Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile “PRIMA DEL VOTO E’ NECESSARIO CAMBIARE LE DUE LEGGI ELETTORALI”… BLOCCO DI FORZE POLITICHE ANTI-RENZI
Sul Colle più alto arrivano, in queste ore, le inquiete suggestioni di elezioni immediate.
Ma per Sergio Mattarella “è inconcepibile indire elezioni prima che le leggi elettorali di Camera e Senato vengano rese tra loro omogenee”.
Proprio questo il pensiero del capo dello Stato che una fonte autorevole riferisce all’HuffPost.
I giornali sono pieni di piani A, B, C su cui starebbero lavorando a palazzo Chigi. Dimissioni, elezioni anticipate senza mettere mano alla legge elettorale.
Mattarella ne intravede tutti i rischi e le incertezze, perchè non c’è alcuna garanzia che alla fine del percorso ci sia una stabilità superiore a quella attuale.
L’impianto delle riforme franato nelle urne consegna un sistema elettorale confuso e poco coerente.
Più volte il capo dello Stato che ha una grande sensibilità giuridica, si è soffermato su queste incoerenze, parlando con i suoi interlocutori: “Il risultato del referendum — proseguono le stesse fonti – ha confermato un Parlamento con due Camere, regolate da due leggi elettorali profondamente differenti, l’una del tutto proporzionale, l’altra fortemente maggioritaria con forti rischi di effetti incompatibili rispetto all’esigenza di governabilità ”.
Una nuova legge elettorale e dunque un governo che assicuri una transizione ordinata, nel rispetto della sovranità del Parlamento, sarebbe innanzitutto “una soluzione obbligata prima che buon senso”.
A maggior ragione dopo che la Corte Costituzionale ha fatto sapere che si pronuncerà sull’Italicum il prossimo 24 gennaio.
“Buon senso”, ma non solo: “Ovvie ragioni di correttezza istituzionale — prosegue la medesima fonte – richiedono prima di andare a nuove elezioni di attendere le conclusioni di quel giudizio il cui esito non è ovviamente prevedibile”.
Quale governo assicuri questo percorso è, innanzitutto, nelle mani di Renzi.
E affidato alla volontà del Parlamento, perchè sin dall’inizio di questa crisi il capo dello Stato si è posto come arbitro e garante.
E sin dall’inizio ha detto che spetta a al premier uscente l’onore della proposta. Ovviamente spetta a lui anche un’eventualità responsabilità di un percorso caotico e confuso.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: elezioni | Commenta »
Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile LA MOSSA DI RENZI IMPEDIREBBE ALLA VECCHIA GUARDIA DI RIPRENDERE IL CONTROLLO DEL PARTITO E LOGORARE IL SEGRETARIO
Il tentativo di frenata ha la voce di Dario Franceschini, che più volte in queste ore ha parlato col
premier: “Serve un governo, per gestire in modo ordinato la nuova legge elettorale. Non possiamo andare in questo modo a elezioni anticipate”.
Parole che pesano ancora di più perchè, più a ragione che a torto, Franceschini è considerato a palazzo Chigi una sorta — se non di ambasciatore — quantomeno di pontiere di Mattarella, capace di interpretarne umori, messaggi e linguaggio.
E che, messe assieme alla notizia che la Corte si pronuncerà sull’Italicum il 24 gennaio, configurano il classico lavorio nei Palazzi che contano per scongiurare le elezioni anticipate.
Un’ipotesi che, ancora stamattina, a palazzo Chigi era ancora viva, soprattutto nell’animus dei falchi del renzismo.
Ammesso che la Corte si pronunci il 24 gennaio stesso, poi occorre che la politica recepisca i rilievi e approvi in Parlamento un sistema coerente per Camera e Senato. Realisticamente si può dire che è praticamente impossibile votare a febbraio.
In Transatlantico le vecchie volpi considerano la notizia “il segnale”, perchè guarda caso la Corte ha reso noto che si pronuncerà il 24 gennaio proprio oggi, dopo il colloquio nel premier al Quirinale e prima del giorno delle dimissioni formali.
Detto senza tanti giri di parole: come fai a votare con una legge elettorale per la Camera in attesa di giudizio e con una diversa al Senato?
È chiaro che occorre una nuova legge elettorale per poi andare a votare, e dunque un governo in carica, perchè non puoi attendere febbraio con un governo dimissionario. Sergio Mattarella, in queste consultazioni discrete e con lo stile del notaio rispettoso degli equilibri parlamentari, su un punto ha fatto filtrare una preoccupazione vera.
E cioè che non si può lasciare il paese a un governo dimissionario, in questa congiuntura economica. Esporrebbe, innanzitutto, il nostro sistema bancario.
Da segnalare poi oggi una preoccupata dichiarazione di Volker Wieland, uno dei consiglieri economici della Merkel. Per Wieland “il nuovo esecutivo italiano dovrebbe chiedere un programma di aiuti all’Esm”, il meccanismo di stabilità europeo altrimenti noto come fondo salva stati.
E sono le stesse preoccupazioni — la stabilità , la necessità di una transizione ordinata — che parecchi ministri di peso si stanno ponendo in queste ore.
Anche ministri molto vicini al premier come Paolo Gentiloni o Graziano Delrio che ieri è stato visto a palazzo Giustiniani dove ha l’ufficio Giorgio Napolitano.
A palazzo Chigi “piani A”, “piani B”, si susseguono in un clima di nervosismo, insofferenza, con mezzo parlamento che chiede le elezioni: “Fino a ieri — sussurra una fonte molto informata – il piano A era le elezioni anticipate. Dice Renzi: se nasce un governo Renzi chi dice che si dimette quando dico io?”.
Ora la sentenza della Corte, il pressing di mezzo governo, mettono all’ordine del giorno un altro schema.
Quello del “tutti dentro”: un governo con dentro la minoranza, tutto il Pd, che dialoghi sulla legge elettorale con Forza Italia, all’insegna del “se dobbiamo sporcarci le mani, sporchiamocele tutte”.
Ed è uno schema su cui antichi equilibri franano e nuovi ne nascono. Ecco che Andrea Orlando si è differenziato da Matteo Orfini proprio sulla necessità di evitare l’avventura delle elezioni anticipate con un esecutivo che affronti la questione della legge elettorale. Mentre Maurizio Martina, ministro non parlamentare, è tra i più convinti sostenitori delle elezioni subito.
Il Transatlantico pare un catino che bolle di preoccupazione.
Parlamentari che discutono sull’analisi dei flussi di Piepoli: “Altro che 40, se votiamo è un bagno di sangue”.
Anche all’interno della maggioranza renziana in parecchi suggeriscono prudenza: “Sarebbe ragionevole — dice Walter Verini, da sempre vicino a Veltroni — aspettare la sentenza della Corte fare una legge elettorale coerente e nel frattempo dar vita a un governo. A me piacerebbe che, in questo tempo, Renzi fosse protagonista di un viaggio nell’Italia, per riconnettersi col paese, con le sue energie, immettendole poi nel partito in un congresso non di tessere”.
A proposito, anche Alfano ha frenato rispetto a ieri sera quando nel corso di Porta a Porta ha scommesso “una fiche su febbraio”: “Il presidente della Repubblica — ha dichiarato oggi — troverà la via migliore”. In mezzo le pressioni dei suoi, ma anche l’aria che è cambiata. E la data della Corte, che “congela” il voto a febbraio.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: PD | Commenta »
Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile MA C’E’ ANCHE CHI TEME LE ELEZIONI A BREVE: “NON SIAMO ANCORA PRONTI”
Le ragioni che spingono i grillini a chiedere elezioni sono diverse, tra cui la paura di logorarsi al proprio interno e di perdere l’effetto referendum quindi l’onda lunga della vittoria.
Vittoria che nessuno del fronte del No ha rivendicato apertamente ma che i grillini, in capannelli privati e non, considerano propria.
Il rischio di mandare tutto in fumo per colpa delle correnti interne ha spinto Beppe Grillo a chiedere “unità ” ai suoi e ragionare sul fatto che bisogna andare alle urne il prima possibile.
E chi sarà il candidato premier? Anche su questo si sta ragionando in ordine sparso. C’è chi vorrebbe blindare Luigi Di Maio, chiedendo solo un voto formale alla Rete.
E chi invece come Roberto Fico si dice pronto a candidarsi: “Siamo tutti disponibili a fare quel che occorre al Movimento… portavoce premier, portavoce ministro, portavoce parlamentare, portavoce comunale. Io sono disponibile a candidarmi a tutti i ruoli che possono servire al Movimento, come fatto da qui a 10 anni. Le metodologie – aggiunge – le stiamo mettendo a punto, per me quel che conta è smetterla di parlare di singole persone, perchè non sono loro i temi e i programmi del Movimento. Ora stiamo facendo un percorso per un programma straordinario e di sostanza”.
Ai piani alti del Movimento si ragiona anche su cosa fare in caso di vittoria alle elezioni ma con una legge che al Senato non garantirebbe la governabilità .
“In questo caso dialoghiamo sui programmi con gli altri partiti, su ogni singolo punto e vediamo chi è d’accordo e chi no”.
Il governo però, per entrare in carica, deve ricevere la fiducia da parte del Parlamento e se i grillini non fanno accordi è difficile riuscire ad ottenerla. Che fare?
Si ragiona su ogni ipotesi in casa 5Stelle, dove non tutti infatti si sentono pronti per andare a Palazzo Chigi e per questo prenderebbero ancora del tempo evitando “elezioni subito”.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Grillo | Commenta »
Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile “RENZI SAREBBE CONTENTO SE ME NE ANDASSI”
Sconsiglia di “sfidare ancora il Paese”, e avverte che specialmente “chi governa non può farlo”,
nonostante “temo ci sia in giro questa aria qua”.
Pier Luigi Bersani torna a dire che “non si vince sulle macerie di un Paese, specie quando si rischia di perdere sulle macerie” e dallo studio di diMartedì su La7 l’ex segretario Pd scandisce il suo no a elezioni anticipate: “Far votare il Paese con due leggi elettorali non coordinate non so come definirlo, specie da chi predica la governabilità . E’ un’eresia totale”.
“Bisogna rimettere il Paese su binari normali: le scadenze sono quelle normali: si vota nel 2018, il congresso del Pd si celebra a fine 2017”, ribadisce.
“Noi non mai chiesto le dimissioni di dimissione di Renzi, le ha volute dare lui, ci pensi Mattarella e il governo, per favore, corregga la linea politica economica e sociale. Il Parlamento si occupi di normalizzare il sistema elettorale”.
Alla dirigenza Dem, Bersani manda a dire: “Magari questi se lo sono dimenticato ma nell’85 al referendum sulla scala mobile il Pci perse con il 45 per cento e alle politiche prese 20 punti in meno. Aveva buon titolo il Pci a dire quel 45 per cento è roba mia ma non funziona così”.
“Renzi vuole che ce ne andiamo? Questo è chiaro. Se io togliessi l’incomodo sarebbe contento. Ma io non intendo farlo. A meno che il Pd non diventi il Pda, il partito dell’avventura, il partito di uno che mette se stesso davanti al Paese” portandolo al voto anticipato, ha aggiunto Bersani.
“Ricordo che quando cadde il governo Letta non è che siamo andati a votare… Io, che non stavo benissimo, sono corso ad abbracciare Letta e a dare la fiducia a Renzi. Non è che adesso che Renzi ha deciso di dimettersi deve venire giù l’Italia”, ha proseguito. “E’ ora che questo nuovo Pd capisca che bisogna allargarla la testa, creare un campo del centrosinistra, perchè se si ragiona solo con la testa del ‘capo’ non si va da nessuna parte”.
“La gente è andata a votare perchè aveva una cosa da dire, aveva da dire che era stufa”, spiega poi l’ex segretario Pd.
“Non è che sono contento o mi metto a festeggiare. Sono ossessionato da un anno, un anno e mezzo dal fatto che c’è appunto – osserva riproponendo una delle sue tipiche metafore – la mucca nel corridoio: nel profondo della società c’è un distacco, troppa incertezza, diseguglianza, umiliazione del lavoro, distacco tra un pezzo della società e un establishment che non ha più il segnale radar con quella società “.
“Abbiamo ottenuti tutti – torna a rivendicare l’ex segretario Dem – un risultato: preservare la Costituzione, che non può essere brandita da un governo dividendo un Paese. La Carta dei valori del Pd dice testualmente ‘chiudere la stagione delle riforme costituzionali imposte da governi a colpi di maggioranza’.
Chi ha votato No – afferma ancora – non si senta traditore del Pd. Adesso per 20 anni voglio vedere, dopo Berlusconi e questo referendum, quale governo oserà impugnare la Costituzione per dividere”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Bersani | Commenta »
Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile LA ROAD MAP DI BERLUSCONI: MEGLIO ALLUNGARE I TEMPI DELLA LEGISLATURA
C’è un orizzonte temporale nella testa di Silvio Berlusconi: novembre. La voglia di elezioni anticipate che sta contagiando i partiti, a cominciare dai suoi alleati di centrodestra, continua a non attecchire sull’ex premier.
Che, al contrario di Matteo Salvini, ha invece una gran voglia di allungare il brodo della legislatura e andare ben oltre non solo il febbraio evocato da Angelino Alfano, ma anche scavallare l’estate. “E’ importante che non si voti almeno fino a novembre”, avrebbe confidato ad alcuni dei suoi.
Il problema è che un coinvolgimento in prima linea di Forza Italia, che pur lo alletta, spaccherebbe il partito.
Per questo dall’inner circle frenano sulla partecipazione azzurra ad un governo istituzionale. Il massimo che si possa fare — spiegano — è garantire la propria disponibilità a discutere di legge elettorale
Ed è esattamente per questa ragione che nelle ultime ore l’ex premier avrebbe riaperto i canali diplomatici con Ncd, facendo pressing perchè tengano in vita un qualsiasi esecutivo.
Il perchè è sempre legato a quella convinzione (o illusione) che entro l’estate la Corte di Strasburgo si pronunci rendendolo nuovamente candidabile.
Una data, quella di novembre, non esplicitata durante il vertice convocato ad Arcore con lo stato maggiore di Forza Italia.
D’altra parte, la linea era già stata tracciata con il comunicato post-referendario.
E, a scanso di equivoci, ribadito in una dichiarazione del fedelissimo Sestino Giacomoni, uno che alle esternazioni pubbliche è di solito allergico.
“Sedersi ad un tavolo e riscrivere tutti insieme alle forze politiche le regole del gioco, cioè la legge elettorale. Questo è il primo obiettivo”, ha detto alle telecamere che stazionavano davanti a villa San Martino.
La road map di Berlusconi, dunque prevede che prima di ogni altra cosa si proceda alle modifiche dell’Italicum e si vada verso una legge che “garantisca la governabilità e una reale corrispondenza della maggioranza parlamentare alla maggioranza popolare”. Insomma, una legge proporzionale.
L’unica che, non soltanto gli consentirebbe di giocare in proprio senza essere costretto ad aggregarsi con Salvini e Meloni, ma che in più gli garantirebbe maggiori chance di sedersi al tavolo della grosse coalition dopo.
In questo senso, la decisione della Corte costituzionale di fissare al 24 gennaio la sentenza sull’Italicum, è stata considerata come acqua provvidenziale al suo mulino.
E le ambasciate che dal Colle gli ha riferito il solito Gianni Letta lo hanno rincuorato. Non a caso va ripetendo che “il presidente della Repubblica sarà garante di questa complessa fase, con la sua saggezza e il suo scrupolo istituzionale”.
Non tutti, però, in Forza Italia condividono gli auspici del Cavaliere. Giovanni Toti, sempre più allineato ai leader di Lega e Fdi, avrebbe infatti ribadito che a suo giudizio sarebbe meglio andare a votare subito. Il governatore della Liguria avrebbe accennato anche alla necessità di primarie, ma la faccenda sarebbe stata liquidata con un tranchant “inutile parlarne prima che sia nota la legge elettorale”.
Cosa sia disposto a fare l’ex premier per tenere in vita ancora questa legislatura però non è ancora del tutto chiaro: d’altra parte, non sarebbe la prima volta che cede alle lusinghe del ritornello “tornare a essere centrale sulla scena”.
Berlusconi attende le mosse di Renzi ma allo stesso tempo vuole evitare strappi sia all’interno del suo partito che con gli alleati.
E questo spiega perchè continui a ribadire la necessità che gli italiani scelgano al più presto un governo, pur non schierandosi tra i fautori del voto anticipato. E perchè inviti la maggioranza a dare vita a un governo pur sostenendo di non volerne fare parte. Il solito gioco su più tavoli.
Ed ecco che la strada intrapresa in queste ore è quella di una sorta di pressing nei confronti del partito di Angelino Alfano.
“Dovete rimanere al governo – avrebbe detto ad alcuni esponenti di Ncd – e tenere in vita questo governo almeno fino a novembre. E dopo vi garantisco che torneremo insieme per presentarci alle elezioni”.
D’altra parte, il Cavaliere sa che il partito centrista è spaccato, che ci sono filo-renziani che sperano in un’aggregazione con il Pd e altri che invece anelano il ritorno alla casa madre.
I filoberlusconiani di Ncd avrebbero però chiesto all’ex premier di fare anche lui un passo. “Devi mandare un segnale pubblicamente. Devi sostenere esplicitamente la nascita di un governo”, è il messaggio che gli hanno inviato.
E questo spiega anche la frase pronunciata da Angelino Alfano prima di riunire i gruppi di Ncd. “Chi va cercando pretesti per proseguire la legislatura, e mi riferisco in particolare a Forza Italia, sappia che non lo avrà gratis”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Berlusconi | Commenta »
Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile SECONDO VOI SI VOTERA’ PRIMA DI QUELLA DATA?
A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina, è la celebre frase generalmente (ma
erroneamente) attribuita a Giulio Andreotti.
Parole che tornano attuali in questi giorni di forte instabilità politica dopo l’annuncio di dimissioni del presidente del Consiglio.
Già si parla di “voto anticipato”. Per questo sono diverse le voci nei Palazzi che invitano a mantenere la calma.
Ora che lo spettro delle elezioni anticipate è dietro l’angolo, il voto in primavera (prima finestra elettorale utile) avrebbe un peso notevole per molti parlamentari.
Un peso sostanzialmente economico: niente vitalizio.
Secondo le norme approvate nel 2012 che hanno introdotto il calcolo su base contributiva, per tutti i parlamentari alla prima legislatura i requisiti per la “pensione” sono ancora lontani dall’essere maturati.
Il traguardo da raggiungere sono i quattro anni, sei mesi e un giorno di lavoro di Aula. Dal momento che il Parlamento italiano si è insediato il 15 marzo del 2013, il calcolo è presto fatto: per avere il vitalizio la legislatura non dovrà terminare prima del 16 settembre 2017.
Altro che primavera.
Nella XVII Legislatura sono 580 i neo-eletti su un totale di 945 parlamentari (410 alla Camera e 170 al Senato).
Ben il 60% di coloro che hanno un seggio alla Camera e al Senato non avevano mai varcato, prima di marzo 2013, la soglia di Montecitorio e Palazzo Madama.
Al momento dell’elezioni si trattava senza dubbio del Parlamento più giovane e con il maggior numero di donne della storia.
Nel 2012, dopo le delibere dei presidenti di Camera e Senato di allora, Gianfranco Fini e Renato Schifani, le norme per l’accesso al vitalizio sono state modificate. Lo si legge sul sito della Camera dei deputati:
Con deliberazioni del 14 dicembre 2011 e 30 gennaio 2012 l’Ufficio di Presidenza della Camera ha operato una profonda trasformazione del regime previdenziale dei deputati con il superamento dell’istituto dell’assegno vitalizio – vigente fin dalla prima legislatura del Parlamento repubblicano – e l’introduzione, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, di un trattamento pensionistico basato sul sistema di calcolo contributivo, sostanzialmente analogo a quello vigente per i pubblici dipendenti.
I deputati devono versare un contributo pari all’8,8% della loro indennità parlamentare lorda. Va tenuto conto che percepiscono un’indennità netta pari a circa 5000 euro (pari a 10400 circa lordi).
“I deputati cessati dal mandato – si legge ancora sul sito della Camera – indipendentemente dall’inizio del mandato medesimo, conseguono il diritto alla pensione al compimento dei 65 anni di età e a seguito dell’esercizio del mandato parlamentare per almeno 5 anni effettivi”.
Cinque anni che si trasformano in quattro anni, sei mesi e un giorno di esercizio di mandato perchè sarà da allora che l’intera legislatura sarà acquisita ai fini pensionistici.
“Per ogni anno di mandato ulteriore, l’età richiesta per il conseguimento del diritto è diminuita di un anno, con il limite all’età di 60 anni”, si legge ancora sul sito.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Parlamento | Commenta »
Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile DIREZIONE PD SOTTO ASSEDIO DEI SOSTENITORI DEL PREMIER
Alla vigilia della Direzione Pd che ha tutto il sapore del redde rationem tra la maggioranza del partito e la minoranza, i militanti si mobilitano.
Nel pomeriggio inizia a circolare sui social un “evento” Facebook organizzato per mercoledì pomeriggio, all’esterno del Nazareno.
Il titolo è eloquente: “Renzi è il mio segretario”.
I militanti renziani sono chiamati a raccolta in via Sant’Andrea delle Fratte a Roma mentre all’interno, nella sede del partito, il segretario scioglierà i dubbi sul suo orientamento. E in particolare se andare subito al voto o temporeggiare.
La sconfitta al referendum costituzionale del 4 dicembre rischia di lacerare ancora di più il partito e di segnare il punto di non ritorno nella frattura interna.
Ma i sostenitori dell’attuale segretario non intendono far mancare il loro supporto a Renzi: “È il momento di sostenere il nostro Segretario, non solo per l’ottimo lavoro svolto al governo del paese, ma soprattutto perchè solo con lui questo Partito può continuare a crescere. Ci vediamo domani per sostenere il nostro segretario”.
Gli occhi dell’Italia saranno tutti puntati sul Nazareno: da lì dovranno venire le risposte alla crisi di governo (annunciata ma non ancora “formalizzata”) che si è aperta dopo le dimissioni annunciate dal presidente del Consiglio.
L’umore del partito è a terra e lo scontro tra renziani e minoranza rischia di esplodere durante la direzione.
Per ora i partecipanti che hanno aderito all’evento social sono circa 240, ma sono in costante aumento.
Dietro la chiamata ai militanti non ci sono però i vertici del partito, ma si tratta di un evento “organizzato dal basso”, afferma all’HuffPost Anna Rita Leonardi, dirigente e indomita renziana, che prenderà parte alla manifestazione.
“E’ nata in maniera spontanea e lentamente è cresciuta. La stragrande maggioranza degli elettori del Pd è arrabbiatissima con i vari D’Alema, Bersani, Speranza. La manifestazione di vicinanza al segretario serve a far capire da che parte sta il Pd vero, la base”.
Vista la delicatezza del momento, il rischio che la manifestazione possa acuire la divisione all’interno del partito è lampante.
Ma per la Leonardi “lo scontro lo hanno voluto gli esponenti della minoranza durante tutta la campagna referendaria. E non tanto per la scelta di votare No ma per il loro comportamento: uno scontro durato tutti i mesi della campagna”.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Renzi | Commenta »
Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile L’ ANALISI DEL VOTO DELL’ISTITUTO CATTANEO: LA RIFORMA E’ STATA AFFOSSATA DAI MILLENNIALS
Un replay delle comunali della primavera scorsa. Nell’analisi del voto del 4 dicembre, il fronte del
Sì soffre negli stessi settori sociali che avevano penalizzato il Pd di Renzi a giugno: le periferie, le aree non metropolitane e le fasce sociali più deboli.
Ancora peggio va dove, in particolare nel Mezzogiorno, il numero di giovani è percentualmente più elevato, e le loro condizioni economiche più difficili.
Il No di giovani e periferie
«Il problema del Pd nelle periferie, sia geografiche che “sociali”, era già emerso chiaramente nelle elezioni amministrative del 2016», spiega l’Istituto Cattaneo di Bologna, che registra la fatica del premier a raccogliere i consensi nel «ceto medio impoverito» dalla crisi.
Il Sì si salva solo nelle due regioni rosse per eccellenza, Emilia Romagna e Toscana più il Trentino Alto Adige, ma anche qui c’è una prevalenza nelle grandi città come Bologna (52,2%) e Firenze (56,6%), e un successo più tiepido in provincia.
Sì avanti di un soffio a Milano città (51,1%), mentre il No prevale in tutti gli altri grandi capoluoghi del Nord, da Torino (53,6%) a Venezia, Genova e Trieste (63,5%).
Al Sud va molto peggio per i sostenitori della riforma: da Napoli a Bari è una Waterloo, con il Sì intorno al 30%, e una punta negativa del 27% a Palermo.
A Roma il No è al 59%, in media con il dato nazionale. E si registra una coincidenza con le amministrative che hanno visto vittoriosa Virginia Raggi: il Sì vince di misura nei due quartieri benestanti, centro e Parioli, dove aveva prevalso il candidato del Pd Roberto Giachetti. Mentre il No dilaga nelle periferie.
Il trend che vede il Sì più in salute nelle zone economicamente più forti trova un’eccezione nel lombardo-veneto, dove il No prevale in tutte le province, con un picco negativo nella regione guidata da Luca Zaia al 62%.
Età e scolarizzazione
Il dato socio economico si intreccia in modo perfetto con quello anagrafico. Nella fascia tra i 18 e i 34 anni, secondo uno studio di Quorum per Sky Tg24, il No è all’81%, tra i 35 e i 54 anni al 67%, mentre il Sì prevale nella fascia oltre i 55 anni con il 53%.
Un dato certamente influenzato dall’alto numero di giovani che vota M5S, ma che coincide anche con l’elevato tasso di disoccupazione giovanile.
Un No dei Millenials, dunque, delle generazioni nate alla fine del secolo scorso e ora alle prese con la fine degli studi e le incerte prospettive professionali.
Un altro studio, realizzato da Tecnè per Canale 5, mostra invece una sostanziale omogeneità del voto tra i cittadini con diversi livelli di istruzione, con un picco dei No tra i laureati (66%), mentre tra i diplomati è al 58%, al 59,5% tra chi ha la licenza media e al 58,6% tra gli elettori che hanno la licenza elementare.
La fedeltà ai partiti
L’Istituto Cattaneo ha analizzato il tasso di fedeltà degli elettori di Pd, Fi e M5S (nel 2013) alle indicazioni dei rispettivi partiti sul referendum.
Per quanto riguarda i dem, si registra un tasso di disobbedienza che oscilla tra il 20% a Firenze fino al 40% di Napoli e Palermo e al record del 46% di Cagliari.
In sostanza, nelle aree geografiche più fedeli alla linea del Nazareno un elettore Pd su 5 ha tradito le indicazioni di Renzi, mentre nel Sud si arriva al 40% di «dissidenti».
Stesso trend per Forza Italia che registra (tra le città prese in esame dall’Istituto), un tasso di infedeltà (cioè di elettori Pdl del 2013 che hanno scelto il Sì) che oscilla tra il 20% di Parma, il 36,8% di Brescia, il 41% di Bologna e il 44% di Firenze.
Monolitico invece l’elettorato del M5S, con percentuali di No che superano il 90% con picchi a Napoli, Palermo e Padova.
Rispetto alla somma dei voti raccolti nel 2013 dai partiti che sostenevano il Sì e il No, il Cattaneo registra un allineamento quasi perfetto.
Il fronte del No va oltre i numeri dei partiti che lo sponsorizzavano in quasi tutto il Sud, nelle isole e nel Nord-est. Viceversa, nella «zona rossa» tra Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche, il Sì va meglio.
Secondo il Cattaneo, «la strategia di Renzi, volta a conquistare consensi alla riforma fra gli elettori di centro- destra e del M5S, non ha avuto successo».
Il caso Salerno
Particolarmente rilevante il dato della Campania, dove il Pd con Vincenzo De Luca aveva vinto seppur di misura le regionali nel 2015. Nonostante l’attivismo del governatore, in Campania il Sì è andato molto male.
Il dato generale registra un No al 68,5%. A Salerno, città da sempre fedele a De Luca (alle regionali l’ex sindaco sfiorò il 70%), per la prima volta da anni si registra una rivolta dell’elettorato: il Sì si ferma al 39,9%, un po’ meglio di Napoli (31,7%).
Un’affluenza politica
Secondo il Cattaneo, infine, il dato di partecipazione al voto del 4 dicembre rappresenta un’eccezione rispetto ai precedenti referendum, compresi quelli costituzionali del 2001 e del 2006. Rispetto al 2001, quando gli italiani furono chiamati a confermare la riforma del Titolo V, la partecipazione al voto è quasi raddoppiata: 65,5% contro il 34,1%, mentre il voto sulla riforma Berlusconi-Bossi del 2006 ha registrato una partecipazione del 52,4%.
Per il Cattaneo, quindi, l’affluenza del 2016 è simile a quella di un’elezione politica. Un voto pro o contro il governo che ha spinto in alto l’affluenza alle urne.
Andrea Carugati
(da “La Stampa”)
argomento: Referendum | Commenta »
Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile SUPERATA QUOTA 2.147.000 LETTORI, 29.667 ARTICOLI PUBBLICATI, CENTINAIA DI VISUALIZZAZIONI OGNI GIORNO, 500 FOLLOWERS SU TWITTER, COPERTURA DI 20 GRUPPI SU FB PER CIRCA 300.000 UTENTI… UN BLOG CHE DA NOVE ANNI E TRE MESI FA INFORMAZIONE SENZA PADRONI
Lanciamo, come ogni fine anno, un appello ai nostri lettori, con la premessa che potrebbe essere l’ultimo, in mancanza di un vostro sostegno concreto.
Nove anni e tre mesi fa abbiamo creato un blog dalla forma “professionale” che copre 18 ore al giorno, sette giorni su sette, con circa 15 articoli ogni 24 ore: tutto questo è garantito solo dal sacrificio personale di pochi che, oltre che a collaborare gratuitamente, devono pure fare fronte alle spese vive per acquisto quotidiani, abbonamenti, manutenzione del sito e rinnovo materiali (circa 5.000 euro l’anno).
Abbiamo raggiunto un successo impensabile, diventando uno dei siti di area più seguiti in Italia con centinaia di accessi al giorno tra cui decine di lettori anche dall’estero, fornendo un servizio gratuito di approfondimento attraverso una linea editoriale coerente.
Se volete metterci nelle condizioni di continuare anche per il 2017, vi chiediamo di darci una mano con un contributo libero per le spese che dobbiamo affrontare ogni mese, non avendo partiti o padrini alle spalle.
Versamenti su ns. postpay potete farli velocemente sia da ufficio postale che da tabaccherie autorizzate ricariche indicando semplicemente:
Nome e codice fiscale destinatario e numero postpay
Riccardo Fucile
FCLRCR54R28I657T
postpay n° 5333 1710 0263 8159
Per un bonifico invece questi sono gli estremi:
IT09Y0760105138296402296406
argomento: destradipopolo | Commenta »