Settembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
CONTINUA LA FARSA DELLE NOMINE… ANCHE QUELLA DI BERRUTI E’ A RISCHIO E SAPETE PERCHE’? PARE CHE IL FRATELLO FREQUENTI LA FIGLIA DI MALAGO’… MANICOMIO A CINQUESTELLE
Se parli con i dirigenti dei 5 Stelle, le reazioni al nome delle Raggi sono molto diverse. In molti si sottraggono. Altri lasciano filtrare, anonimamente, perplessità
Ma critiche arrivano anche apertis verbis .
Basti sentire quel che dice Roberto Fico, quando parla di Salvatore Tutino, che sarebbe stato scelto dalla Raggi come prossimo assessore al Bilancio: «Dico solo che spero che la Raggi si sia letta le interrogazioni parlamentari che abbiamo presentato». Interrogazioni per nulla tenere con lui.
Un altro membro dell’ormai defunto direttorio, Carlo Sibilia, si augura che «la sindaca ci pensi bene, quando prenderà questa decisione».
Il mantra è che la Raggi è e deve essere autonoma: «Le decisioni le prende la signora», chiarisce Grillo seccamente, usando un termine non troppo affettuoso.
Fatto sta che non piacciono molte delle decisioni prese dalla Raggi. E la conferma arriva da Alessandro Di Battista: «Sì, con Tutino sono stato molto duro in passato».
È vero, conferma Vignaroli, «abbiamo criticato Tutino, anche se ora dobbiamo vederlo all’opera».
Piccole aperture di credito che nascondono uno scollamento sempre più evidente tra la Raggi e il Movimento.
Non sono un mistero le critiche di Paola Taverna e di Carla Ruocco. Critiche non solo su Tutino, ma anche su diverse scelte precedenti, come quella di Raffaele Marra, già vicino ad Alemanno, capo del dipartimento comunale personale.
In realtà le tre scelte appena prese – Salvatore Tutino al Bilancio, Alessandro Gennaro alle Partecipate e Gianluca Berruti all’anticorruzione – sono già in bilico.
Tutino resta papabile. Ma ci sono dei problemi sui tempi: la nomina potrebbe slittare di settimane visto che per il magistrato c’è il passaggio formale al Consiglio di presidenza della Corte dei conti per la richiesta di aspettativa senza assegni.
Raggi avrebbe voluto bypassare questo step, per questo cercava un magistrato «ex». Invece i calcoli si sono rivelati approssimativi: «Non sono un pensionato, lunedì vado regolarmente a lavoro», dice Tutino che non conferma nè smentisce la proposta della Raggi («Su questo preferisco non rispondere, capirà …»)
E poi ci sono le vecchie polemiche con i vertici del Movimento per la pensione d’oro che, nonostante ieri il tentativo di smorzare di Di Battista hanno finito con l’entrare in circolo.
È un problema che mette a rischio lo schema di Raggi.
Se Tutino non è sicuro del Bilancio, vacilla anche la scelta per le Partecipate, il 39enne Alessandro Gennaro.
Berruti invece, potrebbe pagare la presunta frequentazione del fratello con una figlia del presidente del Coni, Giovanni Malagò.
E c’è fermento tra i consiglieri M5S: alcuni hanno risposto alla mail del Coni che sollecitava di opporsi alla mozione del no alle Olimpiadi anche se l’indicazione del capogruppo Paolo Ferrara, era contraria.
La giunta, per blindare il no in Consiglio pensa a emanare una delibera.
(da agenzie)
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Settembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
GRILLO CEDE ALLA RAGGI SUI NOMI DI MURARO, ROMEO E MARRA: AVANTI, FINO A CHE MAGISTRATURA NON LI SEPARI
Da ieri le immagini che ben rappresentano chi comanda e chi – per ora – ubbidisce nel M5S sono state scattate a Palermo alle 10.39 quando Virginia Raggi arriva all’Hotel Posta, quartiere generale del partito nella due giorni del raduno Italia a 5 Stelle, e alle 14.30 al Foro Italico quando davanti alle telecamere di RaiTre siede la coppia dei frontrunner alla Camera, Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, uno dei quali succederà a Grillo dopo le politiche del 2018: è il messaggio per nulla subliminale contenuto nella decisione della Comunicazione di Rocco Casalino di far parlare solo loro due in diretta tv mentre il meeting è ancora in corso.
Quanto detto e accaduto tra Grillo e la sindaca al Posta non è noto, ma è immaginabile le sia stato chiarito che d’ora in poi ogni passo della giunta romana dovrà essere preventivamente concordato con il fondatore del Movimento.
In cambio Raggi ha ottenuto di tenere con sè l’assessore Muraro e i dirigenti Marra e Romeo, che hanno esperienze e rapporti in aperto contrasto con il codice etico dei grillini.
Il patto (che è anche un ricatto politico reciproco) ha i giorni contati, e a deciderne la durata sarà la Procura della Repubblica di Roma.
Letteralmente open air l’intervista di “Dibba” e Di Maio a Lucia Annunziata.
I trequartisti che, nel nuovo schema di gioco dovrebbero lanciare la palle migliori al rientrato centravanti Grillo, hanno collaborato fraternamente nel tentativo di confermare la loro narrazione prevalente: la diversità genetica (onestà ! onestà !) di M5S rispetto agli altri partiti.
Lo stesso leit motiv che per vent’anni ha accompagnato la comunicazione del Pci e per un paio di lustri quella della Lega.
Sappiamo com’è finita in entrambi i casi.
I destini dei tre giovani politici sono strettamente intrecciati. Nel breve-medio periodo sopravviveranno o cadranno insieme.
Virginia Raggi, che a Palermo ha ottenuto l’agognato abbraccio del popolo M5S, non può sbagliare più nulla perchè Grillo non glielo perdonerebbe.
Nel caso accadesse, per restare alla guida del Campidoglio dovrebbe essersi preventivamente assicurata l’appoggio di tutto o quasi il gruppo consiliare.
Mica facile. La sconfessione della giunta romana e l’ammissione del fallimento da parte di Grillo indebolirebbero Di Battista, che non è mai stato vicino a Virginia ma ha la responsabilità – conoscendo molto bene il mondo della destra affarista romana, dalla quale proviene la sindaca – di non averla fermata per tempo.
Peggio andrebbe al vicepresidente della Camera, che già ha pagato e sta tuttora pagando i silenzi e le incomprensioni sul caso Muraro.
Chi se ne va da Palermo con un’investitura popolare che corrobora il suo ruolo primario in termini proprietari e tecnologici è Davide Casaleggio.
Sabato sera, per la prima volta su un palco dei Cinquestelle, è andato in scaletta immediamente prima di Grillo, che conosce da quand’era un ragazzino.
È stata la plastica conferma che il suo peso è quasi pari a quello del padre, Gianroberto, scomparso pochi mesi fa.
È roba sua, in termini anche legali, la piattaforma digitale Rousseau che darà alla militanza la possibilità di partecipare (o almeno la sensazione di partecipare) ai processi decisionali del partito e alla formazione delle proposte di legge.
In queste giornate palermitane Rousseau è stato decine di volte definito “lo strumento più avanzato di democrazia diretta al mondo”. Difficile, per ora, dire se la definizione corrisponda o meno alla realtà .
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
ALL’ARRIVO DELLA RAGGI PARAPIGLIA TRA CINQUESTELLE E RAPPRESENTANTI DELLA STAMPA… “SOGGETTI CHE NULLA HANNO A CHE VEDERE COI PRINCIPI DEL MOVIMENTO”: MA ORMAI LA FRITTATA E’ FATTA
La sindaca di Roma prima di raggiungere il Foro Italico ha incontrato Grillo e Casaleggio. I tre si sono visti all’Hotel Posta per un colloquio durato più di un’ora.
Al suo arrivo al Foro Italico è stata acclamata dalla folla e non sono mancati momenti di tensione con i giornalisti.
Alcuni militanti hanno gridato “buffoni” ai cronisti presenti, ne è nato un parapiglia e sono volati spintoni.
Il gruppo parlametare dei cinquestelle all’Assemblea regionale ha preso le distanze con un comunicato: “Apprendiamo dagli organi di stampa che alcuni giornalisti, cui va la nostra solidarietà , sarebbero stati insultati e strattonati da taluni isolati individui, nel tentativo di avvicinare alcuni portavoce del nostro movimento”.
Il gruppo parlamentare “prende le distanze dai colpevoli di tali gesti, soggetti che nulla hanno a che vedere coi principi e gli ideali del Movimento e con lo spirito pacifico delle nostre manifestazioni, come Italia 5 Stelle, prova ne sia la presenza di migliaia di famiglie che stanno partecipando alla festa del Foro Italico”.
“Finalmente ci riuniamo dopo un anno, tutti insieme. Per noi è importante ritrovarci, raccontare delle belle esperienze” ha detto la sindaca di Roma lasciando l’albergo dopo il colloquio con Grillo.
A chi le ha chiesto se avesse affrontato con il leader il nodo della giunta romana, Raggi ha risposto: “Sui nomi mi confronto con assessori e consiglieri”.
E ha poi aggiunto: “C’è una giunta che è al lavoro e a breve uscirà una sezione anche informativa del tipo ‘lavori in corso”.
Il nome del nuovo assessore al Bilancio? Lo dirò presto”.
(da agenzie)
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Settembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
IL CENTRODESTRA CON IL MAGGIORITARIO OGGI NON ARRIVEREBBE NEPPURE AL BALLOTTAGGIO, MENTRE CON IL PROPORZIONALE FORZA ITALIA POTREBBE ESSERE DETERMINANTE
La voglia di proporzionale si st a diffondendo a macchia d’olio. Ma non è una sorpresa.
Il nostro in fondo è sempre stato un paese più proporzionale che maggioritario. L’idea che una minoranza possa diventare maggioranza attraverso il sistema elettorale fa fatica ad essere accettata a livello di massa.
E certamente non piace alla maggioranza della nostra classe politica che preferisce sistemi in cui la formazione dei governi avviene dopo il voto e non con il voto.
Il maggioritario è arrivato nel 1994 per caso. Grazie a un referendum che gli elettori non potevano capire ma che hanno utilizzato per esprimere rabbia e voglia di cambiamento.
Dietro quel voto non si è sviluppata una cultura diffusa a sostegno dell’idea che la stabilità dei governi sia tanto importante quanto la rappresentatività dei parlamenti.
Nonostante ciò, il maggioritario è sopravvissuto. Grazie soprattutto a Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia lo ha sfruttato per riunire intorno a sè e al suo partito i vari pezzi di una destra frammentata e eterogenea.
Lo ha fatto prima con i collegi uninominali della legge Mattarella e la creazione di Poli e di Case.
Poi ha sostituito nel 2005 quei collegi con il premio di maggioranza del famigerato porcellum. Lo strumento era diverso ma l’obiettivo era lo stesso: l’unificazione del centrodestra.
Con il porcellum ha sfiorato la vittoria nel 2006. Ha vinto nel 2008. E ha sfiorato di nuovo la vittoria alla Camera nel 2013.
Poi è arrivata la sentenza della Consulta del gennaio 2014 che ha resuscitato il proporzionale. Ma è arrivato anche Matteo Renzi cui il proporzionale non piaceva affatto.
Il segretario del Pd ha trovato in Berlusconi un alleato per tornare al maggioritario. L’Italicum è nato così. Ed è stato approvato con i voti di Fi fino alla conclusione del suo iter parlamentare.
Oggi le convenienze sono cambiate. Berlusconi non ha più interesse ad un sistema maggioritario. Soprattutto un sistema come l’Italicum che assicura sempre e comunque una maggioranza di seggi a chi vince.
Non gli conviene più. L’Italicum è stato negoziato e approvato in un periodo in cui Berlusconi nutriva ancora la convinzione che sarebbe riuscito a fare di Fi il collante del centrodestra, come dal 1994 in avanti.
All’epoca era certo che con la sua leadership questo schieramento sarebbe tornato competitivo, tanto da potersi giocare la vittoria con il Pd di Renzi. Per questo ha accettato il ballottaggio. Ne era talmente convinto che non si è opposto alla richiesta di Renzi di assegnare il premio non alla coalizione ma alla lista.
Questa convinzione oggi è svanita. E nemmeno Stefano Parisi sembra in grado di rivitalizzarla. Nelle condizioni in cui è, e in cui presumibilmente rimarrà nel medio termine, il centrodestra non solo non ha chance di vincere ma nemmeno di arrivare al ballottaggio.
Il secondo posto al secondo turno dell’Italicum è molto probabile che vada al M5s. Berlusconi è arrivato a questa – per lui triste – conclusione.
E allora un sistema elettorale che lo relegherebbe ai margini della politica non va bene. Molto meglio un sistema proporzionale. Magari corretto. Ma non troppo.
Basta fare due conti.
Anche se il Pd di Renzi arrivasse al 35% dei seggi, con chi farebbe il governo?
C’è qualcuno ancora disposto a credere che sia possibile un governo Pd-M5s?
Beh, se c’è non è certamente l’attuale premier. Ma l’idea di un governo Renzi-Di Maio è divertente.
Più realistica è la soluzione di un governo Pd-Fi. Semprechè ci siano i numeri.
Perchè a pensar male, si corre il rischio che i due partiti non bastino. E potrebbe essere un bel problema.
Che sia Renzi a presiederlo è cosa dubbia. Ma non è questo il punto. Chiunque sia il futuro premier, Fi – anche con il 12 % dei seggi – sarebbe indispensabile per fare qualunque governo.
Ed è questo che conta per Berlusconi. Visto che non può vincere, gli va bene anche partecipare. Evviva dunque il proporzionale!
Roberto D’Alimonte
(da “il Sole24ore”)
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Settembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
IL ROMANZO DI FLAVIA PERINA RACCONTA LA STORIA DI UNA MADRE ALLA QUALE VIENE UCCISO UN FIGLIO DALLA POLIZIA: EVENTO CHE RIACCENDE PASSIONE POLITICA E RABBIA GIOVANILE
Quando le ammazzano il figlio, Flaminia, la protagonista del romanzo Le lupe (Baldini&Castoldi) di Flavia Perina, inaugura la sua quarta vita, quella più tragica, atroce, cruenta, dolorosa.
La prima vita era quella di lei giovanissima negli anni Settanta, spesa in una destra spesso tentata dall’avventura sconsiderata dell’illegalità violenta (anche armata nelle sue propaggini più estreme) e che si è conclusa con la rottura di affetti e legami all’arrivo del destino.
La seconda era una vita che cancellava le tempeste di quella precedente attraverso i riti e il cloroformio di un matrimonio, la routine coniugale, il benessere benpensante, le comodità , il tepore del focolare, la fine delle ambizioni annegate nello stagno brodoso della casalinghitudine.
La terza, seguita alla morte del non amatissimo coniuge in un incidente automobilistico, era l’autonomia riscoperta, l’amicizia paritaria con i figli fuori dai vincoli propri di una retorica matrimoniale, la solitudine non subita come una maledizione, la quotidianità non esaltante ma libera.
La quarta è quella che ti piomba addosso, ti squassa, ti annienta quando tuo figlio diciottenne, amante del rugby, viene fermato da una pattuglia di poliziotti reduci dagli scontri attorno allo stadio Olimpico, reagisce malamente, ma viene ricambiato con una violenza sproporzionata, smisurata, vendicativa da parte di un uomo in divisa che schiaccia un ragazzo sicuro della propria impunità , certo della protezione che le istituzioni gli riserveranno, nell’omertà di corpo, con l’insabbiamento della verità .
Il romanzo di Flavia Perina ci dice che queste quattro vite non finiranno di intrecciarsi, che il passato non cesserà di riaffiorare o addirittura di irrompere prepotentemente nel presente e che il destino non si presenta mai una sola volta: la vita è un labirinto dove non sai mai una volta per tutte qual è la direzione giusta da imboccare.
I movimenti della protagonista delle Lupe traggono forza da una motivazione profonda che risale ai primordi della psiche, del mito.
Dello «ctonio» come avrebbe detto Camille Paglia: chi si vendica con rabbia implacabile su chi ha ucciso il figlio è una donna, una madre ferita a morte, una grande madre che non può contenere il suo dolore nei binari freddi della giustizia ordinaria, ma deve annichilire chi ti ha strappato la carne della tua carne.
È difficile per un uomo cogliere la materialità terrestre di questo sentimento ancestrale, dove ogni razionalizzazione viene soppiantata da una dimensione di ferinità .
E dove l’esercizio della giustizia non può placare la sete di una Giustizia primaria impossibile da realizzare nelle procedure fredde di un procedimento giudiziario, tanto più quando sai, come è accaduto tante volte in Italia, che i colpevoli in divisa di pestaggi, rappresaglie, maltrattamenti non saranno perseguiti mai.
C’è poi, nella trama del racconto della Perina, il rapporto sempre aperto e mai risolto che l’autrice intrattiene con gli anni Settanta, l’epoca della militanza, della passione politica.
Un passato che la protagonista, alter ego dell’autrice in questo caso, ha narcotizzato, ricondotto a una dimensione di accettabile moderazione istituzionale, o forse abbandonato in favore di una vita definitivamente normalizzata, rientrata stabilmente nei ranghi.
Eppure è un passato che ritorna con il suo volto invecchiato ma pur sempre sovraccarico di un valore emozionale che non avrà eguali in nessuna tappa della vita della post-militanza.
E che anzi riesploderà quando Flaminia sarà brutalmente ricacciata all’indietro da un trauma insanabile: quando un dolore inimmaginabile, la morte di un figlio massacrato di botte da un uomo in divisa che sta già architettando il percorso della propria impunità , manipolando prove e testimonianze, la scaraventa nella dimensione rimossa dei vent’anni in cui si passava il tempo a fare politica.
A destra, nel suo caso.
Ecco, per Flavia Perina, lo si percepisce da ogni riga di questo romanzo che non ammicca al lettore con il miele dei buoni sentimenti ma che parla di vendetta e morte, quel passato non è solo vissuto come il momento in cui la vita si fa ardente e colma di passione, ma è un passato che ha una dimestichezza con le emozioni della violenza, delle armi, persino delle rapine con cui l’estremismo armato si finanziava, che la Perina, beninteso, non condivide affatto nella sua deriva oltranzista e apertamente militare, ma che pure esercita su di lei il fascino dell’autentico contro la menzogna della vita adulta, dell’appassionato contro lo scialbo, dei colori vivi contro il pallore esistenziale della vita imprigionata nei ranghi stabiliti dalla convenzione.
Per Flavia Perina gli anni Settanta sono la sua vera Patria morale, il momento della verità .
E quando la tragedia, inaspettata ma feroce, deflagra, allora le risorse per sopravvivere vanno ricercate lì, nel mondo delle pistole, dell’esistenza semiclandestina, al confine tra legalità e spirito eversivo.
È una scelta coraggiosa, questa della Perina.
Perchè, anche se non la si condivide, questa fedeltà allo spirito autentico che lei immagina sia rimasto attaccato ai ricordi degli anni Settanta, ha qualcosa di temerario. E poi perchè l’esperienza politica di Flavia Perina, che qui riaffiora senza più nessuna complicazione ideologica ma in un atto di pura sfiducia nei confronti della giustizia gestita dallo Stato, è stata vissuta in un enclave minoritaria e addirittura dannata («i fascisti») che rende ancora più aspro il legame emotivo con un mondo scomparso eppure ancora vivo nelle sue oramai del tutto impolitiche, o depoliticizzate, implicazioni esistenziali.
I lupi, le lupe, il bosco ai margini della metropoli scintillante: ecco il sottosuolo che riemerge e che lascia affiorare in modo ancor più doloroso la percezione di un’ingiustizia rimasta impunita, di un sentirsi, ancora oggi, sul confine di una marginalità psicologica, anche dentro l’agio di una vita borghese.
Un romanzo che non riconcilia, ma che rivendica la durezza di una scelta, esempio riuscito di come la letteratura perderebbe molto di sè se volesse investirsi di una missione consolatoria o, peggio, pedagogica.
Pierluigi Battista
(da “il Corriere della Sera”)
«Le Lupe» (Baldini&Castoldi, pagine 194, euro 15)
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Settembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
L’ASSOCIAZIONE ROUSSEAU IN MANO SUA, LA PIATTAFORMA DELLE VOTAZIONI E’ SEGRETATA, OBIETTIVO SOCIALIZZARE LE PERDITE E TENERE PER SE’ CIO’ CHE GENERA PROFITTI… IL LIBRO DENUNCIA “SUPERNOVA” SVELA I RETROSCENA DELLA LOTTA CON GRILLO PER GLI UTILI DEL BLOG
Nel giorno conclusivo della kermesse cinquestelle a Palermo, fa la sua comparsa online il secondo capitolo di “Supernova-Come è stato ucciso il M5s”, il libro-pamphlet che svela i segreti e i veleni del Movimento, scritto a quattro mani dai due fuoriusciti Nicola Biondo e Marco Canestrari.
La nuova puntata – scaricabile solo da chi ha fatto una sottoscrizione al crowdfunding degli autori – si intitola “Il golpe di Davide”, e descrive la rapida ascesa del figlio di Gianroberto Casaleggio che ha preso in mano le redini dell’azienda di famiglia, la Casaleggio Associati.
Il primo capitolo pubblicato sul sito “Produzioni dal basso” il 19 settembre, raccontava l’ultima infuocata telefonata fra i due leader del M5s Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, poco prima della morte di quest’ultimo.
Il piccolo golpe di Davide che dà il titolo al secondo capitolo – che esce proprio nel momento in cui Grillo ha riaffermato nel capoluogo siciliano la sua leadership politica – è appunto la nascita dell’Associazione Rousseau, di cui Casaleggio jr. si nomina presidente e che accoglierà come soci due fedelissimi: Max Bugani e David Borrelli. All’associazione faranno capo il portale Rousseau, rilasciato subito dopo la morte di Gianroberto, e le attività politiche.
Ma soprattutto Grillo non ne fa parte.
La nuova associazione, secondo gli autori, confligge con quella del comico che ha sede a Genova, e che ha per soci Grillo, suo nipote Enrico e il commercialista Enrico Nadasi.
“Perchè Beppe non entra nell’Associazione Rousseau? – si chiedono gli autori di Supernova – Perchè cambiare così repentinamente il nome del blog di Beppe Grillo in Blog delle Stelle?”.
Davide, descritto come un tipo “metodico e pratico”, a differenza del padre “sognatore e pieno di idee”, eredita non solo un’azienda ma anche l’enorme conflitto di interessi tra le attività commerciali e quelle politiche che amministra.
E deve risolverlo, “prima che i movimenti ad alti livelli nel gruppo parlamentare – scrivono gli autori citando come fonte un alto dirigente dei cinquestelle che però rimane anonimo – gli impongano quella chiarezza di impostazione di tutta la struttura che non si può permettere di subire, ma deve governare”
Davide e soci non sono amati dal gruppo parlamentare grillino.
L’obiettivo dei parlamentari pentastellati impegnati nella loro scalata nel Movimento è mettere le mani sui dati del portale Rousseau, amministrati dalla Casaleggio Associati. L’azienda di comunicazione, da parte sua, ha un forte interesse al controllo di questi dati: “Conoscere il profilo delle persone che hanno a che fare con il Movimento – si legge in Supernova – chi sono, dove abitano, come votano, quanto donano, ha un valore commerciale potenziale incalcolabile”.
E non è vero – sottolineano Biondo e Canestrari – che tra i cinquestelle tutto sia trasparente: “La piattaforma attraverso la quale ci si registra al Movimento e si effettuano le votazioni indette dal Blog non è open source: non si conosce il codice che la fa funzionare, chi abbia accesso ai dati, quali siano i livelli di accesso e di sicurezza. È una piattaforma proprietaria, sviluppata dai tecnici della Casaleggio Associati e da loro, e solo da loro, amministrata”.
L’azienda e il Movimento, conclude il secondo capitolo del libro-denuncia, “non hanno confini chiari ed emerge una chiara direzione in Casaleggio: socializzare le perdite dell’azienda conservando invece ciò che genera profitti. In questo modo il Movimento potrebbe diventare presto una sorta di bad company della Casaleggio Associati. I grillini lo sanno?”.
(da “La Repubblica“)
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Settembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
350 VOLONTARI HANNO PARTECIPATO ALL’INIZIATIVA DI LEGAMBIENTE “PULIAMO IL MONDO”
Alla fine gli attrezzi da lavoro non sono bastati e qualcuno si è dovuto arrangiare a mani nude.
A Milano la voglia di fare dei 350 richiedenti asilo che si sono offerti volontari per ripulire le vie della città ha colto di sorpresa tutti.
Dagli organizzatori dell’iniziativa ai milanesi, increduli di fronte alla vista di squadre di eritrei, somali, afghani, iracheni e centrafricani, impegnati a ramazzare e portare via foglie secche, mozziconi di sigaretta e cartacce.
A Milano le giornate “Puliamo il mondo” di Legambiente si sono trasformate nella prova generale per l’impiego dei richiedenti asilo in attività socialmente utili.
Ora il Comune è pronto a rilanciare. L’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino, schierato con la pettorina gialla al fianco dei “suoi” profughi, rende esplicito il patto: «Che in cambio dell’accoglienza, con il nostro sostegno, si partecipi ad azioni utili per sè e per la collettività ».
Il calendario autunnale per i volontari è già fitto di impegni: «Da domenica 16 ottobre i migranti aiuteranno gli operatori nella raccolta delle foglie nei parchi, dal mese di novembre saranno impiegati stabilmente nella consegna dei pasti a domicilio agli anziani. Poi ci saranno altre iniziative».
L’idea è quella di sfruttare in positivo la pressione migratoria su Milano, che nelle ultime settimane è tornata a livelli di guardia: in città sono ospitate stabilmente 3600 persone e i centri sono di nuovo saturi.
Per non rifiutare un tetto a nessuno, sono state attivate nuove strutture d’emergenza, in attesa che sia operativa la caserma da 300 posti letto annunciata in estate.
Loro, i richiedenti asilo, sono pronti: «Abbiamo ricevuto molto, ora diamo una mano. Ma non è uno scambio», chiarisce Adokor, togolese, mentre porta via le erbacce raccolte lungo il naviglio della Martesana.
Qui, in estate, hanno dormito spesso le persone che l’hub della stazione Centrale non riusciva a contenere. «Aiutiamo a tenere la città pulita perchè vogliamo diventi casa nostra».
Poco più in là lavorano Hard e Dashsti, due fratelli curdo-iracheni. «Eravamo arrivati in Germania, dove vive la nostra famiglia, ma ci hanno rimandato indietro».
Nei centri di accoglienza tedeschi avevano una stanza e una somma mensile da spendere. «Qui la situazione è più difficile, ci sono tante persone e soldi non ne abbiamo».
Ma lavorare gratis non è un problema: «Oggi ci hanno chiesto se volevamo venire a pulire Milano, abbiamo detto subito di sì. E ci saremo ancora la prossima volta».
Un entusiasmo che non dovrebbe sorprendere. Dopo mesi passati nei centri e nelle stazioni in attesa di un’opportunità , di un documento, di una svolta, a questi ragazzi non sembra vero di poter fare una mattinata di lavoro.
I milanesi, affacciati alle finestre, tra curiosità e stupore approvano.
La voglia di lavorare, qui, rimane sempre una qualità molto apprezzata. Un anziano scende in strada per congratularsi: «Però, sono bravi! Li ho sempre visti in televisione ma si rendono anche utili».
A Quarto Oggiaro ne attendevano una trentina, si sono presentati in settanta.
«Alla fine invece della piccola area prevista sul volantino abbiamo ripulito tutto il quartiere», racconta il presidente del consiglio di municipio Fabio Galesi.
Questa periferia considerata “difficile” ospita due grandi centri di accoglienza: i migranti rischiano di essere un corpo estraneo, una miccia in un contesto già teso. «Il problema è che sono sempre chiusi nelle loro strutture, non c’è contatto con il quartiere. Fanno paura perchè non li conosciamo».
A fine mattinata i volontari della zona snocciolano i risultati: 300 sacchi di immondizia portati via, oltre a mobili abbandonati e frigoriferi. «Domani facciamo un’altra giornata. Non era prevista, ma loro si sono offerti di continuare. Speriamo non tornino tutti, perchè non avremmo abbastanza spazi da pulire».
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
L’IMPRENDITORE DIVENTA STRATEGA POLITICO
Un leader ritrovato e un imprenditore nei nuovi panni di stratega politico.
La kermesse Italia 5 Stelle segna nei fatti la nascita di un sodalizio rimasto per mesi in incubazione dopo la scomparsa di Gianroberto Casaleggio.
E se è importante per i pentastellati il fatto che Beppe Grillo si riprenda le luci della ribalta, riaffermando la sua centralità nel Movimento 5 Stelle, altrettanto lo è l’esordio politico di Davide Casaleggio.
Il suo passaggio a Roma, la notte del trionfo di Virginia Raggi, era stata solo una incursione veloce in sfere lontane dai suoi ambiti, dalla consulenza aziendale.
Ora invece qualcosa è cambiato. E lo si capisce dalle ore frenetiche che Casaleggio jr vive a Palermo ancor prima di salire sul palco.
Arrivato in città prima elude i cronisti che lo attendono al varco davanti all’hotel e va di persona a verificare i lavori per il palco al Foro Italico, poi cena con Beppe Grillo e infine raggiunge Luigi Di Maio fuori insieme a un drappello di pentastellati, un blitz che – scherzando – negli ambienti del Movimento è stata già ribattezzata come «la cena dei nuovi equilibri»
L’imperativo è tenere la barra a dritta del Movimento e dare una direzione, superando il momento di impasse e le questioni interne. «Perchè non c’è più Gianroberto scattano le invidiette – commenta Massimo Bugani , uno dei tre esponenti con Casaleggio jr e David Borrelli dell’Associazione Rousseau – prima lui calmava tutti con una telefonata. Ora i fatto che ci sia Beppe rassicura tutti»
Proprio il sodalizio con il garante amico del padre è uno dei leit motiv della trasferta palermitana. i due, ieri, hanno passeggiato insieme al mercato di Ballarò e nel pomeriggio hanno animato lunghe riunioni, in cui solo a tratti sono state presenti anche altre persone. Loro due, soli, alla guida del M5S. Con un obiettivo chiaro.
Intanto nella mischia ieri Casaleggio si è buttato fisicamente. Dopo aver preparato meticolosamente il suo intervento dal palco, ha seguito Grillo – che ha chiesto al direttorio di concedersi poco ai media per «far parlare l’evento» – nelle sue scorribande tra gli stand.
Ma a differenza del garante, l’imprenditore non è stato sommerso dall’assalto di media e attivisti.
Anzi, sorridente, ha parlato a lungo davanti al «villaggio Rousseau» prima con Filippo Pittarello, uno dei collaboratori del padre ora impiegato al Parlamento europeo, poi con alcuni militanti, che si sono fermati ad esporre il loro punto di vista.
Ai cronisti si è limitato ad esprimere soddisfazione per la location della kermesse («una delle più belle scelte dal Movimento») e a ribadire la linea: «Lavoriamo tutti insieme».
Emanuele Buzzi
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 25th, 2016 Riccardo Fucile
BOCCIATA LA NOMINA DI TUTINO: “RAGGI LEGGA LE NOSTRE CARTE”
Roberto Fico continua determinato sulla strada della ortodossia. Lui è l’evangelista del Movimento, porta il Verbo delle origini, dell’uno vale uno, della democrazia orizzontale fiaccata dalle ambizioni e i successi personali con cui la politica ti blandisce.
La festa di Palermo riuscirà a sanare le ferite del Movimento?
«Ci aiuterà a riflettere. Ci sono stati momenti di difficoltà , ci sono e verranno ancora con costanza, perchè avremo sempre più sindaci e Comuni. Le difficoltà aumenteranno assieme alla complessità . L’importante è affrontarle rimanendo fedeli a sè stessi, tenendo salde regole e principi del passato. Certe volte sento dire che dobbiamo cambiare perchè il sistema è più complicato. Allora io dico: proprio per questo i nostri valori devono essere la stella polare, qualunque direzione prendiamo».
La politica nei palazzi, o al governo di città importanti, vi ha cambiato?
«Il nome stesso, Movimento, indica che siamo in evoluzione. Basta però non sfregiare il nostro Dna».
Intanto Grillo ha di fatto superato il direttorio di cui lei fa parte.
«Nel direttorio io mi occupo di meet-up, secondo regole e valori del M5S. Nè io nè gli altri abbiamo un potere decisionale autonomo. Tutto può essere superato, e anche il direttorio non poteva rimanere cristallizzato in quello che era».
Chi ha il potere decisionale?
«È il programma a dare la linea politica, in Parlamento come nei Comuni. Sul blog abbiamo votato sul testamento biologico e sull’eutanasia, faremo così per altre decisioni, condividendole con gli iscritti certificati. Quando ci sono cose più difficili da dirimere, sarà il garante a occuparsene. Prima erano Beppe e Gianroberto, ora solo Beppe ha il potere di dare e levare il simbolo».
Pensa siano stati certi personalismi ad aver messo in crisi il M5S. Molti hanno attaccato in tal senso Luigi Di Maio o Virginia Raggi…
«Eccessi di personalismo e di egocentrismo non servono a nessuno. È una regola che vale sempre, a livello nazionale e locale. Guardiamo a come si sono ridotti i partiti. Mica sono nati in modo sbagliato, anzi avevano idee di cuore. Poi però sono crollati sotto i personalismi, le divisioni, le correnti. Sono l’anticamera della fine. Il M5S deve riuscire ad avere gli anticorpi».
Li avete, secondo lei?
«Fino ad adesso li abbiamo avuti, vedremo nei prossimi anni. Se riusciamo a migliorare rimanendo noi stessi bene, sennò diventeremo altro. Tanto qui restiamo tutti per due mandati massimo».
Si è parlato tanto di palco però, dell’ordine della scaletta, di invidie, di chi pretende di andare di più in tv.
«Ecco, appunto. Il palco è un’illusione, dipende dall’interpretazione che vuoi dargli. Oggi per me è essere qui in mezzo alla gente, tra i gazebo. Anche Beppe lo ha detto. Questo periodo di difficoltà ci ha insegnato che dobbiamo condividere di più, incontrarci e fare meno selfie. Abbandonare la vippagine inutile. È facile sentirsi un vip: il sistema comunicativo trasforma le persone in quello che non sono. Leggiamo nella storia degli altri gli errori, e vediamo se ne siamo immuni. Non è detto che lo siamo. Importante è dirsi le cose come stanno. Bisogna leggersi dentro e capire che, quando l’ego straborda troppo, è meglio tornare in una modalità di ascolto».
Secondo lei, Raggi si è comportata secondo i valori del M5S?
«Non c’è dubbio che ci siano state delle difficoltà . Possono essere un’opportunità , ma solo se viene seguito il programma. La cosa peggiore, e vale per tutti non parlo solo di Virginia, è nascondere qualcuno che sta sbagliando. Dobbiamo fare tutto in maniera trasparente, e non per correnti perchè uno si sente migliore»
L’assessore al Bilancio scelto da Raggi, Tutino, è stato aspramente criticato dal M5S tre anni fa…
«E’ una scelta di Virginia, vedremo se sarà confermato. Ma non c’è dubbio che su quel nome abbiamo fatto delle interrogazioni parlamentari, rilanciate da Di Battista e da Ruocco. Diamo per scontato che, se noi facciamo un’interrogazione, un sindaco se la vada a leggere. E’ depositata. Può essere anche sbagliata e ha ragione la sindaca, ma certamente prima deve valutarla».
Ilario Lombardo
(da “la Stampa”)
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