Agosto 4th, 2016 Riccardo Fucile
AD ARCORE L’EX COMUNISTA PADANO SI PRESENTA CON DUE INVIATI DELL’EX AGENTE DEL KGB
Due esponenti del partito Russia Unita, quello del presidente Vladimir Putin, hanno portato un saluto dal palco della festa leghista di Arcore, prima che prendesse la parola il segretario Matteo Salvini.
Si è trattato di Aleksey Komov e Michael Zubarov, che già in passato avevano partecipato a manifestazioni del movimento, sottolineando in particolare la “comune identità cristiana”.
Tanto cristiani fa voler respingere chi fugge dalla guerra l’uno e da eliminare i dissidenti politici l’altro.
Tanto cristiani da seminare quotidianamente odio razziale l’uno e scaricare bombe sulle abitazioni civili in Siria l’altro.
Salvini ha ringraziato sottolineando che: “Avessimo un po’ di Putin in più e qualche Obama e Clinton in meno, avremmo qualche terrorista in meno in giro per il mondo”,
Sicuramente avremno qualche criminale oligarca, arricchitosi alle spalle del popolo russo con Gazprom, in più.
Prove di intesa tra un ex comunista padano e un ex agente del Kgb.
Questa la sedicente destra “sovranista” del menga.
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Agosto 4th, 2016 Riccardo Fucile
COLPO ALLA RETE DELLE FAMIGLIE ITALO-AMERICANE GAMBINO, GENOVESE, LUCCHESE E BONANNO… I REATI VANNO DALL’ESTORSIONE ALLO SPACCIO DI DROGA, DALLE SCOMMESSE AL TRAFFICO D’ARMI
L’Fbi infligge un duro colpo a Cosa Nostra negli Stati Uniti, con una retata che porta all’arresto di 46 persone affiliate alle famiglie Genovese, Gambino, Lucchese e Bonanno. Arrestato per droga anche John Gotti, il 23enne nipote del boss della famiglia Gambino, John Gotti: gli investigatori hanno trovato in casa sua centinaia di pasticche e più di 40.000 dollari in contanti.
La maxi operazione che ha portato alle decine di arresti arriva dopo anni di indagini e interessa l’intera costa orientale degli Stati Uniti, dalla Florida a New York, dove le famiglie di Cosa Nostra hanno operato sotto la guida di Joey Merlino, del proprietario di ristoranti Pasquale `Patsy’ Parrello della famiglia Genovese e di Eugene `Rooster’ Onofrio.
I 46 arrestati sono sospettati di far parte della East Coast LCN Enterprise, definita dalle autorità americane un’«organizzazione criminale».
Hanno soprannomi coloriti come “Muscoli”, “Tony lo zoppo”, “Baffi Pat” e “Rimorchiatore”.
Le accuse mosse nei loro confronti includono una serie di reati commessi almeno dal 2011: scommesse clandestine, frodi alle assicurazioni, traffico d’armi, estorsione e assalto.
Nella documentazione depositata in tribunale le autorità citano alcuni di intimidazione e minacce contro chi doveva soldi alle famiglie o tentava di scavalcarle.
In un’occasione un senza tetto è stato attaccato e derubato perchè disturbava i clienti del ristorante di Pasquale Parrello, accusato di aver ordinato ai suoi uomini di «spezzargli le gambe».
Parrello è accusato insieme a Israel Torres di aver cospirato per vendicare Anthony Vazzano, accoltellato al collo.
Mark Maiuzzo è invece accusato di aver dato fuoco a un’auto parcheggiata fuori a un club per scommesse, con l’ordine ricevuto da Anthony Zinzi che puntava a intimidire il club in diretta concorrenza con le scommesse illegali gestita da Cosa Nostra.
Fra le accuse anche frode alle assicurazioni mediche. Ai medici venivano fatte prescrivere «eccessive e non necessarie ricette”, i conti venivano poi inviati alle assicurazioni degli arrestati per ricevere i rimborsi, che si andavano a sommare alle tangenti.
(da agenzie)
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Agosto 4th, 2016 Riccardo Fucile
TRA BOMBE ATOMICHE, GAFFE COLOSSALI E SCONTRI NEL PARTITO, GLI ULTIMI GIORNI DI CAMPAGNA ELETTORALE DEL MILIARDARIO SEGNANO IL SUO SUICIDIO POLITICO
Un partito ben oltre lo sfascio. Un candidato avvitato sul proprio ego, incontrollabile, pronto a distruggere tutto ciò che gli si para davanti — forse anche se stesso.
E’ l’immagine del partito repubblicano e di Donald Trump in questi giorni. Non che manchi l’entusiasmo attorno al candidato. Nel solo mese di luglio, 82 milioni di dollari sono entrati nelle casse della sua campagna, la gran parte in piccole donazioni.
Quello che manca è tutto il resto. Unità . Strategia. Idee.
Partiamo dall’ultimo episodio. L’opzione nucleare. O “l’incubo nucleare”, come l’ha chiamato qualcuno. Mercoledì mattina Joe Scarborough, che conduce “Morning Joe”, un programma di MSNBC, dice che Trump avrebbe chiesto almeno tre volte a un esperto di politica estera: “Perchè, se abbiamo l’atomica, non la possiamo usare?”
Scarborough non cita la fonte, ma spiega che la cosa è totalmente affidabile.
Scoppia la polemica. Già Hillary Clinton, nel discorso finale della Convention democratica, ha detto: “Non possiamo permetterci che uno come Trump abbia il controllo del bottone nucleare”. I nuovi commenti ora spiegano che le domande di Trump sull’atomica ribaltano decenni di politica nucleare, basata sulla “deterrenza” e non sull’uso delle armi.
La campagna di Trump interviene affermando che il candidato non ha “assolutamente fatto la domanda sull’uso dell’atomica”.
Emergono però altre frasi che Trump ha disseminato in televisione, a MSNBC e Fox News, lo scorso marzo. Alla domanda se può escludere l’uso dell’atomica in Medio Oriente ed Europa, Trump ha spiegato che no, non lo può escludere: “E l’Europa è così grande. Non mi privo di nessuna opzione…”.
Si dirà che si tratta di affermazioni che rivelano una certa ingenuità da parte di un candidato non abituato a maneggiare i grandi temi della politica internazionale.
E del resto è stato lo stesso Trump a sostenere che “Putin non andrà in Ucraina”, come se la crisi della Crimea del 2014 non fosse mai esistita.
Il problema è che l’ingenuità — o pericolosità , secondo i punti di vista — in tema di nucleare si accompagnano a una serie di fronti, polemiche, cadute, enormità che Trump sta offrendo negli ultimi giorni.
C’è stata la polemica con Khizr e Ghazala Khan, genitori di Humayun, il capitano di 24 anni ucciso da un’autobomba dopo aver messo al sicuro i commilitoni. I due hanno parlato alla Convention democratica, denunciando la proposta di Trump di bloccare l’arrivo dei musulmani negli Stati Uniti. “Se fosse per Donald Trump, Humayun non sarebbe mai stato in America. Trump offende continuamente il carattere dei musulmani. Non mostra alcun rispetto per le altre minoranze, per le donne, per i giudici, persino per i leader del suo stesso partito”.
Da lì è partita un’escalation di accuse e controaccuse, con Trump che è arrivato a dire che anche lui, come i Khan, ha dovuto fare dei “sacrifici” nella vita. Alla domanda: “Quale tipo di sacrifici?”, ha risposto: “Ho costruito case. Ho dato lavoro a molta gente”.
A nulla sono valsi gli inviti alla prudenza di consiglieri e amici politici.
Negli Stati Uniti non è mai una buona idea mettersi contro l’esercito; in particolare, non è vantaggioso, nè moralmente accettabile, ingaggiare uno scontro pubblico con i genitori di un soldato morto e decorato con la massima onoreficenza.
La cosa non ha frenato Trump, che si è lasciato andare a un profluvio di dichiarazioni e tweet contro i Khan (il fatto che la signora Khan, sul palco della Convention, non abbia parlato, è stata attribuita da Trump al fatto che è musulmana e che non può parlare in pubblico; lei ha risposto spiegando di non essere stata in grado di parlare perchè distrutta dal dolore). L’imbarazzo dei repubblicani — il partito alleato tradizionale dell’apparato militare — è cresciuto, fino a quando John McCain, prigioniero di guerra in Vietnam, ha sentenziato: “La posizione di Trump non è quella repubblicana”.
McCain, insieme allo speaker della Camera Paul Ryan, sono stati del resto oggetto della successiva uscita di Trump.
I due, McCain e Ryan, sono impegnati tra qualche giorno in primarie combattute per conquistare la candidatura a novembre.
Decoro istituzionale vorrebbe che il candidato alla presidenza appoggi i candidati uscenti del partito, soprattutto se il candidato uscente è Ryan, massima carica istituzionale per i repubblicani.
Trump ha però negato il suo sostegno (nonostante Ryan e McCain, sia pure con qualche esitazione, abbiano appoggiato Trump nella corsa alla Casa Bianca). “Ryan mi piace, ma non al punto di sostenerlo”, ha spiegato.
Uomini legati a Trump, del resto, stanno apertamente facendo campagna per l’avversario di Ryan in Wisconsin.
Un altro episodio non ha a che fare con la politica, bensì con il privato. E’ successo a un comizio in Virginia. Trump stava parlando della concorrenza commerciale della Cina agli Stati Uniti, quando un bambino ha cominciato a piangere in sala.
Trump si è interrotto e rivolto alla madre: “Non ti preoccupare — le ha detto — amo i bambini. Amo i bambini. Sento quel bambino piangere. Mi piace. Che bambino. Che meraviglioso bambino”. Il candidato ha ripreso. Poi, di fronte al bambino che continuava a piangere, si è di nuovo rivolto alla madre: “In effetti, stavo scherzando. Porta quel bambino fuori della sala”.
Egocentrismo? Ingenuità politica? Sintomi di un disturbo più profondo della personalità ?
Sono le domande che a questo punto ci si fa e che sono state riassunte da Barack Obama quando ha detto che “Donald Trump è inadeguato a guidare gli Stati Uniti” e chiesto ai repubblicani di abbandonarlo.
Sono proprio i repubblicani del resto ad apparire increduli.
Fonti del partito dicono che il chair Reince Priebus, non uso a prendere posizioni troppo coraggiose, abbia telefonato a Trump e gli abbia urlato tutta la sua indignazione per la piega che la campagna sta prendendo.
Sempre fonti interne al partito parlano di un prossimo intervento di Priebus, insieme a Newt Gingrich e Rudy Giuliani, due dei “grandi elettori” di Trump, per convincerlo a una campagna più controllata.
Intanto però il partito perde i pezzi.
Hanno annunciato che non voteranno per Trump due deputati, Richard Hanna e Adam Kinzingersaid (quest’ultimo veterano della guerra in Iraq).
Non voteranno Trump Maria Comella, ex capo staff di Chris Christie; e Stuart Stevens, ex consulente di Mitt Romney e tra gli strateghi repubblicani più ascoltati.
Non voterà per Trump lo stesso Romney, che ha detto di voler scegliere Gary Johnson, il candidato dei libertarian.
Mentre il silenzio dei tre Bush è più che rivelatore.
La confusione non si limita peraltro al partito ma sembra allargarsi anche allo stesso staff di Trump. Testimoni parlano di collaboratori di Trump frustrati e sgomenti di fronte a un candidato che pare avviato al suicidio politico.
Questa frustrazione è stata, sia pur velatamente, espressa dal capo della campagna di Trump, Paul Manafort, che in una dichiarazione a Fox News ha detto: “Sono in controllo delle cose che il candidato vuole io faccia”.
Mentre Trump apre sempre nuovi fronti, i numeri per lui crollano.
Un sondaggio Fox News dà Clinton avanti di 10 punti; per CNN il vantaggio è di 9 punti.
Il credito politico che i repubblicani erano riusciti a conquistare alla Convention di Cleveland — soprattutto di fronte a una candidata debole, gravata da scandali e divisioni come Hillary Clinton — pare ormai completamente dissolto.
Roberto Festa
(da “la Repubblica”)
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Agosto 4th, 2016 Riccardo Fucile
MAXI EVASIONE DA 12 MILIONI: AVEVA INTESTATO TUTTO ALLA SERVITU’
Con il Fisco piangeva miseria e intanto svolazzava con il suo elicottero personale tra il castello di Tor Crescenza e le ville abusive costruite fronte mare all’Argentario.
Il conte Fabrizio Sardagna Ferrari von Neuburg und Hohenstein risultava ufficialmente nullatenente.
La servitù, però, se la sapeva scegliere. Il suo giardiniere e la sua domestica erano infatti intestatari di società lussemburghesi e inglesi dal cospicuo capitale immobiliare: il castello del XV secolo, appunto; cinque ville nel Parco di Veio per un’estensione di 4000 metri quadri e altre sette ville costruire abusivamente a ridosso del mare all’Argentario.
Proprietà affittate a celebrità , o per sontuosi matrimoni di personaggi dello sport e dello spettacolo.
Attività fruttuosa se si considera che dai riscontri ottenuti dalla Guardia di Finanza, tra il 2011 e il 2014, avrebbe fruttato al nobile circa 12 milioni di euro mai dichiarati all’Erario.
Oltre a 300.000 euro d’imposta municipale unica dovuta e mai versata nelle casse comunali.
Uomo da rotocalchi e grandi passioni, il nobile nullatenente non si è fatto mancare nemmeno una condanna per stalking nei confronti della moglie, la principessa Sofia Borghese, figlia di Scipione, discendente diretto di papa Paolo V.
Da anni infatti il castello di Tor Crescenza è teatro di scenate furibonde tra i due coniugi, complice un ritorno di fiamma della principessa per il suo amore adolescenziale Francesco Maria De Vito Piscicelli, l’imprenditore balzato agli onori delle cronache per la famosa intercettazione in cui rideva nel letto pensando agli affari che avrebbe fatto a seguito del terremoto dell’Aquila.
E complice l’indole irosa del conte, che tra bottiglie e bicchieri lanciati alla moglie, è stato accusato anche di aver dato fuoco al suo elicottero all’epoca usato proprio da Piscicelli (che tra l’altro di recente, proprio all’Argentario, ha visto il suo yacht fatto oggetto di un lancio di molotov).
Ora al conte nullatenente sono stati sequestrati beni mobili e immobili.
Un sequestro preventivo ordinato dal Gip di Roma per un valore di qualche milione di euro.
(da agenzie)
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Agosto 4th, 2016 Riccardo Fucile
DURE CRITICHE ALLA SINDACO SULLA GESTIONE DEL CASO RIFIUTI
“Inizi difficili per la nuova sindaca di Roma” Virginia Raggi: questo il titolo di un articolo pubblicato oggi dal quotidiano francese le Monde.
Per il quotidiano francese “la luna di miele di Virginia Raggi con la città è stata breve: lo slancio della novità ha rapidamente ceduto il passo alle difficoltà “, a cominciare dal “problema della gestione dei rifiuti”.
La descrizione del grande quotidiano parigino è impietosa: “Vecchi frigoriferi e altri rifiuti, sacchi della spazzatura, si accumulano sui marciapiede della città , dalla periferia di Tor Bella Monaca fino a quartieri chic dei Parioli e dei Prati”.
“Virginia Raggi – continua Le Monde – ha sempre affermato che per risolvere la questione le serve tempo. Ha annunciato che la situazione dovrebbe tornare normale entro il 20 agosto. Ma nell’attesa la questione dei rifiuti comincia a offuscare la sua immagine”.
E lo spettro della crisi “di qualche anno fa a Napoli comincia a planare su Roma”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 4th, 2016 Riccardo Fucile
DOPO IL PELLEGRINAGGIO DEL POSTULANTE SALVINI, OGGI TOCCA ALL’EX NCD
L’ex capogruppo di Ap Renato Schifani torna in Forza Italia.
Ad annunciarlo è una nota di FI.
Schifani ha “continuato a coltivare le radici e i valori fondativi di FI, tanto da essere indotto al gesto di abbandono della sua importante carica nel momento in cui ha riscontrato una divergenza insanabile tra l’indirizzo politico di Ap ed il suo pensiero”, si legge nella nota nella quale si spiega come Silvio Berlusconi abbia accolto “con favore” la disponibilità di Schifani a tornare in FI.
“Il Presidente Berlusconi ha preso atto delle avvenute dimissioni dalla carica di Presidente del gruppo di Area Popolare da parte del Sentore Renato Schifani e delle relative motivazioni, rese pubbliche attraverso una nota inviata ai suoi colleghi Senatori”, si legge nella nota di Forza Italia che spiega: “in considerazione di quanto avvenuto, il Presidente Berlusconi ha accolto con favore la disponibilità del senatore Schifani a tornare e dare il suo valido contributo all’attività politica e parlamentare di Forza Italia”.
“Il Senatore Schifani, nel ringraziare sentitamente il Presidente Berlusconi, ne ha raccolto con convinzione ed entusiasmo l’invito rivoltogli, impegnandosi fin da adesso a dare il proprio massimo contributo per le iniziative politiche di Forza Italia”, conclude la nota del partito azzurro.
(da “agenzie”)
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Agosto 4th, 2016 Riccardo Fucile
IL PARLAMENTARE SI CONSEGNA A REBIBBIA
Caridi può essere arrestato: il Senato ha dato il via libera alla misura per il senatore Gal, dopo che ieri la Giunta per le immunià aveva dato l’ok alla richiesta (12 voti a favore, 7 contrari e un astenuto) trasmessa dai magistrati di Reggio Calabria che accusano il senatore di essere al vertice della cupola segreta della ‘ndrangheta. Pd, M5S e Lega avevano votato ‘sì’, FI, Gal e Idea ‘no’, Andrea Augello (Cor) si era astenuto e Dario Stefano (Misto) e Nino D’Ascola (Ncd) non avevano votato.
Pronto a consegnarsi.
A Palazzo Madama i voti a favore sono stati 154,110 i no e 12 astenuti: la votazione è avvenuta con voto segreto, come richiesto dai senatori di Gal, nonostante il Pd avesse proposto il voto palese.
“Ovviamente ci consegneremo noi”, ha detto l’avvocato Valerio Spigarelli, legale del senatore. E subito dopo la chiusura della seduta L’avvocato Spigarelli ha accompagnato il senatore a costituirsi in carcere, quello di Rebibbia a Roma.
“Il momento è delicato”, si è limitato a dire il penalista.
Inversione dell’odg.
Stamani il presidente del Senato Pietro Grasso aveva disposto l’inversione dell’ordine del giorno dei lavori: l’Aula è stata chiamata ad affrontare prima la relazione della Giunta per le Immunità sulla richiesta di arresto del senatore Caridi. Poi avrebbe dovuto votare gli articoli e gli emendamenti del ddl di riforma dell’editoria, ma è venuto a mancare per due volte il numero legale e il presidente Pietro Grasso ha rinviato direttamente a dopo la pausa estiva la seduta. I lavori riprenderanno il 13 settembre, appunto, con il ddl Editoria e la riforma del processo penale.
Polemiche e proteste.
E scoppia la polemica, con Gal che ha cercato di prendere tempo e il centrodestra che si è detto contrario alla decisione del presidente di Palazzo Madama.
Ma anche il Pd si è trovato in imbarazzo, con il capogruppo Luigi Zanda che ha dichiarato di non essere stato per nulla informato della cosa: “Signor presidente, prendo atto della sua decisione e lo faccio avendola appresa, come tutta l’Aula, nel momento in cui l’ha comunicata all’Assemblea”.
Ma alla fine il Partito democratico ha votato per il sì.
“Il Pd ha confermato il voto dato nella Giunta per le elezioni. Chi ha sperato in imboscate, ora sarà deluso. Lette le carte, abbiamo ritenuto che non ci fosse fumus persecutionis nell’inchiesta che riguarda il senatore Caridi. Sono decisioni comunque difficili, che il gruppo dem affronta sempre a viso aperto, con rigorosità , senza pregiudizi e caso, per caso”, ha commentato il senatore Pd Andrea Marcucci.
Autodifesa di Caridi: “Accusa sconvolgente”.
Al Senato ha preso la parola anche Caridi per la sua autodifesa da “un’accusa sconvolgente, ingiusta”. “Mai ho avuto rapporti nè ho stretto patti – ha detto – con il crimine organizzato, mai ho fatto parte di logge segrete, non ho mai svenduto il mio ruolo. Non c’è un fatto che dimostri l’infamante accusa che mi viene rivolta”.
Dopo il voto, il senatore Gal ha lasciato l’Aula commosso, tra abbracci e saluti.
Grasso irremovibile.
La decisione di Grasso ha suscitato non poche polemiche e una certa confusione: diversi gruppi, tra cui anche uno di maggioranza, Area popolare, che ha dichiarato il suo voto contrario all’autorizzazione (“Il Parlamento non è un passacarte della procura di Trani, Matteo Renzi, 31 luglio 2015”, ha detto citando il premier Gabriele Albertini), hanno chiesto a Grasso di rivedere la sua scelta, mentre FI ha provato a chiedere che si voti sulla ‘inversione dell’inversione dei lavori’.
Ma Grasso insiste: si vota sulla relazione approvata ieri dalla Giunta per le immunità .
(da “La Repubblica”)
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Agosto 4th, 2016 Riccardo Fucile
I DUE ESPONENTI DEL PD CONTESTANO LE NOMINE RENZIANE DEI NUOVI DIRETTORI DEI TG
Federico Fornaro e Miguel Gotor, senatori del Pd, si dimettono dalla commissione di Vigilanza Rai in dissenso con le nomine dei nuovi direttori dei Tg fatte dal direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e approvate a maggioranza dal consiglio d’amministrazione.
I due senatori scrivono in una nota congiunta: “Il consiglio di amministrazione della Rai di oggi, su proposta del direttore generale, come era stato ampiamente anticipato nei giorni scorsi, ha ufficializzato le nuove nomine dei direttori dei telegiornali. Una decisione assunta in assenza di un nuovo progetto sull’informazione dell’azienda come chiaramente emerso nella riunione della commissione di Vigilanza Rai di ieri sera e che risponde unicamente a logiche di occupazione governativa del servizio pubblico, in forme per molti versi inedite e in contrasto con il principio costituzionale del pluralismo culturale e politico. ​Si sono purtroppo confermate le nostre preoccupazioni già sollevate in occasione della nomina dei vertici Rai dello scorso agosto”.
La nota continua: “La nostra richiesta di ieri di rinviare le nomine dei nuovi direttori dei Tg, fermo restando le prerogative del direttore generale, a dopo la discussione e l’approvazione di un nuovo piano sull’informazione della Rai, non è stata messa ai voti, in modo pilatesco e burocratico, dal presidente della Commissione Roberto Fico. La nostra richiesta rispondeva all’esigenza di rispettare i ruoli di tutti i soggetti (Consiglio di amministrazione, direttore generale e Commissione di vigilanza), mentre è del tutto evidente che le nomine dei nuovi direttori generali rispondono a una logica di normalizzazione dell’informazione pubblica, alla vigilia di importanti scadenze politiche e istituzionali e nulla hanno a che vedere con il progetto di una “nuova Rai” promesso dal Pd e dall’attuale governo e oggi platealmente disatteso. In realtà , siamo difronte a pratiche e a logiche di una gravità tale da evocare il tema della questione morale di Enrico Berlinguer, quando, nel 1981, denunciava l’occupazione da parte dei partiti di governo delle principali istituzioni dello Stato, Rai compresa”.
I due senatori aggiungono: “Le nomine sono state fatte in modo non trasparente penalizzando competenze e professionalità interne, come ad esempio nel caso di una giornalista autorevole quale Bianca Berlinguer, senza che emergano un profilo e una visione di un moderno servizio pubblico. Il Partito democratico non è nato per riprodurre i vizi del passato, ma per cambiare l’Italia e, convinti che un altro Pd sia possibile, ci dissociamo da uno stile e da un costume politico che non ci appartiene e coerentemente rassegniamo le nostre dimissioni dalla Commissione di vigilanza Rai”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 4th, 2016 Riccardo Fucile
“SALVINI, MELONI E IANNONE NON SONO I MIEI RIFERIMENTI POLITICI”… “CHI RISCHIA LA VITA NELLE CAMPAGNE NON HA COLORE NE’ RELIGIONE, E’ SOLO UN UOMO”… “PRIMA DI ME IL SINDACO DEGLI SCHIAVISTI, QUELLI SOTTO PROCESSO PER ASSOCIAZIONE A DELINQUERE”
Lo chiamano il sindaco di destra che aiuta gli immigrati: “Bisogna farla finita con l’infamia dello sfruttamento dei braccianti africani che da più di vent’anni macchia il territorio di Nardò”.
E’ Pippi Mellone, neo-primo cittadino del popoloso paese a sud di Lecce, che, sostenuto da una serie di liste civiche, si è imposto per soli 95 voti sul candidato del Pd e sindaco uscente Marcello Risi ai ballottaggi del 19 giugno.
Un amministratore fasciocomunista nella terra dei caporali? “Amo molto il libro di Antonio Pennacchi, ma rifuggo dalle categorie del passato”, risponde accalorandosi pur rivendicando la sua storia politica “orgogliosamente ancorata ai valori della destra sociale e post-missina”.
Mellone assurge alle cronache nazionali, quando il 15 luglio, meno di un mese dopo il suo insediamento, firma un’ordinanza comunale che vieta il lavoro nei campi nelle ore più calde della giornata fino al 31 agosto. “Quando l’anno scorso morì un bracciante mentre lavorava sotto il sole a 40 gradi proposi la stessa legge che però venne bocciata dalla maggioranza del Partito democratico”.
E il mantra del “prima gli italiani” proprio della destra estrema? “Chi rischia la vita nelle campagne non ha colore nè religione, è solo un uomo e io non ho intenzione di celebrare nessun funerale con la fascia tricolore al petto”.
La normativa anti-caldo del sindaco ha scatenato l’insurrezione di alcuni imprenditori agricoli che ne hanno chiesto l’annullamento a prefetto e Tar di Lecce, ma la giustizia amministrativa l’ha confermata perchè “adeguatamente motivata per la salvaguardia della salute dei lavoratori nelle campagne”.
E lui, forte della vittoria incassata, coglie la palla al balzo per picchiare duro: “Voglio ricordare che molte di quelle aziende sono le stesse coinvolte nell’operazione Sabr del 2012 sul caporalato per riduzione in stato di schiavitù”.
Un“me ne frego” alle proteste di chi è a processo per associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro nero: “Se io sono il sindaco dei migranti, come sono stato definito, vuole dire che chi c’era prima di me era il sindaco degli schiavisti”.
Eppure, oltre che alle aziende in questione, le sue politiche potrebbero fare storcere in naso a movimenti e partiti della galassia della destra populista, dalla Lega Nord a Fratelli d’Italia passando per Casapound.
“Per me Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Gianluca Iannone non sono dei riferimenti politici. Se proprio devo essere incasellato da qualche parte, ammetto che guardo con grande interesse al Movimento 5 Stelle ”.
Peccato che anche Beppe Grillo probabilmente avrebbe da ridire qualcosa sulle sue politiche pro-immigrati.
“Non mi interessa l’ortodossia, sono sempre stato minoranza anche all’interno dei partiti in cui ho militato”, taglia corto.
Ma le novità del Mellone pensiero non finiscono qui: “Durante la scorsa consiliatura sono stato il primo a proporre il registro per le unioni civili, ma il provvedimento fallì per la misteriosa assenza di un consigliere comunale del Pd”.
E ora? “Avanti tutta per allineare Nardò alle principali città dove sono garantiti i diritti delle coppie omosessuali”.
E la chiesa? “Stimo l’associazionismo cattolico che fa molti interventi meritori per nativi e migranti, ma la mia formazione è laica a partire dall’educazione impartitami dai miei genitori, mamma socialista e padre missino”.
Inevitabile a questo punto chiedergli cosa pensi della liberalizzazione delle droghe leggere dopo il siluramento alla Camera dei Deputati del ddl sulla legalizzazione.
Anche su questo punto la risposta è spiazzante: si spinge addirittura oltre il testo elaborato dall’ex radicale Benedetto Della Vedova e invoca una “soluzione all’olandese per sottrarre il grande business delle sostanze alle organizzazioni della criminalità organizzata”.
In attesa di capire come andrà a finire l’ennesima estate contrassegnata dalla schiavitù di pomodori e angurie, quel che è certo è che Mellone farà parlare ancora di sè.
E già lancia la sfida per l’autunno: “Intitoleremo la sala consiliare a Renata Fonte, l’ex assessora neretina uccisa nel 1984 per il suo impegno contro le speculazioni edilizie”. La donna occupa un posto di primo piano nel pantheon delle associazioni come Libera che si battono per la legalità e contro le mafie.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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