Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
GLI ORTODOSSI FLESSIBILI CHE CHIUDONO ENTRAMBI GLI OCCHI SU CHI VIOLA IL REGOLAMENTO
Vincolo di mandato? No, grazie. 
Riccardo Nuti, deputato M5S sospeso con Claudia Mannino e Giulia Di Vita, perchè indagato nell’inchiesta delle firme ricopiate, dopo una decina di giorni di silenzio e amarezza per la sospensione irrogata il 28 novembre dai probiviri pentastellati, è tornato a lavorare a pieno ritmo.
Ha sfornato già tre interrogazioni a risposta scritta come primo firmatario del gruppo M5S.
Poteva farlo? La sospensione, così com’è descritta nel nuovo regolamento del M5S, comporta la disabilitazione dell’utenza di accesso nelle piattaforme web del M5S. Ci si dovrebbe quindi astenere temporaneamente dal parlare a nome del M5S.
A Bologna sono stati integerrimi: il vicepresidente del consiglio comunale, il pentastellato Marco Piazza, si è autosospeso per un’indagine in cui è coinvolto, una storia simile di poche firme elettorali irregolari non riconosciute dai sottoscrittori e dal giorno in cui ha fatto un passo di lato si è astenuto dal firmare qualsiasi atto con il logo del M5S aspettando fiducioso un reintegro.
Un atteggiamento piuttosto difforme dai deputati siciliani che invece hanno da subito rifiutato di autosanzionarsi e dopo l’elezione dei nuovi capigruppo, Vincenzo Caso e Roberto Fico (ala ortodossa) hanno ripreso in mano le redini della proprio attività politica all’interno del gruppo.
La sospensione, dunque si risolve nel non parlare a nome del M5S fuori dall’Aula. Dentro, i parlamentari hanno piena autonomia, proprio grazie all’assenza di vincolo di mandato che riconosce al gruppo parlamentare rilevanza costituzionale.
L’articolo della Costituzione che prevede piena agibilità politica ai parlamentari, quello che il M5S ha sempre dichiarato di voler cambiare una volta arrivati al governo, si è rivela dunque preziosissimo per i parlamentari pentastellati siciliani sospesi in via cautelare perchè coinvolti nell’inchiesta sulle presunte firme false di Palermo.
Grazie a quel contestatissimo articolo 67 possono infatti continuare a esercitare tutte le loro funzioni, nemmeno i probiviri potrebbero fischiare l’infrazione
La deputata Giulia Di Vita, anche lei sospesa, offre una spiegazione più spiccia: «Nuti ha svolto la sua attività a nome suo» e parlando di se invece scrive agli attivisti perplessi: «Devo smettere di lavorare e portare avanti le mie attività parlamentari?». Ma Di Vita dice molto di più e sconfina nelle praterie garantiste prima recintate e off limits per il M5S.
«Se ogni volta che un politico viene indagato – spiega Di Vita – scatta automatica la sospensione o l’espulsione del suo gruppo questo potrebbe influenzare l’operato stesso dei pm che potrebbero subire ingiustamente accuse per avere causato il ko di questo o quel politico e quindi non sarebbero sereni nella loro attività ».
Un aspetto, ammette Di Vita, che «onestamente non avevo preso in considerazione e che si potrebbe valutare».
Parole che rimbombano e suonano molto significative nel momento in cui anche i leader del M5S, Grillo e Casaleggio, stanno valutando e soprattutto formulando un nuovo codice giudiziario annunciato subito dopo l’arresto di Raffaele Marra, fedelissimo della sindaca Virginia Raggi su cui pende il timore di una possibile inchiesta sulla promozione del fratello di Marra.
Di Vita fa un esempio con un collega a caso, o forse no. «Se domani Di Maio diventa premier e viene indagato sarebbe pazzesco oltre che impraticabile sospenderlo, non trovi?».
Il dibattito è apertissimo dentro i Cinque Stelle, e c’è già chi festeggia l’inaugurazione di una nuova corrente: gli ortodossi flessibili.
Stefania Piras
(da “il Messaggero”)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
DOPO SETTE ORE DI VOTAZIONE ON LINE SONO RIMASTI IN CINQUE MA NESSUNO PIACE AI BIG SICILIANI
Si è conclusa la prima fase delle Comunarie di Palermo, dei 79 candidati ne sono rimasti cinque che dovranno essere sottoposti alle “graticole” prima della seconda tornata di votazioni dalla quale emergerà il candidato sindaco del MoVimento 5 Stelle.
Dal blog di Grillo apprendiamo che hanno partecipato alla votazione 524 iscritti certificati residenti a Palermo che hanno espresso 2.233 preferenze (questo perchè ogni elettore poteva esprimere un massimo di cinque preferenze).
I cinque che hanno ricevuto più voti sono: Giulia Argiroffi, Giancarlo Caparrotta, Tiziana Di Pasquale, Salvatore Forello e Igor Gelarda.
Chi sarà il candidato sindaco del M5S?
Tra gli altri 74 che non ce l’hanno fatta ad entrare nella cinquina dei “finalisti” verranno scelti i quaranta più votati che saranno invece messi in lista per un posto in consiglio comunale, ad ottenere più voti è stato il manager Santi Marco Tedesco (77 preferenze) mentre l’ultimo dei quaranta candidati consiglieri comunali è Eugenio Oreto, con appena 14 voti (a pari merito con.Emanuele Ribaudo).
Grillo non ha reso noto quante preferenze abbiano preso ciascuno dei cinque che verranno sottoposti ai “confronti con domande” prima della prossima fase delle Comunarie.
Il primo dei possibili candidati sindaco (rigorosamente in ordine alfabetico e non di preferenze) è Giulia Argiroffi architetto e mamma come ha tenuto a precisare nel suo video di presentazione, è convinta che la bellezza salverà Palermo.
È lo stesso slogan utilizzato da un altro candidato, anche lui architetto, Danilo Maniscalco, il cui video è stato caricato dall’account della Argiroffi (i due sono colleghi); Maniscalco ha ottenuto 58 preferenze.
Giulia Argiroffi è parente di Giovanni Argiroffi che nel 2013 fu il candidato sindaco del M5S a Menfi.
In questi ultimi giorni la Argiroffi si era fatta particolarmente notare per alcuni commenti lasciati sulle pagine dei parlamentari coinvolti nella vicenda delle firme false per le comunali 2012. In particolare la Argiroffi aveva contestato la scelta di indire le primarie, contraria a suo dire alla volontà espressa a luglio durante una votazione quando la maggioranza decise di non volere le comunarie.
La senatrice Chiara Di Benedetto (estranea all’inchiesta dei PM di Palermo) in un lungo post se la prendeva con chi “non ha mai fatto un banchetto o altre attività del Grillo di Palermo [il meetup principale della città NdR] negli ultimi 9 anni ma ha sentito l’irrefrenabile richiamo del carro del vincitore proprio a ridosso di un’importante tornata elettorale. Insomma più che ATTIVISTI sono ARRIVISTI di cui i meetup di tutta Italia e il M5S sono, ahinoi, sempre più affollati…“.
La Argiroffi ricordava che la partecipazione ai banchetti non è tra i requisiti per prendere parte alle Comunarie, anche se si sa che uno dei metri per valutare la “bontà ” di un attivista a Cinque Stelle è proprio la partecipazione alle attività di volantinaggio. Non c’è dubbio che quest’accusa — che la Di Benedetto non fa direttamente alla Argiroffi ma ad un altro dei finalisti — sarà sicuramente tema di discussione durante le cosiddette graticole, ovvero quel procedimento dal sapore inquisitorio durante il quale i candidati dovranno dare prova di essere davvero a Cinque Stelle (non che il suo superamento sia una garanzia di successo, vista la fine fatta da Patrizia Bedori a Milano).
La “nutiana” Di Pasquale, il “professionista dell’antimafia” Forello e il sindacalista Gelarda i tre possibili vincitori
Giancarlo Caparrotta è il secondo nome emerso dalle Comunarie di ieri, ingegnere (si occupa di impianti fotovoltaici) è tra i fondatori di Social Bike Palermo un’associazione che noleggia bici e fa servizio di tour operator sulle due ruote con l’obiettivo di far scoprire ai turisti portandoli in giro in bicicletta.
Il nome della terza finalista, Tiziana Di Pasquale, era invece circolato nei giorni scorsi come possibile candidata sostenuta dai nutiani, ovvero gli attivisti vicini al deputato Riccardo Nuti (indagato per le firme false del 2012) che però ha seccamente smentito su Facebook l’esistenza di candidati “nutiani”.
Ciononostante la Di Pasquale, che era tra le favorite della vigilia, è riuscita lo stesso ad entrare nella cinquina da dove verrà scelto il candidato sindaco del M5S. Quarantatrè anni, ingegnere che si occupa di riqualificazione della città .
La Di Pasquale si è trasferita a Palermo a 20 anni e sostiene di voler creare una città che premia il merito e che soprattutto sia in grado di cambiare e lasciarsi alle spalle l’ultimo ventennio di cattiva amministrazione.
L’avvocato Salvatore Forello fondatore dell’associazione AddioPizzo e definito eroe dallo storico attivista palermitano William Anselmo è il candidato che è stato al centro di numerose polemiche nei giorni scorsi.
La Di Benedetto (il cui fidanzato Mauro Giulivi, l’uomo che aveva le chiavi del “Grillo di Palermo” ha ottenuto 62 preferenze) lo ha definito un “professionista dell’Antimafia”.
Stando ad un’ipotesi di complotto poi tramutatasi in esposto Forello — il cui collega di studio difende la deputata regionale Claudia La Rocca, l’unica che davanti al pubblico ministero ha risposto alle domande del magistrato chiamando in causa gli altri attivisti e autoaccusandosi nella vicenda — sarebbe tra i mandanti del servizio delle Iene a Palermo a 5 Stelle dal quale è scaturita l’inchiesta che ha coinvolto gli onorevoli pentastellati Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita attualmente autosospesi.
Nei giorni scorsi l’onorevole Di Benedetto aveva anche pubblicato la mail che “proverebbe” (il condizionale è d’obbligo) il “complotto” di Forello.
L’ultimo candidato è il poliziotto e sindacalista del Consap Igor Gelarda. Qualche tempo fa, proprio in merito ai veleni e alle faide interne che stanno dilaniando il MoVimento a Palermo Gelarda aveva rivolto un appello al capo politico del M5S affinchè intervenisse ad infondere coraggio ai suoi promuovendo un incontro chiarificatore in modo da non disperdere le forze del M5S.
Non bisogna dimenticare che se all’orizzonte ci sono le amministrative di Palermo la scadenza davvero importante sono le elezioni regionali siciliane, il Cinque Stelle infatti deve ancora riuscire a conquistare la presidenza di una regione e farlo in Sicilia avrebbe un valore fortemente simbolico.
Anche ieri ad “urne” aperte Gelarda ha invitato gli attivisti a soprassedere temporaneamente per quanto concerne le “imperfezioni” del MoVimento in modo da poter continuare il lavoro per trasformare la città .
Tra tutti i cinque Gelarda sembra essere il candidato meno divisivo e quello con maggiori chance di raccogliere consensi trasversali.
Gli altri due “big” hanno entrambi delle difficoltà : la Di Pasquale è azzoppata dall’essere “nutiana” mentre a mettere i bastoni tra le ruote Forello ci hanno pensato direttamente i deputati palermitani condividendo il post della Di Benedetto.
In tutto questo non si può non tener conto dell’opinione di Pietro Salvino, marito della deputata Claudia Mannino, che commentando i risultati delle Comunarie parla di “politicanti dietro le quinte e sulla scena che tentano la scalata e ce la fanno” e se la prende in particolare con quei candidati “paladini dell’antimafia di professione”.
Di nuovo non viene fatto il nome ma il riferimento è sempre a Forello.
Salvino però non ce l’ha solo con l’avvocato fondatore di AddioPizzo, in un commento ribadisce come l’80% di chi è nella cinquina sia “uno sciacallo”
Ad esempio anche il sindacalista Gelarda non risulta essere troppo gradito perchè non sufficientemente attivista
E Beppe Grillo non può intervenire perchè “non sa una mazza” e “è contornato da serpi che gli fanno arrivare ciò che vogliono”.
Con chi ce l’ha Salvino? Non sembra avercela tanto con i deputati (la Mannino è sulla linea di Nuti e Di Benedetto per quanto riguarda il caso Palermo) ma con i deputati regionali e “chi ci rappresenta in Europa”.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
SI STA VEICOLANDO LA TESI CHE IL QUESITO NON SIA FORMULATO CORRETTAMENTE MA NON E’ COSI’
Da giorni sulla stampa nazionale e su pagine web più o meno autorevoli risuona con forza
l’opinione di chi si dichiara certo della non correttezza del quesito referendario sul Jobs Act finalizzato a riportare in vita l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nella sua versione originaria.
Il quesito, si afferma, non sarebbe stato formulato correttamente e, perciò, sarebbe destinato a incappare nella dichiarazione di inammissibilità da parte della Consulta. Questa opinione nelle pagine del Corriere è persino fatta avallare da “ambienti vicini alla Corte”.
Quali siano questi ambienti non è dato sapere.
Certo è che ad altri ambienti -che con la Corte non hanno niente a che fare- non piace l’idea di far votare gli italiani sulla parte più qualificante del Jobs Act; e la campagna in atto appare come un improprio tentativo di influire sulla decisione dei giudici delle leggi.
Per questo motivo è opportuno fare chiarezza sugli argomenti invocati da chi non vuole che il referendum si svolga, riportando la questione sul piano strettamente tecnico-giuridico; visto che la decisione che la Corte è chiamata a prendere non riguarda il merito della delicata materia oggetto del referendum.
Il primo argomento “anti-referendum” si basa sulla consolidata giurisprudenza costituzionale per la quale un quesito referendario deve essere omogeneo, chiaro e non contraddittorio.
Tale, si sostiene, non sarebbe quello sul licenziamento perchè articolato in modo da contenere non una, ma ben tre domande: la prima, relativa all’abrogazione della nuova disciplina applicabile agli assunti dopo l’entrata in vigore del Jobs Act (il c.d. contratto a tutele crescenti); la seconda, finalizzata ad abrogare le modifiche all’art.18 introdotte dalla riforma Fornero, valevoli per gli tutti altri lavoratori; la terza, mirante ad ampliare l’ambito di applicazione dello stesso articolo 18, estendendolo alle imprese con più di 5 dipendenti.
In realtà l’argomento in questione è erroneo, perchè scambia la chiarezza del quesito con la chiarezza delle norme delle quali si chiede l’abrogazione.
Il quesito sul quale si invitano gli italiani a esprimersi è chiaro ed è formulabile in modo inequivocabile: il fine è ripristinare l’articolo 18 nella sua versione originaria estendendone l’applicazione alle imprese con più di 5 dipendenti. Nessuna incoerenza nè disomogeneità .
La disomogeneità non sta evidentemente nel quesito, quanto piuttosto nel cervellotico impianto normativo che è necessario smantellare per raggiungere lo scopo “chiaro e coerente” che con il referendum si intende raggiungere.
Il secondo argomento “anti-referendum” si basa sul supposto carattere manipolativo del quesito, che non si limiterebbe ad abrogare una normativa esistente ma mirerebbe a crearne una nuova; ciò in particolare grazie a una chirurgica operazione di ritaglio del comma 8 dell’art. 18, che permette di estendere l’ambito di applicazione delle tutele per licenziamento a tutte le imprese con più di 5 dipendenti.
Ne uscirebbe così stravolta la norma e con essa la funzione dello strumento referendario, che come noto nel nostro ordinamento non può avere carattere propositivo.
Anche in questo caso l’argomento non regge, perchè sfrutta un richiamo forzato e strumentale di precedenti della Corte costituzionale.
Le ipotesi nelle quali la Consulta ha concluso per il carattere manipolativo del quesito sono ben diverse da quella in questione e sono per altro risalenti.
L’orientamento recente della Corte è nel senso di ammettere pacificamente quesiti che “ritagliano” parole e frasi all’interno di un testo normativo, purchè l’operazione non finisca per saldare disposizioni che non hanno niente in comune (come fu, per esempio, nel caso della richiesta di referendum sulla pubblicità in Rai del 1997, che infatti non si è mai svolto).
Intervenendo sull’art.18, invece, ci si limita a chiedere l’abrogazione di una parte della norma relativa al suo ambito di applicazione, facendo salvo il limite previsto da quella stessa norma per le imprese agricole (5 dipendenti) e sopprimendo quello di carattere generale (15 dipendenti).
Niente di diverso da quanto avvenne con un altro referendum in materia di lavoro: quello del 1995 con il quale, attraverso il ritaglio dell’art.19 dello Statuto dei lavoratori, si ricavò un nuovo criterio selettivo per la costituzione delle rappresentanze sindacali (aver firmato un contratto collettivo applicato in azienda e non più essere organizzazioni maggiormente rappresentative).
Nessuna manipolazione dunque che non sia ammessa dai principi costituzionali. Per altro proprio sulla soglia dei dipendenti nella disciplina del licenziamento, la Corte costituzionale si è già espressa in occasione del referendum del 2003 che si proponeva di eliminarla del tutto (referendum poi fallito per assenza del quorum): se allora la normativa non è stata ritenuta “stravolta” con l’azzeramento del numero dei dipendenti, a fortiori non può esserlo oggi lasciando in vita la soglia dei 5 dipendenti.
Il diritto, si sa, non è una scienza esatta e per questo motivo la decisione della Corte non può dirsi comunque scontata.
Certo è però che l’assertività con cui sono presentati e diffusi gli argomenti a favore dell’inammissibilità del quesito referendario, se è ben spiegabile politicamente, giuridicamente è del tutto ingiustificata.
Giovanni Orlandini
Esperto di Diritto del lavoro Università di Siena
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
SI RIDUCE LA SPERANZA DI VITA CALANO GLI ISCRITTI A SCUOLA AUMENTA LA PERCEZIONE CRIMINALITA’ ANCHE SE I REATI DIMINUISCONO
Sognando un lavoro. “Sommando ai disoccupati le forze di lavoro potenziali, ammontano a 6,5 milioni le persone che vorrebbero lavorare”.
Così l’Istat nell’Annuario statistico, che riepiloga la situazione sul mercato del lavoro nel 2015, spiegando che le forze di lavoro potenziali sono rappresentate da persone che non cercano un impegno ma sarebbero pronte ad accettarlo o che lo cercano ma non sono subito disponibili.
Sono tutti quindi accomunati dal ‘sogno’ di avere un lavoro.
L’Italia è sempre più un Paese di anziani.
Al 31 dicembre 2015 ogni 100 giovani c’erano 161,4 over65, rispetto ai 157,7 dell’anno precedente.
Per quanto riguarda il confronto con gli altri Paesi europei, secondo gli ultimi dati disponibili (dicembre 2014), l’Italia era al secondo posto nel processo di invecchiamento della popolazione, preceduta solo dalla Germania.
Sul territorio – informa l’Istat – è la Liguria la regione con l’indice di vecchiaia più alto (246,5 anziani ogni 100 giovani) mentre quella con il valore più basso è la Campania (117,3%) ma in entrambi i casi i valori sono in aumento rispetto all’anno precedente. Sempre in calo le nascite: nel 2016 i nati sono scesi sotto quota 500mila, a 485.780 unità .
La differenza tra nascite e morti è stata pari a -161.791 unità , il che ha comportato un calo della popolazione residente che a fine 2015 si attestava a quota 60.665.551 persone.
Il numero dei morti nel 2015 è cresciuto (49.207 in più rispetto all’anno precedente) e la speranza di vita, dopo anni di crescita costante, ha subito una battuta d’arresto, passando da 80,3 a 80,1 anni per gli uomini e da 85,0 a 84,7 per le donne
L’automobile è ancora il mezzo di trasporto privato più utilizzato per andare al lavoro: nel 2016 si mettono alla guida quasi sette occupati su dieci (68,9%).
Anche per gli studenti le quattro ruote rappresentano la ‘normalità ‘ (37,3%), in questo caso come passeggeri.
Ma c’è anche una fetta di loro, 13,1%, che sceglie il tram o il bus (contro il 5,5% dei lavoratori) e un altro 11% va in pullman o corriera (a fronte del 2,0% degli occupati). “I mezzi a due ruote sono poco utilizzati per raggiungere la scuola o il posto di lavoro”, conferma l’Istat, sottolineo che tra gli occupati il 3,6% usa la moto e il 3,7% la bicicletta (rispettivamente 2,0% e 2,4% tra gli alunni)
In Italia l’abitudine al fumo non è più in declino e a fumare di più sono i giovani. Secondo l’Istat il tabagismo è più diffuso fra i giovani tra i 25 e 34 anni (26,3%) e in particolare fra gli uomini.
Sono infatti forti le differenze di consumo tra uomini e donne: tra gli uomini i fumatori sono il 24,8% mentre tra le donne il 15,1%.
Il picco dei fumatori si ha proprio negli uomini tra i 25 e i 34 anni di età (con il 33,5%) e poi nelle donne tra i 55 e i 59 anni con il 20,4%.
In più secondo l’istituto nazionale di statistica si è fermato il declino dell’abitudine al fumo da parte degli italiani.
Nel 2016 si dichiara fumatore il 19,8% della popolazione over14, contro il 19,5% nel 2014 e il 20,9% nel 2013. La quota dei fumatori è più elevata tra chi vive nel centro (20,7%) mentre raggiunge il valore più basso tra i residenti del Nord-est (18,2%). I valori più alti si osservano in Campania (23,4%), Umbria (22,8%) e Basilicata (21,5%), mentre i datai più bassi arrivano da Calabria (15,9%), Veneto e provincia di autonoma di Trento (16,2%) e Puglia (17,6%)
Omicidi volontari in calo, in particolare quelli di mafia, così come le rapine.
Ma a dispetto dei numeri, tra la popolazione italiana cresce la percezione del rischio criminalità .
E’ la fotografia scattata dall’annuario 2016 dell’Istat, con un’avvertenza: i dati sui reati si riferiscono al 2014, mentre le opinioni delle famiglie sono state raccolte nell’anno in corso.
Nel 2014 sono stati 2.812.936 (circa 46 ogni mille abitanti) i delitti denunciati dalle forze di polizia alla magistratura (-2,7% rispetto al 2013). E se gli omicidi volontari consumati sono scesi del 5,4%, una contrazione più significativa (-13,5%) l’hanno avuta quelli mafiosi, che nel decennio 2004-2014 hanno raggiunto il loro minimo. In calo anche le violenze sessuali denunciate (-5,1%), lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione (-6%).
Tra i reati contro il patrimonio scendono le rapine (-10,3%), mentre aumentano i furti (+1,2%) e soprattutto le estorsioni (+19,4%).
Nell’anno che volge al termine il 38,9% delle famiglie avverte la criminalità come un problema presente nella zona in cui vice (30% nel 2014).
Un fenomeno che ha sua punta massima in Lazio ,dove una famiglia su due (il 50%)percepisce tale rischio, seguito da Veneto (45,7%), Emilia Romagna (45,5%) e Lombardia (44,3%); quest’ultima era al primo posto nel 2014.
In quinta posizione la Campania, come nel 2014, ma la quota di famiglie è ben superiore (43,5% contro 33,3%).
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
MA I 33 VAGONI STORICI DELLA ROMA NORD VERRANNO DISTRUTTI
Sarà demolita, anzi no. Cambia in corso d’opera il destino della Carrozza 59 con cui Mussolini inaugurò nel 1932 la ferrovia elettrica Roma-Viterbo.
Da vecchia ferraglia pronta per lo smaltimento a bene storico da salvaguardare.
L’epilogo era già scritto: la celebre Carrozza 59, su cui viaggiò il Duce per festeggiare l’anniversario della marcia su Roma, figurava assieme a un elenco di 33 locomotori e vagoni storici destinati a essere demoliti.
I lavori di smantellamento alla stazione di Viterbo erano già partiti a metà dicembre. In questi giorni la svolta, ma solo per il vagone che ospitò Mussolini.
Il resto del patrimonio storico inserito nel bando del 2014 — motrici e carrozze risalenti a un periodo compreso tra il 1914 e gli anni Trenta — sarà demolito.
L’azienda dei trasporti comunica il cambio di rotta e la decisione di avviare le procedure necessarie per salvaguardare il cimelio del Duce, con il parere positivo della Regione Lazio, proprietaria del materiale rotabile.
Dopo il bando del 2014, e l’approvazione della Soprintendenza, servirà ora una soluzione immediata per salvare la carrozza che ospitò Mussolini dal compattatore. Dimenticata per anni assieme ad altre vecchie ferraglie ferme alla stazione di Viterbo, ora per la celebre carrozza è iniziata la corsa contro il tempo.
L’obiettivo è toglierla dall’elenco dei rottami destinati alla ditta Cofermet, vincitrice dell’appalto, che, per contratto, ha ora l’obbligo di distruggerli.
Il 13 gennaio ci sarà un incontro tra Atac e Regione Lazio per ridefinire le sorti della Carrozza 59.
Intanto cittadini e associazioni si sono mobilitati. Un comitato aperto, coordinato dall’ex senatrice Laura Allegrini (Popolo delle Libertà ), chiede a gran voce che il cimelio venga salvato e valorizzato come bene storico del territorio e ha deciso di finanziarne il restauro.
L’idea è quella di conservare la carrozza in uno dei Comuni della tratta ferroviaria Roma-Viterbo come testimonianza viva di una pagina di storia del territorio della Tuscia.
Il recente passo indietro di Atac e Regione Lazio per il cimelio di Mussolini è un segnale importante ma non sufficiente per le associazioni che chiedono di salvare dalla fiamma ossidrica anche gli altri locomotori storici.
Un patrimonio di 33 elementi, tra motrici e carrozze, che Atac distruggerà nel 2017. Ma sono tante le voci contrarie.
“Demolire quei convogli significa cancellare una pagina della memoria storica collettiva”, spiega ad HuffPost il consigliere regionale Gianluca Quadrana (Lista civica Nicola Zingaretti), che ieri ha presentato un’interrogazione per fare luce sulla vicenda. “Questa decisione è inaccettabile. Il recupero dei convogli storici può diventare un’attrattiva turistica per il nostro territorio e creare un indotto commerciale ed occupazionale importante”
Le associazioni chiedono che oltre alla carrozza su cui viaggiò Mussolini si pensi a un progetto più ampio per conservare anche altri pezzi della storica tratta ferroviaria della Roma Nord.
Per David Nicodemi, vicepresidente dell’associazione TrasportiAmo, “occorre preservare un numero di vetture tale da permettere la ricomposizione del treno storico della Tuscia”.
Un’occasione per rilanciare e promuovere le bellezze della provincia Viterbese. Prima che sia troppo tardi.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
“RISPOSTA AL TENTATIVO DI DANNEGGIARE GLI INTERESSI DEGLI STATI UNITI”
Barack Obama aveva promesso una reazione contro la Russia, accusata di aver inferferito nel
voto americano dell’8 novembre scorso ed è subito arrivata.
Il presidente uscente ha ordinato sanzioni contro Mosca. Il New York Times riferisce che Washington ha espulso dagli Stati Uniti 35 agenti segreti russi, che agivano sotto copertura diplomatica.
Inoltre il presidente ha dato istruzioni al dipartimento di Stato di chiudere due compound in Maryland e New York “che sono usati da personale russo per attività collegate ad operazioni di intelligence”.
Altre misure saranno presto messe in campo. “Continueremo ad adottare una serie di azioni quando e dove lo vogliamo, alcune delle quali non saranno pubblicizzate” ha detto il presidente uscente.
“Queste azioni arrivano dopo ripetuti ammonimenti, pubblici e privati, rivolti al governo russo e sono una risposta necessaria ed appropriata ai tentativi di danneggiare interessi degli Stati Uniti in violazione di norme di comportamento stabilite a livello internazionale” ha dichiarato Barack Obama nell’annunciare le sanzioni economiche e le espulsioni. “Tutti gli americani dovrebbero essere allarmati dalle azioni della Russia”.
La prima reazione russa è affidata al commissario per i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto del Ministero degli Esteri russo, Konstantin Dolgov, secondo cui “le nuove sanzioni contro la Russa sono controproducenti e danneggiano il ripristino dei legami bilaterali”.
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
LA PROCURA GENERALE HA APERTO UN’INDAGINE NEI CONFRONTI DEL PREMIER ISRAELIANO
Tempi duri per il premier israeliano Bibi Netanyahu.
Dopo l’approvazione della risoluzione Onu che condanna gli insediamenti in Cisgiordania e l’attacco dell’amministrazione Usa che ha definito le colonie un ostacolo per la pace, si preannunciano anche guai giudiziari: il procuratore generale Avichai Mandelblit ha infatti ordinato l’apertura di un’indagine nei suoi confronti per «due questioni non specificate» scrive il Guardian mentre il Times of Israel va oltre e precisa che si tratta di sospetti di «corruzione e frode».
No comment finora da parte di Netanyahu.
La mossa della Procura sarebbe seguita alla recente acquisizione di nuovi documenti da parte della polizia nell’ambito di un’indagine segreta aperta 9 mesi fa
Netanyahu sarebbe sospettato di aver accettato nel 2009 1 milione di euro da Arnaud Mimran, il tycoon condannato per frode la scorsa estate, e anche di aver compiuto illeciti nel caso dell’acquisto di sottomarini dalla Germania, in cui i media avevano rilevato un potenziale conflitto di interessi che coinvolgeva il suo avvocato.
All’inizio del mese Netanyahu aveva negato di essere coinvolto in questo caso.
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
NESSUNA ALTRA ORDINANZA, LO SPOT E’ FALLITO
Nella serata di ieri si era diffusa la notizia che la sindaca di Roma Virginia Raggi avrebbe emesso
un’altra ordinanza dopo la bocciatura di quella impugnata davanti al Tribunale Amministrativo Regionale dall’ANISP.
Il Campidoglio ufficialmente tace da ieri sera, ma ufficiosamente fa invece sapere a molte agenzie di stampa che non verrà emessa un’altra ordinanza sul tema in vista delle feste.
Il decreto cautelare monocratico del Tribunale amministrativo, d’altronde, non lasciava grandi spazi di recupero: stoppando l’ordinanza della sindaca n. 145 del 22 dicembre scorso, ha spiegato che “il provvedimento impugnato, nella sommaria delibazione propria della presente sede cautelare, non appare sorretto da un’idonea istruttoria nè, tantomeno, da una sufficiente motivazione, tenuto in particolare conto che trattasi di un’ordinanza contingibile ed urgente che inibisce l’uso di qualsivoglia tipologia di materiale esplodente, per giunta sull’intero territorio comunale”.
La Raggi quindi si arrende nonostante le molte ipotesi di complotto che circolavano nell’implacabile base a 5 Stelle (la parte sana del MoVimento, dicono).
Insomma, scrive l’ASKANEWS che come nel caso dell’altra recente sentenza del TAR che bocciò lo stop all’avvio dei lavori di restauro delle Torri sventrate dell’Eur, anche in questo caso, a prescindere dal merito, è la forma amministrativa che risulta carente.
In questo caso, tra l’altro, mancherebbe nell’istruttoria il parere della Prefettura che dovrebbe esprimersi obbligatoriamente rispetto a tutte le misure di questa portata.
Il Tar si riunirà ancora il 25 gennaio prossimo per analizzare nel dettaglio il ricorso con cui alcune società del settore hanno chiesto il ritiro del provvedimento, ma nel frattempo la linea scelta dal Campidoglio vira dalla fermezza alla “battaglia di civiltà sul piano culturale — fanno sapere — per sensibilizzare rispetto ad abitudini che possono provocare conseguenze negative per la salute di persone e animali”. L’obiettivo è andare oltre “i formalismi amministrativi” che hanno affossato l’ordinanza, perchè, fanno ancora sapere da Palazzo Senatorio “vogliamo che il Capodanno sia una festa e che non venga rovinata da incidenti che spesso colpiscono non solo gli adulti ma anche i bambini”.
E battaglia culturale sia, insomma.
Anche se non si capisce cosa ci sia di culturale nel farsi bocciare un’ordinanza da un tribunale, anche se è giusto dire che nel merito della questione la giunta Raggi ha sicuramente ragione nel cercare di limitare un malcostume diffuso e pericoloso per persone, animali e cose.
Però cercare di sensibilizzare qualcuno a ridosso di Capodanno sembra un’impresa un po’ ardua.
Quasi una scusa per non ammettere un altro successone.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
MATTEO RENZI STA SCRIVENDO UN LIBRO PER FELTRINELLI SULLA SUA SCALATA A PALAZZO CHIGI
Wanda Marra sul Fatto Quotidiano, giornale da sempre molto premuroso nei confronti di Matteo Renzi, si fa oggi una domanda e si dà una risposta riguardo un quesito che angosciava dal Manzanarre al Reno: di cosa vive oggi l’ex premier disoccupato?
La risposta però è semplice: sta scrivendo un libro per Feltrinelli, «qualcosa tipo: “La vera storia di #enricostaisereno”, ovvero il racconto della sua scalata a Palazzo Chigi dal di dentro, che dovrebbe uscire in febbraio.
Il libro è la fonte di guadagno:
E così eccolo intento a scrivere, come il suo celebre antesignano fiorentino, Niccolò Machiavelli. Quest’ultimo raccontava, in una celebre lettera all’amico Francesco Vettori, di come a sera si spogliasse di “quella veste cotidiana, piena di fango e di loto”per mettersi “panni reali e curiali”e parlare con gli antichi: i libri.
L’ex Rottamatore consegna frammenti della sua vita quotidiana agli epistolari frammentari su WhatsApp. Non avesse potuto vivere d’arte, il partito avrebbe magari dovuto dargli uno stipendio. Questione che poteva rivelarsi spinosa: da Regolamento il Pd non deve automaticamente pagare un suo dirigente, nè è previsto un compenso standard.
Sarebbe toccato al tesoriere democratico — che poi è Francesco Bonifazi, fedelissimo di Renzi della prima ora — stanziare una cifra.
Non ci sarebbe stato bisogno del via libera di alcun organo di partito,a parte informare il comitato di tesoreria, che peraltro è composto solo da renziani.
Una soluzione che non sarebbe piaciuta al segretario: guai a sembrare al pubblico un funzionario di partito.
Tanto più che attualmente nessun componente della segreteria è pagato dal Pd (hanno tutti indennità di carica — parlamentari, sindaci, governatori —a eccezione di Filippo Taddei, che non è retribuito perchè docente universitario).
Il timore non dichiarato dei suoi, invece, era che ne ricevesse uno magari come rimborso spese — da una qualche Fondazione della sua “galassia”con inevitabile coda di polemiche.
Per fortuna, dunque, a “sfamare”l’ex premier e famiglia ci penseranno la passione letteraria e Feltrinelli.
(da “NextQuotidiano”)
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