Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile IL TITOLARE DELLA DITTA: “SIAMO STATI ABBANDONATI DA TUTTI”… ALTRE OTTO DITTE ITALIANE NON HANNO VISTO UN EURO DAI RUSSI….MA PERCHE’ NON MANDANO SALVINI E LA MELONI A INCATENARSI PER PROTESTA AL CREMLINO?
A mezzogiorno del Primo maggio 2015 Alessandro Cesca, titolare della Sech Costruzioni Metalliche spa di Refrontolo (Treviso), abbraccia uno per uno tutti i suoi operai: hanno finito a tempo di record il loro cantiere al padiglione della Russia, quando nessuno ci avrebbe scommesso un euro.
Il 17 ottobre, invece, è da solo quando legge la sentenza del Tribunale di Treviso che accoglie l’istanza dei fornitori e decreta il fallimento dell’azienda, dopo una storia di oltre quarant’anni.
Dal momento più alto a quello più basso della sua vita di imprenditore sono passati 535 giorni.
Un anno e mezzo scarso in cui ha lottato contro i mulini a vento, perchè quei lavori all’Expo la Russia non li ha mai pagati.
Un credito di oltre 400 mila euro mai riscosso perchè il committente, tale Rvs Holding Srl, appaltatore di RT-Expo Srl (le due società che gestivano la partecipazione della Russia all’Expo milanese), aveva sollevato una serie di “non conformità ” al termine del cantiere.
Nonostante il Ctu del Tribunale di Milano non avesse riscontrato alcun problema. Quei 400 mila euro non incassati si sono fatti sentire, eccome, perchè hanno aperto la crisi di liquidità che ha portato al crac della Sech Costruzioni.
«Nessuno ci ha aiutati, e si è innescata la catena che sta portando alla distruzione di tutto il nostro sistema di imprese: i clienti non mi pagano, io non riesco a pagare i fornitori» ha spiegato Cesca «può capitare a tutti, è la fine del Nordest».
La Sech Costruzioni era in buona (si fa per dire) compagnia.
Altre otto imprese italiane vantavano crediti dalla Federazione Russa per i lavori eseguiti al padiglione dell’Expo: Catena Services, Coiver Contract, Ges. Co. Mont, Idealstile, Elios Ambiente, Mia Infissi, Vivai Mandelli, Sforazzini.
Qualcuno si è accontentato di portare a casa il 20 o 30 per cento dell’importo, altri — tra cui la Sech — hanno scelto di adire le vie legali, denunciando i russi al Tribunale di Milano.
Beffa nella beffa: la prima sentenza sulla vicenda è in arrivo a dicembre. Quando il capannone della Sech, una quarantina di operai al massimo dello splendore, sarà già stato svuotato anche della polvere.
«Ci siamo ritrovati a lottare contro tutto e tutti» denuncia ancora il titolare «nessuno del mondo della politica si è adoperato per darci una mano, figuratevi cosa possiamo fare noi contro un gigante come la Russia. Sì, ci sarà una sentenza tra un paio di mesi, ma anche se fosse favorevole, credete che quei soldi li vedremo? Intanto io sono stato costretto a chiudere tutto, gli operai sono a casa, e domani nessuno di noi sa cosa farà ».
Gli fa ancora più male, oggi, riguardare le foto dei lavori completati negli anni scorsi. I tornelli dello stadio di San Siro, a Milano.
Il museo del tappeto a Baku in Azerbaijan, la stazione di Porta Susa a Torino, la sede di Luxottica ad Agordo.
Il padiglione russo con quello strano specchio sopra la testa: l’inizio della fine.
La Sech qualche anno fa aveva comprato il capannone di un altro gigante che in zona aveva chiuso i battenti, Indesit, e aveva assunto alcuni operai rimasti a casa.
Era il 2013, e l’assessore regionale veneto Elena Donazzan, giunta Zaia, aveva parlato di «imprenditori eroi».
«Me lo ricordo», dice oggi Cesca, «ma da quel giorno siamo rimasti soli».
Andrea De Polo
(da “La Stampa”)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile IL PARERE SUL CAPOSEGRETERIA MAI PUBBLICATO DALLA RAGGI… UNO STIPENDIO PASSATO DA 39.000 EURO A 93.000 EURO… SCOPPIA ANCHE IL CASO DEL CAPO DI GABINETTO UGUCCIONI, EX SEGRETARIO GENERALE DEL COMUNE DI BOLOGNA: NEL 2012 IL M5S LO ACCUSO’ PER L’ACQUISTO DI UNA POLTRONA DI LUSSO DA 1.609 EURO
Ancora guai per Virginia Raggi. A riaccendere le braci spunta il parere dell’Autorità anticorruzione sul
capo della segreteria Salvatore Romeo.
Parere rimasto nel cassetto a lungo e ora pubblicato dall’agenzia AdnKronos.
A differenza del parere sull’ex capo di gabinetto Carla Raineri, pubblicato sulla pagina Facebook della sindaca e in seguito al quale l’ex magistrato della Corte dei Conti si è dimessa, di quello su Romeo – fedelissimo della Raggi — non c’era traccia nonostante anche Roberta Lombardi ne avesse sollecitato la pubblicazione in nome della trasparenza.
Per quanto criptico il parere dell’Anac sembra delineare profili di illegittimità attorno alla nomina del capo della segreteria.
Si torna così a discutere del ‘raggio magico’.
La richiesta all’Anac, avanzata dalla stessa Raggi sulla nomina di Romeo, riguardava la possibilità di ricorrere allo strumento dell’assunzione per personale già dipendente del Comune di Roma, come nel caso del neo capo della segreteria, e se in tal caso si potesse corrispondere un trattamento parametrato a quello dirigenziale.
Cantone, in una risposta di due pagine inviata il 7 settembre ma protocollata dal gabinetto del sindaco soltanto il 29 settembre, spiega che è necessario andare a vedere il regolamento interno al Comune ma in Campidoglio una regola siffatta non esiste. Tanto che qualcuno in Campidoglio, ispirandosi a quanto fatto a Firenze dal sindaco renziano Dario Nardella, aveva pensato a una modifica ad hoc del Regolamento, modifica mai apportata per evitare che venisse letta come una legge ad personam.
Cantone invita tuttavia ad adottare, nella retribuzione di tali contratti a tempo determinato, “criteri di ragionevolezza e buon andamento”.
E in un Comune dove la casse piangono, uno stipendio prima triplicato, poi sforbiciato ma comunque aumentato di più del doppio, il contratto di Romeo sembra stridere con i criteri indicati dal capo dell’Anticorruzione.
Lo stipendio di Romeo infatti era lievitato fino a triplicare: da 39mila euro l’anno era passato a circa 110mila, tra le polemiche di attivisti e consiglieri M5S sul piede di guerra.
Dopo il parere dell’Anticorruzione, la sua retribuzione è stata sforbiciata da 110 a 93mila euro, ma, rispetto al passato quando Romeo incassava poco meno di 40mila euro, ad oggi risulta comunque aumentata del 138%.
Ma le polemiche potrebbero non finire qui.
A creare imbarazzo ci sarebbe anche il nome individuato per guidare il gabinetto di Palazzo Senatorio: Luca Uguccioni, 50 anni, avvocato anche lui, torinese di nascita ma pesarese d’adozione, fino a oggi segretario generale nell’amministrazione Pd di Virginio Merola, dove però era dimissionario.
Nel 2012 è finito al centro di un’accesa polemica, sollevata dai 5 stelle emiliani, per l’acquisto con denaro pubblico di una lussuosa poltrona modello “Aeron Posturefit” del costo di 1609 euro.
“Raggi mi è piaciuta moltissimo – dice Uguccioni – diventare capo di gabinetto sarebbe il sogno di una vita”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile UNIONI CIVILI PER AIUTARE I CLANDESTINI, L’ULTIMA BUFALA DEL NULLAFACENTE PADANO
Matteo Salvini ha denunciato su Facebook il fatto che la legge sulle Unioni Civili aiuterebbe i clandestini a non essere espulsi.
A dimostrarlo, secondo il leader della Lega Nord ci sarebbe una sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato un’ordinanza di espulsione emessa dal Tribunale di sorveglianza di Torino nei confronti di un cittadino straniero riconoscendo il suo diritto a rimanere in Italia perchè convivente con una donna italiana.
La notizia è stata pubblicata oggi sul Sole 24 Ore e fa riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione numero 44182 del 27 giugno 2016 nella quale viene accolto il ricorso di un giovane di 28 anni che era stato raggiungo da provvedimento di espulsione da parte del magistrato di sorveglianza di Cuneo, in data 4 novembre 2014 e che aveva già tentato di opporsi alla misura di respingimento che era stata rigettata dal Tribunale di sorveglianza di Torino il 3 dicembre 2014.
Curiosamente nè nell’articolo pubblicato sul Sole 24 Ore nè nel testo della sentenza si fa riferimento alla nazionalità del ricorrente, si sa solo che è un cittadino extracomunitario privo di permesso di soggiorno (nel senso che il permesso di soggiorno potrebbe essere stato revocato in seguito alla sentenza di condanna e non perchè entrato illegalmente qualche giorno fa) e che ha un cognome “arabo”, viene quindi il dubbio che Salvini stia utilizzando l’appellativo “magrebino” in modo dispregiativo e discriminatorio (magari per suggerire anche un certo tipo di appartenenza religiosa che Salvini si guarda bene dall’indicare visto che non la conosce) e non per fare riferimento ad una precisa provenienza geografica.
Dalla lettura della sentenza si evince che il 28enne stava scontando, al momento della notifica del procedimento di espulsione a causa di una sentenza di condanna per la quale rimanevano da scontare due anni di reclusione (si tratta quindi di un pregiudicato) e quindi in forza di questa sentenza della Corte Costituzionale poteva essere allontanato dal nostro paese come misura alternativa alla detenzione. Abderrazah Z.ha però impugnato l’ordinanza in forza del diritto, già sancito dall’art. 19 d. lgs 286/1998 (Testo Unico sull’immigrazione), che prevede che non sia consentito il respingimento di uno straniero “conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalità italiana”.
Il 28enne, che per quanto ne sappiamo e per quanto dice il già citato Testo unico sull’immigrazione potrebbe essere già stato espulso (dal momento che il ricorso non sospende la misura di espulsione), ha sostenuto invece di convivere more uxorio con una cittadina italiana.
Nella fattispecie la Corte ha riconosciuto che il ricorrente ha pienamente e compiutamente documentato di vivere da tempo in Italia con il suo nucleo familiare originario ed in particolare di convivere more uxorio con cittadina italiana.
Questo significa che la coppia non era già convivente da prima dell’approvazione della legge sulle Unioni Civili e che questo non è un “trucco” dell’ultimo minuto. Naturalmente fino all’approvazione della legge sulle Unioni Civili (che disciplina anche le unioni civili tra persone eterosessuali) questo genere di convivenza non avrebbe avuto valore per impedire il respingimento (ed infatti il ricorso era stato rigettato) ma la Corte di Cassazione rileva che il nuovo assetto normativo costituisce una condizione ostativa (ovvero un impedimento) all’applicazione del respingimento e ha deciso di annullare la sentenza del Tribunale di sorveglianza di Torino alla luce del seguente principio di diritto: la convivenza dello straniero con una cittadina italiana riconosciuta con “contratto di convivenza” disciplinato dalla legge 20 maggio 2016, n. 76 è ostativa alla espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione di cui all’art. 19 co. 2 lett. c) d. lgs. 286/1998 e tale causa ostativa deve essere valutata se sussistente o meno al momento in cui l’espulsione viene messa in esecuzione.
La decisione quindi torna nelle mani del Tribunale di sorveglianza che dovrà decidere quale misura restrittiva applicare al 28enne.
Occorre infine far notare che Salvini quando dice che la legge sulle Unioni Civili salva i clandestini si dimentica che prima invece le cose funzionavano nello stesso modo, solo che non veniva considerata questa forma di convivenza (la cittadinanza italiana non viene concessa automaticamente dopo il matrimonio ma solo dopo un certo periodo di tempo).
In secondo luogo Salvini si chiede «Ma come fa un magrebino, delinquente e clandestino, ad avere l’idea di fare (e a pagarsi) un ricorso alla Corte di Cassazione???»
Sembra quasi che il Capitano voglia suggerire che c’è qualcuno che paga (o paka) i ricorsi dei delinquenti clandestini in modo da favorire l’invasione del nostro Paese. Una domanda che mira a sollevare il sospetto che questi ricorsi siano pagati con soldi “sporchi” e che ad informare i clandestini ci siano chissà quali think tank (forse i Bilderberg? oppure le lobby omosessuali?).
In realtà basta saper leggere un po’ di italiano e avere un avvocato che conosca il Testo unico sull’immigrazione per capire che anche il provvedimento di espulsione è appellabile.
Quello che è certo è che ci sono anche altre due cose che non servono ad espellere i clandestini: la Lega Nord e la ruspa di Salvini (per tacere di quando la Lega firmò il regolamento di Dublino oppure varò la legge sulla redistribuzione dei profughi).
(da “NextQuotidiano“)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile SCOPPIA IL CASO DEL CONFLITTO DI INTERESSE DEL PARLAMENTARE GIROLAMO PISANO
L’anno scorso si sparse la voce che il Governo voleva introdurre una tassa sui condizionatori e da parte
di Lega Nord e MoVimento 5 Stelle ci fu una vera e propria levata di scudi contro il balzello voluto da Renzi per mettere le mani nelle tasche degli italiani ma in realtà il bollino (più o meno simile a quello per il controllo annuale delle caldaie) riguardava impianti di grandi dimensioni per il condizionamento di ambienti particolarmente grandi.
Fa sorridere quindi che a proporre una tassa sugli ascensori sia stato qualche giorno fa proprio un deputato del MoVimento, Girolamo Pisano, la cui famiglia guarda caso è anche titolare di un’azienda che fabbrica ascensori.
L’episodio è avvenuto qualche giorno fa in Commissione attività produttive alla Camera dove era in corso l’audizione del di alcuni rappresentanti dell’INAIL, nell’ambito dell’esame dello “Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, per l’attuazione della direttiva 2014/33/UE relativa agli ascensori ed ai componenti di sicurezza degli ascensori nonchè per l’esercizio degli ascensori (Atto n. 335)“.
Si è parlato a quanto pare anche della tassa sugli ascensori, che come quella sui condizionatori ha causato parecchio trambusto tra chi sosteneva che sarebbe costata più della TASI e il MISE che spiegava che quella tassa non c’era e che si trattava solo di controlli ordinari relativi agli impianti installati prima del 1999.
Indovinate chi all’epoca denunciava la nuova tassa che sarebbe costata almeno 350 euro a famiglia?
Esatto, proprio Beppe Grillo che dal blog lanciava l’allarme contro l’ennesima tassa imposta da Renzi e dal suo Governo non eletto dal popolo.
Quella tassa in realtà non c’era, e i controlli non riguardavano tutte le famiglie o tutti gli edifici dove era installato un ascensore; ma c’è di più: qualche tempo dopo il Consiglio dei Ministri approvava uno schema di regolamento in materia di ascensori che non conteneva la tanto contestata (da Confedilizia in primis) norma che prevedeva interventi di verifica e aggiornamento degli impianti antecedenti al 1999 (norma che come ho spiegato recepiva una direttiva della Commissione Europea).
A fine settembre quel Decreto è stato assegnato alle Commissioni di Camera e Senato ed è proprio quello il motivo per cui se ne è parlato in Commissione martedì scorso. Stupisce quindi, vista l’opposizione di Beppe Grillo alla “tassa sugli ascensori” che il deputato Pisano, che non fa parte della Commissione, sia più volte intervenuto per sollecitare la necessità di una norma che imponga l’aggiornamento tecnologico degli impianti di sollevamento installanti all’interno degli edifici e per far chiedere al relatore «Come valutate, alla luce delle nuove normative, la situazione di rischio negli impianti esistenti anche alla luce del fatto che voi dovreste essere all’interno della commissione Uni?»
Domanda alla quale Michele De Mattia, dirigente Inail, ha risposto spiegando che: «C’è già una norma per questo, quindi il livello di sicurezza è già stabilito all’interno di questa».
Per di più il dirigente ha ricordato che un’eventuale aggiornamento della norma è compito che spetta al legislatore e non all’INAIL.
Conflitto d’interessi? Si potrebbe pensare a qualcosa del genere: in fondo la tassa sugli ascensori darebbe sicuramente una mano alle aziende produttrici di impianti di sollevamento, tra queste anche la ditta di famiglia di Pisano ne trarrebbe un indubbio beneficio, ma la legge in materia lo esclude.
Schizofrenia? Anche su questo punto ci sarebbe da discutere: da una parte abbiamo Grillo che invita i suoi a protestare contro l’imposizione di una tassa “ingiusta” (anche se i controlli sugli impianti dovrebbero essere cosa dovuta) dall’altra abbiamo un deputato che, in virtù di conoscenze specifiche e interessi “particolari”, si mobilita per farla introdurre.
Sulla pagina Facebook del portavoce pentastellato alcuni attivisti chiedono conto dell’insolito attivismo di Pisano in materia di ascensori, lui risponde spiegando quali sono i suoi diritti di parlamentare, nella fattispecie di partecipare ai lavori delle commissioni (vero) e rimarcando come il conflitto d’interesse non sussista perchè esiste solo per le cariche amministrative che possono decidere su appalti e spese e non per quelle politiche.
E qui si sbaglia in parte perchè è vero che con la Legge Frattini del 2004 vengono esclusi i parlamentari ma la nuova legge sul conflitto di interesse approvata a febbraio alla Camera (con il voto contrario del MoVimento) e in questi giorni all’esame in Senato (quindi non ancora in vigore) prevede che il conflitto di interesse possa sussistere anche per quanto riguarda i titolari di cariche politiche ovvero:
a) i titolari di cariche di governo nazionali: il Presidente del Consiglio dei ministri, i vicepresidenti del Consiglio dei ministri, i ministri, i vice ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
b) i titolari di cariche di governo regionali: i presidenti delle regioni e delle province autonome e i componenti delle giunte regionali e delle province autonome
c) i membri del Parlamento;
d) i consiglieri regionali.
Tutta la polemica della “tassa sull’ascensore” fu una trovata mediatica di Confedilizia (che Pisano individua come mandante del trafiletto su Libero a proposito del suo interesse “particolare”) e a domandare più controlli (non più tasse) era una direttiva europea.
Peccato che Pisano, senza dubbio molto esperto in tema di ascensori, non abbia aperto bocca quando Grillo suonava la carica contro la “tassa sugli ascensori” rilanciando proprio il comunicato di Confedilizia.
(da “NextQuotidiano“)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile LE OPPOSIZIONI CHIEDONO PERCHE’ IL SINDACO NON ABBIA DENUNCIATO IL FURTO… E’ ACCADUTO PROPRIO NEI GIORNI DELLE PERQUISIZIONI ANPS CHE LO VEDONO INDAGATO
“Nogarin chiarisca le sue strane dimenticanze” è l’invito delle opposizioni.
Cos’è accaduto? La mattina del 5 aprile scorso Nogarin racconta di essere stato vittima di un furto e di aver sporto denuncia: qualcuno ha aperto la sua auto e preso alcuni oggetti, dal portatile al tablet alla macchina fotografica.
La stessa mattina dell’acquisizione dei documenti sul caso Aamps. Cioè l’inchiesta sull’azienda dei rifiuti che vede indagato lo stesso sindaco di Livorno per abuso d’ufficio e falso in bilancio.
Giorni fa il capogruppo del Pd Pietro Caruso solleva la questione in consiglio comunale: “Il sindaco ha denunciato il furto del suo cellulare di lavoro, ma non lo ha comunicato in consiglio comunale. Una mancanza gravissima”.
E dunque: “Perchè non lo ha detto?”. Tanto che qualcun altro chiede: “C’erano dati sensibili?”.
In sostanza, il sospetto che si solleva è che lo smarrimento sia da mettere in relazione con l’inchiesta su Aamps. “Insinuazioni ridicole”, replica il sindaco Nogarin.
“Nogarin il 5 aprile scorso, mentre è in corso una maxiperquisizione della guardia di finanza, denuncia che la notte precedente sono stati rubati il suo Pc e il suo tablet lasciati nell’auto. E dopo 5 mesi torna in questura, perchè aveva dimenticato di denunciare che anche i suoi due telefoni erano spariti nel furto di aprile. Ma anche in questa occasione si guarda bene dal darne notizia, nonostante sia coinvolto il telefono istituzionale”, ricostruisce il segretario toscano.
Aggiungendo: “A svelare il tutto, tramite regolare richiesta di accesso agli atti, è stato il gruppo del Pd. E il giornale ‘Il Tirreno’ ci racconta che la mattina successiva al furto, Nogarin rispondeva a quei numeri telefonici le cui sim sarebbero sparite la notte precedente”.
Ragion per cui, il sindaco di Livorno, insiste Parrini, “deve chiarire”.
Anche se, politicamente, conclude Parrini “tra assessori chiacchierati, firme false, rimborsi sospetti, comportamenti amministrativi deprecabili, faide interne, e mail cruciali non lette, in Toscana come a Roma o in Sicilia il mito della casa di vetro grillina è andato in mille pezzi da tempo”.
Nogarin replica che è già tutto chiaro: “Come sindaco di Livorno, ho subito un danno enorme che sfiora i 16mila euro per il quale non avrò mai un indennizzo. In quei giorni hanno tentato di entrarmi in casa, due giorni prima mi hanno squarciato le gomme dell’automobile eppure non ho chiesto un euro al Comune, ho pagato tutto di tasca mia. Nonostante, come è evidente a tutti, l’obiettivo di quegli atti vandalici non fosse Filippo Nogarin privato cittadino, ma il sindaco di Livorno. Nonostante tutto questo, oggi mi si mette alla berlina, insinuando che avrei indebitamente chiesto un cellulare nuovo a spese del Comune. Un’insinuazione ridicola”.
E aggiunge a proposito delle ricostruzioni: “La mattina del 5 aprile quando sono andato in questura ho dimenticato, tra le mille cose dell’elenco degli oggetti rubati, di segnalare anche il modem i cellulari ed altre cose apparentemente meno importanti. Anche perchè si trattava di apparecchi che non utilizzavo se non come “muletti”. La sim con il numero di servizio, infatti, l’avevo inserita in un mio cellulare privato, che ho utilizzato per svolgere il mio incarico e che per fortuna quella notte era nel mio appartamento. Lo scorso agosto, poi, si è rotto uno dei miei cellulari. A quel punto ho ritenuto giusto chiederne la sostituzione al Comune: per farlo ho dovuto fare l’integrazione alla denuncia in questura, elencando anche i cellulari che mi erano stati rubati dall’automobile”.
Ma al consigliere regionale Francesco Guzzetti non basta: “Perchè il sindaco ha aspettato agosto prima di denunciare il furto dei due telefonini? Perchè non l’ha fatto subito ad aprile?”, chiede il consigliere livornese.
Nogarini deve perciò “spiegare e far capire a tutta la città quello che è accaduto ai telefonini del primo cittadino di Livorno”, insiste Gazzetti.
(da “Nexquotidiano”)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile AVREBBE CIRCA 9.000 EURO DI ARRETRATI A CAUSA DI PROBLEMI ECONOMICI… ORA E’ MEMBRA DELLA COMMISSIONE EMERGENZA ABITATIVA DEL COMUNE DI TORINO
Deborah Montalbano è consigliera comunale a Torino con il MoVimento 5 Stelle e membro della
commissione emergenza abitativa.
La Montalbano però sarebbe morosa con l’Atc, Agenzia territoriale per la casa: assegnataria di una casa popolare, dovrebbe all’ente quasi 9 mila euro di arretrati.
La consigliera, disoccupata e con una figlia, non verserebbe i canoni dal 2009 e non avrebbe saldato le rate del piano di rientro pattuito con l’ente neppure dopo essere entrata in consiglio comunale.
A parlarne è Lo Spiffero:
Secondo i documenti di cui lo Spiffero è entrato in possesso è dal 2009 che Deborah Montalbano non corrisponde il dovuto all’agenzia per le case popolari e anche ora che, grazie all’elezione in Sala Rossa, può usufruire di un reddito stabile, si è ben guardata dal sottoscrivere un piano di rientro. Da quando è stata eletta sono passati oltre tre mesi e, a quanto si apprende, ha già disertato due appuntamenti fissati con gli uffici dell’Atc per regolarizzare la propria posizione.
La situazione è ben nota alla struttura di Palazzo Civico, ma nonostante ciò, ogni tentativo finora messo in campo per sanare la controversia è andato a vuoto.
Di più: anche dopo la sua elezione, la consigliera Montalbano ha continuato a non pagare le rate (l’ultima, da 104 euro, è scaduta il 23 settembre) al punto che a oggi il debito è salito a 8.886 euro.
Interpellato sulla questione, il presidente di Atc Marcello Mazzù non conferma e non smentisce: “Motivi di privacy”.
Intanto, però, secondo quanto riporta un insider presto potrebbe arrivare per la Montalbano un’ordinanza di sfratto, anche perchè, a fronte di un reddito accertato (a settembre ammonta a 2.280 euro lordi), non si tratta di morosità incolpevole.
Anche La Stampa riprende la notizia:
Il post comparso sulla bacheca ha innescato un dibattito di commenti anche forti e aggressivi tra quanti difendono Deborah Montalbano «persona pulita e onesta», quanti chiedono conto della veridicità delle informazioni, quanti pensano che si tratti di un attacco strumentale mentale e quanti si indignano per la privacy violata.
Ma poco dopo tutto sparisce, il post e i commenti vengono cancellati dalla bacheca, ne compare un altro solidale che descrive Montalbano come una che «si spende da anni per i più deboli delle periferie di Torino».
Il giornale spiega anche come funziona il trattamento economico dei consiglieri a Torino: gli eletti non hanno un compenso fisso, ma incassano un gettone di presenza di circa 120 euro lordi a seduta. Sono retribuite sia le sedute del Consiglio sia quelle delle commissioni, con un tetto massimo di tre sedute in un giorno e 19 in un mese.
A conti fatti, significa un totale mensile massimo di 2.280 euro lordi, cioè 1.400 euro netti, da cui bisogna escludere quasi del tutto il mese di agosto.
Arriva infine anche una nota della Montalbano: “Ad oggi ho percepito dal comune di Torino circa 850 euro e ne ho versati ad Atc 565 euro. Venerdì 21 ottobre ho appuntamento per effettuare il piano di rientro”.
(da agenzie)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile IN REALTA’ SONO STATE VENDUTE LE FREQUENZE NAZIONALI E MOLTI IMPIANTI PER NECESSITA’ INCONFESSABILI …FINO AD OGGI LA RADIO RIVENDEVA LE FREQUENZE OCCUPATE SOLO GRAZIE ALLA DEFINIZIONE DI “RADIO COMUNITARIA” INTRODOTTA DA UNA LEGGINA NEL 2011 DAL LEGHISTA CAMPARINI… DOPO LO STOP DEL MINISTERO E’ FINITA LA PACCHIA
In effetti fa abbastanza sorridere la versione semplificata della storia di «Radio Padania venduta a un calabrese», ovvero Lorenzo Suraci, proprietario di RTL 102.5, Radio LatteMiele e Radio Zeta.
In realtà però le cose non sono andate esattamente così.
La fonte della notizia, ovvero Andrea Secchi per Italia oggi, spiega invece piuttosto bene che non è stata venduta l’emittente Radio Padania, bensì le sue frequenze e parte degli impianti attraverso la concessione di radio comunitaria nazionale.
Nel frattempo Radio Padania ha acquisito una concessione radiofonica locale e il diritto di continuare a trasmettere nelle zone più importanti del Nord Italia.
Per l’acquisto è stata corrisposta la somma di 2,1 milioni di euro.
Radio Padania continuerà così a trasmettere, ma senza l’intervento finanziario della Lega che si era reso necessario dopo che alla radio era stato imposto lo stop del metodo di finanziamento che ha sempre utilizzato: quello di rivendere le frequenze occupate grazie a una norma per le radio comunitarie introdotta nella finanziaria del 2011 da un emendamento del leghista Davide Caparini e quello di percepire il finanziamento pubblico.
La storia della vendita ha seguito vie tortuose.
Le parti hanno infatti convenuto su una scrittura privata la vendita delle frequenze a Radio Mobilificio di Cantù, che possiede Radio Z e l’acquisizione di una frequenza locale da parte di Radio Padania.
A questo punto, racconta Italia Oggi, è intervenuto il ministero:
Ma il 27 giugno la direzione generale competente per il ministero nega la voltura della concessione e degli impianti aperti con le prerogative di radio comunitaria (tutti quelli del pacchetto). A questo punto, i rappresentanti delle due parti si ritrovano dal notaio il 5 agosto: Radio Padania Libera e Radio Mobiliï¬cio di Cantù risolvono la scrittura privata precedente e tutto ritorna ai legittimi proprietari, soldi e frequenze.
Nella nuova scrittura però, si vende di nuovo e appare anche un terzo soggetto, l’Associazione Culturale Radiofonica Comunitaria, creata un giorno prima, il 4 agosto, stessa sede di Radio Mobiliï¬cio di Cantù a Bergamo e rappresentata da Suraci. La cessione così ha di nuovo luogo: stessi impianti e stessi soldi.
Radio Padania aveva coperto le perdite del 2014 e 2015 lo scorso anno. Ora potrà proseguire con un business plan molto ridotto e basato su introiti pubblicitari e donazioni.
E adesso? La Lega sostiene che ‘idea alla base dell’operazione, che va avanti da tempo — viene spiegato -, è quella di “ridimensionare” la radio e farla diventare una “emittente locale priva di contributi pubblici e di partito”.
Fonti leghiste riportate dall’agenzia AGI hanno però smentito che la vendita possa fruttare 2,1 milioni di euro come sostenuto da Italia Oggi, ma riferiscono di somme “decisamente inferiori”.
Forse perchè contano anche l’acquisto della frequenza locale incluso nel contratto. L’impero mediatico costruito da Bossi ha cominciato a capitolare nel luglio del 2014 con la chiusura di Telepadania e successivamente nell’autunno del 2015 con quella dello storico quotidiano La Padania (nelle edicole dal 1998).
Ora il colpo di grazia dato da Salvini.
E pazienza se ci va di mezzo la storia della Lega.
(da “nextquotidiano”)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile CONTESTATA DAGLI OPERAI DELLE RIPARAZIONI NAVALI E DALLA BASE STORICA CINQUESTELLE … SPACCATURA CON IL GRUPPO COMUNALE, IL DISTACCO DI PUTTI E IL CANDIDATO SINDACO “IMPOSTO” DAI VERTICI
Sull’orlo di una crisi di nervi, il Movimento Cinque Stelle a Genova. Dopo La Spezia. E dopo i fischi degli operai alla portavoce del M5S in Regione, Alice Salvatore, martedì, si allarga il fronte interno, con molti militanti che non digeriscono il fatto che, stasera, proprio la Salvatore preferisca affrontare il consigliere regionale Pd, Pippo Rossetti, in un dibattito sul referendum costituzionale, disertando l’assemblea plenaria convocata proprio stasera e cruciale per le elezioni amministrative di Genova del prossimo anno.
«Una plenaria decisiva per la futura campagna elettorale – spiegano i militanti – perchè in questa occasione, chi vuole, propone la propria candidatura alle prossime amministrative genovesi».
Ai lati, ci sono Paolo Putti, capogruppo M5S in consiglio comunale, e Francesco Battistini, compagno di banco della Salvatore in consiglio regionale per il Movimento: entrambi ostili e addirittura in uscita.
Putti ha attaccato duramente nelle scorse ore la Salvatore sulla vicenda delle riparazioni navali, liquidandola con «effetto della politica dei selfie » e sta meditando lo scacco: potrebbe fare un determinante passo fuori dal Movimento. E non per ricandidarsi con una lista civica alle comunali.
Battistini ha addirittura votato due volte contro il suo gruppo, in consiglio regionale, come seconda puntata di una crisi con la Salvatore cominciata nella lotta al curaro per scegliere il sindaco di Spezia. Battistini sosteneva Marco Grondacci, così come tutto il M5S spezzino, ma Beppe Grillo (e Salvatore) lo hanno impallinato perchè ha avuto trascorsi nel Pci.
Anche se ora pare che a Spezia, con la benedizione dello “staff”, sia in rampa di lancio Donatella Del Turco, ex sindacalista Cgil. E qualcuno dice che Battistini stia meditando di lasciare i Cinque Stelle addirittura per le file di Rete a Sinistra.
Se a Genova Paolo Putti deciderà di lasciare, è certo, tutta la base del Movimento che è legata alla radice Cinque Stelle che dà voce ai comitati e ai territori potrebbe subire una forte scossa tellurica perchè aveva proprio in Putti il suo riferimento.
Risolutivo sarebbe stato un incontro tra Putti e Beppe Grillo, nelle scorse settimane, in cui tra i due, dopo tanto tempo, si sarebbero messe in chiaro le cose. In modo definitivo.
Anche perchè il fuoco di fila dello “staff” nazionale e della sua diretta emanazione in Liguria, Alice Salvatore, nel caso in cui Putti decidesse di candidarsi a sindaco nelle fila M5S si concentrerebbe proprio contro di lui.
E che la decisione dello staff e di Alice Salvatore sia l’unica ammessa sul sindaco di Genova lo dice la sua assenza, stasera, alla plenaria. «È la prima volta che Pd e M5S si affrontano sul referendum, non solo ci vado, ma mi aspetto che veniate a sostenermi con la claque, che sicuramente Rossetti avrà », ha detto Salvatore ai suoi.
Ma all’interno del Movimento genovese la battaglia sul No al referendum, si dice, per una volta avrebbe dovuto lasciare il passo a uno dei momenti che per i grillini sono di maggior importanza, la presentazione collegiale delle candidature.
à‰ chiaro a molti il segnale lanciato dalla Salvatore, snobbando l’assemblea: il candidato per Palazzo Tursi c’è già , tanto più che nei giorni scorsi un post dello staff nazionale ha ribadito, sostanzialmente, che se il percorso di designazione o le liste non sono “certificate”, ovvero, approvate, non se ne fa nulla.
Il candidato per Palazzo Tursi di Alice Salvatore è Luca Pirondini, musicista e artista, e attivista del Movimento. Integrato nelle fila dei fedelissimi alla portavoce.
Salvatore respinge al mittente le illazioni e chiama i militanti a sostegno del suo intervento per il No, stasera al teatro di Certosa, contro il Sì sostenuto da Pippo Rossetti: «Dal movimento mi aspetto solidarietà , partecipazione e sostegno, la data non l’ho scelta io», ha detto ai suoi.
Michela Bompani
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 20th, 2016 Riccardo Fucile “IN DIREZIONE ME LI HAI FATTI PROPRIO GIRARE”
«L’altra sera in Direzione me li hai fatti girare eh!». 
E’ uno dei momenti più distesi di una litigata – piuttosto a senso unico – tra Pierluigi Bersani e la deputata Anna Ascani, apostrofata malamente dall’ex segretario alla buvette della Camera di fronte al bancone, mentre i due erano circondati da deputati e giornalisti.
Pietra dello scandalo, l’intervento della giovane renziana in Direzione più di una settimana fa, quando lei lo criticò per essersene uscito il giorno prima con l’intervista al Corriere, dove pronunciava il suo no al referendum costituzionale.
Invece di prendere la parola e spiegare le sue ragioni nell’organismo di partito.
Con l’aria di quello che si toglie un boccone che non va giù da giorni, Bersani mena fendenti, non solo perchè «quell’intervento in direzione non mi è piaciuto», ma anche con attacchi diretti, « a chi dice che io divido il Pd lo sbrano», dice rivolto alla Ascani. Alla quale ad un certo punto, parlando dell’atteggiamento dei giovani, rinfaccia pure «e poi a te ti ho trovato io».
«Invece mi ha trovato Enrico Letta», gli ribatte lei. «Anche Enrico l’ho trovato io». «No, l’ha trovato Nino Andreatta, non tu», è la fine del battibecco.
Andato avanti per qualche minuto, partendo appunto dalle parole spese dalla Ascani in Direzione al Nazareno, quando disse, «dall’ex segretario del mio partito, mi aspetto che quello che deve dire lo dica nella sede della Direzione, non fuori».
Sul punto Bersani le fa notare stizzito che è quello che faceva anche Renzi quando a suo tempo non interveniva mai in quella sede.
«E infatti ho criticato anche lui per questo», gli ribatte colpo su colpo la Ascani.
Facce perplesse di altri spettatori involontari e imbarazzate quelle dei compagni di partito dietro di loro, Nico Stumpo e Luciano Nobili, dirigenti del Pd.
E subito la voce del litigio si sparge tra i banchi dei deputati di varia fede seduti sugli scranni in aula a votare.
Un altro sintomo di come nel Pd volino gli stracci.
Carlo Bertini
(da “La Stampa”)
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