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ARRESTI DI LATINA: IL DEPUTATO DI FRATELLI D’ITALIA MAIETTA ERA GIA’ SOTTO PROCESSO PER I SUOI LEGAMI CON IL CLAN ROM DEI DI SILVIO, LEGATI AI CASAMONICA

Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

I CARABINIERI: “SIAMO ARRIVATI AL PUNTO CHE PER FAR FUNZIONARE L’IMPIANTO DI CONDIZIONAMENTO ALLO STADIO, TOGLIEVANO LE SCHEDE ALL’OSPEDALE”… “A LATINA UN COLLAUDATO SISTEMA CRIMINALE GESTITO DA UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE, 152 APPALTI ASSEGNATI ILLEGALMENTE”

Sedici misure cautelari, otto in carcere e altrettante ai domiciliari, una richiesta di autorizzazione a procedere fatta alla Camera chiedendo di mettere in cella anche un deputato, oltre 50 indagati, un presunto danno per le casse pubbliche che si aggira sui tre milioni di euro, ma soprattutto un intero sistema, quello che per venti anni è stato chiamato il laboratorio del centrodestra, messo sotto accusa, con un Comune, quello di Latina, che sarebbe stato gestito da un’associazione per delinquere.
Questi i numeri e i tratti distintivi di un’inchiesta che, da questa mattina, sta scuotendo nel profondo il capoluogo pontino e non solo.
In carcere sono finiti, tra gli altri, l’ex sindaco di Latina ed ex consigliere regionale, esponente di Fratelli d’Italia, Giovanni Di Giorgi, e l’ex assessore comunale all’urbanistica ed esponente di Forza Italia Giuseppe Di Rubbo, mentre l’autorizzazione a procedere è stata chiesta per il deputato Pasquale Maietta, anche lui di Fratelli d’Italia, di cui alla Camera è tesoriere, e presidente del Latina Calcio, che milita in serie B.
Un’inchiesta articolata su tre filoni d’indagine, quello degli appalti senza gara, quello dei favori alla società  di calcio e quello degli illeciti sul fronte dell’urbanistica, partita dopo un’interrogazione parlamentare presentata dal senatore pontino Giuseppe Vacciano, ex Movimento5Stelle, che avanzava dubbi sulla concessione della piscina comunale.
Ne è venuto fuori un sistema bollato dagli inquirenti come criminale, andato avanti dal 2009 al 2015, quando il potere del centrodestra a Latina era massimo, interrotto soltanto dalla caduta della giunta di Giorgi, proprio sotto i colpi delle inchieste, e l’arrivo a Palazzo del commissario prefettizio Giacomo Barbato, a cui poi è seguita a giugno l’elezione a sindaco del civico Damiano Coletta.
“Abbiamo scoperto un sistema di illegalità  diffusa — ha dichiarato in conferenza stampa il procuratore capo di Latina, Andrea De Gasperis — con ben 152 appalti assegnati eludendo la gara ad evidenza pubblica, per un valore di 2,4 milioni di euro. Una vicenda che ora segnaleremo anche alla Corte dei Conti e all’Anticorruzione”. Illeciti andati avanti dunque per anni, per favorire sempre gli stessi imprenditori, quelli legati ai politici, e a cui hanno partecipato attivamente una serie di funzionari comunali.
“Siamo arrivati al punto che per far funzionare i condizionatori dello stadio le schede venivano tolte all’ospedale e che per un campo di calcio l’allaccio all’energia elettrica è stato compiuto abusivamente”, ha aggiunto il comandante del Nucleo investigativo del comando provinciale dell’Arma, il maggiore Paolo Befera.
“Gli esiti della complessiva attività  di indagine — precisa il gip del Tribunale di Latina, Mara Mattioli, nell’ordinanza di custodia cautelare emessa — mettono in evidenza l’esistenza nel Comune di Latina di un collaudato sistema criminale, radicato nei vertici politico- amministrativi, incentrato sulla rigorosa applicazione di logiche affaristiche e clientelari in diversi settori, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti   a imprenditori legati ai pubblici amministratori ovvero per assicurare voti a sè o ad altri in occasione di competizioni elettorali o per ottenere posti dirigenziali o conferme delle nomine già  avute, ossia una gestione della cosa pubblica per fini esclusivamente privati, con ingenti e irreversibili danni all’economia e al territorio del Comune di Latina”.
Fenomeno ancor più pesante sul fronte del Latina Calcio, che vede il deputato Maietta indagato anche per concussione, essendo arrivato a minacciare un dipendente comunale e coindagato, Nicola Deodato, per far acquistare a spese del Comune un gruppo elettrogeno per lo stadio: “Ma tu pensi di fare la guerra a me? Se tu me la vuoi fare, te la faccio io a te, informati bene chi sono; se mi fai la guerra diventa un casino; risolvi sto problema”.
E Maietta è uno particolarmente vicino al clan nomade Di Silvio, strettamente legato ai Casamonica di Roma, particolare per il quale era già  stato indagato in un’altra inchiesta su un’associazione criminale messa in piedi dai rom, in quel caso per aver ordinato minacce ai danni di un esponente del Pd locale che lo criticava.
Ma nell’indagine attuale, per cui è stato chiesto l’arresto, secondo gli inquirenti avrebbe completamente assoggettato il Comune ai suoi voleri, sfruttando nuovamente i rom.
“La forte influenza del Maietta sull’attività  amministrativa — scrive sempre il gip Mattioli — deriva non solo dalla carica da lui rivestita, ma anche dagli stretti legami con soggetti appartenenti alla criminalità  organizzata locale, a cui risolta parimenti assoggettato il Comune di Latina”.
Deodato a un imprenditore: “Dovresti andà  a vedè la caldaia là  a Campo Boario che c’ho ‘sti zingari che me stanno a massacrà ”.

(da “La Repubblica”)

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INTERVISTA A PARISI: “CON LA LEGA CI SCHIANTIAMO, CHI CREDE IN SALVINI SI ACCOMODI PURE CON LUI”

Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

“IO PENSO A RICOSTRUIRE UN’AREA LIBERAL-POPOLAREI, I PARTITI SONO FINITI, NON SI GOVERNA CON LE RUSPE MA CON UN PROGETTO CONCRETO”

«Il centrodestra e il Paese vanno guidati da una leadership consapevole e capace, con idee chiare e progetti concreti per ricostruire il Paese, che non sappia solo vincere, ma che sia in grado poi di governare. Io mi candido a guidare questa comunità  politica che stiamo giorno dopo giorno costruendo. Chi vuol esserci è il benvenuto, chi vuole andare con Salvini faccia pure. Più chiarezza c’è, meglio è».
Rompe gli indugi Stefano Parisi, senza più attendere investiture da alleati o da Arcore: «Io vado avanti comunque», dice.
E con la sua candidatura messa sul tavolo, si pone come alternativa moderata a Salvini che «non è più la Lega di Bossi dai contenuti federalisti e riformisti, ma lepenisti» e che si presta «al gioco di Renzi, permettendogli di presentarsi come unico argine al populismo».
L’alternativa vera al premier sarebbe lei?
«Dopo la vittoria di Trump negli Usa è sempre più evidente come la sinistra non sia stata in grado di capire il malessere, l’insicurezza, l’impoverimento, le paure di intere comunità . Renzi, imponendo come sua priorità  il referendum con l’appoggio di Confindustria e banche internazionali quando la gente ha tutt’altri problemi, dimostra plasticamente la sua crisi. Ma se l’alternativa non può essere Grillo, non può esserlo nemmeno un centrodestra guidato da Salvini con i suoi slogan e le sue ruspe. FI e i moderati sono a questo bivio: imboccando la via indicata dalla Lega ci si schianta, scegliendone un’altra ci si candida a vincere».
Quale è l’altra strada?
«È quella alla quale stiamo lavorando: una comunità  politica che si allarga ogni giorno di più, liberale, popolare, riformista, radicale e concreta nel proporre soluzioni».
È possibile un’alleanza fra questa componente, Lega e FdI?
«Lo vedremo alla fine del cammino, ma non si può partire – come alcuni in FI fanno – dall’idea che si debba costruire una coalizione per forza, anche quando l’eterogeneità  la rende di per sè instabile. Se c’è chi vuole andare con Salvini in posizione minoritaria prego, vada pure. Noi vogliamo rappresentare altro».
Ma lei a nome di chi parla? Di FI? O ormai lavora a un nuovo partito?
«Io non sono di FI, non ci sono entrato quando mi chiesero di fare il coordinatore e non ci entrerò. E non penso all’ennesimo partitello, ma a qualcosa di più grande. I partiti per come li abbiamo conosciuti sono finiti, la vittoria di Trump insegna. Il processo di ricostruzione dell’area liberale e popolare va fatto oltre FI, perchè lì dentro tante persone non ci entrerebbero mai».
Il suo rapporto con i vertici azzurri è travagliato: perchè ce l’ha tanto con i Toti, i Romani, i Gasparri, i Brunetta
«Ma a me non interessano i nomi, io sto costruendo una cosa nuova, chi vuol starci ci sta, non evita come la peste le occasioni di incontro, come la mia conferenza programmatica dalla quale si sono tenuti lontani… Sinceramente, non mi importa nulla di quello che fanno queste persone, ci sono simpatizzanti, dirigenti, amministratori, parlamentari di FI che sono entusiasti del cammino che stiamo facendo e altri che andranno altrove. Non è un mio problema».
Magari lo è di Berlusconi, che forse non vuole un partito sfasciato: ha mandato un messaggio a lei, ma anche a Toti..
«Beh, non mi sembra la stessa cosa: venerdì ha mandato un saluto per una manifestazione per il No. Nell’intervista al Corriere è stato nettissimo, ha detto che non siamo la destra, non siamo Salvini, siamo liberali e popolari: più chiaro di così…».
E ha rilanciato il proporzionale, che per Salvini è l’arma per un nuovo Nazareno.
«Parlo per me e dico basta con queste sciocchezze: Verdini non l’ho mai visto, figuriamoci se mi interessa la sommatoria dei partitini o il Nazareno, io Renzi lo voglio battere. E lo dico chiaramente: se vincerà  il no, sbaglierebbe FI ad appoggiare un governo a guida Renzi. Fossi in loro non lo farei. Ma il proporzionale, con correttivi maggioritari certo, può essere la soluzione per evitare coalizioni costruite con lo scotch e non in grado di governare».
Se lei si sente alternativo a Salvini, non parteciperebbe a primarie del centrodestra?
«Non penso che oggi sarebbero una soluzione, tanto più senza regole e garanzie di trasparenza. E comunque il problema del centrodestra oggi è darsi prima una identità , e solo dopo un leader. Tra diverse identità  ci si confronterà : se si troverà  un accordo, bene, altrimenti ciascuno farà  la sua strada. E io andrò avanti, in ogni caso».

(da “il Corriere della Sera”)

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BERLUSCONI IN FUGA DALLA TV, DISDETTE QUATTRO APPARIZIONI

Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

IL SUO E’ UN NO TIEPIDO AL REFERENDUM, I SONDAGGI VERI DICONO CHE LA PARTITA E’ APERTA E LUI ASPETTA L’ULTIMA SETTIMANA

Se uno dei metri più importanti per misurare quanto Silvio Berlusconi creda nelle battaglie politiche, anzi il metro per eccellenza, è la televisione, allora quel che è accaduto nelle ultime ore certifica il sostanziale disimpegno dell’ex premier in questa pugna referendaria.
Il suo NO così tiepido da sembrare finto e comunque innocuo alle riforme renziane.
È accaduto che sono state disdette ben quattro trasmissioni televisive in ballo per questa settimana, annunciata come la settimana del ritorno in campo.
Trasmissioni nelle quali era prevista la partecipazione dell’ex premier: faccione di Berlusconi e titolo “Il mio no alla riforma”.
A partire, à§a va sans dire, da Porta a Porta, che doveva essere registrata secondo l’agenda dell’ex premier martedì alle 18 o al massimo mercoledì alla stessa ora.
Lo stesso è accaduto per l’Arena di Giletti, per In Mezz’ora, e per Matrix.
Alcuni di quelli attorno spiegano che è stata una decisione imposta dal professor Alberto Zangrillo e dall’avvocato Niccolò Ghedini perchè tre settimane di campagna elettorale procurano “troppo stress”.
Altri, sempre di quelli che vivono con lui, raccontano che “decisivi sono gli ultimi dieci giorni, non venti, per spostare gli indecisi e che ora è presto ma l’ultima settimana andrà  in tv”.
Finite le frasi di circostanza capisci che il motivo vero è un altro.
E cioè che prima di esporsi ed esporre, assieme al suo faccione in tv, interessi aziendali e questioni giudiziarie (a dicembre riprende il Ruby ter), il Cavaliere vuole capire che succede. E, soprattutto, cosa gli viene in tasca.
È chiaro che, nel suo cuore, Berlusconi tifa no, perchè tornerebbe al centro della scena, ma i sondaggi — quelli veri — dicono che la partita è tutt’altro che chiusa. Dunque, si dice il vecchio giocatore più attento agli interessi che ai valori costituzionali: aspettiamo e, nel caso in cui, grazie a due comparsate tv all’ultimo momento acquisiamo il diritto di stare al tavolo dei vincitori, vediamo che possiamo incassare.
L’altro giorno, uno che lo conosce bene come Angelino Alfano ha condiviso, in un pranzo con i suoi, qualche confidenza. E ha raccontato di come il pressing di Verdini sia sempre più insistente: “Denis dice che dobbiamo stringere su un patto, prima che Berlusconi si accordi direttamente con Renzi”.
Già , perchè in un mix di calcoli politici e di intrecci psicologici, il Cavaliere sogna un accordo di governo il minuto dopo, anche in un governo guidato proprio da quel Renzi che lui non attacca e le sue televisioni coccolano.
Senza contare le miserie di Forza Italia, fatte di una campagna elettorale squattrinata, di sale che al massimo occupano duecento persone, di Toti e Parisi che baccagliano come comari : col solito groviglio, anche psicologico, di chi non immagina una prospettiva per il suo partito dopo di sè.
Perchè in fondo il Cavaliere è anche questo, nel suo narcisismo. Si lamenta di “quel Parisi” che ha poco pathos, di Toti che, dopo aver ricevuto lo stipendio da Mediaset, si permette anche di comportarsi non come un dipendente, si lamenta anche guardando lo sfascio attorno, ma in fondo le macerie sono la conferma che dopo di lui ci sarà  il diluvio e che solo con lui si vinceva: altri non avranno le sue folle e il suo potere.

(da “Huffingtonpost“)

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TRUMP METTE D’ACCORDO MUSULMANI ED EBREI, TUTTI CONTRO LA NOMINA DI UN LOSCO FIGURO A SUO CONSIGLIERE STRATEGICO

Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

IL NUOVO STRATEGA E STEVE BANNON, UNO CHE HA PICCHIATO PERSINO LA MOGLIE URLANDO INSULTI ANTISEMITI PERCHE’ VOLEVA MANDARE LA FIGLIA IN UNA SCUOLA FREQUENTATA ANCHE DA FAMIGLIE EBREE… GUIDA UN SITO RAZZISTA DOVE SI PROPAGANDA LA SUPREMAZIA RAZZIALE DEI BIANCHI

La comunità  ebraica e quella musulmana negli Stati Uniti protestano contro la nomina di Steve Bannon come chief strategist del presidente eletto Donald Trump: “È una scelta che rende l’appello all’unità  una presa in giro”, afferma il Council on American-Islamic relations.
L’accusa a Bannon è quella di aver trasformato il suo sito Breibart in uno strumento di “propaganda etnica e di nazionalismo bianco”, con posizioni “razziste” e, aggiungono gli ebrei, “antisemite”.
“Bannon deve andare via – attacca infatti anche l’Anti-Defamation League – se Trump vuole davvero essere il presidente di tutti”.
Associazioni in difesa dei diritti civili, commentatori e parlamentari democratici hanno accusato Bannon di essere razzista, antisemita e misogino.
Per Adam Jentleson, portavoce di Harry Reid, leader della minoranza democratica in Senato, con la nomina di Bannon si dà  il segnale che “i suprematisti bianchi saranno rappresentati ai più alti livelli alla Casa Bianca, con Trump”.
A rincarare la dose ci pensa anche la leader dei democratici al Congresso, Nancy Pelosi: “Non bisogna edulcorare la realtà . E la realtà  è che un nazionalista bianco è stato nominato capo stratega dell’amministrazione Trump”.
Accuse simili sono arrivate, come già  detto, dalla Anti-Defamation League, gruppo di pressione contro la discriminazione degli ebrei, dalla National association for the advancement of colored people (Naacp), associazione a difesa dei diritti civili degli afroamericani, da altri membri democratici del Congresso e da alcuni commentatori repubblicani, critici con Trump, come b Bill Kristol, direttore del Weekly Standard.
Cos’è Breitbart, il sito della discordia.
Con un nuovo ufficio di corrispondenza a Parigi, la longa manus di Donald Trump tende un braccio a Marine Le Pen.
Breitbart, la ‘velina’ dell’ultradestra che ha sostenuto la campagna del tycoon aprirà  avamposti in Europa dove sono imminenti elezioni e dove l’ondata populista sta crescendo.
Regista dell’operazione dal superattico della Trump Tower è Stephen Bannon, il Ceo di Breitbart che Trump ha nominato “senior counselor” e capo stratega della West Wing: segnale che l’abbraccio con l’ideologia nazionalista bianca e spesso razzista di cui Bannon con Breibart News si è fatto vettore è tutt’altro che finito.
Aprire Breitbart significa entrare in un mondo parallelo dove l’ideologia distorce i fatti trasformandoli come attraverso uno specchio deformante.
Un commentatore è David Horowitz, figlio di comunisti ed ex leader della New Left diventato negli anni Ottanta crociato anti-Islam, anti-immigrati e anti-neri.
Breitbart ha paragonato il lavoro dell’organizzazione per il controllo delle nascite Planned Parenthood all’Olocausto, definito il commentatore conservatore Bill Kristol “un ebreo rinnegato” e sparso falsi gossip come quello che la collaboratrice di Hillary Clinton, Huma Abedin, era una spia dei sauditi.
Per Breitbart scrivono esponenti dell’estrema destra mondiale, come l’olandese Geert Wilders che ha proposto il bando del Corano.
Articoli dai titoli incendiari sono regolarmente seguiti da commenti sul “nemico tra noi”, la “feccia” dei migranti e “i media in mano alla lobby ebraica”.
Lo stesso Bannon è accusato dall’ex moglie di averla picchiata gridando insulti antisemiti perchè lei voleva mandare i figli a una scuola frequentata da famiglie ebraiche.

(da “Huffingtonpost”)

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LE BALLE DI TRUMP SULL’ESPULSIONE DEI CLANDESTINI

Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

GIA’ OBAMA HA FATTO ESPELLERE IN SEI ANNI CIRCA 2,5 MILIONI DI IRREGOLARI, MA CON UN PRECISO CRITERIO… LE PROCEDURE DI ESPULSIONE DURANO DA 3 A 6 SEI ANNI, A QUELL’EPOCA TRUMP NON CI SARA’ PIU’…E IL MURO DIVENTA UN RETICOLATO (CHE GIA’ C’E’)

Donald Trump ribadisce il suo impegno a costruire il muro al confine col Messico e ad espellere subito due-tre milioni di clandestini con precedenti penali, come ha ribadito in un’intervista a Sixty minutes sulla Csb.
Dichiarazioni uso interno che potrebbero celare un possibile compromesso.
Il tycoon ha infatti precisato che in alcune aree non ci sarà  muro ma recinzione, come proposto al Congresso dai Repubblicani, che stanno cercando una mediazione su vari temi.
E se promette di usare il pugno di ferro con 2-3 milioni di clandestini dalla fedina penale sporca, espellendo o incarcerando “i membri delle gang e i trafficanti di droga“, Trump si riserva di prendere una decisione sugli altri irregolari, che sono la maggioranza (circa dieci milioni), solo dopo aver messo in sicurezza la frontiera.
Ma l’annuncio di Trump va visto in controluce.
Il professor Niels W. Franzen, direttore di «Immigration Clinic» della University of South California ha spiegato in un’intervista alla Stampa che «gli Stati Uniti attualmente deportano tra i 300 e i 400 mila clandestini ogni anno, la presidenza Obama è stata una delle più severe in questo senso con oltre 2,5 milioni di deportati dal 2009 al 2015. Al netto di coloro che sono stati fermati al confine. Quindi i meccanismi sono già  oliati da un punto di vista tecnico».
Obama, spiega il professore, non separava le famiglie, non prendevano di mira gli illegali che avevano figli nati in America e quindi cittadini Usa. O coloro che non avevano commesso reati.
E non prendevano di mira gli illegali che si trovavano da molto tempo negli Stati Uniti dove avevano lavorato, pagato le tasse e costruito una vita.
Ma attenzione: anche Donald Trump ha parlato di “clandestini con precedenti penali”. Il che porterebbe già  adesso, in attesa di capire come verrà  gestita in concreto l’esperienza, a notare che il piano è molto meno “ambizioso” di quanto aveva annunciato e di quanto il Ku Klux Klan spererebbe.
E c’è di più, spiega ancora Franzen:
Una volta individuati e fermati cosa accade?
«Secondo la legge del 1996 il soggetto interessato non è subito deportabile. Per la maggior parte sussiste il diritto a essere giudicati da un tribunale dell’immigrazione e dovrà  essere il giudice a decidere con decreto di espulsione. Al quale si può ricorrere ai gradi superiori di giudizio».
Tradotto in termini di tempo?
«Si tratta di procedure che possono durare dai tre ai sei anni, durante le quali il soggetto può essere imprigionato o meno a seconda dei casi. In caso di appello si va oltre. Attualmente ci sono 570 mila procedimenti giudiziari ancora pendenti in Usa».
Tradotto in costi
«Diversi miliardi di dollari che il governo deve pagare. Secondo l’America Action Forum le previsioni di spesa arrivano a 400 miliardi di dollari nell’arco di venti anni
Trump ha detto nell’intervista che manterrà  la promessa di espellere i migranti senza documenti dal Paese, dicendo che fino a tre milioni potrebbero essere allontanati non appena si insedierà  alla Casa Bianca. “Ciò che faremo è prendere le persone che sono criminali e hanno precedenti, che fanno parte di bande, trafficanti di droga”, ha detto Trump, “sicuramente due milioni di persone, forse tre, noi le espelleremo dal Paese o le metteremo in carcere”.
Un attacco che sa di difesa
Insomma, quelle che sembrano dichiarazioni di attacco vanno invece lette in controluce. E anche confrontate con le altre di questi giorni, che rappresentano un cambio di rotta nei confronti delle tematiche più controverse della sua agenda. Massimo Gaggi sul Corriere della Sera nota che dopo aver cambiato rotta sulla sanità  (pronto a mantenere alcuni punti cardine dell’odiata Obamacare), su Obama (il presidente «disastroso», il peggiore della storia americana, è diventato «a very good man», un leader che ha fatto molte cose buone) e su Hillary Clinton (prima «nasty woman», il demonio, una truffatrice da mandare in galera, ora una «donna forte e brillante, una grande avversaria»), il presidente eletto ridimensiona anche il punto più controverso della sua agenda.
Sì alle espulsioni, ma ad essere mandati via saranno solo i clandestini che Trump definisce delinquenti, quelli che hanno commesso reati gravi.
Due milioni, forse tre, dice con calcolo nasometrico The Donald.
Sarebbe comunque un trauma sociale ed economico. E, certo, milioni di famiglie ora hanno paura: verranno cacciati solo i veri delinquenti o anche chi ha preso un multa? Ma la minaccia di espellere 11 milioni di clandestini non c’è più: sugli altri si deciderà  dopo aver messo in sicurezza le frontiere col celebre muro.
Che ora, ammette Trump, in molti tratti di confine potrebbe essere un semplice reticolato. Che c’è già .
Quanto alla revisione degli accordi di libero scambio Nafta, Trump andrà  avanti: pensa che con meno immigrati, più protezionismo e le opere pubbliche (muro compreso) l’economia rifiorirà .
Ma non spingerà  troppo l’acceleratore perchè Pena Nieto, il debole presidente messicano ha le elezioni nel 2018. Se lo indebolisce ancora più e alimenta un’ondata nazionalista, tra due anni Trump rischia di avere a Città  del Messico un leader molto più duro e ostile
E sarà  l’economia a decidere il destino del presidente.
Trump vuole stimolare la crescita attraverso un piano da mille miliardi di dollari per le infrastrutture, riformare il sistema fiscale e rivedere i trattati internazionali sul commercio. Investire attraverso stimoli statali e soldi privati con riduzioni di tasse, tagliare le tasse e produrre un aumento del gettito fiscale abbastanza significativo per ridurre il debito.
Un piano che abbiamo visto presentato a parole in altre occasioni; nei fatti poi o è stato ritirato o ha prodotto maggiori debiti.
Ma questa è un’altra storia. Per ora.

(da “NextQuotidiano”)

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TRUMP, NON C’E’ STATA ALCUNA VALANGA: LA VERITA’ DEI NUMERI

Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

LA CLINTON HA AVUTO 668.000 VOTI PIU’ DI TRUMP CHE HA PRESO MENO VOTI DI ROMNEY PERDENTE NEL 2012, PUR IN PRESENZA DI UN MAGGIOR NUMERO DI ELETTORI REGISTRATI… SONO STATI DETERMINANTI I VOTI DEI CANDIDATI MINORI

Se parlano i numeri, si capisce che sono state fatte analisi spesso fasulle non basate sugli effettivi risultati delle elezioni americane.
Non è vero che c’è stata una valanga a favore di Trump.
Ha ottenuto 60,371 milioni voti popolari (47,3%) a fronte dei Repubblicani George W, Bush che nel 2004 ha avuto 62,040 mil.v., John McCain perdente nel 2008 con 59,948 mil.v., e Mitt Romney perdente nel 2012 con 60,933 mil. v
Quest’anno gli aventi diritti al voto erano molti più delle precedenti elezioni.
È vero che c’è stata una fuga da Hillary Clinton che pure ha ottenuto 61,039 mil. voti popolari pari al 47,79%.
Obama nel 2008 aveva ottenuto 69,498 mil. voti, e nel 201 e 65,915 mil voti con percentuali superiori al 55% dei votanti.
I “terzi” candidati sono la chiave per capire quel che è successo.
È solo per loro che la Clinton ha perso la partita poichè la metà  dell’elettorato democratico aveva dichiarato che non era convinto della sua candidatura (“New York Times”, 30 sett.), e quindi ha cercato altre strade.
Quest’anno c’è stato il boom dei candidati che sono fuggiti dai due partiti maggiori, in particolare dai Democratici.
Il libertario Johnson ha ottenuto 4,164 mil voti pari a 3,26%, la verde Green 1,242 mil.voti pari all’1%, e gli altri (indip.e costit) un altro 0,8%.
Dal tempo di Ross Perot (1992) che ottenne quasi 20 milioni di voti e fece vincere Bill Clinton contro Bush padre, tutti i “terzi partiti” non avevano mai preso più dell’1%-2% nelle presidenziali.
Quest’anno hanno preso oltre il 5% dei voti popolari.
I seguenti stati sono stati vinti da Trump con un margine infimo di voti popolari: Michigan (0,27%) ,New Hampshire (0,37%) , Wisconsin (0,93), Pennsylvania (1,24%) e Florida (1,27%).
In tutti questi stati, i “terzi partiti” hanno ottenuto intorno al 3%-4%.
Sarebbero bastati i soli voti verdi, presumibilmente vicini ai Democratici, per ribaltare il risultato e decidere l’elezione al posto di Trump.
Lo stesso accadde nel 2000 quando Ralph Nader (anche allora “verde”) fece perdere la Florida ad Al Gore a favore di George W.Bush.
Ecco perchè è improprio parlare di valanga e di ceti che si sono massicciamente spostati.
La divisione a metà  tra i due candidati è stata trasversale.
Soprattutto c’è stata una fuga dalla Clinton verso i “terzi candidati”, cosa del tutto prevedibili a saper leggere i sondaggi.

Massimo Teodori
(da “Huffingtonpost”)

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SILENZIO ASSORDANTE DELLA MELONI SUI FRATELLI DI MERENDA ARRESTATI A LATINA

Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

SU FB LA MELONI PARLA DI ALFANO E DI CLANDESTINI, SUL CASO DI LATINA NON HA NULLA DA DIRE: MA NON ERA QUELLA DI “SENZA PAURA”?

In altri due articoli abbiamo pubblicato la notizia degli oltre 20 arresti avvenuti a Latina questa mattina con l’accusa di associazione a delinquere che vede coinvolti, insieme a imprenditori, dirigenti e funzionari del Comune, l’ex sindaco uscente Di Giorgi e il deputato Maietta, entrambi colonne di Fratelli d’Italia .
Accuse molti pesanti che riguardano oltre 150 appalti, compresa piscina comunale e stadio.
Ma per Giorgia Meloni, quella della slogan “senza paura”, pare non sia accaduto nulla.
Nella sua pagina Fb, oltre a un omaggio a Enzo Maiorca,   l’unico post, fino a quest’ora, è ovviamente dedicato ai “clandestini che delinquono”, categoria che non contempla evidentemente i “fratelli   di merenda che   delinquono”.
Stessa sorte nella pagina ufficiale di Fdi che pare in lutto, tutto tace.
Significativo l’intervento di un iscritto, Massimiliano, che attaccandosi a un post di ieri avvisa: “Oggi a Latina hanno arrestato per corruzione l’ex sindaco di Fratelli d’italia che ha governato la città  dal 2011 al 2015, Giovanni Di Giorgi , la mia domanda e : ci sarà  mai in questo partito una capacità  di selezione vera di persone oneste ???? Perchè per quello che vedo nel Lazio ex dirigenti di Fratelli di Italia ne hanno arrestati parecchi , non sarebbe ora di darci un taglio con questo schifoooooooooooo , poi ci riempiamo la bocca con valori nazionali e quant’altro…mahhh….”
Il poveretto ha ricevuto un “mi piace” ma nessuna risposta.
E’ già  tanto che un taglio non lo abbiano dato a lui, cancellandogli il commento, probabilmente neanche se ne sono accorti.
E’ il partito dei fratelli distratti.

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ASSOCIAZIONE A DELINQUERE A LATINA: CHIESTA AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE PER L’ARRESTO DEL DEPUTATO DI FRATELLI D’ITALIA MAIETTA

Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

OLTRE ALL’EX SINDACO DI FDI, COINVOLTI ALTRI ESPONENTI POLITICI PER APPALTI PISCINA E STADIO…ACCUSE ANCHE DI TRUFFA AGGRAVATA, REATI URBANISTICI, ABUSO D’UFFICIO…144 APPALTI NEL MIRINO PER UN VALORE DI 2,4 MILIONI

I carabinieri del comando provinciale di Latina hanno eseguito 15 provvedimenti di misura cautelare (otto ordinanze di custodia cautelare in carcere e sette agli arresti domiciliari), emessi dal gip del Tribunale di Latina Mara Mattioli, nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla turbata libertà  degli incanti, reati urbanistici, abuso d’ufficio, falso ideologico, truffa aggravata, induzione indebita a dare o promettere utilità  e altro.
I provvedimenti sono scaturiti da un’articolata attività  d’indagine, avviata dal nucleo investigativo e coordinata dal sostituto procuratore di Latina Giuseppe Miliano, a seguito di approfondimenti relativi a un’interrogazione parlamentare nella quale venivano ipotizzate presunte irregolarità  nella gestione della piscina comunale. L’inchiesta era stata in qualche modo anticipata dall’interrogazione parlamentare dell’ex M5s Giuseppe Vacciano.
Oggi ad essere coinvolti sono politici locali, dirigenti, imprenditori e notai.
L’ex sindaco di Fratelli d’Italia Giovanni Di Giorgi è tra gli arrestati insieme alla richiesta di autorizzazione a procedere per il deputato, sempre di Fratelli d’Italia, Pasquale Maietta, che è anche presidente del Latina Calcio.
Coinvolti anche l’ex assessore Giuseppe Di Rubbo (Forza Italia), l’ex consigliere provinciale di An Silvano Spagnoli (gestore delle piscine comunali), il dirigente Ventura Monti.
L’ex consigliere comunale di Forza Italia Vincenzo Malvaso è invece finito in carcere a Velletri: l’amministratore è da mesi al centro di un’indagine in merito alla variante che ha permesso di costruire un palazzo oltre i limiti previsti.
Più di 30 gli indagati. Fin dai primi accertamenti sono emerse “palesi irregolarità  nella gestione della cosa pubblica da parte dei funzionari comunali” e “le indagini venivano estese ai settori più rilevanti dell’attività  amministrativa di Latina”.
È stato accertato, spiegano i carabinieri, che il “comparto dirigenziale del comune di Latina, per soddisfare gli interessi privati di alcuni personaggi politici nella gestione delle strutture sportive, ha avviato una serie di procedimenti amministrativi in violazione di regolamenti interni e delle regole basilari che governano il buon andamento della pubblica amministrazione”.
Tra i vari episodi monitorati i carabinieri segnalano la gestione della piscina comunale, affidata dal 2008 a una società  dilettantistica, che contrariamente a quanto previsto dal contratto non aveva mai provveduto al pagamento delle utenze energetiche (spese sostenute dal comune con conseguente danno erariale quantificabile in euro 700.000 circa) e non aveva adempiuto al versamento fideiussorio.
Per soddisfare le esigenze della società  Latina Calcio, dal 2011 al 2014 sono state realizzate una serie di opere, quali l’ampliamento dello stadio comunale e il rifacimento di un campo di calcio destinato agli allenamenti della squadra, utilizzando procedure irregolari e traendo indebitamente dalle casse comunali oltre 1.200.000 euro.
Per l’ampliamento della Tribuna est dello stadio comunale Francioni il Comune non solo ha speso 444.000 euro di denaro pubblico, benchè tali lavori, non indispensabili, spettassero alla società  concessionaria, ma ha altresì posto in essere delle violazioni urbanistiche in quanto l’area in esame era stata dichiarata inedificabile.
Il sistema Latina
Per l’assegnazione di pubblici appalti ci si avvaleva di un vero e proprio ”sistema” con il quale i funzionari pubblici comunali favorivano gli imprenditori locali, commettendo reati contro la pubblica amministrazione, finalizzati a consentire un’illecita spartizione di ripetuti affidamenti alle stesse ditte di appalti mediante frazionamenti della spesa.
I carabinieri hanno inoltre documentato come molti degli appalti in questione avrebbero potuto essere evitati con un corretta programmazione degli interventi, ignorata per favorire evidentemente le citate società .
Nel settore dell’urbanistica è emerso un altro sistema associativo finalizzato a far ottenere indebiti vantaggi di natura patrimoniale a privati o società , composto da politici della decaduta giunta comunale, funzionari tecnici del Comune di Latina e imprenditori, con l’apporto di intermediari apparentemente esterni all’amministrazione ma ad essa funzionalmente collegati.
I carabinieri sottolineano che “era stato architettato un complesso meccanismo che consentiva la realizzazione, in maniera illecita ed estremamente redditizia, di costruzioni con artificiosi incrementi di volumetrie o su particelle espropriate, e quindi di proprietà  del Comune”.

(da “NextQuotidiano”)

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LATINA, ARRESTATO L’EX SINDACO DI FRATELLI D’ITALIA DI GIORGI

Novembre 14th, 2016 Riccardo Fucile

OPERAZIONE OLIMPIA SUI LAVORI PER LA PISCINA COMUNALE: ARRESTATI ANCHE UN EX ASSESSORE DI FORZA ITALIA E UN EX AN

Maxi operazione dei carabinieri del comando provinciale di Latina che in mattinata hanno eseguito quindici ordinanze di custodia cautelare.
Coinvolti politici locali, funzionari, dirigenti del comune e imprenditori.
Tra loro, come scrive il Messaggero, l’ex sindaco di Fratelli d’Italia Giovanni Di Giorgi, l’ex assessore Giuseppe Di Rubbo (Forza Italia), l’ex consigliere provinciale di An Silvano Spagnoli (gestore delle piscine comunali), il dirigente Ventura Monti. Secondo le prime informazioni si tratta dell’operazione Olimpia che ha visto al centro dell’inchiesta i lavori per la piscina comunale: almeno 30 gli indagati.
L’ex consigliere comunale di Fi Vincenzo Malvaso è invece finito in carcere a Velletri. L’amministratore è da mesi al centro di un’indagine in merito alla variante che ha permesso di costruire un palazzo oltre i limiti previsti.
Di Giorgi è stato primo cittadino a Latina dal 2011 al 2015.
A ottobre 2014 aveva presentato le sue dimissioni “irrevocabili” con l’uscita dalla maggioranza dei consiglieri Ncd: il sindaco aveva poi rivisto la sua decisione arrivando quindi a fine mandato.
Ex consigliere regionale ed ex vicepresidente dell’Anci, è attualmente componente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive del ministero dell’Interno.

(da agenzie)

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