Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
“HO FATTO SOLO QUELLO CHE OGNI PERSONA DOVREBBE FARE”
Non se lo aspettavano i carabinieri di Andorno Micca: in genere erano loro che si presentavano
da Emmanuel, 29 anni, profugo nigeriano rifugiato nel biellese, per controllarlo.
Così, quando lui si è presentato da loro per riconsegnare un portafoglio ancora pieno di soldi, la sorpresa è stata grande – e piacevole.
Scrive Repubblica:
Lo aveva trovato poco prima in via Milano, a Biella, mentre, come tutti i giorni, stava tornando dal supermercato Conad di Andorno dove tutte le mattine si reca per chiedere l’elemosina.
Una storia-simbolo di altruismo e senso civico che a Natale assume ancor più valore. Nel portafoglio restituito ai carabinieri, quegli stessi che nel corso dei mesi lo hanno controllato diverse volte e non si aspettavano di trovarselo lì, c’erano documenti, varie carte di pagamento e contanti per 175 euro e 70 centesimi: è stato restituito a un residente a Vercelli che ne aveva già denunciato lo smarrimento.
“Ho fatto solo quello che ogni persona dovrebbe fare”, ha commentato Emmanuel.
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
LA POLIZIA AMMETTE: “POTREBBE NON ESSERE LUI”… NEGATIVA LA PROVA DELLE TRACCE DI POLVERE DA SPARO
Il giovane immigrato di origini pachistane fermato ieri sera dalla polizia tedesca per la strage di Berlino non sarebbe l’autore dell’attentato.
Lo riferisce il quotidiano Die Welt citando fonti della sicurezza, secondo le quale il sospetto è invece ancora in fuga ed è armato e la polizia e le forze speciali sono state informate.
Diversi media tedeschi avevano riferito che il pachistano, arrivato in Germania nello scorso febbraio attraverso la rotta balcanica, aveva negato ogni coinvolgimento nell’attacco.
L’uomo, fermato a circa due chilometri dal luogo della tragedia, era conosciuto alla polizia per reati minori, ma non per una radicalizzazione estremista
Il presidente della polizia di Berlino, Klaus Kandt, ha confermato nella conferenza stampa in con il sindaco della città di «non poter dire che l’uomo arrestato ieri sia l’autista» del tir.
«Le indagini sono ancora in corso», ha proseguito Klaus, «abbiamo diverse possibilità per verificare le tracce di Dna o della presenza di polvere da sparo, questo continua ancora, ma in verità , secondo le mie informazioni, non è sicuro che si tratti davvero dell’autista».
Pochi minuti fa i media hanno dato notizia che l’autista polacco è stato ucciso con un colpo a bruciapelo dall’attentatore e che i risultati sulla presenza della polvere da sparo sul ragazzo pakistano fermato hanno dato esito negativo.
PAURA PER UN’ITALIANA
C’è apprensione intanto per un’italiana di cui si sarebbero perse le tracce. In un post pubblicato su Facebook “Berlino Magazine” scrive che il cellulare della ragazza sarebbe stato trovato vicino al luogo dell’attentato. Per il momento la notizia non trova conferme ufficiali ma all’ambasciata sono in corso accertamenti.
MERKEL: “NON CI FAREMO FERMARE”
La cancelliera Angela Merkel questa mattina ha parlato di una «giornata difficile» e ha riferito che la persona che ha compiuto l’attentato a Berlino «aveva chiesto asilo in Germania come rifugiato». Merkel ha aggiunto che «la Germania non si farà fermare dalla paura» e che «continueremo a sostenere le persone che chiedono di integrarsi nel nostro paese».
IL CAMION TRASPORTAVA TRAVI PRODOTTE A TORINO
Il camion usato per la strage trasportava travi di acciaio prodotte da un fornitore di Thyssenkrupp che ha sede nei pressi di Torino.
Lo ha spiegato a La Stampa Kerstin Gà¶cke, portavoce della società tedesca, che non ha voluto fornire ulteriori dettagli. Non si tratta però di un’azienda del gruppo tedesco. Le travi erano destinate alla filiale di thyssenkrupp Schulte a Berlino.
Il camion era arrivato già ieri presso lo stabilimento, ma le travi non erano state scaricate in quanto in anticipo sui piani: la consegna era infatti prevista per oggi. Secondo Thyssenkrupp lo speditore polacco è stato incaricato dal fornitore italiano. In una nota il gruppo si è detto sgomento per quanto successo e ha espresso il suo cordoglio.
LA RICOSTRUZIONE
Intorno alle 20 di ieri sera un camion è piombato tra le bancarelle di un mercatino di Natale. La piazza di Breitscheidplatz, uno snodo frequentatissimo di giorno e tanto più di pomeriggio e sera dai berlinesi e dai turisti che passano da qui per andare sul Ku’damm, uno dei vialoni dello shopping più esclusivi della capitale tedesca, oppure tornano in direzione della grande stazione a due passi dallo Zoo di Berlino o si indirizzano verso il cinema Zoo Palast, piomba in un silenzio irreale. Il camion, che ha una targa polacca, si ferma dopo aver travolto per oltre cinquanta metri tutto quello che si trovava davanti. Tutto intorno restano bancarelle rovesciate, alberi di Natale a terra — e dodici persone senza vita. 50 i feriti, alcuni dei quali gravi. Tra le vittime anche il polacco a cui l’attentatore avrebbe sottratto il tir per compiere la strage.
LA CITTA’ IN LUTTO
Berlino è sotto choc e a lutto per la strage. In città si terranno oggi una serie di cerimonie religiose. Alle 11.30 sarà aperto un registro delle condoglianze nella Gedaechtniskirche, la «chiesa del ricordo» evangelica sulla Breitscheidplatz dove si trova il mercatino di Natale colpito ieri sera dal camion killer. Nella stessa chiesa, alle 18, sarà celebrata una messa straordinaria in memoria dei morti e per ribadire il valore dell’umanità . «Questa chiesa è il simbolo dell’aggressione all’umanità », ha detto alla Zdf il vescovo Markus Droege della «chiesa del ricordo» che è composta da una parte nuova e una antica, che è stata conservata così come era dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Alle 12 si terrà invece una cerimonia nella cattedrale cattolica St. Hedwig di Berlino, che si trova nella ex zona orientale della città , nei pressi del viale Unter den Linden.
(da “La Stampa”)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
IN UNA RELAZIONE SI ERA ASSUNTA LA RESPONSABILITA’ DELLA NOMINA DEL FRATELLO DI MARRA A RESPONSABILE DEL TURISMO CON UNA “PROCEDURA NON COMPARATIVA”
Virginia Raggi rischia un’indagine per abuso d’ufficio in relazione alle nomine in Campidoglio. 
Ma c’è di più: nella faccenda potrebbe rientrare anche la famosa nomina del fratello di Raffaele Marra, Renato, all’ufficio del turismo.
E questo perchè in una relazione inviata all’ANAC dalla stessa sindaca al momento di chiedere se fosse regolare la nomina a responsabile del Turismo la Raggi ha specificato di aver avviato una «procedura non comparativa».
Ma si tratta di un iter non previsto quando esiste la possibilità di incorrere nel conflitto di interessi, come in questo caso.
Spiega tutto oggi Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera:
Il dossier inviato all’Anac ricostruisce la vicenda relativa a Renato Marra, specificando che la nuova amministrazione comunale per rinnovare tutti gli incarichi di vertice «ha svolto, per la prima volta nella storia dell’Ente, procedura di pubblico interpello rivolta a tutti i dirigenti di ruolo».
In questo caso bisogna dunque valutare le richieste e i curriculum, privilegiando chi ha i requisiti per svolgere il lavoro richiesto.
E al momento sembra escluso che questo sia accaduto per Renato Marra, visto che non aveva mai avuto esperienze specifiche nel settore del Turismo avendo ricoperto fino a quel momento la carica di vicecapo della polizia locale.
Raggi ha specificato di essere stata lei a decidere in piena autonomia: nel tentativo di «salvare» Raffaele Marra dal conflitto di interessi ha in realtà aggravato la propria posizione ammettendo di non aver fatto la «procedura comparativa» e dunque ammettendo di aver scelto direttamente lui.
È la stessa Raggi ad evidenziare nel dossier come il 15 novembre 2016 Raffaele Marra abbia comunicato non solo la presenza del fratello Renato tra i dirigenti del Campidoglio, ma anche quella della sorella Francesca che lavora come funzionaria. Nella relazione non ci sono dettagli sulla data di assunzione nè sulle mansioni svolte ma è possibile che questo diventerà oggetto di verifica proprio per chi indaga sulle nomine e sul potere che Marra esercitava al Comune di Roma.
Anche per scoprire le modalità di entrata in servizio della donna e se possa essere stato proprio il potente fratello a far sì che ottenesse il contratto alle dipendenze del Comune di Roma.
Insomma Virginia si sarebbe messa nei guai per salvare “uno dei ventitremila dipendenti del Campidoglio”, come ha illustrato mentendo nel monologo a mezzo conferenza stampa approntato venerdì dopo l’arresto del suo fedelissimo e braccio destro.
Quando tutti gli atti saranno trasmessi in procura, si valuterà la posizione di Raggi. L’indagine avviata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo ipotizza l’abuso d’ufficio per l’ingiusto profitto che Marra e Romeo avrebbero percepito grazie alla «promozione». Raggi non è ancora indagata, ma la strada sembra tracciata, quantomeno per svolgere ulteriori accertamenti.
Vista l’imminenza delle festività natalizie è presumibile che un eventuale provvedimento possa comunque arrivare a gennaio.
Anche perchè si dovranno ascoltare le versioni delle persone più vicine alla sindaca, già finite sotto inchiesta: l’ex assessore Paola Muraro indagata per illeciti ambientali che sarà interrogata domani pomeriggio e l’ex capo del Personale Marra, arrestato per corruzione con il costruttore Sergio Scarpellini che sarà sentito questa mattina a Regina Coeli.
(da “NextQuotidiano“)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
LUIGIA AURIEMMA SOSTENNE CHE LA NOMINA DEL DIPENDENTE CON STIPENDIO TRIPLICATO ERA IN REGOLA… ORA INDAGA LA MAGISTRATURA
Luigia Auriemma è l’avvocata a cui Virginia Raggi si rivolse per sostenere la legalità dell’incarico a Salvatore Romeo dopo aver promosso il dipendente grillino a capo della sua segreteria con il triplo dello stipendio che prendeva in Campidoglio.
Lo scrive oggi Il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Marco Lillo e Valeria Pacelli, che racconta di come
A raccontare la scena la prima volta era stata il magistrato Carla Raineri, allora capo di gabinetto del sindaco.
In un memoriale — ora finito in un fascicolo sulle nomine al Campidoglio senza reati nè indagati — la Raineri racconta dei presunti tentativi sull’allora avvocato del Campidoglio Rodolfo Murra “per indurlo a mutare opinione” su Romeo.
Scrive la Raineri che quando la Raggi si accorse che Murra non era d’accordo con lei sulla nomina del capo segreteria “si rivolse ad una giovane avvocatessa sua amica, (…) la quale trovò un precedente costituito da un sospetto e risalente parere dell’avvocatura capitolina e da un regolamento del Comune di Firenze”.
E ancora: “Con questi documenti — continua il memoriale —conovocò l’avvocato Murra (secondo quanto dal medesimo riferitomi) sottoponendolo a un fuoco di fila alla presenza della giovanissima avvocatessa sua amica per indurlo a mutare opinione. Cosa che Murra si rifiutò di fare”.
Il Fatto pubblica anche uno status su Facebook dell’avvocata Auriemma, che nel frattempo però ha criptato il profilo.
A fare il suo nome è stato Rodolfo Murra, che è stato sentito nei giorni scorsi dai magistrati e ieri ha anche parlato del suo periodo in Campidoglio prima che venisse mandato via dopo questa faccenda e i contrasti con Romeo e Marra.
I pm il 16 dicembre scorso hanno convocato Rodolfo Murra il quale ha spiegato che la giovane avvocatessa era Luigia Auriemma, laureata in Giurisprudenza nel 2003.
La stessa che nel giugno scorso lavorava nello studio dell’avvocato Domenico Naso. Quest’ultimo frequentò un corso all’università Roma Tre in diritto dell’informatica, stessa università dove si è laureata nel 2003 Virginia Raggi.
Insomma, l’avvocata Auriemma sosteneva che fosse tutto in regola anche se a quanto pare il suo parere non è mai stato protocollato dalla sindaca.
Le indagini ci diranno se aveva ragione.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
ACCERTAMENTI SU UNA ONG GUIDATA DA CATELLO MARRA
“Lasciateci stare, per favore, è difficile” dice la signora Chiara dietro la porta in legno al secondo
piano, ultima a destra, del suo condominio poco sopra Saint Julian, coprendo le voci delle sue tre bambine che giocano all’interno.
Non sarà facile. Perchè il “caso Marra” ha preso piede anche nell’isola .
Non interessano tanto gli assegni circolari dell’imprenditore Scarpellini che servirono proprio alla signora Chiara Perico, la moglie di Raffaele Marra, a comprare casa in via Prati Fiscali 258.
Interessano piuttosto gli interessi della famiglia sull’isola, dove la moglie dell’ex capo di gabinetto della sindaca di Roma Virginia Raggi si è trasferita da qualche anno e dove invece da tempo ha base il fratello di Raffaele, Catello.
Ed è proprio sulla Ong che Marra senior guida da tempo che il governo maltese ha deciso di fare approfondimenti aprendo un’inchiesta interna: vuole capire se si tratti effettivamente soltanto di un ente di beneficenza, così come risulta accreditato, oppure di altro.
Per esempio un’istituzione che “mette in contatto imprenditori con avvocati e professionisti locali per sfruttare le opportunità fiscali del posto”, come ha detto a Repubblica ieri l’imprenditore Luca Silvestrone, che grazie a Marra ha potuto cenare con la presidente della Repubblica, Marie Louise Coleiro Preca (“ma non sono stato mai cacciato da associazioni da consumatori” tiene a precisare Silvestrone).
Gli accertamenti sono partiti già nel fine settimana ma in realtà c’è chi da tempo aveva un lungo dossier, figlio di anni di segnalazioni sul ruolo di Marra senior nell’isola.
In più nei giorni scorsi era arrivata anche una richiesta specifica da parte della magistratura italiana che voleva sapere di più su quell’ex finanziere (ex per colpa di qualche guaio) e su quell’associazione “International Organization for the Diplomatic Relations” della quale è governatore.
I punti interrogativi sono diversi.
Per iscriversi si paga una quota di 7.500 euro, ai quali poi bisogna aggiungere una serie di denari se si vogliono per esempio acquistare le ambitissime divise d’ordinanza, che costano 1.500 euro e arrivano direttamente da Napoli.
Lo Iodr rilascia anche dei documenti che apparentemente sembrano veri ma in realtà sono delle patacche: esiste per esempio il passaporto con la sigla “Cd”, corrispondente diplomatico, con tanto di riferimento al passaporto reale.
Un particolare non esattamente di folclore che, infatti, è oggetto di approfondimenti in queste ore. Non è il solo dettaglio a interessare.
La quota di iscrizione allo Iodr si paga attraverso un bonifico. Il conto corrente sul quale si effettuano è intestato a: “International Organization of Diplomatic Correspondent” mentre l’organizzazione si chiama “International Organization for Diplomatic Relations”.
A chi vanno a finire i soldi della quota di iscrizione?
Certamente servono per i grandi ricevimenti che Marra senior teneva proprio a Roma e ai quali oltre a vip un po’ datati (Ramona Badescu, Enrico Montesano, Barbara Bouchet per esempio) non mancavano mai, racconta oggi chi c’è stato, nessuno dei suoi due fratelli con le rispettive famiglie.
Nè Raffaele, che oggi dovrà sostenere l’interrogatorio di garanzia cercando di spiegare il perchè di quel flusso di denaro con Scarpellini: “Risponderà a tutte le domande”, assicura il suo legale.
Nè Renato, l’altro fratello vigile, recentemente promosso dal Comune, e sulla cui nomina domani dovrà dare un parere l’Anac di Raffaele Cantone.
A Malta, dunque, tutti conoscono i buoni rapporti tra i familiari. Tant’è che nelle rarissime volte che la signora Chiara si è vista in giro lo hanno fatto nel ristorante di via Paceville gestito da Catello e da suo figlio.
I buoni rapporti sono testimoniati poi da quei movimenti finanziari – Italia-Malta, direttamente e tramite intermediari – sui quali Banca d’Italia e ora anche l’antiriciclaggio dell’isola sta investigando.
Marra senior gestiva anche un ordine di Cavalieri (l’ordine di Saint John di Gerusalemme) che risulta essere completamente abusivo.
“Non esiste” confermano dal Governo. Eppure fa investiture, ha carte intestate.
E chiaramente intasca denaro. Possibilmente in contanti
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
INQUIRENTI ANCHE DA SCARPELLINI, L’IMMOBILIARISTA CHE AVEVA CONTATTI TRASVERSALI: DALLA SINISTRA A FRATELLI D’ITALIA
Occhi puntati sul carcere di Regina Coeli. I magistrati romani oggi interrogano Raffaele Marra, il Rasputin de’ Noantri, l’uomo che si definiva «lo spermatozoo che ha fecondato l’uovo dei 5 Stelle».
Marra è stato scaricato dalla sindaca Virginia Raggi e dalla sua cella fa sapere che risponderà «ad alcune domande». Considerando la fama di uomo vendicativo, qualcuno deve tremare.
Una sola parola di Marra potrebbe inguaiare definitivamente Raggi.
Il nuovo anno potrebbe essere molto doloroso per la prima cittadina di Roma. Marra è a conoscenza di tutti i segreti del Campidoglio.
L’ex capo di gabinetto, Carla Romana Raineri, ne parlava così in un esposto di fine settembre: «Aveva la qualifica di vicecapo di gabinetto e nei 45 giorni di mia permanenza non ho mai avuto il piacere di condividere con lui alcuna decisione. Riferiva direttamente alla sindaca».
Quella volta che la Raineri provò a far cacciare Marra, «la Raggi rimase più che contrariata. Ricordo ancora il suo sguardo pieno di odio». Ecco, questi è Marra. Secondo l’ex capo dell’Avvocatura comunale, Rodolfo Murra, a proposito dei grillini diceva spesso: «So tutto di loro, prima o poi parlerò. E se parlo, non so che cosa succede».
Guai però a sottovalutare anche il secondo interrogatorio di giornata, quello all’immobiliarista Sergio Scarpellini, sodale di Marra.
Un imprenditore dalle mille relazioni. Le informative dei carabinieri che lo riguardano sono zeppe di omissis, segno che la procura ha imboccato un filone che porterà molte sorprese.
Per il momento sono segreti i nomi di tanti suoi interlocutori. Ed è da capire il ruolo di quel malavitoso, già membro della Banda della Magliana, Manlio Vitale, che a cadenza settimanale si metteva la cravatta e raggiungeva il suo studio.
Prima di salire, gli faceva uno squillo da una cabina in strada e poi, quando andava via, si portava 5000 euro nella borsa. S’ipotizza un’estorsione. Ma qualcuno vorrebbe capire meglio perchè Vitale contattasse tanti parlamentari.
Scarpellini è un altro che se decidesse di parlare potrebbe rovinare molte carriere. Intratteneva feconde relazioni sia con la sinistra, sia con la destra.
Il 29 aprile 2016 trilla il telefono e c’è all’altro capo il chirurgo estetico Giancarlo Spallone, figlio del famoso Mario, che fu il medico di Togliatti.
Giancarlo Spallone, che fu coinvolto in una inchiesta sugli aborti clandestini a Villa Gina, gli chiede un appuntamento, ma è totalmente evasivo sull’affare. «Non se ne esclude la natura illecita», commentano i carabinieri.
Il giorno dopo, al telefono ci sono invece il segretario amministrativo di Fratelli d’Italia, l’ex parlamentare Marco Marsilio, e Antonio Paone, direttore della Asl Roma-B.
Si parla di un palazzo di 11 piani sulla Cristoforo Colombo, in largo Loria, che appartiene all’istituto di previdenza dei giornalisti.
Nel 2006 l’Inpgi lo affittò a Scarpellini per 2,1 milioni di euro, e quello subito dopo lo subaffittò al Campidoglio a 9,5 milioni di euro. La pacchia è andata avanti per sette anni, fino al 2013. Ora l’immobile è sfitto.
Paone dice dei colleghi della Asl Roma 2: «Stanno cercando una sede». Scarpellini intuisce il business e s’infervora: «E diamogli questa… Facciamoci un incontro… Dai, muoviti… Dai, dai…». Paone: «Io l’ho vista». Scarpellini: «È perfetta… Vediamo come ci possiamo muovere… Io quella l’ho rigirata all’Inpgi, però posso fare qualche cosa».
Francesco Grignetti
(da “La Stampa”)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
IL MINISTRO INSULTA CHI HA LASCIATO L’ITALIA IN CERCA DI LAVORO… E ORA SI ACCORGE DEL BIDONE VOUCHER
«Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perchè sicuramente questo
Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi»: non deve evidentemente conoscere vergogna Giuliano Poletti se ritiene di essere in diritto, da ministro del Lavoro, di insultare “ignoti” che se ne sono andati da un paese dove è difficile sia trovare lavoro che trovare un ministro del lavoro degno di questo nome. Ieri infatti, prima dell’uscita cretina sulla gente che è meglio non avere tra i piedi, il ministro aveva fatto qualcosa di ancora più scandaloso: si era accorto del problema dei voucher dopo che da anni c’era chi gli segnalava che c’era un problema che il ministero si rifiutava di affrontare.
Poletti, parlando con i giornalisti a Fano, ha detto: “Intanto bisogna correggere un’opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui: sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei ‘pistola’. Permettetemi di contestare questa tesi”.
E ha poi aggiunto con una stilettata destinata a far discutere: “Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perchè sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”.
Detto questo, ha concluso il ministro del Lavoro, “è bene che i nostri giovani abbiano l’opportunità di andare in giro per l’Europa e per il mondo. È un’opportunità di fare la loro esperienza, ma debbono anche avere la possibilità di tornare nel nostro Paese. Dobbiamo offrire loro l’opportunità di esprimere qui capacità , competenza, saper fare”.
Poi, rendendosi conto dell’enormità , si è scusato: “Evidentemente mi sono espresso male e me ne scuso. Non mi sono mai sognato di pensare che è un bene per l’Italia il fatto che dei giovani se ne vadano all’estero”, ha fatto sapere Poletti.
“Penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri. Ritengo, invece, che è utile che i nostri giovani possano fare esperienze all’estero, ma che dobbiamo dare loro l’opportunità tornare nel nostro paese e di poter esprimere qui le loro capacità e le loro energie”.
Ma che sia necessario, ormai, non avere più tra i piedi Poletti, magari pagandogli un biglietto di sola andata per una destinazione estera, se ne è accorto anche Dario Di Vico sul Corriere della Sera, che oggi lo scrive chiaro e tondo:
Se Giuliano Poletti è stanco di fare il ministro del Lavoro lo dica chiaramente. Abbiamo infatti l’impressione che la sua condotta di gara stia pericolosamente assomigliando a quella di un calciatore in confusione che cerca con insistenza il secondo cartellino giallo per farsi espellere dall’arbitro e saltare un turno.
La sua riconferma come ministro è stata in bilico e a giudicare dagli svarioni degli ultimi giorni Poletti non sta aiutando chi lo ha generosamente riconfermato.
Prima invocando le elezioni anticipate pur di evitare i referendum sul lavoro e ieri irridendo alla fuga dei giovani italiani dal loro Paese il ministro è venuto meno ai suoi compiti.
Dal responsabile del dicastero del Lavoro vogliamo sentire altri discorsi: una pacata riflessione sulle tendenze dell’occupazione nel 2017, una valutazione aggiornata sull’implementazione delle politiche attive del lavoro, notizie fresche sul secondo round di Garanzia Giovani (evitando gli errori del primo).
Poletti poi non può non sapere come tra il suo partito e i giovani si sia aperta una pericolosa faglia il 4 dicembre e come gli under35 siano il maggiore serbatoio di consensi del Movimento 5 Stelle, ebbene le sue uscite sembrano fatte a posta per favorire Beppe Grillo.
Ma uscendo dal tema delle convenienze politiche qualcuno dovrebbe spiegare al ministro che la fuga dei giovani verso l’estero è uno dei maggiori indicatori della crisi di credibilità della politica italiana e al tempo stesso dimostra come la disoccupazione dei nostri ragazzi rappresenti lo zoccolo duro della disuguaglianza.
Sono concetti semplici, facili da memorizzare e di conseguenza non chiederemo, come troppo spesso si fa in questi casi, le dimissioni di Poletti. Lo condanneremmo a un pena assai più dura: disertare i convegni e presidiare il ministero.
Ciò che colpisce non è infatti quanto detto sui cervelli in fuga, ma quanto sostenuto sui voucher.
Il ministro ha detto che bisogna portare la situazione dei voucher «ad una condizione che sia una condizione compatibile, perchè noi vogliamo un mercato del lavoro stabile, non un mercato del lavoro precario. Quindi se abbiamo una strumentazione che induce a precarietà bisogna cambiarla».
Sembrerebbe essere una forma di apertura verso coloro che, come ad esempio il Dem Cesare Damiano, da tempo auspicano che l’utilizzo dei voucher rientri negli ambiti previsti al momento della sua introduzione, nel 2003 (art. 70 del d. lgs. 276/2003), con la Legge Biagi ovvero solo a particolari forme di prestazioni lavorative che devono avere la caratteristica di essere occasionali e accessorie (ovvero non la principale fonte di reddito).
Ma non è così, perchè il ministro ha anche detto di non avere alcuna intenzione di modificare il Jobs Act “che è una buona legge, una legge che ha fatto bene e fa bene al Paese” e quindi Poletti non vede oggi “ragioni per cui dobbiamo intervenire su questo versante”.
Eppure se l’obiettivo del Jobs Act era quello di far crescere l’occupazione non si capisce come mai allora nel 2015 il settore agricolo, settore nel quale era stato inizialmente previsto l’utilizzo dei voucher data la caratteristica di stagionalità del lavoro, è quello che ne ha usufruito di meno mentre commercio (17,3 milioni di voucher), turismo (16,7 milioni) e servizi (13 milioni) sono i settori che lo scorso anno hanno registrato il maggiore utilizzo dei cosiddetti “buoni lavoro”.
Inoltre il guadagno netto medio dei lavoratori retribuiti con i voucher negli ultimi anni non è mai arrivato a 500 euro.
È quanto indicava l’Inps a inizio ottobre 2016 spiegando che il numero dei lavoratori è cresciuto costantemente negli anni, mentre il numero medio di voucher riscossi dal singolo lavoratore, invece, è rimasto sostanzialmente invariato: circa 60 voucher l’anno dal 2012 in avanti.
Poichè l’importo netto che il lavoratore riscuote per ogni voucher è di 7,50 euro, l’Inps calcola che il compenso annuale medio netto negli anni più recenti non ha mai toccato quota 500 euro.
Eppure qualche giorno fa il responsabile economico del Partito Democratico (nonchè uno dei padri del Jobs Act) difendeva la riforma voluta da Renzi dall’attacco dei promotori del referendum dicendo che il Governo ha già applicato die correttivi sui voucher e spiegando che l’obiettivo del contratto a tutele crescenti è “ridurre la precarietà in ingresso, particolarmente odiosa perchè colpiva innanzitutto i giovani e le categorie di lavoratori più deboli”.
Proprio Taddei qualche mese fa spiegava che la soluzione al problema non è quella di restringere il campo d’applicazione dei voucher, eliminando la liberalizzazione a tutti i settori economici, soluzione che invece oggi è stata ventilata dal Ministro del Lavoro Poletti.
Oggi però Poletti lo ha smentito in parte, dicendo proprio che il governo è pronto a studiare un modo per limitare l’uso dei voucher e tutti a questo punto guardano alla proposta già avanzata da Cesare Damiano di tornare a quanto previsto dalla Legge Biagi.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
ALLE SCONFITTE SUL TERRENO DI GUERRA IN IRAQ, SIRIA E LIBIA, L’ISIS REPLICA CON AZIONI SPETTACOLARI, AL FINE DI PORTARE IL TERRORE NELLA VITA QUOTIDIANA DEI “NEMICI”… LA REAZIONE PUO’ ESSERE SOLO LA DIFESA DEI NOSTRI VALORI DI DEMOCRAZIA, RISPETTO E SOLIDARIETA’
“Raddoppiate i vostri sforzi, colpite i crociati: americani, europei, traditori turchi, comunisti russi, tiranni arabi”.
L’ultimo appello trasmesso dalla roccaforte di Mosul era una chiamata alle armi per sincronizzare le cellule pronte a sacrificarsi per il Califfato.
Solo due settimane fa, il portavoce dell’Isis aveva indicato le priorità su cui concentrare gli attacchi, promettendo all’Occidente: “Vi ricorderete di queste parole”. E adesso quella minaccia sembra assumere una micidiale concretezza.
Nel giro di poche ore ci sono stati il raid contro i turisti in Giordania, la strage di Berlino, l’assassinio dell’ambasciatore russo ad Ankara e una sparatoria dai contorni ancora oscuri a Zurigo.
Difficile capire se esista un’unica regia dietro questi assalti ma almeno per il massacro delle bancarelle di Natale la matrice appare chiara, testimoniata dalle modalità dell’aggressione: la stessa della carneficina di Nizza, la stessa degli attentati condotti negli anni scorsi contro due mercatini natalizi in borghi francesi
Ancora una volta, l’Occidente deve fare i conti con la forza dell’Isis, con quel credo estremo che gli permette di radunare nuovi uomini pronti a dare la vita per la jihad. Solo nel 2016 in nome della lettura più radicale del Corano mille kamikaze si sono fatti saltare in aria sui campi di battaglia di Raqqa, Mosul e Sirte.
Molti altri, spesso giovanissimi, talvolta impugnando solo un coltello, in Europa si sono scagliati contro vittime innocenti nelle chiese, sui treni, all’uscita dei concerti.
E tanti restano in attesa di entrare in azione, ovunque, obbedendo a un rete clandestina che non si riesce a smantellare.
Alle sconfitte sul terreno in Iraq, in Siria, in Libia, il Califfato risponde con azioni spettacolari.
Abu al Hassan al Muhajir, l’ultimo portavoce del Califfato, lo scorso 5 dicembre aveva ribadito l’ordine per i volontari della morte: “Restate dove siete, colpiteli in Occidente: nelle loro case, nei loro mercati, nei loro ritrovi, nelle loro strade, dove meno se lo aspettano. Bruciate la terra sotto i loro piedi. Le vostre operazioni faranno la differenza, cambieranno la situazione”.
Non è un caso che gli attentati si siano concentrati sulla Germania. Il governo tedesco non partecipa ai bombardamenti in Iraq e Siria ma ha dato una risposta ancora più forte al messaggio di odio di Al Baghdadi: ha aperto le porte a mezzo milione di profughi nel solo 2015.
Di sicuro, Europa e Stati Uniti hanno commesso numerosi errori nell’incapacità di affrontare le crisi del vicino Oriente, chiudendo gli occhi per anni sulla sofferenza di popoli abbandonati in balia della barbarie.
Ma lo sbaglio più grave potremmo commetterlo oggi, replicando alla brutalità di pochi con la discriminazione verso una moltitudine disperata in cerca d’asilo.
Ormai da quindici anni ripetiamo che questa è anche una guerra di civiltà , in cui solo la difesa dei nostri valori di democrazia, di rispetto e di solidarietà può creare una barriera contro il terrore.
Gianluca Di Feo
(da “La Repubblica“)
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