Novembre 24th, 2016 Riccardo Fucile APPENDINO DUE GIORNI FA ANNUNCIA CHE SI STAVA STUDIANDO LO SGOMBERO DELL’EX MOI E IMPROVVISAMENTE ESPLODONO QUATTRO BOMBE CARTE CONTRO GLI IMMIGRATI (E SI INCOLPANO GLI ULTRAS GRANATA), IN MODO DA PROVOCARE LA REAZIONE DI PROTESTA E QUALCHE DANNEGGIAMENTO… IL GIOCO E’ FATTO, ARRIVA SALVINI… MA LA POLIZIA IERI HA TROVATO SUL POSTO ESTREMISTI DI DESTRA
Due giorni fa la sindaca di Torino Chiara Appendino ha annunciato che il Comune sta studiando
assieme alla Prefettura un piano per lo sgombero delle palazzine dell’ex-MOI (che sta per Mercati Ortofrutticoli all’Ingrosso, dal momento che lì sorgeva un tempo l’ex deposito dei mercati torinesi) l’ex villaggio olimpico occupato da più di tre anni da circa un migliaio di profughi, immigrati e richiedenti asilo per i quali nel corso di questi anni non si è provveduto a trovare un’altra collocazione.
Si tratterà , ha aggiunto Appendino, di un percorso graduale che prevede la liberazione di una palazzina alla volta in modo da consentire di individuare una sistemazione alternativa — e si spera più dignitosa — per coloro che attualmente vivono all’interno dell’ex-MOI.
La Sindaca ha chiesto alla fondazione di Banca San Paolo, la Compagnia di San Paolo, di finanziare il progetto di inclusione sociale e ricollocamento dei richiedenti asilo.
L’area del villaggio olimpico, che nel 2006 è stata riqualificata a suon di milioni di euro per le Olimpiadi Invernali di Torino è stata poi lasciata nel più completo abbandono da parte delle amministrazioni cittadine che non hanno saputo attuare un piano di riutilizzo della zona.
Dal 2013 un gruppo di immigrati ha occupato le palazzine ormai fatiscenti e da lì non si sono più spostati, fino ad ora.
La Appendino ha fatto appena in tempo ad annunciare una vaga scansione temporale di quello che succederà all’ex-MOI, facendo sapere che le azioni di sgombero e ricollocamento saranno suddivise in diverse fasi durante le quali il Comune cercherà di coinvolgere sia la proprietà degli immobili ormai fatiscenti che i rappresentanti degli occupanti che subito la tensione nell’area dell’ex villaggio olimpico è iniziata a salire alle stelle.
I tafferugli di fronte all’area delle palazzione dell’ex-Moi sono iniziati alle dieci di sera di ieri, mercoledì 23 novembre, quando un gruppo di un centinaio di occupanti è sceso in strada per protestare contro il lancio di due bombe carta sotto le finestre di alcune palazzine.
Gli autori del gesto non sono stati identificati ma viene fatta veicolare la “voce”che a lanciare i petardi sarebbe stato un gruppo di ignoti — forse ultras granata — .
A quel punto esplodono altri due petardi, questa volta più vicino alle palazzine, ed anche questa volta l’autore (o gli autori) del gesto fugge, tanto per cambiare, senza essere identificato.
Dopo questa seconda esplosione altri abitanti dell’ex MOI scendono in strada, gettando cassonetti sulla via, con tanto di cartelli divelti e lancio di oggetti.
I tafferugli sono proseguiti per alcune ore fino a che le forze dell’ordine sono riuscite a riportare la calma e l’ordine in Via Giordano Bruno, luogo principale delle proteste.
Chi soffia sul fuoco della protesta?
Mentre M5S e PD partiti preferiscono parlare di progetti di ricollocamento, ecco il consigliere leghista Fabrizio Ricca chiedere che gli occupanti “vengano cacciati a calci nel culo” ed invoca la soppressione della rivolta anche con l’uso della forza se necessario.
Gli fa eco anche il leader della Lega, Matteo Salvini che annunciando che presto sarà a Torino proprio all’ex-MOI dichiara che “nell’ex villaggio olimpico c’è bisogno di fare una bella pulizia generale”.
L’annuncio dell’arrivo imminente di Salvini può essere letto come parte di una più ampia strategia volta a fare salire la tensione nel quartiere.
Già da diversi mesi vengono organizzate manifestazioni sotto l’egida di “Comitato di Quartiere Ex-Moi Lingotto” che secondo i volontari che prestano servizio all’ex MOI “sono organizzate da Casa Pound, Lega Nord e Fratelli d’Italia“.
Anche Sistema Torino parla della chiara volontà da parte di alcune forze politiche di soffiare sul fuoco al fine di provocare la reazione degli occupanti e creare un pretesto per chiedere a gran voce il pugno duro contro gli immigrati che vivono nell’ex villaggio olimpico.
Riassumendo quanto riportato a Radio Blackout stamane da un membro del Comitato, nell’ultima settimana gruppi legati a Casa Pound hanno cominciato a fare pressioni in zona, a provocare con insulti razzisti di modo da avere reazioni violente “dei negri”, da vendere come prova della loro diversità ed incapacità intrinseca al viver sociale. Ci hanno poi riprovato andando nei pressi delle palazzine ex MOI coi giornalisti di Quinta Colonna di Rete4 al seguito (vi ricordate Via Asti? Noi sì, ed aldilà di tutto quel che si è detto su quell’occupazione, ricordiamo benissimo la serata in cui i peggiori provocatori furono al seguito della trasmissione) e sono stati mandati via.
Pare che domenica abbiano aggredito un ragazzo del MOI in via Giordano Bruno, e ieri pomeriggio abbiano riprovato ad aggredire due ragazzi davanti al MOI.Verso le 23 l’apogeo della violenza, con il lancio di due bombe carta davanti agli ingressi di una delle palazzine.
Non c’è dubbio che a trarre vantaggio dall’esasperazione di occupanti e residenti del quartiere siano soprattutto i partiti politici che hanno fatto della lotta all’accoglienza la loro principale arma politica. Come spiegare altrimenti la presenza ieri notte all’ex MOI di Casa Pound? Loro dicono che erano presenti “per difendere i residenti del quartiere” ma a quello non servono le forze dell’ordine?
Infatti la polizia ha dovuto anche occuparsi di loro facendoli allontanare dalla zona.
E come non notare la malcelata soddisfazione del già citato Comitato Ex Moi Lingotto che su Facebook ricorda che loro avevano previsto l’esplosione della bomba ad orologeria (ma non quella delle bombe carta)?
La situazione è destinata ad aumentare nei prossimi mesi, in attesa che la giunta M5S (che ha “ereditato” l’ex MOI occupato dalla giunta Fassino che poco o nulla ha fatto per risolvere il problema) metta mano alla questione.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 24th, 2016 Riccardo Fucile GLI ESPERTI AVVISANO: “GLI INDECISI SONO PIU’ PROPENSI AL SI” E SOPRATTUTTO NEL CENTRODESTRA NON SEGUONO LE INDICAZIONI DI PARTITO”
Tutto può cambiare in poche ore, e prende forza anche la rimonta del Sì, avvertono i sondaggisti che sono entrati nel periodo di black out pre elettorale e non possono rendere pubbliche le rilevazioni.
Roberto Weber, presidente Ixè, spiega che «una sottovalutazione dei Sì è da tenere presente in base al fatto che è percepito più rock votare No».
«E la gente ha difficoltà ad ammettere che si sta votando in maniera un po’ “democristiana”».
Un popolo silenzioso su cui conta Renzi «Non fidatevi dei sondaggi», avverte e di cui ha paura Alessandro Di Battista: «sarà dura».
All’ultimo voto, all’ultimo giorno senza certezza.
Perchè quel che è certo, come emerge dai sondaggi fatti, gran parte degli elettori non decideranno in base a una conoscenza certosina della riforma.
Chi dice sì crede al messaggio kennediano «change is the law of life» fatto proprio da Renzi.
E basta ascoltare le persone per capire che il dibattito costituzionale articolo per articolo è un’altra cosa.
E che come, spiega Alessandra Ghisleri, fondatrice di Euromedia research le sorprese arriveranno da chi «ha un’idea referendaria opposta a quella della sua parte politica». «Certamente gli indecisi sono più nel centrodestra, e questo ovviamente rende il risultato assai incerto».
Giovanna Paniccia, 50 anni, imprenditrice, spiega che è spaventata «dall’immobilismo». «Le cose devono cambiare e voler sempre bloccare tutto in nome di qualcosa che si può fare meglio non è più un ragionamento accettabile. Ci sono imprese e persone che soffrono. L’Italia non può fermarsi e questa proposta va in questo senso, non temo derive antidemocratiche perchè credo che il nostro Paese su questo sia vaccinato».
Sapo Matteucci, scrittore, spiega di votare Sì «perchè da 30 anni il bicameralismo perfetto si vuole cambiare, perchè il titolo V di D’Alema e Amato ha prodotto disastri e perchè non voglio che l’Italia finisca nelle fauci di Trumpillo».
Annamaria Lenzi, pensionata, 70 anni, di Napoli ammette: «Mi spaventa il fronte del No. Contestualizzo il referendum e intendo con il Sì appoggiare Renzi che qualche riforma l’ha pur fatta. Ricordo agli amanti del proporzionale i tempi in cui un Mastella con pochi voti poteva decidere le sorti di un governo. O peggio di lui Bertinotti».
Il taglio dei costi della politica è un motore potente per votare Si.
Antonella De Santis Lucciola dice: «Si tutta la vita basta politici 500 milioni di risparmi sulla politica a casa chi è di troppo da troppo tempo».
Fabio Buttarelli, autore televisivo, 51 anni, ha «molto rispetto per chi voterà NO perchè io stesso ho avuto molte perplessità prima di decidere per il SI». «In particolare la riforma del Senato mi è parsa non brillante, mentre trovo urgenti e necessarie tutte le altre modifiche. C’è l’opportunità irripetibile di aver fatto votare i senatori contro se stessi, e la necessità improcrastinabile di velocizzare l’azione di governo per far fronte ai tempi più rapidi di ogni altra istituzione internazionale (spesso finanziaria e tutt’altro che democratica)».
Elisabetta Bolondi, insegnante, vota «si »perchè vuole «andare avanti con le riforme imperfette di Renzi , desidero aggiornare la seconda parte della Costituzione, apprezzo il lavoro fatto dalla Boschi e dalla Camera che ha votato le riforme. Sono in buona compagnia, con amici seri e sensati che condividono una scelta di progresso. I toni di Grillo, il livore di D’Alema, la compagnia Salvini, Meloni, Casa Pound , Brunetta, Berlusconi, non sono i miei riferimenti».
Davide Mincica, 49 anni, trader di antichità , voterà a Londra dove vive e lavora.
Anche per lui il ragionamento non si fonda su una attenta lettura degli articoli della Carta Costituzionale che dovrebbero essere cambiati. «Mah, io voto Sì perchè non sarà la migliore delle riforme, ma restare perennemente cristallizzati nel passato non è mai la migliore soluzione per affrontare il futuro. L’importante è iniziare a muoversi, in seguito si potrà anche perfezionare il tutto. L’Italia è uno dei Paesi più conservatori dell’Europa, e lo dico con cognizione di causa, dato che mi divido tra Londra e l’Italia, e penso sia ormai venuto il momento di smuoversi. O almeno di provarci».
Maria Corbi
(da “La Stampa”)
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Novembre 24th, 2016 Riccardo Fucile IL GIOCO DELLE SORPRESE SULL’ULTIMO MIGLIO
Tutti gli ultimi sondaggi pubblicati indicano una vittoria del No al prossimo referendum del 4
dicembre.
Le recenti disavventure delle previsioni alle elezioni presidenziali americane, e ancora di più alle primarie della droite francese di domenica, inducono alla cautela nel pronosticare la sconfitta dello schieramento del Sì.
Soprattutto perchè vi sono alcuni validi motivi per ritenere che il Sì, indipendentemente dalle preferenze di chi scrive, abbia buone possibilità di successo.
Vediamole
1) Il vantaggio del No è stato costante in tutti questi mesi. Come dimostrano molti casi e in particolare la raffinata analisi statistica di Serge Galam sulla dinamica delle opinioni dell’elettorato (un suo paper del 22 agosto aveva previsto la vittoria di Trump), il vantaggio di una parte pubblicizzato dai media e dai sondaggi mobilita la componente avversaria: questo quadro crea una dinamica favorevole alla parte percepita come la più debole e invece rilassa quella che si ritiene vincente.
In effetti, il Sì è già da qualche settimana all’attacco ed è divenuto dominante in termini di interventi e nei media. Il tono è quello arrembante di chi deve andare a conquistare posizioni mentre il No è sulla difensiva.
2) La disponibilità di una struttura partitica tradizionale.
Tutto il Pd è mobilitato per il Sì, ivi comprese molte componenti che su altri piani si oppongono alla segreteria Renzi, dall’area ex-Civati a quella di Cuperlo più la frangia dei “giovani turchi” critici. Ad eccezione dei bersaniani tutto il partito si è attivato per il Sì, e anche in periferia molti sostenitori dell’ex segretario evitano di fare propaganda per il No. Il riflesso di solidarietà e compattezza, introiettato da anni di cultura politica di lealtà alla “linea del partito”, si fa sentire.
3) Il peso della rete degli amministratori soprattutto al centro-sud.
Renzi ha accortamente mobilitato gli eletti nelle amministrazioni locali, soprattutto nel centro-sud. In questi contesti il voto – anche sul referendum – si esprime come gesto di sostegno e solidarietà nei confronti degli eletti locali.
Sono i sindaci e gli altri amministratori locali che indirizzano il voto di tanti che per “tradizione” si sentono in primo luogo fedeli al proprio rappresentante. E se questo dice di votare Sì, in un contesto difficile come il cambiamento della costituzione, gli elettori si adeguano senza problemi.
4) Il quesito referendario. La formulazione del quesito referendario con un chiaro riferimento alla riduzione dei costi della politica solletica uno dei sentimenti più diffusi oggi in Italia.
L’insistenza su questo punto da parte del Sì trova un riscontro nella scheda e questo può far scattare la scelta. Un tale comportamento non deve stupire perchè sappiamo che una quota non indifferente, e crescente, sceglie all’ultimo minuto, proprio nella cabina elettorale. Il quesito così formulato può essere convincente per chi decide in extremis.
5) L’eterogeneità del fronte del No. È vero che in termini di voto alle ultime elezioni e sulla base delle attuali preferenze politiche la maggioranza degli italiani è a favore del No.
Ma le dinamiche referendarie hanno sempre contraddetto il riferimento alle scelte politiche del passato, in Italia e altrove. Il fronte del No spazia dalla destra più arrembante alla sinistra più critica passando per alcune figure più moderate e istituzionali.
Questa trasversalità , che appare una forza, diventa invece un elemento di debolezza perchè proprio l’eterogeneità dei fautori del No priva questo fronte di un leader riconosciuto e di una proposta alternativa condivisa.
Il No si profila essenzialmente come una espressione di rifiuto, senza una indicazione sul futuro ( salvo un documento promosso da Massimo D’Alema che però non ha avuto alcuna visibilità ).
6) Il timore del “salto nel buio”. Stabilità e continuità , integrate da progresso e rinnovamento, sono messaggi rassicuranti e convincenti. È vero che circola in molti strati dell’opinione pubblica un fortissimo sentimento di insoddisfazione e la personalizzazione di Renzi può sollecitare questo strato di elettorato a votare contro.
Ma vi è anche una componente altrettanto ampia di persone che non amano, sia per riflessi conservatori tout court sia per preferenze e interessi, essere messe di fronte all’imprevisto. Il No apre scenari nuovi e “incerti” mentre il Sì garantisce continuità ma anche cambiamento. Un mix molto efficace.
Tutto può succedere in queste due settimane.
La tendenza registrata dai sondaggi può confermarsi o essere smentita. Ma di fronte alle previsioni generali di una vittoria del No, va ricordato che il Sì ha molte frecce nel suo arco.
Piero Ignazi
(da “La Repubblica”)
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Novembre 24th, 2016 Riccardo Fucile STEFANO ADANI TRA TELEFONATE NOTTURNE, INSULTI E MINACCE VIA WEB: SI MANIFESTA LA DEMOCRAZIA GRILLINA
Telefonate anonime ricevute per tutta la notte, insulti e minacce sul web da parte degli oltranzisti del Movimento.
Non sono state delle ore tranquille per Stefano Adani, uno dei due ex attivisti del M5S che ha presentato, insieme a Paolo Pasquino, l’esposto ai carabinieri di Vergato sulle firme irregolari raccolte dal Movimento durante la campagna per le regionali 2014 in Emilia-Romagna.
Ieri mattina è arrivata la notizia dell’indagine della Procura di Bologna contro il vicepresidente del Consiglio comunale Marco Piazza e altri tre attivisti pentastellati. “Da quel momento non ho avuto pace — racconta Adani ad AdnKronos -, è iniziata la macchina del fango: messaggi privati con minacce di aggressione, insulti sui social e stanotte telefonate mute in continuazione”. “Infame”, “Traditore”, “Spia”.
Gli attivisti più intransigenti del Movimento condannano senza se e senza Adani anche sulla sua bacheca di Facebook.
“Sei un grandissimo infame , spero che ti spacchino la faccia”, “Sul profilo metti la tua faccia invece del cane, o ti schifi da solo?” ,”Sei il nulla mischiato col niente”, “Anfame, quanto è bello fa la spia mortacci tua”.
Questi solo alcuni dei post.
C’è chi cerca di screditare il contenuto e le motivazioni dell’esposto: “Secondo me hanno scoperto chi era e l’hanno mandato via a calci in c… ecco perchè gli brucia”, e ancora: “Ecco un altro poveretto che parla del nulla, non hai argomenti e ti rifugi nel nulla assoluto………..salutami Pasquino……eunuchi”.
“Le minacce non mi fanno certo stare tranquillo — dice Adani — ma non mi impaurisco e non mi tiro indietro”.
E replica alle accuse sui social precisando: “Siamo stati io e Pasquino, contestualmente all’esposto, ad andare via dal Movimento, nessuno ci ha cacciato. Addirittura ho scoperto che posso ancora votare sul blog di Grillo, proprio perchè non sono mai stato espulso. Quindi chi dice che la nostra è stata una vendetta per essere stati allontanati, sbaglia”.
Adani conferma, come ha dichiarato ieri l’ex capogruppo in Regione Andrea De Franceschi, che hanno agito da soli e non su suo impulso.
Una tesi sempre sostenuta dal capogruppo e portavoce al Comune di Bologna del M5S, Massimo Bugani. “Non potevamo coinvolgere De Franceschi, questo fatto sarebbe stato strumentalizzato” spiega Adani.
Tania Forini, ex 5 Stelle, ha parlato apertamente delle procedure irregolari in un’intervista pubblicata oggi su Repubblica Bologna.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 24th, 2016 Riccardo Fucile L’ACCUSA DELLA PROCURA DELLA CORTE DEI CONTI SULLA GESTIONE DELL’AGENZIA PER LA FORMAZIONE E SUL PORTALE… “RICORSO SPROPOSITATO AD AFFIDAMENTI DI CONSULENZE ESTERNE, DANNO ERARIALE DI MEZZO MILIARDO”
E’ il portale della Regione Lombardia per agevolare la ricerca di un lavoro, e in effetti ha concorso
all’erogazione di “896 collaborazioni esterne illecite, in favore di 515 prestatori”, per un “esborso contra-legem in misura pari ad euro 12.978.672“, conteggiati dal 2005 al 2010.
E’ l’accusa della procura presso la Corte dei conti della Lombardia, che in base agli accertamenti svolti dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Milano, ha appena chiuso un primo filone di un’indagine sulla gestione dell’Agenzia Regionale per l’Istruzione, la Formazione e il Lavoro“.
L’agenzia è un ente della Regione “che ha ottenuto — spiega la stessa Procura — l’assegnazione di fondi comunitari, tra cui circa 20 milioni di euro per la progettazione e costruzione di un portale in grado di garantire offerta di lavoro ai cittadini”.
Nel mirino dell’inchiesta coordinata dal Procuratore regionale Salvatore Pilato e diretta dai pm Barbara Pezzilli e Alessandro Napoli, anche il portale “Fil Borsa Lavoro Lombardia“.
Nei giorni scorsi, la Procura contabile ha emesso un primo atto di citazione nei confronti di quattro presunti responsabili, in relazione “a 117 consulenze assegnate nell’anno 2005, per un esborso complessivo di euro 1.206.265,08, contestando un danno erariale pari a 556.160,41 euro“, si legge in una nota della Procura contabile. Ulteriori indagini sui “pregiudizi patiti dall’Erario in relazione a tale vicenda” sono ancora in corso.
Gli accertamenti svolti finora, secondo i pm, “hanno consentito di riscontrare una scopertura finanziaria, dovuta alla mancata registrazione di impegni nella contabilità dell’Ente con conseguente generazione di fittizie disponibilità sui capitoli di spesa, poi presumibilmente utilizzate per finanziarne altre di diversa natura, che la Regione Lombardia ha dovuto ripianare con un contributo straordinario di euro 2.500.000“.
Nel corso dell’inchiesta “sono state individuate le principali cause del disavanzo: la non corretta contabilizzazione degli impegni di spesa inerenti il Portale Fil Borsa Lavoro Lombardia, il ricorso spropositato ad affidamenti di incarichi professionali e di consulenze esterne, in violazione della normativa di riferimento, impegnando parte delle relative spese su capitoli dedicati ai progetti, l’illegittima assunzione di personale dirigente a tempo determinato oltre i limiti previsti dalla normativa, la distribuzione, a tutto il personale, di premi incentivanti in assenza della verifica del raggiungimento di specifici parametri di rendimento”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 24th, 2016 Riccardo Fucile ENTRO LA FINE DI DICEMBRE L’ASSESSORA INDAGATA SARA’ INTERROGATA… MENTRE PROSEGUONO LE INDAGINI SULLE NOMINE DELLA RAGGI
Sarà fissato entro Natale l’interrogatorio dell’assessore all’Ambiente Paola Muraro, indagata dallo scorso aprile per presunti reati ambientali relativi alla gestione e allo smaltimento illecito dei rifiuti all’epoca del suo incarico da consulente in Ama.
Le indagini sono state prorogate per altri sei mesi.
Intanto Valentina Errante sul Messaggero fa il punto sull’inchiesta nata dall’esposto di Carla Romana Raineri sulle nomine di Virginia Raggi. E racconta di strane fughe di notizie che favorivano Manlio Cerroni:
Fatti che hanno portato l’ex assessore al Bilancio, Marcello Minenna, l’ex amministratore unico Ama, Alessandro Solidoro, e infine la stessa Raineri a dimettersi.
Agli atti ci sono i verbali delle riunioni e le email, materiale che Minenna ha raccolto nel breve periodo del suo mandato, documenti che adesso aprono un nuovo fronte.
Sono i dettagli di una guerra intestina, combattuta in Campidoglio in estate: su un fronte Minenna e Raineri, sull’altro Marra e la stessa Raggi.
La maxi inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Alberto Galanti, si arricchisce di altri filoni.
Il presunto asse Cerroni-Muraro, già al centro delle indagini, troverebbe conferma nelle testimonianze di Minenna, Solidoro e del dg Ama Stefano Bina.
Minenna ha fatto di più: ha consegnato verbali, email e documenti per dimostrare come il contenuto delle riunioni riservate raggiungesse l’Ama in tempo reale, condizionando l’attuazione delle decisioni.
Soffiate che favorivano il ras dei rifiuti.
È curioso che una conferma alle testimonianze dei reprobi sia arrivata da Stefano Bina, che attualmente ricopre l’incarico di dg AMA anche se molte voci, raccolte nei giorni precedenti dal Messaggero, parlavano di contrasti proprio con la Muraro per le decisioni riguardo l’organigramma della municipalizzata dei rifiuti (le voci sono state smentite da due comunicati stampa dell’azienda capitolina).
Poi ci sono i litigi di Marra:
L’assessore, già indagata, sarà probabilmente interrogata prima di Natale.
Lo strapotere di Marra avrebbe preso anche la forma di minacce, come nel caso di Laura Benente, già responsabile delle Risorse umane in Campidoglio con Marino e Tronca e defenestrata per decisione della Raggi.
Un’altra vicenda finita all’attenzione dei pm. Ad agosto l’allora vice capo di Gabinetto avrebbe preteso che la Benente gli desse l’ok per un master a Bruxelles pagato dall’amministrazione.
Marra ne aveva già ottenuto uno di due anni a Salerno, per questo il dirigente si era opposto.
Dopo il rifiuto, Marra, oggi seduto proprio al posto della Benente, l’avrebbe minacciata, assicurandole pesanti conseguenze. P
oi si sarebbe rivolto al sindaco: Benente, a Roma con un distacco da Torino, al rientro dalle ferie, ha trovato gli scatoloni ed è stata rispedita in Piemonte.
In base alla denuncia, anche la Raineri avrebbe subito intimidazioni: «Mi farò dare gli atti che ha firmato e troverò qualcosa per denunciarla», le avrebbe detto Marra.
Fiorenza Sarzanini invece concentra l’attenzione sul parere dell’avvocato Aristide Police sulle assunzioni di Marra e Romeo.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 24th, 2016 Riccardo Fucile POSSIBILITA’ CHE SI CHIUDA LA TRATTATIVA COI SINDACATI GIA’ DOMANI
Un incremento medio pro capite di 85 euro. 
È questa la cifra indicata dalla ministra della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, come riferimento per il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego, secondo quanto si apprende, mentre è in corso l’incontro con Cgil, Cisl e Uil.
I sindacati chiedono un aumento non inferiore a 85 euro per ogni lavoratore.
Le parti sedute al tavolo, il ministro e i sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil, stanno mettendo a punto una bozza di documento.
Secondo quanto si apprende, si sta dando concretezza al fatto che la riforma si fa insieme ai lavoratori pubblici.
Inoltre, sarebbe prevista la possibilità di modificare le norme in vigore, superando la riforma Brunetta. Il veicolo normativo c’è ed è il testo unico del pubblico impiego che si presenta a febbraio.
Nel documento ci sarebbero poi anche obiettivi trasparenti e misurabili che aiutino a valorizzare i lavoratori.
Madia ha dato indicazione di andare avanti ad oltranza per mettere a punto l’accordo che tracci la strada per lo sblocco della contrattazione nel pubblico impiego. L’intenzione della ministra è di convocare per domani i leader di Cgil, Cisl e Uil. L’augurio di Madia è che quindi oggi sia “una giornata produttiva e proficua”, in grado di segnare un risultato importante per il Paese.
“La risposta è la più semplice di tutte: se parte un tavolo contrattuale, mi aspetto di rinnovare i contratti. Quindi mi aspetto che ci siano le risposte necessarie per dire che ci sono le risorse per rinnovarli, che ci sono i cambiamenti legislativi necessari, che c’è una risposta sui precari della P.A.. Ci aspettiamo che comincino finalmente a esserci delle risposte sindacali”.
Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, a margine della firma dell’accordo su relazioni sindacali e modello contrattuale tra sindacati e Confcommercio, in merito alla riapertura del tavolo sui contratti della P.A..
Circa gli stanziamenti aggiunge: “Siccome abbiamo detto con molta chiarezza che non ci può essere un rinnovo dei contratti nella P.A. che non sia corrispondente a ciò che si è determinato nei settori privati, mi pare che risorse ne manchino ancora”, conclude.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 24th, 2016 Riccardo Fucile ENTRAMBI LONTANI DALLA DEMAGOGIA DELLE PIAZZE, ATTENTI A CONIUGARE LIBERISMO CON TEMATICHE SOCIALI
A molti di voi potrà sembrare una follia la mia scelta di associare i nomi di Stefano Parisi e Franà§ois Fillon.
Chi vi scrive non pretende di prevedere il futuro, ma vi parla con quella freddezza di chi ama la politica al punto tale da fermarsi a guardarla da bordo campo e anche oltre confine, senza farsi coinvolgere dall’attuale sistema dei partiti, che alla politica ha portato tanti danni e pochi frutti.
Fillon e Parisi, nati a pochi mesi di distanza. Due liberali innanzitutto, due degli ultimi aggiungerei. Ma anche due uomini che si sono distinti per la propria pacatezza e per l’eleganza dei toni.
Entrambi riservati, entrambi lontani dalla demagogia delle piazze ed entrambi rappresentanti nello stesso momento di quell’area popolar-liberale che vuole uscire dalla morsa politica in cui si trova, stretta tra la destra populista e la sinistra di governo, in Italia così come in Francia.
Fillon ha vinto a sorpresa e contro ogni prognostico il primo turno delle primarie di centrodestra per le elezioni presidenziali francesi, grazie ad un programma che è stato definito all’unanimità come il più liberale della storia della destra francese.
Un liberalismo però molto attento alle tematiche sociali e alla politica estera, nel rispetto della
storia politica francese e che riflette.
Una vittoria schiacciante, che ribaltando ogni prognostico ha fatto vittime illustri come l’ex presidente Sarkozy e che avvia il candidato liberale verso una vittoria al secondo turno.
Un’affermazione che nessuno avrebbe previsto dopo che nel 2012 Fillon perse per soli 93 voti la presidenza dell’Ump.
Parisi rappresenta invece il volto nuovo del centrodestra italiano, il primo che dopo 22 anni è tornato a parlare di un centrodestra di governo, il primo dei tanti successori mancati che ha avuto l’intuizione di partire dal basso, da una base programmatica in grado di coinvolgere la società civile, ben lontana dai giochi di palazzo in cui tanti si sono persi. Un percorso politico appena iniziato, ma con un programma che si preannuncia tra i più liberali della storia italiana.
Un liberalismo non sfrenato, ma popolare, rispettoso delle tematiche sociali e dei valori fondanti del centrodestra italiano.
Un percorso su cui pochi avrebbero scommesso, dopo che nel 2015 Parisi venne sconfitto al fotofinish nella corsa a Palazzo Marino.
Certo tante analogie, ma anche tante differenze. Fillon è un politico di professione, entrato in Parlamento nel 1981 e diventato nel 2007 primo ministro, uno dei più amati della storia francese.
Parisi invece è un manager, cresciuto nel mondo dell’imprenditoria e delle istituzioni, tra cui spicca l’esperienza come city manager della città di Milano.
Ma la Francia non è l’Italia e queste differenze riflettono pienamente i sistemi sociali e culturali dei due Paesi.
Comune però è il filo conduttore di questi due personaggi, e cioè l’aver riportato al centro del dibattito politico dei rispettivi Paesi il pensiero liberale e popolare, dando al contempo una risposta all’avanzare delle destre anti-sistema e lanciando una sfida alle sinistre di governo.
Due tentativi che se avranno successo daranno un contributo fondamentale per la rinascita di una moderna destra europea in grado di essere attrice, interlocutrice e protagonista del prossimo decennio europeo.
Andrea Mensi
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 24th, 2016 Riccardo Fucile FA QUELLO CHE HILLARY NON PUO’ FARE…POTREBBERO ESSERCI GROSSE SORPRESE
Se Hillary Clinton non si muove, malgrado le pressioni degli attivisti dem, ci pensa Jill Stein.
La candidata dei Verdi alle elezioni presidenziali americane sta raccogliendo i soldi necessari per chiedere un riconteggio del voto dell’8 novembre scorso in tre Stati – Michigan, Pennsylvania e Wisconsin – determinanti per la vittoria di Donald Trump.
Stein ha lanciato ieri sera una pagina web di raccolta fondi e in poche ore ha raccolto oltre 2,5 milioni di dollari che servono per chiedere di ricontrollare le schede in Wisconsin entro la scadenza di domani.
La motivazione alla base della richiesta della candidata dei Verdi – che non ha velleità di vittoria in nessuno Stato – è che esistono “prove convincenti di anomalie nel voto”, legate all’intervento di hacker stranieri.
In una nota Stein ha affermato che “queste preoccupazioni vanno indagate prima che le elezioni 2016 vengano certificate. Meritiamo elezioni di cui ci possiamo fidare”.
La campagna di Stein spera di raccogliere i 6-7 milioni di dollari che servono per chiedere di ripetere lo spoglio in tre Stati.
Un gruppo di accademici e attivisti democratici aveva lanciato un appello a Hillary Clinton perchè muovesse un passo ufficiale per chiedere il riconteggio.
Tuttavia la posizione di Hillary è particolarmente delicata, perchè per tutta la campagna elettorale ha criticato le esternazioni di Donald Trump sui possibili brogli elettorali.
Trump ha battuto la Clinton a sorpresa e con uno stretto margine in Pennsylvania e Wisconsin e potrebbe aver vinto anche in Michigan, dove il risultato definitivo non c’è ancora.
I tempi sono stretti: entro domani è necessario chiedere il riconteggio in Wisconsin, dove il margine di vittoria di Trump è di 0,7 punti. In Pennsylvania il margine è di 1,2 punti, la scadenza è lunedì. In Michigan Trump risulta avanti di appena 0,3 punti, ma c’è tempo fino al 30 novembre per chiedere il “recount”.
(da agenzie)
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