Febbraio 12th, 2017 Riccardo Fucile EMILIANO E ROSSI HANNO RIUNITO LE TRUPPE
Dimissioni da segretario da offrire alla direzione. Assemblea nazionale da convocarsi al più presto. Avvio della fase congressuale da esaurirsi nel giro di poco più di due mesi, con primarie aperte per l’elezione del segretario da celebrarsi il 30 aprile o addirittura anche la domenica subito dopo Pasqua: il 23 aprile.
Salvo cambiamenti dell’ultimo momento, è questa l’idea di Matteo Renzi in vista della attesa direzione nazionale del convocata per domani a Roma.
L’assemblea ‘ribelle’ di Michele Emiliano ed Enrico Rossi oggi al circolo San Bartolo di Firenze ha sciolto gli ultimi dubbi dell’ex premier.
Il governatore toscano chiede una “segreteria di garanzia” dopo le dimissioni del segretario per gestire una fase congressuale non affrettata.
“Bisogna fare le cose in modo normale, e il Paese ha bisogno di un governo che dia risposte”, dice il presidente della Regione Toscana.
Il governatore pugliese non spera in un congresso col “rito abbreviato” e pure lui è per rallentare la macchina: “Bisogna darsi tutti una calmata. Stabilito che le elezioni a giugno le vuole solo Renzi, se ho capito bene, abbiamo tutto il tempo per fare un congresso che consenta a tutti di presentare la propria piattaforma”.
Poi quando Emiliano ammicca anche all’idea di Andrea Orlando eventuale prossimo nuovo Prodi del centrosinistra (“Bisogna pure dare qualcuno da votare a questo popolo del Partito Democratico, quindi è giusto che qualcuno di noi si sacrifichi e si candidi”), al quartier generale renziano scatta l’allarme.
Misura colma, l’ordine di scuderia è di rispondere.
Se ne assume il compito persino un mite democristiano come Lorenzo Guerini.
“A dicembre ci è stato chiesto di non fare subito il congresso, poi no elezioni senza congresso, poi no alle primarie, poi sì al congresso ma non ‘troppo anticipato’.
Ora spunta la segreteria di garanzia. A tutti vorrei rispondere così: se si anticipa il congresso lo si anticipa davvero, senza formule fantasiose, ma con le procedure e la strada indicata dallo statuto e cioè convenzioni nei circoli e poi elezione del segretario con primarie aperte. Punto. Se persino uno mite e calmo come me arriva a dire: finiamola con polemiche inutili che non fanno bene al Pd significa che si è superato il livello di guardia”.
Intanto nella cerchia del segretario si affilano le armi per la guerra.
Statuto alla mano, si fanno i conti sui tempi del congresso. E allora ecco cosa viene fuori: nel 2009, sfida tra Pierluigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino, i congressi nei circoli si fecero a settembre. L’11 ottobre si svolse la convenzione nazionale, vale a dire il momento finale riservato agli iscritti. Primarie il 25 ottobre. In tutto due mesi, anche se va detto che il regolamento che fissò tutte le date autunnali fu approvato dalla direzione il 26 giugno.
Nel 2013, invece, tutto fu molto più celere. E’ la sfida che ha eletto Renzi alla segreteria con le primarie dell’Immacolata, l’8 dicembre. Gli altri candidati erano Pippo Civati e Gianni Cuperlo. Bene: nel 2013 il segretario uscente Bersani si dimise il 19 aprile in seguito all’esito negativo delle candidature di Franco Marini e Romano Prodi alla presidenza della Repubblica e dopo la rielezione di Giorgio Napolitano. L’assemblea del Pd elesse un ‘reggente’ l’11 maggio, il sindacalista e deputato Guglielmo Epifani. Il regolamento per il congresso venne approvato il 27 settembre e la convenzione fu fissata per il 24 novembre, neanche due mesi dopo. Tutto si concluse con le primarie dell’8 dicembre, due mesi e mezzo dopo l’approvazione del regolamento.
Ed è quest’ultimo il modello che Renzi ha in mente. Convinto di riuscire così a riprendere il controllo di un partito che annaspa nel caos, vincere la sfida congresso facendo affidamento sulle primarie aperte e decidere le liste per le prossime politiche, se non anche i tempi.
“Chi dice no, non vuole celebrare il congresso ma mandar via il segretario. Peccato che sceglie la democrazia non i caminetti”, dice il fedelissimo David Ermini.
E su twitter i renziani si scatenano contro Emiliano e Rossi. Un coro cui partecipa anche Emanuele Fiano, esponente di Areadem del ministro Franceschini:
Non a caso gli attacchi però sono mirati ai due governatori. Non al resto della minoranza Pd.
Emiliano e Rossi sono “gli outsider”, per la cerchia renziana. Soprattutto Emiliano, etichettato come colui che con D’Alema per primo ha parlato di scissione.
Mentre in casa del segretario viene invece apprezzata la scelta di Roberto Speranza di non andare all’assemblea ‘ribelle’ di Firenze ma di inviare solo un messaggio dal tono peraltro mite: “Il Pd non può perdere l’anima, rimettiamo il treno sui binari…”.
Entro la prima settimana di marzo Renzi conta di capire se si potrà andare al voto a giugno, concordando con la tempistica indicata anche dal pentastellato Luigi Di Maio. Mentre la data di settembre, apparsa in alcuni retroscena, viene ritenuta irrealistica: significherebbe fare campagna elettorale ad agosto e già per il referendum costituzionale il Pd non ci è riuscito, pochi militanti disposti a sacrificarsi nella calura estiva.
Infatti la campagna partì, e a rilento, in autunno. E poi c’è da dire che emergono anche sondaggi secondo cui la maggioranza del popolo Pd non avrebbe fretta di tornare alle urne, ma vorrebbe che il governo Gentiloni durasse fino al 2018. Come dice oggi Romano Prodi.
Anche per questo contorno sempre più incerto sulla data del voto, per Renzi la battaglia per il congresso subito ha assunto ormai un’importanza più che strategica nella guerra per la ‘rinascita’ politica.
Le pedine sono piazzate: l’assise si annuncia già ora imbrattata dalla lotta per i posti in lista tra renziani e non renziani per le elezioni che verranno, prima o poi.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: PD | Commenta »
Febbraio 12th, 2017 Riccardo Fucile IL 58% E’ CONTRARIO AD ELEZIONI ANTICIPATE, IL 62% VUOLE IL CONGRESSO A BREVE
La maggioranza degli elettori del Pd vuole votare alla scadenza della legislatura, ovvero a febbraio
del 2018.
È quanto emerge da un sondaggio di ScenariPolitici per HuffPost.
Il 58% degli intervistati è contrario a elezioni anticipate. Il 32% vorrebbe invece andare alle urne a giugno. Solo il 10% voterebbe in autunno.
Sulla legge elettorale da utilizzare per il voto, la maggioranza si schiera contro i capilista bloccati. A essere contrario è il 61%. Mentre per il 18% dovrebbero essere bloccati. Secondo il 21% è indifferente.
Sul sistema elettorale preferito, il 56% vorrebbe il ritorno al Mattarellum. Al 44% invece basterebbe l’omogeneizzazione della legge elettorale della Consulta tra Camera e Senato.
Per il 58% il premio di maggioranza dovrebbe essere dato alla lista, mentre il restante 42% lo vorrebbe dare alla coalizione.
La maggioranza degli elettori del Pd inoltre vorrebbe il congresso anticipato.
Secondo il 62% il congresso dovrebbe celebrarsi subito o comunque prima di eventuali elezioni.
Solo il 33% lo vorrebbe a scadenza naturale, ovvero a fine 2017.
Qualora non si dovesse fare il congresso, il 71% dei sostenitori democrat vorrebbe le primarie per scegliere il candidato premier.
Solo il 21% vorrebbe direttamente Matteo Renzi.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: PD | Commenta »
Febbraio 12th, 2017 Riccardo Fucile AVEVA CHIUSO LA STRADA PERCHE’ “IL COMUNE CHE OSPITA UNO SPRAR NON PUO’ OSPITARE ALTRE STRUTTURE GESTITE DA PRIVATI”… IL PROBLEMA SONO I COMUNI CHE NON COLLABORANO E CHE SCARICANO L’ACCOGLIENZA SUGLI ALTRI
Per impedire l’arrivo di nuovi immigrati nel suo paese, un sindaco ha chiuso la strada con un’ordinanza e ha fatto scaricare una massa di terra per bloccare l’unica via d’accesso alla struttura ricettiva. Ma dopo alcune di polemiche, arriva l’accordo: la prefettura chiude il centro, non arriveranno altri rifugiati, e, di fatto, l’ordinanza decade.
E’ accaduto a Vitulano, in provincia di Benevento, dove il primo cittadino, Raffaele Scarinzi, afferma: “Con gli immigrati bisogna che lo Stato rispetti i patti e le regole con gli enti locali. I comuni che già ospitano uno Sprar non possono ospitare altre strutture per immigrati gestite da privati”.
Vitulano ha già un Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati ma nei giorni scorsi, dopo la chiusura di un altro centro in periferia di Benevento, era stato disposto dalla prefettura il trasferimento di altri 34 migranti.
I rifugiati avevano protestato perchè a loro avviso la sistemazione non era adeguata. Ma anche i cittadini di Vitulano avevano contestato la scelta di destinare altri migranti in paese.
Così il comune è intervenuto con l’ordinanza sindacale che è stata eseguita scaricando una massa di terra sull’unica via di accesso – la strada comunale Castello /Arnara – alla struttura ricettiva.
“Ma dopo un’ora l’abbiamo tolta – dice Scarinzi – saranno stati non più di 30 centimetri di terreno. Chi parla di muro commette un errore. Qui non si alzano muri, era solo un modo per far capire che c’era un’ordinanza da rispettare”.
La terra che impediva il passaggio per motivi di sicurezza – sia per i danni dell’alluvione del 2015 sia per l’andirivieni continuo di mezzi – è ora accumulata sul ciglio della strada e le transenne sono stata spostate.
In serata la prefettura di Benevento ha comunicato che la struttura ricettiva è stata chiusa e che dunque a Vitulano non saranno alloggiati altri migranti.
Questo significa, spiega il sindaco, che di fatto l’ordinanza, “che era stata adottata perchè la strada non era idonea a reggere il traffico ulteriore determinato dalla presenza, oltre che dei migranti, anche di carabinieri, operatori, volontari”, non ha più ragion d’essere ed è destinata ad essere ritirata.
A settembre il sindaco di Vitulano aveva guidato la rivolta dei comuni virtuosi che aderiscono alla rete Sprar, facendo integrazione e accoglienza, ma poi senza essere interpellati si trovano sul proprio territorio altre decine di migranti in strutture temporanee prefettizie.
Oggi Scarinzi spiega: “Abbiamo la cultura dell’accoglienza, ma deve essere sostenibile. Qui da noi i migranti stanno meglio che altrove, ma se lo Stato non rispetta i patti è legittimo protestare”.
E intanto interviene su Facebook il segretario della Lega e presidente NcS Matteo Salvini: “Il sindaco di Vitulano (Benevento) ha chiuso una via comunale per evitare l’arrivo di nuovi immigrati previsto dalla prefettura. Per qualche buonista ha sbagliato, per me ha fatto bene! Il sindaco è del Pd: razzista, populista e leghista anche lui..? Comunque sarò appena possibile a trovare i cittadini di Vitulano”.
Il sindaco Scarinzi replica: “Lo ringrazio dell’attenzione, ma penso che non ci sia bisogno della sua visita su questa questione specifica. Se poi ci vuole venire a trovare, sarà nostro gradito ospite”.
(da “La Repubblica“)
argomento: emergenza | Commenta »
Febbraio 12th, 2017 Riccardo Fucile LA PROPOSTA APPROVATA CON IL 60,4% DEI VOTI
Sì degli svizzeri alla naturalizzazione facilitata per i giovani stranieri di terza generazione: chiamati
oggi alle urne, gli elettori elvetici hanno approvato con il 60,4 % dei voti a favore una modifica costituzionale che consenta ai nipoti di immigrati sotto i 25 anni di affrontare meno ostacoli per ottenere il passaporto rosso crociato.
Lo riferisce il sito della televisione svizzera.
Trattandosi di una modifica costituzionale, il testo aveva bisogno della doppia maggioranza degli elettori e dei cantoni.
L’oggetto ha ottenuto anche la maggioranza dei cantoni e semi-cantoni, con 19 a favore e sette contrari.
Cocente sconfitta invece per la Riforma III dell’imposizione delle imprese, bocciata dal 59,1 % dei votanti.
Inoltre quasi tutti i Cantoni hanno bocciato il progetto approvato nel giugno scorso dal parlamento e combattuto da un referendum del Partito socialista.
Senza sorprese, gli Svizzeri hanno infine approvato il tema meno controverso, la creazione di un Fondo per finanziare le strade nazionali e il traffico d’agglomerato (Fostra). I voti favorevoli al decreto federale sono stati pari al 61,95%.
(da agenzie)
argomento: Europa | Commenta »
Febbraio 12th, 2017 Riccardo Fucile CINQUE I FERITI, UNO IN CODICE ROSSO
Ritraeva Matteo Renzi con una maschera di Paolo Gentiloni, a sedere su una tartaruga, la parte del carro crollato a Follonica (Grosseto), probabilmente per colpa di un perno che è collassato.
La figura è caduta su un lato, nel lungomare davanti alla Torre Azzurra, durante la prima sfilata della cinquantesima edizione del carnevale follonichese. Complessivamente le persone ferite portate in ospedale sono cinque.
Il più grave è un uomo di 71 anni, portato a Siena con il Pegaso, che è rimasto incastrato sotto il mascherone.
Tra gli altri feriti, in modo non grave, anche una bambina di 4 anni e altre tre persone. Altre due persone sono rimaste contuse e sono stati medicati sul posto.
Il carro è stato sequestrato e i carabinieri hanno avviato le indagini per capire le cause del crollo della grossa figura che si abbattuta sul pubblico che stava assistendo alla sfilata.
Il sindaco di Follonica, Andrea Benini, che era proprio nel luogo dell’incidente ha voluto ringraziare tutti, “i rioni, le forze dell’ordine, il 118,i volontari, i medici e gli infermieri presenti nel percorso, i vigili del fuoco, la protezione civile, intervenuti subito”.
Le operazioni di sgombero sono ancora in corso.
“Siamo frastornati e dispiaciuti perchè la giornata era iniziata nel migliore dei modi” ha aggiunto ha sottolineato come “anche numerosi cittadini hanno collaborato con grande senso di umanità e civiltà ”.
(da agenzie)
argomento: Costume | Commenta »
Febbraio 12th, 2017 Riccardo Fucile “VOTARE ADESSO E’ DA IRRESPONSABILI, NO ALL’USCITA DALL’EURO”
“Non si può andare al voto a giugno. Le elezioni prima di novembre sono impossibili. Portare il Paese
alle urne in queste condizioni è da irresponsabili”.
Il messaggio di Silvio Berlusconi è chiaro. È rivolto a Matteo Renzi ma soprattutto a Matteo Salvini che a volte è un po’ “sbruffoncello”.
Il leader forzista prende tempo. Anche perchè il suo obiettivo è ricandidarsi per la settima volta: “Quando la Corte di Strasburgo mi restituirà questo diritto”.
Nel frattempo punta a una riforma elettorale completamente proporzionale e ammonisce il capo della Lega: “Saremo ancora alleati ma non sarà lui il leader del centrodestra”. E di certo Forza Italia non darà mai il suo sostegno a un governo guidato dal M5S.
Quindi presidente lei vuole ricandidarsi davvero?
“Non dipende da me, dipende dai giudici di Strasburgo. Sono in attesa di una sentenza che mi restituisca il diritto di presentarmi al giudizio degli elettori, rimediando a una grave ingiustizia che ritengo di aver subito”.
La sentenza è stata emessa dai tribunali italiani. Ma chi glielo fa fare di rimettersi in pista?
“Non posso ignorare la richiesta pressante che mi giunge dai militanti e dagli elettori di Forza Italia. Quindi, in un modo o nell’altro, alle elezioni sarò presente. I giudici di Strasburgo tengano presente che la loro sentenza non riguarda un privato cittadino, cosa che sarebbe comunque importante, riguarda la democrazia in un grande Paese europeo “.
Quindi preferisce non tornare al voto subito. A giugno è possibile?
“Mi pare complesso. Ci vorrebbe un grande accordo sui meccanismi elettorali che per ora non vedo. È importante, anzi è essenziale, che gli italiani possano tornare al voto al più presto, e scegliere finalmente da chi vogliono essere governati. L’ultima volta che questo è accaduto è stato nel 2008, con il governo Berlusconi. Ma occorre ragionevolezza, è meglio impiegare due-tre mesi in più ed arrivare al voto con una legge elettorale che funzioni, piuttosto che votare subito in una situazione come l’attuale, senza aver neppure armonizzato i sistemi elettorali di Senato e Camera, come ha giustamente chiesto il Capo dello Stato”.
Ma lei appoggerebbe con il Pd una legge elettorale che preveda il premio alla coalizione?
“Nella realtà di oggi qualsiasi premio di maggioranza significherebbe consegnare il governo del Paese a una minoranza relativamente ristretta. Il premio di coalizione è forse meno irragionevole del premio di lista, che indurrebbe a forzature senza senso, ma non è la soluzione del problema. Vede, qualunque tipo di correttivo maggioritario ha senso in uno scenario bipolare. Quando si confrontano due schieramenti omogenei, ed uno dei due vince avvicinandosi al 50%. Oggi in Italia lo scenario è tripolare e quindi il polo che prevalesse poco al di sopra del 30% necessiterebbe di un premio vicino al 25%, assolutamente eccessivo”.
Quindi lei vuole un sistema completamente proporzionale?
“È quello che chiediamo. Se gli elettori decideranno di dare la maggioranza a un partito o a uno schieramento, questo legittimamente governerà , e naturalmente ci auguriamo di essere noi; se non decideranno questo, sarà inevitabile successivamente al voto fare qualche tipo di coalizione”.
Certo, i vostri rapporti con Lega e Fdi non sono idilliaci. Vi presenterete ancora insieme?
“Credo che il centro-destra sia il solo schieramento politico in grado di far uscire il Paese dalla crisi. Essere uniti è importante, purchè su un progetto davvero condiviso. Il centro- destra non può pensare di avere un futuro soltanto intercettando le paure e il malcontento degli italiani. Lo scetticismo degli elettori si batte con la serietà delle proposte e delle idee”.
Salvini però vuole essere il leader di questo schieramento.
“Con Salvini e Meloni ci siamo visti. Va tutto bene. In privato Matteo mi abbraccia, dice che ho ragione io. Poi in pubblico fa un po’ lo sbruffoncello. Ma ormai lo conosco. Lui lo sa che non può essere il candidato premier. Sul programma siamo d’accordo al 95%. Solo sull’uscita dall’euro siamo in disaccordo”.
Non è una cosa da poco. La Lega ne sta facendo un cavallo di battaglia.
“Sono stato molto critico sul modo nel quale l’Italia è entrata nell’Euro. Forse è stato sbagliato entrarci. Ma oggi uscire dall’Euro sarebbe velleitario, l’Italia ne avrebbe ripercussioni gravissime per il suo debito pubblico e anche per le aziende e per il risparmio degli italiani. I tassi d’interesse schizzerebbero in su, l’inflazione ripartirebbe galoppante, ondate speculative travolgerebbero la nostra moneta. Quello che potremmo studiare però è la possibilità di una moneta italiana con una doppia circolazione di moneta, euro e lira, in modo da riacquisire una parziale sovranità monetaria. L’Europa, però, deve cambiare strada con urgenza altrimenti la fine non solo dell’Euro ma dello stesso sogno europeista sarà inevitabile”.
È’ sicuro che l’idea di una moneta parallela sia praticabile?
“Ne ho discusso con tanti professori e economisti. Lei forse non ricorda che dopo la guerra in Italia c’era l’Am-Lira. Quando mia madre mi mandava a fare la spesa, pagavo con quella moneta. Funzionava benissimo”.
Quindi una sorta di “Am-euro”?
“Oggi ovviamente si chiamerebbe lira e basta”.
Lei prima faceva riferimento alle alleanze dopo il voto. In caso di stallo darebbe i suoi voti a un governo presieduto da un esponente del M5S?
“Ovviamente no. Mi pare che il M5S dimostri ogni giorno di più di non essere in grado di governare il Paese. La vocazione totalitaria travestita da antipolitica preoccupa davvero. Non so quale sia il vero obbiettivo di Grillo e Casaleggio, so però che i toni e il linguaggio del comico genovese ricordano fenomeni di totalitarismo. D’altra parte Grillo è certamente abile nell’intercettare situazioni di malessere che esistono. La proposta di reddito di cittadinanza, per esempio, come la declina lui è impraticabile, ma coglie un problema reale, il dilagare della povertà che riguarda ormai, in forme più o meno gravi, 15 milioni di italiani. Stiamo studiando una formula che possa funzionare anche in Italia, partendo dagli studi sull’imposta negativa sul reddito del grande economista liberale Milton Friedman”.
Quindi non resta altro che il ritorno alle larghe intese. Sosterrebbe di nuovo un governo guidato dal Pd?
“Sinceramente preferisco pensare di dare i nostri voti a un governo guidato da una figura indicata dagli elettori di Forza Italia e del centro-destra”.
Matteo Renzi ha ancora un futuro politico?
“Dipende da lui. Renzi ha commesso tanti errori. Ha creduto che essere brillante nei dibattiti e avere la battuta pronta, significhi avere un progetto in grado di convincere gli italiani. Di fatto ha svuotato di significato il Pd senza modernizzarlo. Oggi è in evidente difficoltà , anche nel suo partito. Può uscirne ma deve capire che in politica non basta essere brillanti, occorre avere delle idee e dei valori nei quali credere con forza”.
Le piace Gentiloni?
“Gli riconosco uno stile e un garbo dei quali nella vita pubblica italiana si sentiva decisamente il bisogno. Sul piano personale ne ho stima, sul piano politico non posso dimenticare che guida un governo espressione del Pd e quasi fotocopia di quello di Renzi. Quindi siamo coerentemente, e ragionevolmente, all’opposizione”.
Parlava di economia in crisi. Qualche problema ce l’ha pure Mediaset. La cederà ?
“La mia famiglia considera Mediaset assolutamente incedibile. E’ una storia industriale italiana della quale sono orgoglioso di essere il fondatore e sono ancor più orgoglioso di come i miei figli e i miei collaboratori hanno continuato la mia opera facendo crescere l’azienda e mantenendole il ruolo di protagonista dell’informazione e dello spettacolo nel nostro Paese. Il destino della famiglia Berlusconi e quello di Mediaset sono indissolubilmente legati”.
È possibile un accordo con Vivendi?
“Noi non abbiamo mai voluto la guerra con nessuno. Ma è necessario che tutti stiano ai patti, alle regole e alle leggi. Su queste basi, ma solo su queste basi, gli accordi sono sempre i benvenuti”.
(da “La Repubblica”)
argomento: Berlusconi | Commenta »
Febbraio 12th, 2017 Riccardo Fucile SCARSEGGIA LA FIDUCIA, MA IL DOPO SAREBBE ANCHE PEGGIO
Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera pubblica oggi i risultati di un sondaggio molto interessante che riepiloga l’atteggiamento degli italiani nei confronti dell’Unione Europea e della moneta unica.
Oggi infatti la maggioranza assoluta (59%) dichiara di non avere fiducia nell’Ue mentre solamente un italiano su tre (36%) manifesta un’opinione positiva.
Dal 2008 l’indice di fiducia si è dimezzato, passando da 75 a 38, e molte persone hanno cambiato idea dopo la crisi del 2012.
Ciò nonostante, se si tenesse un referendum per uscire dall’euro, secondo il campione di IPSOS-PA, il 41% voterebbe per rimanere nella valuta unica e il 33% per uscire dall’euro (il 26% è senza opinione); se si tenesse invece un referendum per uscire o per restare nell’UE, il 49% voterebbe per restare, il 25% per uscire e il 26% è senza opinione.
Spiega Pagnoncelli che le opinioni sono fortemente influenzate dall’orientamento politico: infatti solo gli elettori del Pd e i centristi si mostrano eurofili, mentre a favore dello «strappo» risultano in misura molto netta i leghisti e i pentastellati e in misura più contenuta gli elettori di Forza Italia.
Ciò spiega il crescente innalzamento dei toni contro i leader e le istituzioni europee da parte degli esponenti dei partiti di opposizione, alcuni dei quali sono stati definiti «sovranisti»: attaccare l’Europa rende molto, compatta l’elettorato e consente di individuare un bersaglio comune su cui riversare l’insoddisfazione per le condizioni economiche e occupazionali in cui versa il nostro Paese e le responsabilità della gestione dei flussi migratori.
I grillini che vogliono uscire dall’euro sono il 57%, i leghisti il 71%; i grillini che vogliono rimanere in Europa sono il 34%, i leghisti il 21%.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Europa | Commenta »
Febbraio 12th, 2017 Riccardo Fucile LE DIMISSIONI PER UN CONGRESSO IMMEDIATO ED ELEZIONI A BREVE ACCENTUANO LA RESA DEI CONTI CHE POTREBBE PERO’ PORTARE GUAI SIA A LUI CHE AI SUOI OPPOSITORI
Giocare d’anticipo, evitare di restare per mesi sulla graticola e dunque lasciare – già domani in
Direzione – anche la carica di segretario Pd, per tenere il Congresso subito, battere la minoranza interna e avviarsi verso elezioni a giugno.
Da giorni, ormai, è questo il progetto attribuito a Matteo Renzi.
E viene da chiedersi se tanto il segretario, quanto i suoi oppositori, abbiano riflettuto a fondo sullo scenario che rischiano di determinare.
Infatti, se le parole pronunciate in queste settimane dall’uno e dagli altri hanno un senso, il quadro che potrebbe presentarsi al Paese tra qualche giorno non è difficile da tratteggiare.
In estrema sintesi: Matteo Renzi si dimette dalla segreteria, rendendo inevitabile un Congresso subito; la minoranza interna contesta la scelta, definendo quel Congresso una farsa e un plebiscito; i candidati-segretari (da Speranza a Rossi, fino a Emiliano) si ritirano dalla corsa; la scissione «da sinistra» diventa inesorabilmente realtà ; il governo Gentiloni ne viene travolto e, dopo aver rabberciato una qualche legge elettorale, si va a elezioni con un Pd diventato «centrista» e una nuova forza di sinistra concorrenzialmente in campo.
Fermiamoci qui, perchè ce ne è già abbastanza per chiedere all’uno e agli altri (ma stavolta soprattutto all’uno, cioè a Renzi) un supplemento di riflessione.
C’è modo e modo, infatti, di consegnare il Paese a forze e movimenti che – soprattutto dopo la «prova generale» di Roma – non paiono ancora in grado di esercitare una efficace azione di governo: quello che sembra abbia deciso di sciegliere il Pd, però, è certamente il più incomprensibile e inatteso di tutti.
Matteo Renzi, infatti, non può non sapere (D’Alema lo ha detto in chiaro, da un palco) che l’accoppiata congresso subito ed elezioni a giugno porterebbe inevitabilmente alla spaccatura: perchè insiste, allora?
L’idea di partenza era rinnovare e rinvigorire il Pd, non «rottamarlo».
E poi: considera davvero così mal messo il suo partito da preferirgli una nuova forza che faccia da calamita per ruderi centristi disseminati qua è là ? Si fa fatica a crederlo: eppure sembra questo l’approdo inevitabile, se domani la Direzione dovesse davvero seguire il canovaccio fin qui anticipato.
Altre vie – e non per il bene del Pd, ma per gli equilibri e la tenuta del sistema – sono ancora possibili, naturalmente: basta ricercarle.
Renzi può rilegittimare il suo ruolo – per esempio – attraverso una discussione dura e vera nel partito, piuttosto che con una prova di forza che rischia di trasformarsi nella nascita di due modeste debolezze; può rimettersi a tessere la tela di un accordo su una buona legge elettorale, recuperando una posizione centrale; e può riprendere la sua battaglia contro «sovranisti» e pentastellati – ancora in ascesa – magari con toni e argomenti più consoni al partito che è stato chiamato a guidare. Può provare a ritrovare centralità , insomma, attraverso la politica, piuttosto che ricorrendo ad una conta che rischia di esser distruttiva.
Tutto sta, naturalmente, ad averne voglia e capacità .
Non c’è chi non riconosca a Renzi energia e idee innovative utili a rinnovare il bagaglio culturale della sinistra. Che la prima e le seconde debbano oggi servire a dividere in due il partito di cui è stato acclamato segretario con larga maggioranza, è inspiegabile. L’impressione è che una tale svolta, insomma, non farebbe bene a nessuno.
E probabilmente, prima di tutto a lui.
Federico Geremicca
(da “La Stampa”)
argomento: Renzi | Commenta »
Febbraio 12th, 2017 Riccardo Fucile “LA CAPITALE DIMOSTRA CHE IL M5S E’ IMBARAZZANTE, MA L’ODIO ANTI-CASTA RESTA ALTISSIMO”
Ora che la “storia” e i tribunali gli stanno dando ragione, tutti hanno ricominciato a cercarlo.
Ma lui, l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, ha deciso di distillare le sue esternazioni, da quasi due mesi non parla, a dispetto della crisi manifesta nella quale è caduta l’amministrazione capitolina a Cinque Stelle.
Certo, il professor Marino non ha smarrito il suo “bisturi” e in questa intervista a “La Stampa” fa la prima analisi di sei mesi di giunta Raggi: «Lo dico con rispetto ma finora mi sembra che non sia emersa neppure un’idea di città . E neanche una sola idea su come affrontare i dossier più importanti: sviluppo urbanistico, rifiuti, traffico, stadio proposto dalla Roma, aiuto al sociale e ai più deboli. Sei mesi purtroppo caratterizzati dal nulla».
Difficile ricordare nella storia della Repubblica, l’amministrazione di una grande città segnata da una striscia così lunga di infortuni, conflittualità interne, paralisi. Ma se continua così per altri quattro anni, che accade di Roma?
«Guardi, le cito – tra i tanti – un solo caso, meno noto ma eclatante. Ciclo dei rifiuti: avevamo lavorato per due anni ed eravamo pronti con un Eco-distretto, un impianto di bio-digestione capace di ingerire e trasformare in gas, cioè in ricchezza, il rifiuto organico delle nostre cucine, che a Roma ammonta a 500 mila tonnellate all’anno. Prima hanno deciso di cancellarlo, poi l’altro giorno, al momento del voto in Consiglio, i Cinque Stelle hanno deciso di non votare. Cioè di non decidere. Siamo davanti ad uno stato confusionale difficile da definire. Ma se continua così la città rischia di entrare in uno stato di eutanasia».
Se proprio non ce la fanno, non sarebbe meglio, per loro, e per Roma, chiudere l’esperienza della giunta Raggi?
«Non è un caso che nessuno, a sinistra e a destra, chieda in modo convinto le dimissioni della Raggi. Dopo la decisione sciagurata del gruppo dirigente del Pd di abbattere il proprio sindaco andando dal notaio e la vittoria scontata dei Cinque Stelle, era naturale attendersi che la rottura con la logica consociativa, già contrastata fortemente dalla mia giunta, potesse proseguire con Virginia Raggi. Sembrava. Ma le difficoltà dei Cinque Stelle sono talmente tante che non riescono a guidare la città e dunque i veri padroni continuano ad essere i poteri forti e il consociativismo dei partiti, che guidano Roma attraverso le seconde file: Dipartimenti e funzionari…».
Ma se i leader nazionali spingessero il bottone dell’affondamento…
«Ma non lo spingono! Anzitutto perchè a loro di risolvere i problemi di Roma non interessa. Ma soprattutto perchè l’esperienza dei Cinque Stelle a Roma è un tale imbarazzo nazionale e internazionale che diventa funzionale a dimostrare che sono inadatti a guidare il Paese. Ma continuano a sbagliare analisi…».
In che senso?
«La classe dirigente dei partiti tradizionali è così screditata che se un domani si presentasse Paperino e potesse dimostrare di avere un’idea di città e di non fare parte della vecchia partitocrazia, Paperino vincerebbe. Ma Roma, dove votano quasi tre milioni di elettori anche alle Politiche, non merita un sindaco qualunque».
Roma sta diventando la capitale del no a tutto…
«Roma deve uscire dall’isolamento nel quale è entrata. Nell’immaginario planetario Roma avrebbe un profilo straordinario, esercitabile con naturalezza e che invece viene continuamente mortificato. Prima è stato detto no alle Olimpiadi e su questo fronte credo che Roma potrebbe assumere un’iniziativa, scrivendo alla sindaca di Parigi: cosa possiamo fare per favorire la vittoria di una Capitale dell’Unione europea come Parigi, tra l’altro l’unica città al mondo gemellata con Roma?».
Lo stadio si farà mai?
«Non è condivisibile la visione di città espressa da un urbanista tecnicamente preparato come l’assessore Berdini e da lui riassunta nell’espressione: “I costruttori l’hanno presa tra i denti”. La mia amministrazione ha preteso un vero controllo sui privati, chiedendo quasi 400 milioni di opere pubbliche pagate dai costruttori. Le tre torri di Daniel Libeskind, uno dei più grandi architetti del destrutturalismo e al quale è stato affidato il progetto di rinascita di Ground Zero, garantirebbero qualità architettonica. Senza trascurare che i grandi gruppi internazionali potrebbero essere attratti, anche per la vicinanza con l’aeroporto, a realizzare lì i loro headquarter».
Domani decisiva direzione del Pd: che cosa spera?
«Vede, quando in sala operatoria c’è un evento avverso, gli specialisti si riuniscono con chi guidava in quel momento l’intervento per capire se e come sia stato commesso un errore, cercando di prevenirne la ripetizione. Il Pd non si è mai riunito per capire l’errore, non ha mai chiesto scusa ai “famigliari”, ai romani, come se non fosse accaduto nulla. Da Roma in poi sono seguite diverse sconfitte, culminate col referendum. È arrivata l’ora di elaborare quel lutto con analisi e ravvedimenti veri».
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
argomento: Roma | Commenta »