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LA RAGGI INSISTE SUL COMPLOTTO DEL FRIGO: “I RITIRI INTERROTTI PRIMA DEL BALLOTTAGGIO”

Ottobre 26th, 2016 Riccardo Fucile

“IL SERVIZIO RITIRO INGOMBRANTI SI E’ FERMATO SENZA CHE NESSUNO SAPPIA IL MOTIVO”

Il sindaco di Roma Virginia Raggi torna sul giallo dei frigoriferi abbandonati in strada dai romani, denunciato in una intervista su Repubblica.
“Gli ingombranti non sono una vicenda giornalistica, ma una vicenda sostanziale”, ha detto intervenendo in commissione Antimafia a San Macuto.
“La cooperativa 29 Giugno continua a effettuare per conto di Ama il servizio su carta umido e ingombranti, e nonostante il cambio di gestione ai vertici questo servizio è rimasto inadeguato. Il 18 giugno, prima del ballottaggio, il servizio si è improvvisamente interrotto e il motivo non lo sa nessuno”.
“Ora – ha aggiunto – abbiamo attivato una nuova gara, ma ditemi se vi sembra normale che un servizio venga bloccato in questo modo: a questo si riferisce l’assessore Muraro quando dice che non è cambiato nulla”.
A proposito dell’azienda municipalizzata di raccolta dei rifiuti la Raggi ha aggiunto: “Ama ha una serie di appalti con soggetti esterni che sono stati attenzionati dall’Anac perchè stranamente le gare nel 2015 per ben due volte sono andate sempre, costantemente deserte: venivano tutti aggiudicati la terza volta. Stiamo esaminando queste anomalie – ha spiegato – di cui si sta interessando anche l’Anac perchè non è normale che tutti gli appalti di questo settore siano andati deserti e la terza volta aggiudicati, alcuni a ditte che vengono da territori considerati a rischio infiltrazione”.

(da “Huffingtonpost”)

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PD, LEGA E FORZA ITALIA SALVANO ALBERTINI DAL PROCESSO PER CALUNNIA A PM ROBLEDO

Ottobre 26th, 2016 Riccardo Fucile

LA GIUNTA PER LE IMMUNITA’ E L’AIUTINO ALL’EX SINDACO DI MILANO: “COMPORTAMENTO INSINDACABILE IN QUANTO SENATORE ANCHE SE NON LO ERA ANCORA”

“Insindacabile”, anche se quando ha accusato il magistrato Alfredo Robledo l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini non era ancora senatore.
Alla fine l’ha spuntata proprio lui, l’esponente alfaniano, che alla maggioranza ha posto un aut aut: “O mi date l’insindacabilità  oppure io non voto più con voi”
Nella Giunta per le autorizzazioni di palazzo Madama, alle otto di sera, va in scena il voto che salva Albertini, già  condannato a Brescia per calunnia, e che realizza una singolare alleanza tra Pd e centrodestra.
Il comportamento dell’ex sindaco non era “sindacabile” in quanto senatore, anche se senatore in effetti non era, visto che i fatti sono del 2012 e lui è entrato a palazzo Madama l’anno dopo.
Lo teorizza la relatrice del Pd Rosanna Filippin, che ipotizza per Albertini una sorta di scudo perenne, in quanto da senatore ha ripetuto molte volte le sue accuse contro l’ex procuratore aggiunto di Milano Robledo, accusato sostanzialmente di perseguitare con varie inchieste giudiziarie la sua giunta.
Alla fine votano assieme il centrodestra, Forza Italia, Lega, Ncd e il socialista Buemi, ma anche tutto il Pd presente.
Si oppongono M5S e il senatore Felice Casson. Due assenti tra i Dem, l’ex relatore Giorgio Pagliari, che invece era contrario all’insindacabilità  e per questo ha dovuto farsi da parte, e Doris Lo Moro.
Casson lascia la seduta visibilmente furibondo: “Stasera la Giunta per le autorizzazioni ha raggiunto il livello più basso immaginabile, e mai raggiunto prima. Con il voto su Albertini e la concessione dell’insindacabilità  è stato clamorosamente disapplicato l’articolo 68 della Costituzione (che regola appunto la protezione per i parlamentari, ndr.). All’ex sindaco è stata garantita una copertura nonostante i fatti e le carte giudiziarie parlino chiaro, visto che il capo di imputazione per Albertini chiarisce che le accuse rivolte al magistrato milanese risalgono al 2012, quando non era ancora parlamentare”.
Inutilmente Casson ha chiesto alla Giunta e alla relatrice Filippin di acquisire la documentazione giudiziaria sulla querelle Albertini-Robledo.
Lo stesso Robledo, difeso dall’avvocato milanese Caterina Malavenda, ha inviato documenti alla Giunta, che però sono stati respinti
Ha prevalso un nuovo teorema in materia di concessione dell’insindacabilità .
Una sorta di scudo perenne. A costruirlo proprio il Pd che si è trovato alle strette per le rimostranze di Albertini, in una situazione politica, come quella del Senato, in cui notoriamente i numeri in aula sono sempre in bilico per la maggioranza.
Per questo, sul caso Albertini, il Pd improvvisamente cambia fronte.
Il primo relatore Pagliari si pronuncia contro l’insindacabilità , forte anche del no del Parlamento europeo che, mentre Albertini era a Strasburgo, gli aveva già  negato lo scudo proprio in quanto la sua polemica con Robledo era legata alla sua attività  di sindaco, e non a quella di parlamentare.
Albertini protesta e fa capire che voterà  contro la maggioranza. A questo punto il Pd cambia idea. Pagliari è costretto a lasciare, gli subentra Filippin, che invece teorizza lo scudo totale.
In Giunta si arriva al paradosso che Forza Italia, con Bruno Alicata, accusa i senatori Democratici di comportarsi in modo ondivago, a seconda dell’interesse politico.
“Pur in presenza di comportamenti simili, voi salvate quelli che stanno dalla vostra parte come Albertini e che vi fa comodo salvare, mentre date l’autorizzazione per gli altri, com’è accaduto per Giovanardi”.
Niente da fare, le accuse forziste non fanno breccia, il Pd va avanti e vota. Albertini è salvo grazie al cartello Pd, Fi, Ncd, la leghista Stefani, il socialista Buemi.
Il presidente della Giunta Dario Stefà no, com’è prassi, non ha votato. Contro Casson e M5S. Adesso tutto passa in aula dove, col voto segreto, sicuramente Albertini conquisterà  definitivamente lo scudo.

(da “La Repubblica”)

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“USCITA DALL’EUROPA E’ UN RISCHIO PER LA GRAN BRETAGNA”: UNA REGISTRAZIONE DELLA PREMIER MAY IMBARAZZA IL GOVERNO

Ottobre 26th, 2016 Riccardo Fucile

LO SCOOP DEL GUARDIAN: ECCO COSA DICEVA LA MAY UN MESE PRIMA DEL VOTO

“Lasciare l’Unione Europea è un rischio per la Gran Bretagna. Fare parte di un blocco commerciale di 500 milioni di persone è un vantaggio per Londra. Il Regno Unito dovrebbe assumere la leadership dell’Europa, invece che restarne ai margini. E guardare al futuro invece che cercare di “ricreare il passato”.
Chi l’ha detto? Theresa May, la premier britannica che ora afferma “Brexit significa Brexit” e vuole portare il proprio paese fuori dalla Ue per realizzare pienamente il mandato del referendum del giugno scorso.
Eppure, un mese prima del referendum, quando era ancora ministra degli Interni, May affermava una posizione molto diversa in un discorso tenuto privatamente ai banchieri della sede londinese della Goldman Sachs.
Pubblicato in prima pagina dal Guardian, che ne ha ottenuta una registrazione da una fonte interna, l’intervento della leader conservatrice imbarazza Downing street. Dimostrando che la premier cambia posizioni con disinvoltura su questioni di storica importanza oppure non dice quello che pensa veramente.
“Penso che le argomentazioni economiche siano evidenti”, dichiarava May il 26 maggio scorso nell’incontro con la Goldman Sachs.
“Credo che fare parte di un blocco commerciale di 500 milioni di persone sia significativo per noi. Penso che un sacco di gente investa in Gran Bretagna perchè la Gran Bretagna è in Europa. Se non fossimo in Europa, penso che aziende e imprese si chiederebbero: dovremmo avere una base sul continente europeo anzichè una base britannica? Per cui sono convinta che ci siano decisamente benefici per noi in termini economici” (sottinteso: nel restare nella Ue).
Ufficialmente schierata come il premier David Cameron per “Remain” nel referendum, cioè per rimanere nell’Unione Europea, ma accusata di non prendere abbastanza posizione in pubblico sulla questione durante la campagna referendaria, l’allora ministra degli Interni assume una posizione molto più apertamente filo-Ue nel suo “briefing” ai banchieri della Goldman.
“Ci sono assolutamente cose che possiamo fare come membri dell’Unione Europea che rendono il nostro paese più sicuro”, dice a proposito di terrorismo, criminalità  e sicurezza. Quindi loda Cameron per come ha negoziato con Bruxelles, sostenendo che il primo ministro ha ottenuto importanti concessioni dalla Ue. E in generale parla come un’autentica europeista.
“Quel che penso è che la Gran Bretagna deve avere un ruolo di leadership in Europa”, afferma nel discorso alla Goldmans Sachs. “Penso che in passato la Gran Bretagna ha guardato alla Ue come a qualcosa che ci viene imposto, prendendo una posizione di retroguardia, invece penso che dovremmo prendere l’iniziativa e guidare, e che possiamo realizzare cose. Dobbiamo assumere la leadership”.
E conclude: “Il mio messaggio sul referendum è che non dobbiamo votare per ricreare il passato, dobbiamo votare per ciò che è giusto per il futuro”.
Commenta il deputato laburista pro-Ue Phil Wilson: “Fa piacere che privatamente Theresa May pensi quello che tanti di noi dicono in pubblico, cioè che uscire dal mercato comune sarebbe un danno per il business e per l’economia nazionale”. Concorda un altro parlamentare laburista, Chuka Umunna: “Adesso che è primo ministro, Theresa May è nella posizione ideale per realizzare quello che pensa e per mettere la permanenza nel mercato comune al centro delle sue ambizioni”.
Ma un portavoce di Downing street, richiesto di un parere sulle rivelazioni del Guardian, si limita a dire: “La Gran Bretagna ha fatto una chiara scelta di votare per uscire dall’Unione Europea e il governo è determinato a trasformare in successo le nuove opportunità  che questo rappresenta”.

(da “La Repubblica”)

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INTERVISTA A GERMANA CHIODI, LA SEGRETARIA EREDE DI CAPRIOTTI: “CONTINUERO’ LE ATTIVITA’ BENEFICHE CHE LUI SOSTENEVA IN SILENZIO”

Ottobre 26th, 2016 Riccardo Fucile

“ERA UN GENIO, CI SIAMO VOLUTI BENE”

Bernardo Caprotti ha lasciato alla moglie l’azienda e un dipinto con un mazzo di rose bianche di Fatin Latour, e alla segretaria “signora Germana Chiodi “, un assegno da 75 milioni e due quadri di fiori colorati di Mario Nuzzi: “Il Dottore mi aveva anticipato che mi avrebbe ricordato nelle sue ultime volontà  e io gli avevo detto che avrei fatto lo stesso nel mio testamento con alcune delle tante attività  benefiche che lui aveva sempre sostenuto; facendolo nel silenzio perchè ripeteva sempre che la beneficenza non va pubblicizzata”.
Germana Chiodi entra in Esselunga nel’68 non ancora ventenne come impiegata di contabilità . E dopo qualche anno viene promossa assistente nella segreteria di direzione.
Ma Germana di nome e di fatto, lavora duro 9-10 ore al giorno, e spesso anche al sabato, dedicando 48 anni della sua vita a Caprotti e all’Esselunga.
Chiunque l’abbia conosciuta dice di lei che non è mai stata solo la segretaria del Dottore, ma qualcosa di più, il suo braccio destro, la donna di fiducia, una lavoratrice indefessa tanto che ancora ieri fino a tarda sera, era a Limito di Pioltello a lavorare come consulente, nonostante sia in pensione da anni.
“Quando ho maturato la pensione Bernardo mi ha chiesto di rimanere a lavorare finchè c’era lui e io sono rimasta, ma ora senza di lui c’è il vuoto, anche in azienda si sente tanto la sua mancanza. Adesso non so che farò, rimarrò solo se la famiglia mi chiederà  di restare ancora per un po’”.
Per la signora Germana, come per altri dipendenti della vecchia squadra, l’Esselunga è stata una scuola, una squadra di appartenenza.
Qualcuno racconta che lei aspettasse Caprotti prima di prendere l’ascensore per andare a casa. È così? “Facevo come le commesse, me ne andavo dall’ufficio un secondo dopo che era uscito lui. Caprotti era un genio anche a 80 anni, aveva la capacità  di riempire le stanze di trascinare le persone. Mi piaceva stare con lui, ci stavo più tempo possibile, mi impegnavo e cercavo di dargli il più possibile. Gli ho voluto bene e lui ne ha voluto a me”.
E Caprotti che la fedeltà  dei suoi dipendenti l’ha sempre premiata, ha scelto solo la Chiodi, tra i 22mila impiegati di Esselunga, per il suo testamento.
Del resto il nome della carta punti inventata e introdotta su spinta della figlia Violetta Caprotti, nasce da un’idea della Chiodi che la battezza “fidaty”. “Non solo il nome della fidaty. Sono stata ascoltata, dopo varie discussioni, su tante idee che ho avuto per Esselunga “.
Se Germana Chiodi è l’unica non Caprotti a essere menzionata nel testamento, nessun Caprotti lavora in Esselunga, dove invece sono impegnate quattro delle sue nipoti, (Cecilia e Nicoletta Gozzi e Alessandra e Cristina Bagnariol), e due dei loro mariti che però si sarebbero conosciuti lavorando in azienda (Luca Sorichetti e Livio Roncalli).
“È vero, ma non vedo cosa ci sia di male. Ho segnalato alcune mie nipoti perchè sono brave persone e hanno voglia di lavorare e hanno cominciato anni fa, partendo dalla gavetta. Così come ho segnalato tante altre persone in Esselunga anche se non sono mai stata presente a nessun colloquio, nè era una mia competenza selezionare il personale”.
In molti sostengono che avendo una grande influenza su Caprotti sia stata anche la responsabile di tanti licenziamenti in azienda. Celebre il caso del capo del personale, Barbara Adami Lami, assunta per sole 4 ore e mezzo.
“Il Dottore mi chiedeva la mia opinione sulle persone che lavoravano in Esselunga, mi chiedeva cosa pensavo a livello professionale e io rispondevo sinceramente. Quando invece avevo dei dubbi, perchè non avevo idea di chi fossero o di come lavorassero, non mi sono espressa”.
Nel 1984 il settimanale Espansione esce con un articolo intitolato Esselunga: “Non si muove foglia che Bernardo non voglia, e subito il vice presidente del gruppo, Ferdinando Schiavoni lo riadatta alla situazione: “Non si muove foglia che Germana non voglia”. “Si l’ho sentita questa cosa, ma non è così. Il Dottore era un genio, aveva sempre mille idee in anticipo su tutto, non solo sulla grande distribuzione, era un carattere forte un trascinatore, anche negli ultimi anni aveva una forza eccezionale.”

(da “La Repubblica”)

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GRANDI OPERE, 21 ARRESTI PER CORRUZIONE SULLA TAV MILANO-GENOVA E SULL’A3

Ottobre 26th, 2016 Riccardo Fucile

COLPITI DALLE ORDINANZE DIRIGENTI COCIV E IMPRENDITORI

Appalti truccati da Nord a Sud, dall’alta velocità  ferroviaria alle autostrade. Un’operazione congiunta di Carabinieri e Guardia di Finanza torna a dipingere un’Italia in cui il sottobosco della corruzione affianca tutte le grandi opere.
Le persone coinvolte sono almeno 21 in varie regioni, con accuse che vanno – a vario titolo – dalla corruzione alla tentata estorsione, fino all’associazione a delinquere.
Gli investigatori ipotizzano “condotte corruttive per ottenere contratti di subappalto” nei lavori di una tratta della Tav Milano-Genova, del 6° Macrolotto dell’A3 Salerno-Reggio Calabria e della People Mover di Pisa, l’impianto a fune che mette in collegamento l’aeroporto Galileo Galilei con la stazione centrale della città .
L’attività  investigativa, denominata “Amalgama”, ha fatto scattare arresti nel Lazio, Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Abruzzo, Umbria e Calabria.
L’indagine – spiegano fonti degli inquirenti – ha ricostruito presunte condotte illecite di un gruppo di persone costituito, organizzato e promosso dall’ingegnere Giampiero De Michelis, fino al 2015 direttore dei lavori nell’ambito delle tre opere pubbliche interessate e dal suo socio di fatto, Domenico Gallo, imprenditore calabrese considerato da tempo un nome noto delle costruzioni stradali.
Insieme a loro, lavoravano per il medesimo obiettivo, altre 9 persone, fra cui alcuni funzionari del consorzio Cociv.
Secondo quanto emerso, in alcuni casi, era De Michelis a obbligare le ditte vincitrici della commessa a spezzettare i lavori in diversi subappalti, da assegnare a ditte da lui indicate, pena un certosino lavoro di verifiche e controlli, sinonimo di costi aggiuntivi, ritardi e penali.
In altri casi invece, l’opera di corruzione avveniva a monte, durante le gare bandite dal general contractor.
Le opere coinvolte. La tav Genova-Milano è un’opera che vale 6,2 miliardi e ha l’obiettivo di potenziare i collegamenti del sistema portuale della Liguria con le principali linee ferroviarie del nord Italia e il resto d’Europa.
Si sviluppa lungo 53 chilometri, di cui 37 in galleria. Il Cipe ha fissato un limite di spesa di 6,2 miliardi per il consorzio Cociv – un colosso di cui fanno parte Salini Impregilo, Condotte e Civ – che dovrà  realizzare i sei lotti.
Il VI Macrolotto dell’A3 Salerno-Reggio Calabria riguardava il tratto compreso tra lo svincolo di Scilla e lo svincolo di Campo Calabro, in cui erano presenti 32 tra ponti e viadotti (per una lunghezza complessiva di 3 chilometri), otto gallerie naturali e 1 galleria artificiale (Scilla) di 155 metri. Inoltre i lavori riguardavano anche l`ammodernamento di quattro svincoli (Scilla, Santa Trada, Villa San Giovanni e Campo Calabro).
Le indagini.
Il fronte genovese dell’indagine, condotto dal Gico del nucleo di polizia tributaria di Genova e coordinate dalla procura genovese, ha ricostruito episodi di corruzione, concussione e di turbativa d’asta su commesse per un valore complessivo di oltre 324 milioni di euro.
In particolare, spiegano gli inquirenti, “è emerso che in occasione dello svolgimento delle gare indette dal General Contractor, alcuni dirigenti preposti allo svolgimento delle stesse, per pilotare l’assegnazione dei lotti ad alcune società  ed escluderne altre, hanno fatto in modo, in alcuni casi, che offerte ‘anomale’ divenissero regolari in violazione ai principi della par condicio e, in altri, si sono avvalsi della compiacenza di concorrenti di comodo, in realtà  non interessati all’aggiudicazione della gara, per indirizzare direttamente l’assegnazione all’unico concorrente interessato. In una circostanza la turbativa veniva accompagnata dal pagamento di una somma di denaro”.

(da “La Repubblica”)

argomento: Giustizia | Commenta »

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