città che non si era mai contraddistinta per particolari atti di razzismo e intolleranza.
(da “La Stampa“)
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Luglio 18th, 2016 Riccardo Fucile
LE SCUSE FARSA DELL’AGGRESSORE ANCORA A PIEDE LIBERO
Si scusa ma «se uno picchia qualcun altro, un motivo ci sarà . Quella aggressione non è stata
immotivata».
Bachisio Angius affida il suo mea culpa a Facebook, a quella stessa piazza virtuale in cui da giorni circolano le terribili sequenze del pestaggio ai danni di un disabile di 37 anni di Olbia.
Quello che sferra pugni e ginocchiate e che minaccia di uccidere è proprio lui: sassarese di 27 anni, disoccupato, figlio di un ex carabiniere.
Il suo volto si riconosce benissimo e la sua voce si sente chiaramente nel video del pestaggio avvenuto nel piazzale di una discoteca di San Teodoro.
Le immagini hanno indignato l’Italia e ieri i carabinieri hanno fatto scattare una denuncia nei confronti del ventisettenne.
Lui, di buon mattino scrive quattro righe e non commenta più: parole di giustificazione, più che scuse sentite. «Come pubblicamente è stato il male, sarà anche il bene, perciò chiedo umilmente scusa al ragazzo a cui ho fatto del male. Ma, sottolineo, quello che è stato picchiato non è un invalido».
Luca, invece, fa i conti con una serie di disturbi cognitivi da quando è nato, ma questo fa poca differenza. Perchè la gravità dell’episodio è contenuta nella violenza con la quale è stato colpito e lasciato a terra privo di sensi e nella complicità dei giovani che hanno assistito alla scena, e ripreso tutto col telefonino, senza muovere un dito.
«Quel video è sconvolgente. Vogliamo chiarezza e giustizia subito», ha detto la ministra Maria Elena Boschi.
E l’indagine, infatti, è partita a tempo di record. Il lavoro degli investigatori, comunque, non è completato. «Perchè l’obiettivo dei carabinieri — spiega il comandante del Reparto territoriale di Olbia, Alberto Cicognani — è quello di dare un nome a tutti quei ragazzi (e almeno una ragazza) che erano presenti. A chi ha visto, a chi ha incitato e a chi ha filmato senza preoccuparsi di aiutare la vittima delle botte». E anche perchè la Procura di Nuoro ha già chiesto al Gip una misura cautelare. Angius, dunque, rischia di essere arrestato.
Nel quartiere di Monte Rosello, una delle zone più difficili della città , tutti conoscono Bachisio Angius e raccontano della sua vita spericolata e con qualche precedente.
In tanti avevano visto le immagini registrate dalla discoteca di San Teodoro già qualche giorno prima che arrivassero ai carabinieri.
«Girava su WhatsApp da un telefonino all’altro», racconta Gianni, un trentenne che passeggia col cane in via Carso. In tanti ci hanno riso e ora continuano a essere dalla parte dell’aggressore. La prova sono i commenti sul profilo Facebook di Angius: «Bravo, ti sei fatto rispettare».
«Io — scrive un altro — appena ho visto il video ho pensato che una ragione ci doveva pur essere». «Grande Bachisio, a quello hai ricordato che in giro il più forte non esiste più».
E infatti ora che è arrivata la denuncia anche il più prepotente è costretto a cospargersi il capo di cenere pubblicamente.
Ma con la barriera protettiva della tastiera.
Nicola Pinna
(da “La Stampa”)
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