Destra di Popolo.net

LA VECCHIA GUARDIA BERLUSCONIANA TIFA PER IL FLOP ALLA CONVENTION DI PARISI, SONO PROPRIO RIDOTTI MALE

Settembre 9th, 2016 Riccardo Fucile

“MEGAWATT, ENERGIE PER L’ITALIA” E’ UNA SORTA DI LEOPOLDA CHE SI TERRA’ A MILANO IL 16 E 17 SETTEMBRE… TRA ASSENZE, PRESENZE E BOICOTTAGGI

Episodio 1.
In settimana un retroscena su Libero ha raccontato che Berlusconi, tramite Sestino Giacomoni, avrebbe telefonato ai big azzurri per invitarli a non andare alla convention di Stefano Parisi in programma il 16 e 17 settembre a Milano il cui titolo è “Megawatt, energie per l’Italia”.
Motivo: preservare l’immagine nuovista del manager, che verrebbe offuscata se di fianco si trovasse Gasparri, Brunetta, Romani & C.
Sentite cosa risponde Maurizio Gasparri: “Ah ah… io non ho ricevuto nessuna telefonata. E comunque se a qualcuno venisse in mente di alzare il telefono per tenere alla larga certe persone da Parisi, dovrebbe chiamare quelli che gli vanno dietro. Non faccio nomi per carità  di patria, ma sono tutte seconde e terze file del partito. Averli come ospiti alla convention equivarrebbe a un flop. Io fossi Parisi li terrei lontani…”.
Episodio 2.
Mercoledì, nel redivivo Mattinale, creatura che gli era stata sottratta e che ora è tornata saldamente nelle sue mani, Renato Brunetta inaugurava una rubrica, “Quid & Megawatt”, con evidente relazione tra il quid (quello che secondo Berlusconi non aveva Alfano) in relazione all’ex candidato milanese.
Il sottotesto brunettiano è che, naturalmente, pure a Parisi manca il quid.
La perfida rubrichetta, però, il giorno dopo sparisce. Ordine di Silvio? Ah saperlo, direbbe Dagospia.
Episodio 3.
Oggi Vittorio Feltri spara un titolo di apertura di Libero che recita: “La rivolta dei falliti”.
E i falliti in questione sono proprio quelli che si oppongono a Parisi e l’hanno tenuto nel mirino per tutta l’estate.
“Chi osteggia Parisi imputandogli di aver ricevuto il battesimo dal Cavaliere è come il bue che dice cornuto all’asino (…) è in atto una rivolta dei falliti, politici di risulta che dopo aver ammazzato il partito tentano pure di sotterrarlo: vadano a nascondersi prima di essere rottamati”. Il direttore di Libero non usa il fioretto.
Tre scene illuminanti per capire il clima da lunghi coltelli che in questi giorni sta agitando Forza Italia in vista dell’appuntamento del prossimo week end, quando a Milano
“Mister Chili” (la sua società  di video on demand) radunerà  politici e società  civile intorno al suo progetto di rilancio di Forza Italia e del centrodestra.
Parisi è stato cannoneggiato per tutta l’estate, ma è proprio adesso che il fuoco di fila contro di lui si sta facendo più intenso.
Insomma, la vecchia guardia del partito gli fa la guerra e sono in tanti a sperare che la sua iniziativa si tramuti in un flop.
Giocando di sponda con Matteo Salvini, anch’egli abile e arruolato tra i detrattori di Parisi, che il capo leghista teme come competitor nella corsa alla leadership della coalizione.
Nel frattempo tutti negano le presunte telefonate giunte da Villa La Certosa.
“Non mi ha chiamato nessuno, ma del resto non ce n’è bisogno. Non ho alcuna intenzione di andare alla convention parisiana. Quella è un’iniziativa fuori da Forza Italia e noi non c’entriamo nulla”, risponde Paolo Romani.
“Nessuna telefonata”, taglia corto Renato Brunetta.
“Anche il mio telefono non ha squillato”, dice Altero Matteoli, che sottolinea: “Non andrò a Milano perchè non capisco cosa vuole fare Parisi. Forza Italia ha una classe dirigente in grado di rilanciare il partito da sola, non c’è bisogno di un papa straniero. Se poi Parisi vuole essere aggiuntivo… Ma non venga a farci la lezione”.
E sul presunto nuovismo di Parisi che Berlusconi vorrebbe preservare, Giovanni Toti è addirittura irridente: “Quando lui era direttore generale di Confindustria io andavo ancora al liceo”.
Personaggi di peso, tutti contro il manager, cui vanno aggiunti Daniela Santanchè, il neo riacquisto Renato Schifani e Laura Ravetto.
Poi ci sono altri due tronconi: chi sta in attesa in maniera assai diplomatica, come Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna e Deborah Bergamini, e coloro che, chi più e chi meno, si stanno posizionando dalla parte dell’ex ad di Fastweb.
Tra questi Antonio Tajani (che oggi ospita Parisi nella sua convention di Fiuggi), la deputata Elena Centemero, Stefania Prestigiacomo (“Stefano è l’uomo giusto. E poi c’è Silvio”, dice in un’intervista), Anna Maria Bernini, Renata Polverini, Lara Comi, Gregorio Fontana e Francesco Giro.
Tutti loro, o quasi, saranno a Milano. “Mi sorprenderebbe assai vedere a Megawatt alcuni di quelli che hanno cannoneggiato Parisi tutta l’estate. A Milano ci saranno quelli che stanno dalla sua parte, ma senza eccessi: resteremo nelle retrovie. Protagonista dovrà  essere la società  civile”, osserva Giro.
Che non ha dubbi sulla posizione di Berlusconi, che proprio questa settimana ha visto Parisi spronandolo ad andare avanti: “Il Cav sta con lui”.
Anche se poi Berlusconi, cui Parisi ha appena presentato un dossier sulla situazione economica del partito, si sa com’è fatto: da una parte rinnova la fiducia al manager, dall’altro rassicura la vecchia guarda dicendo che “Parisi si muove in maniera autonoma”.
Sta di fatto che, telefonate o meno, il leader di Fi ha dato la sua benedizione al manager e a Milano non vuole vedere vecchie facce.
“Meno politici ci sono e meglio è. Deve emergere il nuovo e la società  civile che si sta coagulando intorno a Stefano”, conferma Antonio Tajani.
Ma dell’input berlusconiano viene data anche un’altra lettura: l’ex Cav a Milano non vorrebbe vedere nemmeno i forzisti pro Parisi, perchè questo sancirebbe ufficialmente la nascita di una corrente parisiana nel partito azzurro.
Cosa che però, a scorrere gli eventi delle ultime settimane, è già  nei fatti.
“In Forza Italia è in atto una guerra tra le cariatidi che si fingono berlusconiane e Parisi”, scrive Vittorio Feltri sempre nell’editoriale di oggi, articolo che è andato di traverso a tutta la vecchia guardia del partito.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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SAVIANO SBRICIOLA I 5 STELLE: “HANNO SPINTO NEL PRECIPIZIO ANCHE L’ULTIMA BRICIOLA DI FIDUCIA CHE GLI ITALIANI CONSERVAVANO DELLA POLITICA”

Settembre 9th, 2016 Riccardo Fucile

“I PEGGIORI NEMICI DEL M5S SONO DENTRO AL MOVIMENTO”

“Oggi i peggiori nemici del M5S sono nel M5S e non e’ la stampa che ha esagerato o gli avversari politici che sull’affaire capitolino ci hanno marciato”.
Lo scrive su Facebook Roberto Saviano, spiegando di aver “osservato con attenzione quanto è accaduto a Roma nelle ultime settimane”, e che le vicende legate alla giunta Raggi lo hanno portato “a fare alcune riflessioni”
Mi domando spesso, dice, “se in questo Paese sia realmente possibile entrare nel dibattito politico senza ricevere in risposta l’urlo da stadio. E allora si scende in campo e si tifa per una parte politica: se critichi Renzi sei dei 5Stelle, se critichi De Magistris sei renziano e cosi via”.
“Mi domando spesso – prosegue – perchè in questo Paese non posso dire, liberamente, senza essere additato come sostenitore dei poteri forti, che la responsabilità  che ha il M5S è quella di aver spinto nel precipizio più profondo anche l’ultima briciola di fiducia che gli italiani ancora, gelosamente, conservavano nella politica. In quella politica che aveva tradito e rubato, insozzato e corrotto, ma che pure era ed è popolata da una folta schiera di onesti che non fanno notizia, che amministrano realtà  difficili senza che nessuno si occupi di loro”.
Per Saviano “la politica è prima di tutto patto di fiducia, non solo con il movimento o il partito, ma con il progetto e poi con la persona. Pensare che tutti siano intercambiabili e sostituibili mi restituisce il senso di una società  che dovrebbe rattristarci. ‘Uno vale uno’ significa che nessuno di noi deve avere un ego potenziato, ma ‘uno vale uno’ spesso viene frainteso come ‘se non mi vai bene tu, avanti un altro’. È questo il tenore dei commenti che leggo: ‘Se Raggi non ci piace, poco importa, avanti il prossimo cittadino’. E poi ancora un altro. Questa non e’ democrazia, e’ confusione”.
“Ok: Saviano attacca il Movimento! Saviano è renziano! Saviano è con i poteri forti!”, sottolinea lo scrittore che poi attacca: “Mettetela come vi pare, il punto è che per governare bisogna scendere a compromessi e il modo peggiore di condividere con i cittadini delle scelte che sanno di compromesso e’ attraverso mail private o messaggi telefonici fatti trapelare senza che ci fosse alcun accordo. Questa e’ la negazione della trasparenza e pone un problema enorme tutto interno al Movimento”.
“Sarò fuori tempo – continua Saviano-, ma continuo a pensare che la politica sia altro e che non basta essere novità  per essere realmente diversi”.
“Sarò fuori contesto – dice ancora -, ma continuo a pensare che per fare politica ci vogliano competenze (meglio ladro e corrotto o a digiuno di competenze ma onesto? Ma davvero credete che si debba per forza scegliere tra queste due categorie astratte? Chi ci ha fatto il lavaggio del cervello e convinto che non esistano politici per bene e competenti?)”.
“Continuo a credere che la politica sia una professione che richiede competenze specifiche e che non lascia spazio a improvvisazioni. Questo vale per il M5S, per gli altri partiti e per il Governo (basta vedere le continue boutade di Lorenzin e i continui ‘non sapevo’ di Alfano per capire che nessuno può tirarsi fuori e nessuno può puntare il dito). Se non la pensassi cosi’, sarei sceso in campo anch’io”, conclude.

(da “Huffingtonpost”)

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COMICHE ROMANE, DE DOMINICIS: “MI DIFENDE LO STUDIO SAMMARCO”. CHE ORA REPLICA: “MAI AVUTO RAPPORTI CON LUI”

Settembre 9th, 2016 Riccardo Fucile

MA NON ERA STATO SAMMARCO (NEL CUI STUDIO LA RAGGI AVEVA FATTO PRATICA) A CHIEDERGLI DI FARE L’ASSESSORE? E ORA NON LO CONOSCE?

Dice di non sapere nulla di un fascicolo aperto a suo carico, motivazione con la quale la giunta Raggi ha revocato la sua nomina ad assessore al
Con la stessa naturalezza con cui aveva raccontato di aver accettato il ruolo che era stato di Marcello Minenna perchè “un amico, l’avvocato Sammarco, mi ha chiesto la disponibilità “.
Si intrecciano ancora una volta le strade di Raffaele De Dominicis, ex procuratore generale della Corte dei Conti del Lazio e responsabile del Bilancio del comune di Roma per neanche 24 ore, e dello studio legale presso il quale il sindaco del M5S mosse i primi passi nella professione forense.
“Non ho mai ricevuto alcun avviso di garanzia — assicura De Dominicis in un’intervista a La Repubblica — e sono pronto a denunciare chiunque dirà  o scriverà  che c’è un fascicolo a mio carico”.
Ma chi la difende? L’avvocato Sammarco?, domanda il giornalista. “No, è un ragazzetto di quello studio”, la risposta.
Ma dallo studio a metà  mattinata arriva una secca smentita: “In riferimento all’articolo pubblicato oggi sul quotidiano La Repubblica — si legge in una nota affidata alle agenzie dall’avvocato Pieremilio Sammarco — mi preme sottolineare che il sottoscritto non conosce nè ha avuto rapporti di tipo personale e professionale con il dottor Raffaele De Dominicis”.
“Il dottor De Dominicis non è e non è mai stato cliente presso lo studio di cui sono titolare nè è o è mai stato cliente presso lo studio di mio fratello Alessandro, penalista — aggiunge il legale — Ribadisco il concetto per non dare adito ad ulteriori illazioni o strumentalizzazioni: nè io nè mio fratello abbiamo mai avuto rapporti con il dottor De Dominicis”.
I Sammarco dicono di non avere come cliente e di non conoscere De Dominicis, dunque.
Eppure l’ex magistrato contabile il 4 settembre aveva raccontato di aver accettato la nomina nella giunta Raggi perchè “un amico, l’avvocato Sammarco, mi ha chiesto la disponibilità  e io ho ritenuto di dovermi mettere a disposizione”.
Quella volta i Sammarco non smentirono, ma si limitarono a precisare: “Io non faccio scouting — puntualizzava Pieremilio — nè selezione delle persone; se mi viene chiesto un consiglio, in via confidenziale, come si potrebbe fare con un medico o un avvocato a cui affidarsi, posso dire la mia (…). Sui miei rapporti con De Dominicis, posso dire che, in ragione del prestigioso ufficio ricoperto, è persona nota nell’ambiente giudiziario cui appartengo”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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INTERVISTA A DE DOMINICIS: “CINQUESTELLE? QUATTRO RAGAZZETTI IGNORANTI”

Settembre 9th, 2016 Riccardo Fucile

IL MAGISTRATO CHIAMATO COME ASSESSORE AL BILANCIO E CACCIATO DOPO TRE GIORNI: “PIGNATONE AVEVA GIA’ ARCHIVIATO, IL GIP HA CHIESTO ULTERIORI ACCERTAMENTI, NE USCIRO’ A TESTA ALTA E ORA QUERELO ANCHE GASPARRI”

«Sono quattro ragazzetti che non hanno finito nemmeno gli studi».
Liquida così, Raffaele De Dominicis, i membri del direttorio che hanno imposto al sindaco Virginia Raggi le sue dimissioni da assessore al Bilancio del Comune di Roma.
Una nomina bruciata nell’arco di soli tre giorni. I vertici del Movimento 5 Stelle, infatti, hanno scoperto che l’ex procuratore regionale della Corte dei conti del Lazio risulta indagato per abuso d’ufficio dalla Procura di Roma.
La Raggi l’ha contattato per dirle che non sarà  più uno dei suoi assessori?
«Non ancora».
È stato il direttorio a volerlo?
«Sono quattro ragazzacci. Quattro ragazzini che credono di potersi sovrapporre ai codici e alla morale. Non mi interessa il Movimento. Io sono un uomo libero. Ho il pallino dello studio e amo Roma, per questo sono stato chiamato a fare l’assessore. Non l’ho fatto certo per il Movimento, col quale non c’entro nulla».
Cosa mi dice del procedimento penale che la riguarda
«Sono vittima di un complotto, un’ingiustizia gravissima e senza precedenti. I miei nemici hanno raggiunto il loro obiettivo. Ma non l’avranno vinta, mi difenderò attaccando».
La sua iscrizione nel registro degli indagati però è un dato di fatto
«Un mio ex collega della Corte dei conti mi ha contestato un atto su cui non era d’accordo. Io non ero d’accordo con lui a presentare appello su una sentenza di assoluzione di primo grado e mi ha denunciato alla Procura penale. Ma so che Pignatone l’aveva archiviato».
In realtà  il giudice delle indagini preliminari ha chiesto ulteriori accertamenti e ha disposto l’iscrizione come atto dovuto.
«Denuncerò chi ha diffuso questa voce per violazione del segreto istruttorio. Tra l’altro il collega che mi ha accusato si è anche auto calunniato».
Si parla anche di un’altra denuncia, per «comportamenti non idonei» sul luogo di lavoro?
«Sono tutte calunnie. Nella mia condotta non c’è nulla che possa essere incompatibile con l’etica pubblica».
Ha ricevuto un avviso di garanzia?
«Assolutamente no».
Cosa pensa della Raggi
«Mi sento preso in giro. Quello non è un partito. Non tornerei a fare l’assessore nemmeno se la Raggi me lo richiedesse in ginocchio. A questo punto ognuno a casa sua».
Il senatore Maurizio Gasparri definisce la sua una nomina fatta “col cappuccio” dalla Raggi, evocando uno scenario massonico che vede legato il sindaco allo studio Sammarco
«Sono tutte fesserie. Mi ha scelto perchè ho delle competenze tecniche sulla materia finanziaria. Querelerò anche Gasparri».
Chi la difende nel procedimento che la vede indagato?
«Un giovane avvocato dello studio Sammarco».

Valeria Di Corrado
(da “il Tempo”)

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CONDANNA PER FRODE E RICICLAGGIO AI VERTICI DELLA MENARINI. CONFISCATO UN MILIARDO IN CONTI ESTERI

Settembre 9th, 2016 Riccardo Fucile

CONDANNATI A 10 ANNI E 6 MESI LA PRESIDENTE DEL PIU’ GROSSO GRUPPO FARMACEUTICO ITALIANO, A 7 ANNI E MEZZO IL FRATELLO

Condannati i vertici della casa farmaceutica Menarini. La presidente Lucia Aleotti condannata a 10 anni e sei mesi per riciclaggio da frode fiscale, 7 anni e mezzo al fratello, Giovanni Aleotti, vipresidente, per gli stessi reati. Lucia Aleotti è stata condannata anche per corruzione.
Ordinata la confisca per un miliardo di euro nei conti all’estero della famiglia. E’ caduta invece l’accusa di truffa.
La più grande casa farmaceutica italiana, la Menarini di Firenze, era infatti accusata di essere diventata tale perpetrando per quasi trent’anni, dal 1984 al 2010, una colossale frode ai danni del sistema sanitario nazionale.
Usando società  estere fittizie per l’acquisto dei principi attivi dei farmaci, ne avrebbe aumentato il prezzo finale grazie a una serie di false fatturazioni. Lo Stato, rimborsando medicinali con prezzi gonfiati, ci avrebbe rimesso 860 milioni di euro. La famiglia Aleotti, proprietaria della Menarini, ci avrebbe guadagnato oltre mezzo miliardo di euro: quei soldi sarebbero stati riciclati all’estero insieme con altri proventi illeciti accumulati grazie alla corruzione e a numerosi reati di frode fiscale, per un totale di circa 1.2 miliardi di euro.
Assolti tutti gli altri imputati compreso la madre dei due fratelli, Massimiliana Landini. Gli altri imputati assolti sono Giovanni Cresci, Licia Proietti e Sandro Casini. Per alcuni capi di imputazione – tra cui la truffa – anche i due fratelli Aleotti sono stati comunque assolti
La tesi della procura di Firenze è stata di fatto accolta stasera dal Tribunale del capoluogo toscano, presidente di giuria il giudice Francesco Gratteri, che dopo un processo durato due anni ha condannato in primo grado i vertici dell’azienda che erano stati accusati a vario titolo di riciclaggio, reimpiego (il secondo ‘lavaggio’ di denaro sporco), evasione fiscale e corruzione.
Tra loro non c’è quello che gli inquirenti hanno considerato ‘l’architetto’ della truffa colossale, l’ex patron Alberto Aleotti, deceduto due anni fa
Al processo si erano costituite parti civili il Ministero della Salute, sei Regioni e oltre 100 Asl.
Ad esempio l’avvocato Francesco Bevacqua, legale rappresentante della Regione Toscana e delle sue tre maxi aziende sanitarie universitarie (Careggi a Firenze, Cisanello a Pisa e Le Scotte a Siena, oltre all’ospedale pediatrico Meyer) aveva chiesto nel corso della sua arringa, un maxi risarcimento da 87 milioni di euro, di cui 57 per danni patrimoniali e 30 per danno d’immagine.
Non essendo però stata provata la truffa – i giudici hanno assolto gli Aleotti da quest’accusa con la formula della ‘vecchia’ insufficienza di prove – non ci saranno risarcimenti.
Ci sarà  invece, e cospicuo (100.000 euro) per la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Secondo l’accusa dei pm Ettore Squillace Greco, Luca Turco e Giuseppina Mione della procura, grazie a società  off-shore interposte e complesse triangolazioni la Menarini avrebbe quindi sovrafatturato per 26 anni il costo dei principi attivi comprati dalle multinazionali produttrici.
Poi – ha spiegato nel corso della sua requisitoria il pm Ettore Squillace Greco (ora procuratore capo a Livorno) — “corrompendo le persone che costituivano gli organi amministrativi deputati alla determinazione del prezzo dei farmaci”, il defunto patron Alberto Aleotti “otteneva prezzi vantaggiosi anche per i prodotti delle altre multinazionali”.
Secondo l’altro pm che si è occupato del caso, il sostituto procuratore Luca Turco, “Aleotti è stato molto intelligente e abile, un’abilità  e un’intelligenza criminali”. Parlando dei reati-presupposto del riciclaggio – e cioè la enorme truffa sui farmaci da cui sono stati assolti per insufficienza di prove, la corruzione e la frode fiscale (realizzata tramite quattro professionisti svizzeri che hanno patteggiato in udienza preliminare) Turco ha infatti ricordato che Aleotti fu incastrato negli anni di Mani Pulite dall’inchiesta napoletana sulla Farmatruffa: l’ex patron “pagò Poggiolini e gli altri funzionari che determinavano il prezzo dei farmaci, che così non guardavano nemmeno le carte”.
E “anche se la Menarini era al loro confronto un moscerino, le grandi multinazionali avevano interesse a fare accordi con Aleotti, perchè lui riusciva a ottenere per i farmaci, su questo mercato, prezzi nettamente più alti rispetto a quelli che sarebbero riusciti a spuntare loro”.
Aleotti patteggiò nel 1997 il reato di corruzione e versò un risarcimento allo Stato di circa 3 miliardi di lire, pari a circa un milione e mezzo di euro.
“Così facendo riuscì a nascondere la truffa colossale che stava perpetrando proprio in quegli anni e che gli ha fruttato una provvista occulta di un miliardo e 200 milioni di euro”.
All’origine dell’inchiesta sul riciclaggio dei fondi neri Menarini, c’è un conto segreto in Liechtenstein di 476 milioni di euro di cui nel 2008 erano titolari presso la Banca Lgt del Principato del Liechtenstein il patriarca Alberto Aleotti, morto il 7 maggio 2014, sua moglie Massimiliana Landini e i figli Lucia, Giovanni e Benedetta.
Quel conto, secondo solo a quello del Granduca del Liechtenstein, era venuto alla luce nel 2008 quando un ex funzionario della Lgt, Heinrich Kieber, aveva venduto ai servizi segreti tedeschi, per 5 milioni di euro, la lista di 3.929 conti riservati di fondazioni e di 5.828 persone fisiche.
Dalla Germania quelle carte della Lgt erano state inviate in Australia nell’ambito della collaborazione internazionale e due anni dopo l’autorità  fiscale australiana le aveva mandate prima al Comando generale della Guardia di Finanza e poi, tramite rogatoria internazionale, al Ministero della Giustizia.
Nel corso delle indagini dei carabinieri del Nas, sono state anche documentate “serrate attività  di pressione” della famiglia Aleotti “su esponenti politici, negli anni 2008-2009”, per contrastare l’operato di alcune Regioni che “avevano adottato delibere a favore di farmaci generici”.
Pressioni, anche attraverso lettere, sull’ex premier Silvio Berlusconi e sull’ex ministro Claudio Scajola, e ‘interventi’ sull’allora assessore toscano alla salute, e oggi presidente della Regione, Enrico Rossi, e su altri esponenti politici, fra i quali Gianni Letta e vari ex sottosegretari.
Su questo tipo di attività  la procura non ha mosso alcun rilievo penale.
Diverso il caso del senatore ex pdl Cesare Cursi, che era accusato di corruzione: la sua posizione è stata archiviata dopo la decisione del Senato di negare l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni che lo riguardavano.
Già  presidente della commissione Industria e Commercio, Cursi si attivò più volte, su richiesta degli Aleotti, per bloccare o limitare i poteri delle Regioni sulla prescrizione dei farmaci, con l’obiettivo di difendere la quota di mercato di quelli coperti da brevetto.
E’ per questo episodio corruttivo che è scattato il risarcimento per la Presidenza del Consiglio.
Nell’indagine è spuntata anche, col ruolo di ‘mediatrice’ svolto per Aleotti, la signora Maria Girani Angiolillo, defunta regina dei salotti romani.
“Ai grandi affari servono anche quelle singolari forme di relazioni social-salottiere che abbiamo conosciuto attraverso le agende di Maria Angiolillo. Ci si conosce, ci si annusa, ci si legittima”, ha detto il pm Squillace Greco sempre durante la sua requisitoria.
Nell’ambito delle indagini, i carabinieri del Nas sequestrarono anche i diari della signora Angiolillo, che rimase estranea all’inchiesta, amica dell’ex patron di Menarini, Alberto Aleotti.
Nell’arco dell’inchiesta, come cifra equivalente all’illecito, in due distinte occasioni la procura di Firenze aveva infine fatto sequestrare 1 miliardo e 200 milioni di euro alla famiglia Aleotti, provvedimento poi annullato dalla Cassazione dopo un complesso iter giudiziario.
Adesso la nuova confisca che sarà  però attuata soltanto a sentenza definitiva.

(da “La Repubblica”)

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NON SI ASSUME (-30%) E SI LICENZIA (+7,4%): LA MARCHETTA AI DATORI DI LAVORO HA OTTENUTO IL SUO SCOPO

Settembre 9th, 2016 Riccardo Fucile

FINITI GLI INCENTIVI CHE HANNO DOPATO IL MERCATO, RESTA SOLO LA LIBERTA’ DI LICENZIARE

Arriva la fotografia “completa” del mercato del lavoro e non porta buone notizie.
Nel secondo trimestre del 2016 le attivazioni di contratti a tempo indeterminato sono state 392.043, il 29,4% in meno rispetto all’anno scorso (-163.099).
Lo rileva il ministero del Lavoro con le comunicazioni obbligatorie appena pubblicato dal ministero del Lavoro.
I rapporti di lavoro a tempo indeterminato cessati sono stati 470.561, -10% rispetto allo stesso periodo del 2015.
Il dato, a differenza di quello dell’Inps, tiene conto di tutto il lavoro dipendente compresi domestici, agricoli e p.a e anche dei contratti di collaborazione. I numeri risentono della riduzione dell’incentivo all’assunzione a tempo indeterminato.
Ecco il dettaglio della ricognizione
Nel secondo trimestre del 2016 sono state registrate 2,45 milioni di attivazioni di contratti nel complesso a fronte di 2,19 milioni di cessazioni.
La maggioranza delle cessazioni sono dovute al termine del contratto a tempo determinato (1,43 milioni).
Tra le altre cessazioni sono aumentate quelle promosse dal datore di lavoro (+8,1%) mentre si sono ridotte quelle chieste dal lavoratore (-24,9%).
In particolare sono aumentati i licenziamenti (+7,4% sul secondo trimestre 2016).
Nel periodo i licenziamenti sono stati infatti 221.186, 15.264 in più rispetto al secondo trimestre 2015.
Sono invece diminuite le chiusure di contratto dovute alla cessazione dell’attività  del datore di lavoro (-10,3%)
Tra le cessazioni richieste dal lavoratore sono in calo considerevole sia le dimissioni (293.814, -23,9%) sia i pensionamenti (13.924 (-41,4%).
Per le donne le uscite per pensionamento sono crollate (-47%), probabilmente anche a causa della stretta sui requisiti per la pensione di vecchiaia scattati quest’anno.
Un calo ancora più consistente si era registrato nel primo trimestre, con le cessazioni per dimissioni per pensionamento delle donne ferme a 3.169 (-64,9%).
I dati sono destinati certamente a far discutere. Sia nel merito che rispetto a quelli sventolati dal governo.

(da agenzie)

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DA MENO 1% A MENO 4,4%: ECCO QUANTO COSTA IL CASO RAGGI AL M5S SECONDO I SONDAGGISTI

Settembre 9th, 2016 Riccardo Fucile

FLESSIONE CONFERMATA DA SWG, IPR, TECNE’ E IXE’… LA FIDUCIA IN DI MAIO SCENDE DI DUE PUNTI

I sette giorni della crisi della giunta di Virginia Raggi in Campidoglio fanno segnare un calo per il Movimento 5 stelle nei sondaggi.
In tutte le rilevazioni degli ultimi giorni per i grillini si registra il segno negativo: -4,4% per Swg, — 3% per Tecnè e Ipr (Porta a Porta) e -1% per Ixè (Agorà  Estate Rai 3).
Nella classifica di fiducia dei leader il deputato M5s Luigi Di Maio passa dal 28% al 26.
Una settimana dopo l’inizio del caos romano risulta chiara la prima emorragia nei consensi per i 5 stelle.
Dall’altra parte crescono il Pd (anche se di poco meno di un punto) e Forza Italia.
Interessante anche notare che secondo la maggioranza degli intervistati da Ixè c’è un problema di trasparenza dentro il Movimento, ma Raggi non deve fare un passo indietro.
Se in un primo momento gli esperti non avevano visto un effetto significativo sui sondaggi a livello nazionale, sette giorni dopo i 5 stelle pagano le conseguenze di un caso che ha travolto il M5s.
Swg: “Meno 4,4 punti per i 5 stelle”
Il sondaggio Swg, pubblicato da il Messaggero, mette a confronto le rilevazioni del primo settembre al rientro dalla pausa estiva della politica con quelli del 9 settembre dopo la crisi M5s a Roma. I grillini passano dal 29,5 per cento al 25,1%.
“La ragione principale”, ha detto il direttore scientifico di Swg Enzo Risso al quotidiano, “sta in tutto ciò che ruota intorno al caso Roma. La vittoria della Raggi è stata un simbolo della voglia di cambiamento importante e nello stesso tempo un banco di prova non solo sulla capacità  di governare ma anche nell’essere differenti come metodo”.
La prima valutazione dei cittadini, ha detto Risso, evidenzia i limiti di questa esperienza: “Sta emergendo del dilettantismo, ma anche un movimento fatto di individualità  non unite”.
Ipr e Tecnè: “I grillini perdono 3 punti percentuali rispetto a luglio”
Il Movimento 5 stelle è in calo anche secondo le rilevazioni di Ipr e Tecnè per la trasmissione “Porta a Porta”.
In questo caso il confronto è con i sondaggi di luglio scorso. Ipr segnala -3 punti percentuali per M5s (27%), più 1 punto per il Pd (32%), -0,5% per la Lega Nord (12,5%).
Tendenze simili a quelle di Tecnè che evidenzia una lieve crescita per il Pd che arriva al 31,5% (più 0,5) a fronte di un calo del M5s del 3 per cento (27,5%).
Ixè: “M5s perde un punto.  
Secondo la rilevazione dell’istituto Ixè per Agorà  Estate il calo del Movimento 5 stelle è più contenuto: i grillini registrano un meno 0,9 per cento, mentre il Pd cresce dello 0,3 passando al 32,9%. E’ in crescita dello 0,3 per cento anche Forza Italia, mentre la Lega Nord perde lo 0,4 per cento.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella rimane il leader che ispira maggior fiducia agli italiani.
Il capo dello Stato raccoglie il 57% delle preferenze delle persone intervistate. Seguono il premier Renzi stabile al 33%, mentre Luigi Di Maio (M5s) perde due punti e passa dal 28 al 26%.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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COSI’ MURARO INCASSO’ 22.000 EURO DA CERRONI NEI GIORNI DELLA NOMINA

Settembre 9th, 2016 Riccardo Fucile

UN INCARICO PER UN’AZIENDA ACCUSATA DI MAFIA, ORA MURARO RISCHIA L’ACCUSA DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE

Ventiduemila euro, iva compresa. L’assegno per Paola Muraro, nominata consulente tecnico di parte dalla Gesenu di cui è socio il re delle discariche Manlio Cerroni, è stato staccato proprio nei giorni in cui avveniva la nomina ad assessora.
Siamo a fine giugno. Il compenso è per una relazione a firma Muraro che dimostrerà  come la società  di Perugia, commissariata per mafia e ora a processo, non ha macchie.
La relazione verrà  inviata a giorni.
Dalla Gesenu la aspettano perchè le accuse sono pesantissime e su quegli illeciti ci sono in ballo, secondo l’impianto accusatorio, interessi diretti della mafia siciliana.
Di questa consulenza che è un ulteriore elemento che riconduce Muraro agli interessi di Cerroni, non c’è traccia nel curriculum dell’ex consulente Ama diventata assessora.
Sull’asse Muraro-Cerroni lavora da mesi la Procura che indaga sull’imprenditore per il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti.
I pm stanno valutando la possibilità  che questa accusa possa estendersi proprio a Muraro, finora sotto indagine per abuso e violazione delle norme ambientali nell’ambito dell’inchiesta sulla certificazione degli impianti di trattamento meccanico biologico. Muraro sarà  ascoltata la prossima settimana.
Anche questa vicenda riconduce a Cerroni, poichè quei dati sui rifiuti, in entrata e uscita dagli impianti tmb, avrebbero finito con l’agevolare proprio il re delle discariche.
Ora, questo nuovo elemento, ovvero la consulenza diretta per l’azienda perugina sembra confermare l’esistenza di un patto di ferro tra l’assessora e l’imprenditore, da tenere però nascosto per le evidenti implicazioni di immagine.
Ecco perchè l’assessora non ne avrebbe fatto menzione nel curriculum.
Così come non vi è traccia dei compensi percepiti per la sua attività  professionale. Un’omissione che riguarda anche Raggi.
Sul sito del Comune di Roma non si trovano neppure quelli della sindaca , in barba alla decantata trasparenza evocata dai Cinquestelle che avrebbe dovuto fare del Campidoglio una casa di vetro.
Per Muraro, la consulenza, legittima per un tecnico, deve forse costituire elemento di imbarazzo, tanto più che riguarda un’azienda coinvolta in un caso di mafia, sotto inchiesta dal 26 ottobre 2015.
Sulla società  pende infatti un’interdittiva antimafia della prefettura di Perugia.
Di Gesenu, Cerroni insieme con Carlo Noto La Diega erano soci al 55% e gestivano i rifiuti in 26 comuni dell’Umbria. L’incarico a Muraro risale al febbraio 2016
Muraro, che da assessora ha rivendicato di aver fatto la guerra al ras della monnezza, sventolando la vittoria di Ama nell’arbitrato da 90 milioni di euro, prima di lanciarsi nell’avventura politica ha almeno una volta, dunque, prestato la sua opera per Cerroni e soci
Da responsabile ambiente della giunta Raggi si sarebbe poi spinta a pretendere che Ama tornasse a utilizzare l’impianto di Cerroni intimando all’ex dg della municipalizzata Daniele Fortini di riaprire il tritovagliatore di Rocca Cencia.
Un’impresa, che non riuscirà : Muraro si sbarazzerà  di Fortini ma finirà  a sua volta nel vortice dei sospetti proprio per quei rapporti opachi con Cerroni che le costano l’inchiesta.

(da “La Repubblica”)

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LA RABBIA DI GRILLO: “QUESTA E’ PAZZA”. PRONTO A LEVARE IL SIMBOLO

Settembre 9th, 2016 Riccardo Fucile

PRESSING PER FAR TORNARE MINENNA IN GIUNTA, MA LA RAGGI DICE NO… “BEPPE E’ SOTTO RICATTO, ALTRIMENTI NON SI SPIEGA”… DI MAIO TEME ESCANO ALTRE SUE MAIL… “ANCHE DI BATTISTA SAPEVA”

«Beppe, Virginia ha bisogno di uno schiaffone».
Scena 1: il direttorio incontra Beppe Grillo in un luogo segreto. Siamo a mercoledì, il giorno più drammatico per Luigi Di Maio. I 5 deputati che compongono l’organo di governo del M5S sono spaccati. Carla Ruocco quasi non guarda Di Maio. Roberto Fico è deluso. Devono pensare a salvare il deputato e il M5S dalle sue bugie, ma vogliono anche far fuori Raggi.
Chiedono a Grillo di minacciarla di nuovo che le toglieranno il simbolo se non rispetterà  tre condizioni. «Il no netto alle Olimpiadi entro 48 ore, basta temporeggiare. Il ritorno di Marcello Minenna al Bilancio al posto di Salvatore De Dominicis. Fuori dai piedi Raffaele Marra e Salvatore Romeo», i due funzionari a cui la sindaca ha legato il proprio destino.
Il comico accetta solo l’ultima e calma i ragazzi. Ruocco non ci sta. Sale sul palco di Nettuno solo perchè glielo chiede Grillo, sorride alle telecamere, poi sale in macchina e se ne va, mentre ancora parla Fico.
Scena 2: ieri, hotel Forum.
Pare che la sindaca Raggi sia stata vista prestissimo entrare nel rifugio romano del leader pentastellato. Ruocco arriva più tardi. Alessandro Di Battista reduce dal suo show resta fino alle due di pomeriggio alla Camera. Si ragiona sulla strategia adottata la sera prima quando Grillo ha imposto la tregua e mostrato il suo volto più comprensivo. Più che altro aspettano. Il leader ha ribadito a Raggi le richieste del Movimento su Marra e Romeo.
A ora di pranzo arriva il responso. Romeo resta capo di segreteria, con stipendio più basso. Marra invece non va più a occuparsi di commercio, da vice-capogabinetto finisce a guidare il personale. Un ruolo ancora pesante.
Lo spiega Ruocco a Grillo: «E’ il posto che aveva Laura Benente, l’ha fatta fuori proprio lui mentre lei era in vacanza!». Ruocco è la più furiosa. Raggi li sta sfidando ancora. Il fondatore è spiazzato: «Questa qui è pazza» dice.
Gli fanno eco tutti: «Sì è matta. Ora ha bisogno di uno schiaffone».
Chiamano lo staff per fare ponte con il Campidoglio. Fico è netto «Beppe non possiamo mostrarci deboli e creare un precedente solo perchè governa Roma. Dobbiamo essere coerenti».
Inutile dire che più volte è stato evocato Federico Pizzarotti. «Lei è peggio» dicono. Fico è l’erede del garante delle regole e del metodo M5S, quello che a modo suo ha strigliato Di Maio.
«Nel Movimento non c’è un leader. Forse ci siamo montati troppo la testa». È lui ancora più degli altri il sostenitore dell’arma estrema: levare il simbolo alla sindaca ribelle. In questi giorni di furore e smarrimento, l’ipotesi è sempre stata lì, sul tavolo delle estenuanti trattative con Raggi. Grillo, prima scettico, ora è più tentato.
Intanto il mini-direttorio viene azzerato. Così voleva Raggi per levarsi di torno Paola Taverna&C. «che entravano nella stanza del sindaco anche quando non c’ero».
Così decidono Grillo e il direttorio: «Accontentiamola, ma adesso è davvero sola in mare aperto». Vuole massima autonomia. Ha capito che rischia di perdere il simbolo ma va avanti. Per la sfiducia molto dipenderà  dai suoi consiglieri.
Il pressing del direttorio si fa più convincente. Grillo temporeggia: «Vediamo dove vuole arrivare…». Preferisce tornare al contrattacco con l’ultimatum del giorno prima. Olimpiadi e Minenna compresi. Dal Campidoglio arriva l’ok sulle Olimpiadi e una precisazione: la destinazione di Marra al personale è «temporanea».
Su Minenna invece la chiusura è netta, nonostante l’improvvisa defenestrazione di De Dominicis.
Al direttorio non basta. «E’ sotto ricatto Beppe, non si spiega altrimenti» è la tesi di tutti.
Di Maio è il più taciturno, la batosta presa per le mail e gli sms, che hanno rivelato come sapesse dell’assessora indagata, lo ha fiaccato. Ma è preoccupato anche di altro. Sa che ci sono altre mail e altri messaggi. Salvarlo è stato un obbligo nel M5S, ma il vaso di Pandora potrebbe aprirsi.
Di Maio sa soprattutto che molti non hanno mai gradito la sua ascesa in solitaria, la visita ai lobbisti, le continue apparizioni in tv. «Ora non è così scontato che sarà  il candidato premier».
Ma gli rinfacciano anche di essere stato l’unico a proteggere Raggi. «Quella è una ragazzina che dovrebbe limitarsi a tagliare nastri».
Nel direttorio che sembra muoversi compatto, le voci più critiche sono quelle di Fico, Ruocco e Sibilia. Di Battista aveva preferito schierarsi con Di Maio in difesa di Raggi. Forse perchè, come più di qualcuno insinua nel Movimento, anche lui sapeva.

(da “La Stampa”)

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