Gennaio 8th, 2017 Riccardo Fucile
INTERVISTA A CLAUDIO MESSORA… I RETROSCENA DEI CONTATTI CHE GESTI’ PERSONALMENTE PER CONTO DI GRILLO: “FURONO GELIDI”
“Cosa disse il gruppo Alde a noi di M5S? Che il loro gruppo era fortemente coeso su solidi principi europeisti e conseguentemente votare in dissenso avrebbe decretato l’espulsione”.
Claudio Messora, ex responsabile comunicazione M5S al Parlamento europeo, è colui che fece “il giro delle sette Chiese”, come lo chiama lui, quando i grillini dovevano scegliere con chi allearsi.
Dal gruppo europeo Alde, con cui oggi Beppe Grillo propone l’alleanza, “ottenemmo una risposta gelida, fredda, in pratica ostile”.
Come andò quel colloquio?
“Si svolse negli uffici dell’Alde, eravamo presenti io e un mio collaboratore. Ci proposero di formulare un’ipotesi di programma per entrare nel loro gruppo e noi partivamo dai nostri sette punti del programma, tra cui il referendum per la permanenza nell’euro, l’adozione degli Eurobond e l’abolizione del Fiscal compact. Venne fuori che noi eravamo fortemente anti europeisti e loro super europeisti. Quindi se avessimo votato in dissenso ci avrebbero cacciato immediatamente”.
Quindi inconciliabili. Oggi cosa è cambiato?
“I sette punti del programma con cui i 5Stelle si sono presentati diventeranno carta straccia, a meno che chi fa parte di Alde o ne avrebbe voluto far parte come Scelta Civica, che poi non è entrata nell’Europarlamento, non abbiano fatto marcia indietro. Ma ne dubito”.
Piuttosto è il contrario?
“M5S ha assunto una linea di progressivo avvicinamento all’Europa. Lo stesso David Borrelli, che è stato presidente di EFDD insieme a Nigel Farage, ha abbandonato gradualmente la linea anti europeista. È questo l’atteggiamento che vediamo da un po’. E il sondaggio per aderire al gruppo Alde è la dimostrazione che M5S ha abbandonato il patto elettorale. Questa decisione la stanno prendendo fuori da ogni logica pensata da Gianroberto Casaleggio, per il quale il patto elettorale era sacro”.
Tornando al 2014, i Verdi e Albe chiusero la porta in faccia ai 5Stelle, per questo venne stretta l’alleanza con Farage?
“Emmanuel Bordez, segretario di Farage, andò alla Casaleggio associati per incontrare Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo. Ero presente anch’io. Venne chiamato in viva voce Farage ma pretese che l’incontro avvenisse di persona così si incontrarono a Bruxelles, di cui ci sono le foto al ristorante. Alla fine ha deciso la rete, ma chiaramente non c’erano altre alternative”.
Non c’erano altre soluzioni?
“Certo. Il gruppo dell’ECR, i conservatori inglesi, ci aveva spalancato le porte, a differenza del disprezzo dei 7 punti mostrato dall’ALDE. E allora mi chiedo: Come mai oggi non si propone anche quel gruppo, che era volenteroso e ottimamente ben disposto verso M5S? Come mai Monti e soci?”
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 8th, 2017 Riccardo Fucile
POCHI MESI FA IN UN ATTACCO A UN RESORT 14 MORTI, 50 FERITI, UCCISI 5 EUROPEI DALL’ISIS… MA PER LA MELONI CHE VOLETE CHE SIA
I militari ammutinati in Costa d’Avorio per stipendi non pagati hanno liberato il ministro della Difesa, Alain Richard Donwahi, trattenuto con il suo staff in ostaggio nella seconda città del Paese, Bouakè, che ieri hanno conquistato.
Il ministro ha lasciato la città . In precedenza i soldati “ribelli” avevano denunciato l’intesa che il presidente della Costa d’Avorio Alassane Ouattara, aveva annunciato di aver raggiunto con i reparti militari che si sono ammutinati.
I militari hanno bocciato i termini dell’accordo e hanno trattenuto di fatto in ostaggio per un paio di ore il ministro della Difesa salvo poi liberarlo.
Il movimento di rivolta è partito da Bouakè, città nel centro del Paese già “capitale” della rivolta contro il governo, che portò alla guerra civile tra il 2002 e il 2010. Notizie di sollevamenti da parte di militari sono giunte anche dai centri di Daloa e di Korhogo, quest’ultimo nel nord del paese.
La rivolta sarebbe stata innescata da ex miliziani ribelli, integrati nelle forze armate dagli accordi di pace, che chiedono una cifra pari a 7.600 euro e una casa ciascuno.
Già nel novembre 2014, un’ondata di proteste da parte di militari che rivendicavano il pagamento dei loro salari era partita da Bouake’ per raggiungere Abidjan, la capitale economica della Costa d’Avorio, e altre città .
A marzo un altro attentato aveva sconvolto la Costa d’Avorio.
Quattordici civili morti, due militari e oltre 50 feriti. Tra le vittime accertate 5 ivoriani, 1 libanese e 5 europei, uno di loro era francese. Questo il bilancio dell’attacco avvenuto nei pressi di tre resort turistici di Grand Bassam, cittadina costiera di 80mila abitanti a 40 chilometri da Abidjan, capitale della Costa d’Avorio.
Erano le 4 del pomeriggio quando un gruppo armato di 7 persone a bordo di due piccole barche approda su una spiaggia molto frequentata da turisti stranieri, diplomatici e ricchi ivoriani.
Armati con kalashnikov e granate, viso coperto da passamontagna e al grido di «Allah u Akbar (Dio è grande, in arabo)», i miliziani affiliati ad Al Qaeda nel Maghreb (Aqmi) che in serata ha rivendicato il gesto, iniziano a sparare all’impazzata.
Molte delle persone che si trovavano sulla spiaggia e in acqua erano ospiti nell’Hotel Etoile du Sud, struttura della catena The Southern Sun.
Tra i morti molti membri dello staff dell’albergo e un bambino di cinque anni che, secondo alcuni testimoni, in ginocchio e impaurito avrebbe chiesto pietà prima di essere ucciso.
Alcuni ospiti si sono nascosti nei bagni della struttura alberghiera, mentre altri hanno trovato riparo nelle case limitrofe. L’attacco è proseguito in altri due hotel nelle vicinanze, ma l’immediato arrivo delle forze di sicurezza ivoriane e francesi, presenti sul posto con un contingente di tremila militari per combattere la minaccia terrorista nel Sahel, ha evitato che il numero delle vittime fosse superiore.
Nello scontro a fuoco con le teste di cuoio, secondo fonti governative, 6 dei 7 attentatori, che avevano preso anche alcuni ostaggi, sono stati uccisi.
I superstiti hanno raccontato scene agghiaccianti: «Sparavano a chiunque riuscivano a trovare, facevano urlare Dio è grande e poi li uccidevano» ha raccontato un superstite alla polizia spiegando di essersi salvato nascondendosi in camera a chiave per tre ore. Da settimane il livello di guardia si era alzato in Costa d’Avorio.
Lo scorso anno, però, nel Nord del Paese, a maggioranza musulmana, al contrario del Sud cristiano, erano state chiuse alcune moschee ed espulsi dal Paese imam stranieri considerati radicali.
Gli avvenimenti indicati pare non siano stati comunicati a Giorgia Meloni visto che pochi giorni fa scherniva i profughi provenienti dalla Costa D’Avorio chiedendosi perchè mai dovrebbero scappare da quel paradiso terrestre.
Ovviamente al solo scopo di negare loro a priori ogni diritto d’asilo nel nostro Paese.
“Tutti clandestini” o troppi ignoranti che speculano sulla pelle degli altri, fate voi.
(da agenzie)
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Gennaio 8th, 2017 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA: “COSI’ MARRA HA AGGIRATO UNA SENTENZA DEL TAR PER MANTENERE IL RUOLO CONFERITOGLI DALLA POLVERINI”
Mai come in questi ultimi sei mesi i media, italiani ma anche internazionali, hanno tenuto gli occhi puntati su Roma.
La conquista del Campidoglio da parte di una giovane donna del Movimento 5 Stelle, e con una massa di consensi addirittura doppia rispetto al suo competitore, era una notizia troppo grossa per non dover essere approfondita e analizzata con meticolosità .
Tanto più per le aspettative che questa rivoluzione aveva generato nei cittadini.
I fatti che poi hanno costellato questi primi mesi di governo della capitale d’Italia, dalle polemiche su Paola Muraro, l’assessore all’Ambiente già consulente dell’Ama ora indagata per presunti reati ambientali, alle dimissioni di pedine importanti della giunta, per arrivare agli arresti del capo del personale Raffaele Marra e dell’immobiliarista Sergio Scarpellini, non potevano che generare ancora più attenzione.
Ecco allora che anche la nuova stagione di Presa Diretta, il programma di Riccardo Iacona su Raitre comincia lunedì sera con una lunga inchiesta di Giulia Bosetti sui problemi di Roma e le spine di Virginia Raggi.
Fra cui spicca, appunto, il caso di Raffaele Marra, l’ex finanziere già direttore del patrimonio del Comune con il sindaco Gianni Alemanno e dirigente della Regione Lazio di Renata Polverini, che la sindaca avrebbe voluto a capo del proprio gabinetto salvo poi essere costretta dalle proteste interne (comprese quelle di Beppe Grillo) a dirottarlo a capo del personale.
Fino al suo arresto, con l’accusa di corruzione.
La segretaria del sindacato dei dirigenti della Regione Lazio, Roberta Bernardeschi, intervistata da Giulia Bosetti, racconta come Marra riuscì ad aggirare anche una sentenza del Tar a lui sfavorevole per mantenere la posizione dirigenziale che gli aveva assegnato Renata Polverini, ponendo in tal modo anche le premesse per la sua carriera alla corte della sindaca a Cinque stelle.
Una testimonianza cruciale, che spiega molto dei rapporti fra politica e burocrazia, gettando una nuova luce su uno dei casi più controversi di questa gestione del Campidoglio.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 8th, 2017 Riccardo Fucile
SETTIMANA DECISIVA PER L’INCHIESTA… IL TRIBUNALE DECIDE SULLA SCARCERAZIONE DI MARRA… SULLA CHAT RIFERIMENTI IMBARAZZANTI: CITATI ANCHE DI MAIO E LOMBARDI
La settimana della verità , ma anche quella più amara.
Da domani ogni giorno che viene potrebbe essere quello giusto, nel quale i pm della Procura di Roma ascolteranno Virginia Raggi.
E in sede di interrogatorio potrebbe materializzarsi quell’avviso di garanzia tanto temuto dalla sindaca della Capitale e che tuttavia, alla luce del nuovo codice etico M5s, non le imporrà dimissioni obbligate.
Questa soluzione dell’avviso consegnato nel corso dell’incontro potrebbe essere frutto di un accordo di cortesia tra i magistrati ed i legali della sindaca che vorrebbero evitare altre paginate sui giornali in attesa dell’interrogatorio.
Da parte sua la Raggi ha ostentato sicurezza con i giornalisti incontrati il giorno dell’Epifania, quando a proposito delle «cimici» che secondo il suo ex collaboratore Salvatore Romeo l’avrebbero spinta sul tetto del Campidoglio per conversare in libertà , ha detto: «Magari le mettessero le cimici, così saprebbero che non abbiamo nulla da nascondere».
E sull’opportunità di rimuovere gli “omissis” dell’inchiesta su Marra, ha provato a minimizzare: «Deciderà la procura».
Scomodi in effetti potrebbero risultare, politicamente prima che a livello giudiziario, i messaggi della chat tra la sindaca e il suo staff intitolata «Quattro amici al bar» (tra Frongia, Romeo, Marra e Raggi), e quelli più privati tra Marra e la sindaca Raggi. Conversazioni che, da quel che filtra, tirerebbero in ballo personaggi di spicco del Movimento 5 Stelle come Luigi Di Maio e Roberta Lombardi.
Quasi certamente Raggi sarà ascoltata in veste di indagata con la probabile accusa di abuso d’ufficio.
Due sarebbero gli episodi contestati dal procuratore aggiunto Ielo e dal pm Dall’Olio: il primo sarebbe stato commesso in relazione alla nomina di Renato Marra (fratello dell’ex braccio destro della sindaca) a responsabile del Turismo del Campidoglio.
Su questa scelta si è già espressa l’Anac parlando di un evidente «conflitto di interessi» sul quale la sindaca sostiene di aver deciso «in totale autonomia» spiegando che Marra ha dato solo «mera esecuzione delle determinazioni da me assunte».
Ma è un tentativo maldestro di negare il conflitto d’interesse visto che poco dopo ammette: «C’è stata una istruttoria svolta dalle strutture competenti ai sensi della disciplina vigente», quindi l’ufficio del Personale diretto proprio da Raffaele Marra. Quanto basta perchè i pm le chiedano di spiegare che cosa è davvero accaduto.
Ma non è l’unico.
Perchè un secondo abuso potrebbe essere stato commesso anche nella designazione di Romeo a capo della segreteria della sindaca, quando da semplice dipendente comunale è diventato dirigente con un aumento di quasi 90 mila euro, poi ridotto a 70 mila.
Intanto entro lunedì il tribunale del riesame dovrà decidere sulla scarcerazione di Marra accusato insieme a Scarpellini di corruzione.
Edoardo Izzo
(da “La Stampa”)
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Gennaio 8th, 2017 Riccardo Fucile
RISCHIO EURO, RAPPORTI CON LA RUSSIA DI PUTIN, FAKE NEWS: LE ANALISI DEL FINANCIAL TIMES, DEL GUARDIAN E DI BUZZFEED
C’è un crescente interesse, ma anche una forte, concorde preoccupazione all’estero per quello che è il M5S oggi.
BuzzFeed, New York Times, Cnn (con Christiane Amanpour di fronte a un Di Maio esitante), Guardian, Der Spiegel hanno posto molte domande inevase ai cinque stelle. Come si spiega, per esempio, il richiamo alla partecipazione diretta e una governance integralmente nelle mani di un’azienda privata?
Quanti, e quali siti e pagine e gruppi facebook (e account twitter) gestisce, direttamente o indirettamente, la Casaleggio?
Altri siti sono fonte di ricavi pubblicitari, oltre blog di Grillo?
Perchè il M5S, che anni fa stava con le Pussy Riot, dal 2014 bruscamente vira su Putin?
Quali sono esattamente i rapporti tra il Movimento e gruppi d’interessi del centrodestra, che tornano sempre, dalla storia Raggi-Previti-Sammarco ad altre?
E se il Movimento andasse a Palazzo Chigi, le cose andrebbero male come a Roma?
Il M5S chiederebbe, con modifica costituzionale, un referendum sull’euro?
BuzzFeed il 29 novembre pubblicò un articolo di Alberto Nardelli e Craig Silverman («Movimento cinque stelle leader in Europa nella diffusione di notizie false e propaganda russa») in cui tra l’altro si citava una fonte esclusiva di Google Ads: «Un ex-dipendente del team di Google Ads ha paragonato la rete di siti M5S ai siti di notizie false pro-Trump lanciata da un unico paese della ex-Repubblica iugoslava di Macedonia.
“Il M5S parla molto di trasparenza, ma poi come parte del mio lavoro mi sono reso conto che questi stanno guadagnando molto da questa cosa”, ha detto.
“I dirigenti del partito stanno facendo soldi tramite un aggregatore di notizie false. È come se Trump possedesse i siti macedoni”».
Il New York Times ha dedicato due inchieste di Jason Horowitz alla crescita ma soprattutto alle ombre M5S.
In uno di questi articoli, Marco Canestrari, uno dei fondatori dei meetup, per 4 anni in Casaleggio, ha certificato, mai smentito: «Dipendenti (della Casaleggio associati. ndr.) gestiscono sistematicamente siti italiani che producono notizie distorte o fake news, screditando Renzi e altri avversari del Movimento».
Sul Guardian Stephanie Kirchgaessner ha raccontato la svolta putiniana del M5S, ponendo domande sulla natura di questo rapporto Putin-M5S, con diverse fonti diplomatiche internazionali.
Sul Financial Times James Politi ha scritto di un M5S etichettato come «il principale facilitatore di fake news in Italia, attraverso il blog del suo fondatore Grillo, e un network di siti affiliati al partito». Der Spiegel parla, in un pezzo severo, di «ideali traditi».
Abbiamo cercato questi reporter per capire le ragioni di questa percezione sempre più negativa del Movimento all’estero.
James Politi, capo dell’ufficio del Financial Times a Roma, ci dice: «La crescita del M5S è vista con crescente preoccupazione tra tanti funzionari e investitori internazionali principalmente per la loro promessa di fare un referendum sull’euro, che potrebbe essere fatale all’integrazione europea».
Stephanie Kirchgaessner, corrispondente del Guardian da Roma, pensa ai legami internazionali che collocano il M5S in un universo preciso: «Penso che sia importante guardare al M5S attraverso la lente del mondo post-Brexit e post-Trump in cui ci troviamo. Si tratta di un movimento populista, nuovo, con poca esperienza di governo, ma che è in una forte posizione per influenzare la politica italiana e internazionale». Perciò, dice, bisogna porgli delle domande: «A chi è fedele e chi sono i suoi alleati? È vero che non è nè di destra nè di sinistra come dicono? Penso che non sia così; e quindi il mio lavoro è puntualizzare le contraddizioni quando le vedo».
Quando Jason Horowitz, proprio da ieri capo dell’ufficio del New York Times a Roma, chiese a Davide Casaleggio, tra le altre cose, dei presunti legami con la Russia, ottenne una non risposta: «Oh, per favore!».
Il problema è proprio questo, secondo Nardelli, Europe editor a BuzzFeed : «Nel 2016 c’è stata una crescita globale nell’interesse verso i movimenti anti-establishment. In questo contesto è normale che l’interesse verso il M5S dall’estero si sia rinnovato. Da una curiosità accademica si è passati ad una perplessità diffusa. Da queste inchieste sono emerse una serie di questioni che vengono percepite come anomale, come ad esempio il rapporto tra il partito e un’azienda privata, la governance del partito, e la mancanza di chiarezza in alcune politiche specifiche. Per un partito che parla così tanto di trasparenza sono molte le domande alle quali il M5S non risponde».
Varrà la pena continuare a porle.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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Gennaio 8th, 2017 Riccardo Fucile
IL GRILLINO SU TWITTER INSULTA IL DIRETTORE DEL TG-LA7, IL DELIRIO CONTINUA
“Quando gli indichi la luna, lo stupido vede solo la scia chimica”.
È la replica di Enrico Mentana al tweet — oggettivamente offensivo — di Carlo Sibilia, deputato del M5S.
Commentando la presenza di Mentana e dell’editorialista di Repubblica, Francesco Merlo, al programma In Mezz’ora, di Lucia Annunziata, il deputato grillino ha scritto su twitter: “Tre giornalisti falliti si autointerrogano sui motivi del loro fallimento. Pubblicamente. Senza che nessuno glielo abbia chiesto #inmezzora”.
Da qui la reazione del direttore del Tg di La 7, arrivata sulla sua pagina facebook.
Il botta e risposta tra Mentana e Sibilia arriva a pochi giorni dall’infuocata polemica che aveva contrapposto proprio il direttore del Tg La 7 a Beppe Grillo.
Il leader del M5s in un post sul blog aveva attaccato giornali e tv, accusati di essere “i primi fabbricatori di notizie false nel Paese con lo scopo di far mantenere il potere a chi lo detiene”.
Era il post in cui si proponeva di istituire una giuria popolare per “smascherare le bufale dei giornali” e che era stato illustrato da un collage composto dai loghi di varie testate italiane. Tra queste anche il simbolo del Tg di La 7.
Era per questo motivo che Mentana aveva replicato, annunciando querela al fondatore del M5s. “Permettetemi di dire che questa (cioè la dichiarazione di Grillo ndr) è una solenne fesseria. La cosa, per di più, ci tocca direttamente perchè in quella immagine c’è anche il logo del nostro telegiornale. È una diffamazione nella diffamazione. Quindi noi, in attesa di vedere questa giuria popolare, siccome esiste già la giustizia in Italia, penale e civili, abbiamo deciso di querelare per diffamazione il garante del M5S, cioè Beppe Grillo, nonchè l’autore di questo testo”, era stato l’annuncio di Mentana durante il tg.
Il giorno dopo, quindi, Grillo aveva precisato che “il logo del Tg La 7 era stato utilizzato per par condicio”, augurando a Mentana “di continuare a fare informazione che sia rispettosa della verità e dei cittadini ancora a lungo”.
A quel punto il popolare anchorman aveva annunciato l’intenzione di non depositare la querela nei confronti del comico.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 8th, 2017 Riccardo Fucile
IN NOME DELLA TRASPARENZA E L’INCUBO DELLE CHAT SU WHATSAPP
Un incubo di brutte sorprese. Questo pensano i vertici del MoVimento 5 Stelle a proposito delle famigerate chat dei quattro amici al bar (Frongia, Raggi, Marra, Romeo) su cui si è abbattuta la scure degli omissis della procura e che però su richiesta dell’avvocato di Marra potrebbero essere desecretate.
Secondo Annalisa Cuzzocrea e Giovanna Vitale su Repubblica nel MoVimento c’è chi vorrebbe la pubblicazione di quelle chat per chiudere la vicenda:
«Dobbiamo capire se possiamo reggere questa cosa — dice chi ha parlato in questi giorni con i diarchi del Movimento — il codice etico ci consente di salvare o scaricare Virginia, tutto dipende da cosa c’è in quegli omissis. Una cosa è certa però: se solo emergesse un rapporto confidenziale con Marra, vorrà dire che la sindaca ha mentito ai cittadini, nel momento in cui lo ha definito “uno dei 23mila dipendenti del Comune”».
Anche per questo, nella sua trasferta, Casaleggio potrebbe essere accompagnato da alcuni legali che stanno seguendo la vicenda romana.
In modo da capire quel che rischiano i 5 Stelle dalle rivelazioni attese nei prossimi giorni e quel che rischia Raggi non solo a livello giudiziario — sarebbe imminente un avviso di garanzia per falso e abuso d’ufficio — ma anche a livello di immagine.
In più, in Campidoglio potrebbe compiersi l’ennesimo passo indietro, stavolta sulla procedura di interpello che aveva portato alla rotazione dei dirigenti della macchina comunale (e alla promozione del fratello di Raffaele Marra, Renato):
Il Movimento pensa di invalidarla completamente, per tutelarsi davanti ai rilievi dell’Anac e alle eventuali contestazioni della Procura: perchè dalle chat intercettate tra Marra e Romeo risulterebbe che quegli spostamenti sono stati tutti decisi dall’allora capo del personale, mentre con una lettera all’Authority di Raffaele Cantone la sindaca se ne era assunta la piena responsabilità .
Cancellare tutto e tornare indietro ancora una volta. Sarà probabilmente questo il consiglio degli emissari Bonafede e Fraccaro, vicini a Luigi Di Maio.
Mentre il fronte ortodosso si prepara ad attaccare non appena arriveranno notizie più chiare dalle inchieste in corso. E racconta, nei colloqui privati, che una delle prime conversazioni attese è quella in cui Marra dice a Raggi di voler promuovere il fratello.
Con lei che inizialmente si irrigidisce, per poi cedere e convincere l’assessore Adriano Meloni ad averlo come capo del dipartimento del Turismo.
«Se sei Santa Maria Goretti della trasparenza, perchè non tiri fuori le chat?» chiede polemico un deputato che sul caso ha le idee molto precise.
«Se qualcuno ha sbagliato deve pagare ed essere allontanato dal Movimento».
Il malcontento non è quindi sedato dal lavoro ai tavoli sul programma, considerato da alcuni troppo burocratico.
Oltre che i temi, si studiano gli organigrammi dei ministeri per capire quante persone servono, con quali competenze, e quante di queste figure sono soggette a spoil system. Alla politica, torna invece a pensare dopo la pausa guatemalteca Alessandro Di Battista, che si prepara a girare l’Italia ancora una volta con un tour su economia e reddito di cittadinanza.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 8th, 2017 Riccardo Fucile
FRACCARO E BONAFEDE SONO I DUE DEPUTATI “INVIATI” DA GRILLO IN CAMPIDOGLIO PER TENERE SOTTO CONTROLLO LA SINDACA
Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro sono i due deputati che Beppe Grillo ha inviato in Campidoglio per “controllare” il lavoro di Virginia Raggi dopo le dimissioni e le vicende giudiziarie che hanno colpito la Giunta. Andrea Arzilli sul Corriere della Sera ci racconta che i due fungeranno da “tutor” per la sindaca:
Negli accordi di Raggi con Grillo e Casaleggio, infatti, non c’era solo la rimozione di Daniele Frongia dal ruolo di vicesindaco, di Salvatore Romeo dalla segreteria e di Renato Marra, fratello di Raffaele promosso al Turismo e oggi ricollocato alla Polizia municipale.
Ma soprattutto la ricomposizione della squadra secondo coordinate precise: uomini di fiducia del Movimento e professionisti di comprovata esperienza, meglio se pescati al di fuori del circuito romano.
Per questo Bonafede e Fraccaro lavorano da settimane anche sui nomi.
Sul capo di gabinetto ci sono riflessioni in corso, l’incarico è delicato e i curricula li sta vagliando direttamente la Raggi.
Ma quello del 56enne Franco Giampaoletti per il posto da direttore generale è particolarmente caldo: l’idea sarebbe quella di affiancare l’ex city manager del Comune di Genova al segretario generale Pietro Paolo Mileti, già insediato a Roma, per ricomporre la coppia che ha retto la giunta di centrosinistra del capoluogo ligure.
Secondo il Corriere le due nomine servono a legare a doppio filo rosso Genova (ovvero Beppe) e Roma:
A dicembre, in sostituzione di Paola Muraro all’Ambiente, era arrivata Pinuccia Montanari, anche lei con un’esperienza recente a Genova. Il filo rosso che lega Roma alla città del Garante potrebbe rinforzarsi ulteriormente.
Ma sull’investitura del nuovo direttore generale insistono ancora due questioni.
La prima riguarda l’attuale occupazione di Giampaoletti che, i primi di dicembre, ha lasciato il Comune di Genova per entrare in Unicoop Tirreno con incarico apicale al Personale. «Ma nel caso lascerebbe Unicoop», Bonafede ha tranquillizzato il M5S, confermando la svolta «nordista» del Campidoglio, iniziata con l’ingaggio del veneto Massimo Colomban. La seconda è sullo stipendio di Giampaoletti che a Genova percepiva 132 mila euro lordi: si vuole schivare una nuova grana sui maxistipendi.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 8th, 2017 Riccardo Fucile
HA OFFERTO LA SUA CASA PER DARE ACCOGLIENZA MA NESSUNO HA SAPUTO DARGLI INDICAZIONI: “UN’ODISSEA”
“Guardi la tv, sei bombardato dalle immagini di uomini, donne, bambini, disperati in mezzo al mare. Rischi di abituartici. Dopo un po’ non fanno più male. Poi, a un certo punto ti alzi dalla poltrona e ti chiedi: e io che faccio?”.
Ludovico Greco una risposta l’aveva trovata: “Avrei voluto comprare un battello e mettermi in mare tra i soccorritori. Impossibile. Allora mi sono detto: posso aprire la mia casa e ospitare chi è riuscito a sopravvivere all’inferno”.
Ludovico si è rivolto a tutti: Comune, Viminale, associazioni, chiesa. Ha telefonato, mandato mail, incontrato il parroco.
Il risultato? “La mia casa oggi è ancora vuota”.
Quindi ha raccontato la sua storia Primapagina, la trasmissione di Radio3.
Ludovico vive a Marta, un tranquillo borgo di pescatori raccolto attorno al suo porticciolo sul lago di Bolsena e su cui svetta l’ottagonale Torre dell’orologio voluta da papa Urbano IV.
Un piccolo paese in provincia di Viterbo, con 3.500 abitanti e a “immigrati zero”, “nel senso che qui non ci sono rifugiati accolti”, spiega Ludovico.
Lui e la moglie, Anna Maria, sono arrivati a Marta sei anni fa. “Eravamo stanchi di Roma e ci siamo subito innamorati di questo borgo”. Ludovico ha 60 anni ed è un pensionato Alitalia: “Facevo l’assistente di volo e, come si usa dire, ho visitato mezzo mondo”.
La moglie lavora ancora, fa la pendolare con la capitale, dove è impiegata comunale.
I due figli sono ormai grandi e lontani. “Il maschio ha 34 anni e fa il barman a Preston, in Inghilterra. La sua compagna è un’infermiera, che si è formata in Italia, ma come tanti colleghi ha trovato più possibilità in un ospedale inglese che nel nostro Paese. Hanno un bambino che a febbraio compirà un anno. Ho già prenotato il volo per andarlo a trovare. Mia figlia invece vive a Ostia, dove fa l’assistente in un asilo nido”. E così Ludovico e Anna Maria oggi si trovano con una bella camera da letto vuota.
La loro è una storia all’incontrario.
In un Paese sempre più impaurito (stando all’ultimo rapporto Demos, il 40% degli italiani ritiene gli immigrati un pericolo per la sicurezza) e dove oltre 5mila comuni su 8mila non fanno accoglienza, c’è chi invece chiede di ospitare un profugo, le prova tutte, ma trova solo porte chiuse.
“In me è stato un crescendo – spiega Ludovico – di fronte a tanta sofferenza non potevo non fare qualcosa. Capisco che ci sono problemi di sicurezza legati all’immigrazione. Ma credo che con un’accoglienza diffusa, ci si conosca meglio e si riducano anche i rischi”. Così comincia il “viaggio” di Ludovico.
“Nell’agosto 2015 mi sono rivolto al comune di Marta, offrendo una camera da letto per accogliere un rifugiato, chiaramente a titolo gratuito. Ho scritto pure una mail con posta certificata. Nessuno ha risposto. Non mi sono dato per vinto. Nell’aprile di quest’anno ho contattato Refugees Welcome (una piattaforma online che mette in contatto profughi e famiglie ospitanti, ndr). Mi hanno fatto una lunga intervista telefonica, al termine della quale mi hanno dato parere positivo, perchè hanno verificato che non cercavo “una badante gratis o una moglie giovane”, parole loro.
Il secondo passo doveva essere la visita di un volontario per controllare le condizioni dell’alloggio. Io purtroppo vivo a 135 chilometri da Roma e ancora non sono venuti. A novembre ho quindi scritto allo Sprar, presso il Viminale. Ma anche qui nessuna risposta”.
Ludovico non si ferma: “Sono andato dal parroco di Marta. Pure lui mi ha detto che ha dei locali liberi, che vorrebbe mettere a disposizione, ma nessuno ancora gli ha dato un’indicazione. Siamo rimasti d’accordo che il primo che ci riesce avverte l’altro”.
Ludovico ha un’ultima carta da giocare. “Scriverò direttamente al ministro dell’Interno, Marco Minniti. Voglio solo una risposta: devo lasciar perdere o è possibile per un cittadino italiano come me avviare un percorso d’accoglienza?”.
(da “La Repubblica”)
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