Destra di Popolo.net

LA SENTENZA SUL RICORSO DA’ FIATO AI TROMBONI GRILLINI, MA BASTEREBBE LEGGERLA PER CAPIRE CHE NON E’ VERO CHE IL “CONTRATTO CON PENALE” E’ VINCOLANTE PER LA RAGGI O CHI PER ESSA

Gennaio 17th, 2017 Riccardo Fucile

IL LEGALE DELLA SINDACA LO HA DETTO CHIARAMENTE: “RICORSO DI NATURA POLITICA, LE CAUSE DI INELEGGIBILITA’ SONO PRECISE E QUESTA NON E’ PREVISTA. PER RENDERE NULLO IL CONTRATTO OCCORRE UN ALTRO STRUMENTO GIURIDICO E ANDAVA PRESENTATO DA UNA PARTE IN CAUSA”

“Tanto rumore per nulla”, commenta Virginia Raggi sul blog del sindaco, buttandola sul politico.
Gli fa eco il redivivo Di Maio – viso pallido dando fondo al suo peraltro limitato vocabolario antipiddino.
Esultano i “fini giuristi” sul web che vedono nella sentenza la possibilità  di incassare penali da “almeno 150.000” a scapito dei “traditori della causa”, prima di giustiziarli sulla pubblica via.
Ovviamente quasi nessuno ha letto la sentenza del tribunale civile di Roma e i pochi che l’hanno fatto, e magari l’hanno anche capita, pare abbiano solo interesse a tacere.
A questo punto lasciamo la parola al giudizio obiettivo dell’ avvocato Ervin Rupnik, legale della sindaca Raggi – il quale conferma che si è trattato di un ricorso di natura meramente politica: “le cause di ineleggibilità  vengono normate per legge, non è questo il caso, mentre per dichiarare nullo un contratto non poteva essere utilizzato questo strumento giuridico e il ricorrente deve avere titolo”.
Parole che spiegano in sintesi perchè il ricorso è stato respinto, ma ovviamente non impediranno un domani a Virginia Raggi (o chi per essa) di impugnare il contratto con la penale da 150.000, qualora la situazione cambiasse.
L’errore del ricorrente è stato in primo luogo di chiedere l’ineleggibilità  della Raggi per aver contratto un accordo con i vertici del M5S che prevede precisi impegni e una penale.   Ma i motivi di ineleggibilità  di un sindaco sono già  previsti dalla legge e sono tassativi (sono 12 i soggetti indicati, dal capo della polizia al prefetto, dal direttore della Asl alle gerarchie militari che operano sul territorio, tanto per fare un esempio), quindi inevitabile per il tribunale cassare questa parte del ricorso.
Il secondo errore è stato chiedere con questo “strumento giuridico” di dichiarare nullo il contratto tra M5S e Raggi, in quanto “l’azione di accertamento di nullità  di un atto negoziale” esula dal giudizio specifico su cui il tribunale è chiamato a pronunciarsi.
Non solo, “il ricorrente, in quanto estraneo al   Movimento Cinquestelle e non sottoscrittore dell’accordo, non è portatore di un interesse concreto ad agire e la eventuale rimozione del vincolo non porterebbe alcun effetto nella sua sfera giuridica”.
Altra cosa, insomma, se un domani un sottoscrittore del “contratto con penale” impugnasse l’atto: in quel caso sarebbe tutt’altra storia, avendo “titolo ed interesse ad agire”.
Tempo al tempo.

Qui il testo integrale della sentenza
http://roma.repubblica.it/cronaca/2017/01/17/news/roma_la_sindaca_raggi_era_eleggibile_respinto_il_ricorso-156244947/

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TUTTI I BLUFF DELL’APPENDINO: DALLA MOSTRA DI MANET ALLA FIERA DEL LIBRO, DALL’INCENERITORE AL CENTRO COMMERCIALE, DALLA TAV AI VOUCHER

Gennaio 17th, 2017 Riccardo Fucile

LA “PIU’ AMATA DAGLI ITALIANI” IN REALTA’ NON MANTIENE LE PROMESSE, COMPRESA QUELLA DI RIDURSI LO STIPENDIO…DECISIONI SPESSO SULLA SCORTA DELLA CONTINUITA’ CON FASSINO

Ieri un sondaggio di IPR Marketing per il Sole 24 Ore ha rivelato che Chiara Appendino, la sindaca Cinque Stelle di Torino, è al primo posto nella speciale classifica dell’indice di gradimento dei sindaci italiani.
Stranamente di questa notizia non c’è traccia sul blog di Beppe Grillo o sulla pagina Facebook del capo politico del MoVimento.
Non c’è da sorprendersi più di tanto per la scelta di oscurare la notizia.
Non tanto perchè Virginia Raggi è al penultimo posto (con Filippo Nogarin di Livorno poco sopra) quanto perchè al terzo posto si è piazzato Federico Pizzarotti, il sindaco di Parma da tempo in rotta con la leadership del MoVimento.
La promessa non mantenuta della riduzione dello stipendio
Lasciamo da parte le notizie non date dal sito che dà  le notizie “che nessun giornale ha il coraggio di dare” e parliamo di quella che alcuni giornali hanno già  soprannominato “la sindaca più amata dagli italiani”.
Nonostante risulti essere una sindaca molto gradita ai cittadini (addirittura guadagnando consensi rispetto all’esito delle amministrazione) quando la Appendino in questi primi sei mesi di mandato ha dovuto affrontare alcune questioni spinose l’ha fatto in una maniera forse poco consona rispetto allo standard (ammesso che esista) del suo partito.
Questo non significa che la Appendino stia governando male la città  ma non è possibile non rilevare che rispetto a certe tematiche lo sta facendo con gli stessi metodi di chi l’ha preceduta.
Anche qui niente di male, naturalmente, se non fosse che proprio su alcune delle decisioni prese da Appendino il MoVimento prima di andare al governo di Torino la pensava in maniera diversa.
Già  la partenza non è stata delle migliori: Appendino aveva promesso in campagna elettorale che avrebbe tagliato il suo stipendio e quello degli assessori.
Una promessa in pieno stile M5S che però non è stata mantenuta e la sindaca non si è ancora decurtata lo stipendio da novemila euro, in linea di quello percepito da Virginia Raggi a Roma (lo stesso dei suoi predecessori).
La guerra “culturale” con Milano, l’inceneritore e gli insediamenti commerciali
Forse però la sindaca di Torino ha avuto poco tempo per concentrarsi su quanto guadagnava perchè c’erano da prendere importanti decisioni per la città .
Ad esempio le nomina di Renato Boero, ingegnere torinese che a Milano ha gestito il termovalorizzatore Silla 2 di Amsa, alla guida di Trm, la società  che gestisce l’inceneritore di Gerbido a Torino.
Una nomina non molto gradita visto che Boero si è affrettato a ribadire l’importanza dei termovalorizzatori per chiudere il ciclo dei rifiuti nelle grandi città .
Anche se Appendino non aveva espressamente promesso di chiudere l’inceneritore di Gerbido (memore forse delle promesse fatte da Grillo a Parma) e quindi la sua decisione è senza dubbio più pragmatica di tanti proclami non è possibile non ricordare come una delle grandi battaglie del M5S sia proprio quella contro gli impianti di termovalorizzazione e che negli anni scorsi quello di Gerbido sia stato al centro di una battaglia portata avanti da alcuni consiglieri comunali pentastellati. Meno pragmatica invece è stata la battaglia sulla mostra su Manet prodotta da Skira con il Musèe d’Orsay che era stata annunciata da Piero Fassino durante l’inaugurazione di quella di Monet, poi arrivata a 300mila visitatori.
Skira però ha avuto qualche difficoltà  a dialogare con la sindaca e così Torino ha perso la mostra che ha traslocato a Milano dove le opere del maestro degli impressionisti verranno esposte a Palazzo Reale.
La guerra con Milano si combatte anche sul fronte del Salone del Libro che il sindaco Sala ha scippato alla città  sabauda e che nel 2017 si terrà  a Milano.
Sempre sul versante culturale i cittadini sono ancora in attesa che vengano nominati dalla sindaca i presidenti di due importanti realtà  torinesi: Fondazione Musei e il Museo del Cinema.
Che sia un modo per dire che a Torino il vento sta cambiando?
Una cosa è bluffare sul TAV, facendo credere agli elettori che uscire dall’Osservatorio sulla Torino-Lione possa in qualche modo cambiare le cose o fermare il tracciato dell’Alta Velocità , non dopo aver siglato con la Regione un patto per chiedere al Governo lo stanziamento di fondi (per un totale di 3.2 miliardi di euro) per la realizzazione di interventi importanti sulle infrastrutture la Stampa riferisce che nel patto tra Regione e Comune sono compresi interventi sul sistema ferroviario torinese:
C’è l’ammodernamento del sistema ferroviario metropolitano di Torino (più le fermate Dora e Zappata, interamente da finanziare con 75 milioni) e di molte linee ferroviarie: Torino-Modane, Torino-Pinerolo, Torino-Trofarello, Torino-Pont, Torino-Genova.
C’è il miliardo e 200 milioni per costruire la linea 2 del metrò, su cui al momento ci sono appena 10 milioni. E ancora, il prolungamento della linea 1 verso Rivoli per cui mancano 180 dei 340 milioni necessari.
Non sempre però la Appendino ha cercato di invertire la rotta rispetto all’amministrazione precedente, lo dimostra ad esempio la concessione dell’autorizzazione per la costruzione del centro commerciale sull’area ex- Westinghouse.
La Sindaca Appendino ha giustificato la decisione spiegando che il Comune potrà  così incassare 19,6 milioni di euro che potranno essere così messi a bilancio e utilizzati per sostenere il capitolo cultura e altre iniziative del Comune.
Casualmente si tratta della stessa spiegazione data nel 2014 dall’allora assessore all’Urbanistica Stefano Lo Russo che in un’intervista su Repubblica aveva motivato così la decisione della giunta Fassino
Il Comune non ha i soldi per le tante opere necessarie. Ad esempio per il nuovo centro congressi nell’area ex Westinghouse, 5.000 posti per un’infrastruttura di livello europeo. Ma servono fondi privati e per questo è stato aperto un bando per valorizzare tutta la zona. La proposta che ci è arrivata è quella di realizzare un centro commerciale.
Certo, durante la precedente consiliatura la Appendino e il M5S si erano detti fermamente contrari ad un progetto simile, ma un conto è stare all’opposizione un altro è governare una città .
Del resto anche su SMAT, la spcoetà  partecipata che gestisce i servizi idrici in città , Appendino ha smentito sè stessa (quando era consigliera della Commissione Bilancio) e ha seguito la linea già  tracciata da Fassino richiedendo l’acquisto di 31mila azioni della società  e soprattutto ha chiesto all’assemblea dei soci (che comprende diversi comuni della cintura) la redistribuzione delle riserve accantonate dalla società  nel corso del 2015 (si tratta di 15 milioni di euro).
La Appendino (a luglio) ha chiesto che ad eccezione di 5 milioni che verranno impiegati per acquistare le azioni in mano dei privati, il 100% della riserva venga destinato ai comuni per esigenze di bilancio; vista la partecipazione azionaria del Comune di Torino in SMAT alla giunta Appendino dovrebbero arrivare qualcosa come otto milioni di euro che la Sindaca ha intenzione di utilizzare per appianare i buchi di bilancio.
E qui sta l’unica vera differenza con quanto chiesto già  in passato dall’amministrazione precedente che aveva chiesto invece di poter accedere — tra le polemiche dell’opposizione e dei comitati — all’80% delle riserve di SMAT.
Alla fine però Appendino non è riuscita nemmeno ad ottenere quanto voleva perchè non è stato raggiunto un accordo con gli altri soci.
Molto meno reattiva si è dimostrata invece la giunta guidata dalla Appendino sul caso delle palazzine ex-MOI occupate dai migranti.
Infine di questi ultimi giorni è la polemica sui voucher che il Comune di Torino vorrebbe utilizzare per pagare alcuni giovani che svolgerebbero la mansione di mediatore culturale.
In teoria il M5S è contrario all’uso dei buoni lavoro, eppure il Comune di Torino li utilizza. La Appendino in questo caso si è difesa spiegando che si tratta di una decisione della Giunta precedente, tanto per cambiare…

(da “NextQuotidiano”)

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ANTONIO TAJANI ELETTO PRESIDENTE CON 351 VOTI, PITTELLA SI FERMA A 282

Gennaio 17th, 2017 Riccardo Fucile

VINCE L’EQUILIBRIO PRO-TEDESCO

Antonio Tajani, 63 anni, eurodeputato del Ppe, monarchico in gioventù, berlusconiano in età  matura, ex commissario europeo nell’era Barroso: è lui il successore del socialista Martin Schulz alla presidenza del Parlamento Europeo.
A Strasburgo si cambia segno. E così cambia segno tutta la legislatura europea nata nel 2014 o quello che ne rimane.
Si passa dalla spinta anti-austerity, che da Roma aveva contato molto sul sostegno di Juncker, alle pulsioni anti-flessibilità  dei tedeschi impegnati nella loro campagna elettorale per le legislative di fine anno.
Il responso arriva intorno alle 21, in quarta votazione. Tajani fa il pieno di 351 voti, contro i 282 del candidato socialista Gianni Pittella.
Oltre ai Popolari, per il berlusconiano votano i liberali di Guy Verhofstadt, rocambolesco cerimoniere dell’accordo per Tajani dopo aver fallito con il M5s, e i Conservatori di Helga Stevens.
Per Tajani vota anche chi non sta più con Berlusconi in Italia: come Raffaele Fitto, eurodeputato del gruppo dei Conservatori che comprendono anche i Tories di David Cameron.
Non vota per Tajani invece Matteo Salvini con i suoi 4 leghisti eletti, almeno non nelle dichiarazioni ufficiali. E non toccano palla nè Nigel Farage, nè Marine Le Pen, che si tengono lontanissimi dalla contesa tra i due partiti tradizionali.
Mentre in aula scorrono per tutta la giornata gli scrutinii sul nuovo presidente, mentre nei corridoi continuano le riunioni e le trattative tra i gruppi sui voti, mentre si compie la disfatta del candidato socialista Gianni Pittella, la voce insistente dice che la regìa di questa nuova presidenza sta fuori da questo palazzo: a Bruxelles.
Precisamente a metà  strada tra gli uffici del presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker e i socialisti tedeschi.
Obiettivo comune: garantire la stabilità  in Parlamento, frenare l’assalto all’austerity.
Nel pomeriggio, al briefing con i giornalisti a Strasburgo, il portavoce della Commissione Margaritis Schinas smentisce le voci. “Ciò che sta avvenendo qui riguarda solo il Parlamento, noi non abbiamo un ruolo. Ma siamo interessati a che ci sia una maggioranza qui con cui lavorare e per questo vediamo tre punti di riferimento: Pittella, Tajani, Verhofstadt. Siamo fiduciosi nel fatto che una maggioranza ci sarà ”.
Naturalmente nemmeno Schinas smentisce l’obiettivo principale di Juncker: garantire la stabilità  dopo la fine del patto tra socialisti e popolari che finora gli ha garantito il governo della Commissione.
E’ questo che si intende per ‘regìa’ di Juncker sulla nuova presidenza del Parlamento. Ed è per questo che, mesi fa, il presidente della Commissione veniva dato, insieme a Schulz, come il vero artefice della candidatura di Verhofstadt, poi ritiratosi dalla corsa a favore di Tajani.
Nel loro schema, Verhofstadt era il tentativo di mantenere in vita la coalizione tra Pse e Ppe. Schema fallito, perchè Pittella lancia la sua candidatura anti-austerity.
Ma grazie a Verhofstadt la stabilità  viene comunque trovata, a spese di equilibri politici che risultano completamente ribaltati.
Pur senza annunci ufficiali, Juncker e Schulz sono sempre stati dalla stessa parte della barricata in questa tornata. Altrimenti non si spiegherebbe la decisione di Schulz di dimettersi dalla presidenza dell’Europarlamento a dicembre, a sorpresa, senza aver prima avvertito il gruppo o il capogruppo Pittella, informato solo la sera prima.
Il cambio di segno a favore di equilibri pro-tedeschi inizia da lì.
Da quel punto in poi, Schulz è il candidato per le prossime legislative in Germania, probabile ministro di un nuovo governo di coalizione con la Merkel.
Un risultato al quale i socialisti tedeschi contano di arrivare non certo con una campagna elettorale anti-austerity.
Nell’elettorato tedesco infatti la flessibilità  non è argomento popolare. Nel frattempo, Matteo Renzi perde il referendum costituzionale, si dimette e sbiadisce il 40 per cento incassato dal Pd alle europee: unica benzina per le spinte socialiste anti-austerity contro una tornata elettorale europea vinta in massa dai popolari e dagli euroscettici nel 2014.
Ora, un presidente del Parlamento appartenente al Ppe nell’ottica tedesca è più funzionale rispetto a un presidente socialista e per giunta italiano.
Proveniente cioè da un paese che è finito di nuovo nel mirino della commissione Ue sui conti pubblici.
Si doveva scegliere e l’Europa ha scelto Berlino. Il che conviene anche a Juncker, che conserva la presidenza senza spasmi.
Da questa storia, pare che i liberali abbiano guadagnato una vicepresidenza della Commissione Europea.
I rumors vogliono che Juncker stia per assegnare a un esponente dell’Alde l’incarico lasciato dalla bulgara Kristallina Georgieva, che a inizio anno ha traslocato alla Banca Mondiale.
I Conservatori invece entrano di fatto nella stanza dei bottoni del Parlamento insieme a Tajani e soprattutto insieme a Verhofstadt, nominato da Schulz capo negoziatore di Strasburgo sulla Brexit e confermato da Tajani.
Insomma, un asso in più nella manica per gli eurodeputati Tories.
Ne fanno le spese i socialisti. Si indebolisce il grido di battaglia sulla flessibilità  che negli ultimi anni — obtorto collo – era diventata una bandiera anche per Juncker.
Ora i falchi passano all’incasso. Secondo alcuni rumors, persino i Verdi tedeschi avevano difficoltà  a votare Pittella perchè interessati a stringere un accordo di grande coalizione con la Merkel in Germania.
Pittella comunque ottiene il grosso dei voti dei Verdi e quelli del Gue. Ma non basta. La sinistra finisce in minoranza.
La famiglia socialista è così debole da non riuscire nemmeno a ipotizzare un attacco sul fatto che ora il Ppe ha praticamente occupato tutte le alte cariche europee: dalla Commissione al Consiglio passando per il Parlamento.
Piuttosto, ora parte lo psicodramma tra i socialisti.
“E’ tutto aperto”, allarga le braccia una parlamentare del Pse.

(da “Huffingtonpost”)

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FIRME FALSE M5S PALERMO, IL RESPONSO DEI GRAFOLOGI: “”NELLA LISTA 200 FIRME FALSE”

Gennaio 17th, 2017 Riccardo Fucile

GLI ESPERTI HANNO ANCHE INDIVIDUATO ALCUNI DEGLI AUTORI DEI FALSI… DIECI INDAGATI TRA EX CANDIDATI GRILLINI

Gli esperti grafologi nominati dalla procura di   Palermo confermano: nella lista per la presentazione delle candidature del Movimento Cinque Stelle alle amministrative del 2012 c’erano firme false.
Almeno 200, questo dice la relazione presentata oggi dai quattro specialisti al procuratore aggiunto Dino Petralia e alla sostituta Claudia Ferrari.
Quasi 200 erano le firme prese a campione dai magistrati nell’elenco di 1400 finito al centro dell’inchiesta.
Gli esperti hanno anche accertato alcuni degli autori dei falsi.
Dieci gli indagati, ex candidati del movimento, che si erano tutti rifiutati di sottoporsi al saggio grafico.
La procura aveva ordinato dalla Digos di acquisire documenti e scritti per fare i confronti.

(da agenzie)

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“ANDATEVENE DA TRIPOLI E MISURATA”: LA MINACCIA DI HAFTAR ALL’ITALIA E’ IL RISULTATO DELLA VISITA SCONSIDERATA DI MINNITI IN LIBIA

Gennaio 17th, 2017 Riccardo Fucile

ALTRO CHE CONTROLLO DEI BARCONI, PER RISOLVERE IL PROBLEMA LIBICO CI VOGLIONO POLITICI AVVEDUTI, NON POLIZIOTTI MANCATI

Il comando militare dell’Est della Libia ha dichiarato di aver respinto l’offerta del governo italiano di medicinali e di altri aiuti umanitari che il ministro degli Esteri Angelino Alfano aveva annunciato di voler inviare a Tobruk.
L’esercito del generale Khalifa Haftar, che non riconosce il governo di Fajez Serraj a Tripoli, ha detto che “rifiutiamo qualsiasi aiuto dall’Italia prima che le sue le navi da guerra e le truppe italiane abbiano lasciato Tripoli e Misurata”.
Alfano aveva fatto quest’offerta di aiuti umanitari dopo che media e leader politici in Cirenaica da giorni avevano iniziato ad accusare l’Italia di avere una nuova “politica coloniale” a Tripoli, di volersi “ingerire negli affari interni della Libia”, e di essersi schierata con il governo di Tripoli, che Haftar boicotta.
“Non possiamo lamentarci dell’attenzione russa verso Haftar”, aveva detto Alfano, “ma dobbiamo agire interloquendo anche con l’Est” della Libia. E proprio oggi alle Camere il ministro degli Esteri ha ripetuto che “noi siamo stati i primi a dire che un ruolo per Haftar era indispensabile”.
Alfano cita l’attenzione russa verso il generale confermata dalla visita che l’ufficiale ha compiuto su una portaerei russa al largo della Cirenaica, un segnale politico e anche militare molto forte di Mosca a favore del generale-dissidente.
Da mesi Haftar non nasconde l’ambizione di arrivare a controllare tutta la Libia, e suoi ufficiali hanno fatto dichiarazioni molto bellicose, sostenendo che le truppe del Libyan National Army sono pronte a invadere Tripoli per controllarla.
In verità  l’esercito di Haftar è schierato nell’Est del paese (la Cirenaica), e da mesi combatte contro alcuni gruppi di islamisti e integralisti.
Ma nell’Ovest, alle spalle di Tripoli, alcune milizie come quelle di Zintan potrebbero muoversi in alleanza con Haftar contro il governo e le milizie della capitale.
Con la visita a bordo della portaerei “Ammiraglio Kuznetsov”, la Russia in qualche modo ha offerto sul campo militare una conferma del sostegno politico al generale. Un’alleanza che chiaramente fa comodo al generale ex gheddafiano, ma che permette alla Russia di avere voce in capitolo in un altro paese arabo, la Libia, dopo aver realizzato buona parte dei suoi obiettivi in Siria e dopo essersi assicurata una rapporto privilegiato con l’Egitto del generale Al Sisi, un Paese che ha un’importanza strategica in Libia.
In tutto questo la posizione italiana è molto delicata: con ritardo sulla richiesta dei leader libici, in ottobre la Difesa italiana aveva schierato un ospedale da campo a Misurata per sostenere le milizie libiche impegnate nella battaglia contro l’Islamic Stare a Sirte.
L’ospedale doveva essere un segnale dell’impegno dell’Italia a favore del governo riconosciuto dall’Onu. E anche la riapertura dell’ambasciata d’Italia a Tripoli è stata un segnale politico assai importante per il Consiglio presidenziale di Serraj.
Da giorni però l’Italia è nel mirino dei politici vicini ad Haftar che non hanno nessuna intenzione di accordarsi col governo Serraj, e che sbeffeggiano Roma, accusandola di una politica di “conquista coloniale” per screditare l’impegno preso a favore del governo Serraj. Il gesto di Alfano, quello di offrire medicinali ad Haftar che aveva appena ricevuto il clamoroso impegno di appoggio della Russia, viene quindi ridicolizzato, come un tentativo tardivo di offrire un’elemosina ad Haftar che nel frattempo ha il pieno sostegno economico, politico e probabilmente anche militare di Russia, Egitto ed Emirati.

(da “La Repubblica”)

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“ERO UN VU’ CUMPRA, OGGI MIO FIGLIO FA L’AVVOCATO”: LA STORIA DI ALI’ E DEI SUOI SACRIFICI

Gennaio 17th, 2017 Riccardo Fucile

OGNI CENTESIMO PER LO STUDIO DEI SUOI FIGLI

È la storia contenuta in un romanzo, quello scritto da Francesca Fialdini nel libro “Il sogno di un venditore di accendini”, ma è soprattutto una storia vera, quella di Alì, arrivato dal Senegal in Italia con il sogno di un futuro migliore.
Il Corriere della Sera racconta la vita di un ‘vu cumprà ‘ che ha venduto accendini per le strade di Milano per molto tempo, prima di realizzare le promesse di una casa e una famiglia che aveva fatto alla moglie.
Sono passati quasi trent’anni. Oggi Alì vive a Casalpusterlengo, alle porte di Lodi, con la moglie e i suoi tre figli.
E i sogni coltivati con fatica e tenacia hanno dato forse più frutti di quanti lui stesso ne aspettasse.
La casa tanto desiderata, un lavoro da operaio per lui e uno da domestica per sua mogie. Stipendi modesti ma Alì se li è fatti bastare: ha risparmiato un centesimo dopo l’altro per l’istruzione dei suoi figli e adesso il suo primogenito Abdoulaye Mbodj, per tutti Abdou, è il primo avvocato africano del Foro di Milano, sua figlia è ingegnera civile e il terzo arrivato studia come perito agrario.
Nel libro della Fialdini, inviata e conduttrice rai, ci sono elementi romanzati come le lettere che Alì mandava a sua moglie, ma si tratta soprattutto di una storia di vita vissuta, di riscatto ma anche di solidarietà .
Francesca ha conosciuto Abdou durante una premiazione, ha ascoltato la storia della sua famiglia e, come dice lei, “ne sono rimasta catturata, perchè contiene in sè tutta la forza, l’umanità  e la bellezza di chi sa lottare fino in fondo per realizzare i suoi sogni”. Ma è anche una bella storia di mani tese, di italiani che hanno aiutato ogni volta che hanno potuto
La storia di Alì e del successo di suo figlio Abdoulaye (per tutti Abdou), nonostante la bellezza, continua purtroppo a rappresentare un unicum.
Abdou giura che «mai una volta mi sono sentito discriminato» e ricorda con emozione il suo primo giorno di scuola, «quando mi sono presentato col grembiule, scortato da papà  e dal nostro vicino, diventato un amico fraterno».
È stato tanto tempo fa. L’avvocato Abdou adesso ha 31 anni.
Molti, moltissimi altri dopo di lui non ce l’hanno fatta.
Ed è a loro che Francesca dedica il suo libro.

(da “Huffingtonpost”)

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“C’E’ L’AMIANTO? TANTO LA MALATTIA ARRIVA FRA 30 ANNI”: TERZO VALICO, L’INTERCETTAZIONE CHOC

Gennaio 17th, 2017 Riccardo Fucile

COSI’ IL DIRIGENTE COCIV RISPONDEVA AL COLLEGA PREOCCUPATO PER IL MATERIALE DEI CANTIERI

L’amianto non è sempre stata una preoccupazione per i manager del consorzio che sta costruendo il Terzo valico.
Tanto che 18 mesi fa uno dei superdirigenti poi arrestati per gli appalti pilotati, davanti all’allarme di un sottoposto per la presenza della fibra pericolosa nei cantieri lo tranquillizzava: «Tanto la malattia arriva fra trent’anni…».
Le cimici della Finanza stavano registrando tutto.
Per contestualizzare la vicenda occorre tornare alla fine del luglio 2015.
Fra alcuni tecnici del Cociv, raggruppamento d’imprese capeggiato da Salini-Impregilo che realizzerà  la nuova ferrovia Genova-Milano, c’è un po’ di apprensione poichè dagli scavi saltano fuori materiali pericolosi.
Gli abitanti delle aree circostanti protestano, sia in Piemonte dove dovrebbe essere realizzata gran parte del tracciato, sia sul versante ligure.
In quel periodo le Fiamme gialle e i carabinieri, su ordine delle Procure di Genova e Roma, registrano ogni dialogo negli uffici Cociv del capoluogo ligure: molte commesse potrebbero essere state assegnate in modo illegale dal medesimo consorzio, che svolge il ruolo di general contractor affidando lavori pagati con miliardi di soldi pubblici pur essendo un soggetto privato.
C’è una conversazione fra le altre che fa sgranare gli occhi agli investigatori, sebbene non rappresenti di per sè la prova d’un reato.
L’allora numero due Cociv Ettore Pagani – finito ai domiciliari a ottobre proprio per l’affaire appalti – è a colloquio con un collega, allo stato in via d’identificazione.
Il secondo si dilunga in una serie di considerazioni più o meno dettagliate sulle rocce che contengono amianto e sulle contromisure da adottare, lasciandosi andare a un certo punto a un commento inquietante: «Il primo che si ammala è un casino», ripete, riferendosi agli operai che lavorano ogni giorno nelle zone più esposte.
Da Pagani ci si aspetterebbe un approfondimento dei rischi per la salute, ma il tenore della frase che pronuncia di getto è differente: «Tanto – risponde – la malattia arriva fra trent’anni…».
Questo scambio non è contenuto nell’ordine d’arresto notificato nelle scorse settimane, ma fa parte d’un corpo d’intercettazioni già  trascritte dagli inquirenti dopo l’ascolto audio, con le quali si focalizza la spregiudicatezza che ha segnato per lungo tempo la gestione dei cantieri.
Pagani ai tempi era un manager di peso, risultando fra l’altro responsabile di progetto per la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina, opera del cui studio preliminare era stata incaricata Impregilo.
A casa sua i militari del nucleo di polizia tributaria genovese avevano trovato mazzette per quindicimila euro, mentre in altre intercettazioni aveva palesato una certa disinvoltura nel rapporto con gli enti locali.
Parlando con un altro collega dileggiava l’assessore alle Infrastrutture della Regione Liguria Giacomo Giampedrone (giunta di centrodestra guidata da Giovanni Toti) da cui erano state chieste garanzie sulle ricadute occupazionali nelle zone interessate dagli scavi: «Possiamo dirgli – ridacchiava Pagani – che adesso con quel tunnel facciamo una bella garetta, in cui inviteremo sicuramente delle imprese liguri. Non so quale, tanto poi non prenderà  alcun lavoro, eh eh…».
Gli appalti sul Terzo valico rappresentano il cuore dell’inchiesta sulle tangenti per le grandi opere (altri episodi sospetti riguardano i lavori sulla Salerno-Reggio e la nascita del people mover di Pisa) che tre mesi fa aveva fatto scattare 21 misure cautelari. Il tribunale del Riesame le ha confermate e l’Anac, l’autorità  nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, ha chiesto il commissariamento di Cociv, che aveva nel frattempo rimpiazzato il management.

Matteo Indice
(da “La Stampa”)

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TRENITALIA CAMBIA GLI ABBONAMENTI PER L’ALTA VELOCITA’

Gennaio 17th, 2017 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA DEI PENDOLARI: “AUMENTI DEL 35%”… SULLA TORINO-MILANO SI PASSA DA 340 EURO A 459

Trenitalia lancia i nuovi abbonamenti per l’alta velocità , e cambia tutto.
In vendita da oggi ci sono 4 tipi diversi di tagliandi, che si differenziano per costo e giorni di utilizzo.
Ma i nuovi prezzi hanno subito fatto infuriare i pendolari che parlano di una “pesante stangata con abbonamenti in media più cari del 35%”.
Da febbraio, infatti, i pendolari dei Frecciarossa dovranno scegliere se utilizzare un abbonamento completo, per tutta la settimana e valido a tutte le ore o limitato per le corse nella fascia 9-17 (e quindi fuori dall’orario di punta, per i pendolari).
O ancora solo dal lunedì al venerdì in entrambe le modalità  (valido sempre o limitato).
Se però per Trenitalia il prezzo dell’abbonamento mensile sarà  “ammortizzato in una settimana essendo equivalente a 8, al massimo 14, biglietti di corsa semplice al prezzo base” non sono d’accordo i viaggiatori veloci della Torino-Milano.
“Definirla una stangata è un complimento – dice Leonardo Pellegrini del Comitato pendolari Av To-Mi – sono prezzi insostenibili per un gran numero di abbonati”.
Da Torino a Milano, ad esempio, fino ad oggi l’abbonamento mensile costava 340 euro. Con le nuove fasce quello totale con orario libero dal lunedì alla domenica costerà  459 euro mentre dal lunedì al venerdì 408 euro.
L’abbonamento a fascia oraria 9-17 per 7 giorni costa invece 323 euro mentre fino al venerdì 289.
“Un rincaro del 35% – dicono i pendolari – dopo che già  a giugno 2015 i prezzi della Torino-Milano erano passati da 295 a 340 euro
Prezzi aumentati della stessa percentuale anche sulle altre linee.
Sulla Milano-Bologna ad esempio un abbonamento completo a orario libero in classe standard costava 417 euro mentre da oggi costa 563 euro per tutta la settimana e 500 euro dal lunedì al venerdì.
Da Bologna a Firenze invece si è passati da 224 euro a 302 euro (+34,8%) per tutta la settimana e 269 dal lunedì al venerdì e sulla Roma-Napoli da 356 a 481 euro fino alla domenica e 427 euro fino al venerdì.
E così anche sulla Napoli-Salerno(da 170 euro a 230 lun-dom e 204 lun-ven), Venezia-Verona(220 prima, ora 297 lun-dom e 264 lun-ven), Venezia-Milano (355 prima, ora 479 lun-dom e 426 lun-ven) e Verona-Milano (da 225 a 304 lun-dom e 270 lun-ven).
La battaglia sugli abbonamenti dell’alta velocità  va ormai avanti da tempo.
Nel 2016 più volte era stata paventata l’idea da parte di Trenitalia di eliminare gli abbonamenti, come già  fatto da Ntv con Italo.
Poi il cambio di strategia: “Abbiamo mantenuto quanto avevamo anticipato in tutte le sedi confermando gli abbonamenti – ha detto l’ad Barbara Morgante – li abbiamo però differenziati in quattro tipologie anche per venire incontro alle diverse esigenze di quanti li utilizzano e degli altri clienti non abbonati”.
A difesa dei diritti dei pendolari è nato anche il Comitato nazionale pendolari alta velocità  che si è battuto soprattutto contro l’introduzione della prenotazione obbligatoria presentando ricorso al Tar seguito da un ricordo straordinario di Trenitalia al presidente della Repubblica. In attesa della decisione la prenotazione obbligatoria resta valida e da inizio gennaio, per i pendolari che non si prenotano, è scattata la multa di 10 euro a bordo treno.

(da agenzie)

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RESPINTO IL RICORSO SULLA ELEGGIBILITA’ DELLA RAGGI: SUL CONTRATTO I GIUDICI CIVILI NON ENTRANO NEL MERITO, SOLO LA RAGGI PUO’ UN DOMANI IMPUGNARLO

Gennaio 17th, 2017 Riccardo Fucile

LA SOTTOSCRIZIONE DEL CONTRATTO NON E’ PREVISTO “TRA I CASI DI INELEGGIBILITA'” PREVISTI DALLA LEGGE VIGENTE

Il tribunale civile di Roma ha rigettato l’istanza presentata dall’avvocato Venerando Monello, che chiedeva la dichiarazione di ineleggibilità  di Virginia Raggi e la nullità  del contratto sottoscritto dalla stessa con il Movimento 5 Stelle.
Quel contratto dispone il pagamento   di una penale da 150mila euro in caso di violazione del codice etico di M5S da parte della prima cittadina capitolina.
La I Sezione del tribunale civile di Roma ha respinto il ricorso dell’avvocato Monello sia nella parte in cui si chiedeva la nullità  del contratto sia sulla conseguente questione riguardante l’ineleggibilità  della sindaca.
“Le ragioni del rigetto sono molteplici: in primis il tribunale ha rilevato che la sottoscrizione del contratto non rientra tra i casi di ineleggibilità  previsti dalla legge”
Per quanto riguarda la nullità  del contratto il Tribunale dice che tale domanda non rientra in questo particolare tipo di azione e inoltre non è titolare il ricorrente di un interesse ad agire.”
In sostanza è la Raggi un domani a dover impugnare il contratto se le fosse richiesto il pagamento della penale prevista.
Non e’ l’esposto lo strumento giuridico corretto con cui chiedere la presunta nullità  del contratto che norma i rapporti tra la sindaca di Roma Virginia Raggi e la Casaleggio e Associati, è uno dei motivi con cui è stato respinto il ricorso presentato dall’avvocato Venerando Monello sulla presunta incostituzionalità  dell’atto.

(da agenzie)

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