Destra di Popolo.net

LA LETTERA DI RENZI AGLI ITALIANI ALL’ESTERO E’ PIENAMENTE LEGITTIMA, L’OPPOSIZIONE FACCIA ALTRETTANTO, DOV’E’ IL PROBLEMA?

Novembre 11th, 2016 Riccardo Fucile

LA LEGGE PERMETTE L’ACCESSO AGLI ELENCHI IN OCCASIONE DI VOTAZIONI A CHIUNQUE NE FACCIA RICHIESTA…LA LETTERA E’ PAGATA E FIRMATA DAL COMITATO DEL SI’, IL PROBLEMA NON ESISTE… CHI STRILLA SI CURI, L’OPPOSIZIONE SI FA IN ALTRO MODO

In un Paese dove miloni di famiglie sono sotto la soglia di povertà  e 4 giovani su 10 non trovano un lavoro, l’opposizione al governo probabilmente avrebbe molto di cui occuparsi, sicuramente di più serio rispetto alla becera polemica da cortile sulla lettera di Matteo Renzi agli italiani all’estero sul referendum.
Decine di deliranti dichiarazioni che fanno solo il gioco del Sì is sono susseguite sui media permettendo poi al Pd di chiudere ogni polemica da chi conosce la normativa vigente, a differenza di tante oche starnazzanti.
Il capogruppo PD alla Camera Ettore Rosato ha così buon gioco: “Invece di gridare allo scandalo e di aprire polemiche pretestuose ed infondate, Brunetta e tutti quelli che hanno accusato Renzi e il Pd di scorrettezza, per l’invio della lettera agli italiani residenti all’estero, vadano a leggersi i regolamenti sull’utilizzo di questi dati. Scopriranno che il Pd agisce, come sempre, rispettando le leggi e le regole, in questo caso pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 71 del 2014. Anche stavolta invece di parlare del merito della riforma costituzionale, si tenta di polemizzare su altro. Del resto capisco il difficile mestiere di Brunetta. La riforma della costituzione l’ha condivisa con noi, in gran parte anche votata. Ora sostenere che non serve ridurre i parlamentari, superare il bicameralismo e rendere le nostre istituzioni più efficienti è veramente compito arduo”.
Perchè ha ragione:
1) Gli elenchi degli elettori italiani all’estero sono disponibili a chiunque ne faccia richiesta in occasione di consultazioni elettorali e/o referendarie.
2) Invece che lamentarsi con chi ha ritenuto di utilizzarli, quelli del No avrebbero fatto meglio a fare altrettanto, magari anche prima.
3) Renzi ovviamente avrebbe torto se avesse fatto pagare la stampa e la spedizione alla Presidenza del consiglio, se avesse scritto anche una lettera di accompagnamento su carta intestata della Presidenza per “far pesare” il suo ruolo istituzionale. Ma così non è: invio e spedizione sono stati pagati dal Comitato del Sì, il depliant è curato dal Comitato del Sì ed è firmato da Renzi a titolo personale come esponente del Comitato stesso.
Dov’è il problema?
I fautori del No stiano sul pezzo e parlino dei contenuti, se continuano a strillare senza ragione finiranno per perdere credibilità .
Perchè un conto è dare voce a costituzionalisti nel merito, altra cosa sta diventando ascoltare ogni giorno le stronzate di Brunetta e Salvini.

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“VIRGINIA RAGGI PARLA SUL BLOG DI GRILLO PER FAR GUADAGNARE LA CASALEGGIO”

Novembre 11th, 2016 Riccardo Fucile

“IL MESSAGGERO” RICORDA IL CONTRATTO FIRMATO DA VIRGINIA CHE LA OBBLIGA A PARLARE ATTRAVERSO QUEL CANALE…E PREVEDE ALTRI OBBLIGHI

Simone Canettieri sul Messaggero di oggi maligna oggi sull’abitudine di Virginia Raggi di comunicare attraverso il blog di Beppe Grillo.
Lo ha fatto l’ultima volta in occasione dell’annuncio di delibera sulle slot machines, ma la circostanza si è ripetuta in varie occasioni durante il suo incarico da sindaca.
La tesi del quotidiano è che così la Casaleggio ci guadagna:   «Sia il comico sia l’azienda madre si fregano le mani a pensare alla stretta sulle slot dell’amministrazione. È una questione di clic, e quindi di soldi. Da quando si insediò in Campidoglio con un memorabile video dell’ufficio («Vedete, questa è la casa di tutti i romani») Virginia Raggi comunica la propria attività  da sindaco della Capitale scegliendo la piattaforma del Capo (www.beppegrillo.it che poi rimanda anche al nuovo blog delle stelle) e lo fa a discapito del sito del comune di Roma. Obbligando, chi fosse interessato a seguirne l’attività  via social, a ingrassare il traffico della sacra piattaforma».
In realtà  c’è da segnalare che i video della Raggi non sono corredati dalla pubblicità  video che invece è ospitata in altre iniziative sul blog della Casaleggio Associati.
E che, come nell’occasione del video che celebrava l’arrivo dei primi fra i 150 bus comprati dalla Giunta Marino, molto spesso i filmati vengono embeddati direttamente da Facebook.
Ma non si può nascondere che i banner sulla pagina di Grillo sono visibili lo stesso.
In questo modo poi «Virginia» aumenta gli utenti unici e le pagine visualizzate. Una mano non da poco alla casa madre.
Perchè da questi dati di pendono variabili importanti per «l’oracolo del M5S» che ultimamente non se la passa molto bene a contatti.
Passati (dati Audiweb) da 1 milione di utenti al mese (rilevazione agosto 2015) a circa 420mila (rilevazione agosto 2016).
Sicchè il traffico che produce la Raggi con le comunicazioni istituzionali fa alzare, in quota parte, il valore dei banner pubblicitari che si trovano sul blog.
Ieri per esempio ce n’erano sette.
In più la pubblicità  non è presente sulla pagina di foglia del blogdellestelle, ma soltanto sul sito di Beppe (e sull’home page del blogdellestelle)

(da “Nextquotidiano”)

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DI BATTISTA, LA SOLITA FIGURA DA CIOCCOLATAIO: PARLA DI COSTITUZIONE SENZA NEANCHE CONOSCERE QUANDO E COME E’ STATA APPROVATA

Novembre 11th, 2016 Riccardo Fucile

E QUESTA SAREBBE L’OPPOSIZIONE CHE DOVREBBE COSTITUIRE IL RICAMBIO AL GOVERNO DEL PAESE

Ieri sera a Piazza Pulita Alessandro Di Battista, dopo averci spiegato che ci sono persone nel nostro Paese che non sono in grado di interpretare la realtà  e la novità  di un MoVimento politico come il Cinque Stelle ci ha regalato una delle solite perle dei politici di professione, quelli che parlano senza sapere ciò di cui stanno parlando. Dovete sapere infatti che dopo aver abbandonato il scooterone ora Di Battista è in giro per l’Italia in tour in treno per spiegarci perchè è assolutamente necessario votare No al referendum costituzionale del 4 dicembre
Bisogna difendere la Costituzione, spiega in ogni piazza il deputato pentastellato, quella che ci hanno lasciato i nostri padri costituenti ripete come un mantra.
Ma davvero Di Battista conosce la Costituzione?
Se dovessimo basarci su quello che ha detto ieri la risposta è no.
Perchè ad un certo punto l’onorevole Di Battista, rispondendo ad una domanda di Formigli sul fatto che fosse o meno in imbarazzo di trovarsi — nella battaglia per il No — a fianco di Casa Pound e di altre forze neofascista, ha detto “mi state dicendo che mi dovrei vergognare a difendere la Costituzione del Boom Economico o la Costituzione approvata a suffragio universale nel 1948 perchè qualcun altro vuole votare no? A me non interessa, io porto avanti le mie idee”.
A Di Battista questo non interessa, ed è legittimo, e porta avanti le sue idee, pure questo è legittimo.
Idee che però sono soltanto sue e, cosa assai strana, non riguardano la Costituzione che vuole difendere.
Perchè la Costituzione (del 1947, lo Statuto Albertino è del 1848) non è la Costituzione del Boom Economico, è la Costituzione nata dalla guerra di liberazione. Poi, ma qui non stupisce visto che Di Battista è uno di quelli che ci spiegano che Renzi è un presidente non eletto da popolo (tecnicamente anche Trump, come tutti i Presidenti USA lo è, ma lì invece per Dibba non ci sono problemi), l’onorevole difensore della Costituzione la spara grossa e ci dice che secondo lui la Costituzione approvata dall’assemblea costituente che ha lavorato dal 1946 al 1948 è stata “approvata a suffragio universale”.
Probabilmente Di Battista intendeva dire che la Costituzione è stata votata dal popolo sovrano per mezzo del referendum, votazione alla quale hanno potuto partecipare tutti i cittadini italiani maggiorenni indipendentemente dal sesso (sarebbe questo il suffragio universale).
Ma non è così, perchè la Costituzione è stata invece approvata in Parlamento il 22 dicembre 1947 ed è entrata in vigore, senza che fosse stato necessario alcun referendum confermativo, il 1 gennaio 1948.
Qualcuno più realista del re si trova sempre
Ma c’è di più: la Costituzione che Di Battista sta strenuamente difendendo non è più solo quella del 1947. Forse l’onorevole Di Battista era impegnato a non occuparsi di politica ma già  dal 1948 sono state approvate numerose leggi costituzionali che hanno emendato o modificato il testo della nostra carta fondamentale (ad esempio la pena di morte è stata abolita del tutto solo nel 2007).
Inoltre nel 2001 è stato messo in atto un complesso procedimento di riforma della Costituzione (quello relativo al Titolo V della Carta) in seguito al quale gli italiani sono stati chiamati ad esprimersi tramite referendum.
Un altro referendum costituzionale si è tenuto nel 2006 e in quell’occasione gli italiani hanno respinto le modifiche alla Costituzione approvate dal Parlamento.
Nel 2012 infine il Governo Monti ha introdotto in costituzione il pareggio di bilancio. Quale Costituzione sta difendendo Di Battista?

(da “NextQuotidiano”)

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IL SERVO DEI POTERI FORTI: E’ LOTTA TRA GOLDMAN SACHS E JP MORGAN PER LA POLTRONA DEL TESORO IN UN PAUROSO CONFLITTO DI INTERESSI

Novembre 11th, 2016 Riccardo Fucile

JAMIE DIMON PER JP MORGAN E STEVE MNUCHIN PER GOLDMAN: IN PALIO IL RUOLO DI PRIMARY DEALER NELLE ASTE SUL DEBITO PUBBLICO E LE VELINE DI POLITICA MONETARIA

Si profila un derby Goldman Sachs-JP Morgan per il ruolo di Segretario al Tesoro americano e riaffiorano le critiche di chi vede nei colossi di Wall Street quella “fucina di classe dirigente” che fa gridare al conflitto d’interessi.
Nulla di nuovo, verrebbe da dire, visto che già  anni fa i resoconti di stampa segnalavano come Goldman Sachs prestasse alla nazione i servizi dei suoi due top manager Bob Rubin e Hank Paulson, segretari al Tesoro con Bill Clinton e George Bush.
Oggi, le indiscrezioni danno l’ex di Goldman, Steve Mnuchin, e l’ad di JP Morgan, Jamie Dimon, come papabili indicati dallo staff del presidente eletto Donald Trump. Le loro banche sono nel lotto delle 23 prescelte dalla Fed di New York a primary dealer, controparti privilegiate invitate a partecipare in maniera “consistente e concorrenziale” alle aste dei titoli di Stato Usa.
Materia che non scarseggerà  nei prossimi anni, se si considera che già  oggi gli Stati Uniti siedono su 19mila miliardi di dollari di debito e che le politiche economiche di Trump rischiano di farlo lievitare di 7mila miliardi in un decennio.
“Ma non è dalle commissioni per partecipare a queste aste che rischia di derivare il loro potere”, ragiona un banchiere d’affari, “quanto piuttosto dalla eventuale vicinanza ai centri di decisione garantita da ex esponenti in un ruolo chiave per la politica economica e monetaria”.
Certo, l’indipendenza della Fed dal Tesoro dovrebbe essere sempre garantita.
Ma più osservatori vedono già  montare la pressione sulla Banca centrale da parte dell’amministrazione Trump.
Ai primary dealer, d’altra parte, è richiesto il continuo apporto di spunti al desk della Fed di New York, che conduce le operazioni di politica monetaria decise dal Fomc di Washington, sull’andamento dei mercati finanziari: osservazioni che aiutano a indirizzare la politica monetaria stessa.
Ruoli e intrecci che, col debito, rischiano di far montare i sospetti tra le fila di chi vorrebbe chiudere per sempre le porte girevoli tra finanza e cosa pubblica.

(da “La Repubblica”)

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TRA EUROPA E TRUMP NIENTE LUNA DI MIELE, JUNCKER LO RIDICOLIZZA: “CON LUI PERDEREMO DUE ANNI PRIMA CHE CAPISCA IL MONDO”

Novembre 11th, 2016 Riccardo Fucile

L’UNIONE E’ COMPATTA: “SU IMMIGRATI E AMERICANI NON BIANCHI HA IDEE IN CONTRASTO CON I VALORI EUROPEI”

I due presidenti dell’Unione Europea, Donald Tusk e Jean Claude Juncker, hanno provato a usare ‘le buone maniere’ con Donald Trump il giorno dell’elezione alla Casa Bianca.
Gli hanno scritto una lettera di congratulazioni, invitandolo a un vertice Usa-Ue al più presto. Nessuna risposta.
Anzi, come prima mossa politica del suo mandato che ancora non è iniziato ufficialmente, Trump ha chiamato la premier britannica Theresa May invitandola a Washington “soon”.
Il magnate Trump chiama Brexit per un’inedita alleanza di ‘nazionalismi pur internazionali’.
A Bruxelles, ancora impegnata a gestire (o meglio subire) la partita post Brexit, è scattato l’allarme. E il fumantino Juncker si è accollato il compito di attaccare, di dire ciò che i preoccupatissimi capi di Stato e di governo europei non possono dire a Trump per motivi diplomatici.
Finita la fase del fairplay con il nuovo presidente degli Usa.
Parlando agli studenti della Corte di Giustizia del Lussemburgo, in una conferenza su ‘I costruttori dell’Europa’, Juncker non usa mezzi termini. “E’ vero che l’elezione di Trump comporta dei rischi di vedere gli equilibri intercontinentali disturbati sui fondamentali e sulla struttura”, stabilisce.
Il presidente della Commissione non si concede nemmeno il beneficio dell’attesa: aspettare per vedere se gli annunci di campagna elettorale rispecchieranno le azioni di Trump. “Ho una lunga vita politica — dice – ho lavorato con quattro presidenti Usa e ho constatato che tutto quello che si dice in campagna elettorale è vero un pò per tutti purtroppo”.
E ancora: “Gli americani in generale non prestano attenzione all’Europa. Trump ha detto in campagna elettorale che il Belgio è un villaggio da qualche parte nel nostro continente… In breve dobbiamo spiegare cos’è l’Europa. La mia idea francamente? Con Trump perderemo due anni, il tempo che impiegherà  per fare il giro del mondo che non conosce”.
E poi: Trump “ha delle attitudini nei confronti dei migranti e degli statunitensi non bianchi che non rispettano le convinzioni e i sentimenti europei”.
Pesante.
Dichiarazioni incendiarie che gettano benzina sul fuoco peraltro già  acceso da Trump dall’altra parte dell’oceano.
Oggi il presidente neoeletto ha avuto il ‘buon gusto’ di avvertire Barack Obama a “non compiere passi rilevanti”, nella sua prossima visita in Europa.
Il presidente uscente infatti è atteso venerdì prossimo a Berlino, per un vertice con Angela Merkel, Francois Hollande, Theresa May, il premier italiano Matteo Renzi, lo spagnolo Mariano Rajoy.
Con Trump alla Casa Bianca tutto cambia nelle relazioni transatlantiche, a ritmo forsennato, con l’Europa sull’orlo di una crisi di nervi.
Preoccupata per il disinteresse del nuovo presidente per i confini baltici, l’Ucraina, i paesi ex sovietici ora nell’Ue e il suo interesse invece a stabilire relazioni solide con Vladimir Putin.
L’Ue rischia di essere al minimo ininfluente nei nuovi equilibri mondiali, messa in difficoltà  dal rapporto privilegiato della nuova Casa Bianca con i britannici, cioè coloro che con la Brexit hanno concluso il primo atto di una crisi già  avviata.
Di questo parla Juncker nel suo attacco che supera le cautele del capi di Stato e di governo. Merkel e anche Hollande hanno avuto il loro primo approccio telefonico con Trump soltanto oggi, dopo Matteo Renzi che ci ha parlato ieri sera.
Ma intanto venerdì a Berlino sia Merkel che Hollande saluteranno Obama, per il suo ultimo viaggio presidenziale. E ci saranno anche Renzi, Rajoy e May.

(da “Huffingtonpost”)

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IL SINDACO DI NEW YORK ATTACCA TRUMP: “NON GLI DAREMO LE LISTE DEGLI IMMIGRATI”

Novembre 11th, 2016 Riccardo Fucile

“NON SACRIFICHIAMO 850.000 ESSERI UMANI CHE VIVONO CON NOI E FANNO PARTE DELLA NOSTRA COMUNITA'”

New York resisterà  a Donald Trump se cercherà  mettere in pratica i suoi piani contro i migranti senza documenti.
Parola di Bill De Blasio, sindaco di New York, citato dai media americani.
«Non abbiamo intenzione di sacrificare gli 850 mila immigrati che vivono con noi, che fanno parte della nostra comunità  – ha dichiarato De Blasio parlando ai giornalisti nella City Hall – Non vogliamo dividere le famiglie e quindi faremo di tutto per resistere a questo».
Per questo, De Blasio ha annunciato che non consegnerà  il database che custodisce l’identità  degli immigrati illegali nella Grande Mela a Donald Trump.
Il sindaco di New York, dopo un iniziale tono conciliante nei confronti del presidente eletto, De Blasio ha ribadito di essere disposto a lavorare con Trump «sperando per il meglio».
Ma, ha promesso, la città  continuerà  a proteggere gli immigrati senza documenti.
In campagna elettorale Trump aveva promesso che avrebbe espulso tutti i migranti illegali presenti sul territorio degli Stati Uniti. Sono circa 11,1 milioni.
Il database non verrà  consegnato a Trump, ha assicurato De Blasio, precisando che qualsiasi proposta che sarà  vista come «una minaccia per i newyorkesi verrà  affrontata».

(da agenzie)

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LA BUFALA DELLA MELONI SULL’ABORTO E SULLA CLINTON

Novembre 11th, 2016 Riccardo Fucile

HA SOSTENUTO CHE LA CLINTON SI FOSSE DETTA FAVOREVOLE A UNA MODALITA’ DI ABORTO CHE CONSISTE “NEL TIRARE FUORI META’ DEL BAMBINO DALL’UTERO E NELLO SCHIACCIARE IL CRANIO PER UCCIDERE L’ALTRA META'”… OLTRE CHE FALSO, E’ UN MODO DISGUSTOSO DI FARE POLITICA SULLA PELLE DELLE DONNE

Una mamma lo sa, diceva una nota pubblicità , e una come Giorgia Meloni non è certo da meno e non è nemmeno una mamma qualsiasi, visto che la sua gravidanza era stata annunciata all’ultimo Family Day.
Ieri sera la leader di Fratelli d’Italia era ospite a Piazza Pulita e, commentando i risultati delle elezioni americane, è tornata su un tema a lei caro: la difesa della maternità  e della vita.
La Meloni ci ha tenuto a a dire di non avere la benchè minima idea di cosa avrà  intenzione di fare Trump a proposito dell’aborto.
Una cosa che in effetti non è ben chiara nemmeno al Presidente visto che nel corso degli anni ha cambiato spesso idea, però nel corso di quest’ultima campagna elettorale Trump ha ribadito di essere Pro Life (proprio come la Meloni) e di essere favorevole all’aborto solo in alcune eccezioni che sono in caso la gravidanza sia risultato di uno stupro o di un incesto oppure nel caso la vita della madre sia messa in pericolo dalla gravidanza stessa.
Al di fuori di questi tre casi Trump ha detto di essere Pro Life (e quindi di non essere in disaccordo con l’affermazione che l’aborto è omicidio), il che significa che — fosse per lui — renderebbe illegale l’aborto (e in tal caso ha anche detto alla MSNBC che la donna dovrebbe essere punita per aver abortito) ma ha detto di preferire lasciare ai singoli stati la decisione.
Ma la Meloni, oltre a ribadire di non sapere nulla della posizione di Trump sull’aborto (strano visto che è stato uno dei temi della campagna elettorale) ha anche spiegato che la Clinton era a favore del Partial-Birth Abortion.
La Meloni ha fatto riferimento ad uno degli ultimi confronti tra Hillary Clinton e Donald Trump dove la candidata democratica avrebbe a suo dire detto di essere favorevole a una modalità  di aborto che avviene al termine della gravidanza e che, nelle parole della Meloni, si risolve nel “tirare fuori metà  del bambino dall’utero della madre e si schiaccia il cranio per uccidere l’altra metà “.
A parte il fatto che questa descrizione è tutto fuorchè scientificamente accurata e non tiene nemmeno conto del fatto che anche gli aborti terapeutici oltre il terzo mese di gestazione avvengono dopo che il feto è stato parzialmente partorito poichè altrimenti ci sarebbero delle complicanze molto gravi per la madre, la Meloni sbaglia anche su un altro punto.
Secondo la Meloni Hillary Clinton sostiene che questa pratica debba essere consentita. Il video in questione smentisce però la Meloni che come la fonte   si è fidata   del sito Pro Life Notizie Pro Vita che racconta una versione parziale della storia.
A parlare di bambini strappati dall’utero materno e uccisi è stato in realtà  Donald Trump che ha usato questa iperbole per attaccare la Clinton.
La Clinton non ha mai detto di essere favorevole all’aborto alla nascita, che attualmente è proibito dal Partial Birth Abortion Act e quindi non viene praticato negli USA, nè di aver intenzione di abolire il Partial Birth Abortion Act.
La Clinton ha invece solo dichiarato di voler difendere la Sentenza della Corte Suprema Roe vs Wade, una sentenza del 1973 scaturita dalla causa intentata da una donna alla quale non era stato consentito di abortire un feto concepito in seguito ad uno stupro che ha reso legale l’aborto in tutti gli Stati Uniti e che contempla anche la possibilità  dell’aborto anche nel secondo trimestre, così come fa la legge italiana limitatamente ai problemi di salute della madre (e come sembra voler fare anche Trump in una delle sue tre eccezioni al divieto di aborto).
C’è inoltre da far notare alla Meloni che nel 1999 Trump, pur ribadendo di essere contro l’aborto e di essere Pro Life aveva dichiarato qualcosa che la Clinton non si è nemmeno sognata di dire ovvero che qualora fosse stato Presidente non avrebbe vietato il Partial Birth Abortion, ovvero la possibilità  di abortire nel terzo trimestre della gravidanza.
Ma a parte quello che diceva Trump diciassette anni fa, rimane il fatto che quando Trump parla genericamente della possibilità  di aborto qualora la vita della madre sia in pericolo (ci sarebbe anche la possibilità  di abortire in quei casi il feto non avrebbe possibilità  di sopravvivere una volta nato ma lasciamo perdere) sta parlando di interventi medici che avvengono anche oltre il primo trimestre di gravidanza.
Ma questo Giorgia Meloni, mamma del Family Day, ovviamente non lo sa.
Perchè se lo sapesse e avesse lo stesso continuato a parlare di crani schiacciati allora il suo sarebbe un caso davvero grave di disonestà  e disinformazione.

(da “NextQuotidiano”)

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IL SINDACO LEGHISTA: “SMETTANO DI PARLARE ARABO IN PUBBLICO”. MA PERCHE’ NON INSEGNA PRIMA AI LEGHISTI A PARLARE ITALIANO?

Novembre 11th, 2016 Riccardo Fucile

LA ORIGINALE TESI DEL SINDACO DI BORGHETTO LODIGIANO COZZA CONTRO L’ABITUDINE DEI PADAGNI DI PARLARE TRA LORO IN DIALETTO IN PUBBLICO:   A QUANDO UNA DELIBERA IN PROPOSITO?

A Borghetto Lodigiano, in piena campagna bassa padana, un complesso residenziale di 54 appartamenti, abbandonato a seguito del fallimento dell’immobiliare che li costruì, è da tempo divenuto luogo di residenza di famiglie di immigrati — soprattutto di origine egiziana — regolari ma senza alcun titolo ad abitare quegli immobili.
La proprietà , nel frattempo passata al tribunale, ha deciso di sgomberare in attesa che la struttura trovi nuovi acquirenti; che potrebbero essere anche gli attuali inquilini, avessero la forza economica di partecipare all’asta che assegnerà  le case o di costituire una cooperativa.
“Stiamo agendo proprio per arrivare a questo tipo di soluzione” dice Enrico Bosani dell’Unione inquilini di Lodi, che aggiunge: “Vorremmo mettere insieme il più alto numero di residenti possibili proprio per proporci come acquirenti facendoci forza della costituzione della cooperativa”.
A stopparli, però, ci pensa il sindaco leghista di Borghetto, Giovanna Gargioni, che precisa: “Potranno partecipare all’asta ed essere membri della cooperativa solo quei cittadini che risultano in regola con le tasse dovute. In più — conclude — vorrei che queste persone smettessero di parlare arabo: lo parlassero a casa, in pubblico devono parlare italiano, perchè siamo in Italia”.
E qui sta il problema: perchè se questo concetto vale per tutti, come è logico in un Paese democratico, non si capisce perchè in tanti comuni governati dalla Lega, per strada non si senta parlare un corretto italiano, ma si debbano interpretare ciò che appaiono goorgoglii, ammuccamenti, vocali seviziate, parole decapitate, mugolii e inspirazioni tipiche da chi è affetto da faringite acuta.
Come non è giusto essere “travisati” in pubblico, bisognerebbe non “nascondersi” dietro segnali gutturali incomprensibili agli italiani, questo pare lo spirito del sindaco suddetto.
Siamo d’accordo con lui e diciamo, per una volta, non solo “prima gli italiani”, ma “prima i padani”: imparino loro a esprimersi in italiano, cosi’ quando gli arabi parleranno anch’essi in italiano, riusciranno finalmente a capire cosa dicono i suoi concittadini.
L’integrazione fra “clandestini” può iniziare anche dalle piccole cose.

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LA SQUADRA CONTRO I POTERI FORTI DI TRUMP? COMPOSTA DA QUELLI DELLA GOLDMAN SACHS E JP MORGAN

Novembre 11th, 2016 Riccardo Fucile

I POPULISTI PATACCARI DELLA   SEDICENTE DESTRA ITALIANA NON HANNO CAPITO UNA MAZZA, COME SEMPRE… I GRILLINI FORSE LO STANNO CAPENDO, A SCOPPIO RITARDATO…. SE L’UOMO DELLE BANCHE ERA MONTI ANDAVA SPUTACCHIATO, SE LO E’ TRUMP PER SALVINI E LA MELONI E’ UN EROE

Ci sono due cose che in Italia si fa fatica a capire riguardo all’elezione di Donald Trump.
La prima è che molto probabilmente gli elettori del Presidente non sono tutti scemi, ma anche se fosse non è certamente un motivo valido per invocare l’abolizione del suffragio universale.
La seconda invece è che si tende ad interpretare la vittoria di Trump come uno schiaffo, anzi un vaffanculo, al sistema dei poteri forti che ha governato gli Stati Uniti.
Trump viene quindi variamente presentato come l’uomo che ha mandato a quel paese i giornalisti (quando in realtà  molti grandi network, a partire da Fox News, erano dalla sua parte) e soprattutto come colui che guiderà  la rivolta del popolo contro Wall Street, contro le banche, contro la politica dei palazzi (questa è divertente, visto che è un palazzinaro) e dell’establishment.
Almeno questo è quello che ci stanno spiegando i vari Salvini, Grillo e Toninelli che oltre a ribadire l’ovvio, ovvero che l’elezione di Trump è il segno che i cittadini USA volevano un cambiamento, sostengono che “la sconfitta di Hillary Clinton è la rivolta di un popolo contro Wall Street, contro le banche, contro la politica dei palazzi, dei grandi giornali, dell’establishment“, una descrizione che ben si adatterebbe all’ex Presidente dell’Uruguay Pepe Mujica, ma non a Trump.
Partiamo dall’ultima affermazione, Trump è a tutti gli effetti un membro dell’establishment, non solo perchè è ricchissimo (e quindi fa parte di quel famoso 1% della popolazione), non solo perchè è stato candidato dal Partito Repubblicano (non certo un “movimento di ggente”) ma anche perchè nel corso della sua carriera politica è sempre stato affiliato ad uno dei due principali partiti politici americani, con una spiccata preferenza per i repubblicani.
Ma andiamo oltre, la cosa che più interessa ai populisti di casa nostra è il fatto che Trump sia contro la finanza internazionale i banchieri e possibilmente anche i massoni (ma solo se gli avanza del tempo).
Il problema è che già  a guardare quanto detto da Trump durante la campagna elettorale le cose non stanno così, Trump non ha mai nascosto di avere intenzione di abrogare tutte quelle leggi che mettono limiti all’attività  finanziaria di Wall Street e ieri l’ha detto esplicitamente.
Ma le cattive notizie per i fan italiani di Donald Trump ovviamente non finiscono qui. Il Presidente sta infatti lavorando alla composizione di quella che sarà  la sua squadra di governo e ci si aspetterebbe in vista della battaglia contro Wall Street, le banche e la politica dei palazzi la nomina di personaggi nuovi, al di fuori dell’establishment.
Gli uomini di Goldman Sachs e JP Morgan al potere, ma tranquilli lotteranno contro Wall Street
Sorpresa: non è così. A quanto pare Trump sembra voler fare affidamento su una squadra di politici collaudati, a partire dall’ex sindaco di New York Rudy Giuliani che dovrebbe avere il ruolo di procuratore generale (in lizza c’è anche il Governatore del New Jersey Chris Christie, strenuo difensore della causa contro i matrimoni gay).
Nel ruolo di Segretario di Stato in pole c’è l’ex speaker della Camera Newt Gingrich uno che è in politica solamente dal 1979.
Ma la sorpresa maggiore riguarda il Tesoro, per quella posizione Trump sta pensando a Steven Mnuchin, finanziere che ha lavorato per 17 anni a Goldman Sachs e che ora è CEO di una società  di consulenza in ambito finanziario, la Dune Capital Management e che in passato ha lavorato anche per un hedge fund di proprietà  di George Soros.
In alternativa, sempre per il Tesoro, circola anche il nome di Jamie Dimon   che è “solo” il   capo di JPMorgan Chase.
Questo dovrebbe essere sufficiente per fugare i dubbi riguardanti il fatto che Trump abbia intenzione di non fare sconti a Wall Street; non ne farà : farà  tutto quello che chiederanno.
Anche al Dipartimento dell’Energia potrebbe andare una figura sicuramente anti-establishment che non ha nulla a che fare con le banche e con i poteri forti come il petroliere e amico personale del Presidente Harold Hamm, a capo della Continental Resources dell’Oklahoma, una compagnia che si occupa di estrarre il shale oil tramite il fracking.
Questa settimana Hamm ha già  dato la sveglia a Trump chiedendo al Presidente di abrogare le leggi che regolamentano le trivellazioni per la produzione di idrocarburi sostenendo che il Governo sta facendo collassare il settore della produzione energetica.
Tra le altre cose Hamm è uno che sostiene che il riscaldamento globale non è il problema principale del Mondo, che è invece il terrorismo islamico.
Serve altro? Ad esempio David Malpass che è il capo del Transition team per gli affari economici e il dipartimento del Tesoro, ovvero colui che si occuperà  del periodo di transizione da qui al 20 gennaio.
Malpass è ex chief economist a Bear Stearns, la banca che il cui crack nel 2008 (prima di Lehman Brothers) innescò la crisi finanziaria.
Infine un posticino potrebbe spuntare anche per Sarah Palin, l’ex governatrice dell’Alaska e leader del partito ultra populista dei Tea Party.

(da “NextQuotidiano“)

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