Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
SELEZIONATO CON UN CLICK MIRATO, ALTRO CHE DISCONTINUITA’…E GLI HANNO AUMENTATO LO STIPENDIO A 200.000 EURO, PERCHE’ 180.000 LI RITENEVA POCHI
Non bastavano 160 mila euro? Alessandro Alfano, fratello del ministro Angelino, si sentiva sottopagato?
L’uomo scelto da Renzi per risanare le Poste, Francesco Caio, gli ha aumentato lo stipendio fino a 200 mila euro il 16 maggio 2016, appena 2 mesi prima che gli arresti scoperchiassero il calderone.
Non è questa la sola novità che imporrebbe al Ministero dell’economia di chiedere conto al manager della società pubblica.
È interessante anche come è stato scelto Alfanino ai tempi del precedente Ad Massimo Sarmi: digitando il suo nome su Linkedin.
Così è uscito lui: Alfano jr, laurea triennale a 34 anni in Economia (leggi). Ohibò devono avere pensato alle risorse umane di Postecom quando hanno visto spuntare il suo volto sorridente sul computer: eccolo l’uomo giusto per fare il dirigente a 160 mila euro lordi più bonus e fringe benefits nella controllata di Poste.
Niente cacciatori di teste, nè bandi per scovare il cervello in fuga di Agrigento
Miracoli di Linkedin. L’ufficio risorse umane, per mettere le carte a posto, però ha inserito nel fascicolo della ‘selezione’ oltre al curriculum di Alfano Jr, ricercato ad personam, anche una decina di altri curricula tirati giù dal medesimo sito però sulla base dei titoli e non con ricerca nominativa come con il prescelto.
Così Poste attua la legge 133 del 2008 che all’art. 18 dispone: “Le società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità ”.
Poste non ha adottato il regolamento accampando la solita scusa delle società pubbliche che vogliono mano libera per assunzioni e stipendi (vedi la Rai) e cioè: ‘abbiamo fatto una quotazione di obbligazioni in borsa e la legge ci permette di fare come ci pare’. Tesi discutibile per Poste ma ancora di più per Postecom che non ha emesso obbligazioni.
Il Nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza quando ha acquisito le carte dell’assunzione di Alessandro Alfano, il 10 novembre 2015, nella sede di Poste a Roma, ha scoperto che è stato selezionato nel settembre 2013 con il visto di Massimo Sarmi, allora Ad e poi scelto come amministratore della Serravalle, controllata indiretta della Regione Lombardia.
Il faccendiere vicino ad Alfano, Raffaele Pizza (arrestato il 6 luglio) si vanta nelle conversazioni intercettate con Davide Tedesco, collaboratore del ministro Alfano, di avere fatto assumere lui a settembre 2013 Alfano Jr e poi si spende a maggio 2014 per la nomina di Sarmi all’Inps e in altre società pubbliche.
L’amministratore di Poste Francesco Caio, quando sono state pubblicate le intercettazioni ha dichiarato: “Se questo è il quadro, noi rappresentiamo una discontinuità e penso che anche con il nuovo management stiamo dimostrando quanto l’aria sia cambiata”.
La prossima volta che dirà una frase simile tutti sono autorizzati a ridergli in faccia.
Il 9 gennaio 2015 Pizza dice che Alfano Jr è scontento di guadagnare solo 160 mila euro. Quattro mesi dopo le Poste, già guidate da Caio, il primo maggio 2015 fanno una doppia festa al lavoratore Alfano: Postecom cede il suo contratto a Poste e Tributi come fosse un piccolo Higuain conteso tra le società del gruppo.
Così alla faccia della discontinuità per lui scatta il primo aumento da 160 a 180 mila euro. Alfano Jr non è ancora soddisfatto.
Cosa si inventa allora? Un contenzioso lavorativo. A marzo del 2016 fa scrivere una lettera al suo avvocato per lamentare di essere stato trattato male. Basta la lettera e Poste accetta una conciliazione.
Caio e i suoi sono evidentemente terrorizzati dalla possibile causa di un laureato con la triennale che guadagna 180 mila euro, solo per sana prudenza e che nessuno si azzardi a ipotizzare moventi di altro tipo.
Caio il 16 maggio 2016 non fa una piega quando lo informano del passaggio di Alessandro Alfano a Poste Italiane Spa.
Nè obietta nulla sull’aumento ulteriore a 200 mila euro. A Caio abbiamo chiesto se attuerà la discontinuità prendendo provvedimenti e se si vergogna un po’ nei confronti delle centinaia di laureati con 110 e lode che inviano i curriculum a Poste ogni anno.
Non ci ha risposto.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Alfano | Commenta »
Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI VERONA ABBRACCIATO ALL’IMPRENDITORE GIARDINO, FAMIGLIA COINVOLTA IN INDAGINE ANTIMAFIA IN CALABRIA E CON UN FRATELLO ARRESTATO PER ESTORSIONE
“Il sindaco di Verona, Flavio Tosi, ha sempre detto di non conoscere nessun membro della famiglia Giardino. Eppure ha chiuso la sua ultima campagna elettorale abbracciato a uno di loro”.
La denuncia arriva dall’avvocato veronese Michele Croce, ex presidente dell’Agec (Azienda gestione edifici comunali) ora alla guida del movimento di opposizione Verona Pulita.
“Non sta a me valutare cosa significhi quell’abbraccio con Antonio Giardino indagato a piede libero dalla Procura di Verona — prosegue Croce — Ho consegnato il materiale alla magistratura e ora spetta a loro e ai cittadini giudicare”.
È dal lembo sud-est della provincia veronese, a Sommacampagna, che spunta l’ultima foto che imbarazza il sindaco ex leghista Tosi.
Uno scatto che risale alla campagna elettorale del 2015 per le regionali in Veneto, e pone nuovamente al centro la domanda (sollevata nell’aprile 2014 dalla trasmissione di Rai 3 Report) sui rapporti del primo cittadino con gli imprenditori calabresi della famiglia Giardino, crotonesi residenti a Verona che secondo un’informativa dei carabinieri di Crotone “festeggiarono” la vittoria di Tosi alle ultime elezioni comunali.
Nella fotografia che ilfattoquotidiano.it pubblica a corredo di questo articolo, scattata durante un incontro elettorale nel maggio 2015, il primo cittadino di Verona figura abbracciato a un membro della famiglia Giardino insieme al presidente di Acque Veronesi, il tosiano Niko Cordioli.
È il 29 maggio 2015, due giorni prima del voto che incoronerà l’attuale governatore leghista Luca Zaia.
Il sindaco Tosi è atteso al caffè “Mi Vida” di Sommacampagna per la chiusura della campagna elettorale delle regionali, in cui ha corso con la lista Tosi.
Nella foto scattata dietro al bancone del bar che ospita l’incontro, Flavio Tosi e il compagno di lista Niko Cordioli compaiono abbracciati ad Antonio Giardino (al centro nella foto), imprenditore 39enne di origini crotonesi, il cui nome risulta fra i 25 indagati in un’inchiesta della Procura di Verona: un procedimento in cui diversi esponenti della famiglia Giardino sono accusati a vario titolo di estorsione, truffa e riciclaggio ai danni di un assicuratore veronese, e nell’ambito del quale nei giorni scorsi Alfonso Giardino, fratello della persona che compare nella fotografia, è stato arrestato dalla Guardia di finanza di Verona dopo un mese di latitanza.
La fotografia certo non prova che i due si conoscano, ma documenta l’incontro, avvenuto tra Tosi e Giardino, in occasione di un importante evento elettorale.
Da noi contattato per un commento sulla fotografia del sindaco con Antonio Giardino, il responsabile dell’ufficio stampa del Comune di Verona, Roberto Bolis, ha risposto così: “Non so chi sia e non me ne frega un cavolo. Fate quello che dovete fare e buonanotte. Siccome conosco benissimo il vostro modo di fare il giornale, le dirò che abbiamo anche delle foto con quello che vi ha dato quella fotografia. Punto. Arrivederci”.
I Giardino erano già finiti al centro delle cronache veronesi nel 2015.
Dalle carte dell’inchiesta Kyterion della Dda di Catanzaro era emerso, secondo i carabinieri del nucleo investigativo di Crotone che indagavano sulla ‘ndrangheta di Cutro, un presunto “sostegno elettorale (dei Giardino, ndr) fornito all’attuale amministrazione comunale facente capo al sindaco Tosi” (mai indagato nell’inchiesta).
Per gli investigatori dell’Arma di Crotone, “dal complesso delle intercettazioni” effettuate nell’inchiesta erano emersi presunti “rapporti tra i Giardino ed amministratori locali di Verona”.
Elementi che nel marzo 2014 i carabinieri hanno segnalato alla Dda di Catanzaro, ma che al momento non hanno trovato ulteriori riscontri nell’indagine Kyterion, in cui la procura catanzarese procedeva con l’ipotesi di associazione mafiosa.
L’inchiesta per estorsione
Due dei soggetti indagati in Kyterion, Alfonso Giardino e Rosario Capicchiano, sono stati arrestati nel giugno scorso nell’ambito dell’indagine della Procura di Verona coordinata dal pm Beatrice Zanotti che coinvolge una decina di esponenti della famiglia Giardino.
L’inchiesta era partita nel gennaio del 2015 dalla denuncia di un assicuratore scaligero, il cui investimento di 30 mila euro in un’asta fallimentare, effettuato su proposta di un cliente calabrese, si è trasformato in un incubo. L’assicuratore non ha più rivisto i suoi soldi, scomparsi in una spirale infinita di estorsioni e ricatti che l’hanno portato a dover sborsare fino a 687 mila euro per ripianare i debiti con i creditori, a partire da Marco “che sa fare lo strozzino”, fino a Pasquale, “pezzo grosso della Calabria”.
Del resto, gli uomini con cui s’era messo in affari non erano imprenditori qualunque.
Sia Alfonso Giardino che Rosario Capicchiano, nell’informativa del 9 marzo 2014 dei carabinieri di Crotone, vengono ricondotti dagli investigatori alla famiglia Giardino di Isola di Capo Rizzuto: su Alfonso Giardino — si legge nell’informativa — sarebbe emerso “il pieno coinvolgimento in dinamiche che riguardano la ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto”, mentre su Capicchiano, “legato da vincoli di parentela ai Giardino”, l’Arma di Crotone ricordava come il cugino Salvatore fosse stato “condannato a morte nella faida in corso a Isola Capo Rizzuto (Kr) tra le famiglie Arena e Nicoscia”. Risultanze investigative che certo necessitano di verifica e conferma da parte della magistratura, ma che delineano un quadro inquietante.
Michele Croce: “Chiedo una commissione comunale antimafia”
L’avvocato Croce, leader di Verona Pulita, attacca il sindaco Tosi: “Le fotografie non hanno bisogno di commenti — sostiene Croce a ilfattoquotidiano.it — Ognuno è libero di prestare attenzione o meno quando abbraccia qualcuno. Credo che Verona meriti amministratori diversi e per questo chiedo con forza l’istituzione di una Commissione comunale antimafia affinchè la verità venga a galla”.
Nella più recente inchiesta veronese, Alfonso Giardino (il fratello dell’uomo abbracciato con Tosi) e Rosario Capicchiano avrebbero avuto, secondo gli inquirenti, un ruolo di rilievo nelle vicende legate all’estorsione ai danni dell’assicuratore: Giardino avrebbe minacciato la vittima con una pistola, mentre Capicchiano avrebbe fatto parte di quel gruppo di calabresi “che entrano di forza in scena — scrive il gip di Verona Laura Donati nell’ordinanza di custodia cautelare — tutti apparentemente mossi dall’intenzione di agevolare la persona offesa (l’assicuratore, ndr), di fatto, al contrario, accerchiandola e passando alle maniere forti per vincere la sua resistenza e spolparla ulteriormente”.
Una situazione che diventa sempre più imbarazzante per il sindaco di Verona.
Andrea Tornago
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
IL MIUR INGAGGIA DOCENTI PRECARI PER UNA MANSIONE RISERVATA A CHI E’ DI RUOLO
Si può essere bocciati a un concorso pubblico per poi essere chiamati a diventare parte della commissione giudicante del concorso medesimo?
Sembra paradossale e invece è proprio quanto accaduto alla selezione per l’assunzione di quasi 64.000 docenti di ruolo nel triennio 2016/2018.
A raccontare l’incredibile vicenda è stata proprio la professoressa che ha ricevuto la proposta.
Bocciata – come altri suoi colleghi – alla prova scritta della selezione, la donna è stata poi contattata dall’Usr (Ufficio scolastico regionale) competente per entrare nella commissione giudicante del concorso medesimo.
La docente ha già molti anni di esperienza alle spalle nel mondo della scuola e attualmente insegna con un contratto da precaria.
Per questo ha tentato, così come centinaia di migliaia di colleghi, di stabilizzare la propria posizione attraverso il concorso indetto dal Miur.
L’inverosimile episodio si è verificato in quanto molti commissari già selezionati in passato si sono dimessi dal proprio incarico e i sostituti non si sono rivelati abbastanza numerosi.
Così il Miur ha dovuto allargare i requisiti che regolamentano l’accesso alla commissione e si è addirittura arrivati al paradosso di ingaggiare docenti precari per una mansione che dovrebbe essere riservata solo a chi è di ruolo.
Altra polemica nata in questi giorni intorno al concorso delle scuola è inerente all’altissimo numero di bocciature alla prova scritta, causata – secondo chi ha tentato di sostenere la prova stessa – dall’eccessivo peso dell’aspetto informatico sulla valutazione finale.
La donna – per coerenza con i risultati della prova scritta, che la vedevano nella lista dei non ammessi – ha rifiutato la proposta dell’Urs, ma non si è tirata indietro nel denunciare quanto sia debole la politica del Miur nei confronti dei docenti e dei loro contratti.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: denuncia | Commenta »
Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
SUCCEDE NEL BRESCIANO: 82 MESI, 2490 GIORNI, PARI A 28 CENTIMETRI DI ASFALTO AL GIORNO… COSTO 2,5 MILIONI DI EURO
Ventotto centimetri al giorno. La matematica non lascia spazio a dubbi e la verità per la valle Camonica è amarissima: per costruire i 700 metri del nuovo svincolo di Esine, provincia di Brescia, sono serviti ottantadue mesi, pari a 2490 giorni (bisestile più, bisestile meno).
Come se in ognuno di questi fossero stati posati 28 centimetri di asfalto
Lo svincolo della vergogna è costato 2.7 milioni
L’opera è stata aperta giovedì mattina dall’Anas. Il cantiere ha dovuto superare due rescissioni di contratto, un fallimento, un sequestro per il ritrovamento di rifiuti, una variante in corso d’opera.
La politica ha cercato via via di gestire le problematiche senza mai battere i pugni sul tavolo: lo svincolo è costato in tutto 2 milioni e 600 mila euro ed è stato finanziato al 70% dalla comunità montana che in sette anni ha cambiato quattro presidenti.
I sindacati, in passato protagonisti di dure battaglie per le infrastrutture, sono rimasti defilati. Asl, Asst e Ats hanno assistito impotenti allo stop and go dei lavori. Calcolando che la Salerno-Reggio Calabria è lunga 443 chilometri, che i suoi lavori di ammodernamento sono iniziati nel 1990 e finiranno entro Natale (Renzi dixit), la famigerata A3 è andata decisamente più veloce: 46 metri al giorno.
Giuseppe Arrighetti
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: denuncia | Commenta »
Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
IN UN PAESE IN PROVINCIA DI SALERNO NESSUNO LO RIMUOVE E DA UN ANNO LA STRADA E’ CHIUSA
In un paesino della provincia di Salerno, Aquara, un masso di varie tonnellate da un anno blocca una strada.
Come riportato dal Corriere della Sera il 18 agosto le 1500 anime di Aquara festeggeranno il primo anno del masso, che da tempo risiede nel bel mezzo della strada provinciale numero 12 che collega Otatti a Castelcivita.
Il 18 agosto è piombato sulla strada e da allora giace placido ed immobile senza che nessuno lo disturba.
Non le ruspe del Comune, visto che la strada è provinciale.
Ma nemmeno quelle della Provincia, che aspettano chissà cosa per rimuovere l’ingombrante inquilino.
La strada è chiusa da un anno e il traffico viene deviato su un percorso alternativo molto più lungo. A meno che qualche furbacchione non voglia sfidare il blocco impegnandosi in una spericolata gincana (succede puntualmente).
Paradigma perfetto, quel sassone in mezzo alla carreggiata, di un Paese dove lo sport nazionale è aggirare qualunque tipo di ostacolo.
A sollevare il caso è stato il consigliere regionale pentastellato Michele Cammarano. Dopo la sua denuncia nessuna giustificazione razionale gli è stata data sul perchè dopo un anno quel masso non sia ancora stato rimosso.
Riferisce il sito InfoCilento che la Provincia di Salerno, presieduta dal medico democratico Giuseppe Canfora sindaco di quella Sarno sommersa nel 1998 da una terribile frana costata 137 vite in quel solo paese, sta ragionando sul da farsi.
Uno studio geodinamico (costo 37 mila euro), quindi un progetto strutturale per mettere in sicurezza il costone da cui il sassone è franato (un milione e mezzo). Oppure un bypass per aggirare l’ ostacolo: ma assai più caro.
Eppure la storia del sasso di Aquara dice molto a proposito dello stato in cui versano le nostre strade.
La responsabilità principale risiede in decisioni politiche scellerate prese negli anni, che hanno precipitato pian piano la rete in uno stato di assoluto degrado. Intanto i soldi.
Un tempo la manutenzione delle strade era finanziata con il bollo auto, che non per caso si chiamava «tassa di circolazione».
La tassa di circolazione è stata trasformata in tassa patrimoniale, così è stata tolta alle strade ed inserita nel capitolo di bilancio della spesa pubblica. Le strade si sono trovate ad elemosinare ogni anno soldi senza una progettualità seria di fondo
Gallerie chilometriche scavate senza che ci fosse una strada per arrivarci, viadotti abbandonati nel nulla, lavori infiniti con sprechi assurdi mentre la rete cadeva a pezzi, il manto si sbriciolava, la ruggine sbranava i guard rail
E poi un federalismo straccione in nome del quale un parte rilevante della rete statale è stata trasferita alle Regioni, che spesso e volentieri l’hanno gestita come tutto il resto. Ossia malissimo. Basta una passeggiata su certe ex statali, per esempio la Cassia, per rendersi conto dei danni che può causare la demagogia fine a se stessa.
Nè le Province hanno dato miglior prova, considerando che la gestione delle strade è stata tradizionalmente, e continua a esserlo anche dopo la riforma, una delle loro principali missioni.
A proposito dell’ efficienza di quegli enti, ora trasformati fra troppi mugugni (a Reggio Calabria hanno perfino appeso una lapide in memoria degli ultimi consiglieri provinciali «eletti dal popolo») in organismi non più elettivi, parlano i fatti.
Oltre che, almeno in questo caso, i sassi.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: denuncia | Commenta »
Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
L’EX SINDACO DI TREVISO: “QUESTA NON E’ PIU’ LA MIA LEGA, NON AVRANNO PIU’ I MIEI VOTI”
«Questa non è più la mia Lega. E’ una dittatura che non avrà più i miei voti».
Queste le accuse lanciate da Giancarlo Gentilini dopo l’espulsione dalla Lega di Enrico Chinellato.
Come spiega la Tribuna tutto risale a martedì sera quando la segreteria nazionale del Carroccio ha proposto l’espulsione del leghista trevigiano insieme ad altre epurazioni, tra cui il commissariamento nel vicentino che ha portato anche al tentato suicidio del segretario provinciale, Antonio Mondardo.
La nuova corrente leghista di Toni Da Re non va giù ad un Gentilini che ha minacciato di candidarsi a sindaco nel 2018 con la Lista Gentilini.
E se la candidatura non dovesse diventare effettiva, Gentilini è pronto ad appoggiare un altro candidato sindaco, come l’azzurro Andrea De Checchi.
Il clima si fa sempre più pesante con parole che pesano come macigni: «siamo di fronte a un atto di dittatura come quelli della dittatura bolscevica. Lo stesso segretario provinciale Dimitri Coin ha da poco attuato un medesimo atto di dittatura nei miei confronti».
Coin e De Re non appena eletti hanno cominciato subito a fare “pulizia” defenestrando da capogruppo della Lega in consiglio comunale il gentiliniano Sandro Zampese, per mettere al suo posto Mario Conte.
E un altro gentiliniano doc, Bepi Basso, è stato messo alle strette con la stessa Lista Gentilini a un passo dal dover confluire in quella della Lega, operazione poi bloccata in extremis dallo sceriffo.
Il Pdl lo vuole al suo fianco e Gentilin medita vendetta: se il suo pacchetto di voti andrà a De Checchi o no resta da vedere.
Quel che è certo è che non andranno più al Carroccio.
(da agenzie)
argomento: LegaNord | Commenta »
Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
“SERVE UNA CLASSE DIRIGENTE ONESTA E DI QUALITA’, BASTA URLA IN TV, SI TORNI A VOTARE PER QUALCOSA, NON CONTRO QUALCUNO”
«Tocca all’area moderata stabilire la rotta. Tocca ai moderati riconsegnare a quest’area la sua centralità e il suo primato».
L’«Incaricato» non parla mai di «egemonia» ma è chiara la traccia politica e culturale del suo progetto liberal-popolare.
Così Stefano Parisi si intesta l’idea – «un’idea di governo, non un’idea minoritaria» – e assegna a Silvio Berlusconi «l’input di modernizzatore»: «È lui che sta spingendo per il cambiamento, in modo da recuperare almeno una parte di quei dieci milioni di voti persi dal centrodestra».
Per riuscirci, «serve una linea alternativa al centrosinistra e competitiva con i Cinque Stelle. Serve una politica nuova, con una classe dirigente onesta e di qualità che muova dentro processi decisionali trasparenti. Serve un linguaggio di verità sui temi più scottanti per il Paese, fuori dal politicamente corretto di certe èlite che hanno fallito. E serve anche un fair play politico che superi le logiche di delegittimazione tra forze avversarie. Perchè questi atteggiamenti, le urla in tv, hanno indotto i cittadini a disertare le urne. O a votare contro qualcosa e non più per qualcosa».
Prima del fair play con gli avversari, al centrodestra servirebbe un fair play tra alleati.
«Le liti che si sono succedute negli anni, i meccanismi autoreferenziali, l’attardarsi a discutere solo di questioni interne, hanno determinato le sconfitte. Ma appena si dà una speranza, la classe dirigente si mobilita e si mobilita la militanza. Il progetto liberal-popolare – per riconquistare la fiducia della pubblica opinione – punta certo a un dialogo tra le strutture dei partiti esistenti ma punta anche ad andare oltre: per coinvolgere in politica i giovani, il mondo delle imprese e dell’associazionismo, in modo da affrontare dossier complicati».
Immagino sappia che da «incaricato» si sta attirando i sospetti di chi pensa che voglia essere il «candidato» a Palazzo Chigi.
«Non mi preoccupo del mio ruolo, vedremo più avanti quale sarà . Per ora ho assunto questo doppio incarico: Berlusconi mi ha chiesto un progetto per il rilancio di Forza Italia e al contempo lavoro alla costruzione dell’area liberal-popolare. A questo servirà la Convenzione in programma a Milano per settembre».
Pensa di affidarsi agli Stati generali, come ai tempi della giunta Albertini?
«Gli Stati generali promossero un confronto tra istituzioni e partiti. La Convenzione servirà a raccogliere nuovi contributi utili a costruire la piattaforma programmatica liberal-popolare».
Al segretario della Lega, Matteo Salvini, questo presepe già non piace. Dice che se nel vostro programma ci saranno la difesa dell’euro, di Angela Merkel e di Hillary Clinton, dovrete scordarvi dei loro voti.
«Intanto la nostra priorità oggi è stabilire la rotta di governo dei moderati. Prima vengono i moderati. E nel perimetro moderato ovviamente non c’è spazio per modelli lepenisti. Chiarito questo, penso che porre adesso delle pregiudiziali sia un errore e che – se vuole governare il Paese – la Lega debba porsi questo problema».
Complicato adottare il «modello Milano» su base nazionale: un conto è accordarsi per amministrare una città , altra cosa un programma per governare il Paese.
«Il principio è lo stesso. E credo che attraverso il dialogo si possa trovare un’intesa di programma. Se invece si partisse dalla necessità di tenere tutti insieme, per forza, si sbaglierebbe. Sembrerebbe la riedizione dell’Unione di Romano Prodi».
Come andrebbe strutturata la nuova coalizione?
«Molto dipenderà dalla legge elettorale. L’ideale sarebbe un meccanismo federativo, per tenere unite l’anima moderata e quella più radicale, consentendo a tutti una certa autonomia. Non dimentichiamoci che il centrodestra ha subito varie diaspore in questi anni e non sarebbe immaginabile rimettere tutti subito insieme. Da questo punto di vista il “modello Milano” ha funzionato».
Ritiene che Angelino Alfano e Matteo Salvini possano convivere o alla fine verranno elise le parti estreme?
«Siamo in presenza di una grave crisi del Paese dentro una grave crisi mondiale e pensiamo di riportare al voto milioni di elettori attardandoci sulle alchimie politiche? Con le soluzioni di programma si risolveranno i problemi: se ci saranno tutti bene, altrimenti qualcuno deciderà di restare fuori. Anche su questo bisogna cambiare schema, insieme all’impegno di rinnovare in profondità la classe politica».
Sta dicendo che andrebbero superate le attuali forze politiche?
«Non è detto, ma non c’è dubbio che debbano rigenerarsi, darsi nuove forme organizzative, dotarsi di un nuovo personale e di un linguaggio adeguato ai tempi».
E magari servirebbe anche adottare il meccanismo delle primarie per scegliere il candidato premier…
«Non ci sono solo le primarie per evitare che la scelta sia frutto di una nomina. Altri processi democratici potrebbero definire la leadership».
Come va con i dirigenti di Forza Italia?
«L’accoglienza è stata spettacolare».
Lì sanno che ogni incaricato da Berlusconi è stato sempre scaricato da Berlusconi.
«Ma no… Stiamo lavorando a un grande progetto. L’ambizione è di rigenerare la politica italiana».
Non teme che una vittoria del Sì al referendum possa compromettere il suo progetto, visto che si è schierato per il No?
«Andrei avanti comunque, anche perchè sono convinto che la riforma costituzionale varata dal governo genererebbe il caos e sarebbe causa di contenziosi come fu la modifica del Titolo V, anche quella approvata a maggioranza. Per questo, e solo per motivi di merito, auspico la vittoria del No. Ed è stato un errore del premier ridurre tutto a un plebiscito sul suo governo. Bisogna evitare la logica del ricatto. Bisogna evitare di impaurire i cittadini e i mercati. Si deve discutere del merito, come ha sottolineato giustamente il presidente della Repubblica».
Se vincesse il No ha detto che Matteo Renzi dovrebbe comunque restare a Palazzo Chigi.
«Se vincesse il No ho detto che la legislatura dovrebbe continuare per consentire al Parlamento di tornare a legiferare, così da abolire il Senato e consentire – nella prossima legislatura – la nascita di un’Assemblea costituente, cui spetterebbe modificare in modo più compiuto la nostra Carta. L’Italia ha bisogno di un governo più forte, con un presidente del Consiglio più forte. Per fare tutto questo servirebbe un esecutivo chiamato a predisporre un processo Costituente nuovo e bipartisan. Bisognerebbe dare il tempo alle Camere di lavorare fino al 2018, anche per varare una legge elettorale adeguata: perchè la maggioranza di governo deve rispecchiare la maggioranza degli italiani».
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: Forza Italia | Commenta »
Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
“ABITUATI COME SIAMO AL CINISMO, QUESTO INVITO SEGNA UNA SVOLTA”
«Sarebbe una cosa grande. Se anche solo uno su dieci dei cinque milioni di islamici che vivono in Francia rispondesse all’appello del Consiglio francese per il culto musulmano e domenica si recasse in una chiesa, nell’ora della Messa, in segno di solidarietà dopo Rouen, sarebbe davvero una cosa grande. Tanto grande che, abituati come siamo al cinismo e al pessimismo, quasi fatichiamo a crederci».
Così Avvenire accoglie, in un editoriale firmato da Martina Corradi, l’iniziativa lanciata venerdì dall’organismo ufficiale dell’Islam francese, che chiede ai fedeli di esprimere «solidarietà e compassione» ai cattolici e a padre Jacques Hamel, il sacerdote massacrato martedì 26 luglio da due terroristi islamici nella sua chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray
«Il rispetto delle altre fedi»
L’appello invita «i responsabili delle moschee, gli imam e i fedeli a rendere visita alle chiese a loro più vicine in occasione della messa di domenica mattina».
Significativa anche la richiesta alle 2.500 moschee di Francia di «cogliere l’occasione della preghiera del venerdì per ribadire il ruolo preponderante che occupa nella religione musulmana il rispetto delle altre fedi, così come degli uomini che le rappresentano».
Già martedì il Consiglio aveva definito l’attentato «un atto orribile e terrificante».
La posizione di Papa Francesco
L’iniziativa della massima istanza dell’islam francese è un gesto senza precedenti, che rappresenta una prima risposta importante alle richieste che da tempo le comunità musulmane europee si vedono rivolgere da istituzioni e media affinchè condannino senza ombre e senza distinzioni il terrorismo che agisce in nome della loro fede. L’editoriale di Avvenire, da questo punto di vista, è un’ottima sintesi della posizione – culturale e spirituale – espressa dall’attuale pontificato sulla «guerra mondiale» in corso, che non è, afferma il Papa, una guerra di religione o tra religioni, ma una guerra dichiarata da organizzazioni di assassini in nome di un’interpretazione assassina dell’Islam.
Il no ad «accostamenti sommari»
La decisione degli imam francesi scalda dunque il cuore della Chiesa, perchè – scrive il quotidiano dei vescovi – «si può dire che già questo appello, dall’organismo che rappresenta in maniera ufficiale le 2.500 moschee del Paese, è ciò che si sperava, uno dei segni che si attendevano. Non solo la presa di posizione di un imam o di un altro, ma l’invito a un gesto corale».
Il Papa si conferma leader concreto che guarda ai fatti e nemmeno nel frangente più drammatico rinuncia al dialogo, convinto che identificare un’intera comunità con il terrorismo sia il più grande assist possibile agli assassini.
L’editoriale ne esprime il pensiero con chiarezza: « Bisogna pregare per questa domenica francese. Quale respiro buono verrebbe a tutti noi da una domenica francese di solidarietà e di pace».
La Chiesa aspetta i musulmani ma non accuserà chi non verrà : sarà colpa dell’«accostamento sommario» tra gli assassini e un miliardo e mezzo di persone.
Gianluca Mercuri
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: Chiesa | Commenta »
Luglio 29th, 2016 Riccardo Fucile
IL GIOVANE ABDEL STA MEGLIO E IL SINDACO DI SERRAVALLE VUOLE PREMIARLO
«Voglio incontrare Andrea, l’uomo che mi aggredito, per chiedergli come si sente. Voglio sapere se si è pentito».
A parlare è Abdellatif Araid, il giovane marocchino che ha visto la morte in faccia dopo essere stato accoltellato nel basso ventre da un operaio di Serravalle Scrivia, Andrea Verganesi (ora in carcere ad Alessandria), per aver difeso un’anziana minacciata da un cane in piazza.
Cammina a fatica, Abdellatif, ma ora sta meglio ed è tornato a casa dall’ospedale di Novi Ligure dov’era stato ricoverato dopo l’aggressione.
Di lui e delle sua storia, raccontata mercoledì scorso su La Stampa, da qualche giorno si stanno occupando anche le televisioni.
Sul sito del quotidiano, la notizia è stata letta da oltre duecentomila persone e ha fatto il giro del mondo, ripresa da altri siti e giornali.
E anche il sindaco di Serravalle, che ha definito il suo un gesto eroico, ha promesso che lo incontrerà e gli consegnerà un premio a nome dei suoi concittadini.
(da “La Stampa”)
argomento: radici e valori | Commenta »