Ottobre 13th, 2016 Riccardo Fucile A MAGGIO IL QUOTIDIANO SCRISSE CHE IL SINDACO DI LIVORNO ERA INDAGATO ANCHE PER ABUSO D’UFFICIO E I SUOI GIORNALISTI FURONO COPERTI DI INSULTI DA GRILLO E CO. CHE NON SOLO NEGAVANO IL FATTO MA SCRIVEVANO DI “DIFFAMAZIONE DI REGIME”, INVITANDO A BOICOTTARE IL GIORNALE
Il sindaco di Livorno Filippo Nogarin ha comunicato su Facebook di aver “scoperto” di essere indagato anche per abuso d’ufficio nell’inchiesta sull’Aamps, l’azienda municipalizzata per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.
Così, ha detto, ha rispettato le regole del Movimento Cinque Stelle.
In quelle righe Nogarin, forse per distrazione o magari per stanchezza, si è dimenticato di rispettare altre regole.
In quel messaggio, infatti, nessuno ha trovato le scuse al giornale della sua città , il Tirreno, magari anche a nome del Movimento che gli ha dato la possibilità di indossare la fascia tricolore e del quale è diventato un simbolo a livello nazionale.
E’ stato infatti il Tirreno che, a maggio, ha dato la notizia del fatto che al sindaco fosse contestata non solo la violazione della legge fallimentare (cioè la bancarotta fraudolenta pre-fallimentare), ma anche l’abuso d’ufficio.
Una notizia raccolta da giornalisti, che si sono fidati di fonti evidentemente attendibili. A loro volta i vertici del giornale si sono fidati dei loro cronisti e — legittimamente — quel giorno ci hanno aperto la prima pagina perchè era la notizia più importante di quel giorno in quella città . I giornali funzionano così in tutto il mondo.
Non c’era dietro la Spectre, nè i complotti della finanza mondiale: c’era il lavoro — se si vuole anche banale — che centinaia di giornalisti in tutta Italia fanno tutti i giorni. Un lavoro dal quale poi la politica si abbevera per le sue liti da cortile di campagna. Quando i partiti fanno a gara a chi ha più o meno indagati è perchè ci sono i giornali che scrivono delle inchieste, non perchè i partiti lo scoprono andando a guardare sotto a un cavolo.
All’indomani della pubblicazione della notizia, invece, il blog di Beppe Grillo, a nome del Movimento Cinque Stelle, scrisse che il Tirreno era la riprova del fatto che l’Italia fosse al 77esimo posto nel mondo per libertà di stampa, che non faceva più giornalismo, che “pubblica falsità ”, che si è ridotto “a gazzetta piddina”, che era la “nuova frontiera” del “ridicolo”, che fa un giornalismo “senza dignità ”, anzi che “non è più giornalismo”, che era “tutto falso”, che era “diffamazione di regime” e che quindi non andava finanziata una tale “disinformazione”.
In un post scriptum si minacciavano “richieste di risarcimento danni” alle altre testate che “senza neanche verificare le fonti hanno pubblicato la notizia come fosse vera”. Tra quelle testate c’era anche ilfattoquotidiano.it che da fonti proprie ricevette alcune vaghezze e alcune conferme.
Le sicurezze presunte del M5s si basavano allora sul fatto che nell’avviso di garanzia ricevuto dal sindaco c’era solo un reato, la bancarotta.
Ma non voleva dire niente, perchè la Procura (se non obbligata dal codice di procedura penale) ha diritto di mettere in un avviso di garanzia qualcosa e qualcos’altro no.
E nel 2016 nemmeno ci si può sorprendere del fatto che i giornali scrivano che qualcuno è indagato molto prima che l’indagato lo sappia ufficialmente perchè è soprattutto su questo che si è consumato il principale scontro tra politica e giornali dell’era berlusconiana e prima ancora del crepuscolo di quella craxiana.
Tra coloro che usarono quell’hashtag, quel giorno, ci fu anche il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin che in sostanza invitò i propri concittadini a non comprare il principale giornale della città , dove lavorano decine di persone che fanno il proprio mestiere
Il Tirreno, come tutti i giornali, può sbagliare. I giornali a volte ingigantiscono quando non dovrebbero, rimpiccioliscono quando non dovrebbero.
Ma ai giornali si possono mandare smentite (quando si è sicuri di ciò che si dice), si possono mandare rettifiche e precisazioni, dei giornali si possono ignorare le domande e i giornali si possono querelare quando hanno scritto (davvero) il falso.
E se c’è una cosa certa, oggi, è che il Tirreno in questo caso non ha sbagliato perchè aveva scritto una cosa vera.
Hanno sbagliato Nogarin a twittare quell’hashtag e il M5s a scrivere quella roba sul blog, che rappresenta tutto il Movimento.
Parole che per un granello contribuiscono — quelle sì — al 77esimo posto nel mondo dell’Italia per libertà di stampa, che non è dovuto solo a editori impuri, ma anche agli episodi di giornali e cronisti dileggiati, insultati, offesi, molestati della politica (di sinistra, di destra, di sopra, di sotto).
Il sindaco di Livorno non può fare finta di dimenticarsi di aver scritto quelle cose — dopo 5 mesi -, come se non fosse mai accaduto nulla, come se davvero comunicasse una novità che da 5 mesi è il segreto di Pulcinella.
Non può pretendere che la verità diventi tale solo quando la dice lui.
Perchè vorrebbe dire essere come “gli altri”, come direbbero i cinquestelle. “Smemorati” come Renzi che sul Ponte sullo Stretto nel giro di pochi anni prima dice una cosa e poi un’altra sperando che nessuno si ricordi. O come Berlusconi che smentiva ogni sua frase due minuti dopo nonostante chilometri di nastri di registrazione.
Se l’indagine sul sindaco sarà archiviata, Nogarin può stare certo che i giornali lo scriveranno così come hanno scritto delle assoluzioni di Vincenzo De Luca, Roberto Cota, Ignazio Marino.
I giornali scrivono delle inchieste, delle archiviazioni, delle condanne e delle assoluzioni.
Anzi, nel caso di Nogarin, è probabile che il primo a sapere e a scrivere di cosa accadrà a quell’inchiesta sarà proprio il Tirreno.
Diego Pretini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 13th, 2016 Riccardo Fucile SE IL 40% DEGLI ELETTORI DI FORZA ITALIA E’ PER IL SI’, SI SPIEGA LA PRUDENZA DI SILVIO NEL METTERCI LA FACCIA
Novello Penelope, Silvio Berlusconi, appena rientrato in Italia, ricomincia a tessere la sua tela
referendaria fatta di un “No” invisibile, senza volto e bandiere, e di un sì di sostanza, affidato alle sue reti, apertamente schierate per Renzi.
Anzi “sdraiate” secondo il termine usato da Paolo Romani, in più di uno sfogo.
Se più indizi fanno una prova, si può dire che l’assenza, il lungo silenzio e nel frattempo l’intervista di Confalonieri a favore del sì, la macchina di Forza Italia ferma e senza soldi sono tutti indizi che provano il sostanziale appoggio del novello Penelope al sì, anche col “pretesto” della salute, diventata una grande operazione politica per giustificare l’assenza referendaria.
In parecchi ricordano ciò che disse Marina, subito dopo l’intervento, con l’appoggio di tutta la famiglia: “Dovete passare sul mio cadavere prima di riportarlo a fare la vita di prima”. Perchè era evidente che, da quel momento, era preclusa ogni forma di stress psico-fisico e di lavoro 18 ore al giorno.
Ed è evidente adesso anche se attorno assicurano che “sta bene”, “tornerà in tv”, “è schieratissimo sul no”, perchè il contrario significherebbe che occorre trovare qualche giovane pronto alla pugna, al posto del vecchio leone che non ce la fa.
Oggi si chiedono tutti: “La faccia quando ce la mette?
Di conferenza programmatica non si parla più. E, nei giorni scorsi, il Cavaliere chiacchierando con qualche parlamentare ha assicurato che solo gli ultimi giorni farà qualcosa.
Ecco: la salute come realtà e come pretesto per non decidere. È certo che i bagni di folla, sale e piazze sono precluse. E che, al limite, si sta parlando di qualche video, o intervista, o forse la tv in modi e termini tutti da valutare perchè le arene non sono più alla portata:
“Io non lo so — dice Gasparri — se è vero il sondaggio di Pagnoncelli sul 40 per cento dei nostri che votano sì, ma è certo che la presenza di Berlusconi è fondamentale per orientare il nostro elettorato”.
Ma la salute è anche realtà se, appena rientrato, Berlusconi dopo il vertice “starà qualche giorno a riposo”. Un riposo non solo per le ragioni del fisico, ma anche per il recupero di serenità e stabilità di umore, troppo spesso oscillante in queste settimane, tra il vitalismo di chi è sopravvissuto dopo aver visto la morte in faccia e il mood depressivo di chi sa che nulla sarà come prima.
Ed è in questo clima che, per la prima volta, la famiglia si è chiesta se i medici che lo hanno seguito, a partire da Zangrillo e dal suo staff del San Raffaele, hanno fatto il proprio dovere o se la vita di corte ha avuto l’effetto di affievolire l’occhio clinico. Chissà .
Certo, l’alone di una lunga decadenza avvolge Arcore più dell’adrenalina della battaglia, un po’ come nelle regge dove il ricordo dei fasti di un tempo è legato a tappeti polverosi. E i protagonisti di allora personaggi grotteschi nel genere di Monicelli. Ecco Ghedini, lo Stranamore delle leggi ad personam che hanno violentato il Parlamento per anni, seduto in ufficio a San Lorenzo in Lucina a costruire la sua leadership: “il segretario politico”, così lo chiamano in Parlamento.
O Renato Schifani, che dopo aver votato la riforma costituzionale in Ncd, ora guida i comitati del no. O meglio ci prova, perchè Forza Italia ha elenchi così vecchi che, contattati, parecchi iscritti hanno cambiato numero o partito.
Ed ecco Renato Brunetta che, in caso di vittoria del no, sente che il successore sarà lui. Più di un giornalista, invitandolo a confronti tv, si è sentito rispondere: “Mi confronto solo con i parigrado, cioè Renzi”.
Nella polvere è caduto anche Parisi: “deludente”, “professorale” così l’ha definito Berlusconi.
Anche perchè l’unica cosa che è riuscito a combinare è la polemica con tutta la nomenklatura azzurra. L’ultima è l’accusa di parassitismo: “Facevano la fila fuori dalla porta di Berlusconi per essere messi in lista, ma la campagna elettorale la faceva Berlusconi perchè lui ha i voti e certo non loro”.
È venuto giù il mondo: “Ora basta”, “perchè va in tv in quota Forza Italia se poi dice che non è il suo partito?”, “a nome di chi parla?”.
Cose che succedono, se a monte c’è chi non parla e tesse un no senza volto, soldi e partito e un sì di sostanza nei tg che annunciano, trionfalisticamente, la ripresa economica di Renzi.
Anche se non proprio un nuovo miracolo italiano.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 13th, 2016 Riccardo Fucile DAI 35 EURO AL GIORNO AL LAVORO RUBATO AGLI ITALIANI
“Ci rubano il lavoro”. “Gli diamo 35 euro al giorno per non fare niente”. “Li ospitiamo in alberghi a 5 stelle”.
Fermo: “Tutto quello che sai sugli immigrati è falso!”. Ora un “prontuario” dei Radicali italiani, ideato da Emma Bonino, confuta punto per punto “otto grandi bugie” sui migranti.
Il “Piccolo prontuario per un racconto (finalmente) veritiero sull’immigrazione” parte da otto affermazioni, poi le smonta utilizzando dati di varie fonti.
La prima: “Siamo di fronte a un’invasione!”.
La replica: “Nell’Unione Europea, su oltre 500 milioni di residenti di ogni età (510 milioni) nel 2015, solo il 7% è costituito da immigrati (35 milioni), mentre gli autoctoni sono la stragrande maggioranza (93%, pari a 473 milioni). La quota di stranieri varia notevolmente tra i Paesi europei (il 10% in Spagna, il 9% in Germania, l’8% nel Regno Unito e in Italia, il 7% in Francia). È curioso, però, che i Paesi più ostili all’accoglienza degli immigrati sono quelli che ne hanno di meno: la Croazia, la Slovacchia e l’Ungheria, ad esempio, che ne hanno circa l’1%”.
2. Ma non c’è lavoro neanche per gli italiani, non possiamo accoglierli!
La risposta dei Radicale: “Per mantenere sostanzialmente inalterata la popolazione italiana dei 15-64enni nel prossimo decennio, visto che tra il 2015 e il 2025 gli italiani diminuiranno di 1,8 milioni, è invece necessario un aumento degli immigrati di circa 1,6 milioni di persone: si tratta di un fabbisogno indispensabile per compensare la riduzione della popolazione italiana in età lavorativa”.
3. Sì, ma questi ci rubano il lavoro!
La replica: “Agli immigrati sono riservati solo i lavori non qualificati, in gran parte rifiutati dagli italiani: gli stranieri non riducono l’occupazione degli italiani, ma occupano progressivamente le posizioni meno qualificate abbandonate dagli autoctoni, soprattutto nei servizi alla persona, nelle costruzioni e in agricoltura: settori in cui il lavoro è prevalentemente manuale, più pesante, con remunerazioni modeste e con contratti non stabili. Dai dati più aggiornati del 2015, infatti, emerge che oltre un terzo degli immigrati svolge lavori non qualificati (36% contro il 9% degli italiani)”.
4. Sarà , però ci tolgono risorse per il welfare.
“I costi complessivi dell’immigrazione, tra welfare e settore della sicurezza, sono inferiori al 2% della spesa pubblica. Dopodichè, gli stranieri sono soprattutto contribuenti: nel 2014 i loro contributi previdenziali hanno raggiunto quota 11 miliardi, e si può calcolare che equivalgono a 640mila pensioni italiane. Col particolare che i pensionati stranieri sono solo 100mila, mentre i pensionati totali oltre 16 milioni”.
5. Comunque i rifugiati sono troppi, non c’è abbastanza spazio in Europa!
“Dei 16 milioni complessivi — scrivono i Radicali — solo 1,3 milioni sono ospitati nei 28 Paesi dell’Unione europea (8,3%), tra cui l’Italia (118mila, pari allo 0,7%).
I Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati nel 2015 sono la Turchia (2,5 milioni), il Pakistan (1,6 milioni), il Libano (1,1 milioni) e la Giordania (664 mila)”.
6. Certo, e allora li ospitiamo negli alberghi.
“I centri di accoglienza straordinaria sono strutture temporanee cui il ministero dell’Interno ha fatto ricorso, a partire dal 2014, in considerazione dell’aumento del flusso: le prefetture, insieme alle Regioni e agli enti locali, cercano ulteriori posti di accoglienza nei singoli territori regionali, e quando non li trovano si rivolgono anche a strutture alberghiere. Si tratta di una gestione straordinaria ed emergenziale, spesso criticata in primo luogo da chi si occupa di asilo, perchè improvvisata, in molti casi non conforme agli standard minimi di accoglienza e quindi inadatta ad attuare percorsi di autonomia. Quindi sono uno scandalo non gli alberghi, ma la mala gestione e l’assenza di servizi forniti in quei centri improvvisati”.
7. E diamo loro 35 euro al giorno per non fare niente!
“In Italia, nel 2014, sono stati spesi complessivamente per l’accoglienza 630 milioni di euro, e nel 2015 circa 1 miliardo e 162 milioni. Il costo medio per l’accoglienza di un richiedente asilo o rifugiato è di 35 euro al giorno (45 per i minori) che non finiscono in tasca ai migranti ma vengono erogati agli enti gestori dei centri e servono a coprire le spese di gestione e manutenzione, ma anche a pagare lo stipendio degli operatori che ci lavorano. Della somma complessiva solo 2,5 euro in media, il cosiddetto “pocket money”, è la cifra che viene data ai migranti per le piccole spese quotidiane (dalle ricariche telefoniche alle sigarette)”.
8. Sì, però i terroristi islamici stanno sfruttando i flussi migratori per fare attentati e conquistare l’Europa!
“Limitando l’osservazione al terrorismo islamista, i primi 5 Paesi con la maggiore quota di morti sono l’Afghanistan (25%), l’Iraq (24%), la Nigeria (23%), la Siria (12%), il Niger (4%) e la Somalia (3%). Le vittime dell’Europa occidentale rappresentano una quota residuale, inferiore all’1%. L`Italia è terra d’immigrazione con molti cristiani ortodossi: oltre 2 milioni tra ucraini, romeni, moldavi e altre nazionalità . Seguono circa 1 milione e 700mila persone di religione musulmana (compresi gli irregolari e minori), meno di un terzo del totale degli oltre 5 milioni di stranieri in Italia. In Europa solo il 5,8 per cento della popolazione è di religione islamica”.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 13th, 2016 Riccardo Fucile UNDICI ARRESTI, BRACCIANTI PAGATI 4 EURO L’ORA, INCIDENTI SUL LAVORO NASCOSTI
Hanno lavorato anche sui terreni di Sting a Figline. Senza che il cantante sapesse niente sulla regolarità
o meno di quei braccianti agricoli. Anzi, è stato accertato che lui non era neppure presente.
Mentre — secondo le accuse — altri importanti imprenditori agricoli toscani erano ben consapevoli di sfruttare immigrati clandestini o richiedenti asilo, mandati a lavorare nei campi con le ciabatte in inverno e pagati 4 o 5 euro l’ora.
Si tratta degli imprenditori Coli, titolari dell’azienda vitivinicola Coli Spa di Tavarnelle Val di Pesa.
Secondo le accuse, da anni utilizzavano profughi, soprattutto provenienti dal Pakistan e dall’Africa e li sfruttavano avviandoli al lavoro nero nelle vigne e nelle olivete del Chianti e di altre aree.
E in un caso — sempre secondo quanto risulta dalle indagini — sarebbe stato occultato anche un gravissimo incidente sul lavoro avvenuto nei vigneti: un lavoratore si bucò la gola con un gancio e all’ospedale l’infortunio fu spacciato come un incidente domestico.
È quanto scoperto dalla procura, dalla Digos e dalla polizia stradale di Prato, che hanno avviato una vasta operazione anticaporalato tra le province di Prato, Firenze, Modena e Perugia.
E’ la prima volta che si scopre un fenomeno tanto devastante come quello del caporalato nei vigneti del Chianti, «culla — ha detto il pm Antonio Sangermano che ha coordinato l’inchiesta con la collega Laura Canovai — della civiltà rinascimentale». Undici le misure cautelari emesse nei confronti di cittadini italiani e pakistani: in cinque sono finiti agli arresti domiciliari.
Disposti anche vari sequestri preventivi di quote societarie e 13 perquisizioni. L’inchiesta nasce nel 2015 quando due giovani africani hanno segnalato alla polizia l’illecito sfruttamento di una cinquantina di braccianti agricoli che a vario titolo operavano per l’azienda agricola “Coli” che ha sede a Tavarnelle Val di Pesa.
L’ipotesi della procura è che un gruppo di pachistani, capeggiati da Tariq Sikander, avesse reclutato decine di richiedenti asilo per farli lavorare nei campi a basso prezzo. Sikander era stato arrestato in maggio e aveva deciso di collaborare.
Secondo gli inquirenti, attraverso alcuni intermediari i Coli gli hanno offerto denaro perchè mentisse o ritrattasse, ma Sikander si è rifiutato.
Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di delitti tra cui intermediazione illecita nel reclutamento di cittadini extracomunitari, per lo più giunti in Italia come profughi e sfruttamento del lavoro nero, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, interramento di rifiuti speciali, emissione di fatture false, ostacolo alle indagini e frode in esercizio del commercio: avrebbero infatti messo in commercio del vino Chianti “adulterato con uve della Sicilia e della Puglia in percentuali non consentite dalla normativa e ponendo in commercio un prodotto diverso, per qualità di composizione e attestazione da quello dichiarato”.
I Coli sono accusati anche di aver percepito indebitamente fondi comunitari per lo sradicamento e il reimpianto di vigneti.
L’operazione, denominata “Numbar dar”, che in pakistano significa “caporale”, è stata illustrata dal procuratore di Prato Giuseppe Nicolosi. Le indagini sono state coordinate dai pm Antonio Sangermano e Laura Canovai e condotte dalla Digos della questura di Prato con la collaborazione della sezione polizia stradale, della guardia di finanza di Prato e del Corpo forestale dello Stato di Firenze.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 13th, 2016 Riccardo Fucile UN NUOVO DDL PER LA CONVOCAZIONE DI UNA CONSULTAZIONE PER LASCIARE LONDRA
Edimburgo ci riprova. “Sono determinata a far sì che la Scozia abbia la possibilità di riconsiderare la questione dell’indipendenza e che possa farlo prima che il Regno Unito lasci l’Ue”.
Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese e leader degli indipendentisti dello Scottish National Party, ha annunciato in un discorso a Glasgow la presentazione entro la settimana prossima di un disegno di legge locale per la convocazione di un secondo referendum sull’indipendenza dal Regno Unito dopo quello perduto nel 2014.
Si tratta di un primo passo legale attraverso il quale Edimburgo si riserverebbe il diritto di chiedere una nuova consultazione in risposta alla Brexit e all’uscita della Gran Bretagna dall’Ue: una prospettiva sulla quale la maggioranza degli elettori scozzesi si è dichiarata contraria il 23 giugno.
Il governo britannico, che a suo tempo diede il via al primo referendum scozzese svoltosi poi il 18 settembre 2014, ha tuttavia fatto ripetutamente sapere di non riconoscere in questa fase il diritto a un voto bis.
Sturgeon si è anche rivolta direttamente alla premier britannica, Theresa May: “Se non può o non ci permette di proteggere i nostri interessi all’interno del Regno Unito, allora la Scozia avrà il diritto di decidere, di nuovo, se vuole adottare un cammino diverso”.
Al primo referendum, il 55% degli scozzesi votò per rimanere nel Regno Unito.
Allora un fattore importante del voto fu il fatto che la secessione avrebbe comportato di dover rinegoziare l’ingresso nell’Ue.
Ma dopo il referendum sulla Brexit è tutto diverso: se l’uscita dall’Ue è stata approvata dal 52% dei britannici, il 62% degli scozzesi ha votato per rimanere.
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2016 Riccardo Fucile IL VICESINDACO ACCUSATO DI PECULATO SI E’ DIMESSO
Soldi pubblici, vizi privati. 
Il vicesindaco di Palizzi (Reggio Calabria) Davide Plutino è indagato con l’accusa di aver utilizzato i soldi del Comune per giocare a poker online.
Al giovane politico la Procura di Locri contesta il peculato, a quanto riporta “Il Quotidiano del Sud”.
Su richiesta del procuratore Luigi D’Alessio e del suo sostituto Vincenzo Toscano, ieri pomeriggio i carabinieri della Compagnia di Bianco si sono presentati al palazzo comunale e presso l’abitazione di Plutino dove sono state trovate alcune ricevute del gestore del sito “William Hill”.
Oltre a Plutino, nel registro degli indagati c’è un dirigente del Comune. Nel corso della perquisizione, tutti i dipendenti dell’ente locale sono stati invitati a lasciare il loro posto di lavoro.
Stando alle prime indagini buona parte dei 200mila euro sottratti alle casse del Comune sarebbero stati utilizzati per il poker online, ma non è escluso che l’inchiesta possa allargarsi ad altri reati.
A quanto si apprende, infatti, i carabinieri stanno verificando la sussistenza di una presunta attività estorsiva.
Sulla vicenda, però, gli uomini del colonnello Vincenzo Franzese e del capitano Ermanno Soriani mantengono il riserbo. Gli uffici comunali di Palizzi sono rimasti chiusi per diverse ore.
Già da diversi giorni il sindaco Walter Arturo Scerbo aveva notato una scarsa linearità sulla gestione contabile del suo Comune e aveva chiesto ai revisori dei conti un accertamento sulle casse.
Ieri la doccia fredda con il decreto di perquisizione notificato a un dirigente e al vicesindaco Davide Plutino che in serata si è dimesso restituendo al sindaco la delega al Bilancio, al Personale e alla Polizia Municipale.
Lucio Musolino
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 13th, 2016 Riccardo Fucile PRODOTTI SPARISCONO DAI SUPERMERCATI BRITANNICI: “PIU’ COSTI DI IMPORTAZIONE, PREZZI PIU’ ALTI”
Gli effetti della Brexit iniziano a farsi sentire.
Tesco, la principale catena di supermercati del Regno Unito, ha eliminato una serie di prodotti molto popolari dal suo store online, a causa di un aumento dei costi richiesti dal fornitore e dovuti al crollo della sterlina.
La multinazionale di articoli per la casa anglo-olandese Unilever ha deciso di alzare del 10% i prezzi di alcune merci, per compensare l’aumento delle spese d’importazione.
La trattativa non è andata però a buon fine e al rifiuto di Tesco di accordare le richieste è seguita una progressiva sparizione di prodotti dagli scaffali, in particolare quelli online.
Per i consumatori britannici niente più maionese Hellman, gelato Ben & Jerry e creme spalmabili Marmite, un articolo che ha registrato profitti per circa 2 miliardi nel primo semestre del 2016.
“Il prodotto non è al momento disponibile”, recita il messaggio apparso sul pc di chi ha tentato di ordinare la merce dal sito del supermercato.
“Stiamo avendo dei problemi di disponibilità con qualche prodotto della Unilever. Speriamo di risolvere la questione al più presto”, taglia corto un portavoce di Tesco, contattato dall’Independent.
Tuttavia la situazione sembrerebbe ben lontana da una risoluzione e Tesco non è la sola catena di supermercati coinvolta nel Regno Unito, in questa guerra con i fornitori. Gli scaffali iniziano a dare una percezione concreta degli effetti del Leave e del conseguente crollo della sterlina, che non registrava livelli così bassi rispetto al dollaro dal 1985.
Uno scenario del genere era stato prospettato preventivamente da Unilever, che, alla vigilia del referendum, aveva allertato sul possibile aumento di prezzi per i consumatori, a causa dell’aumento dei costi d’importazione: “Se il Regno Unito scegliesse di uscire dall’Unione europea le condizioni non saranno così buone”
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 13th, 2016 Riccardo Fucile UNA RICHIESTA DI TANGENTE DEL 12% DENUNCIATA DA UN IMPRENDITORE HA DATO AVVIO ALL’OPERAZIONE
C’era anche la ricostruzione di una scuola materna ed elementare tra gli obiettivi del ‘Piano Abruzzo’
per la gestione post-sisma del 2009 all’Aquila nei Comuni di Bussi sul Tirino (Pescara) e Bugnara (L’Aquila): sette persone tra pubblici ufficiali, tecnici progettisti ed imprenditori nei Comuni di Bussi sul Tirino, Pescara, Popoli, Perugia, Gubbio ed Assisi, sono finiti agli arresti domiciliari su disposizione del Gip del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, per associazione a delinquere, corruzione, concussione, turbativa d’asta, falso in atto pubblico e induzione indebita a dare o promettere.
Le indagini, coordinate dal procuratore capo facente funzioni della Procura della Repubblica di Pescara, Cristina Tedeschini e dai sostituti procuratori Anna Rita Mantini e Mirvana Di Serio, hanno preso il via dalle dichiarazioni rese da un imprenditore umbro aggiudicatario di tre appalti per la ricostruzione degli aggregati edilizi del Comune di Bussi sul Tirino per un valore pari ad otto milioni di euro, a seguito di una richiesta, da parte del direttore dei lavori, di una tangente del 12% del valore degli appalti (corrispondente a 960mila euro), al fine di dividerla con altri tecnici coinvolti.
Nel corso dell’operazione, denominata ‘Earthquake’ è stato eseguito il sequestro preventivo della somma di 330 mila euro individuata come profitto del reato di corruzione.
Le indagini, effettuate tramite intercettazioni telefoniche e ambientali, perquisizioni presso le sedi abruzzesi e umbre delle società di costruzione, acquisizioni documentali presso gli Uffici Tecnici della Ricostruzione del Cratere Aquilano, e sommarie informazioni testimoniali, hanno portato alla scoperta del piano (definito dagli stessi indagati, Piano Abruzzo) per gestire la ricostruzione privata degli edifici nei due comuni.
Il sistema di basava sul previo accaparramento degli incarichi di progettazione degli aggregati edilizi del cratere, in maniera da acquisire una indebita posizione di monopolio degli affidamenti dei lavori, e ciò per il tramite della corruzione di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio (tecnici dei consorzi privati aventi diritto alla ricostruzione finanziata dallo Stato), costringendo le ditte ad erogare rilevanti somme di denaro per poter accedere al mercato degli appalti della ricostruzione, agevolati dalla totale contribuzione pubblica.
Il buon esito dell’istruttoria per la richiesta del contributo veniva garantito — secondo gli inquirenti — dal responsabile dell’Ufficio Tecnico della Ricostruzione n. 5 del cratere aquilano che, come contropartita della vendita degli atti del proprio ufficio, otteneva la promessa della corresponsione di rilevanti somme di denaro (importi pari al 5% del valore degli appalti per un importo di circa 29 milioni di euro) oltre alla corresponsione di utilità come lavori edili gratuiti presso un’abitazione di proprietà , la disponibilità di un’autovettura e l’assunzione di un famigliare presso una ditta affidataria dei lavori.
Le dichiarazioni di un altro imprenditore umbro, che ha già presentato richiesta di patteggiamento della pena, hanno portato alla scoperta del distacco del predetto pubblico ufficiale presso l’Ufficio tecnico del Comune di Bugnara, per tentare di turbare la gara pubblica per la progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di ricostruzione ex novo della scuola elementare e materna ‘Clemente’, ottenendo la somma di 10mila euro in contanti e la promessa di ulteriori 130mila euro da erogarsi in base ai vari Sal.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 13th, 2016 Riccardo Fucile LA NUOVA FRONTIERA CHE GARANTISCE LAVORO A BASSO COSTO E NON FA EMERGERE IL NERO
Meno di 500 euro all’anno. E’ il reddito netto dei “nuovi precari” pagati a voucher.
La cifra choc arriva ancora una volta dall’Inps e conferma in modo definitivo come i buoni da 10 euro che in teoria dovrebbero servire per remunerare solo prestazioni occasionali siano diventati in realtà un “girone infernale” che serve soprattutto a garantire alle imprese lavoro a basso costo e non fa affatto emergere il nero.
Dal 2008 al 2016 il numero di italiani pagati in questo modo è cresciuto costantemente, rileva l’istituto nel report sul lavoro accessorio aggiornato al primo semestre dell’anno: dai 216mila del 2011 agli 1,01 milioni del 2014 fino agli 1,4 milioni dello scorso anno, quando i voucher venduti sono stati 115 milioni.
Ma il numero medio di voucher riscossi dal singolo lavoratore, che sui 10 euro totali se ne mette in tasca 7,5, “è rimasto sostanzialmente invariato: circa 60 l’anno dal 2012 in avanti”.
Un dato che fa pensare che in molti casi dietro un voucher attivato dal datore di lavoro per risultare in regola ci siano molte ore di “nero”.
In ogni caso, il risultato per i lavoratori è un guadagno medio da fame. A cui hanno dovuto piegarsi sempre più persone: su 1.380.030 italiani che hanno svolto attività con i buoni nel 2015, il numero di “nuovi” lavoratori è stato pari a 809.341, il 59%. Tutti loro, va ricordato, vengono censiti tra gli occupati, visto che le convenzioni internazionali stabiliscono che basti un’ora di lavoro in una settimana per uscire dalle fila della disoccupazione.
Il ricorso ai voucher, emerge poi dalla nuova analisi Inps, è concentrato nel Nord del paese: il Nord-est con 127,7 milioni di voucher venduti incide per il 36,8%, il Nord-ovest con 102,6 milioni vale il 29,5%
La regione nella quale si registra il maggior boom è la Lombardia, con 60,7 milioni di buoni lavoro venduti. Seguono il Veneto e l’Emilia-Romagna.
La tipologia di attività per la quale è stato complessivamente acquistato il maggior numero di voucher è il commercio (16,8%), anche se la parte del leone la fanno le “altre attività ” (36,7%), che comprendono “altri settori produttivi”, “attività specifiche d’impresa”, “maneggi e scuderie”, “consegna porta a porta”, altre attività residuali o non codificate: è il “riflesso della storia del lavoro accessorio, all’origine destinato ad ambiti oggettivi di impiego circoscritti”, scrivono gli analisti, “negli anni progressivamente ampliati, fino alla riforma contenuta nella legge n. 92 del 2012 (riforma del mercato del lavoro) che permette di fatto l’utilizzo di lavoro accessorio per qualsiasi tipologia di attività ”.
Un’estensione che è andata di pari passo con l’aumento della vendita di voucher: da agosto 2008 (inizio della sperimentazione dei buoni per pagare gli addetti alle vendemmie) al 30 giugno 2016 ne sono stati venduti 347,2 milioni.
Solo nei primi sei mesi del 2016, sottolinea l’Inps, si è registrato un aumento del 40% rispetto allo stesso periodo del 2015.
Nel frattempo anche i luoghi di distribuzione si sono moltiplicati: inizialmente erano “acquistabili presso le sedi Inps ovvero tramite la procedura telematica, successivamente ampliatasi grazie alle convenzioni stipulate con l’associazione dei tabaccai prima e con le Banche Popolari poi”, in seguito è arrivato il via libera alla “possibilità di acquistare voucher direttamente presso tutti gli uffici postali“. Attualmente “l’acquisto dei voucher presso i tabaccai è di gran lunga prevalente”.
Nel frattempo l’età media dei lavoratori a voucher è andata sempre decrescendo, così come il differenziale di età tra i sessi. La percentuale di donne è progressivamente aumentata ed è attualmente superiore al 50%.
La quota di lavoratori di cittadinanza extracomunitaria nel 2015 è stata pari all’8,6%: non ci sono differenze significative nel numero medio di voucher riscossi rispetto ai cittadini italiani.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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