Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
SOTTO ACCUSA I LAVORI ALLA SEDE DELLA REGIONE, INAGIBILE DOPO IL TERREMOTO
Nell’ambito di un’inchiesta della procura della Repubblica dell’Aquila, il presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, è indagato per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio.
Secondo quanto si è appreso, il governatore è coinvolto insieme a un’altra quindicina di persone tra funzionari e imprenditori in un’indagine riguardante il cantiere dei lavori di palazzo Centi all’Aquila, che prima del sisma del 2009 ospitava gli uffici della giunta regionale.
Sarebbero in corso perquisizioni anche domiciliari in diverse città d’Abruzzo, dopo quella negli uffici regionali di palazzo Silone. Oltre che dai Carabinieri, l’indagine è portata avanti anche dalla Polizia di Stato.
Già sindaco di Pescara e segretario regionale del Pd, nel 2008 D’Alfonso fu sottoposto agli arresti domiciliari – poi revocati dopo pochi giorni – per concussione nell’ambito di un’inchiesta sulla gestione dei cimiteri, affidata a privati.
Fu assolto nel 2013 con formula piena per non aver commesso il fatto.
Candidatosi alla presidenza della Regione Abruzzo per il centrosinistra come vincitore delle primarie di coalizione, il 26 maggio 2014 venne eletto con il 46,3% dei voti contro il 29,26% dell’avversario del centrodestra Giovanni Chiodi.
Da parte sua D’Alfonso si dichiara “estraneo ai fatti”, come scrive sulla sua pagina Facebook: “Questa mattina ho appreso che è in corso una verifica del mio operato da parte della procura dell’Aquila per tre distinte vicende – si legge sul profilo del governatore- Ritengo che la mia posizione sia assolutamente estranea a qualsivoglia fattispecie di reato e auspico un espletamento rapidissimo di ogni indagine. Ho fiducia nell’operato della magistratura così come ne avevo in passato, quando è stata sempre accertata la liceità delle mie condotte amministrative”, conclude.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
L’ENNESIMA POLIZZA POCHE ORE DOPO L’AVVISO DI GARANZIA ALLA SINDACA… CHE PARTITA STANNO GIOCANDO?
L’inchiesta per abuso di ufficio della Procura di Roma che tiene insieme la sindaca Virginia Raggi, il
suo ex capo della segreteria Salvatore Romeo e l’ex capo del personale del Campidoglio Raffaele Marra squarcia un nuovo velo di segretezza.
E la storia prende ora un ennesimo giro.
Due i fatti nuovi.
Il primo: le polizze sulla vita accese da Salvatore Romeo “a beneficio e insaputa” di Virginia Raggi sono tre. Non due, come noto sin qui. E la terza, di 8 mila euro, è stata accesa da Romeo il 26 gennaio scorso, quarantotto ore dopo la notifica dell’avviso a comparire alla Raggi.
Il secondo: Salvatore Romeo era titolare di una cassetta di sicurezza che venne completamente svuotata il 19 dicembre 2016, un lunedì. Primo giorno utile dopo l’arresto di Raffaele Marra, entrato a Regina Coeli con l’accusa di corruzione il venerdì precedente, il 16 dicembre.
E dunque, che significato hanno queste due nuove circostanze? In che modo autorizzano a leggere o rileggere i rapporti tra tre dei “quattro amici al bar” che per otto mesi hanno avuto le chiavi della città ?
Quale partita si sta giocando? Chi è vittima, se ce ne è una, e chi carnefice?
Per provare ad afferrare un filo e abbozzare qualche parziale risposta, conviene tornare al momento in cui questa storia conosce il suo ennesimo twist: la notte dell’8 febbraio scorso, quando Salvatore Romeo entra alle 19 negli uffici della Procura di Roma, da cui uscirà alle 2 del mattino. “Ho passato giorni migliori”, dice.
E ora si capisce il perchè. Il Procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Francesco Dall’Olio hanno in mano un atto acquisito dai nuovi accertamenti della squadra mobile di Roma che li sconcerta.
E’ appunto una terza polizza vita del modesto valore di 8 mila euro accesa da Romeo con beneficiaria Virginia Raggi. Stesse modalità delle altre due (risalenti al gennaio 2016, sei mesi prima dell’elezione della Raggi a sindaca di Roma e della nomina di Romeo a suo capo della segreteria) e dunque identica impossibilità della “ignara” beneficiaria (la Raggi) di riscuotere il premio in circostanze diverse da quelle della morte dell’assicurato. Ma dal tempismo apparentemente “irragionevole”, al limite dell’autolesionismo.
Dunque – domandano i pm a Romeo – per quale diavolo di ragione era stata accesa quella terza polizza in un momento in cui l’indagine della Procura aveva acceso un faro sulle precedenti due e la Raggi si preparava per giunta ad affrontare il suo interrogatorio? Per metterla in difficoltà ? Per alzare una cortina di fumo?
Romeo mette a verbale una risposta buona per chi vuole crederci. “Ho acceso la terza polizza per affetto verso Virginia Raggi. E lo volevo fare in un momento per lei particolare”.
Come se volesse dare ad intendere che in quella sua decisione non avesse giocato neppure per un attimo la considerazione che non era esattamente quello il momento per dimostrare “vicinanza” con una bella assicurazione già oggetto di indagine.
Che accendere polizze sulla vita ad insaputa della Raggi equivalesse al rito di un cero ex voto.
Dunque? C’è una seconda ipotesi. Più raffinata.
Che la mossa di Romeo, in quell’ultima settimana del gennaio scorso, sia studiata. E lo sia per precostituirsi la spiegazione che lui stesso si prepara a dare ai pm, secondo la quale quell’accendere assicurazioni a beneficio di ignari “amici” e “persone stimate” sia una prassi così innocua e “seriale” che aveva ritenuto di doverla e poterla proseguire anche nel pieno di un’inchiesta che lo coinvolgeva insieme alla beneficiaria (la Raggi) e che aveva quale suo oggetto proprio l’esame della natura e del fine di quelle polizze. Decisive per comprendere l’esistenza o meno di un conflitto di interesse.
Se così fosse, se Romeo cioè manovra non per dabbenaggine, ma perchè ossessionato dalle sue polizze, bisognerebbe capire il perchè. Per complottare a danno della Raggi?
Per proteggerla insieme a se stesso? Per proteggere se stesso e qualcun altro?
E su questo, quella notte dell’8 febbraio, c’è una seconda circostanza che eccita la curiosità dei pm. Una cassetta di sicurezza.
Le indagini patrimoniali della Squadra Mobile hanno infatti scoperto che, dal 2011, collegata a un conto corrente di cui Romeo è titolare, c’è una cassetta di sicurezza di cui lo stesso Romeo ha indicato come “comodataria” (utilizzatrice) una sua amica.
Di più: hanno scoperto che quella cassetta di sicurezza è stata aperta e svuotata del suo contenuto la mattina del 19 dicembre 2016, un lunedì, primo giorno utile di apertura della banca dopo una data che in questa storia conta.
Il 16 dicembre, un venerdì, quando Raffaele Marra, che di Romeo è il fratello siamese in questa storia, viene arrestato per corruzione per la compravendita di favore di un appartamento del costruttore Scarpellini.
Di fronte alla contestazione dei pm, Romeo farfuglia.
Non è in grado di indicare cosa contenesse quella cassetta, nè la singolare coincidenza della sua apertura nel primo momento utile successivo all’arresto di Marra.
Ma conferma la circostanza che ad averne le chiavi è l’amica indicata come comodataria. Nel cuore della notte, l’abitazione della donna viene perquisita e lei stessa interrogata. Anche lei – a quanto risulta – non è in grado di spiegare alcunchè.
Nè, tantomeno di indicare con esattezza cosa quella cassetta contenesse nel momento in cui l’ha svuotata. Se dei “documenti”, come dice genericamente. O anche del denaro.
E, soprattutto, che provenienza avessero gli uni e gli altri e che fine abbiano fatto.
Da qui ora si riparte.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
IL TITOLO DELIRANTE: “QUANDO LA BOLDRINI VIVEVA TRA RAGAZZE MEZZE NUDE”… NEANCHE FOSSE LA TENUTARIA DI UN BORDELLO, ERA SOLO ASSISTENTE ALLA PRODUZIONE DI UN PROGRAMMA RAI CON LA CARLUCCI… SIC TRANSIT GLORIA TONTI
Oggi Libero torna a spostare la frontiera delle possibilità di utilizzo dei giornali come carta igienica con un articolo di Azzurra Noemi Barbuto che ci racconta un retroscena irrinunciabile: «Quando la Boldrini viveva tra ragazze babà mezze nude», raccontandoci di “Uno show smutandato nel passato della presidente della Camera”, che «Oggi è la paladina delle donne e si indigna per ogni presunto caso di «sessismo», ma a inizio carriera lavorava in un programma tv pieno di modelle in perizoma».
La notizia è quasi nuova, secondo i parametri di Libero: è infatti nota soltanto dal 30 settembre 2013, ovvero da quando Striscia la Notizia fece un servizio sul suo lavoro come assistente alla produzione di Cocco, uno dei tanti programmi di Pier Francesco Pingitore.
Senza citare alcuna fonte nè specificare che il fatto è talmente noto da comparire nella biografia della presidente della Camera su Wikipedia, Azzurra Noemi Barbuto presenta la vicenda in questa maniera:
“Era la bollente estate del 1988, Laura Boldrini aveva 27anni, neo-laureata in giurisprudenza con tesserino da giornalista pubblicista, era entrata in Rai con un contratto a tempo determinato come assistente di produzione e lavorava all’interno di uno scanzonato programma in onda su Raidue il venerdì in prima serata, «Cocco», condotto da Gabriella Carlucci, regia di Pier Francesco Pingitore, noto regista de Il bagaglino. Il programma, un Drive in dei poveri, quintessenza della scollacciata tv berlusconiana anni’80, dall’inizio alla fine era un tripudio di corpi femminili che si dimenavano a ritmo di musica dance ed in abiti succinti più che mai, interrotti da giochi demenziali e dalle esibizioni della Cocco band, incorniciate dalle «spogliatelle» e dalle «babà », le modelle scosciate che facevano parte del cast del programma”
Ovviamente, parlando del quotidiano di uno che diede retta e pubblicò una velina anonima in cui il direttore di Avvenire Dino Boffo veniva definito «un noto omosessuale attenzionato dalla polizia» (era una bufala, ovviamente), c’è poco o nulla da stupirsi della riesumazione di una notizia di quattro anni fa finita sul programma più seguito della tv italiana per alimentare una polemica nei confronti della presidente della Camera.
Anzi, forse tra vent’anni ci sarà chi metterà in difficoltà qualche giornalista tirando fuori, per sminuire il suo lavoro, che una volta ha scritto un pezzo per Libero.
Ma qui, se possibile, pare di scorgere un po’ di malizia in più.
Perchè è impossibile non notare nell’articolo e nella sua titolazione un collegamento con la ormai famigerata bufala di Laura Boldrini ballerina Coccodè che invece gira solo dal 2014, quando venne messa in giro da altri fini sommelier della fregnaccia on line
Un attivista, Sebastiano Palmiero (tra l’altro consigliere comunale a Macerata ) ha postato sul suo profilo facebook una foto delle ballerine Coccodè di Indietro Tutta!, trasmissione andata in onda sulla Rai tra il 1987 e il 1988 e diventata celebre per Cacao Meravigliao. Una di queste, secondo Palmiero, sarebbe proprio il presidente della Camera: “La Boldrini (in alto a destra) , me la ricordo così. Lei che s’indigna contro il voyeurismo… Fate un po voi …”, scrive sulla sua bacheca.
Peccato che Boldrini non è mai stata una ballerina Coccodè. Ma ormai la bufala è in rete, e fa presto a diffondersi. “Anvedi la moralista”, scrive un utente. “Vai facciamo girare magari le sue compagne la riconoscono e ci raccontano qualcosa in più”, scrive un altro che non cela la sua voglia di screditare il presidente della Camera. E così via: “Una velina nata”; “Vedo che anche lei ha evitato la gavetta, ha fatto la scorciatoia come tante altre donne, sia in politica sia in televisione”. Qualcuno ci va giù pesante e passa agli insulti.
Anche negli articoli del 2014 che raccontavano questa storia si ricordava che la Boldrini aveva invece lavorato a Cocco, programma di Raidue, riportando la circostanza come scusante per la bufala diffusa all’epoca.
A proposito: anche Libero nel 2013 parlò ovviamente della storia che oggi presenta come nuova.
Sic transit gloria tonti.
(da “NextQuotidiano“)
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Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
L’ANNO SCORSO AVEVA PROMESSO LORO: “ENTRO UN MESE RISOLVO IL VOSTRO PROBLEMA”… MICCICHE’ E’ INDEGNO DI FARE L’ASSESSORE
Alessio e Gianluca Pellegrino, di 24 e 34 anni, sono due fratelli siciliani affetti da tetraparesi spastica;
questo significa che sono costretti a vivere su una sedia a rotelle. Alessio e Gianluca vivono da soli, praticamente senza assistenza — nonostante da soli non possano fare nulla — perchè la Regione Siciliana non ha stanziato i fondi per una maggiore assistenza nè quelli per l’inserimento lavorativo.
Per questo motivo i due fratelli si erano rivolti un anno fa alle Iene e grazie all’intervento della iena Cristiano Pasca erano riusciti a strappare all’assessore regionale al Lavoro, famiglia e immigrazione Gianluca Miccichè (UDC) la promessa che in breve tempo la Regione si sarebbe occupata del caso e avrebbe risolto la situazione.
Cosa che puntualmente non si è verificata e così un anno dopo Alessio, Gianluca e Cristiano sono tornati negli uffici dell’assessorato al lavoro per parlare con Miccichè.
Il vergognoso atteggiamento di Gianluca Miccichè nei confronti di due disabili
Quello che è successo in assessorato però è davvero sbalorditivo (e soprattutto vergognoso), Miccichè prima ha fatto sapere di aver interrotto una riunione per avere il tempo per poter parlare con calma con i due fratelli Pellegrino e e le Iene della loro situazione.
Poi però il gruppo è stato lasciato in sala d’attesa per delle ore, senza che dall’ufficio dell’assessore giungesse alcuna notizia.
Per le prime ore l’unica certezza era che Miccichè era ancora in assessorato e che quindi “prima o poi” sarebbe quantomeno dovuto uscirne e lì avrebbe trovato Alessio e Gianluca ad aspettarlo assieme alla troupe del programma Mediaset.
Dal momento che i due ragazzi sono disabili al 100% il protrarsi dell’attesa non è una cosa confortevole, anche perchè i due durante la mattina — proprio a causa dei problemi denunciati lo scorso anno — sono senza assistenza da parte degli operatori sociali e quindi non possono espletare i più banali bisogni fisiologici.
Ad un certo punto qualcuno dallo staff dell’assessore Miccichè manda a dire che in ufficio avrebbe potuto salire solo Cristiano Pasca da solo e senza microfono.
Va da sè che è una proposta irricevibile anche perchè Alessio e Gianluca vogliono parlare con l’assessore.
Dopo altre ore di attesa — si era ormai fatto pomeriggio — Miccichè riesce a fuggire in modo alquanto rocambolesco senza farsi notare dalle Iene.
L’assessore ha quindi preferito lasciare per otto ore due ragazzi disabili nell’androne del palazzo invece che affrontarli e soprattutto affrontare le sue responsabilità .
Dopo la messa in onda del servizio Miccichè, che nei giorni scorsi era stato oggetto di una mozione di sfiducia presentata dal vice capogruppo di Fi all’Ars Vincenzo Figuccia e firmata anche fai deputati Sergio Tancredi (Cinque Stelle), Nino Dina (Misto) e Marcello Greco (Sicilia Futura) proprio a causa del suo scarso rendimento e dell’incapacità di trovare una soluzione alle vertenze presentate presso il suo assessorato, ha fatto oscurare la sua pagina Facebook che era stata invasa da utenti indignati per l’atteggiamento menefreghista del politico siciliano.
In pratica nel testo della mozione è scritto a chiare lettere che l’assessore non ha fatto nulla da quando ha iniziato il suo mandato.
Gianluca e Alessio non di certo sono le uniche “vittime” dell’incapacità di Micchichè di svolgere il lavoro per il quale è stato nominato ed è profumatamente pagato ma senza dubbio i due Pellegrino sono coloro che versano nella situazione più difficile: disabili al 100%, con pochissima assistenza e senza un lavoro (Alessio è riuscito a trovare un impiego grazie a Luca, un parrucchiere veneto che ha risposto all’appello sui social) che consenta loro quantomeno di pagare da sè qualcuno che gli aiuti.
Per esprimere la propria rabbia alcuni utenti hanno aperto una pagina di scherno dal nome “Gianluca Miccichè Fan Club” mentre in molti si sono riversati su Twitter dal momento che l’account dell’assessore è rimasto attivo.
Ora non sono solo le opposizioni a chiedere le dimissioni di Miccichè ma anche molti cittadini sconvolti e indignati da un atteggiamento che francamente ha dell’incredibile.
Siamo in Italia e siamo purtroppo abituati al fatto che i politici non siano in grado di risolvere le cose o che ci voglia un tempo esageratamente lungo per trovare una soluzione ai problemi più urgenti.
Ma dal punto di vista umano (e non solo da quello politico) il fatto che un assessore scappi dal confronto con due persone disabili per paura di dover ammettere i propri errori e la propria incapacità è forse peggio dell’incapacità stessa.
In un paese normale un qualsiasi amministratore dopo un episodio del genere dovrebbe essere licenziato.
Non risulta però che il Presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, abbia preso una posizione nel merito della vicenda ma sono in molti a chiedere che il Presidente ritiri le deleghe al suo assessore per manifesta incapacità .
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
IL FIOCCO REGALO DELLO STESSO COLORE DEI BASCHI DEI FINANZIERI INTERPRETATO COME UNA STUPIDA PROVOCAZIONE
Quando gli investigatori della Guardia di finanza sono entrati nella casa di Giancarlo Tulliani, nell’ambito delle indagini che vedono coinvolto anche il cognato Gianfranco Fini, hanno trovato la cassaforte vuota e neanche un documento.
C’era però, ben in vista, un sacco nero della spazzatura pieno di carte triturate con un fiocco regalo verde, come i baschi usati dalle Fiamme gialle.
Quasi un affronto del cognato dell’ex presidente della Camera, che da dicembre si è trasferito negli Emirati Arabi.
Anche a casa di Elisabetta Tulliani e di Fini i finanzieri non hanno trovato nulla di rilevante ai fini delle indagini, come se le perquisizioni fossero attese
Tulliani insieme al padre, Sergio, alla sorella, Elisabetta, e ora anche al cognato, l’ex presidente della camera, è accusato di riciclaggio dalla procura di Roma.
Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire i legami fra il re delle slot machine Francesco Corallo e la famiglia Tulliani.
Anche Fini è stato perquisito: i pm sono convinti che lui sapesse perfettamente dei rapporti tra il re delle slot machine, Francesco Corallo, e i suoi familiari. Anzi, che sia stato proprio lui ad agevolarli
(da agenzie)
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Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
ANCHE IL FIGLIO LAUREATO CHE AVEVA SUBITO L’AMPUTAZIONE DI UNA GAMBA COLLABORA AL PROGETTO… QUESTI SONO GRANDI ITALIANI
Dopo aver rischiato di perdere suo figlio, Pietro Venezia, medico del Policlinico di Bari, ha deciso di
sdebitarsi con l’umanità , partendo per il Kenya, dove è diventato direttore amministrativo del cattolico Trinity Mission Hospital. “”Qui avrei pagato il mio debito nei confronti dell’umanità sofferente e del Padreterno”, ha raccontato in un colloquio con il Corriere della Sera.
Nel giugno del 2010, il figlio Paolo era stato coinvolto in un tremendo incidente stradale, in cui un’auto pirata tranciò di netto la sua gamba, mentre percorreva la strada con la moto.
Il padre, dopo aver assistito a 10 ore di operazione in cui i suoi colleghi avevano cercato di riattaccare l’arto al corpo del ragazzo, decise di amputarlo e salvare la vita al figlio.
Paolo oggi si è laureato, ha messo su un’associazione per amputati post traumatici e sta studiando la sicurezza sui luoghi di lavoro in Kenya, per aiutare il padre che ormai dal maggio 2016 divide la sua attività di medico tra l’Italia e l’Africa.
Quando suor Jane Ataku, laureata in scienze infermieristiche a Roma, gli scrisse una email: «Qui abbiamo realizzato l’ospedale, lei che fa? È dei nostri?». «Sono pronto» rispose Pietro, che in realtà quella suora l’aveva conosciuta per caso a maggio del 2013 all’aeroporto di Addis Abeba.
«Avevo visto un gruppetto di suore e mi ero avvicinato per chiacchierare – ricorda -. Mi parlarono del progetto di un ospedale e io dissi: fatemi sapere, magari vengo a darvi una mano». Così quando è stato il momento suor Jane si è ricordata.
“Qui avrei pagato il mio debito nei confronti dell’umanità sofferente e del Padreterno”, ha raccontato il medico di Bari. “Io sono cattolico ed essere qui per me vuol dire anche essere grati al cielo per avermi concesso di veder vivere e crescere Paolo dopo l’incidente”
Da maggio ad oggi 26 interventi chirurgici e 250 pazienti visitati (sia adulti sia bambini), compresi alcuni che vivono in villaggi remoti.
E poi corsi di medicina organizzati e tenuti da lui stesso, strumentazione arrivata dall’Italia «dove ho smantellato il mio studio polispecialistico», consulti continui con colleghi conosciuti in Germania, Stati Uniti, Cina, Giappone, Francia..
E non solo, perchè ormai l’ospedale è diventata una questione di famiglia.
Paolo, appunto, che studia gli aspetti della sicurezza sul lavoro.
Ma anche l’altro suo figlio laureato in medicina, che presto andrà a dargli una mano, e il suo fratello cardiologo: «Mi ha regalato un elettrocardiografo, io gli mando l’immagine via whatsupp, lui legge gli elettrocardiogrammi e suggerisce i trattamenti».
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
RIVOLTA CONTRO IL PRESIDENTE ELETTO DALLA MINORANZA DEGLI AMERICANI: “QUANDO LA SMETTERAI DI COMPORTARTI COME UN BAMBINO?”
«Ho votato per te: ma quand’è che la smetterai di comportarti come un bambino?». Sì, anche fra i sostenitori di Donald Trump c’è chi non ne può più.
E mentre il gradimento del presidente è in picchiata nei sondaggi (l’ultimo, condotto da Gallup sabato scorso dice che solo il 40 per cento degli americani approva il lavoro fatto nelle prime tre settimane, contro il 55 per cento che disapprova) perfino il sostegno di qualche suo fan su Twitter comincia a vacillare.
Per carità , i tweet di The Donald continuano ad avere centinaia di migliaia di persone pronte a rilanciare i suoi astiosi attacchi contro magistratura, stampa, intelligence e perfino magazzini online.
Ma c’è chi comincia a ribellarsi: utilizzando il suo stesso strumento, i 140 caratteri dell’uccellino di San Francisco, per fargli sapere che di politica a base di tweet proprio non ne possono più.
Così, dopo l’ennesimo attacco verso qualcuno che non la pensa come lui (nel caso specifico il miliardario Mark Cuban, domenica scorsa, travolto dagli improperi di The Donald proprio nel mezzo della crisi del missile coreano che il Presidente Usa ha discusso a tavola in mezzo agli avventori del suo club in compagnia del premier giapponese Shinzo Abe) perfino un solido sostenitore del Nord Carolina, tal John Tyler che su Twitter si fa chiamare @bigmouthpol e si descrive come un “cantante country che lotta contro le menzogne dei governi” ha sbuffato su Twitter: “basta bambinate. Ora combatti”.
Mentre John Erwin @_johnErwin dall’Arizona: “Hei Trump, ho votato per te, quando comincerai a comportarti da presidente? Non ogni pensiero ha bisogno di finire su tweet”.
E ancora, dopo l’attacco contro il sito online Nordstrom, colpevole di aver levato i prodotti di sua figlia Ivanka dal catalogo, Stephen Ross @oex2500 gli ha scritto: “Ho votato per te ma questo è imbarazzante. Perchè perdi tempo invece di pensare al paese?».
Per prendere nota del malcontento, è nato addirittura uno specifico account Twitter: @Trump_ regrets (cioè “i pentiti di Trump”) che raccoglie e rilancia proprio i tweet di sostenitori diventati critici.
A crearlo ci ha pensato una studentessa canadese di 23 anni, Erica Baguma. Finora ha scovato (e ritwittato) 1500 messaggi: che le hanno creato un nutrito seguito di 220 mila followers.
In parte composto da curiosi: ma in buona parte, anche da elettori pentiti. Naturalmente è difficile distinguere i critici veri da quelli falsi, creati ad hoc: così il New York Times ha provato a intervistarne alcuni, raccontando le loro storie.
Gente come Debbie Nelson, @debbienelson57, segretaria di Orland Park, Illinois: che al giornale racconta di aver votato Trump “con poco convinzione” sperando che sarebbe servito a salvare il suo posto di lavoro.
E che comunque non voleva votare democratico per le “troppe bugie di Hillary”. Dopo tre settimane di presidenza dopo è decisamente pentita.
Tanto da aver mandato anche lei un messaggio al Presidente, lo scorso 6 febbraio: “Abbiamo bisogno di un adulto maturo alla Casa Bianca. Posso riprendermi il mio voto?”.
In realtà a Debbie Nelson le azioni politiche compiute da Trump nelle ultime settimane, bando anti islamici compreso, non dispiacciono: “Voglio più sicurezza e non ci vedo nulla di male” ha detto al New York Times.
È lo stile di Trump che proprio non riesce ad accettare: “Quando sei il Presidente degli Stati Uniti, il leader del mondo libero, non puoi esattamente fare come ti pare”.
Anche Chad Watson @chadlybadly è un elettore pentito: attivista gay, aveva voluto dare un voto contro l’establishment democratico e contro Hillary Clinton.
Ora è profondamente pentito di aver scelto quello che gli sembrava “il male minore”. E su Twitter ha scritto: “Trump, sono così deluso di aver votato per te…”. Ma soprattutto molto turbato dalla conoscente che gli ha twittato dietro: “Non potrò mai perdonarti per averlo fatto”.
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 16th, 2017 Riccardo Fucile
PUZDER HA INOLTRE DIVERSE DENUNCE PER ABUSI CONTRO I DIPENDENTI E UNA PER VIOLENZE DOMESTICHE NELL’AMBITO FAMILIARE, INSOMMA, UN SOVRANISTA PERFETTO
Trump, la squadra perde un altro pezzo: Puzder rinuncia a ministero Lavoro![](http://s13.postimg.org/mq7yj25lj/TRUMP.jpg)
Puzder doveva fare il ministro del Lavoro. Peccato che prima di designarlo, Donald Trump non avesse compiuto quel “extreme vetting” che il presidente auspica alle frontiere: controlli approfonditi per stanare i mariuoli o malintenzionati.
Il riferimento al “vetting” del decreto Trump (quello sospeso dalla magistratra) non è casuale. Perchè tra le magagne di Puzder c’era proprio l’assunzione di una colf immigrata clandestina.
Non il massimo delle credenziali per uno che deve lavorare nell’esecutivo del Muro col Messico, della caccia agli stranieri senza documenti, eccetera.
Altre macchie nel curriculum vitae di Puzder: come chief executive della catena di fast-food Cke (nota al pubblico coi marchi Carl’s Jr e Hardee) si è beccato parecchie cause per abusi contro i dipendenti.
Infine c’è pure una denuncia dalla ex moglie per violenze domestiche.
Talmente impresentabile, che neppure i repubblicani (maggioranza al Senato) se la sentivano di votarlo compatti.
Le defezioni nel suo stesso partito erano abbastanza numerose da far sì che la nomina di Trump non avrebbe superato il vaglio del Senato.
Canta vittoria l’opposizione democratica, che contro Puzder faceva una battaglia non solo di bandiera ma di contenuti. Il chief executive dei fast-food era un nemico dichiarato delle leggi sui minimi salariali.
(da agenzie)
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